Monthly Archives: febbraio 2023
Oggi lunedì 20 febbraio 2023
Eventi,Opinioni,Commenti e Riflessioni—-——————–—————–
Autonomia differenziata e presidenzialismo per scardinare il paese
20 Febbraio 2023
Alfiero Grandi su Democraziaoggi
Oggi è in campo la mina dell’autonomia regionale differenziata, figlia del nuovo Titolo V, che ha scatenato gli appetiti di alcune regioni ricche del Nord (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), che oggi trovano in Calderoli l’interprete che punta a strappare poteri e soldi per le aree più ricche, mentre per gli altri resterà […]
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Rassegna del 19.02.2023
19 Febbraio 2023 by Fabio | su C3dem
Opzioni per la pace: Jürgen Habermas, Europa tra guerra e pace (Repubblica). Domenico Quirico, Il ritornello della pace impossibile ora il cessate il fuoco, come in Corea (la Stampa). Jugen Habermas, Longform – Europa tra Guerra e Pace (Repubblica)
Le risposte della Comunità internazionale: Domenico Gallo, Roger Waters all’Onu striglia i guerrafondai (il Fatto Quotidiano). Francesca Mannocchi, Donbass offensiva d’inverno (La Stampa). Maurizio Molinari, A Kiev un test per Meloni (la Repubblica). Marta Ottaviani, L’Europa: altre armi a Kiev. E Pechino annuncia una proposta di pace (la Nazione). Daniele Raineri, Pechino: presto il piano di pace – Gelo Usa: non dovete aiutare Putin (Repubblica). Michele Pignatelli, La Finlandia accelera, voto di ratifica Nato il 28 febbraio (Il Sole 24 Ore). Giuseppe Sarcina, Non è l’ora del dialogo con Putin (Corriere della Sera). Ekaterina Pravilova, A ogni Zar la sua guerra (Il Foglio). Matteo Sacchi intervista V.Emanuele Parsi, Siamo di fronte a rischi del tutto nuovi e duraturi (il Giornale).
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Rocca è online
E’ online Rocca n.5 del 1° marzo 2023: http://www.rocca.cittadella.org/rocca/s2magazine/index1.jsp?idPagina=2
Oggi domenica 19 febbraio 2023
Eventi,Opinioni,Commenti e Riflessioni—-——————–—————–
Carbonia. Il prezzo da pagare per gli scioperi dei 46 giorni nell’Iglesiente, dove l’azienda impone la serrata: insieme alla lotta per la contingenza, “l’apice dell’agitazione operaia di quegli anni, vero e proprio evento periodizzante”. 60 i lavoratori rinviati a giudizio nel Sulcis per i fatti del 14 luglio 1948
19 Febbraio 2023
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Anche questa domenica, dal 1° settembre 2019, ecco un pezzo della storia di Carbonia.
Quello sciopero de i 46 giorni nel bacino metallifero, iniziato il 13 gennaio, prende spunto da i 72 giorni di Carbonia e mette in atto la non collaborazione, crescendo man mano a fianco delle lotte per la contingenza in provincia. Dice […]
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L’Inno sardo: questo sconosciuto! Necessaria una grande Campagna di comunicazione e diffusione dell’Inno Procurade ‘e moderare che veda protagonisti innanzitutto i Cori polifonici sardi.
Aladinpensiero si fa portavoce della necessità di promuovere la massima diffusione dell’Inno sardo in tutti gli ambiti della società sarda e oltre. Occorre al riguardo una vera e propria campagna di comunicazione che privilegi i contesti educativi e formativi. Cominciamo con richiedere un forte impegno dei tanti Cori che operano in Sardegna. La Regione Autonoma della Sardegna sostenga! [Dal sito web della Regione Sarda] Inno ufficiale della Regione
Il Presidente della Regione con decreto n. 49 del 24 aprile 2019 ha dato attuazione a quanto stabilito dalla
Legge Regionale n. 14 del 4 maggio 2018
che riconosce il componimento melodico tradizionale “Su patriottu sardu a sos feudatarios”, noto anche come “Procurade ‘e moderare” di Francesco Ignazio Mannu, quale inno ufficiale della Regione sarda.
