Monthly Archives: novembre 2023

Costituente Terra – Chiesa di tutti chiesa dei poveri

b8d4f079-0a9d-4306-b131-9b630a570a4ecostituente-terra-logo Costituente Terra Newsletter n. 139 del 17 novembre 2023 – Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n. 320 del 17 novembre 2023
IL RIBALTONE
Cari amici,

Oggi venerdì 17 novembre 2023

img_3442 Soru insiste, si ammira e sfascia. La destra ringrazia
17 Novembre 2023
A.P. Su Democraziaoggi

La destra doveva perdere questa volta. In Sardegna ormai vince una volta l’uno, una volta l’altro. Come vanno le cose? I sardi s’incavolano con la giunta in carica e alla scadenza votano gli altri. Poi s’incazzano con questi e votano per i concorrenti. In questa incessante e disperata corsa, ora sarebbe toccato al centrosinistra vincere. […]

Pregheus impari!

img_5279Pregare in lingua sarda. Concorso poesia e prosa (…. proviamoci!)
«Pregheus impari!» è il titolo della 1^ edizione del Premio di poesia e prosa religiosa in lingua sarda organizzato dalla parrocchia Santa Vittoria V.M. di Seuni.
I componimenti in versi e i racconti dovranno pervenire all’assistente spirituale del piccolo centro (frazione di Selegas) entro il prossimo 15 dicembre 2023. «Vogliamo raccogliere in un volume antologico – dice monsignor Gianfranco Zuncheddu promotore dell’iniziativa – le espressioni più vere e attuali del senso religioso della gente sarda che continua a pregare, individualmente e in gruppo, in limba. E’ un patrimonio culturale e religioso che non deve essere disperso. Non è un’operazione archivistica, ma vuole esaltare le manifestazioni di una “pietas” anche di alto valore poetico e affettivo che esprime la continuità del sentimento religioso della nostra gente, di un’autentica e attuale ricerca di Dio da parte del nostro popolo».

Oggi giovedì 16 novembre 2023 La disfida Todde/Soru

img_5261disperazione Aladinimg_3442Soru decide la scissione del PD e regala la Sardegna alla destra
16 Novembre 2023
A.P. Su Democraziaoggi

Dunque Soru ha deciso la scissione dal PD e regala la vittoria alla destra. A questo punto azzerare la situazione è impossibile. Il tavolo del campo largo ha deciso, investendo Alessandra Todde, su cui c’è l’accordo anche di Conte e Schlein. Chi aveva titolo ha detto la sua nel tavolo (primarie o consultazioni con gazebo) […]
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Nello scontro tra Soru e Todde si consuma la tragedia della guerra civile nel centrosinistra sardo
16/11/2023 alle 14:51 su vitobiolchini.it
di Vito Biolchini.

Cagliari, 16 novembre 2023
Ed ecco che sotto i nostri occhi si consuma dunque la tragedia della politica sarda, ovvero di un centrosinistra (ma chiamatelo pure come volete) che si avvia a perdere le prossime elezioni regionali, al termine di una legislatura in cui il centrodestra ha commesso tali e tanti disastri che non dovrebbe, per decenza, neanche presentarsi. Invece, con molta probabilità, vincerà.

Oggi giovedì 16 novembre 2023

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Kenneth Roth, attivista per i diritti umani e scrittore americano, sulla quale non solo i governanti tedeschi dovrebbero riflettere… @KenRoth:
Germany should reassess the lessons from its Nazi history. Feeling a debt toward the world’s Jews should not mean writing a blank check to the Israeli government as it rips up the important human rights lessons that should be taken from the Holocaust.
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La Germania dovrebbe rivalutare le lezioni apprese dalla sua storia nazista. Sentire un debito nei confronti degli ebrei del mondo non dovrebbe significare firmare un assegno in bianco al governo israeliano poiché questo fa stracciare le importanti lezioni sui diritti umani che dovrebbero essere apprese dall’Olocausto.
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DECISIONE SULLO SCIOPERO NON POLITICA. SIGNORA MELONI, ALMENO NON OFFENDA L’INTELLIGENZA DEGLI ITALIANI
img_5251Nov 16, 2023 – 07:48:21 – CET su PoliticaInsieme.
Decisione sullo sciopero non politica. Signora Meloni, almeno non offenda l’intelligenza degli italiani
Non sarebbe stata una decisione politica quella del Governo di precettare i lavoratori e impedire così lo sciopero generale. Il Governo, unanime, avrebbe seguito le indicazioni di un organismo terzo: Commissione Garanzia Sciopero. Organismo terzo però nominato dalla maggioranza di governo attraverso i Presidenti di Senato e Camera. E’ come se io, piccola e insignificante zebretta, mi spacciassi per un insegnante di calmucco.

