Monthly Archives: giugno 2023
Verso la XXII Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico del 27 ottobre 2023
Oggi lunedì 19 giugno 2023
Elezioni regionali. Attenzione alle manovre dei soliti noti. Dietro l’angolo c’è l’astensione
19 Giugno 2023
A.P. Su Democraziaoggi
Voglio essere chiaro al massimo, a costo di irritare qualcuno. Iniziano le grandi azioni di avvicinamento alle elezioni regionali. E questo è naturale e perfino un bene, trattandosi di una scadenza importante. C’è urgenza di cacciare Solinas e la destra dal governo della Sardegna e c’è da segnare una inversione di tendenza rispetto agli esiti […]
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La guerra infinita
Costituente Terra Newsletter n. 121 del 17 giugno 2023 – Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n. 301 del 17 giugno 2023
BASSA INTENSITÀ?
Cari amici,
ha detto Putin, parlando a un incontro sull’economia internazionale a San Pietroburgo, che la Russia è in grado di colpire qualsiasi edificio a Kiev. Perché non lo fa? Con la sua potenza militare se avesse voluto avrebbe potuto già da tempo vincere la guerra con l’Ucraina. Non lo fa per tener fermo il punto, enunciato fin dall’inizio, che da parte russa questa non è una guerra, ma un’”operazione militare speciale”, cosa che è stata considerata da noi, in Occidente, come un’affermazione edificante e puramente propagandistica.
In realtà la linea seguita finora da Mosca sul campo è quella di una “guerra a bassa intensità” le cui ragioni sono evocate in un articolo di Alessandro Valentini in una analisi che, pur muovendo da una visione di parte, merita di essere presa in considerazione. La tesi che ne emerge è che la guerra si prolunga perché la posta in gioco non è l’Ucraina ma il conflitto tra due visioni dell’ordine mondiale.
In effetti, ma non solo da ora, bensì a partire dalla fine della contrapposizione tra i blocchi, si è delineato un conflitto tra un ordine unipolare e monocratico, presidiato da un unico potere militare e politico, che è la visione proposta e argomentata ufficialmente dagli Stati Uniti e acriticamente condivisa dal complesso dei loro alleati e partners, e un ordine multipolare e pluralistico che è rivendicato dalla Russia, dalla Cina e da molti Paesi del sud del mondo e del resto del mondo.
Secondo i documenti ufficiali dell’amministrazione americana, l’esito della “competizione strategica” tra queste due alternative, cioè tra queste due parti del mondo, sarà deciso entro questo decennio con o senza la guerra; guerra che, in tale prospettiva, sarebbe inevitabilmente una guerra universale, se pure non atomica. Per il momento la guerra d’Ucraina, che ne rappresenta la prima fase ed ha per obiettivo l’eliminazione della Russia, continua nonostante ogni possibile negoziato, perché il vero negoziato dovrebbe risolvere il contrasto tra queste due concezioni del mondo. Stretta tra questi vasi di ferro, l’Ucraina è offerta, e si offre, in sacrificio.
Essa è vittima dell’inganno, ordito nei suoi confronti, dagli Stati Uniti e dall’Occidente, che le hanno fatto credere di poter vincere la guerra con la Russia, nonostante l’evidente sproporzione delle forze. Ma la guerra della quale era promessa all’Ucraina la vittoria non era in realtà la sua guerra, ma quella degli Stati Uniti e del loro mondo unipolare, che per di più sarebbe stata vinta senza essere combattuta. Purtroppo l’Ucraina è caduta nella pania, prima sprezzando i moniti a non insistere per l’ingresso nella NATO, nonostante l’avvertimento russo che ciò sarebbe stato causa di guerra, poi, a guerra iniziata, precipitandosi nell’illusione della vittoria propiziata dalla bulimia delle armi, spensieratamente fornitele in regalo dall’Occidente. Zelensky, mettendoci del suo ogni energia, è caduto nella voragine che gli era stata allestita in quanto, personaggio della TV, era digiuno di scienze storiche, ignaro del diritto, inesperto di rapporti internazionali e non immune dalle mitologie dei nazionalismi novecenteschi; ed è per questo che, in una intervista a Nbc News, mettendo in guardia sulle conseguenze di un’eventuale sconfitta di Kiev ha sostenuto che gli Stati Uniti dovrebbero scegliere tra “entrare in guerra con la Russia” o “il collasso della NATO”. È questo il contesto dell’attuale disastro dal quale l’unico modo per uscire è agire perché prevalga un’altra visione del mondo.
Sulla morte di Berlusconi pubblichiamo nel sito una riflessione dal titolo “Arcitaliano?”
Con i più cordiali saluti,
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PERCHÉ UNA GUERRA A BASSA INTENSITÀ
17 GIUGNO 2023 / COSTITUENTE TERRA / DISIMPARARE L’ARTE DELLA GUERRA / su Costituente Terra
La vera posta in gioco della guerra in Ucraina è l’alternativa tra un mondo unipolare e monocratico e un mondo multipolare e pluralista. Perciò non si intravvedono spazi per vere trattative. Quale pacifismo
Alessandro Valentini
La guerra tra Russia e Ucraina, e in termini più complessivi tra Russia, Nato e Stati Uniti, viene spesso presentata come un ritorno alla “guerra fredda”. Il paragone però è fuorviante, non regge. Nella “guerra fredda” vi erano due sistemi, politici, economici e sociali ben definiti: da una parte il capitalismo, dall’altra parte il socialismo realizzato. Tutta la diplomazia e le relazioni internazionali ruotavano attorno a questa realtà, anche i numerosi Paesi cosiddetti non allineati, come la Jugoslavia, l’India e la stessa Cina, si muovevano dentro questo contesto. E pure le strategie militari, compresa la corsa al riarmo delle due superpotenze, Usa e Urss, non prescindevano dai rapporti di forza usciti dalla Seconda Guerra Mondiale. Tant’è che, nonostante la contrapposizione tra blocchi, vi erano spazi, per una serie di Paesi, anche europei, per poter condurre iniziative diplomatiche in parte autonome, che comportavano anche scambi commerciali e relazioni economiche. Si pensi all’azione delle socialdemocrazie, in primis di quelle tedesche e scandinave, o ai rapporti economici fruttuosi che i governi italiani di centro-sinistra stabilivano con l’Unione Sovietica e gli altri Paesi socialisti. Nessuno statista occidentale, in quegli anni, fece mai dichiarazioni bellicose nei confronti dell’Urss o tentò di praticare una linea volta a smembrarla. Unica eccezione fu Churchill, che subito dopo il ’45, sconfitta la Germania nazista, si avventurò in dichiarazioni forti di aggressione militare all’Urss di Stalin, che non aveva ancora la bomba atomica, ma rimase una voce isolata e non fu ascoltato, per fortuna, dagli statunitensi. Tutti gli Stati di entrambi i blocchi si muovevano all’interno di quanto stabilito dagli accordi di Yalta che sancivano la presenza di due sfere di influenza, quella degli Usa e quella dell’Urss.
