Monthly Archives: luglio 2022
OSTINATAMENTE PER LA PACE. E’ GIUSTO RIBELLARSI AI POTENTI CHE MANDANO I GIOVANI A MORIRE
una Terra
un popolo
una Costituzione
una scuola
Newsletter CT n. 86 e ChTChP n. 270 del 19 luglio 2022
RIBELLARSI È GIUSTO
Cari Amici,
Draghi è stato avvertito: Zelensky non gradisce che una crisi di governo in Italia disturbi l’incessante flusso di armi all’Ucraina né, come dice il suo consigliere Podolyak, “la tradizionale lotta politica interna nei Paesi occidentali” (cioè la democrazia) “deve intaccare l’unità nelle questioni fondamentali della lotta tra il bene e il male”, ovvero mettere in dubbio la suddetta “fornitura d’armi all’Ucraina”. E anche Johnson lascia a desiderare. Perciò dobbiamo aspettare che domani la sorte del governo Draghi sia decisa non sui nostri colli fatali ma là dove si giocano le sorti delle nostre Costituzioni democratiche e della stessa pace del mondo, dal momento che le abbiamo messe nelle mani delle attuali tragiche star della guerra e del potere.
Aspettare non vuol dire tuttavia obbedire. È bene perciò accorgersi di un altro avvertimento “molto molto importante”, come scrive Enrico Peyretti. “Per la prima volta un papa invita a rifiutare di fare la guerra per ragioni morali, di coscienza. Non solo condanna la guerra (‘inutile strage’), ma chiede – non ai governanti, ma ai soldati – di non farla, di disobbedire! Rivoluzione di Francesco contro la politica, anche democratica, che ha l’omicidio di massa tra i suoi mezzi regolari. Chiede ai giovani di boicottare, di disobbedire, di far fallire i governi di guerra”.
È davvero una novità? Se lo è, lo è tuttavia in quanto detta da un papa, non in quanto iscritta nel Vangelo da secoli, ed adempiuta anche oggi. E appunto in questo messaggio rivolto il 6 luglio alla Conferenza Europea dei Giovani riunitasi a Praga, papa Francesco ha portato ad esempio l’obiezione di coscienza fatta nel 1943 da un giovane austriaco, di cui è ancora molto vivo il ricordo in Alto Adige, a cui il nostro Francesco Comina ha dedicato un libro molto bello pubblicato dalla EMI. “Solo contro Hitler. Franz Jägerstätter. Il primato della coscienza”. Ha scritto il Papa: “Vorrei invitarvi a conoscere una figura straordinaria di giovane obiettore, un giovane europeo dagli ‘occhi grandi’, che si è battuto contro il nazismo durante la seconda guerra mondiale, Franz Jägerstätter, proclamato ‘beato’ dal papa Benedetto XVI. Franz era un giovane contadino austriaco che, a motivo della sua fede cattolica, fece obiezione di coscienza di fronte all’ingiunzione di giurare fedeltà a Hitler e di andare in guerra. Franz era un ragazzo allegro, simpatico, spensierato, che crescendo, grazie anche alla moglie Francesca, con la quale ebbe tre figli, cambiò la sua vita e maturò convinzioni profonde. Quando venne chiamato alle armi si rifiutò, perché riteneva ingiusto uccidere vite innocenti. Questa sua decisione scatenò reazioni dure nei suoi confronti da parte della sua comunità, del sindaco, anche di familiari. Un sacerdote tentò di dissuaderlo per il bene della sua famiglia. Tutti erano contro di lui, tranne sua moglie Francesca, la quale, pur conoscendo i tremendi pericoli, stette sempre dalla parte del marito e lo sostenne fino alla fine. Nonostante le lusinghe e le torture, Franz preferì farsi uccidere che uccidere. Riteneva la guerra totalmente ingiustificata. Se tutti i giovani chiamati alle armi avessero fatto come lui, Hitler non avrebbe potuto realizzare i suoi piani diabolici. Il male per vincere ha bisogno di complici. Franz Jägerstätter venne ucciso nella prigione dove era rinchiuso anche il suo coetaneo Dietrich Bonhoeffer, giovane teologo luterano tedesco, antinazista, che fece anch’egli la stessa tragica fine”.
Non a caso papa Francesco ha innestato questo ricordo nella serie delle guerre mondiali combattute in Europa, compresa quella presente che si aggiunge “ai numerosi conflitti in atto in diverse regioni del mondo”. Cari giovani – ha scritto – “mentre voi state svolgendo la vostra Conferenza, in Ucraina – che non è UE, ma è Europa – si combatte una guerra assurda… L’idea di un’Europa unita è sorta da un forte anelito di pace dopo tante guerre combattute nel Continente, e ha portato a un periodo di pace durato settant’anni. Ora dobbiamo impegnarci tutti a mettere fine a questo scempio della guerra, dove, come al solito, pochi potenti decidono e mandano migliaia di giovani a combattere e morire. In casi come questo è legittimo ribellarsi!”
