Monthly Archives: luglio 2023
Quanti mondi ha attraversato Bettazzi?
RICORDO DI LUIGI BETTAZZI
di Tonio Dell’olio su Rocca.
17 Luglio 2023
Io ricordo di averlo accompagnato in Bosnia, Kosovo, El Salvador, Guatemala, Australia, Vietnam, paese che, come un voto emesso, visitava ogni anno.
Luigi Bettazzi, un pastore radicato nel Concilio
La morte di monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea
Un pastore radicato nel Concilio
17 luglio 2023
di Arrigo Miglio su L’Osservatore Romano.
Monsignor Luigi Bettazzi ha attraversato una stagione ecclesiale in qualche modo unica, ha incontrato e si è confrontato con i principali protagonisti del Concilio e del post Concilio, scrivendo, intervenendo e non di rado provocando. Approfondimenti e valutazioni continueranno ancora a lungo, ma resta, per chi lo ha incontrato e conosciuto, la testimonianza di un pastore che ha speso la sua vita per far giungere a tutti la conoscenza dei testi conciliari. Uso appositamente la parola pastore, ben sapendo che non è rimasto certo estraneo al “conflitto delle interpretazioni”, ma, grazie all’esperienza vissuta come suo collaboratore per vari anni e come suo primo successore nella sede eporediese, devo sottolineare proprio il suo impegno pastorale, che ha cercato di tradurre in tutti i modi il magistero conciliare, a cominciare dalle costituzioni, quasi un ritornello in tutti i suoi interventi.
Il Vescovo Luigi Bettazzi
Ricordo di un amico
di Enzo Bianchi
Il Vescovo Luigi Bettazzi è sempre stato un grande amico, mio personale e della comunità di Bose. Negli anni ’60, quando ero solo a Bose, e in seguito, quando la fraternità nascente era vista negativamente per la presenza di cristiani cattolici, protestanti e ortodossi, lui veniva a trovarmi: partecipava alla nostra preghiera e accoglieva l’invito alla nostra tavola, consolandoci e confermandoci nella fede e nella vocazione monastica. Negli anni successivi mi coinvolse in molte iniziative ecclesiali facendomi partecipare come relatore ai tre sinodi diocesani e ad altre assemblee pastorali.
Oggi martedì 18 luglio 2023
La Chiesa di Bettazzi
18 Luglio 2023 su Democraziaoggi.
In ricordo di Luigi Bettazzi, Vescovo conciliare, militante pacifista, morto sabato 16 luglio all’età di 99 anni
Raniero La Valle
Il bello di una lunga vita è che molti, in tempi e in luoghi diversi, ne godono i frutti, quando quella vita è ricca di valori civili, di ispirazioni religiose e traboccante di amore. Così è […]
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Mons. Luigi Bettazzi secondo me
Un inedito Luigi Bettazzi nell’affettuoso ricordo scritto da Arrigo Miglio due anni fa per i 75 anni di sacerdozio del presule, morto il 16 luglio all’età di 99 anni.
di Arrigo Miglio
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“Mons. Luigi Bettazzi secondo me”. Cioè “l’altro” Bettazzi. Altro rispetto al vescovo conosciuto soprattutto per l’immagine trasmessa dai media e legata ad alcuni suoi gesti e scritti, comprese numerose sue pubblicazioni, che hanno fatto conoscere soprattutto il personaggio pubblico, meno il pastore e l’uomo che, giunto in una regione a lui sconosciuta – il Piemonte – vi si è incarnato con entusiasmo e continua a viverci con grande amore da oltre mezzo secolo.
In questo senso posso dire qualcosa su mons. Bettazzi “secondo me”: momenti di una vita pastorale e quotidiana meno conosciuti; il suo rapporto con le persone, con il territorio, la sua testimonianza quotidiana di amore alla Chiesa. Vorrei dire qualcosa sul vescovo che ho incontrato quando ancora ero seminarista, che mi ha ordinato sacerdote, mi ha affidato man mano vari impegni pastorali e per una quindicina di anni mi ha chiesto di collaborare con lui come vicario, abitando nella casa vescovile con lui, casa peraltro abbastanza grande dove i momenti di vita comune si alternavano bene con gli spazi e i tempi della vita personale di ciascuno. In quella casa sono tornato sette anni dopo l’esperienza fatta come vescovo di Iglesias, mentre mons. Bettazzi si era trasferito pochi km fuori Ivrea, accettando però sempre di tornare in Cattedrale e in Episcopio per le feste principali e in particolari occasioni.
