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Oggi giovedì 25 luglio 2024
Le carceri italiane sono irrespirabili. Ma la risposta governativa è la repressione
- 25 Luglio 2024 su Democraziaoggi.
Luca Rondi – Altraeconomia 23.7.2024
Il report semestrale di Antigone fotografa un sistema al collasso. Sono 14mila le presenze in più rispetto ai posti disponibili, 58 i suicidi dall’inizio dell’anno e ben 11 le rivolte scoppiate negli istituti dal 27 giugno al 18 luglio con il caldo che attanaglia i reclusi. Sia gli adulti, sia […]
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Oggi giovedì 25 luglio 2024. San Giacomo Aspostolo, il maggiore.
Auguri a tutti i/le Giacomo e Giacomine, nelle varie denominazioni!
Niccolò Cusano, “De docta ignorantia”.
La modernità intellettuale di Niccolò Cusano
di Lucio Garofalo
Niccolò Cusano è uno dei pensatori più rilevanti del XV secolo; il suo pensiero rappresenta l’espressione più matura ed elevata della filosofia dell’Umanesimo europeo. È stato il primo filosofo tedesco di un certo peso: nacque a Kues (Cusa in italiano, da cui discende il nome Cusano), località sita nei pressi di Treviri, la città natale di Karl Marx.
Democrazia è…
Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica. Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell’informazione. A questo valore le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno. L’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’incontro con i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare, i direttori dei quotidiani e delle agenzie giornalistiche e i giornalisti accreditati presso il Quirinale per la consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare
24/07/2024
La ringrazio, Presidente, per le sue parole di saluto e ringrazio la Stampa Parlamentare e i quirinalisti per questo incontro, divenuto un appuntamento per riflettere brevemente su quanto ha presentato l’anno di lavoro che si avvia a una pausa per le istituzioni.
Il ringraziamento più intenso riguarda il prezioso e talvolta non facile compito di seguire e interpretare il mondo delle istituzioni e della politica, dandone notizia ai cittadini, esprimendo opinioni, suggerimenti, critiche che – non va mai dimenticato – sono essenziali nella vita democratica.
Le preoccupazioni e gli interrogativi che lei ha presentato sono comprensibilmente numerosi. Anzitutto quello sulla libertà di informazione.
Nella società dell’informazione globale è del tutto superfluo richiamare l’importanza che l’informazione riveste per il funzionamento della democrazia, per un’efficace tutela del sistema delle libertà La democrazia, infatti è, anzitutto, conoscenza. È contesto nel quale avviene il confronto fra le idee e si esercita il diritto a manifestarle e testimoniarle. Alla libertà di opinione si affianca la libertà di informazione, cioè di critica, di illustrazione di fatti e di realtà. Si affianca, in democrazia, anche il diritto a essere informati, in maniera corretta. Informazione, cioè, come anticorpo contro le adulterazioni della realtà.
Operare contro le adulterazioni della realtà costituisce una responsabilità, e un dovere, affidati anzitutto ai giornalisti. La legge Gonella, che ha istituto l’Ordine dei giornalisti, ne dà una rappresentazione pregevole: “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.
Va sempre rammentato che i giornalisti si trovano a esercitare una funzione di carattere costituzionale che si collega all’art.21 della Carta fondamentale, con un ruolo democratico decisivo. Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l’informazione è esattamente questo. Come anche a Torino, nei giorni scorsi.
Documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Canale di partecipazione e appello alle istituzioni. Per citare ancora una volta Tocqueville, “democrazia è il potere di un popolo informato”.
Ecco perché ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica. Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell’informazione. A questo valore le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno.
Si è aperta la discussione sulla opportunità di una nuova legge organica sull’editoria, come è avvenuto in precedenti occasioni di svolta in questa industria. È inevitabile tener conto della evoluzione tecnologica che ha mutato radicalmente diffusione e fruizione delle notizie. È responsabilità della Repubblica e dell’Unione Europea che i valori del pluralismo si affermino anche nei nuovi ambiti e si creino le condizioni per accompagnare la transizione in atto.
Ai giornali, alla stampa, alla radio e alle tv, si sono affiancate oggi le piattaforme digitali, divenute principali responsabili della veicolazione di contenuti informativi.
Appare singolare che a un ruolo così significativo corrisponda una convinzione di minori obblighi che ne derivano, con una tendenza, del tutto inaccettabile, dei protagonisti a sottrarvisi.
Gli over the top appaiono distanti dal sentimento comune, dalle relazioni di appartenenza alla comunità entro cui operano, quasi occupassero uno spazio meta-territoriale che li rende veicoli di innovazione, capaci di intercettare opportunità economiche, senza tuttavia considerare che anche per essi valgono i principi di convivenza civile propri agli Stati e alla comunità internazionale da cui traggono benefici.
Ho citato questioni non nuove, tanto è vero che l’Unione Europea ha approvato, nell’aprile di quest’anno, in un confronto tra Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione, il nuovo Regolamento sulla libertà dei media, adesso in fase di progressiva attuazione, a partire dal prossimo 8 novembre, per quanto riguarda i diritti dei destinatari dei servizi di media, vale a dire dei cittadini.
In sintesi: promozione del pluralismo e della indipendenza dei media in tutta l’Unione, con protezione dei giornalisti e delle loro fonti da ingerenze politiche; pubblicità sui fondi statali destinati a media o a piattaforme; garanzia del diritto dei cittadini alla gratuità e pubblicità delle informazioni; indipendenza editoriale dei media pubblici; protezione della libertà dei media dalle grandi piattaforme; istituzione di un nuovo Comitato europeo per i servizi di media per promuovere una applicazione coerente di queste norme.
Come si vede, un cantiere e un percorso impegnativo per l’Unione e per gli Stati membri, coscienti del valore che questo tema riveste per la libertà del nostro continente.