Cessate il fuoco!

img_4715di Gian Giacomo Migone
C’è un solo modo per far cessare la strage, in corso a Gaza e dintorni, che grava sulle coscienze di tutti noi. Occorre una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che imponga il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi, l’osservanza del diritto internazionale e che, quando e ove necessario, preveda l’intervento di forze dell’ONU, secondo quanto previsto dalla Carta.

Elezioni sarde. Il dilemma di Sardegna Chiama Sardegna

img_3442sardegna-chiama-sardegna-1024x1024Da Sardegna Chiama Sardegna. Ciao,
convochiamo un’assemblea generale di Sardegna chiama Sardegna aperta a tutt* coloro che hanno firmato l’appello, si sono registrati sul sito o hanno partecipato ai tavoli tematici e/o territoriali, per discutere del seguente punto all’Ordine del Giorno:

- prossimi passi di ScS verso le elezioni sarde del 2024.

L’assemblea si terrà su Zoom, venerdì 17 novembre, alle ore 18.30. Terminerà alle ore 21.

Ma quale riforma costituzionale? Un attacco alla democrazia

logo-politicainsiemeINSIEME: I GRAVI ERRORI E LIMITI DEL PREMIERATO
Nov 15, 2023 – 07:52:13 – CET su PoliticaInsieme.
Il Consiglio nazionale di INSIEME ha approvato il seguente documento sulla proposta di riforma costituzionale del Governo Meloni, il cosiddetto premierato

Oggi mercoledì 15 novembre 2023

img_3099 CAMPAGNA DI OPPOSIZIONE ALLA POLITICA DI GUERRA ISRAELIANA E AL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE ——– BOICOTTAGGIO TEVA
15 Novembre 2023 su Democraziaoggi.
Il Comitato sardo di Solidarietà con la Palestina

Israele ormai da più di 70 anni impedisce con la violenza la vita di ogni famiglia palestinese che vive nella Striscia di Gaza o in Cisgiordania: occupa le loro terre, ruba la loro acqua, sradica gli ulivi, distrugge case, ospedali, scuole; e, tramite i Check Point, impedisce gli […]
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Premierato, così Meloni avvicina l’Italia alla democratura polacca
15 Novembre 2023
Alfiero Grandi su Democraziaoggi

Giorgia Meloni è già partita con la campagna elettorale per il referendum sulla proposta di cambiare la Costituzione per eleggere direttamente il capo del Governo e altro ancora. Un lungo video avvia la campagna elettorale. Evidentemente la Presidente del Consiglio al contrario del Presidente del Senato non crede alla possibilità di arrivare ai 2/3 […]
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Oggi martedì 14 novembre 2023

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Dobbiamo essere per la pace

img_5240 Amos Oz: “A voi europei tocca riservare ogni oncia di aiuto e solidarietà a questi due pazienti, sin d’ora. Non dovete più scegliere fra essere pro Israele o pro Palestina. Dovete essere per la pace”.
Contro il fanatismo
di Roberto Paracchini