Senza infrangere gli accordi di Yalta le due superpotenze si garantivano dei margini di interpretazione autonoma di quanto stabilito. Da parte sovietica si avanzava la strategia della “coesistenza pacifica”, realizzando la quale si sarebbero aperti molti spazi per le forze progressiste in Occidente, per nuovi processi di decolonizzazione del Terzo Mondo e per le lotte di liberazione nazionali. Tra l’altro la guerra coreana era stata una lezione per tutti: su quella strada si rischiava di giungere a un nuovo e più drammatico conflitto mondiale, con conseguenze catastrofiche per l’intera umanità. Da parte Usa invece si praticava la politica di contenimento dell’influenza sovietica, facendo ricorso alle armi e anche ai golpe militari, se necessario, in quei Paesi che formalmente non erano militarmente loro alleati o non erano parte integrante del sistema economico imperialistico. Mai dalla Casa Bianca però fu attuata una politica di aggressione militare diretta e frontale al campo socialista. La crisi di Cuba fu risolta dopo che Kennedy decise di ritirare i missili con testate nucleari dalla Turchia e di conseguenza Krusciov rinunciò a installare armi dello stesso tipo a Cuba.
Questo atteggiamento simile delle due superpotenze apriva enormi spazi politici, non solo, come ho già detto, alle forze progressiste e di sinistra in Occidente e ai movimenti di liberazione, ma anche al movimento della pace, che si affermò con l’enorme contributo anche dei cattolici, e negli Usa della sinistra liberal, che fece suoi gli orientamenti emergenti dalle nuove generazioni, molto coinvolte da fermenti culturali e di costume che caratterizzarono quegli anni. Si pensi a proposito all’influenza della musica rock, della poesia e della letteratura della Beat Generation. Dunque, la “guerra fredda” era una situazione derivata da Yalta ma non determinava il congelamento dei processi mondiali. Dentro al contesto della “guerra fredda” vi erano ampie brecce che consentivano ai movimenti di massa di pesare e di condizionare la politica e persino la geopolitica. La lezione del Vietnam è stata anche tutto questo!
Mi pare invece di poter dire che gli scenari attuali poco o nulla hanno a che fare con la “guerra fredda”. Torno sinteticamente sulle ragioni che hanno condotto Putin ad avviare l’”operazione militare speciale”: l’estensione della Nato fino ai confini della Russia; l’aggressione al Donbass e alle regioni di lingua russa da parte di Kiev, con bombardamenti aerei che in otto anni di guerra hanno provocato 14.000 morti, molti dei quali civili, tra cui donne e bambini; il boicottaggio sistematico dell’Ucraina degli accordi di Minsk; l’integrazione delle milizie naziste e degli ultra nazionalisti nell’esercito regolare ucraino dopo il colpo di Stato, voluto, sostenuto, finanziato e guidato dagli Usa, che già erano presenti attivamente da anni nell’ex Repubblica Sovietica attraverso la Nato, la Cia e una serie di laboratori segreti per produrre armi biologiche di sterminio di massa; la persecuzione della etnia russa con vessazioni e metodi razzisti; la messa al bando di ben 11 partiti e dei mezzi di informazione dell’opposizione, con arresti e uccisione di politici, sindacalisti e giornalisti; la persecuzione della Chiesa Ortodossa che ha nel Patriarca di Mosca il suo punto di riferimento. Ho citato tutte queste ragioni che da sole sono già sufficienti per giustificare un intervento militare russo, che tra l’altro ha anticipato quello del governo ucraino, che stava ammassando un grosso esercito ai confini delle due Repubbliche del Donbass.
È mia convinzione però, che la ragione principale che ha spinto Mosca a mettere in atto l’“operazione militare speciale”, pur non sottovalutando l’insieme delle ragioni citate precedentemente, sia squisitamente politica, o se si vuole geopolitica. Il riferimento alla “guerra fredda”, fatto all’inizio di questa trattazione, serve come pietra di paragone per mettere in evidenza che dopo il dissolvimento del campo socialista e della stessa Unione Sovietica, gli Usa hanno radicalmente modificato il loro atteggiamento sulla “questione russa”. Da una politica di contenimento dell’influenza mondiale dell’Urss sono passati a una politica di vera e propria aggressione alla Russia, nutrendo la speranza che fosse possibile non solo disarticolare l’ex Unione Sovietica, ma la stessa Russia. Ricordo che la Russia ha un immenso territorio di 17.100.000 km² che comprende la Siberia all’interno della quale si trova circa il 50 per cento delle risorse strategiche del pianeta. Questo cambio di linea fu provocato da due novità che si erano determinate alla fine del secolo scorso.
La prima riguarda lo scioglimento dell’Urss, dopo il quale l’Occidente credeva, o si illudeva, che si sarebbe andati verso la costruzione di un mondo unipolare, dominato dagli Usa. Dunque, finalmente le diverse centrali imperialistiche avrebbero avuto mano libera per saccheggiare e depredare tutti i Paesi che prima, in qualche modo, erano stati tutelati dall’Urss e contemporaneamente gli Usa e i loro alleati avrebbero potuto presentarsi al Sud del mondo come quelli che dettavano ancor di più le regole. Questa convinzione è all’origine di una serie di guerre, a iniziare dallo smembramento della Jugoslavia Paese leader dei non allineati, senza porsi troppi problemi nel bombardare la Serbia. E in seguito le guerre contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, lo Yemen, la Somalia, tanto per citarne alcune. Ciò era reso possibile da una Russia troppo debole per svolgere un ruolo di contrappeso, e tra l’altro molto impegnata in guerre alle porte di casa in Georgia e in Cecenia, e dalla Cina che non era ancora quella grande potenza che è oggi. Sul piano politico si pensava di realizzare l’unipolarismo attraverso le “rivoluzioni colorate” e i colpi di mano per costituire, con il pretesto di portare libertà e democrazia, governi fantoccio legati all’Occidente, in particolare agli Usa o ad alcune potenze europee.
La seconda novità fa riferimento al passaggio dal capitalismo al dominio incontrastato del capitale finanziario, che proprio in quegli anni in Occidente, maturava in tutta la sua enorme portata. Il processo affonda le sue radici nel passato, quando Nixon impose la messa in discussione degli accordi di Bretton Wood e la fine della convertibilità del dollaro in oro, determinando un sistema in cui la moneta non è più alla base dello scambio delle merci, ma diviene essa stessa merce ed è sempre meno connessa ai processi produttivi. È ovvio che un sistema geopolitico unipolare, basato sulla potenza militare statunitense, fosse funzionale alle attività speculative e di finanziarizzazione dell’economia da parte delle oligarchie finanziarie. E la loro globalizzazione, oggi in crisi, ha prevalentemente questa finalità. Si tratta di una globalizzazione finanziaria ben diversa da come si intende in altri Paesi, in particolare la Cina, cioè grande mobilità e circolazione di denaro – merci – forza lavoro (possibilmente qualificata e specializzata) per lo sviluppo della produzione e per creare nuova ricchezza.