Tema, vorrei aggiungere, impegnativo per tutti coloro che del mondo dell’informazione fanno parte.
Tra i suoi richiami, Presidente, vi è quello che fa riferimento alla pubblica opinione, che guarda, con apprensione e smarrimento crescenti, alla situazione internazionale, attraversata – come lei ha ricordato – da tensioni, conflitti di varia natura, guerre. Vicino a noi, vicino ai confini dell’Unione Europea: in Ucraina, in Medio Oriente dopo la disumana giornata del 7 ottobre e la reazione israeliana con tante migliaia di vittime. Ma anche altrove, in altri luoghi del mondo.
L’Italia è impegnata, con convinzione, a sostegno dell’Ucraina. Insieme alla quasi totalità dei Paesi dell’Unione e insieme a quelli dell’Alleanza Atlantica. Alla Nato la Federazione Russa ha regalato un rilancio imprevedibile di ruolo e di protagonismo. Chi non ricorda le parole di più di un Capo di Stato e di governo di Paesi della Nato che, appena tre anni fa, la definivano in stato di accantonamento, per usare un termine davvero riduttivo rispetto alle espressioni allora adoperate?
Lei fa presente – con ragionevole fondamento – che si registra una fatica maggiore nelle pubbliche opinioni sull’impegno per l’indipendenza dell’Ucraina.
È vero. A nessuno – comprensibilmente – piace un’atmosfera in cui la guerra abbia prolungata presenza, anche se non vi si è coinvolti. Come non lo è l’Italia.
Pensiamo a come appare questo spettacolo di guerre agli occhi dei nostri giovani, che ritengono Erasmus e Schengen talmente naturali da non ritenerli più una conquista, ma una condizione ovvia, dalla Scandinavia a Malta, da Lisbona a Bucarest.
Aggiungo, personalmente, che spinge a grande tristezza vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie, che andrebbero, ben più opportunamente, destinate a fini di valore sociale. Ma chi ne ha la responsabilità? Chi difende la propria libertà – e chi l’aiuta a difenderla – o chi aggredisce la libertà altrui?
Uno dei momenti, che fa più riflettere – anche oggi – sugli errori gravidi di conseguenze, si identifica con le parole che Neville Chamberlain, Primo Ministro britannico, pronunziò, a Londra, al ritorno dalla conferenza di Monaco nel 1938: “Sono tornato dalla Germania con la pace per il nostro tempo”.
Come tutti ricordiamo, Hitler pretendeva di annettere al Reich la parte della Cecoslovacchia che confinava con la Germania – i Sudeti – dove viveva anche una minoranza di lingua tedesca. La Cecoslovacchia – che aveva fortificato quel confine temendo aggressioni – ovviamente rifiutava. Le cosiddette potenze europee del tempo – Gran Bretagna, Francia, Italia – anziché difendere il diritto internazionale e sostenere la Cecoslovacchia, a Monaco, senza neppure consultarla, diedero a Hitler via libera. La Germania nazista occupò i Sudeti. Dopo neppure sei mesi occupò l’intera Cecoslovacchia. E, visto che il gioco non incontrava ostacoli, dopo altri sei mesi provò con la Polonia (previo accordo con Stalin). Ma, a quel punto, scoppiò la tragedia dei tanti anni della Seconda guerra mondiale. Che, verosimilmente, non sarebbe scoppiata senza quel cedimento per i Sudeti.
Historia magistra vitae.
L’Italia, i suoi alleati, i suoi partner dell’Unione sostenendo l’Ucraina difendono la pace, affinché si eviti un succedersi di aggressioni sui vicini più deboli. Perché questo – anche in questo secolo – condurrebbe a un’esplosione di guerra globale.
Naturalmente, avvertiamo indispensabile adoperarsi – in Ucraina come tra Israele e Palestinesi – per la fine della guerra, per chiudere queste piantagioni di odio, che le guerre rappresentano anche per il futuro. Palestre di disumanità nel calcolo delle giovani vittime mandate a morire, come avveniva nelle pagine più buie della Prima guerra mondiale. Lei ha richiamato un altro aspetto inquietante: il diffondersi di una sub cultura che si ispira all’odio. Una violenza che – come lei ha detto – da verbale diventa frequentemente fisica.
Nei giorni scorsi il tentativo di grave attentato a Trump; in maggio quello, di più pesanti conseguenze al Primo Ministro slovacco, Fico; nello stesso mese quello all’ex Sindaca (spero che si possa ancora dire) di Berlino, Giffey; al deputato europeo tedesco Ecke; che hanno fatto seguito ad altri attentati contro esponenti politici in Germania, talvolta con conseguenze mortali; due anni fa l’attentato al marito di Nancy Pelosi, sopravvissuto a fatica.
È fondamentale e doveroso ribadire la condanna ferma e intransigente nei confronti di questa drammatica deriva di violenza contro esponenti politici di schieramenti avversi trasformati in nemici.
Occorre adoperarsi sul piano culturale contro la pretesa di elevare l’odio a ingrediente, a elemento legittimo della vita: una spinta a retrocedere nell’inciviltà.
Si registrano anche un crescente antisemitismo, l’aumento dell’intolleranza religiosa e razziale, che hanno superato il livello di guardia. Un odio che viene spesso alimentato sul web, che va non soltanto condannato ma concretamente contrastato con rigore e severità.
Vi sono, in giro per il mondo, molti apprendisti stregoni, incauti nel maneggiare, pericolosamente, strumenti che generano odio e violenza.
Lei ha parlato degli avvenimenti elettorali in altri Paesi. Numerosi quest’anno, e in grandi democrazie. Dall’Indonesia, all’India, dal Regno Unito alla Francia, nell’Unione Europea, a novembre negli Stati Uniti.