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Oggi sabato 18 febbraio 2013
Eventi,Opinioni,Commenti e Riflessioni—-——————–—————–
Pace: a Cagliari due manifestazioni il 24 e il 25. Partecipiamo ad entrambe con spirito unitario
18 Febbraio 2023
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
L’invasione russa in Ucraina iniziò il 24 Febbraio 2022. Una violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale che segue ad altrettante violazioni dall’altra parte, e chiede giustizia immediata.
“Europe for Peace” ha invitato a promuovere mobilitazioni nelle città italiane ed europee a un anno dall’invasione dell’Ucraina per chiedere il cessate […]
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ANPI: riprende le letture della Costituzione – Via Maestra
18 Febbraio 2023 verso il 22 febbraio 2023 su Democraziaoggi.
In vista della mobilitazione contro la Guerra indetta da Europe for peace, l’ANPI di Cagliari riprende le letture della Costituzione, partendo dall’art. 11, e dai decreti che ne violano il testo con la deroga al divieto di invio di armi a paesi belligeranti. Il primo incontro si terrà mercoledì 22 febbraio p.v. Il link alla locandina: http://www.democraziaoggi.it/?p=8037
La guerra resa banale
Il grande gioco della guerra e il numero dei morti
17-02-2023 – Su Volerelaluna
di Domenico Gallo
L’accoglienza trionfale di Zelensky, venuto a Bruxelles la settimana scorsa a chiedere armi per portare avanti la guerra, cioè il massacro (incluso quello del proprio popolo), è un segnale inequivocabile della banalizzazione della guerra. Le classi dirigenti dei paesi europei si accalorano a discutere di carri armati, cacciabombardieri, missili e sistemi di artiglieria, come se la guerra fosse un gioco. Per questo la guerra da remoto che la Santa Alleanza occidentale sta conducendo contro la Russia per mezzo del martoriato popolo ucraino, appare sempre di più come un war game. Si schierano cannoni, carri armati, veicoli blindati, treni di munizioni e si controllano dall’alto gli avanzamenti o arretramenti del fronte. Si valuta quanto siano performanti i razzi per i sistemi di lancio Himars a guida Gps, quanto sia esteso il raggio d’azione dei nuovi missili Glsdb che Washington si appresta a fornire a Kiev, quanto sia superiore la tecnologia delle armi occidentali rispetto a quelle russe, per la maggior parte risalenti ai tempi dell’ex Unione sovietica.
L’informazione televisiva, con i suoi nugoli di inviati sul campo, ci fornisce la motivazione per partecipare al war game e per alzare la posta. Ogni giorno ci riferisce delle bombe cadute su questa o quella città, su questo o quel condominio, e ci recita la litania quotidiana dei morti civili, mostrandoci anche qualche volto addolorato, quanto basta per mantenere viva l’immagine disumana del nemico. Le riviste specializzate ci forniscono l’elenco dettagliato dei sistemi d’arma spiegati, delle munizioni consumate, dei costi sostenuti e di quelli programmati. Da lontano osserviamo il war game e vi partecipiamo facendo il tifo e incoraggiando gli attori internazionali ad andare avanti e sviluppare nuove strategie di forza. Del resto nell’opinione pubblica occidentale è stato scalzato quel tabù della guerra, che si era radicato nella coscienza collettiva dei popoli alla fine della seconda guerra mondiale.
Il primo war game a cui abbiamo partecipato è stato indubbiamente la guerra contro la Jugoslavia condotta dalla NATO nel 1999. La prima volta di una guerra senza morti (nostri). Dalla televisione si vedevano solo le piroette dei jet che incrociavano nel cielo dei Balcani e i bagliori delle esplosioni nella notte. Non si sentiva il puzzo della carne bruciata, le urla dei feriti, l’odore del sangue, la disperazione delle madri. Quando la televisione serba ha cercato di farci vedere qualcosa degli effetti prodotti dai bombardamenti, la NATO l’ha immediatamente tacitata, la notte del 16 aprile, con un bombardamento chirurgico che ha causato “solo” 16 morti. Quindi abbiamo potuto guardare a quel conflitto, senza inquietudine, come se si trattasse di un video-gioco. Adesso che siamo passati a un gioco molto più pesante, la guerra viene accettata perché giocata da remoto, noi non ne siamo direttamente implicati, non mandiamo i nostri figli al fronte, non li vediamo tornare indietro nelle bare. Per questo possiamo lanciare proclami intransigenti sulla guerra giusta, o meglio sulla pace giusta, che può essere conseguita solo al prezzo della “vittoria” sul nemico. Tuttavia, nonostante il gran battage mediatico, la realtà della guerra viene nascosta e censurata da entrambe le parti. Come ha scritto Domenico Quirico (la Stampa, 4 febbraio): «La guerra avanza nel suo processo di disumanizzazione, riduce l’uomo a cosa, nel furore, comodo, di combattere una guerra a distanza […]. In Occidente stiamo perdendo il contatto con il genere umano».