Spesso però «il diavolo fa le pentole ma non i coperchi». La fase unipolare è stata breve, non ha retto ai processi in atto. Anche in questo caso cito alcune cause, le più importanti.
– Si è sottovalutato l’imponente sviluppo economico della Cina e la sua capacità di passare da una produzione di quantità a una produzione di qualità affermandosi come primo Paese nella produzione tecnologica.
– In Occidente si sono colti solo tardivamente i processi politici che hanno portato la Russia da Eltsin a Putin, con un conseguente risveglio politico, economico, culturale e militare della nazione.
– Il dominio in Occidente del capitale finanziario ha portato a un forte ridimensionamento del ruolo dello Stato come soggetto principale nel pianificare gli interventi per lo sviluppo produttivo, per grandi opere infrastrutturali, per estendere, migliorare e qualificare il welfare, per attuare politiche monetarie. Dove il capitale finanziario esercita incontrastato il suo dominio, cioè in buona parte dell’Occidente, il tema della programmazione è totalmente rimosso e al suo posto sono subentrate le privatizzazioni selvagge a favore di ristrette élite finanziarie. L’azione dei governi è ridotta a gestire un po’ di spesa corrente e a favorire l’introduzione di nuove e sempre più pesanti privatizzazioni (soprattutto dei beni comuni) e l’esternazione dei servizi. E si assiste anche ad uno scenario nel quale i governi sono al servizio di multinazionali e grandi gruppi finanziari, come si è visto in modo molto chiaro nel caso dei vaccini per contrastare la pandemia, ma anche riguardo alla nuova frontiera dell’intelligenza artificiale e al complesso militare industriale. Tutto ciò mette anche in discussione i livelli di democrazia esistenti. Infatti, l’Occidente (basta guardare al funzionamento della UE) è sempre più caratterizzato da sistemi politici a-democratici, dominati appunto dal capitale finanziario.
– Il mondo non è tutto dominato dal capitale finanziario. Ci sono Paesi come la Cina, la Russia e tanti Paesi del Sud del mondo nei quali lo Stato esercita e svolge le sue funzioni, soprattutto stabilendo modalità e obiettivi degli indirizzi economici. Il Sud è un insieme complesso di Paesi con diverse espressioni politiche e diversi sistemi economici e sociali. Vi sono Paesi socialisti o a orientamento socialista, Paesi in via di sviluppo ma ricchi di materie prime, Paesi con forme di capitalismo monopolistico di Stato, sia pur molto diversificate. Sono questi gli Stati dove vengono attuate forme di pianificazione e politiche più o meno di natura neokeynesiana per migliorare le condizioni materiali di vita e tutelare la sovranità nazionale. Nel frattempo, in Occidente si deve constatare la morte del riformismo, a tal proposito basta riflettere su cosa sono diventati i Paesi scandinavi, un tempo additati come esempio più significativo del modello riformista. In Italia questa involuzione è dimostrata dall’Emilia Romagna e dalla Toscana che hanno smesso di essere esempi del buon governo del centro-sinistra. Gli Stati del Sud del mondo rappresentano oltre i due terzi della popolazione mondiale e sempre meno vogliono stare alle regole dettate da una visione unipolare e prepotente dei rapporti internazionali, una visione che è tutt’uno con gli interessi e le attività del capitale finanziario e dei principali poli imperialisti mondiali. E’ proprio sulla questione di un ruolo forte dello Stato per affrontare e risolvere i grandi problemi dell’umanità che in questi anni si è determinata una frattura che ha creato due veri e propri campi distinti. Accordi internazionali, come il Brics (che raggruppa Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), per citare il più importante, vanno appunto nella direzione di rafforzare quella idea di globalizzazione e di circolazione di denaro-merci-forza lavoro sulla base del reciproco interesse respingendo la concezione di una globalizzazione finanziaria, speculativa e di rapina. Non c’è allora da stupirsi se sono già una ventina i Paesi che hanno chiesto di voler entrare a far parte del Brics.
– Il consolidamento dell’asse strategico tra Russia e Cina che si rafforza proprio nella lotta per contenere l’azione devastatrice del capitale finanziario e la sua visione unipolare. L’intesa tra queste due grandi potenze trascina tutto il Sud del mondo e gli conferisce il coraggio necessario per alzare la testa, per essere coprotagonista di un mondo che cambia, che va nella direzione di una pratica multipolare nei rapporti internazionali, per contrastare e contenere l’azione distruttiva del capitale finanziario. Un Sud del mondo che forse per la prima volta nella sua storia è consapevole di poter riscattare oltre quattro secoli di colonialismo e di imperialismo imposto dagli europei, dai nord americani e dal Giappone.
La veemenza politica, spinta fino all’uso di matrice nazista della russofobia – sentimento di paura e di ostilità verso il popolo, la politica e la cultura russa – non ha mai caratterizzato la “guerra fredda”, anche nei momenti di crisi più acuta. Allora, con la divisione del mondo in due blocchi nessuna delle due superpotenze nucleari è mai intervenuta militarmente né mai ha disposto l’applicazione di sanzioni economiche se l’altra parte calpestava la sovranità, i diritti e le aspirazioni di un Paese che, pur facendo parte integrante di uno dei due campi, cercava una via autonoma per il suo futuro. La partita, anche a livello militare, si giocava in quelle zone del mondo non decisamente posizionate in una delle due aree di influenza. Ha ragione Xi Jinping quando sostiene che siamo protagonisti di cambiamenti che non si vedevano da cento anni. Siamo a un grande tornante della storia, come fu quello della Rivoluzione Francese o della Rivoluzione d’Ottobre. Non si tratta quindi di un ritorno alla “guerra fredda”.