Stiamo parlando di una persona che oggi è arrivata a 75 anni di sacerdozio dei quali 58 di episcopato (3 come ausiliare di Bologna col Card. Lercaro, 32 come vescovo di Ivrea e 22 come vescovo emerito, finora…).
Luigi Bettazzi, Vescovo, Costruttore di Pace
Chiesadituttichiesadeipoveri: Newsletter n.306 del 16 luglio 2023
LA CHIESA DI BETTAZZI
Cari amici,
Il bello di una lunga vita è che molti, in tempi e in luoghi diversi, ne godono i frutti, quando quella vita è ricca di valori civili, di ispirazioni religiose e traboccante di amore. Così è stato della vita di Luigi Bettazzi, che è stato davvero un vescovo della Chiesa di tutti, e della Chiesa dei poveri, e soprattutto dei pacifici e degli assetati di giustizia. E così egli ha seminato e lasciato ricordi straordinari in tanti e in molte occasioni per quasi 100 anni.
C’è chi lo ricorda, giovane e anche bello, fraterno e accogliente, maestro ed amico, come Assistente ecclesiastico della FUCI, la Federazione degli universitari cattolici italiani, famosa per aver formato personalità straordinarie e preziosi protagonisti della prima Italia repubblicana, a cominciare da Moro.
C’è chi lo ricorda come vescovo ausiliare di Bologna in quel tempo magico che visse la Chiesa bolognese, la Chiesa del cardinale Lercaro, di don Dossetti, dell’ “Avvenire d’Italia”, del Centro di studi religiosi di Pino Alberigo e Paolo Prodi. A quel titolo fu tra i più giovani vescovi del Vaticano II: e lì parlò per la pace, ed ebbe il coraggio di levarsi in san Pietro per chiedere ai Padri conciliari, contro ogni prudenza ecclesiastica, di procedere alla canonizzazione conciliare di papa Giovanni XXIII, e farlo santo per acclamazione, senza miracoli e senza processi canonici, perché un papa così ancora non si era mai visto, e proprio quel Concilio ne era il lascito più prezioso per la Chiesa e per il mondo.
Finito il Concilio mons. Bettazzi fu ancora accanto a Lercaro, prima che l’arcivescovo bolognese fosse deposto per aver rivendicato la profezia della Chiesa, piuttosto che la neutralità, contro la guerra del Vietnam.
E poi fu vescovo di Ivrea, dove fu mandato per i suoi meriti, ma anche per lasciare il posto a Bologna al cardinale Poma incaricato di normalizzare la Chiesa italiana dopo gli ardimenti del Concilio.
E chi, tra i compagni che furono con lui e con don Albino Bizzotto in quella sorta di staffetta per la pace che fu fatta nel 1992 per rompere l’assedio di Sarajevo durante la guerra jugoslava, non lo ricorda a proclamare che era possibile la pace tra serbi e bosniaci, musulmani e cristiani, cattolici e ortodossi?
È stato un vescovo dei poveri e dei pacifici, degli intellettuali e dei piccoli, presidente di Pax Christi e militante di base quando c’era da lottare e testimoniare per la pace: e l’ultima volta lo ricordiamo a dire, rispondendo all’appello di Michele Santoro, che non è contro l’aggressione chi alla violenza oppone un’altra violenza, e che dalla guerra di Ucraina si doveva uscire con la diplomazia e mettendosi in mezzo ai contendenti per farli riconciliare nella pace.
In questo ricordo che ci consola all’ora della sua morte, vi inviamo i più cordiali saluti.
Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri
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a cura di Gianni Alioti
… verso l’alba di ieri, domenica 16 luglio 2023, è morto, quasi all’età di cento anni, monsignor Luigi Bettazzi, costruttore di pace. Vescovo emerito di Ivrea, la diocesi dove aveva esercitato il suo ruolo pastorale dal 1966 al 1999.
Nel 1968 il vescovo di Ivrea assunse la presidenza nazionale di Pax Christi e nel 1978 ne diventò presidente internazionale, fino al 1985.
Monsignor Luigi Bettazzi era l’ultimo dei padri conciliari e leale testimone del Concilio Vaticano II, come racconta in questa lunga e bella intervista a Riccardo Maccioni, pubblicata dal quotidiano Avvenire l’11 ottobre 2022.
