Monthly Archives: aprile 2022
Marcia Straordinaria PerugiAssisi della Pace e della Fraternità
Oggi lunedì 11 aprile 2022
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La Costituzione e l’invio di armi
11 Aprile 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
C’è un’istintiva propensione ad aiutare anche con le armi chi è aggredito. Risponde ad un pensiero elementare soccorrere chi appare più debole di fronte all’aggressività del più forte. Si comprende quindi umanamente chi cerca di far ammettere dalla nostra Carta costituzionale la facoltà di invio di armi in Ucraina. Ma il diritto è un’altra […]
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Il giorno della vergogna
11 Aprile 2022
Dal Coordinamento per la democrazia costituzionale riceviamo e volentieri pubblichiamo.
“Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo s’incomincia […]
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La nonviolenza è la vera alternativa alla guerra
La nonviolenza come equivalente morale della guerra: la “nonmenzogna” sull’insegnamento di Aldo Capitini
09.04.22 – Pasquale Pugliese su Pressenza
Fermare la guerra oggi per abolirla domani
Fermare la guerra oggi per abolirla domani
di Fulvio De Giorgi
8 Aprile 2022 by c3dem_admin | su C3dem.
D’intesa con l’autore e con la direzione di “Appunti di cultura e politica”, rivista edita dall’associazione Città dell’uomo, anticipiamo questa riflessione sul drammatico problema della guerra in Ucraina. Il testo uscirà in seguito come editoriale del fascicolo n. 2/2022 della rivista.
Si tratta di un testo che merita di essere discusso per la ricchezza dei riferimenti, dell’argomentazione e del pathos che lo pervade (di schietta tensione cristiana). La tesi che sostiene è, insieme, impolitica e densa di una politicità tutta da pensare e da costruire
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Oggi domenica 10 aprile 2022
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Carbonia. Dopo il fermo di Velio Spano, il questore vieta i comizi in piazza. “Carbonia, da città caserma a roccaforte del proletariato isolano e della democrazia”: l’estate del ‘48 stretta fra licenziamenti e violenze poliziesche
10 Aprile 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Oggi domenica un altro pezzo della storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.
Riunione dei rappresentanti comunisti, socialisti, del Partito Sardo d’azione Socialista, dell’UDI, della Lega dei contadini, dell’Associazione dei Partigiani, del Consiglio di gestione e delle Commissioni interne, che esprimono solidarietà a Velio Spano, denunciando come grave violazione della Carta costituzionale il […]
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Decimomannu migliaia in marcia per la pace in Ucraina
9 Aprile 2022
Red di e su Democraziaoggi
Manifestanti decisamente fuori dal coro: “Di fronte al perdurare della guerra e all’attuale clima di grave tensione internazionale esprimiamo la nostra contrarietà assoluta alle operazioni belliche e all’uso delle armi fra i popoli e chiediamo l’immediata cessazione dei bombardamenti”.
Corteo macifista e pacifico, con tanti cartelli, striscioni, slogans e cori, infondati i […]
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Pace in Ucraina e nel Mondo
Addio a Giampaolo Loddo
Pace vo cercando…
UE sempre più schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?
9 Aprile 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Chi non sente un impulso istintivo a far qualcosa di fronte agli esiti tragici della guerra in Ucraina? Chi non s’indigna di fronte ai massacri quotidiani? Certo la Von der Leyen è stata mossa da questi sentimenti quando ha deciso di recarsi a Kiev, ma questo schierarsi della UE con l’Ucraina aiuta la pace? Chi lavora a una vittoria di Zelensky su Putin lo pensa e plaude. E tuttavia si può pensare che se la Von der Leyen fosse andata anche a Mosca a proporsi come mediatrice fra le parti, avrebbe aiutato di più, anzitutto l’Ucraina e la pace?
E’ tutta la politica della UE ad essere debole sia nei rapporti con gli Usa sia in quelli con la Russia e l’Ucraina. Non riesce a convincere quest’ultima a entrare nella UE e non nella Nato, e non riesce a convincere Zelensky che per il Donbass e dintorni ci vuole uno statuto speciale di autonomia garantito da un trattato internazionale.