A proposito della Cina vorrei sottolineare che forse, almeno all’inizio, non condivideva in pieno la scelta di Putin di intraprendere un’operazione militare, per una serie articolata di ragioni. La prima preoccupazione dei cinesi era legata al fatto che si sarebbe prodotta una instabilità nel commercio globale; la seconda che temevano una reazione molto aggressiva degli Usa e della Nato, inoltre non erano sicuri che il contingente militare russo, circa 160.000 militari, fosse sufficiente contro l’esercito ucraino, forte di quasi 400.000 soldati con il supporto dei corpi di élite ben addestrati dalla Nato; infine non vi era la certezza che il Sud del mondo si sarebbe schierato con la Russia. Ma ciò che ha convinto Xi Jinping e il gruppo dirigente cinese è stata l’impostazione della operazione militare data da Putin. Tra le ragioni dei russi – alcune rammentate anche da Papa Franceso (“la Nato che abbaia ai confini della Russia”) – giuste o errate che siano, ce n’è però una fondamentale, vitale, che ovviamente i cinesi non possono ignorare: la battaglia per realizzare un ordine mondiale multipolare che corrisponde al modo della Cina di interpretare strategicamente le relazioni internazionali al fine di sviluppare il socialismo con caratteristiche cinesi. In scala ridotta un processo di graduale e sempre più convinta adesione e sostegno alla Russia vi è stato anche da parte di settori, pur molto minoritari, della sinistra rivoluzionaria europea. Da questa riflessione ne deriva un’altra che occorre sottolineare. La Russia, con l’operazione militare, non è stata fagocitata dalla Cina come certi nostrani esperti geopolitici liberal sostengono. La Cina indubbiamente è una potenza economica ben più importante della Russia, però quest’ultima ha enormi riserve di materie prime e un potente arsenale militare (e nucleare) molto più forte di quello cinese, ma soprattutto il Cremlino ha saputo condurre una iniziativa politica e diplomatica che l’ha portata di fatto a essere leader dei Paesi del Sud del mondo. Insomma, le due potenze hanno bisogno l’una dell’altra e insieme prospettano al Sud del mondo la vittoria nella battaglia per un nuovo ordine mondiale. Occorre inoltre sottolineare che sono tre i Paesi fondamentali del processo di integrazione economico e commerciale asiatico. Troppo spesso ci si dimentica dell’India il cui ruolo per molti aspetti è quello di mantenere un equilibrio dello sviluppo stabile in Asia.
Questa è la vera posta in gioco della guerra in Ucraina, lo sanno bene entrambi i campi. Ecco perché è difficilissimo mettere in piedi uno straccio di negoziato. La Russia, oltre a voler raggiungere tutti i suoi obiettivi esplicitamente dichiarati vuole, insieme con la Cina, che gli Usa e l’Occidente abbandonino l’unipolarismo per il multipolarismo, ma l’Occidente è totalmente prigioniero dell’immenso potere che ha il capitale finanziario che non intende assolutamente rinunciare a questa sua visione. Pertanto, la posizione egemone è che l’unica pace giusta sia quella che preveda non solo il ritiro della Russia da tutti i territori occupati, compresa la Crimea, ma anche la sua umiliazione; solo mettendola in ginocchio si pensa di poter scongiurare la minaccia per il bel “giardino” occidentale, realizzato con secoli di sfruttamento e di rapina del Terzo Mondo. E i più oltranzisti giungono a teorizzare che se la Russia sarà smembrata sarà ancora meglio.
Spazi dunque per trattative non ce ne sono, per ora non si intravvedono. Per questo la strategia militare dei russi consiste nel condurre una guerra a bassa intensità puntando non solo alla disfatta di Kiev ma anche al logoramento dell’Occidente. L’uso della forza militare applicata selettivamente e in modo limitato ha anche lo scopo di evitare che alcuni Paesi confinanti con la Russia si allarmino oltre il dovuto fino a un allargamento del conflitto. Questa tipologia di guerra localmente circoscritta è tesa inoltre al logoramento dell’Occidente, e segnali in questo senso se ne vedono un po’ dappertutto in Occidente, non solo negli Usa, ma anche in Europa, nella Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Spagna come in Italia, per citare solo i Paesi più importanti. Una conduzione militare, perciò, funzionale all’intensa attività politica e diplomatica dei russi e dei cinesi, volta al consolidamento dei loro rapporti di amicizia con il Sud del mondo. Il risultato è che non è la Russia ad essere isolata ma è l’Occidente che è sotto assedio. Un dato questo del tutto evidente nella partita delle sanzioni economiche in cui l’Europa è la prima a farne le spese. Chi avrebbe detto solo due anni fa che la Germania sarebbe entrata in recessione?
Mi si potrebbe criticare dicendo che sottovaluto il rischio di una guerra nucleare che causerebbe una catastrofe per tutta l’umanità. È senz’altro vero che se non ci fossero le armi nucleari la terza guerra mondiale sarebbe già scoppiata, quindi, rovesciando la questione, risulta evidente che le armi nucleari rappresentano oggi un deterrente molto forte, maggiore di quello che si è avuto nel passato, proprio perché non ci sarebbero né vinti né vincitori. Le grandi potenze lo sanno molto bene. Anche la possibilità di una guerra nucleare tattica in Europa è solo una trovata giornalistica: la risposta a una bomba nucleare tattica sarebbe una guerra nucleare mondiale che coinvolgerebbe anche gli Stati Uniti. Il primo missile nucleare russo non sarebbe lanciato sulle capitali europee ma su New York, e questo il Pentagono lo sa molto bene. Il rischio di una guerra nucleare non è quindi del tutto scongiurato ma resta un’opzione molto remota, poco probabile. Ecco perché la sconfitta militare della Russia, come del resto quella degli Stati Uniti, non può essere contemplata. Ecco perché i russi conducono in Ucraina una guerra a bassa intensità. Ecco perché gli Usa rispondono tentando di armare fino ai denti l’Ucraina in questa loro sporca guerra ibrida. Tutta la partita si gioca su tempi medio-lunghi, cioè si scommette su chi si logora per primo permettendo così di creare le condizioni per un cambiamento radicale di orientamenti politici nelle file dell’altro campo, anche se spesso si confonde questo terreno di duro confronto con quello della dialettica politica, anche molto vivace, che inevitabilmente si manifesta all’interno di ogni principale protagonista del conflitto.
Le premesse che hanno portato a un nuovo tornante della storia sono maturate negli ultimi vent’anni. Ne ricordo alcune.
– Gli esiti della cosiddetta Primavera araba, in particolare in Egitto e in Algeria con la nascita di governi, che dopo un iniziale sbandamento, si sono sempre più allontanati dall’Occidente e in forme diverse sono diventati alleati della Russia.
– Il fallimento del tentativo di destabilizzazione della Siria concluso con la riammissione della Lega Araba, con vivo disappunto degli Usa. Nell’intervento militare russo a sostegno di Damasco si evidenzia forse l’inizio della controffensiva russa.
– Il ruolo predominante che stanno assumendo in Medio Oriente potenze regionali come l’Iran e la Turchia, e in Asia l’India, l’Indonesia e il Pakistan.
– La situazione del tutto nuova determinatasi in America Latina in Paesi strategici per il Continente e nell’ Africa Equatoriale.
– Il tentativo di “rivoluzione colorata” in Bielorussia miseramente fallito.