Ribellarsi, ma con la forza di quale cultura? Nel rivolgere ai giovani questo invito a ribellarsi e a resistere, papa Francesco ha fatto riferimento al “Patto educativo” che, come ha detto, è “un’alleanza lanciata nel settembre 2019 tra gli educatori di tutto il mondo per educare le giovani generazioni alla fraternità”. Dinanzi all’attuale corso degli eventi Francesco, come se fosse in crisi di speranza storica (non certo di quella teologale) ha fatto dunque appello all’educazione, alla costruzione di un pensiero; egli sembra dire ai giovani: se voi non cambiate cultura, se non rimettete in gioco le categorie politiche, antropologiche, sociali che ci hanno portato fin qui, se non rifondate il diritto, se non cambiate le visioni del mondo che lo pensano come frammentato, diviso e nemico, se non rovesciate l’egemonia della guerra, se non andate a scuola di giustizia e fraternità, sarete in balia di menzogna e violenza, sarete preda di regimi spietati, di pulsioni di guerra e di dominio, non potrete costruirvi il futuro che sognate, non avrete futuro. Ed aggiunge che bisogna educare tutti a una vita più fraterna, basata non sulla competitività ma sulla solidarietà, cambiare sistema: ”La vostra aspirazione maggiore, cari giovani, non sia quella di entrare negli ambienti formativi d’élite, dove può accedere solo chi ha molto denaro. Questi istituti hanno spesso interesse a mantenere lo status quo, a formare persone che garantiscano il funzionamento del sistema così com’è. Vanno apprezzate piuttosto quelle realtà che uniscono la qualità formativa con il servizio al prossimo, sapendo che il fine dell’educazione è la crescita della persona orientata al bene comune. Saranno queste esperienze solidali che cambieranno il mondo, non quelle “esclusive” (ed escludenti) delle scuole d’élite. Eccellenza sì, ma per tutti, non solo per qualcuno”.
Questo è il lascito di papa Francesco. Obiettare, ribellarsi, resistere. Ma non per una trasgressione, bensì per una più alta obbedienza. L’Italia è andata più avanti degli altri su questa strada, e se il Costarica, in America Latina, è il primo Paese che ha abolito l’esercito, l’Italia è il primo Paese in tutto l’Occidente con tutte le sue Costituzioni che l’obiezione di coscienza l’ha chiamata “obbedienza alla coscienza”. Così essa è definita infatti nella legge dell’8 luglio 1998 sulla riforma dell’obiezione di coscienza che dice, al suo primo articolo: “I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, (…), opponendosi all’uso delle armi, non accettano l’arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato, possono adempiere gli obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio militare, un servizio civile, diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria e ordinato ai fini enunciati nei Principi fondamentali della Costituzione”. Quando nel gennaio 1992 riuscimmo a introdurre nella nuova legge sull’obiezione di coscienza questa formulazione, la cosa apparve tanto scandalosa che il presidente della Repubblica Cossiga si rifiutò di firmarla e la rinviò alle Camere, che sciolse subito dopo; fu solo tre legislature più tardi, nella XIII, che in quella identica formulazione la legge fu di nuovo approvata e promulgata; e fu per esorcizzare quel primato della coscienza sulla obbedienza pronta ad uccidere che nel 2005 il potere militare e il governo Berlusconi abolirono l’obbligo stesso al servizio militare, non per licenziare la guerra, ma per metterla al riparo da rifiuti e critiche, per renderla insindacabile. Il che vuol dire che la cultura funziona, l’educazione può rompere il conformismo, la forza delle idee può cambiare la politica.
È per questo che, pur nella guerra e nell’osanna alle armi e ai loro officianti, Costituente Terra continua a lottare per un altro sistema, un altro diritto.
Nel sito [e in questa stessa pagina] pubblichiamo il testo completo del messaggio ai giovani di papa Francesco.
Con i più cordiali saluti
(Per www.costituenteterra.it Raniero La Valle)
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RIBELLARSI AI POTENTI CHE MANDANO I GIOVANI A MORIRE
19 LUGLIO 2022 / RANIERO LA VALLE / LA CONVERSIONE DEL PENSIERO /
Il messaggio del Papa alla Conferenza europea dei giovani a Praga. L’umanità non si riduce alla piccola Europa. Cambiare il mondo, contro quanti hanno interesse a mantenere lo status quo, a garantire il funzionamento del sistema così com’è
Pubblichiamo il messaggio di papa Francesco ai partecipanti alla Conferenza europea dei giovani di Praga dell’11-13 luglio 2022
Cari giovani!