Accantonata quests prospettiva, tutto precipita ed oggi addirittura si parla con disinvoltura di una possibilità di guerra atomica, della quale fino a poco tempo fa era vietato persino il pensiero. Una deriva folle, come dice Francesco.
L’Italia in questo contesto è una misera comparsa. Si accoda al diktat dell’invio di armi, anzichè buttare sul tavolo la linea della trattativa. Trattativa con al primo posto il ritiro della Russia dall’Ucraina, dando a quell’area un assetto stabile e condiviso, garantito dalle organizzazioni internazionali.
Questa è una resa o una ragionevole difesa del popolo ucraino oggi sotto tiro?
Finora la linea muscolare ha prodotto morti e stragi e ne procurerà altre anche peggiori; perchè non provare la linea del confronto? L’UE perché non lancia l’idea di una grande conferenza di pace? E lavora con tenacia per farla? Perché invece impegna le sue energie per elaborare sanzioni complicate che, in fondo, puniscono noi stessi e affamano le nostre fasce sociali più deboli? Che senso ha privarsi del gas russo che arricchisce anche noi e la stessa Ucraina? Messe in ginocchio le imprese e ridotte alla fame le masse popolari che sorte avrà il nostro Paese e come finiranno i governi europei? Si vedono crescere, perfino in Francia, pericolosi umori elettorali di destra. Biden rilancia l’invio massiccio di armi. Aiuta la pace? Vogliamo seguire questa linea? Con quale utilità?
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Serve strategia Ue. Più spese militari senza bussola non sono priorità né sono capite
Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi.
sabato 9 aprile 2022 su Avvenire
Gentile direttore,
la discussione attorno all’aumento del budget militare del 2% del Pil, depotenziata dalla scelta di giungere a tale obiettivo nel 2028, lascia perplessi da molti punti di vista. Si è da tempo aperto un dibattito sul sistema di difesa europeo. Romano Prodi ha giustamente affermato che «questi aumenti di spesa si debbono fare quando si ha una politica estera comune della Ue». Occorrerebbe perciò un’accelerazione, ora assente, dell’unità politica dell’Unione. Per di più gli armamenti nazionali oggi non sono reciprocamente congruenti. In altre parole ciascun esercito ha un armamento diverso dall’altro. Al fine della creazione di una difesa comune – che sia davvero ‘difesa’, e non strumento di avventure africane o mediorientali – non serve, anzi, è dannoso il fai-da-te. Si spenderebbe di più, mentre occorre spendere meglio. Aggiungo che una corsa agli armamenti nazionali stimolerebbe la mai sopita bestia del nazionalismo che, come dimostra proprio la crisi ucraina, è di per sé portatore di venti di guerra.
C’è inoltre un grande rimosso in questo dibattito, e cioè la presenza nel nostro Paese di un incredibile numero di basi militari Usa e Nato. La prima cosa da fare sarebbe predisporre una maggiore trasparenza di questo ginepraio in grandissima parte secretato da tempo immemorabile e riguardante basi in altrettanto grandissima parte soggette a extraterritorialità. Perché non mettiamo il valore di tutto ciò in conto al mitico 2% di cui si parla?
Non solo: la presenza di testate nucleari in tante di queste basi, a cominciare da Aviano in Friuli, fa del nostro Paese una testa di ponte avanzata della Nato, e perciò nella stessa misura lo destina a essere il primo potenziale bersaglio di un conflitto su larga scala. Ed è altrettanto evidente che tanto più andrà avanti la logica degli armamenti nazionali e del rafforzamento della Nato, tanto meno si potrà ragionevolmente operare per un autonomo sistema di difesa europeo. Diciamo la verità: il comando effettivo della Nato non risiede a Bruxelles, ma a Washington. Questo crea una dipendenza non necessaria a fronte di una forza di difesa europea autonoma, reale e non simbolica, a garanzia della sicurezza del continente. Alleanza non può voler dire subalternità.