L’Italia ha rapporti di amicizia e vicinanza tradizionali con Washington, maturati all’indomani della Seconda Guerra mondiale con il generoso contributo alla ricostruzione offerto con il Piano Marshall e con il sostegno alla nostra democrazia, consolidatosi nell’Alleanza Atlantica e in altri numerosi contesti delle organizzazioni internazionali.
I vincoli di condivisione di valori dei nostri due popoli rafforzano i rapporti tra gli Stati e ne consentiranno la costante crescita. Al Presidente Biden va il ringraziamento della comunità internazionale per il suo apprezzato servizio e per la sua leadership.
Sotto altro profilo, rimango sorpreso quando si dà notizia o si presume che vi possano essere posizionamenti a seconda di questo o quell’esito elettorale, come se la loro indubbia importanza dovesse condizionare anche le nostre scelte. Nessuno – vorrei presumere – ipotizza di conformare i propri orientamenti a seconda di quanto decidono gli elettori di altri Paesi e non in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei principi della nostra Costituzione. Questo vale sia per l’Italia, sia per l’Unione Europea.
Lei, Presidente, ha cortesemente citato alcune delle parole che ho pronunziato a Trieste qualche giorno addietro.
Come lei ha ricordato, ho parlato di Tocqueville, di Bobbio, di Popper. Ma ho parlato anche di altri, non meno illustri, tutti ormai, purtroppo, non più in vita.
Ho espresso – intenzionalmente – considerazioni concrete ma sul piano generale, di principi, senza alcun trasferimento ai temi del confronto politico attuale. E non è il caso di farlo qui.
Il mio riferimento alla correttezza e nitidezza dei sistemi elettorali muoveva – oltre che dall’inderogabile necessità di piena democraticità – dalla alta preoccupazione delle crescenti astensioni dal voto, invitando a chiedersi se una delle sue ragioni non sia la disaffezione provocata dalla percezione dalla eccessiva limitazione delle scelte effettivamente affidate agli elettori.
Se proprio vuole uno spunto di attualità, non glielo nego.
Riguarda la lunga attesa della Corte Costituzionale per il suo quindicesimo giudice. Si tratta di un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento, proprio quella istituzione che la Costituzione considera al centro della vita della nostra democrazia.
Non so come queste mie parole saranno definite: monito, esortazione, suggerimento, invito.
Ecco, invito, con garbo ma con determinazione, a eleggere subito questo giudice. Ricordo che ogni nomina di giudice della Corte Costituzionale – anche quando se ne devono scegliere diversi contemporaneamente – non fa parte di un gruppo di persone da eleggere, ma consiste, doverosamente, in una scelta rigorosamente individuale, di una singola persona meritevole per cultura giuridica, esperienza, stima e prestigio di assumere quell’ufficio così rilevante.
Vi è un altro tema che le sue considerazioni mi inducono ad affrontare. Quello delle paure che attraversano alcuni Paesi, in un mondo globalizzato e sempre più interconnesso.
Vi sono molte persone che vivono in uno stato di tensione di fronte ai grandi cambiamenti in corso sempre più velocemente. Come ben sappiamo, registriamo condizioni nuove: di vita quotidiana, di modelli sociali, di lavoro, di formule di lavoro, di strumenti di cui avvalersi, di prospettive. Vi si affiancano fenomeni nuovi: dai mutamenti del clima alle possibili pandemie, da strumenti economici e sociali, ormai indispensabili, in mani di pochi e potenti gestori al di sopra dei confini e dell’autorità degli Stati, dalle migrazioni, in ogni continente, alla crescente fusione di popolazioni e di culture, a nuovi strumenti che la scienza propone.
Tutto questo genera, forse comprensibilmente, allarme in tanti, che si sentono disorientati, forse indifesi. E che rischiano di cadere nella rete ingannevole di chi fa credere che la soluzione sia semplice: tornare a un’epoca dorata che non c’è più (se pur mai c’è stata). E che non ci sarà più. Perché la storia cammina, i cambiamenti non si possono fermare, il tempo non torna indietro.
Vi è un tema – l’ultimo che cito – che sempre più richiede vera attenzione: quello della situazione nelle carceri. Non ho bisogno di spendere grandi parole di principio: basta ricordare le decine di suicidi – decine di suicidi – in poco più dei sei mesi, in quest’anno.
Ma vorrei condividere una lettera che ho ricevuto – per il tramite del garante di quel territorio – da alcuni detenuti di un carcere di Brescia: la descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è – e deve essere – l’Italia.
Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, Non va trasformato, in questo modo, in palestra criminale. Vi sono, in atto, alcune, proficue e importanti, attività di recupero attraverso il lavoro. Dimostrano che, in molti casi, è possibile un diverso modello carcerario.
È un dovere perseguirlo. Subito, ovunque.
Vi ringrazio per la vostra presenza e vi ricambio intensamente gli auguri di una buona pausa estiva. E rivolgo i complimenti più grandi a Ilaria Caracciolo per la bellezza e il significato coinvolgente del ventaglio.
Grazie.
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Oggi mercoledi 24 luglio 2024
[Post fb di Antonio Dessì] Confesso che il post sulla politica editoriale de L’Unione Sarda di ieri l’ho scritto anche perché mi ha preso un discreto giramento di coglioni.
Oggi non avrei voluto tornarci, anche perché afflitto dallo scoramento dopo aver letto sul social l’intemerata difensiva di una delle colonne anziane del giornale, che non solo definisce “volgari” le critiche al suo editore, ma trova ingiusto che si ricordi il favore del suo collega Mauro Pili, quando era Presidente della Regione, per le pale eoliche, che in fondo allora erano “alte non più di cinquanta metri”, mica i mostri che verrebbero realizzati oggi.
Evvabbè, allora erano campi di modeste margheritine, oggi campi di girasoli OGM. Vuoi mettere.