Sono molto contento di rivolgermi a voi che state partecipando alla Conferenza europea dei giovani. Vorrei dirvi qualcosa che mi sta molto a cuore. Anzitutto vorrei invitarvi a trasformare il “vecchio continente” in un “nuovo continente”, e questo è possibile solo con voi. So che la vostra generazione ha alcune buone carte da giocare: siete giovani attenti, meno ideologizzati, abituati a studiare in altri Paesi europei, aperti a esperienze di volontariato, sensibili ai temi dell’ambiente. Per questo sento che c’è speranza.
Voi giovani europei avete una missione importante. Se nel passato i vostri antenati si sono spinti in altri continenti non sempre per nobili interessi, ora spetta a voi presentare al mondo un nuovo volto dell’Europa.
Riguardo all’origine del nome “Europa” non ci sono ancora spiegazioni certe. Tra le varie ipotesi, una è particolarmente suggestiva: è quella che risale all’espressione “eurús op”, cioè “occhio grande”, “ampio sguardo”, che evoca la capacità di guardare oltre. Europa, figura mitologica che aveva fatto innamorare di sé gli dei, era chiamata “la fanciulla dagli occhi grandi”. Quindi penso anche a voi, giovani europei, come a persone dallo sguardo ampio, aperto, capaci di guardare oltre.
Forse avete sentito parlare dell’iniziativa, lanciata nel settembre 2019, chiamata Patto Educativo Globale. Si tratta di un’alleanza tra gli educatori di tutto il mondo per educare le giovani generazioni alla fraternità. Vedendo però come sta andando questo mondo guidato da adulti e da anziani, sembra che forse dovreste essere voi a educare gli adulti alla fraternità e alla convivenza pacifica!
Tra i primi impegni del Patto Educativo c’è quello di ascoltare i ragazzi, gli adolescenti e i giovani. Perciò, cari giovani, fate sentire la vostra voce! Se non vi ascoltano, gridate ancora più forte, fate rumore, avete tutto il diritto di dire la vostra su ciò che riguarda il vostro futuro. Vi incoraggio ad essere intraprendenti, creativi e critici: sapete che quando un professore ha in classe degli studenti esigenti, critici, attenti, viene stimolato a impegnarsi di più e a preparare meglio le lezioni.
In questo Patto non ci sono degli “emittenti” e dei “destinatari”, ma tutti siamo chiamati a educarci in comunione, come suggeriva il pedagogista brasiliano Paulo Freire. Non temete dunque di essere esigenti: avete il diritto di ricevere il meglio per voi stessi così come i vostri educatori hanno il dovere di dare il meglio di sé stessi.
Tra le varie proposte del Patto Educativo Globale, ne richiamo due che ho visto presenti anche nella vostra Conferenza.
La prima: “Aprirsi all’accoglienza”, e quindi il valore dell’inclusione: non lasciarsi trascinare in ideologie miopi che vogliono mostrarvi l’altro, il diverso come un nemico. L’altro è una ricchezza. L’esperienza di milioni di studenti europei che hanno aderito al Progetto Erasmus testimonia che l’incontro tra persone di popoli diversi aiuta ad aprire gli occhi, la mente e il cuore. Fa bene avere “occhi grandi” per aprirsi agli altri. Nessuna discriminazione contro nessuno, per nessuna ragione. Essere solidali con tutti, non solo con chi mi assomiglia, o mostra un’immagine di successo, ma con coloro che soffrono, qualunque sia la nazionalità e la condizione sociale. Non dimentichiamo che milioni di europei in passato hanno dovuto emigrare in altri continenti in cerca di futuro. Anch’io sono figlio di italiani emigrati in Argentina.
L’obiettivo principale del Patto Educativo è quello di educare tutti a una vita più fraterna, basata non sulla competitività ma sulla solidarietà. La vostra aspirazione maggiore, cari giovani, non sia quella di entrare negli ambienti formativi d’élite, dove può accedere solo chi ha molto denaro. Questi istituti hanno spesso interesse a mantenere lo status quo, a formare persone che garantiscano il funzionamento del sistema così com’è. Vanno apprezzate piuttosto quelle realtà che uniscono la qualità formativa con il servizio al prossimo, sapendo che il fine dell’educazione è la crescita della persona orientata al bene comune. Saranno queste esperienze solidali che cambieranno il mondo, non quelle “esclusive” (ed escludenti) delle scuole d’élite. Eccellenza sì, ma per tutti, non solo per qualcuno.
Vi propongo di leggere l’Enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2020) e il Documento sulla fratellanza umana (4 febbraio 2019) firmato insieme al Grande Iman di Al-Azhar. So che in tante università e scuole musulmane stanno approfondendo con interesse questi testi, e così spero possano entusiasmare anche voi. Dunque, educazione non solo per “conoscere sé stessi” ma anche per conoscere l’altro.