«IL VATICANO II CHE HO VISSUTO»
A 60 ANNI DALL’APERTURA DEL CONCILIO, PARLA IL VESCOVO LUIGI BETTAZZI, EMERITO DI IVREA.
Quasi sempre a definire la grandezza di un evento sono le statistiche: quanti partecipanti e da quali Paesi, i giornalisti accreditati, i litri d’acqua che verranno bevuti. Nell’immaginario collettivo, nel cuore della gente semplice, invece, l’11 ottobre 1962, il giorno di apertura del Concilio Vaticano II, è segnato soprattutto dalle parole di Giovanni XXII, dal “discorso della luna”.
Quell’invito tenerissimo a portare ai bambini la carezza del Papa, la spinta a dire una parola buona a chi è nella tristezza, sono un’eredità trasmessa dai genitori ai figli e conosciuta anche da tanti ragazzi di oggi. Un messaggio meraviglioso, certo, ma che andrebbe quantomeno collegato all’allocuzione “ Gaudet Mater Ecclesiae” in cui, inaugurando l’assise, il Pontefice sottolineava come la Chiesa, nel combattere gli errori, «preferisse usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore». Una svolta, l’annuncio di un cambiamento profondo di cui forse non si resero conto neppure tutti i padri conciliari.
Allora, monsignor Luigi Bettazzi, emerito di Ivrea, già presidente di Pax Christi aveva 39 anni. Avrebbe partecipato direttamente al Concilio nella seconda sessione.
«L’11 ottobre 1962 – spiega il presule che compirà 99 anni il 26 novembre – risultò soprattutto un giorno di folclore, con gli oltre 2.000 vescovi del mondo che entravano processionalmente in San Pietro, apparati nei modi più vistosi (in particolare quelli di rito orientale) . Si pensava che in poco tempo avrebbero approvato le decine di documenti preparati da apposite Commissioni. Io stesso ne ero convinto: negli ultimi tempi, per la sollecitazione di papa Giovanni al cardinale arcivescovo di Bologna, Giacomo Lercaro di inserire qualche suo prete nelle Commissioni preparatorie, mi trovai nella Commissione dei Seminari, dove gli esperti (tra cui il famoso domenicano francese padre Congar) avevano preparato una decina di documenti. E mi resi conto che si trattava di problemi quasi ovvi, ad esempio la preminenza della teologia di san Tommaso d’Aquino o la più intransigente severità in ambito sessuale».
Lei entrò in Concilio durante la seconda sessione, il 29 settembre 1963, una settimana prima del 4 ottobre quando sarebbe stato consacrato vescovo ausiliare di Bologna. Pastore giovanissimo per i parametri di oggi.
Sì entrai in Concilio quando stavo per compiere 40 anni (in ambito missionario v’erano alcuni vescovi anche un po’ più giovani, in Europa lo si diveniva in genere dopo i 50 anni). L’assemblea era raccolta in lunghi banchi a gradini nel corridoio centrale della Basilica, con il posto assegnato secondo la data della propria nomina vescovile: presso l’altare i cardinali e i patriarchi, poi giù giù, verso l’ingresso, gli arcivescovi e i vescovi; ovviamente agli inizi ero tra gli ultimi. Mi trovai immerso nell’episcopato mondiale, con vescovi autoctoni dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina, e capii perché la Chiesa si definiva cattolica, cioè universale, mentre pensavamo quasi che la Chiesa fosse Roma con l’annessione di tutto il mondo. E subito mi resi conto della libertà con cui si discuteva, nei corridoi laterali lungo le soste (v’erano pure due bar di analcolici), ma anche al centro, nel corso dei dibattiti sui documenti che venivano man mano distribuiti. Era stato lo stesso papa Giovanni a incoraggiare questa libertà di discussione, rimandando di qualche giorno la votazione per le Commissioni dei vescovi circa i vari argomenti, contro quelle proposte dalla Segreteria praticamente dalla Curia Vaticana – e rimandando d’autorità a rifare il Documento sulla Rivelazione, rifiutato da una maggioranza troppo esigua per essere accettata dalle norme imposte alla discussione. Ci rendemmo anche conto che, ad avviare le discussioni erano in genere i vescovi più organizzati, come i tedeschi e gli olandesi, abituati a dialogare con i protestanti, o i francesi e i belgi, abituati a muoversi in ambienti di laicità. Gli americani del Nord insistevano per la libertà religiosa, quelli meridionali per una Chiesa attenta ai poveri.