È una riduzione del danno aver rinviato al 2028 la data di completamento del 2%, ma non basta: sarebbe opportuno che qualsiasi discussione relativa all’aumento del budget militare sia connessa a una chiara strategia, che oggi non si vede, e anche alla pragmatica presa d’atto per cui l’Italia è già adesso una gigantesca base militare e un’altrettanta gigantesca santabarbara nucleare, le cui chiavi non sono necessariamente nelle mani del nostro Paese.
Insomma, qualsiasi riflessione sul ‘militare’ deve partire dal principio costituzionale del ripudio della guerra e della esclusiva difesa dei confini, e dall’idea che missione essenziale della Ue è quella di promuovere una nuova coesistenza pacifica.
Qui va colto uno straordinario differenziale tra le decisioni del governo Draghi e la maggior parte dell’opinione pubblica. Tutti i sondaggi attestano che, ferma rimando la condanna generalizzata dell’invasione militare russa, la maggioranza degli intervistati era contraria all’invio di armi in Ucraina ed è contraria all’aumento delle spese militari. Questi dati, pervicacemente ignorati o sminuiti da troppi, segnalano una pericolosa scollatura fra società politica e società civile che forse è una delle radici dell’imbarbarimento in una deriva binaria (amico-nemico) bellicista del dibattito pubblico.
Colgo infine una pesantissima sottovalutazione dell’emergenza sociale che ci aspetta che richiederà misure straordinarie contro la povertà e la disoccupazione e per un nuovo welfare. Infatti, all’impennata dell’inflazione che ha raggiunto a marzo il 6,7% si aggiunge la previsione di un vero e proprio crollo del Pil atteso, alla luce degli effetti indotti dalle sanzioni alla Russia. Non è pensabile qualsiasi incremento di spesa senza considerare la drammatica crisi che ci aspetta. Certo, c’è il Pnrr. Ma quanto sarà in grado di risolvere la futura emergenza causata dalla guerra in corso?
Comitato Nazionale Anpi
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INFELICE TRAGUARDO
6 APRILE 2022 / COSTITUENTE TERRA / DISIMPARARE L’ARTE DELLA GUERRA /
La decisione di incrementare le spese militari fino al 2% del PIL non è un vincolo imposto da trattati internazionali. È una scelta di obbedienza atlantica. Come al solito, sovranità limitata
Domenico Gallo
«Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!».
I versi del canto VI del Purgatorio di Dante Alighieri sono il commento più adeguato alla decisione di incrementare ulteriormente le spese militari fino a portarle al 2% del PIL (3,5% del bilancio dello Stato), preannunciata dal presidente del consiglio Draghi il 1° marzo e approvata dalla Camera con un ordine del giorno votato a stragrande maggioranza. Non è un impegno da poco, si tratta di passare dai circa 25 miliardi l’anno attuali (68 milioni al giorno) ad almeno 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno). Aumentare di 13 miliardi all’anno le spese per l’acquisto di armamenti (li chiamano investimenti per la difesa) quando è già stato previsto un taglio di sei miliardi di euro per la spesa sanitaria per gli anni 2023 e 2024, non è il modo migliore per tutelare gli interessi del popolo italiano, eppure i principali mass media hanno fatto a gara nel censurare Conte che si opponeva a una scelta così deleteria. D’altro canto Draghi è stato irremovibile e si è rischiata una crisi di governo fino a quando non è stato trovato il compromesso di spostare al 2028 il raggiungimento di questo infelice traguardo.