L’altra proposta che vorrei richiamare riguarda la cura per la casa comune.
Anche qui ho notato con piacere che, mentre le generazioni precedenti parlavano molto e concludevano poco, voi invece siete stati capaci di iniziative concrete. Per questo dico che questa volta può essere la volta buona. Se non riuscirete voi a dare una svolta decisiva a questa tendenza autodistruttiva, sarà difficile che altri ci riusciranno in futuro. Non lasciatevi sedurre dalle sirene che propongono una vita di lusso riservata a una piccola fetta del mondo: possiate avere “occhi grandi” per vedere tutto il resto dell’umanità, che non si riduce alla piccola Europa; aspirare a una vita dignitosa e sobria, senza il lusso e lo spreco, perché tutti possano abitare il mondo con dignità. È urgente ridurre il consumo non solo di carburanti fossili ma anche di tante cose superflue; e così pure, in certe aree del mondo, è opportuno consumare meno carne: anche questo può contribuire a salvare l’ambiente.
A tale riguardo, vi farà bene – se non l’avete già fatto – leggere l’Enciclica Laudato si’, dove credenti e non credenti trovano motivazioni solide per impegnarsi in favore di una ecologia integrale. Educare, pertanto, per conoscere, oltre che sé stessi e l’altro, anche il creato.
Cari giovani, mentre voi state svolgendo la vostra Conferenza, in Ucraina – che non è UE, ma è Europa – si combatte una guerra assurda. Aggiungendosi ai numerosi conflitti in atto in diverse regioni del mondo, essa rende ancora più urgente un Patto Educativo che educhi tutti alla fraternità.
L’idea di un’Europa unita è sorta da un forte anelito di pace dopo tante guerre combattute nel Continente, e ha portato a un periodo di pace durato settant’anni. Ora dobbiamo impegnarci tutti a mettere fine a questo scempio della guerra, dove, come al solito, pochi potenti decidono e mandano migliaia di giovani a combattere e morire. In casi come questo è legittimo ribellarsi!
Qualcuno ha detto che, se il mondo fosse governato dalle donne, non ci sarebbero tante guerre, perché coloro che hanno la missione di dare la vita non possono fare scelte di morte. Allo stesso modo mi piace pensare che, se il mondo fosse governato dai giovani, non ci sarebbero tante guerre: coloro che hanno tutta la vita davanti non la vogliono spezzare e buttare via ma la vogliono vivere in pienezza.
Vorrei invitarvi a conoscere una figura straordinaria di giovane obiettore, un giovane europeo dagli “occhi grandi”, che si è battuto contro il nazismo durante la seconda guerra mondiale, Franz Jägerstätter, proclamato Beato dal Papa Benedetto XVI. Franz era un giovane contadino austriaco che, a motivo della sua fede cattolica, fece obiezione di coscienza di fronte all’ingiunzione di giurare fedeltà a Hitler e di andare in guerra. Franz era un ragazzo allegro, simpatico, spensierato, che crescendo, grazie anche alla moglie Francesca, con la quale ebbe tre figli, cambiò la sua vita e maturò convinzioni profonde. Quando venne chiamato alle armi si rifiutò, perché riteneva ingiusto uccidere vite innocenti. Questa sua decisione scatenò reazioni dure nei suoi confronti da parte della sua comunità, del sindaco, anche di familiari. Un sacerdote tentò di dissuaderlo per il bene della sua famiglia. Tutti erano contro di lui, tranne sua moglie Francesca, la quale, pur conoscendo i tremendi pericoli, stette sempre dalla parte del marito e lo sostenne fino alla fine. Nonostante le lusinghe e le torture, Franz preferì farsi uccidere che uccidere. Riteneva la guerra totalmente ingiustificata. Se tutti i giovani chiamati alle armi avessero fatto come lui, Hitler non avrebbe potuto realizzare i suoi piani diabolici. Il male per vincere ha bisogno di complici.
Franz Jägerstätter venne ucciso nella prigione dove era rinchiuso anche il suo coetaneo Dietrich Bonhoeffer, giovane teologo luterano tedesco, antinazista, che fece anch’egli la stessa tragica fine.
Questi due giovani “dagli occhi grandi” vennero uccisi perché rimasero fedeli fino alla fine agli ideali della loro fede. Ed ecco la quarta dimensione dell’educazione: dopo la conoscenza di sé stessi, degli altri e del creato, finalmente la conoscenza del principio e del fine di tutto. Cari giovani europei, vi invito a guardare oltre, in alto, per ricercare sempre il senso della vostra vita, la vostra origine, il fine, la Verità, perché non si vive se non si cerca la Verità. Camminate con i piedi ben piantati sulla terra, ma con sguardo ampio, aperto all’orizzonte, al cielo. Vi potrà aiutare in questo la lettura dell’Esortazione apostolica Christus vivit, indirizzata in modo speciale ai giovani. E poi vi invito tutti alla Giornata Mondiale della Gioventù del prossimo anno a Lisbona, dove potrete condividere i vostri sogni più belli con giovani di tutto il mondo.