– La crisi profonda del sistema politico, sociale e culturale statunitense che ha favorito l’affermarsi di una “anomalia” come Trump.
Ai fatti citati, che hanno fatto da presupposto a un cambiamento epocale, si devono aggiungere, non sottovalutandole, le ricorrenti crisi che si sono determinate in questo ventennio per effetto delle contraddizioni insanabili del capitale finanziario e la messa in discussione dell’Opec, in particolare da parte dell’Arabia Saudita, del sistema del petrodollaro su cui gli Usa per anni hanno fatto leva, dopo la messa in discussione degli accordi di Bretton Wood voluta da Nixon, per riaffermare l’egemonia della loro moneta (sempre più carta straccia, senza nessun valore) a livello globale. Tra l’altro oggi è proprio la Russia, che lavora in forte intesa con i Paesi arabi, con i sauditi in primo luogo, ad esercitare un ruolo guida dell’Opec.
Oggi domenica 18 giugno 2023
Carbonia. Muore operaio a Pozzo 6 travolto da una frana, L’Unità del 16 novembre dice che è dovuta all’incuria della direzione. L’azienda impone nuove elezioni dell Commissioni interne per far posto anche ai liberini. Operai, salari e costo della vita nel Sulcis
18 Giugno 2023
Gianna Lai su Democraziaoggi
Oggi, come ogni domenica dal 1°.9.2019, un tassello della storia di Carbonia.
Ed esprimono la loro solidarietà a Dessanay e ai lavoratori picchiati dai poliziotti, tutti i parlamentari da Nenni a Polano, e i consiglieri regionali […]
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RICORDO DI NINO NONNIS
QUANDO DAL CIGLIO DEL PAGLIACCIO SGORGA UNA LACRIMA
3 Giugno 2023 Gianni Loy su
A Cagliari si usa dire: piga fama e crocadì. Oppure, ricorrendo ad un’immagine di importazione, si potrebbe dire che, se la gente sa che sei capace di suscitare ilarità – e la gente lo sapeva -, ti tocca raccontare barzellette per tutta la vita. Alla gente piaceva ascoltarlo. Del resto, di fronte allo sfascio del sistema sanitario – non ci è rimasto che riempire le corsie degli ospedali di pagliacci. Una scienza arrembante, la clownterapia, che si propone di migliorare l’umore di pazienti, di familiari ed accompagnatori. Viene definita terapia del sorriso e tutti ne abbiamo bisogno.
Nino è stato un ottimo terapeuta, un grande artista della celia. Chiunque abbia avuto la fortuna di entrare in contatto con lui ha sicuramente guadagnato qualcosa sotto il profilo della qualità della vita. Non tanto, o non solo, per il comico che sprigionavano i suoi spettacoli, spesso spinti sino all’esilarante, quanto per l’arricchimento che derivava dalla semplice compagnia, nel quotidiano, nella convivialità.
L’ho frequentato non per molto, soprattutto nel tempo dedicato all’Associazione Riprendiamoci la Sardegna – eccellente esperienza che si va consumando, a poco a poco, per mancanza di pezzi di ricambio – dove non faceva differenza il fatto che interpretasse la parte del relatore, del pubblico, o del commensale, sempre tra i più ostinati adepti che, immancabilmente, prolungavano le riunioni del lunedì in qualche “piola” delle vicinanze.
Perché le performances di Nino non erano riservate al palco, erano il suo quotidiano, il suo modo di essere. Forse, neppure recitava: era così! Ogni occasione era buona per suscitare ilarità, un sorriso, per tenere alto il morale. Non che la tecnica non aiuti, ma difficilmente un attore comico può fare a meno della vocazione, di quell’istinto irresistibile che ti cova dentro, che non riesci a trattenere, che schizza da ogni spiffero.
E poi: comico? Perché comico? Una volta che ti sei vestito di quella fama è difficile levarsela di dosso. L’ilarità, tuttavia, attiene al modo di manifestazione del pensiero, è l’abito di cui si veste il pagliaccio, il quale, però, il più delle volte, come insegna la tradizione circense, è un personaggio triste.
Anche attraverso il gioco, come ammoniva Orazio, possono trasmettersi cose vere, persino drammatiche. E Nino, canzonando, ci ha fatto ridere nel senso che – secondo i canoni della clownterapia – ci ha fatto star bene, ma ha anche proposto temi di riflessione su tematiche che toccano le corde della nostra esperienza collettiva.
Lo ha fatto anche da scrittore. Nino è anche autore non solo di testi ispirati alla vis comica; non posso dimenticare che ha scritto lavori come La piccola Parigi e Quel mattino di marzo del 1913, che raccontano di come furono uccisi a Buggerru, nel 1904, quattro minatori che protestavano contro la riduzione della pausa del lavoro, o di come persero la vita in un “incidente sul lavoro”, qualche anno più tardi, alcune cernitrici che lavoravano fuori dalla miniera. Drammi che possono essere raccontati anche facendo ricorso all’ironia e all’humor, di cui Nino era capace, ma che appartengono al genere drammatico.
E, poi, nel cinema, più recentemente, dove l’ho visto all’opera sul set. Nel corto di Peter Marcias, Benvenuto Khalid, che lo vede protagonista, veste i panni di un operaio che si scontra con le impietose leggi del profitto ed affronta il padrone faccia a faccia, rinunciando al proprio posto di lavoro, denunciandone gli illeciti e schierandosi dalla parte di un giovane immigrato clandestino. Un’interpretazione, persino drammatica, pure affrontata con la leggerezza, e il sarcasmo, di cui era capace.
La sua personalità, sul set, era prorompente. Mi son sempre chiesto come il regista riuscisse a governare un attore così poco incline al rispetto dei copioni, sempre pronto all’improvvisazione secondo i più tradizionali canoni della commedia dell’arte, un attore che, in ogni momento, pretendeva di aggiungere qualcosa di suo. Come in Dimmi che destino avrò, dove, interpretando il Procuratore della Repubblica che affida ad un sostituto un’indagine da svolgersi in un campo Rom, gli è saltato salta in testa di sussurrare al collaboratore, con un sorriso di complicità: “piuttosto stai attento al portafoglio”. Frase non prevista dal copione, ovviamente, ma che il regista, lo stesso Marcias, ha finito per mantenere nella versione finale del lungometraggio, ritenendo che offrisse leggerezza senza dissacrare.
Nino è andato via, come tutti, secondo un copione che altri hanno scritto per tutti noi. Ne prendo atto. Abbozzo un sorriso per la piacevolezza delle battute del clown e provo grande tristezza per la lacrima che cade dal ciglio del pagliaccio.
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È online Rocca, quindicinale della Pro Civitate Christiana
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Costituente Terra Newsletter n. 121 del 17 giugno 2023 – Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n. 301 del 17 giugno 2023
BASSA INTENSITÀ?
