SINISTRA l’eguaglianza non è un’opzione
Mai l’eguaglianza è stata tanto bistrattata in nome del «merito» o addirittura dell’«eccellenza», come negli anni della globalizzazione dei mercati. Mai la diseguaglianza è stata tanto perseguita, praticata e raggiunta come nei recenti decenni del neoliberismo.
Oggi si cambia. O, almeno, si cambia nel dibattito culturale e politico. In molti, e non solo a sinistra, si sono accorti che le diseguaglianze sono diventate eccessive e dannose allo sviluppo complessivo della società; che il «merito» tanto osannato e contrapposto a esse – come la virtù al vizio – non produce, come si era incessantemente predicato, progresso sociale, distribuzione della ricchezza e del benessere. Esattamente il contrario: si è rivelato uno dei tanti falsi miti del liberismo. Un esempio viene proprio dalle università americane, quelle più importanti e prestigiose accolgono studenti ricchi e di buona famiglia. I figli dell’un per cento più ricco costituiscono l’assoluta maggioranza degli iscritti.
La meritocrazia tanto esaltata dai cantori del liberismo si rivela per quello che è: ricchezza e privilegio.
Altri – si è scoperto in anni più recenti – sono i meccanismi che regolano le società avanzate. A dimostrarlo i dati dell’Ocse: nei paesi del moderno e meritocratico occidente occorrono in media cinque o sei generazioni, cioè centoventicinque e centocinquanta anni perché una persona povera raggiunga il livello di reddito della classe media. Che è come dire che chi è povero adesso non ha alcuna possibilità di migliorare le proprie condizioni negli anni della propria vita. Né hanno questa possibilità i suoi figli e i suoi nipoti.
All’origine delle diseguaglianze – e non c’è bisogno di essere inveterati marxisti per denunciarlo – il moderno modo di produzione.
L’ha detto fra i primi Thomas Piketty nel suo Capitale del XXI secolo. Piketty ha confutato l’idea fondamentale del liberismo mondiale secondo la quale alla crescita economica corrisponderebbe quasi meccanicamente un calo nelle disparità dei redditi. «Quando il tasso di rendimento del capitale supera regolarmente il tasso di crescita della produzione e del reddito – come accadde fino al XIX secolo e come rischia di accadere di nuovo nel XXI – il capitalismo produce automaticamente diseguaglianze insostenibili, arbitrarie, che rimettono in questione dalle fondamenta i valori meritocratici su cui si fondano le nostre società democratiche» ha scritto. E persino Bill Gates si è dichiarato d’accordo.
Forse, ancora più chiari del fondamentale libro di Piketty, ci sono i dati sulla povertà, i crudi numeri diffusi dagli istituti di ricerca internazionale. Mostrano che negli ultimi anni il numero di miliardari nel mondo è cresciuto in modo esponenziale con esso il numero dei poveri. I miliardari crescono in una media due al giorno, adesso sono 2043 e nove su 10 sono uomini. Queste 2043 persone si sono divise tra il marzo 2016 e il marzo 2017 l’86% di tutta la nuova ricchezza prodotta nel mondo, lasciando il restante 14% alle cosiddette classi medie, e nulla – non un centesimo – a tre miliardi e settecento milioni di uomini, donne e bambini che costituiscono il 50% degli abitanti del pianeta.
Ed ecco un altro libro che parla chiaro. Marco Revelli in Politica senza politica racconta, fra l’altro, che il quarto uomo più ricco del mondo, Amancio Ortega, ha ricevuto dalla casa madre della catena di abbigliamento Zara dividendi annui per un valore di circa 1,3 miliardi di euro. Nello stesso anno Anju, una lavoratrice di una delle tante aziende tessili del Bangladesh, che lavora fino a dodici ore al giorno e salta i pasti pur di racimolare qualche centesimo di dollaro in più, percepisce un salario annuo di soli 900 dollari, equivalenti a 730 euro: un milione settecentottantamila ottocentoventuno volte meno di Ortega, che è uno degli uomini per i quali lavora.
È possibile dopo anni di politiche che hanno scavato abissi profondi di diseguaglianza cambiare prospettiva? La risposta di molti è sicuramente dominata dal pessimismo. Impossibile. Ed ecco invece una voce controcorrente. È quella di uno dei più autorevoli filosofi del diritto, Luigi Ferrajoli. Nel suo libro “Il manifesto dell’eguaglianza” afferma con assoluta radicalità che l’eguaglianza è il principio politico dal quale direttamente o indirettamente sono derivabili tutti gli altri. Il diritto, la democrazia, la difesa delle differenze, la dignità degli esseri umani, il multiculturalismo, la pace, la giustizia non possono esistere ed essere praticate se non si parte dalla eguaglianza. Persino lo sviluppo economico non è più concepibile senza di essa. Non a caso la diseguaglianza provocata dalla globalizzazione e perseguita dal neoliberismo sta uccidendo i diritti e la democrazia, il potere del mercato sta mettendo in crisi la sopravvivenza di tanti. Eppure… eppure anche oggi l’eguaglianza si può raggiungere, anzi ci sono tutti gli strumenti per farlo. Il fatto che sia difficile non significa che sia impossibile. La forza dell’eguaglianza è nei fatti. Senza di essa cade la democrazia, crollano i diritti, quelli personali e quelli sociali. Si ferma inevitabilmente lo sviluppo. Il mondo è condannato a soccombere, a deflagrare e a esplodere. Non solo metaforicamente. Senza il potenziamento del principio di eguaglianza che alimenta la democrazia si potenzia inevitabilmente la proliferazione nucleare; la crescita economica senza i principi del diritto non terrebbe conto della finitezza e dei limiti del pianeta. Si arriverebbe alla distruzione dell’ecosistema. L’eguaglianza, insomma. non è un’opzione è una necessità. Prima ce ne accorgiamo meglio è per tutti.