C’era una volta un bambino che amava molto osservare le persone. E poi c’era un gelato, che a quel bambino piaceva molto. E c’era anche una promessa: “Se fai il buono ti compriamo il gelato”. E c’era pure un locale, un Caffè, dove quel bambino veniva portato dai genitori che “dovevano discutere con i loro amici”, come gli raccontavano. E a quel bambino non piaceva molto starsene lì con tutti quei grandi sette giorni su sette. “Allora dovevo pur fare qualcosa di me stesso, per non urlare o dar fuori di matto”. Sì, certo c’era la promessa del gelato, ma non bastava. “Così me ne stavo lì seduto, come un piccolo detective, a osservare il via vai del locale – gente che entrava, gente che usciva… e come uno Sherlock Holmes, ne studiavo gli abiti, le facce, i gesti, le scarpe, rimiravo le borsette e ingannavo l’attesa inventando piccole storie su questa gente, fantasticando sulla loro provenienza o sui rapporti tra quelle due donne e quell’uomo seduti al tavolino d’angolo…”.
Passano gli anni. Forse 50 o 60. E quel bambino, nato a Gerusalemme nel 1939, si chiama oggi Amos Oz: a 15 anni decise di cambiare il cognome originario Klausner in Oz, che in ebraico significa “forza”, poi entrò nel kibbutz Hulda dove scelse di andare in rotta coi genitori, fortemente di destra, e dove visse per i successivi 30 anni. Quel bambino, poi ragazzo, poi giovane adulto, con gli anni divenne l’Amos Oz scrittore che in molti conoscono e amano anche per la capacità di entrare nell’animo dei suoi personaggi facendoceli intimamente vivere: uno degli autori più importanti della letteratura contemporanea, morto nel 2018.
Passati tutti quegli anni e arrivati ai primi del XXI secolo, Oz confessò in alcune conferenze tenute a Tubinga (recentemente ripubblicate in Italia da Feltrinelli col titolo Contro il fanatismo) che continuava a comportarsi “così” come allora: “Quando mi capitano i cosiddetti ‘tempi morti’, in aeroporto o quando mi trovo in sala d’attesa dal dentista, o in coda da qualche parte… Ancora fantastico. E credetemi, è un passatempo utile, non solo per uno scrittore: per chiunque di noi. Accadono davvero tante cose, in ogni angolo di strada, in ogni coda in attesa dell’autobus, in qualunque sala d’aspetto di un ambulatorio, o in un Caffè… Tanta di quella umanità attraversa ogni giorno il nostro campo visivo, mentre per gran parte del tempo noi restiamo indifferenti, non ce ne accorgiamo neppure, vediamo ombre invece di persone in carne e ossa. Perciò, con l’abitudine di osservare gli estranei, e con un pizzico di fortuna, finirete presumibilmente per scrivere dei racconti congetturando intorno a quello che la gente si fa a vicenda, a come ci si appartiene a vicenda”.
Ed è proprio su questa importante constatazione, su “come ci si appartiene a vicenda”, che Oz costruisce la sua visione della letteratura, certamente, ma anche il suo modo di vivere la vita e, si potrebbe dire, il suo insegnamento. “Ogni mattina – racconta nel libro citato – faccio una piccola passeggiata nel deserto, prendo una tazza di caffè, mi siedo alla scrivania e comincio a domandarmi: ‘Come mi sentierei se fossi lei? Come dev’essere stare dentro la sua pelle?’ – questo è ciò che devi fare se vuoi scrivere anche il più semplice dei dialoghi: devi spartire non soltanto la tua fedeltà, ma persino i tuoi sentimenti tra diversi personaggi”. E non solo, “parafrasando D. H. Lawrence (…) per scrivere un romanzo bisogna essere capaci di assumersi una mezza dozzina di conflitti e sentimenti contraddittori e opinioni, con lo stesso grado di convinzione, veemenza ed empatia”.
Considerazioni, queste ultime, che gli attori teatrali ben conoscono, ma che in Amos Oz diventano non solo il propulsore della sua grande letteratura, ma anche il terreno per entrare nel dramma e nella tragedia dei luoghi in cui è vissuto. “Allora, forse – afferma – sono equipaggiato un po’ meglio degli altri per capire, con il mio punto di vista ebraico-israeliano, come ci si sente a essere un palestinese sradicato, come ci si sente ad essere un arabo palestinese cui degli ‘alieni di un altro pianeta’ hanno portato via la terra natale. E come ci si sente a essere coloni israeliani in Cisgiordania? Sì, talvolta mi infilo nei panni di quella gente oltranzista, o quanto meno ci provo”.
Nel 1967, Oz assieme a pochissime altre persone, “molto prima che fosse fondato il movimento Pace Adesso, qualche settimana dopo la spettacolare vittoria militare d’Israele nella guerra dei Sei Giorni, iniziò “a propugnare una soluzione binazionale, una Palestina accanto a Israele, cosa che in quei giorni di euforia nazionale in Israele veniva guardata non solo come un tradimento, ma anche come una manifestazione di totale idiozia”. Invece, per l’autore de “Lo stesso mare” e di tanti altri favolosi romanzi, “solo colui che ama può diventare un traditore. Il tradimento non è il contrario dell’amore, è una delle sue tante opzioni. Traditore è colui che cambia agli occhi di coloro che non possono cambiare e non cambierebbero mai e odiano cambiare e non lo concepiscono, a parte il fatto che vogliono continuamente cambiare te: così la penso io”.