Difficile con i tempi che corrono che nelle redazioni ci si interroghi sui rapporti con le proprietà. I vecchi superstiti fanno i guardiani dell’ordine interno costituito, i giornalisti nuovi e le nuove sono in condizioni tali di precarietà che manco gli passa per la testa di fiatare.
Tuttavia, stamattina, diversamente da ieri, sono un po’ più ironico.
E ne trovo motivo nell’articolo pubblicato a mo’ di editoriale a firma dell’onorevole Michele Pais. […]
Ambiente
Più alberi = più ossigeno e meno CO2
di Lucio Garofalo
Non sono assolutamente un esperto in materia di clima “et similia”, tuttavia ritengo che l’urgenza più grave e prioritaria a livello globale ed ambientale, in questo momento storico, non sia costituita tanto dall’aumento in sé delle emissioni di CO2, dovuto al consumo energetico selvaggio di idrocarburi, quanto soprattutto dalla devastazione irrazionale e inarrestabile dei boschi e delle foreste, ovverosia di quelle fabbriche viventi di ossigeno che sono gli alberi. Com’è noto anche agli alunni della primaria, per nutrirsi e sopravvivere le piante devono svolgere la fotosintesi clorofilliana, una funzione essenziale ad ogni specie vivente sul nostro pianeta: le foglie, grazie alla clorofilla, sono in grado di assimilare e di trattenere la luce solare e l’anidride carbonica che è presente nell’atmosfera e la utilizzano nel processo di fotosintesi, elaborando gli zuccheri indispensabili alla propria sussistenza e sprigionando l’ossigeno nell’aria. In altri termini: più alberi e meno CO2.
Oggi martedì 23 luglio 2024
Quei laici che anticiparono il Concilio. Conversazione con Gino Bulla nel novembre 2016.
Franco Colomo su Orbobene.net del 22 luglio 2024.
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L’interesse dei Sardi
La questione della localizzazione delle pale eoliche, della loro esagerata quantità, degli strumenti a disposizione dei sardi per fermare lo scempio in atto o ancora “solamente” in fase di predisposizione nel nostro territorio ci angoscia. Dobbiamo lottare uniti come sardi, pretendendo la massima chiarezza, orientandoci nel groviglio delle strumentalizzazioni e dell’occultamento delle responsabilità del passato, prossimo e remoto, e financo del presente.
Non possiamo permetterci di inseguire piste e praticare comportamenti che ci allontanino dall’obbiettivo di salvare la nostra Sardegna.
Cerchiamo per questo di dare una mano. Lo spirito che ci anima ci sembra ben descritto dalla nota apparsa oggi su Democraziaoggi scritta dal suo direttore Andrea Pubusa, che ci permettiamo mettere in testa ad altra documentazione che segue.
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Si predica l’unità ma si pratica la divisione
Oggi 22 Luglio 2024, A.P. su Democraziaoggi
Continua la mobilitazione contro le pale eoliche e contro il fotovoltaico in Sardegna, ma proseguono anche le polemiche e le divisoni interne. Sotto attacco è sopratutto la Todde, perche’ la sua legge sarebbe inefficace. In realtà è un intervento volto a bloccare le installazioni non ancora iniziate, ma nulla può contro quelle autorizzate e in fase di esecuzione. La Presidente della Regione ha voluto dare un segnale e prendere tempo per intevenire in modo organico, ad esempio, con una legge urbanistica che tuteli il territorio. Bene fanno i comitati a mobilitarsi e a manifestare l’opposizione dei sardi, ma l’amministrazione deve seguire le regole giuridiche e i principi del’ordinamento e questi si fondano su un antico brocardo: tempus regit actum, gli atti sono regolati dalle norme vigenti al tempo della loro adozione. Non si può dunque intervenire in autotutela ad annuĺlarli. Questi provvedimenti del resto verrebbero certamente impugnati ed annullati dal Giudice amministrativo con conseguenze sul piano risarcitorio.
Bisogna, dunque, aver pazienza e fare ora ciò che si può legittimamente fare. Le responsabilità dell’invasione sono da addebitare a scelte passate ed è poco utile ora attardarci su di esse. Ora bisogna delineare un percorso unitario di intervento, dove istituzioni e comitati, forze sociali convergono per bloccare lo scempio. La campagna elettorale è finita, non è il caso di proseguirla trasferendola su un tema che richiede responsabilità e spirito unitario.
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Ma quali sono gli argomenti in campo e quali i soggetti che rappresentano macroscopicamente le posizioni?
Partiamo dal post del 22/07/2024 della presidente della Regione, Alessandra Todde.
“Torno nuovamente sull’argomento degli impianti per energia da fonti rinnovabili, mentre con la giunta lavoriamo a tante altre priorità per la nostra terra.
Bloccare gli impianti che hanno già avviato i lavori non é possibile. Ho detto chiaramente, nel video pubblicato sui social che tutti potete riascoltare, che la legge blocca l’avvio dei lavori e quindi blocca anche gli impianti autorizzati ma per i quali i lavori non sono ancora iniziati.
Pretendere che con una legge si possano bloccare gli impianti già autorizzati, con lavori avviati da diversi mesi, é irragionevole ed espone la regione a richieste elevate di risarcimento.
L’accanimento verso di noi è frutto di una studiata azione di disinformazione che mira a distorcere la percezione sul lavoro portato avanti dalla nuova Giunta. Mi rivolgo a chi si sta occupando di fare propaganda: volete davvero prendervi la responsabilità di portare tante persone a diffondere le vostre bugie, a diffamare, ad odiare, a vivere nella paura?
Sono la Presidente di tutte e di tutti e non accetterò di vedere la mia comunità schiacciata dallo scontro invece che impegnata nel dialogo. Non accetterò di restare inerme mentre personaggi dalla dubbia morale e sacche di potere intente a perseguire esclusivamente i propri interessi – strumentalizzando la lotta alla speculazione – continuano a diffamare il lavoro di questa Giunta, insediata da appena 100 giorni.