Nessuna fonte indica il numero dei soldati uccisi, e quando azzardano delle cifre mentono spudoratamente. Secondo Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dall’inizio del conflitto armato, Kiev avrebbe registrato tra le 10.000 e le 13.000 vittime tra le forze armate, ma la Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, il 1° dicembre aveva dichiarato che le perdite ucraine ammontavano a 100.000 soldati uccisi. Nello stesso periodo il Capo di Stato Maggiore del Pentagono, gen. Mark Milley aveva dichiarato che le perdite dei russi ammontavano a circa 100.000 uomini. Duecentomila giovani, russi e ucraini spazzati via, cancellati per sempre i loro sogni e la loro vita.
È questo un costo umano che nessuno vuole vedere, non costituisce oggetto di dibattito pubblico. Scrive sempre Domenico Quirico: «Le cifre degli obitori e dei cimiteri sono l’unico dato che restituisce il senso vero della guerra». Queste cifre ci vengono rigorosamente nascoste, nessuno ci mostra il caos degli ospedali militari riempiti di feriti e di morenti, né i cimiteri dove questi giovani vengono sepolti. Sappiamo soltanto che la macchina militare sta procedendo massicciamente al reclutamento. Kiev si aspetta che Mosca mobiliti 300-500.000 persone per gettarle sul campo di battaglia, mentre l’Ucraina ha avviato un’operazione di reclutamento forzato che punta ad arruolare 200.000 nuove unità da inviare al fronte. È fin troppo facile prevedere che le previste offensive e controffensive di primavera produrranno una nuova montagna di morti.
Come nella Prima guerra mondiale, centinaia di migliaia di vite verranno sacrificate per spostare un confine un po’ più avanti o più indietro. Siamo condannati a rivivere gli orrori di Verdun o di Stalingrado, come se non avessimo imparato nulla dalla storia. Ha senso tutto questo? Dobbiamo concludere che è sempre attuale la lezione di Quasimodo, espressa nella lirica Uomo del mio tempo? «Sei ancora quello della pietra e della fionda, / uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, / con le ali maligne, le meridiane di morte, / alle ruote di tortura. Ti ho visto: eri tu, / con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio».
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Le armi nucleari e l’Italia: che fare?
16 Febbraio 2023 by Fabio | su C3dem
Le armi nucleari e l’Italia. Che fare?
Un incontro con il card. Matteo Zuppi
Bologna, sabato 18 febbraio 2023 ore 15-17, Sala Santa Clelia, via Altabella 6
Ogni giorno in più della guerra senza fine in Ucraina apre anche allo scenario di una apocalisse nucleare come ci avverte il Comitato per la Scienza e la Sicurezza del Bulletin of the Atomic Scientists. Nella notte del 31 dicembre 2022 la marcia della pace promossa dalla Chiesa italiana ha rilanciato ancora una volta l’appello che abbiamo promosso, fin dal maggio 2021, come realtà del mondo cattolico italiano e dei movimenti ecumenici e nonviolenti a base spirituale, per chiedere al nostro Paese di ratificare il “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”.
Non è più rimandabile un serio dialogo e un confronto pubblico, e in sede parlamentare, sulla proposta lanciata dalla campagna “Italia ripensaci” e promossa dai rappresentanti in Italia della coalizione Ican, Nobel per la pace 2017, anche in considerazione del fatto che stanno per essere stoccate a Ghedi e a Aviano le nuove bombe atomiche B61-12.
Per continuare nella riflessione e nell’azione volta a contrastare la logica della guerra e delle armi, sabato 18 febbraio 2023 si ritroveranno a Bologna i rappresentati delle organizzazioni cattoliche e dei movimenti ecumenici e nonviolenti su base spirituale che hanno firmato l’appello per chiedere l’adesione dell’Italia al Trattato di proibizione delle armi nucleari.
All’incontro sarà presente il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, per condividere un momento di discernimento sul drammatico momento che stiamo vivendo e su come continuare con coraggio a operare per la pace in un tempo di guerra.