E voglio concludere con un augurio: che siate giovani generativi, capaci di generare nuove idee, nuove visioni del mondo, dell’economia, della politica, della convivenza sociale; ma non solo nuove idee, soprattutto nuove strade, da percorrere insieme. E che possiate essere generosi anche nel generare nuove vite, sempre e solo per amore! Amore al vostro sposo e alla vostra sposa, amore alla famiglia, amore ai vostri figli, e anche amore all’Europa, perché sia per tutti terra di pace, di libertà e di dignità.
Buon incontro e buon cammino! Vi mando di cuore il mio saluto e la mia benedizione. E vi chiedo per favore di pregare per me.
Roma, San Giovanni in Laterano, 6 luglio 2022
Ernesto Balducci uomo del futuro. È online Rocca n.15 del 1° agosto 2022, dedicato a padre Ernesto Balducci a 100 anni dalla sua nascita e a 30 anni dalla sua morte.
LUCIDITÀ E PASSIONE
Ernesto Balducci
L’editoriale di Mariano Borgognoni su Rocca.
Balducci manca davvero. La sua è un’assenza che si sente a livello intellettuale, politico ed ecclesiale (per quanto a livello ecclesiale mi pare che ad un certo punto sospese le aspettative e tuttavia non scelse mai la strada, talvolta comprensibile ma quasi sempre sterile, della rottura). [segue]
Oggi mercoledì 20 luglio 2022
Estate 2022: siamo in pausa, ma aperti e attivi per le urgenze!
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——————Opinioni, Commenti e Riflessioni————————————-
Il migliore se la dà a gambe! Chi lo tratterrà?
20 Luglio 2022
Amsicora su Democraziaoggi
Ohè, gente. Ma se uno se la dà a gambe, come fai a trattenerlo? Puoi fargli vedere che ne avrà molti vantaggi. Onori, gloria, il nome nella storia. Ma se è proprio questo a spaventarlo? Nella storia si può stare per molte ragioni, non sempre positive. Metti che nell’autunno, a causa delle scelte inconsulte sulla […]
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———————————-PREPARAIAMOCI————
Che succede?
LA SPINTA PERCHE’ DRAGHI RESTI
19 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
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Che succede?
DRAGHI, IL DILEMMA. PUTIN, TERRORISMO DI STATO
18 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi |su C3dem.
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Oggi martedì 19 luglio 2022
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Guardare fiduciosi al futuro
19 Luglio 2022
Pietro Casula su Democraziaoggi.
Movimento per la Sardegna – Sardi nel mondo
Le crisi alimentano una sorta di entusiasmo per il passato, un apprezzare le tendenze retrò, a volte anche nel semplice pensare.
Retrò è l’inclinazione a progettare gli oggetti di uso quotidiano, i contenuti artistici e persino la politica o i temi politici in modo da riportare dal passato, […]
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PACE. TACCIANO LE ARMI NEGOZIATO SUBITO!
Aderiamo, diffondiamo, ci impegniamo!
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TACCIANO LE ARMI NEGOZIATO SUBITO!
Verso una conferenza internazionale di pace
23 luglio giornata nazionale di mobilitazione per la Pace in tutte le città italiane
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Ernesto Balducci uomo del futuro. È online Rocca n.15 del 1° agosto 2022, dedicato a padre Ernesto Balducci a 100 anni dalla sua nascita e a 30 anni dalla sua morte.
LUCIDITÀ E PASSIONE
Ernesto Balducci
L’editoriale di Mariano Borgognoni.