“In altre parole – spiega Oz – agli occhi del fanatico il traditore è chiunque cambi. Triste alternativa quella fra il diventare un fanatico o un traditore. In un certo senso non essere fanatici significa essere un traditore agli occhi dei fanatici”. E così, “traditore lo sei comunque. Qualunque cosa tu faccia, tradisci o la tua arte o il tuo senso di dovere civile”. Ma per Oz la soluzione esiste ed è il compromesso. Per molti il compromesso “puzza, è disonesto. Non nel mio vocabolario. Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c’è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte”. Per lo scrittore il fanatismo “dilaga ovunque. Non mi riferisco alle ovvie manifestazioni di fondamentalismo e oltranzismo… No, perché il fanatismo è praticamente dappertutto, e nelle sue forme più silenziose e civili è presente tutto intorno a noi, e fors’anche dentro di noi”. Poi Oz fa una serie di esempi tra cui quello, portato al paradosso, di certi pacifisti: “Conosco quei pacifisti, alcuni miei colleghi del movimento per la pace in Israele, capaci di spararmi in testa solo perché ho auspicato una strategia lievemente diversa per il processo di pace con i palestinesi”. Sia chiaro, spiega, “non voglio certo intendere che ogni opinione convinta sia una forma di fanatismo. Certo che no. Però penso che il seme del fanatismo si annidi immancabilmente nella rettitudine inflessibile, piaga di molti secoli”. E nemica inflessibile del compromesso.
Nei romanzi di Oz nessuno è un’isola, chiuso e impermiabile al mondo, ma tutti sono una penisola, legati alla terra del proprio modo di essere e all’oceano, gli spazi del cambiamento. “Se nei miei romanzi c’è messaggio metapolitico, è sempre, in un modo o nell’altro, il messaggio di un compromesso, un compromesso doloroso, e della necessità di scegliere tra vita e morte, fra l’imperfezione della vita e la perfezione di una morte gloriosa”, che tutto sommerge, si potrebbe aggiungere, come un macigno di “rettitudine inflessibile”. E non è certo un caso, sottolinea lo scrittore, che i fanatici non abbiamo senso dell’umorismo. “In vita mia non ho ancora visto un fanatico dotato di senso dell’umorismo”. Questo anche perché “l’umorismo implica la capacità di ridere di sé stessi”. Umorismo come antidoto al fanatismo e al fondamentalismo, che nasce anche da una profonda conoscenza dell’ebraismo (tra le altre cose Oz ha insegnato letteratura ebraica nell’università Ben Gurion, nel Negev). “Nella vita quotidiana degli anni quaranta – ricorda – ognuno pensava di appartenere a Gerusalemme nel vero senso del termine, mentre gli altri erano considerati alla stregua di una presenza ammissibile, di sfondo”. E le “tensioni interconfessionali erano tali che ci si poteva o diventare matti oppure sviluppare un ottimo senso dell’umorismo. O ancora un senso di relatività. La convinzione insomma che ognuno ha la sua storia, ma non ce n’è una più valida o avvincente dell’altra”.
Pure qui ritorna lo spazio di un Caffè come luogo di dialogo e di produzione di storie, come quella che vede discutere animatamente alcune persone, tra cui se ne nota una più vecchia degli altri che se ne sta in silenzio, ma che si scopre essere Dio. L’avventore più vicino “ha una domanda da fargli, ovviamente molto pressante. Dice: ‘Caro Dio, per favore dimmi una volta per tutte, chi possiede la vera fede? I cattolici o i protestanti o forse gli ebrei o magari i mussulmani? Chi possiede la vera fede?’. Allora Dio, in questa storia risponde: ‘A dirti la verità, figlio mio, non sono religioso, non lo sono mai stato, la religione nemmeno m’interessa’”. Insomma, prosegue Oz, “c’è una vena di anarchia non soltanto in Israele, ma credo piuttosto nel retaggio culturale dell’ebraismo”.
Una percezione di relatività, che nasce anche dal senso dell’umorismo, è indispensabile allo scrittore per capire le ragioni degli altri. Quand’era piccolo, Oz ricorda che le prime parole in inglese da lui pronunciate “sono state British, go home!, che noi marmocchi gerosolimitani (nativi di Gerusalemme – ndr) gridavamo gettando sassi contro le pattuglie inglesi a Gerusalemme nella nostra ‘intifada’ del 1945, 1946 e 1947”. Poi la storia è diventata ancora più complessa: “Come non far maturare un senso di relatività, un senso della prospettiva e anche una triste ironia sul fatto che gli occupati possono diventare occupanti, gli oppressi oppressori, le vittime di ieri aggressori? Con quanta facilità i ruoli si ribaltano”. E la storia si incancrenisce.