Cos’è rimasto soprattutto del Concilio? Penso ovviamente in particolare alle Costituzioni.
Sui sedici Documenti che sono stati emessi, più che alle tre Dichiarazioni ed ai nove Decreti, sono appunto le Costituzioni che segnano la novità, ma ancora insufficienti, nella vita della Chiesa. Come noto sono sulla Divina Liturgia, sulla Divina Rivelazione, sulla Chiesa in sé e sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Così La Liturgia non è più vista come l’insieme delle norme per il culto, bensì come l’orientamento per la preghiera comune dei cristiani, con la lingua dei singoli popoli ed una maggiore comprensione e semplificazione dei riti, ma – è da dire – senza una più ampia conversione di mentalità, per cui ancora oggi si vorrebbe qua e là tornare alle antiche formule, come più devote e convincenti. Così la Bibbia, la cui lettura veniva sconsigliata ai singoli cristiani come rischio di eccessiva familiarità con i protestanti, viene invece messa in mano a tutti i battezzati, ma sempre con le esitazioni di chi sa che non è facile comprendere quanto è stato scritto millenni fa con mentalità molto diverse dalla nostra. La Costituzione sulla Chiesa ne rivoluziona il concetto: essa viene affrontata in primo luogo non più come «società perfetta» fondata sulla gerarchia, ma come popolo di Dio, in cui ogni battezzato è parte importante, mentre la gerarchia, pur caratterizzata dal Sacramento dell’Ordine, è al servizio della vita della comunità cristiana, nelle singole esperienze e nella loro collettività.
Gaudium et spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, è come tutti sanno la Costituzione pastorale. Un testo sicuramente legato al tempo storico in cui fu redatto ma che resta anche molto attuale. Per esempio in rapporto allo stile di essere comunità centrata sul Vangelo. O nel richiamo alla necessità di dialogare a tutto tondo con la cultura contemporanea, partendo dall’antropologia.
Fin dagli inizi dichiara che le gioie e le speranze (in latino “ Gaudium et spes”) «le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Tutta la Costituzione continua ad esporre la dottrina del Vangelo come una conferma e uno sviluppo di quanto è “genuinamente umano”; dopo aver riflettuto sulla dignità della persona umana, sulla comunità umana e la sua attività, passa da alcuni esempi, dal matrimonio e la famiglia alla cultura, dalla vita economica alla politica, dalla comunità internazionale alla pace. E qui alcuni vescovi (ad esempio il cardinale Feltin arcivescovo di Parigi e il cardinale Alfrink di Utrecht) chiedevano la condanna della guerra, di ogni guerra (che in tempi atomici è una follia, come aveva dichiarato papa Giovanni nella “ Pacem in terris”), con la resistenza, ad esempio, dei vescovi degli Usa ( allora impegnata nella guerra anticomunista in Vietnam) che supplicavano: «non pugnalate alle spalle i nostri giovani che in Estremo Oriente stanno difendendo la civiltà cristiana». Eppure in questa Costituzione vi è l’unica condanna (come invece gli anatemi degli altri Concili contro gli errori del tempo), ed è quella (al n 80) contro “la guerra totale” come oggi è di fatto ogni guerra: ogni atto di guerra che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione.
Congar diceva che si sarebbe pienamente capito il Concilio 50 anni dopo. Oggi ci siamo…
È vero che dopo cinquant’anni la pastorale di papa Francesco richiama il Concilio. La sinodalità si rifà alla collegialità della “ Lumen gentium”, ampliando la responsabilità dei vescovi con il Papa a quella di ogni battezzato per la vita della chiesa, mentre l’attenzione ai poveri, agli scarti del mondo, realizza quella Chiesa dei poveri avviata nel Concilio ma che papa Paolo frenava, nel timore di interpretazioni politiche per la guerra fredda allora in corso tra Usa e Urss, promettendo che ne avrebbe trattato in un’enciclica, che fu la “ Populorum progressio” del 1967, che peraltro tratta della pace, più che della povertà.
Lei aderì al patto delle catacombe. In che modo è stato di ispirazione per la sua vita? E ha cementato legami con gli altri firmatari?