Balducci manca davvero. La sua è un’assenza che si sente a livello intellettuale, politico ed ecclesiale (per quanto a livello ecclesiale mi pare che ad un certo punto sospese le aspettative e tuttavia non scelse mai la strada, talvolta comprensibile ma quasi sempre sterile, della rottura). Ricordarlo per noi di Rocca non è solo un dovere, per quanto il ricordo di chi è morto sia sempre un elemento di civiltà che porta gli uomini ad essere animali capaci di gratitudine, ma è soprattutto un’esigenza che nasce dalla stima e dall’affetto verso un così fedele ed autorevole collaboratore ed un amico senza del quale sarebbe stata più povera la vita della Pro Civitate Christiana. Altri parleranno più diffusamente del suo pensiero, della sua opera e della sua vita, per parte mia desidero solo raccogliere una trama di ricordi ad iniziare da quando, ancora adolescente in cerca d’autore, sentivo dalla camera che avevo in uso in un piccolo monastero, i tre monaci che passavano nottate discutendo sugli articoli di Testimonianze e accapigliandosi sulle tesi di Balducci, tirandolo dai due lati della sua giacca. Più tardi ho capito la forza della non facile posizione balducciana che, pur compiendo una netta scelta di campo, era contraria all’assorbimento politico della fede che tradiva, a suo parere, sia la laicità della politica che la riserva escatologica della fede verso ogni ordine stabilito e sacralizzato. Non amava una democrazia cristiana ma nemmeno vedeva di buon occhio un socialismo cristiano. Questa posizione è felicemente espressa in un passaggio del libro intervista «Il cerchio che si chiude». «La stanza in cui dormivo da piccolo aveva una finestra che dava su un dirupo oltre il quale si alzava una breve cornice di poggi. Ai lati del dirupo, la lunga sagoma di un antico convento di Clarisse. Di notte, a più riprese, la campanella chiamava le monache a mattinar lo sposo. Di tanto in tanto, mi capitava di scendere dal letto, al suono della campanella, per osservare nel buio accendersi una dopo l’altra le minuscole finestre delle celle e
spegnersi. Ora mi spiego il fascino di quello spettacolo notturno (…). Era come se mi affacciassi all’altro versante della vita dove il tempo ha ritmi diversi dal nostro, è un tempo inutile, è il tempo dell’Essere (…). Potrei dire che io, da quella finestra non mi sono mai mosso». Balducci, mai stato fermo è insieme colui che non si è mai mosso da quello sguardo su un Regno nuovo da vivere ma sempre da attendere, da attendere ma vivendo fino in fondo la vita di tutti. Scegliendo gli ultimi come luogo dove poggiare la punta del compasso per disegnare un mondo più giusto. Mi si consenta in questo senso una suggestione. Tre uomini con storie e provenienze diverse, nati cento anni fa: Balducci, Berlinguer e Pasolini, hanno avuto parole convergenti e profetiche nell’avvertire e denunciare il rischio di una dissenna- ta corsa ad uno sviluppo umanamente e socialmente iniquo e ambientalmente insostenibile e nel proporre con la cultura della pace, con la politica dell’austerità e con la memoria e la difesa dei «mondi» saccheggiati dall’omologazione consumistica, una strada radicalmente alternativa. Devo dire che mi sono ritrovato tante volte con il Balducci che ha anticipato la riflessione sulla pace e sulla cultura che può prepararla, sulla fraternità con tutto ciò che vive, sull’uomo planetario. Ma quello che mi colpiva era soprattutto il Balducci che ogni tanto trovavi, come una sorpresa, con notazioni fulminanti di cui avvertivi la verità; come quando notava ciò che, chi veniva dall’esterno del mondo povero, non poteva notare: «Quando la povertà non è nella zona della miseria ma è ai limiti dell’autosufficienza, sia pure stremata, ci sono forme di straordinaria felicità. Io so che i poveri sono capaci di grande allegria». A chi è venuto da lì non era difficile sentire dietro la prodigiosa intelligenza l’anima semplice di padre Balducci radicata nella fedeltà alla sua terra di contadini e minatori, quella Santa Fiora sull’Amiata dove oggi riposa. Ernesto Balducci fu uomo del dialogo ma ad un certo punto ne sentì il fastidio che espresse anche in Cittadella quando ad un dibattito con un giornalista laico e un esponente politico marxista affermò in modo sarcastico: «Che bisogno c’era di tre persone? Bastavo io che sono cattolico, laico e marxista!». Un modo sferzante di dirci che le appartenenze blindate ideologicamente erano ormai saltate e che si doveva pensare un nuovo cammino e semmai nuove divisioni. Poco prima della sua morte, promossi a Perugia un convegno dal titolo un po’ pretenzioso: «Uno sguardo sul mondo». A distanza di un giorno si alternarono due uomini per me molto significativi: Ernesto Balducci e Sergio Quinzio. Due approcci molto diversi eppure, a me pare, entrambi necessari per ancorare la fede alle esigenze di cambiare il mondo, vedendone il mistero dell’ini- quità e sapendo che c’è