Cari amici,
ha detto Putin, parlando a un incontro sull’economia internazionale a San Pietroburgo, che la Russia è in grado di colpire qualsiasi edificio a Kiev. Perché non lo fa? Con la sua potenza militare se avesse voluto avrebbe potuto già da tempo vincere la guerra con l’Ucraina. Non lo fa per tener fermo il punto, enunciato fin dall’inizio, che da parte russa questa non è una guerra, ma un’”operazione militare speciale”, cosa che è stata considerata da noi, in Occidente, come un’affermazione edificante e puramente propagandistica.
In realtà la linea seguita finora da Mosca sul campo è quella di una “guerra a bassa intensità” le cui ragioni sono evocate in un articolo di Alessandro Valentini in una analisi che, pur muovendo da una visione di parte, merita di essere presa in considerazione. La tesi che ne emerge è che la guerra si prolunga perché la posta in gioco non è l’Ucraina ma il conflitto tra due visioni dell’ordine mondiale.
In effetti, ma non solo da ora, bensì a partire dalla fine della contrapposizione tra i blocchi, si è delineato un conflitto tra un ordine unipolare e monocratico, presidiato da un unico potere militare e politico, che è la visione proposta e argomentata ufficialmente dagli Stati Uniti e acriticamente condivisa dal complesso dei loro alleati e partners, e un ordine multipolare e pluralistico che è rivendicato dalla Russia, dalla Cina e da molti Paesi del sud del mondo e del resto del mondo.
Secondo i documenti ufficiali dell’amministrazione americana, l’esito della “competizione strategica” tra queste due alternative, cioè tra queste due parti del mondo, sarà deciso entro questo decennio con o senza la guerra; guerra che, in tale prospettiva, sarebbe inevitabilmente una guerra universale, se pure non atomica. Per il momento la guerra d’Ucraina, che ne rappresenta la prima fase ed ha per obiettivo l’eliminazione della Russia, continua nonostante ogni possibile negoziato, perché il vero negoziato dovrebbe risolvere il contrasto tra queste due concezioni del mondo. Stretta tra questi vasi di ferro, l’Ucraina è offerta, e si offre, in sacrificio.
Essa è vittima dell’inganno, ordito nei suoi confronti, dagli Stati Uniti e dall’Occidente, che le hanno fatto credere di poter vincere la guerra con la Russia, nonostante l’evidente sproporzione delle forze. Ma la guerra della quale era promessa all’Ucraina la vittoria non era in realtà la sua guerra, ma quella degli Stati Uniti e del loro mondo unipolare, che per di più sarebbe stata vinta senza essere combattuta. Purtroppo l’Ucraina è caduta nella pania, prima sprezzando i moniti a non insistere per l’ingresso nella NATO, nonostante l’avvertimento russo che ciò sarebbe stato causa di guerra, poi, a guerra iniziata, precipitandosi nell’illusione della vittoria propiziata dalla bulimia delle armi, spensieratamente fornitele in regalo dall’Occidente. Zelensky, mettendoci del suo ogni energia, è caduto nella voragine che gli era stata allestita in quanto, personaggio della TV, era digiuno di scienze storiche, ignaro del diritto, inesperto di rapporti internazionali e non immune dalle mitologie dei nazionalismi novecenteschi; ed è per questo che, in una intervista a Nbc News, mettendo in guardia sulle conseguenze di un’eventuale sconfitta di Kiev ha sostenuto che gli Stati Uniti dovrebbero scegliere tra “entrare in guerra con la Russia” o “il collasso della NATO”. È questo il contesto dell’attuale disastro dal quale l’unico modo per uscire è agire perché prevalga un’altra visione del mondo.
Sulla morte di Berlusconi pubblichiamo nel sito una riflessione dal titolo “Arcitaliano?”
Con i più cordiali saluti,
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Nuovo tragedia nel Mediterraneo
Nuovo tragedia nel Mediterraneo
LA STRAGE INFINITA DI PROFUGHI E MIGRANTI
di Vanni Tola
Facciamo parlare i numeri. Settecentocinquanta persone naufragate, di cui, al momento, 79 cadaveri recuperati e 104 persone salvate. Mancano all’appello almeno 500 persone, quasi certamente decedute. L’orrore continua, aumenta nella sua dimensione numerica, diventa sempre più una vicenda della quale l’Italia e l’Europa dovrebbero vergognarsi.
Sarà la magistratura ad accertare le cause del naufragio, l’indignazione delle persone perbene crescerà ma non sarà tale da generare inversioni di rotta nelle scelte politiche del governo di destra di Giorgia Meloni e del suo entourage e nelle direttive politiche dell’Unione Europea.
LA “DICHIARAZIONE SULLA FRATERNITÀ UMANA”
17 Giugno 2023 by Fabio | su C3dem
È stata scritta e firmata da Premi Nobel e da rappresentanti delle Organizzazioni internazionali insignite del Nobel per la Pace durante il primo Meeting Mondiale della Fraternità Umana che si è tenuto il 10 giugno 2023 a Roma in piazza San Pietro nella Città dello Stato Vaticano. Per la Santa Sede, la Dichiarazione è stata firmata dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato.
Uniamoci alla voce di Papa Francesco che ci invita a scegliere la fraternità per rimanere umani e condividere lo stesso destino: «Siamo diversi, siamo differenti, abbiamo differenti culture e religioni, ma siamo fratelli e vogliamo vivere in pace».
DICHIARAZIONE SULLA FRATERNITÀ UMANA
ROMA, Piazza San Pietro, 10 giugno 2023
«Siamo diversi, siamo differenti, abbiamo differenti culture e religioni, ma siamo fratelli e vogliamo vivere in pace» (Papa Francesco).
Ogni uomo è mio fratello, ogni donna è mia sorella, sempre. Vogliamo vivere insieme, da fratelli e sorelle, nel Giardino
che è la Terra. È il Giardino della fraternità la condizione della vita per tutti.
Siamo testimoni di come in ogni angolo del mondo l’armonia perduta rifiorisce quando la dignità è rispettata, le lacrime vengono asciugate, il lavoro è remunerato equamente, l’istruzione è garantita, la salute è curata, la diversità è apprezzata,
la natura è risanata, la giustizia è onorata e le comunità abbracciano solitudine e paure.
Insieme scegliamo di vivere le nostre relazioni basate sulla fraternità, che è alimentata dal dialogo e dal perdono, che «non implica il dimenticare» (FT, n. 250), ma il rinunciare «ad essere dominati dalla stessa forza distruttiva» (FT, n.
251) di cui tutti soffriamo le conseguenze.
Uniti a Papa Francesco vogliamo ribadire che «la vera riconciliazione non rifugge dal conflitto, bensì si ottiene nel conflitto, superandolo attraverso il dialogo e la trattativa trasparente, sincera e paziente» (FT, n. 244). Questo nel contesto dell’architettura dei diritti umani.