Visto che il Papa esitava a trattare della Chiesa dei poveri, il Movimento interessato, che in Roma aveva sede al Collegio belga, verso la fine del Concilio (il 16 novembre 1965) promosse un libero incontro di Vescovi alle Catacombe di Domitilla. Vi si trovò una quarantina di vescovi venuti occasionalmente a conoscenza dell’iniziativa. Il vescovo belga, monsignor Himmer di Tournai presiedette l’Eucaristia e presentò alla fine un documento secondo cui ogni singolo vescovo si impegnava esemplarmente ad una vita più povera (nell’abitazione e nei mezzi di trasporto, ad una pastorale più vicina ai lavoratori manuali ed ai settori più emarginati, e a far gestire le finanze sue e diocesane da laici affidabili. Quarantadue firmammo (casualmente ero l’unico italiano) e ci impegnammo a far firmare da vescovi amici, così che al Papa furono portate oltre 500 firme. Non ci ritrovammo più se non con gli amici di prima (ero nel gruppo di una ventina di vescovi, da ogni parte del mondo, ispirati da fratel Charles De Foucauld, oggi santo).
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Aggiungo al ricordo di monsignor Luigi Bettazzi l’interessantissimo articolo di Luca Rolandi e Michele Ruggiero scritto sulla rivista ‘La porta di vetro’
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Citazione di Bettazzi su Aladinpensiero: https://www.aladinpensiero.it/?p=138145
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Luigi Bettazzi a Cagliari per la Marcia per la Pace organizzata da Pax Christi il 31 dicembre 2019.
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Su Avvenire online: https://www.avvenire.it/amp/av/pagine/monsignor-luigi-bettazzi
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Su Famiglia Cristiana: https://www.famigliacristiana.it/articolo/bettazzi-il-ricordo-del-gruppo-editoriale-san-paolo-la-sua-testimonianza-preziosa-anche-per-loggi.aspx
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Oggi lunedì 17 luglio 2023
Regionali: un confronto senza pregiudiziali per battere la destra.
17 Luglio 2023
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Codonesu ed io abbiamo lanciato un appello per un’alleanza elettorale alle prossime regionali fra centrosinistra e sinistra. Sappiamo che si profila una divisione fra questi schieramenti. E ne intuiamo le ragioni. Il dissenso verso il PD della sinistra è forte e motivato. Questo partito è come uno dei mostri del mito, la testa democristiana […]
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L’ARCIVESCOVO DI NAPOLI: L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA LACERA LA SOLIDARIETÀ
Lug 16, 2023 – 07:42:14 – CEST, su PoliticaInsieme.
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Oggi padre Tonino Melis, missionario saveriano a Cagliari
Padre Tonino Melis, missionario saveriano.
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Promosso dal movimento “Patto per la Sardegna” e dall’Associazione “Il Villaggio”, oggi Lunedì 17 luglio 2023, con inizio alle ore 18,30, nei locali dei Padri Saveriani, in via Sulcis (una traversa di via Cornalias, quasi di fronte alla Chiesa di San Massimiliano Kolbe), si terrà un incontro con Antonino Melis (Tonino), padre saveriano, in missione in Camerun, regioni del Nord,
La Chiesa di Bettazzi
Chiesadituttichiesadeipoveri: Newsletter n.306 del 16 luglio 2023
LA CHIESA DI BETTAZZI
Cari amici,
Il bello di una lunga vita è che molti, in tempi e in luoghi diversi, ne godono i frutti, quando quella vita è ricca di valori civili, di ispirazioni religiose e traboccante di amore. Così è stato della vita di Luigi Bettazzi, che è stato davvero un vescovo della Chiesa di tutti, e della Chiesa dei poveri, e soprattutto dei pacifici e degli assetati di giustizia. E così egli ha seminato e lasciato ricordi straordinari in tanti e in molte occasioni per quasi 100 anni.
C’è chi lo ricorda, giovane e anche bello, fraterno e accogliente, maestro ed amico, come Assistente ecclesiastico della FUCI, la Federazione degli universitari cattolici italiani, famosa per aver formato personalità straordinarie e preziosi protagonisti della prima Italia repubblicana, a cominciare da Moro.
Luigi Bettazzi, Vescovo, Costruttore di Pace
a cura di Gianni Alioti
… verso l’alba di oggi, domenica 16 luglio 2023, è morto, quasi all’età di cento anni, monsignor Luigi Bettazzi, costruttore di pace. Vescovo emerito di Ivrea, la diocesi dove aveva esercitato il suo ruolo pastorale dal 1966 al 1999.