Ritanna Armeni
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Carlo Smuraglia alle “sardine”: “La vera rivoluzione pacifica è la piena attuazione della Costituzione”
3 Dicembre 2019
Lettera aperta del combattente per la libertà e Presidente emerito dell’ANPI, Carlo Smuraglia
Lettera aperta alle “Sardine”
Care “sardine”, sto seguendo le vostre iniziative, con l’attenzione dovuta a tutto ciò che si “muove” in questa società, troppo statica e troppo spesso legata ad antiche prassi ed abitudini. Non ho nulla da suggerirvi e da proporvi, non solo perché non ne avete bisogno, ma perché sarebbe sbagliato. Ognuno ha il diritto – dovere di prendere in mano il proprio destino, così come molti di noi hanno fatto con la scelta partigiana nell’ormai lontano autunno del 1943. Gli sbocchi sono sempre incerti ed indefinibili a priori e nessuno ha il diritto di interferire, ferma restando la speranza che ne esca qualcosa di positivo per il complesso della vita politica e sociale italiana, così insoddisfacente per molti di noi (e di voi, credo).
Ho notato, però, un particolare che mi è parso assai interessante: durante la manifestazione svoltasi a Milano si sarebbero letti dal palco, alcuni articoli della Costituzione. Non so quali, perché ero a casa per una indisposizione che mi impediva di uscire in una giornata di pioggia. Il fatto, però, mi è sembrato positivo perché rappresenta quello che spero possa essere una premessa dello sviluppo delle iniziative che continueranno a svolgersi in tutta Italia.
Sostengo da tempo, come disse molto tempo fa Piero Calamandrei, che nei momenti difficili del Paese, il punto di riferimento deve essere la Costituzione. È questa che deve illuminarci, nei periodi più ardui e complessi, come punto di riferimento di ogni azione, perché la Costituzione è di tutti.
Io credo che già la lettura dei primi dieci articoli della Costituzione costituisca da sola un vero e proprio indirizzo per le azioni individuali e collettive. Ma sono anche convinto che l’intero “spirito” della Costituzione debba essere colto come un indirizzo, un “faro” che può guidarci, appunto quando tutto appare difficile e complicato e quando occorre individuare le vie d’uscita da un sistema che non riesce più a soddisfare i bisogni, i desideri, le attese della gente.
Ma c’è ancora una cosa su cui desidero richiamare la vostra attenzione. È pacifico che questa Costituzione si compone di affermazioni di valori, di princìpi e di impegni solenni per garantire l’effettività dei diritti, della uguaglianza e degli stessi valori concentrati soprattutto nella prima parte. Ebbene, la non attuazione di moltissimi di questi impegni è sotto gli occhi di tutti (dal lavoro, all’ambiente, alla tutela del patrimonio artistico, allo sviluppo della cultura, alla realizzazione di una vera “pari dignità sociale” e così via).
La sola attuazione di questi aspetti fondamentali della Costituzione rappresenterebbe un cambiamento sostanziale del sistema politico e sociale, un miglioramento della convivenza civile, uno sviluppo della rilevanza della persona e della sua dignità: insomma, una vera rivoluzione pacifica.
È un profilo importante, che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, per ogni possibile sviluppo. Se intervengo su questo punto, lo faccio per convinzione personale (del resto, ho pubblicato due anni fa un libro con un titolo significativo: “Con la Costituzione nel cuore”) e per indicare una possibile e forse necessaria via di approfondimento.
Leggete dunque queste parole non come una interferenza, che non mi permetterei mai, ma come una sollecitazione a riflettere su un punto importantissimo della vita nazionale, verso la quale voi stessi avete espresso un segnale inequivocabile di attenzione.
Cari saluti e molti auguri,
Carlo Smuraglia, Presidente emerito dell’ANPI
Milano, 3 dicembre 2019
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Costituzione della Repubblica Italiana
Principi fondamentali
Art. 1
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Art. 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
Art. 6
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.
Art.7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Art. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
Art. 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
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*ROCCA 15 DICEMBRE 2019
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