Lo vogliamo gridare al mondo nel nome della fraternità: Non più la guerra! È la pace, la giustizia, l’uguaglianza a guidare il destino di tutta l’umanità. No alla paura, alla violenza sessuale e domestica! Cessino i conflitti armati. Diciamo basta alle armi nucleari e alle mine antiuomo. Mai più migrazioni forzate, pulizia etnica, dittature, corruzione e schiavitù.
Fermiamo l’uso manipolativo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, anteponiamo e fecondiamo di fraternità lo sviluppo tecnologico.
Incoraggiamo i Paesi a promuovere sforzi congiunti per creare società di pace, come ad esempio, l’istituzione di un Ministero per la pace.
Ci impegniamo a bonificare la terra macchiata dal sangue della violenza e dell’odio, dalle disuguaglianze sociali e dalla corruzione del cuore. All’odio rispondiamo con l’amore.
La compassione, la condivisione, la gratuità, la sobrietà e la responsabilità sono per noi le scelte che nutrono la fraternità personale, quella del cuore.
Far crescere il seme della fraternità spirituale inizia da noi. Basta piantare un piccolo seme al giorno nei nostri mondi relazionali: la propria casa, il quartiere, la scuola, il luogo di lavoro, la piazza e le istituzioni in cui si prendono le decisioni.
Crediamo anche nella fraternità sociale che riconosce uguale dignità per tutti, alimenta l’amicizia e l’appartenenza, promuove l’educazione, le pari opportunità, condizioni di lavoro dignitose e la giustizia sociale, l’accoglienza, la solidarietà e la cooperazione, l’economia sociale solidale e una giusta transizione ecologica, una agricoltura sostenibile che garantisca l’accesso al cibo per tutti, per promuovere relazioni armoniose, radicate nel rispetto reciproco e nella cura del benessere per tutti.
In questo orizzonte è possibile sviluppare azioni di prossimità e leggi umane, perché «la fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza» (FT, n. 103).
Insieme vogliamo costruire una fraternità ambientale, fare pace con la natura riconoscendo che “tutto è in relazione”: il destino del mondo, la cura del creato, l’armonia della natura e stili di vita sostenibili.
Desideriamo edificare il futuro sulle note del Cantico delle Creature di san Francesco, il canto della Vita senza fine. La trama della fraternità universale tesse l’ordito delle strofe del Cantico: tutto è in relazione e nella relazione con tutto e
con tutti è la Vita.
Pertanto noi, riuniti in occasione del primo Incontro Mondiale della Fraternità Umana, rivolgiamo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà il nostro appello alla fraternità. I nostri figli, il nostro futuro possono prosperare soltanto in un mondo di pace, giustizia ed uguaglianza, a beneficio dell’unica famiglia umana: solo la fraternità crea umanità.
Sta alla nostra libertà volere la fraternità e costruirla insieme in unità. Sottoscrivi insieme a noi questo appello per abbracciare questo sogno e trasformarlo in prassi quotidiane, affinché giunga alle menti e ai cuori di tutti i governanti e a chi, ad ogni livello, ha una piccola o grande responsabilità civica.
Il documento in formato pdf è disponibile qui: https://www.fondazionefratellitutti.org/wp-content/uploads/2023/06/Dichiarazione-sulla-fraternita-umana-1.pdf
Firma il documento e invita anche la tua famiglia, il tuo quartiere, la tua parrocchia, le scuole e le università a fare lo stesso.
Hanno già firmato e sostengono il documento, tra gli altri, i seguenti Premi Nobel e le Organizzazioni Nobel per la Pace: Juan Manuel Santos, Oscar Arias Sánchez, Jody Williams, Shirin Ebadi, Muhammad Yunus, Leymah Gbowee, Tawakkol Karman, Denis Mukwege, Nadia Murad, Giorgio Parisi, Maria Ressa, Mairead Corrigan Maguire, Bureau International de la Paix (IPB), American Friends Service Committee (AFSC), Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW), Pugwash Conferences on Science and World Affairs, International Campaign to Ban Landmines (ICBL), International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN), Center for Civil Liberties.
Unisciti a noi e firma la dichiarazione: “Sta alla nostra libertà volere la fraternità e costruirla insieme in unità. Sottoscrivi insieme a noi questo appello per abbracciare questo sogno e trasformarlo in prassi quotidiane, affinché giunga alle menti e ai cuori di tutti i governanti e a chi, ad ogni livello, ha una piccola o grande responsabilità civica”.
La storia lo insegna: i grandi cambiamenti iniziano da una scelta e da gesti concreti che promuovono la fraternità.
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Oggi sabato 17 giugno 2023
Mattarella: “Indipendenza delle toghe intoccabile” …e onora B. Schlein in lutto per B.
17 Giugno 2023
A.P. Su Democraziaoggi.
Senza voler riformulare un commento sul lutto nazionale e i funerali di Stato di B., voglio sottoporre all’attenzione due comportamenti del Presidente della Repubblica e della segretaria del PD. A me paiono contraddittori e preoccupanti e a voi?
Sergio Mattarella ricorda: “l’articolo 104 della Costituzione riconosce all’ordine giudiziario l’autonomia e l’indipendenza da ogni altro potere”.
Sono […]
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Fu vera gloria, o vera infamia?
17 Giugno 2023 su Democraziaoggi
Ei fu. In questi giorni – dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi (1936-2023), avvenuta nel “suo” ospedale, il San Raffaele di Segrate – l’Italia viene attraversata da un’onda mediatico-emotiva di notevoli dimensioni…
di Andrea Ermano – L’Avvenire dei Lavoratori
Che dire delle rocambolesche avventure e gesta, imprenditoriali o calcistiche, […]
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Un altro mondo è possibile
Raniero La Valle
https://fb.watch/laqqZ8Hivq/
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Oggi venerdì 16 giugno 2023
Governo paralizzato nella realizzazione del Deposito nazionale per la bassa e media attività radioattiva
16 Giugno 2023 su Democraziaoggi.
Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci, Massimo Serafini, Massimo Scalia
OSSERVATORIO sulla TRANSIZIONE ECOLOGICA – PNRR
Promosso da […]
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————————————————Oggi
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Claudio Ranieri über alles
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Giustamente per decisione della Municipalità cittadina che interpreta una plebiscitaria volontà popolare, Claudio Ranieri sarà presto cittadino onorario di Cagliari. Se la merita davvero la cittadinanza onoraria della capitale della Sardegna, rappresentandola tutta. Diciamo allora convintamente che Claudio Ranieri diventa cittadino sardo: uno di noi. Ne siamo orgogliosi.