Per comprendere cosa sta realmente accadendo, è indispensabile saper distinguere tra istanza, fase istruttoria, titolo autorizzativo e avvio dei lavori. Chi è stato nelle Istituzioni conosce bene la differenza fra le varie fasi dell’iter procedurale, e dovrebbe avere la decenza di non raccontare bugie.
Noi abbiamo sempre detto che la legge numero 5 prevede che tutte le installazioni di nuovi impianti di energie rinnovabili – per le quali i lavori non siano già iniziati – sono bloccate per 18 mesi (tranne per poche eccezioni tra cui comunità energetiche, piccoli impianti per l’autoconsumo o per la produzione agricola, impianti dove non si consuma ulteriormente suolo).
Gli impianti per cui non c’è stato l’effettivo avvio dei lavori, possono essere formalmente definiti come “nuovi impianti”, ovvero quelli che con la legge regionale n. 5 abbiamo vietato di realizzare.
Quali sono i nuovi impianti? Quelli in istruttoria, quelli per cui non è stata presentata istanza di autorizzazione e anche impianti autorizzati, ma per i quali non era stato ancora dato avvio effettivo dei lavori alla data di entrata in vigore della legge n. 5 lo scorso 2 luglio.
È giusto che si sappia che l’attuale Giunta non ha mai deliberato alcuna autorizzazione, anzi, sta lavorando per definire la mappa delle aree idonee in modo da consentire le autorizzazioni solo di quegli impianti che rispetteranno tutti i requisiti necessari. Spero di essermi spiegata in modo sufficientemente chiaro, e che nessuno usi queste mie parole per cercare di creare ulteriore confusione. Magari con altri video in cui si fanno collage di miei interventi cercando di trovare l’errore (che non c’è). Sappiate che tutto ciò che vedete realizzato o in corso di realizzazione: i camion, Oristano, Saccargia, etc., non sono fenomeni spuntati negli ultimi tre mesi. I lavori a Villacidro durano da un anno. L’impianto di Saccargia esiste da vent’anni ed è stato autorizzato dagli stessi che parlano alla pancia delle persone e fomentano irragionevolezza e odio. Noi non vogliamo stare al loro gioco. Il nostro impegno sarà diretto unicamente verso l’interesse della Sardegna e dei sardi e penso che l’azione svolta finora ne sia la prova. Sento di dover rassicurare tutte e tutti coloro che temono gli attacchi degli speculatori: a difendere la Sardegna ci siamo noi, al lavoro dalla mattina alla sera, da tre mesi, per fare tutto il possibile, e non certo chi passa il tempo a prendere in giro i propri lettori dopo avere preso in giro, per anni, i propri elettori.
Alessandra Todde
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L’intervento di Sergio Zuncheddu
I riferimenti più o meno espliciti della Presidente Todde all’attività del Gruppo editoriale L’Unione Sarda costringono, mio malgrado, a fare alcune precisazioni in favore della verità.
Prima di tutto: come anche dimostrato nella recente campagna elettorale i nostri media si sono tenuti ben lontani dalla faziosità, dando voce alle varie espressioni politiche comprese quelle che hanno sostenuto l’attuale Presidente, come riconosciuto da chi l’ha sostenuta.
Qualunque fosse lo schieramento a sostegno delle varie Giunte regionali alla base della linea editoriale c’è sempre stata la difesa della Sardegna da ogni genere di “assalto” o “invasione”. Solo per memoria: il No alle scorie nucleari; il No ai rifiuti da altre Regioni; il No all’uso inappropriato delle servitù militari; il No alla speculazione energetica in danno dell’Isola.
Secondo: una linea editoriale ferma e non negoziabile, cristallina e scevra da qualsivoglia condizionamento, politico o di altra natura, esercitata in privato da me, come molti potrebbero testimoniare, e nelle pagine di questo giornale, sito web e servizi radiotelevisivi, a cura delle nostre redazioni giornalistiche, per informare la Comunità sarda con cronache, inchieste e approfondimenti sul tema della cosiddetta “transizione ecologica”. Progetti, società e personaggi collegati direttamente o indirettamente alla gigantesca operazione di speculazione di cui la Sardegna è fatta drammaticamente oggetto sono stati portati a conoscenza dell’opinione pubblica.
Da oltre venti anni almeno abbiamo a più riprese lanciato l’allarme sull’invasione eolica e fotovoltaica – come risulta dalla pagina del Direttore Dessì pubblicata ieri – e a partire dal 2021 anche con maggiore intensità per l’entrata in vigore del famigerato Decreto Draghi, base normativa principale su cui si fonda l’attuale scempio paesaggistico per fare dell’Isola la batteria energetica al servizio dell’Italia continentale.
E abbiamo continuato, con crescente intensità, con l’entrata in vigore del secondo “Decreto Draghi” del 29 marzo 2022, interamente dedicato alla Sardegna, nefasto anch’esso, assumendo una posizione fortemente critica verso la Giunta regionale di allora, guidata da Solinas, sfociata nella richiesta esplicita di impugnazione, cosa che
Sono, quindi, destituite di qualsivoglia fondamento le velate illazioni di chi, disinformato o in malafede, tenta di attribuire alle testate giornalistiche di questo Gruppo editoriale posizioni preconcette verso l’uno o l’altro degli schieramenti.
Terzo: la Presidente della Regione, con nota pubblicata qui per intero, pretende di indicare gli organi di informazione come “nemici” della verità, tentando di introdurre un motivo di polemica gratuita e fuorviante rispetto alla vera questione: la devastazione già in corso della Sardegna.