“Fra noi e i palestinesi – scrive nell’ultimo suo piccolo e illuminante saggio Resta ancora tanto da dire – c’è da più di cent’anni una ferita aperta, anzi c’è una ferita infetta, piena di pus. Un ascesso, ormai”. Ma “non si cura una ferita con un bastone… Non è ammissibile continuare a infierire in questo modo su una ferita aperta, sperando che così si rimargini, che smetta di sanguinare”. Certo, “la sopraffazione non di rado va fermata con la forza… Ma nessuna ferita si cura con un bastone”. Da pacifista coerente, Oz spiega che “una ferita va curata” e che “prima di tutto bisogna trovare la lingua della cura. Che non è quella dell’oppressione, né quella della deterrenza, non è la lingua del ‘dare una lezione’”. Per lo scrittore è una lingua più semplice: “Soffri. Lo so. Soffro anch’io. Su, ricominciamo insieme”.
Nella guerra arabo-israeliana del 1948, il punto – sostiene – non è di chi sia la responsabilità del conflitto. “Il punto è la tragedia. Che siano da accusare le dirigenze arabe, o i sionisti, o entrambi, resta il fatto che nel 1948 centinaia di migliaia di palestinesi persero le loro case. So bene che nello stesso anno, durante la stessa guerra, quasi un milione di ebrei orientali dei paesi arabi persero anche loro le case e molti di loro vennero cacciati via e arrivarono in Israele”. E prima e in parte assieme a loro, molti ebrei abbracciarono l’idea sionista ma con un ventaglio vastissimo di posizioni e interpretazioni, tanto da far dire ad Oz, seppure “cum grano salis, (…) che Israele non è un paese e nemmeno una nazione. È una feroce, schiamazzante collezione di argomentazioni, un perpetuo seminario di strada”.
“Ma allora che cos’è il sionismo? – si domanda retoricamente lo scrittore in Resta ancora tanto da dire, consapevole che è questa la domanda che molti gli pongono – Non riesco a rispondervi se non con la consapevolezza che non abbiamo un altrove”. Come dire che il sionismo nasce tra gli ebrei perseguitati da secoli, poi sterminati dal nazismo e infine rifiutati da tutti gli altri paesi, come gli stessi genitori di Oz.
In questo contesto il conflitto Israelo-palestinese era e resta una tragedia. Dopo la guerra del 1948 “un buon numero” di ebrei orientali, “finì in quelle stesse case che erano appartenute agli arabi palestinesi”. In pratica, “dopo tre quattro, cinque anni trascorsi nei campi di transito, gli ebrei sopravvissuti che venivano dall’Iraq, dal Nord Africa e dall’Egitto, Siria e Yemen ebbero finalmente una casa e un lavoro, mentre i profughi palestinesi no. La questione rimane aperta, e con dolore”.
Ed è per questo che questa lunga storia non ha “buoni da una parte e cattivi dall’altra. Non è un film western, e nemmeno un western capovolto”. C’è invece, “una tragedia: il contrasto tra un diritto e l’altro”. Un diritto e l’altro, entrambi calpestati, infatti “una delle cose che rendono il conflitto israeliano-palestinese particolarmente grave, è il fatto che esso sia essenzialmente un conflitto tra due vittime. Due vittime dello stesso oppressore. E qui Oz on ha dubbi. “L’Europa che ha colonizzato il mondo arabo, l’ha sfruttato, umiliato, ne ha calpestato la cultura, che l’ha controllato e usato come base d’imperialismo, è la stessa Europa che ha discriminato, perseguitato, dato la caccia e infine sterminato in massa gli ebrei perpetrando un genocidio senza precedenti”.
La storia poi diventa particolarmente crudele, racconta Oz, perché queste due vittime di uno stesso oppressore non solidarizzano tra loro, ma si odiano. Da un lato “l’ebreo, in particolare l’ebreo israeliano, è dipinto come un’estensione dell’Europa: bianca, sofisticata, tirannica, colonizzatrice, crudele, senza cuore”. E non come “un gruppo sparuto di sopravvissuti e profughi mezzo isterici, braccati da terribili incubi, traumatizzati non solo dall’Europa, ma anche dal modo in cui siamo stati trattati nei paesi arabi e islamici”. Dall’altro lato, “parimenti noi, ebrei israeliani, non consideriamo gli arabi, nello specifico i palestinesi, per quello che sono, e cioè vittime di secoli di oppressione, sfruttamento, colonialismo e umiliazione. E invece li vediamo come dei cosacchi da pogrom, dei nazisti con i baffi, abbronzati e con indosso la kefijah”.
A fronte di tutto questo “vige su entrambi i fronti una profonda ignoranza: non di carattere politico, su scopi e obiettivi, ma relativa al vissuto di traumi che le due vittime hanno subito”. Da un lato il movimento nazionale palestinese, per molti anni, “ha mancato di riconoscere l’autenticità del legame ebraico con la terra di Israele. Perché non ha voluto riconoscere che il moderno Israele non è affatto un prodotto dell’impresa coloniale”. Dall’altro, parimenti “aggiungo subito che sono altrettanto critico verso le generazioni di sionisti israeliani che hanno mancato di riconoscere l’esistenza di un popolo palestinese, un popolo vero con veri, legittimi diritti. Così, entrambe le leadership, tanto passate quanto presenti, sono colpevoli di non aver compreso la tragedia, o se non altro di non averla spiegata ai propri popoli”.
Che fare, infine? Oz chiude Contro il fanatismo con una esortazione quanto mai attuale: “A voi europei tocca riservare ogni oncia di aiuto e solidarietà a questi due pazienti, sin d’ora. Non dovete più scegliere fra essere pro Israele o pro Palestina. Dovete essere per la pace”.