Nel 1968 il vescovo di Ivrea assunse la presidenza nazionale di Pax Christi e nel 1978 ne diventò presidente internazionale, fino al 1985.
Monsignor Luigi Bettazzi era l’ultimo dei padri conciliari e leale testimone del Concilio Vaticano II, come racconta in questa lunga e bella intervista a Riccardo Maccioni, pubblicata dal quotidiano Avvenire l’11 ottobre 2022.
«IL VATICANO II CHE HO VISSUTO»
A 60 ANNI DALL’APERTURA DEL CONCILIO, PARLA IL VESCOVO LUIGI BETTAZZI, EMERITO DI IVREA.
Quasi sempre a definire la grandezza di un evento sono le statistiche: quanti partecipanti e da quali Paesi, i giornalisti accreditati, i litri d’acqua che verranno bevuti. Nell’immaginario collettivo, nel cuore della gente semplice, invece, l’11 ottobre 1962, il giorno di apertura del Concilio Vaticano II, è segnato soprattutto dalle parole di Giovanni XXII, dal “discorso della luna”.
Quell’invito tenerissimo a portare ai bambini la carezza del Papa, la spinta a dire una parola buona a chi è nella tristezza, sono un’eredità trasmessa dai genitori ai figli e conosciuta anche da tanti ragazzi di oggi. Un messaggio meraviglioso, certo, ma che andrebbe quantomeno collegato all’allocuzione “ Gaudet Mater Ecclesiae” in cui, inaugurando l’assise, il Pontefice sottolineava come la Chiesa, nel combattere gli errori, «preferisse usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore». Una svolta, l’annuncio di un cambiamento profondo di cui forse non si resero conto neppure tutti i padri conciliari.
Allora, monsignor Luigi Bettazzi, emerito di Ivrea, già presidente di Pax Christi aveva 39 anni. Avrebbe partecipato direttamente al Concilio nella seconda sessione.
«L’11 ottobre 1962 – spiega il presule che compirà 99 anni il 26 novembre – risultò soprattutto un giorno di folclore, con gli oltre 2.000 vescovi del mondo che entravano processionalmente in San Pietro, apparati nei modi più vistosi (in particolare quelli di rito orientale) . Si pensava che in poco tempo avrebbero approvato le decine di documenti preparati da apposite Commissioni. Io stesso ne ero convinto: negli ultimi tempi, per la sollecitazione di papa Giovanni al cardinale arcivescovo di Bologna, Giacomo Lercaro di inserire qualche suo prete nelle Commissioni preparatorie, mi trovai nella Commissione dei Seminari, dove gli esperti (tra cui il famoso domenicano francese padre Congar) avevano preparato una decina di documenti. E mi resi conto che si trattava di problemi quasi ovvi, ad esempio la preminenza della teologia di san Tommaso d’Aquino o la più intransigente severità in ambito sessuale».
Lei entrò in Concilio durante la seconda sessione, il 29 settembre 1963, una settimana prima del 4 ottobre quando sarebbe stato consacrato vescovo ausiliare di Bologna. Pastore giovanissimo per i parametri di oggi.
Sì entrai in Concilio quando stavo per compiere 40 anni (in ambito missionario v’erano alcuni vescovi anche un po’ più giovani, in Europa lo si diveniva in genere dopo i 50 anni). L’assemblea era raccolta in lunghi banchi a gradini nel corridoio centrale della Basilica, con il posto assegnato secondo la data della propria nomina vescovile: presso l’altare i cardinali e i patriarchi, poi giù giù, verso l’ingresso, gli arcivescovi e i vescovi; ovviamente agli inizi ero tra gli ultimi. Mi trovai immerso nell’episcopato mondiale, con vescovi autoctoni dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina, e capii perché la Chiesa si definiva cattolica, cioè universale, mentre pensavamo quasi che la Chiesa fosse Roma con l’annessione di tutto il mondo. E subito mi resi conto della libertà con cui si discuteva, nei corridoi laterali lungo le soste (v’erano pure due bar di analcolici), ma anche al centro, nel corso dei dibattiti sui documenti che venivano man mano distribuiti. Era stato lo stesso papa Giovanni a incoraggiare questa libertà di discussione, rimandando di qualche giorno la votazione per le Commissioni dei vescovi circa i vari argomenti, contro quelle proposte dalla Segreteria praticamente dalla Curia Vaticana – e rimandando d’autorità a rifare il Documento sulla Rivelazione, rifiutato da una maggioranza troppo esigua per essere accettata dalle norme imposte alla discussione. Ci rendemmo anche conto che, ad avviare le discussioni erano in genere i vescovi più organizzati, come i tedeschi e gli olandesi, abituati a dialogare con i protestanti, o i francesi e i belgi, abituati a muoversi in ambienti di laicità. Gli americani del Nord insistevano per la libertà religiosa, quelli meridionali per una Chiesa attenta ai poveri.