L’appello è firmato dai Presidenti e dai Responsabili nazionali di: Acli, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia, Pax Christi, Fraternità di Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Sermig, Gruppo Abele, Libera, AGESCI (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani), FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), Argomenti 2000, Rondine-Cittadella della Pace, MCL (Movimento Cristiano Lavoratori), Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli, Città dell’Uomo, Associazione Teologica Italiana, Coordinamento delle Teologhe Italiane, FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario), Centro Internazionale Hélder Câmara, CSI (Centro Sportivo Italiano), La Rosa Bianca, MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani), MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), Fondazione Giorgio La Pira, Fondazione Ernesto Balducci, Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, Fondazione Don Primo Mazzolari, Fondazione Don Lorenzo Milani, Comitato per una Civiltà dell’Amore, Rete Viandanti, Noi Siamo Chiesa, Beati i Costruttori di Pace, Associazione Francescani nel Mondo aps, Comunità Cristiane di Base, Confcooperative, C3dem, MEC (Movimento Ecclesiale Carmelitano), AIDU (Associazione Italiana Docenti Universitari Cattolici), Arca di Lanza Del Vasto, Fondazione Magis, UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi), IPRI-CCP (Istituto Italiano Ricerca per la Pace-Corpi Civili di Pace), AIMC (Associazione Italiana Maestri Cattolici), Ordine Secolare Francescano OFS, FESMI (Federazione Stampa Missionaria Italiana).
- Leggi l’appello integrale
- Scarica il volantino
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Dibattito
Cattolici e Politica
Elezioni. De Rita: il voto dei cattolici e la disaffezione alla politica
Su Avvenire 15 febbraio 2023.
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La Pace è possibile? Incontro dibattito a Iglesias con Marco Tarquinio
Oggi venerdì 17 febbraio 2023
Eventi,Opinioni,Commenti e Riflessioni—-——————–—————–
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La guerra non è un videogioco
17 Febbraio 2023
La guerra da remoto che la Santa Alleanza occidentale sta conducendo contro la Russia per mezzo del martoriato popolo ucraino, appare sempre di più come un “war game” se scompare il fattore umano.
Domenico Gallo su Democraziaoggi.
La guerra da remoto che la Santa Alleanza occidentale sta conducendo contro la Russia per mezzo del martoriato popolo ucraino, appare sempre […]
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Cattolici e Politica: un indispensabile Dibattito esteso e vivace ma tuttora nascosto
Cattolici e politica, una presenza contraddittoria
6 Febbraio 2023 by Fabio | su C3dem
di Luigi Viviani
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L’autore, già sindacalista ed ex senatore del Partito Democratico, interviene sul dibattito cattolici e politica in una situazione di crisi e grande trasformazione del Paese, per un contributo sulle sfide da assumere.
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Alcuni aspetti dell’esperienza veneta
In questa fase di ripensamento sul futuro della Chiesa, sollecitato dalla multiforme pastorale di Papa Francesco e anche dalla recente scomparsa di papa Ratzinger, l’esame non può che riguardare anche la politica, dove, in modo più evidente, si addensano i problemi e l’inadeguatezza della presenza e del ruolo dei cattolici. Tutte le ricerche sul campo testimoniano che tale presenza è distribuita su tutto l’arco dei partiti che formano il sistema politico, ma varie risultano le modalità con le quali, nei diversi schieramenti, i cattolici testimoniano la loro fede. Assodata la conquista storica della laicità come metodo essenziale con il quale si pratica la politica da parte degli stessi cattolici, la situazione del nostro Paese presenta alcune specificità. In particolare, in una Regione come il Veneto, nella quale, data la configurazione religiosa di partenza, i processi di cambiamento si sono manifestati con maggiore profondità ed evidenza. Nella società veneta del dopoguerra, dove la maggioranza della popolazione costituiva il popolo cattolico, e in politica la Dc gestiva praticamente tutto il potere sul territorio, con una schiera di ministri nel governo nazionale, una nutrita rappresentanza parlamentare, e la stragrande maggioranza dei sindaci del territorio, si manifestarono una serie di processi interessanti. Nella prima fase