un oltre; quell’oltre guardato nella notte dalla sua finestra di bambino, che è un modo di pensare, operare ed attendere la salvezza estrema dell’uomo. Accompagnandolo in Cittadella alla fine del convegno perugino scambiammo qualche idea sulla caduta del Muro e sulle sue conseguenze, tornando su un’intervista che gli avevo fatto qualche mese prima alla Badia fiesolana. Ricordo lo stupore con cui accolsi il suo tono infastidito sugli entusiasmi che stavano dilagando. Mi disse: «Guarda che il mondo è sistemico e l’implosione del comunismo toglierà ai paesi capitalistici la paura della rivoluzione e vorranno tornare a non aver freni nella logica del profitto». A più di trent’anni di distanza vien da dargli ragione. Mi sembra altrettanto interessante notare la forza di una previsione in un saggio del 1991 dal titolo L’Europa del 1989 in cui scriveva: «Nel sommovimento dell’Est europeo ci sono segnali preoccupanti (…). Sulla soglia dell’era postmoderna rinascono tutte le nostalgie del passato, rimaste soffocate ma non estinte durante il trionfo della modernità. Quelle nostalgie potrebbero imprimere all’Europa una spinta regressiva dagli esiti disastrosi». Balducci prospetta sì l’uomo planetario ma non gli sfugge il rischio dell’uomo identitario. Queste poche righe sono una impressionante fotografia della situazione attuale in Russia e in altri Paesi dell’Europa orientale. Ma con la speranza e la fiducia che la partita non è chiusa e che forse siamo solo nel lato discendente di una spirale. Dentro questa lucida descrizione e predizione dei rischi c’era infatti in padre Balducci una scommessa positiva sul futuro dell’umanità. Un atteggiamento che lui stesso definì, in una delle ultime interviste, ottimismo tragico. Cioè l’idea che pur dentro gli inevitabili travagli infine l’umanità dovrà scegliere di salvarsi non con la forza delle armi, non con la hybris di dominare attraverso la tecnica tutti gli elementi della natura, non con la competizione senza freni tra popoli e individui ma percorrendo una strada nuova, attingendo alle risorse dell’homo absonditus dentro cui «pulsa l’attesa delle generazioni future». Lungo questa via, Balducci ha riletto radicalmente la sua comprensione di fede fino ad auspicare la morte della figura storica del Cristianesimo nella logica evangelica del seme che solo così porta frutto. In questa fede restituita alla potenza della sua fragilità, sta l’ultima spoliazione di Ernesto Balducci e il suo, alla fine, non dirsi che uomo, nella cui coscienza è nascosto il lievito del vangelo «che fa vivere il nostro cuore un po’ più in là dei nostri passi». ❑
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ERNESTO BALDUCCI UOMO DEL FUTURO
ha insegnato a pensare il mondo come progetto
di Raniero La Valle
giornalista e scrittore, più volte parlamentare della Repubblica.
Sono molto contento che anche Rocca voglia ricordare padre Ernesto Balducci, in questo arco di tempo in cui si celebrano i 100 anni dalla sua nascita e i 30 anni dalla sua morte.
Lo si può ricordare in tanti modi: il principale senza dubbio è quello di rievocare l’inesauribile ricchezza del suo insegnamento, le geniali intuizioni che egli ci svelava nei suoi libri, nelle sue omelie, nei suoi inesausti percorsi di città in città per portare la sua parola, per accendere le speranze, per rinvigorire le fedi, per generare le azioni. Proprio in uno di questi percorsi senza risparmi egli doveva trovare la morte.
Io lo ricordo come uno dei grandi architetti che in quello straordinario Novecento che abbiamo vissuto, sognavo di mettere attorno a un tavolo, di fare interagire tra loro, di provocare per averne un giudizio, un’indicazione, una profezia sul nuovo mondo che volevamo costruire.
Come sarebbe bello, pensavo, mettere insieme padre Balducci, Raimundo Panikkar, Ivan Illich, Giuseppe Dossetti, padre Benedetto Calati, Aldo Moro, Claudio Napoleoni, e forse qualcun altro che avevo direttamente incontrato, chissà quale sapienza, quale mistica, quali linee d’azione ne sarebbero venute! Tutti insieme avrebbero potuto indicare un percorso, abbozzare il disegno dell’opera da compiere, evocare l’utopia che davvero si potesse realizzare. Certo, era un pensiero ingenuo, discepolare, ma era rivelatore di un atteggiamento che in quegli anni era di molti, quello di pensare il mondo non come un dato, ma come un progetto, e vivere la politica, la fede, la cultura non come un identikit di ciò che eravamo, ma come un investimento per ciò che volevamo far sorgere. Quell’aurora, che secondo padre Balducci dovevamo «forzare a nascere», di fatto poi non si è accesa. E invece è venuta la notte che ha oscurato i paesaggi radiosi appena intravisti, ha inghiottito l’uomo planetario di cui egli aveva preconizzato l’avvento, ha sconvolto le rotte del ritorno delle caravelle che secondo lui avrebbero dovuto ritessere l’unità dei mondi lacerati dalle scoperte e dalle conquiste.