Cos’è rimasto soprattutto del Concilio? Penso ovviamente in particolare alle Costituzioni.
Sui sedici Documenti che sono stati emessi, più che alle tre Dichiarazioni ed ai nove Decreti, sono appunto le Costituzioni che segnano la novità, ma ancora insufficienti, nella vita della Chiesa. Come noto sono sulla Divina Liturgia, sulla Divina Rivelazione, sulla Chiesa in sé e sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Così La Liturgia non è più vista come l’insieme delle norme per il culto, bensì come l’orientamento per la preghiera comune dei cristiani, con la lingua dei singoli popoli ed una maggiore comprensione e semplificazione dei riti, ma – è da dire – senza una più ampia conversione di mentalità, per cui ancora oggi si vorrebbe qua e là tornare alle antiche formule, come più devote e convincenti. Così la Bibbia, la cui lettura veniva sconsigliata ai singoli cristiani come rischio di eccessiva familiarità con i protestanti, viene invece messa in mano a tutti i battezzati, ma sempre con le esitazioni di chi sa che non è facile comprendere quanto è stato scritto millenni fa con mentalità molto diverse dalla nostra. La Costituzione sulla Chiesa ne rivoluziona il concetto: essa viene affrontata in primo luogo non più come «società perfetta» fondata sulla gerarchia, ma come popolo di Dio, in cui ogni battezzato è parte importante, mentre la gerarchia, pur caratterizzata dal Sacramento dell’Ordine, è al servizio della vita della comunità cristiana, nelle singole esperienze e nella loro collettività.
Gaudium et spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, è come tutti sanno la Costituzione pastorale. Un testo sicuramente legato al tempo storico in cui fu redatto ma che resta anche molto attuale. Per esempio in rapporto allo stile di essere comunità centrata sul Vangelo. O nel richiamo alla necessità di dialogare a tutto tondo con la cultura contemporanea, partendo dall’antropologia.
Fin dagli inizi dichiara che le gioie e le speranze (in latino “ Gaudium et spes”) «le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Tutta la Costituzione continua ad esporre la dottrina del Vangelo come una conferma e uno sviluppo di quanto è “genuinamente umano”; dopo aver riflettuto sulla dignità della persona umana, sulla comunità umana e la sua attività, passa da alcuni esempi, dal matrimonio e la famiglia alla cultura, dalla vita economica alla politica, dalla comunità internazionale alla pace. E qui alcuni vescovi (ad esempio il cardinale Feltin arcivescovo di Parigi e il cardinale Alfrink di Utrecht) chiedevano la condanna della guerra, di ogni guerra (che in tempi atomici è una follia, come aveva dichiarato papa Giovanni nella “ Pacem in terris”), con la resistenza, ad esempio, dei vescovi degli Usa ( allora impegnata nella guerra anticomunista in Vietnam) che supplicavano: «non pugnalate alle spalle i nostri giovani che in Estremo Oriente stanno difendendo la civiltà cristiana». Eppure in questa Costituzione vi è l’unica condanna (come invece gli anatemi degli altri Concili contro gli errori del tempo), ed è quella (al n 80) contro “la guerra totale” come oggi è di fatto ogni guerra: ogni atto di guerra che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione.
Congar diceva che si sarebbe pienamente capito il Concilio 50 anni dopo. Oggi ci siamo…
È vero che dopo cinquant’anni la pastorale di papa Francesco richiama il Concilio. La sinodalità si rifà alla collegialità della “ Lumen gentium”, ampliando la responsabilità dei vescovi con il Papa a quella di ogni battezzato per la vita della chiesa, mentre l’attenzione ai poveri, agli scarti del mondo, realizza quella Chiesa dei poveri avviata nel Concilio ma che papa Paolo frenava, nel timore di interpretazioni politiche per la guerra fredda allora in corso tra Usa e Urss, promettendo che ne avrebbe trattato in un’enciclica, che fu la “ Populorum progressio” del 1967, che peraltro tratta della pace, più che della povertà.