postbellica, il partito cattolico possedeva una classe dirigente di una certa qualità. In parte proveniente dal Partito popolare di Sturzo, temprata e selezionata attraverso gli orrori della guerra e, in gran parte, tramite la partecipazione alla Resistenza, per cui si impegnò a ricostruire la società sul territorio e ad avviare lo sviluppo, frenando progressivamente il processo di emigrazione verso altre zone del Paese e all’estero. Uno degli aspetti positivi che emerse in quel periodo, fu che, in generale, a guidare le istituzioni locali si scelsero gli uomini migliori, indipendentemente dalla loro posizione nel partito. A Verona, per esempio, pur essendo la provincia con la Dc più a destra della Regione, per le maggiori cariche istituzionali si scelsero amministratori locali in maggioranza di centrosinistra. Anche in tal modo si crearono le condizioni per un vero avvio del miracolo economico con la nascita di tante nuove imprese e una crescita spettacolare dell’occupazione. Ma negli anni successivi, naturalmente con le ovvie eccezioni, le nuove classi dirigenti, concentrate nella gestione del potere, persero progressivamente la spinta iniziale ad innovare, e il processo di sviluppo incominciò a registrare limiti e contraddizioni. In questa fase, in seguito all’accelerata secolarizzazione della società, la sostanziale ispirazione cristiana della politica si sfilacciò, tanto che il processo di rinnovamento conciliare interessò soltanto un’esigua minoranza della politica militante e qualche centro culturale ad essa collegato. Una importante occasione persa, frutto anche dei limiti dell’azione pastorale della Chiesa veneta, che nei confronti della politica mantenne un atteggiamento essenzialmente diplomatico, e si accontentò di un cristianesimo di semplice schieramento, consistente, nell’affermazione di alcuni principi accompagnata da qualche scontro con gli avversari. Fu in questa fase che in Veneto si rafforzò l’opposizione ad alcune scelte nazionali della Dc, come l’apertura a sinistra che Moro, anche se non compreso dalla maggioranza della gerarchia cattolica, concepì e cercò di realizzare per riprodurre un clima di collaborazione tra le maggiori forze politiche, analogo a quello della Costituente. Nella Dc veneta tale scelta provocò un duro scontro, con una divisione che determinerà situazioni di progressivo sfrangiamento delle posizioni dei cattolici, e, nel tempo, diventerà un terreno favorevole al radicamento e all’espansione della Lega. I canoni della politica leghista fondati su una propagandata autonomia territoriale che, nei fatti si dimostrò una forma di egoismo collettivo sulla gestione delle risorse del territorio, in un contesto di chiusura verso l’esterno fino a forme di vero e proprio razzismo antimeridionale e antimigranti. Valutata in sede storica la politica della Lega, non solo non ha favorito le diverse possibilità di sviluppo territoriale delle aree della Regione, ma ha determinato una loro progressiva contrazione riducendo le opportunità di relazione e di collaborazione con altri territori italiani ed europei. Il recente ridimensionamento elettorale manifesta tale sostanziale fallimento. che la perdurante popolarità di Zaia, frutto del suo attivismo, rallenta ma non riesce a invertire. Nella Lega la presenza cattolica è numerosa ma in termini prevalenti di appoggio passivo, con qualche sollecitazione a favore delle chiese locali, ma mai capace di influenzare in modo significativo la linea strategica del Carroccio. I cattolici sono stati pure presenti nel centrodestra in alcuni raggruppamenti post-democristiani come Ccd e Cdu, e soprattutto in Forza Italia contribuendo a rafforzare la maggioranza della coalizione, sostanzialmente con la medesima funzione di presenza più o meno subalterna, preoccupandosi di fare qualche battaglia a sostegno formale dei valori cristiani tradizionali, come la famiglia e l’aborto. Le recenti elezioni politiche del settembre 2022 hanno registrato una forte sostituzione di FdI alla Lega nel consenso dei veneti, e ha fatto una certa impressione che, in alcuni paesini della montagna veneta, FdI abbia raggiunto il 30% dei voti. Ora il dibattito politico regionale si sta concentrando sulla questione dell’Autonomia regionale che la Lega rivendica e cerca di realizzare in tempi brevi, forzando la situazione politica con la condizione per cui, o si realizza la riforma o cade il governo. In sintesi, dentro tali processi nel centrodestra i cattolici vivono normalmente inseriti nei diversi