Andiamo all’essenziale, concentrandoci sugli ultimi quattro anni:
I decreti Draghi, il primo relativo alle rinnovabili e il secondo dedicato alla sola Sardegna, sono indiscutibilmente e per unanime e onesto riconoscimento responsabili dell’assalto che l’Isola sta subendo, come già facciamo emergere in modo chiaro in queste pagine;
Con editoriali e inchieste è stato esplicitamente chiesto e reiteratamente sollecitata la Giunta Solinas di impugnare ogni atto lesivo degli interessi della Sardegna e dei sardi, cosa che è stata fatta;
Per dovere di cronaca e onestà intellettuale: tra i Ministeri coinvolti nell’elaborazione e approvazione di quei famigerati decreti Draghi vi era il Ministero dello Sviluppo economico, di cui Viceministra era l’attuale Presidente della Regione, Alessandra Todde, la quale non era e non poteva essere estranea agli stessi. La delega ufficiale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale con il decreto di nomina recita testualmente: «Al Sottosegretario di Stato Alessandra Todde sono parimenti delegate le iniziative e le attività relative al Comitato interministeriale per la transizione ecologica». In pratica era componente attivo del Comitato della Transizione ecologica, organismo preposto all’indirizzo politico, legislativo e amministrativo sulla materia oggetto dei decreti Draghi;
Diamo per scontato che l’autorevolezza della Viceministra Todde – considerata la delega puntuale affidatagli – fosse tale da poter incidere su quei decreti in difesa della sua Isola, cosa che allo stato non risulta. Né il nostro giornale ha mai potuto registrare, da parte dell’allora Viceministra, dichiarazioni di dissenso o contrasto su quel che si stava pianificando ai danni della Sardegna.
Quarto: il tentativo della Presidente di introdurre motivi di polemica riguarda la legge n.5, approvata il 4 luglio scorso, i suoi effetti e la sua efficacia. Anche in questo caso andiamo all’essenziale:
Afferma nella nota di ieri: «Bloccare gli impianti che hanno già avviato i lavori non è possibile». Non solo concordiamo, ma lo abbiamo scritto e ribadito, purtroppo inutilmente, ancora prima della stessa approvazione finale della legge.
La legge n.5, lo abbiamo scritto e riscritto: non blocca niente. Un’affermazione oggi chiara e netta, in contrasto con quella resa lo stesso 4 luglio dalla Presidente della Regione, che dichiarò: «La domanda che ci viene fatta spesso è che cosa succede delle autorizzazioni che sono state già date? Queste autorizzazioni sono temporaneamente sospese».
Abbiamo sottolineato a più riprese sin dal primo giorno dell’approvazione di quella legge che non conteneva l’istituto delle “autorizzazioni temporaneamente sospese”. Si cercava di mitigare, a parole, la totale inefficacia della norma appena approvata.
Quinto: la Presidente della Regione nella nota sul tema del blocco dei progetti autorizzati afferma: «pretendere che con una legge si possano bloccare gli impianti già autorizzati, con lavori avviati da diversi mesi, è irragionevole ed espone la Regione a richieste elevate di risarcimento».
Anche in questo caso rileviamo che:
Una simile situazione, senza peraltro alcun allarme speculativo come in questo caso, si è verificata nel 2004 quando venne adottata una norma temporanea di salvaguardia. In quel caso la Legge regionale del 25 novembre 2004, n.8, all’art.4 aveva disciplinato e bloccato tutte le lottizzazioni delle zone omogenee C, D, F e G dove non fosse stato realizzato il reticolo stradale o determinato un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi. Molti diritti soggettivi furono lesi e calpestati, ma la norma superò la prova di resistenza.
La stessa fattispecie avrebbe potuto essere efficacemente introdotta per fermare almeno temporaneamente, e non a parole, l’assalto eolico e fotovoltaico per progetti e cantieri in corso d’opera che non avessero ancora determinato un «mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi». Si è scelto di non farlo, e si dovrebbe spiegare ai cittadini perché.
Considerata la gravissima e irreversibile compromissione paesaggistica la Regione avrebbe potuto legiferare in piena analogia con la legge di recente approvata dal Parlamento, relativa alla dichiarazione di “nullità” di tutti i progetti già approvati e ricadenti nell’areale relativo all’Einstein Telescope. Anche in questo caso sarebbe bastato volerlo.
Invece, la Regione ha accettato supinamente i 6,2 GW di ulteriori rinnovabili dal Governo, peraltro limite minimo, e l’eolico a mare.
Sesto: procedure autorizzative:
La norma approvata niente dice sulle procedure autorizzative e l’unico, indefinito e confuso divieto è quello di “realizzare”;
Mentre non poteva essere disciplinato alcun intervento sulle procedure autorizzative di livello statale, ben avrebbe potuto la Regione introdurre una norma urbanistica ai sensi dell’art.3, lettera “f”, dello Statuto autonomo della Sardegna, risalente al 1948, come suggerito a più riprese da questo giornale, da eminenti costituzionalisti sardi e da numerosi comitati sorti per difendere la nostra Casa comune;
L’unico strumento legislativo che avrebbe potuto bloccare le procedure statali e regionali era ed è il divieto “urbanistico” a realizzare centrali eoliche, fotovoltaiche e agrivoltaiche nelle aree già dichiarate “non idonee”, secondo la mappa dettagliata in possesso della Regione, pubblicata su questo giornale e che farebbe salvo il 98,8% del territorio già oggetto di vincoli vari. Anche sul punto, totalmente disatteso, molto dovrà essere spiegato.
Settimo e ultimo: piuttosto che fare insinuazioni generiche e denigratorie – per buttarla in politica o in caciara, tipiche di un mondo cui non apparteniamo – meglio sarebbe denunciare in maniera chiara e inequivocabile a chi ci si riferisce quando si parla di «personaggi dalla dubbia morale e sacche di potere intente a perseguire esclusivamente i propri interessi».