​​​​​​​​​Roberto Paracchini
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Oggi martedì 14 novembre 2023

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Oggi lunedì 13 novembre 2023

img_3099 img_3442Soru ci riprova… a far vincere la destra
13 Novembre 2023 – A.P. su Democraziaoggi.
Ci è riuscito una volta, nel 2009, ora ci riprova a far vincere la destra. Lo fa con millimetrica precisione: la divisione del centrosinistra in due tronconi dà matematicamente la prevalenza alla destra, come ha fatto Letta jr. con la Meloni lo scorso anno. Basta questa banale e ovvia considerazione per mostrare quanto poco gentile sia […]
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Soru. I motivi di una rottura
13 Novembre 2023 – Roberto Murasola su Democraziaoggi
Giovedì scorso in una conferenza stampa viene ufficializzato il nome di Alessandra Todde come candidata alla Presidenza della Regione Sardegna, incarico conferitogli dall’insieme di partiti politici e associazioni che costituiscono il cosiddetto campo largo. Percorso lungo, che ha preso inizio il 7 luglio scorso, non facile e foriero di forti tensioni in special modo […]
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Elezioni sarde

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Renato Soru in campo, vent’anni dopo: senza pudore, come se niente fosse
12/11/2023 sul blog di Vito Biolchini
Cagliari, 11 novembre 2023
di Vito Biolchini

Oggi domenica 12 novembre 2023

img_3099 Carbonia. Dai decreti Gullo del 1944 all’occupazione delle terre, alla legge stralcio del luglio 1950. Per la prima volta presenti nella politica regionale e nazionale i contadini meridionali, specialmente delle zone del latifondo: prefetti e proprietari terrieri contro l’applicazione dei decreti
12 Novembre 2023 / Gianna Lai su Democraziaoggi
Come ogni domenica un post sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.
A seguito dei decreti Gullo, 1944, la strategia sindacale di Di Vittorio nelle campagne meridionali si sarebbe concentrata sui braccianti, e contro i caporali, per la formazione di liste ufficiali di disoccupati, controllate dal sindacato stesso. “Una mobilitazione sul programma della […]
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