partiti, spesso senza particolari esigenze di testimonianza quando non svolgono un ruolo di copertura ideologica di posizioni non sempre conciliabili con i principi evangelici. In quest’area il problema del ruolo dei cattolici in politica non viene sostanzialmente percepito, perché la loro presenza, ancorché marginale, è considerata sufficiente, in un contesto ritenuto, nel complesso, favorevole ai principi cristiani, anche se la scelta religiosa si riduce spesso a semplice e utile corredo dell’identità politica. Del tutto diversa l’esperienza dei cattolici nel centrosinistra. Dopo lo sbandamento postdemocristiano e l’avvio di qualche esperienza di dialogo con la sinistra, molti cattolici aderirono con convinzione all’Ulivo di Prodi ma la sua breve esistenza li ricacciò in una specie di limbo politico, che la successiva nascita della Margherita solo in parte è riuscita a rappresentare. Da ultimo il Pd, che nel Veneto, sia per l’assenza di significativi leader locali che pet una precedente, profonda divisione ideologica tra gli aderenti alle due culture chiamate a realizzare una nuova sintesi, non è mai riuscito a raggiungere una identità significativa né una dimensione organizzativa all’altezza delle aspettative. Inoltre, la diffusa logica delle correnti, peraltro strettamente dipendenti dal livello nazionale, si è tradotta in un ulteriore impoverimento dell’azione del partito. Pur con questi limiti, oggi i cattolici e la cultura cattolico-democratica sono chiamati a dare un contributo per costruire identità e strategia del Pd. Un compito di particolare rilevanza che tuttavia contrasta con il ruolo avuto finora da gran parte dei cattolici in quest’area, che quasi sempre non sono riusciti ad affrancarsi da una partecipazione ad una redistribuzione dei posti di potere in un contesto di diffusa minoranza.
Cattolici e sinistra, il dovere di fronte alla storia
In Veneto il problema del rapporto tra cattolici e politica nel Partito democratico acquista un particolare valore anche perché, in questo territorio. esso può più concretamente contribuire a far uscire il partito da una crisi profonda che lo ha ridotto ai minimi termini. Va ricordato che alle ultime elezioni esso e arrivato al 16 % nettamente sotto il pur negativo risultato nazionale, frutto di una gestione de partito subordinata essenzialmente agli interessi delle diverse correnti nei territori provinciali. Qui probabilmente più che altrove ha pesato una incapacità delle due culture di riferimento, quella della sinistra storica e quella cattolico-democratica, di operare una sintesi in direzione di una identità definita del partito. Lo stesso Congresso, anche per il depotenziamento politico operato da Letta con la sua dichiarata volontà di non ricandidarsi, da assise costituente si è progressivamente trasformato in un percorso elettorale tra i candidati, e lo stesso “Manifesto del nuovo Pd nel 2030” non ha aggiunto granché agli analoghi documenti precedenti. Lo strumento delle primarie aperte, per eleggere il nuovo segretario, ha dato avvio a un dibattito circa la contraddizione tra l’elezione del segretario come atto essenziale di democrazia rappresentativa, e l’ammissione al voto dei non iscritti, con evidente disincentivo all’iscrizione al partito. Dibattito che dovrebbe concludersi con un ripristino della differenza di funzioni e poteri tra iscritti e no, mentre le primarie possono diventare un importante strumento di partecipazione aperta anche ai non iscritti se vengono usate per consultare il popolo del Pd sulle più importanti scelte politiche del partito (primarie tematiche). La realtà attuale del Pd manifesta quindi che questo partito non ha risolto i suoi problemi perché finora ha scelto la strada sbagliata di definire le regole di funzionamento interno, e di selezione della sua classe dirigente in un contesto rigidamente correntizio. Ciò interroga la cultura cattolico-democratica come parte in causa per contribuire a superare tale limite. L’esperienza di un corretto funzionamento del partito ci suggerisce che la via migliore per conquistare una identità politica definita, rimane quella di un confronto approfondito con la realtà nella quale esso è chiamato a operare. Per il Pd tale obiettivo si concretizza nella costruzione di una nuova sinistra idonea a interpretare e governare la realtà di oggi. Una sinistra ad un tempo riformista, inclusiva e di governo, del tutto diversa da quella del ‘900. Tanto più che negli ultimi anni si è operata, in Italia e nel mondo, una