Potrebbe cominciare, la Presidente Todde, da soggetti che forse ben conosce Lei stessa, sia per le vicende eoliche e fotovoltaiche sia per quelle aeroportuali.
Sergio Zuncheddu
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Le considerazioni del giurista
Tonino Dessì
Il post di Antonio Dessì sulla sua pagina fb. Laureato in Giurisprudenza, dirigente regionale ora in pensione. Studioso Libero da condizionamenti partitici. Da sempre a sinistra.
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Lo scontro tra il Gruppo editoriale L’Unione Sarda e la Presidente della Regione sta assumendo caratteri grotteschi.
Oggi, sentendosi chiamato in causa da un post su FB di Alessandra Todde, il proprietario del Gruppo editoriale interviene nuovamente di persona per difendere la linea seguita dai suoi organi di informazione.
È un fatto anomalo, ma è un’anomalia cui siamo abituati fin dalle origini del berlusconismo.
Comunque, sulla correttezza deontologica e professionale di questo fatto, lascio a chi si occupa del mondo dell’informazione ogni opportuna valutazione.
Meglio tutto sommato che sia chiaro chi parla e per conto di chi, specie se si tratta di interessi politici e imprenditoriali.
Che la campagna di Sergio Zuncheddu abbia a che fare in forma complessa con questi interessi era già chiaro dal suo precedente intervento-manifesto, sul quale ho già avuto modo di soffermarmi (https://www.facebook.com/share/p/ecixVQxef6fWBYAU/?mibextid=K35XfP).
Il fatto resta tuttavia che le contestazioni sono pretestuose e informano assai meno correttamente di quanto dovrebbero.
Nella foto della pagina odierna che pubblico ho evidenziato, cerchiandoli a penna, quattro punti critici.
1) Zuncheddu ricorda la nostra legge salvacoste del 2004, sulla cui matrice anch’io mi sono soffermato altre volte. Cita, un po’ cannando, un po’ voce straziata di immobiliarista dal sen fuggita, l’articolo 5, che riguardava il blocco delle lottizzazioni (gli brucia ancora, quella norma con cui “molti diritti soggettivi furono lesi e calpestati”), però la norma pertinente è in realtà il comma 3 dell’articolo 8, che recitava: “3. Fino all’approvazione del Piano Paesaggistico Regionale, nell’intero territorio regionale, e’ fatto divieto di realizzare impianti di produzione di energia da fonte eolica, salvo quelli precedentemente autorizzati, per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge i relativi lavori abbiano avuto inizio e realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi. Per gli impianti precedentemente autorizzati in difetto di valutazione di impatto ambientale, la realizzazione o la prosecuzione dei lavori, ancorche’ avviati alla data di entrata in vigore della
presente legge e che, comunque, non abbiano ancora realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi, e’ subordinata alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all’Art. 31 della legge regionale n. 1 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni.”. Io ricordo il motivo di quella disposizione (e della nostra precedente deliberazione dell’agosto 2004) e ricordo perfettamente che il Presidente della Giunta della precedente legislatura, On. Mauro Pili e gli orientamenti programmatici, pianificatori e amministrativi delle Giunte berlusconiane sarde di allora erano stati motivo di una situazione analoga a quella attuale (https://www.facebook.com/share/6N9fDLRLMQFZqtPV/?mibextid=WC7FNe).
2) Zuncheddu si chiede perchè quella formula “modificazione irreversibile dello stato dei luoghi” non sia stata riprodotta nella recente legge regionale n. 5 approvata dal Consiglio nello scorso luglio. Io una risposta ce l’avrei. La Giunta e la maggioranza consigliare hanno condiviso una forte pressione esterna di tipo massimalista, utilizzando all’articolo 3 comma 1 una formula che è sembrata loro garantire il massimo della tutela: “per un periodo non superiore a diciotto mesi dall’entrata in vigore della presente legge, i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili:…”. Certamente lo hanno fatto nella più completa inconsapevolezza della sua incongruità e questo spiega anche perché la Presidente più volte si sia improvvisata anche lei in affermazioni incongrue. La verità è probabilmente venuta fuori via via quando anche gli uffici debbono essersi accorti che per giurisprudenza costante i lavori autorizzati che abbiano già comportato una trasformazione irreversibile dello stato dei luoghi non possono essere più oggetto di sospensione nè di revoca delle autorizzazioni salvo che, emergendo un concreto e legittimo interesse pubblico prevalente, si debba inibire la prosecuzione dell’opera, ovviamente dietro congruo risarcimento da parte pubblica di tutti i conseguenti danni economici (danno emergente e lucro cessante). Ma se il concreto e preminente interesse pubblico legittimamente sopravvenuto non c’è, ogni atto inibitorio è persino penalmente rilevante. Fino a qualche settimana fa, almeno per abuso d’ufficio. Oggi sotto qualche altra residua fattispecie. Perchè? Perchè qui pesa come un macigno l’articolo 20 del dlgs 199/2021 con tutti i suoi annessi e connessi.
3. Zuncheddu evoca la possibilità con legge regionale di disporre in materia analogamente a come avrebbe di recente fatto lo Stato disponendo la “nullità di tutti i progetti già approvati e ricadenti nell’areale relativo all’Einstein Telescope”. Questa è una cazzata. La Regione non può fare quello che può fare solo il Parlamento. E anche il Parlamento solo a determinate condizioni.