Lei aderì al patto delle catacombe. In che modo è stato di ispirazione per la sua vita? E ha cementato legami con gli altri firmatari?
Visto che il Papa esitava a trattare della Chiesa dei poveri, il Movimento interessato, che in Roma aveva sede al Collegio belga, verso la fine del Concilio (il 16 novembre 1965) promosse un libero incontro di Vescovi alle Catacombe di Domitilla. Vi si trovò una quarantina di vescovi venuti occasionalmente a conoscenza dell’iniziativa. Il vescovo belga, monsignor Himmer di Tournai presiedette l’Eucaristia e presentò alla fine un documento secondo cui ogni singolo vescovo si impegnava esemplarmente ad una vita più povera (nell’abitazione e nei mezzi di trasporto, ad una pastorale più vicina ai lavoratori manuali ed ai settori più emarginati, e a far gestire le finanze sue e diocesane da laici affidabili. Quarantadue firmammo (casualmente ero l’unico italiano) e ci impegnammo a far firmare da vescovi amici, così che al Papa furono portate oltre 500 firme. Non ci ritrovammo più se non con gli amici di prima (ero nel gruppo di una ventina di vescovi, da ogni parte del mondo, ispirati da fratel Charles De Foucauld, oggi santo).
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Aggiungo al ricordo di monsignor Luigi Bettazzi l’interessantissimo articolo di Luca Rolandi e Michele Ruggiero scritto sulla rivista ‘La porta di vetro’
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Citazione di Bettazzi su Aladinpensiero: https://www.aladinpensiero.it/?p=138145
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Luigi Bettazzi a Cagliari per la Marcia per la Pace organizzata da Pax Christi il 31 dicembre 2019.
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Su Avvenire online: https://www.avvenire.it/amp/av/pagine/monsignor-luigi-bettazzi
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Su Famiglia Cristiana: https://www.famigliacristiana.it/articolo/bettazzi-il-ricordo-del-gruppo-editoriale-san-paolo-la-sua-testimonianza-preziosa-anche-per-loggi.aspx
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Oggi domenica 16 luglio 2023
Carbonia. 108 anni di carcere per le avventate accuse di un ex repubblichino: “Uscirono appaiati i nostri compagni. Giganti insieme con Silvio Lecca, Pirastru insieme a Suella e così via. Altri seguivano, tenuti insieme da una lunga catena”. Al cospetto della folla si fermarono un attimo, “poi a testa alta, sorridenti, intonarono Bandiera rossa”
16 Luglio 2023
Gianna Lai su Democraziaoggi
Ecco il post domenicale, dal 1° settembre 2019, sulla storia di Carbonia.
A Natale, 25 dicembre 1949, su L’Unità, pagina nazionale, “44 lavoratori condannati per lo sciopero del 14 luglio, 13 assolti. Giganti, Mistroni e Selliti condannati a quattro anni e sei mesi di reclusione e due di arresto, Piloni a […]
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Oggi sabato 15 luglio 2023
Appello per uno schieramento elettorale di centro sinistra largo, unito e plurale15 Luglio 2023 su Democraziaoggi: Fernando Codonesu – Andrea Pubusa.
La scadenza elettorale per il rinnovo del consiglio e del presidente della Regione così come dei sindaci e dei consigli dei comuni di Cagliari e Sassari è oramai alle porte. Il centrodestra a guida Solinas è al capolinea. Sono talmente tanti e gravi i disastri compiuti dalla giunta sardo-leghista, tra […]
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Vincere le elezioni e fermare il massacro della Sardegna.
12 luglio 2023. Roberto Loddo su il manifesto sardo.
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Un sogno sulle prossime elezioni sarde.
14 luglio 2023 di Luana Seddone su il manifesto sardo.
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Padre Tonino Melis, missionario saveriano, lunedì a Cagliari.
Padre Tonino Melis, missionario saveriano.
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Promosso dal movimento “Patto per la Sardegna” e dall’Associazione “Il Villaggio”, Lunedì 17 luglio 2023, con inizio alle ore 18,30, nei locali dei Padri Saveriani, in via Sulcis (una traversa di via Cornalias, quasi di fronte alla Chiesa di San Massimiliano Kolbe), si terrà un incontro con Antonino Melis (Tonino), padre saveriano, in missione in Camerun, regioni del Nord,