trasformazione che per profondità ed estensione appare tra le più rilevanti nella storia dell’umanità. Essa si avvale di due motori fondamentali: lo sviluppo scientifico e tecnologico e la globalizzazione dell’economia, che intervengono nei diversi aspetti della vita personale e sociale. La novità di tale processo richiede, a sinistra, nuove mediazioni, decisamente diverse dal passato, tra i valori di libertà, uguaglianza e solidarietà e la nuova realtà in trasformazione. Serviranno quindi meno ideologia e più capacità di comprensione e di sperimentazione di nuove politiche. In particolare, sarà necessario un nuovo rapporto con il capitalismo fondato sulla capacità di intervenire sulle sue contraddizioni come via di rafforzamento della democrazia. In questo ambito la cultura cattolico-democratica essendo stata meno coinvolta nelle esperienze della sinistra del passato, può favorire più concretamente gli aspetti di novità. Operando in contesto di pluralismo e laicità, il politico cattolico, per svolgere il ruolo richiesto, deve essere dotato di formazione cristiana integrale, capacità di interpretare la realtà sulla quale intervenire, assumere il coraggio di proporre, sulle questioni in discussione, soluzioni di ispirazione cristiana, che spesso non traducono direttamente i principi cristiani ma ne rappresentano una mediazione parziale, che il politico cristiano assume con la sua piena responsabilità. In tal modo egli compie un dovere di testimonianza dentro la storia del suo tempo, accettandone tutte le conseguenze, forse anche con un rapporto difficile con la Chiesa.
La Chiesa e la politica
La fase che si sta aprendo nella vita del nostro Paese richiede una riflessione particolare della Chiesa italiana nei confronti della politica, sulla base di una riconsiderazione critica di tale realtà e dei rapporti intrattenuti con essa in precedenza. Il punto di partenza rimane la considerazione della politica come particolare testimonianza cristiana a servizio dei bene comune. Essa è stata definita dagli stessi vescovi, ad un tempo : impegnativa testimonianza di fede, l’organizzazione della speranza e la forma più esigente di carità. Quindi una via particolarmente impegnativa di vivere il cristianesimo secondo una vocazione rivolta al bene dell’intera società. Nel corso degli ultimi decenni è cresciuto il divario tra il valore di questa vocazione e la prassi politica concreta di tanti cattolici per cui, mentre in passato, nelle fasi migliori della Dc. la politica, nella classe dirigente più impegnata, rappresentava un ambito avanzato di testimonianza cristiana da parte dei laici, con particolari livelli di coerenza e responsabilità, la politica di oggi diviene spesso veicolo di diffusione di forme di presenza cristiana contrassegnate da incoerenza e prioritaria attenzione a raggiungere posizioni di potere, ancorché marginali. Tanto che, credo, non sia esagerato affermare che la politica oggi appare l’ambito nel quale il ruolo dei laici nella Chiesa indicato dal Concilio risulta largamente disatteso. Una situazione frutto della difficoltà particolare di esprimere e vivere scelte di ispirazione cristiana nel contesto della politica di oggi, e anche di un insufficiente rapporto e dell’assenza di una adeguata pastorale da parte della Chiesa gerarchica nei loro confronti. Se è vero che l’impegno politico, sempre più necessario per il futuro della nostra comunità, richiede un grado particolarmente elevato di virtù cristiane per rendere più consapevole ed efficace la presenza dei cattolici in questa attività, diventa indispensabile che la Chiesa, riconosca il particolare valore di questa vocazione e la sostenga con una specifica azione pastorale tesa a favorire una formazione cristiana idonea a tale compito. Non credo che a questo scopo siano sufficienti le antiche scuole fondate sui principi della dottrina sociale della Chiesa, né tanto meno scuole di generica formazione politica realizzate in ambito ecclesiale. Serve invece una formazione cristiana, qualificata in direziona di questa particolare vocazione, con un rapporto di sostegno successivo dei partecipanti, unito a un giudizio esigente sul loro operato. In tal senso mi pare che alcuni segnali positivi provengano, sulla scia di Papa Francesco, dal rapporto che il presidente della Cei cardinale Zuppi, dimostra di voler intrattenere con il mondo politico e i suoi problemi, fondato su un rigoroso rispetto dell’autonomia della politica unito a un interesse più ravvicinato alla sua realtà.