4. Torna la solfa dell’applicazione della competenza regionale primaria in materia urbanistica di cui all’articolo 3, primo comma, lettera f), dello Statuto speciale. In termini giuridici questa argomentazione è i-n-e-s-i-s-t-e-n-t-e: caspita, sembra talvolta di parlare ai sordi. Ma il peggio è che stavolta la si invoca non per realizzare la previsione del dlgs n.199/2021, che rimette alle Regioni l’identificazione con legge delle aree idonee, bensì per tutelare le aree già dichiarate “non idonee secondo la mappa dettagliata in possesso della Regione pubblicata da questo giornale e che farebbe salvo il 98,8 per cento del territorio già oggetto di vincoli vari”. Ci vuole una certa faccia tosta, diciamocela tutta, a scrivere queste cose. Intanto la legge regionale, sia pure nella sua formulazione piuttosto pericolosamente estesa di cui abbiamo dato conto, sottopone alle misure provvisorie di salvaguardia un elenco di categorie di aree sicuramente tale da esaudire questa necessità. Ma il punto è che il dlgs n. 199/2021 chiede ben altro adempimento, ossia quello di individuare le aree idonee e che ogni tentativo di eludere quell’obbligo è già stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale.
Insomma, si ciurla strumentalmente nel manico per creare un polverone e continuare a confondere l’opinione pubblica.
E questa non è affatto informazione, qui sta il problema centrale.
Infine, io non sono un esperto di sociologia della comunicazione.
Istituzionalmente trovo deficitaria e difettosa quella della Presidente Todde, l’ho già scritto.
Ma se devo guardare al numero di likes sul profilo FB di Alessandra Todde e di Desirè Manca, ho l’impressione che in termini di consenso battano ampiamente un giornale che ogni giorno ricopre pagine d’inchiostro con un bel niente.
Tocca rassegnarsi.
Così vanno le cose, a prescindere.
Antonio Dessì
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Oggi lunedì 22 luglio 2024
Si predica l’unità ma si pratica la divisione
22 Luglio 2024
A.P. Su Democraziaoggi.
Continua la mobilitazione contro le pale eoliche e contro il fotovoltaico in Sardegna, ma proseguono anche le polemiche e le divisoni interne. Sotto attacco è sopratutto la Todde, perché la sua legge sarebbe inefficace. In realtà è un intervento volto a bloccare le installazioni non ancora iniziate, ma nulla può contro quelle autorizzate e in fase di esecuzione […]
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Mons. Luigi Bettazzi, operatore di Pace: a ottobre a Cagliari un incontro-dibattito.
Il presidente del Meic di Cagliari, Mario Girau, ci informa che a cura del medesimo Movimento si terrà nel mese di ottobre un Incontro-Dibattito su “Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo del Concilio, Operatore di Pace”. Relatore principale sarà il card. Arrigo Miglio, successore di mons. Bettazzi nella sede vescovile di Ivrea e oggi Arcivescovo emerito della nostra Diocesi nonché amministratore straordinario della Diocesi di Iglesias.
Come documentazione preparatoria dell’evento – che intende inserirsi nel percorso di attuazione dell’ambizioso e giusto programma di “Cagliari Città della Pace”, che il MEIC, ha condiviso nella recente scadenza elettorale di Cagliari città metropolitana – siamo contenti di esercitare il nostro spirito collaborativo con la pubblicazione degli appunti testuali dell’omelia che padre Dionigi Spanu s.j. ha tenuto il 15 luglio scorso per la messa in suffragio di mons. Bettazzi a un anno dalla morte *. Vi terremo informati.
In ricordo di Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, ad un anno dal suo transito.
Oggi domenica 21 luglio 2024
L’Aquila, quegli “equivoci” sul terremoto e sulla sentenza
21 Luglio 2024 su Democraziaoggi.
Nessun risarcimento per le famiglie di sette giovani vittime del sisma. Ed è polemica sulla decisione della Corte d’Appello che conferma il primo grado.
Gennaro Grimolizzi Il Dubbio
La sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila sul risarcimento in favore delle famiglie di sette studenti (Nicola Bianchi, Ivana Lannutti, Enza Terzini, Michele Strazzella, Daniela Bortoletti, Sara Persichitti […]
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Quel 20 luglio del 2001
Carlo Giuliani, un ragazzo di 23 anni
di Lucio Garofalo
23 anni or sono, il 20 luglio del 2001, Carlo Giuliani era solo un ragazzo di 23 anni. Era nato nel 1978, un anno di straordinari cambiamenti intervenuti nella società italiana, anzitutto sul fronte dei diritti e delle libertà civili e del costume. Si pensi solo a due leggi di fondamentale rilievo storico promulgate in quell’anno: la legge 180 del 13 maggio 1978 (giusto per la cronaca, 4 giorni dopo gli omicidi, di matrice mafiosa e brigatista, del Compagno Peppino Impastato e del leader democristiano Aldo Moro), meglio nota come Legge Basaglia, che prese il nome da Franco Basaglia, il fondatore del movimento “Psichiatria Democratica” in Italia ed uno dei principali artefici di quella riforma psichiatrica che intervenne a legiferare su una materia assai delicata e controversa come gli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” (in pratica, la Legge Basaglia abolì l’abominio incivile e disumano dei manicomi); la legge 194 del 22 maggio del 1978, che regolamentava la “interruzione volontaria di gravidanza”. In altri termini, si trattò di due conquiste di civiltà giuridica e progresso della nostra società, su cui sarebbe opportuno avviare un percorso approfondito e serio per vagliare, accertare e monitorare limiti e criticità prodotte da un’applicazione distorta, scorretta e parziale dei succitati provvedimenti di carattere giuridico, che hanno legiferato su aspetti non insignificanti della vita civile del nostro Paese.
Autonomia differenziata
Autonomia differenziata, sui “Lep” profili di incostituzionalità con effetti negativi anche su famiglie e imprese del Nord
Franco Gallo
15 Luglio 2024
Pubblichiamo l’intervento del Presidente emerito della Corte costituzionale, Franco Gallo, alla cerimonia di consegna del premio Lef per tesi di laurea tenutasi presso il Cnel il 9 luglio 2024. Il contributo del professor Gallo si è incentrato intorno a una disamina degli effetti attesi dalla nuova normativa sulla cosiddetta “Autonomia differenziata”.