Vogliamo avanzare un’ulteriore proposta, che rivolgiamo innanzitutto alle Autorità accademiche delle Università sarde, specificamente per competenza a quelle dell’Ateneo cagliaritano: insignire Claudio Ranieri della laurea ad honorem in Psicologia. Perché questa proposta? Perché la vicenda della squadra del Cagliari che l’ha portata a riconquistare la serie A, non può essere giudicata solo frutto della capacità tecnica dei bravi giocatori ben guidati dal prodigioso allenatore. Ha contato moltissimo la convinzione degli stessi di “potercela fare”, anzi di “dovercela fare” a regalare alla Sardegna intera questo risultato. E come ci si è riusciti? In quale modo la squadra ha trovato la capacità di agire come un unico corpo, in perfetta sintonia con i tifosi. Si, perché quasi magicamente si è creata una simbiosi tra la squadra, l’allenatore e il suo pubblico. Di chi il merito? Di tutti, si dirà, giustamente, non dimenticando l’opera davvero encomiabile della dirigenza della società e di tutti i collaboratori a tutti i livelli. Ma, in questa sede, ai fini di giustificare la proposta già avanzata, vogliamo mettere in evidenza il ruolo giocato da Claudio Ranieri, che ha saputo imprimere un giusto carattere, una definita personalità alla squadra, lavorando specificamente sulla psicologia dei giocatori, nonché (e questo è ancor più straordinario) su quella dei tifosi, portando tutti a pensare e agire nella stessa direzione, quella del possibile anzi probabile successo collettivo. Credo si tratti di un capolavoro di psicologia, applicata ad una situazione complessa. Per fare tutto questo c’è bisogno di grande esperienza e di competenza scientifica. Claudio Ranieri ha dimostrato di possedere entrambe a livelli alti. Giudichino la sostenibilità e l’opportunità di questa proposta innanzitutto le Autorità accademiche, quelle rappresentative di vertice e quelle competenti per disciplina, come, solo per esempio, il Consiglio di laurea del Corso in Scienze e Tecniche psicologiche dell’Università di Cagliari.
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PS
A completare a 360 gradi il successo di Ranieri oltre lo specifico calcistico arriva il premio “Gentilezza nello Sport”, che riafferma i valori dello sport, troppo spesso oscurati dallo logica del denaro e del potere.
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Su L’Unione Sarda online del 14 giugno 2023
«Esempio di valore, signore nella vita e in campo»: a Claudio Ranieri il premio “Gentilezza nello Sport”
L’allenatore rossoblù premiato per aver invitato i tifosi del Cagliari ad applaudire gli avversari dopo la vittoria promozione a Bari: «Tifate per, non tifate contro»
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È online Rocca della Pro Civitate Christiana
Oggi giovedì 15 giugno 2023
Forza Italia: evoluzione o dissoluzione? - di Domenico Galbiati su PoliticaInsieme https://www.politicainsieme.com/forza-italia-evoluzione-o-dissoluzione-di-domenico-galbiati/
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Franco Cordero e il racconto dell’agonia civile dell’Italia di Silvio Berlusconi
15 Giugno 2023 su Democraziaoggi.
Duccio Facchini — Altreconomia 14 Giugno 2023
Gli scritti del professore emerito di Procedura penale scomparso nel 2020 sono un antidoto alla beatificazione e all’autoassoluzione di questi giorni. Dal saggio “Il brodo delle undici” ripubblichiamo una biografia-bussola dell’ex presidente del Consiglio e un’indimenticabile voce tratta del suo indice dei nomi e degli argomenti. Nessuno meglio di […]
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Su Avvenire
Di seguito l’omelia integrale dell’arcivescovo Mario Delpini ai funerali di Silvio Berlusconi, ieri nel Duomo di Milano.
Qui l’articolo https://www.avvenire.it/attualita/pagine/funerali-berlusconi-omelia-delpini-duomo-milano-uomo-che-incontra-dio
Sabato a Sorradile
Sabato 17 giugno 2023 la Delegazione regionale MEIC della Sardegna organizza un convegno sul tema dell’Autonomia differenziata a Sorradile, borgo piccolo ma vivace sulle sponde del lago Omodeo.
Si è deciso di affrontare questo argomento perché, in una terra in cui l’autonomia è stata nel tempo desiderata, ottenuta, vissuta e talvolta tradita, il Decreto Calderoli apre una nuova era in cui le lacerazioni e il divario economico e sociale tra Sardegna e penisola, tra Nord e Sud rischiano di diventare insanabili.
Ci vogliamo chiedere se questa legge produrrà il perseguimento del bene comune, se uguali diritti saranno garantiti, come recita la nostra Costituzione, se l’Italia sarà capace di mantenere la sua unità, se non si rischi l’ingiustizia di fare parti uguali tra disuguali, come forse anche a questo proposito direbbe don Milani. E, ancora, se invece ci saranno spazi per nuove opportunità per tutti, dando finalmente attuazione ai Livelli Essenziali di Prestazioni in tutti i campi.
Il programma
Oggi mercoledì 14 giugno 2023
Oggi seminario di studi ANPI-Scienze politiche sulla legislazione fascista
14 Giugno 2023 su Democraziaoggi
Seminario di studi promosso da Anpi e Dipartimento di scienze politiche e sociali, oggi Mercoledì 14 Giugno, ore 9,30-13 e 16-19, Viale Fra Ignazio n. 86 Aula Arcari. Ci saranno molti relatori, storici e giuristi, con conclusioni dello storico del diritto Prof. Italo Birocchi.
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Santificazione a reti unificate, ma lo share non si impenna. SILVIO BERLUSCONI 1936-2023. Male gli ascolti per i canali Mediaset. Risultato magro anche per la Rai, lo speciale Porta a Porta racimola il 10,5%.
Su il manifesto: https://ilmanifesto.it/santificazione-a-reti-unificate-ma-lo-shere-non-si-impenna?fbclid=IwAR1K3G2GVabx789Cucdoljt6lpay6Yu6OYpMhDw0MHTu_3Lc2eCz3AcIo3Y_aem_th_AaXy2DYVNAyyTP-VmHK54Wzw1WN3uDKh64S963h-wNYMXAw2iqJ4IgId8e1yrWyCei8 .
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Scuola.
Distorsioni dell’ordinamento scolastico
di Lucio Garofalo
Come funziona il sistema scolastico sul versante disciplinare? Lo stesso organo che accusa (ossia il dirigente scolastico) ha il potere di giudicare e di sanzionare. In sostanza, non esiste un’autorità che sia terza e neutra, ovvero una figura “super partes”. Allorquando un dirigente promuove una preventiva contestazione d’addebito ed avvia un procedimento disciplinare nei confronti di un sottoposto (che sia un docente o un ATA), ed in seguito lo convoca in sede di giudizio, è il medesimo dirigente che sentenzia ed infligge una eventuale sanzione nei confronti del dipendente.