Finita definitivamente l’era del Dc, caratterizzata da una egemonia politica dei cattolici, per effetto della trasformazione del rapporto tra fede e modernità, è subentrata una dispersione dell’impegno dei cattolici nei vari schieramenti politici secondo criteri in gran parte di preferenza personale o di piccoli gruppi. Ciò ha comportato oltre che una evidente marginalizzazione complessiva dei cattolici nelle scelte politiche fondamentali oltre che una progressiva riduzione dell’ispirazione cristiana nell’azione politica, proprio nella fase in cui la Chiesa ha cercato di elaborare, sulla base dei segni dei tempi, una proposta teologica e pastorale nei confronti della modernità con il Concilio Vaticano II. Così, mentre in passato la politica era anche un fronte avanzato ed esposto del ruolo dei laici nella Chiesa e nella società ,per cui, ad esempio, politici cattolici di particolare qualità, come De Gasperi e Moro, ebbero talvolta rapporti difficili con la gerarchia ecclesiastica circa scelte essenziali e strategiche nella loro azione politica, oggi, specie negli ultimi tempi, assistiamo allo spettacolo poco edificante di una politica, anche dei cattolici, divenuta veicolo di diffusione in gran parte di forme di presenza, magari formalmente riferite ai principi cristiani, ma lontane da una loro testimonianza autentica e di segno anticonciliare. L’esito complessivo di tale processo, accanto al permanere di una presenza largamente minoritaria di cristiani autentici, peraltro quasi sempre politicamente ai margini, è che l’incidenza dei cattolici nel processo politico risulta sempre più insignificante, quando non si riduce a copertura ideologica di posizioni del tutto lontane dallo spirito del Vangelo. Una situazione di particolare gravità che chiama in causa gli stessi vescovi, che nel nostro Paese, nonostante gli stimoli e le sollecitazioni di alcune voci profetiche, hanno in generale non sempre compreso il significato e il valore della politica per il futuro umano e civile dell’Italia, e tenuto nei confronti del potere politico un atteggiamento informato in prevalenza a rapporti diplomatici, accontentandosi troppo spesso che il ruolo dei cattolici si limitasse ad una adesione di massima ai valori cristiani. Oggi, nella situazione di crisi e di grande trasformazione del Paese, operare per ridare senso, valore e risultati concreti al ruolo dei cattolici in politica diventa un problema di tutta la Chiesa. Nel rigoroso rispetto della laicità della politica e delle distinte funzioni dei diversi soggetti, ognuno deve è chiamato a dare un concreto contributo per rendere il ruolo dei cattolici fattore positivo nella costruzione di un futuro di benessere e di pace dell’Italia.
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Punta de billete, Save the date, Prendi nota. Venerdì 17 marzo pv, presso l’aula magna della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, di pomeriggio/sera è previsto un Convegno su La Chiesa oggi in Italia (titolo da definire). Tra gli organizzatori il gruppo “Amici in cammino sinodale – Amici sardi in cammino sinodale”. A presto per tutti i dettagli.
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Oggi giovedì 16 febbraio 2023 – Giovedì grasso del Carnevale
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Oggi a Carbonia presentazione del libro di Andrea Pubusa “Da Angioy a Lussu”
16 Febbraio 2023 su Democraziaoggi
Oggi, Giovedì 16 febbraio, viene presentato nella biblioteca comunale di Carbonia l’ultimo libro di Andrea Pubusa “Da Angioy a Lussu – Un sentimento che in Sardegna attraversa il tempo: l’autogoverno“, Arkadia ed. […]
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Che succede? Rassegna stampa C3dem
Terremoto in Siria e Turchia
12 Febbraio 2023 Il terremoto non è finito
Vincenzo Passerini, Teniamo gli occhi aperti sul dopo terremoto (Vita Trentina). Tonio dell’Olio, Il terremoto non è finito (Mosaico di pace).
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Oggi mercoledì 15 febbraio 2023
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Carbonia: domani presentazione del Libro di Andrea Pubusa “Da Angioy a Lussu”
15 Febbraio 2023 su Democraziaoggi.
Domani, Giovedì 16, verrà presentato nella biblioteca comunale di Carbonia l’ultimo libro di Andrea Pubusa “Da Angioy a Lussu – Un sentimento che in Sardegna attraversa il tempo: l’autogoverno“, Arkadia ed. Presente l’Autore, coordina il giornalista e scrittore Sandro Mantega; presenterà il libro Fernando Codonesu, saggista e scrittore. Saranno presenti il Sindaco Pietro Morittu […]
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