Per padre Balducci la negazione di tutto ciò per cui aveva combattuto l’intera vita giunse con la guerra del Golfo perpetrata dall’Occidente sovvertendo il diritto che era stato messo nelle mani dell’Onu e «confondendo con le macerie di Bagdad le macerie delle grandi costruzioni giuridiche» presenti nelle Carte delle statuizioni universali di cui eravamo stati fieri, dalla Carta atlantica alle Costituzioni nazionali. Per noi la catastrofe delle speranze a cui abbiamo dedicato la vita giunge ancor più con la guerra d’Ucraina, quando alla violenza omicida perpetrata dalla Russia la Nato risponde di nuovo spaccando il mondo in due blocchi, intronizzando la guerra come sovrana, pronosticando l’annientamento della Russia e la partita finale con la Cina.
Nella guerra del Golfo padre Balducci aveva visto «la fine dell’età moderna cominciata cinquecento anni fa col genocidio degli Indios nel lontano Occidente»; nella guerra che ha Putin come aggressore, Biden come burrattinaio, Stoltenberg come Stranamore e Zelensky come suo improbabile eroe si rischia, con la guerra mondiale, la fine di ogni età del mondo.
Chissà come avrebbe reagito oggi la profezia di padre Balducci, chissà come sarebbe stato capace di riaccendere le perdute speranze.
Ma una cosa almeno gli è stata risparmiata, come a noi non è stato dato: il dolore di vedere suoi fratelli di fede, teologi, editori, giornalisti, licenziare il Gesù della fede e archiviare il Dio della grazia in cui egli aveva creduto, a cui aveva consacrato tutta la vita e a cui aveva affidato la garanzia e la legittimazione di ogni sua parola e di ogni suo atto; non ha assistito alla commemorazione di Dio come il Dio del passato, il Dio dell’infanzia inconsapevole dell’uomo, il Dio delle favole e dei miti, il Dio personale che il post-teismo, al contempo cristiano ed ateo, consegna allo smaltimento della storia.
Raniero La Valle
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Documentazione
Il sito web della Fondazione Balducci.
Assisi Dell’Olio rieletto Presidente
Assisi
Tonio Dell’Olio riconfermato Presidente della Pro Civitate Christiana.
Durante l’Assemblea generale di luglio è stato riconfermato Tonio Dell’Olio (nella foto) alla guida della Pro Civitate Christiana (Pcc). Una rielezione accolta con profonda gratitudine, che mantiene viva la missione evangelizzatrice della Pcc, volta ad annunciare e testimoniare il Regno di Dio nella Storia, in dialogo con le varie componenti della cultura e della vita sociale, con particolare riferimento agli ambienti più lontani dalla fede. Don Tonio incarna pienamente l’ideale dell’Associazione, per il suo impegno infaticabile a difesa dei diritti umani e della pace, la cura appassionata delle relazioni umane condivisa attraverso il dialogo e l’azione nonviolenta. Dalla fede salda negli ideali di giustizia e fratellanza del rieletto presidente la Pcc trae nuova forza per proseguire nel cammino.
[da Rocca n.15/2022]
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Carissimo Tonino,
Felicitazioni e Auguri di buon lavoro a te a a tutti gli amici volontari della “Pro Civitate Christiana di Assisi”, della quale sentiamo fraterna appartenenza, dagli “Amici sardi della Cittadella di Assisi” e dal direttore, redattori e collaboratori di Aladinpensiero online!
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Oggi lunedì 18 luglio 2022
Opinioni, Commenti e Riflessioni————————————-
Conte mette in discussione il partito unico. Per questo tutti lo attaccano
18 Luglio 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Il pensiero unico, la pervasività della informazione come propaganda con tante voci apparentemente diverse, ma monocordi si manifesta in queste ore contro chi osa staccarsi dal coro, sulla guerra in Ucraina e ora sulla crisi di governo. Nel caso presente il bersaglio è Giuseppe Conte. Si avverte – lo ha messo in luce il […]
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Che succede?
“LA CRISI E’ UN SUICIDIO”
17 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
[segue]
Oggi domenica 17 luglio 2022
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Carbonia. I 72 giorni. Dicono i testimoni Vincenzo Cutaia, Giuseppe Atzori, Vittorio Lai, Aldo Lai. Quel movimento aveva dimostrato importanti capacità organizzative e di resistenza e profondo senso di unità e solidarietà. Ma troppo forte la repressione, chiusi gli operai nel muro di poliziotti, manganellate, uso di idranti e bastonature, dopo lo scioglimento di comizi e manifestazioni “al terzo squillo di tromba”.
17 Luglio 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi
Oggi, domenica, proseguiamo la storia di Carbonia dal 1° settmbre 2019.
Dicono dei 72 giorni Vincenzo Cutaia e Giuseppe Atzori, allora minatori a Schisorgiu, attivisti sindacali iscritti al Pci e membri di Commissione interna e, nel tempo dell’intervista, anno 1988, dirigenti dei pensionati Cgil presso la Camera del Lavoro di Carbonia: quel movimento aveva […]
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