La tesi di fondo avanzata dal coro degli atlantisti è che l’Italia deve rispettare gli obblighi assunti in sede NATO, in particolare nel vertice dei capi di Stato e di governo, svoltosi il 4-5 settembre 2014 nel Galles in cui fu concordato che i Paesi europei avrebbero dovuto aumentare la spesa militare con l’obiettivo di portarla al 2% del PIL entro il 2024. Su questo punto occorre fare chiarezza. A norma dell’art. 117 della Costituzione: «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento e dagli obblighi internazionali». I vincoli che il legislatore deve rispettare sono quelli che derivano dal diritto internazionale consuetudinario e quelli che derivano del diritto internazionale pattizio, cioè dai trattati internazionali. Le dichiarazioni d’intenti espresse nei vertici NATO, ovviamente non rientrano nel diritto internazionale generale, né sono dei trattati internazionali. Qualora – in via d’ipotesi ‒ in sede NATO fosse stato firmato un trattato internazionale con l’impegno ad effettuare determinati “investimenti” nella difesa, questo trattato, prevedendo oneri alle finanze, avrebbe dovuto essere sottoposto all’approvazione da parte del Parlamento, con legge di autorizzazione alla ratifica, ai sensi dell’art. 80 della Costituzione. Naturalmente in sede di ratifica il Parlamento sarebbe stato libero di dire no. Il fatto che Renzi abbia promesso a Obama nel 2014 di raddoppiare le spese militari è un evento politico che non può in alcun modo pregiudicare la libertà del Parlamento di allocare le risorse del bilancio pubblico, se l’Italia è ancora uno Stato sovrano. Ma il punto è proprio questo: la sovranità.
Nell’agosto del 1968 il Segretario del PCUS, Leonid Breznev, giustificò l’invasione della Cecoslovacchia enunciando la dottrina della “sovranità limitata” dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia. Nell’ambito della NATO la dottrina della sovranità limitata non è stata mai enunciata, nondimeno è stata praticata in forma occulta ma efficace. Quando in Italia si profilava un cambiamento politico rispetto agli assi tradizionali della guerra fredda, il segretario della DC Aldo Moro, nel corso del suo viaggio negli USA, il 25 settembre del 1974, ricevette una esplicita minaccia di morte da parte di Henry Kissinger, personaggio non aduso a parlare a vanvera. Dalla morte di Moro in poi, l’Italia adempie agli “obblighi” dell’Alleanza atlantica, senza discutere, sia che si tratti di collaborare alle extraordinary renditions (sequestri di persone, vedi vicenda Abu Omar), sia che si tratti di partecipare a delle manovre militari nei Paesi baltici o nel Mar Nero, sia che si tratti di inviare armi letali all’Ucraina, sia che si tratti di raddoppiare le spese militari, malgrado il disastro economico-finanziario provocato dalla pandemia. Poiché l’epoca della costrizione violenta attraverso la strategia della tensione è terminata con la fine della prima guerra fredda, tutto questo atlantismo d’assalto dei vertici istituzionali e dei leader politici non può trovare altra spiegazione che in una libidine di servilismo, l’antica vocazione al servaggio di cui parla Dante.
Del resto non può essere un caso che l’Italia, qualunque sia il governo in carica, in sede di Consiglio atlantico non abbia mai detto no, sappia solo dire sempre e soltanto sì, anzi: signorsì. All’obbedienza atlantica noi preferiamo l’obbedienza alla coscienza, che è illuminata dalle parole di papa Francesco che ha dichiarato: «Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali».
Domenico Gallo
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Oggi sabato 9 aprile 2022 – Verso la Giornata dell’Europa (9 maggio), ma di quale Europa?
Verso la Giornata dell’Europa (sabato 9 maggio 2022), ma di quale Europa?
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UE sempre più schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?
9 Aprile 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Chi non sente un impulso istintivo a far qualcosa di fronte agli esiti tragici della guerra in Ucraina? Chi non s’indigna di fronte ai massacri quotidiani? Certo la Von der Leyen è stata mossa da questi sentimenti quando ha deciso di recarsi a Kiev, ma questo schierarsi della UE con l’Ucraina aiuta la pace? […]
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Amica Ucraina, sed magis amica veritas
9 Aprile 2022
Mario Dogliani su Democraziaoggi
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Serve strategia Ue. Più spese militari senza bussola non sono priorità né sono capite
Più spese militari senza bussola non sono priorità né sono capite
Gianfranco Pagliarulo, presidente Anpi.
Su Avvenire, sabato 9 aprile 2022
Oggi venerdì 8 aprile 2022
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Le città contrappeso alle Regioni
8 Aprile 2022
Massimo Villone su Democraziaoggi.
Ampiamente positivi i commenti al Patto per Napoli siglato dal presidente del consiglio Draghi e dal sindaco Manfredi. Su queste pagine, Ottavio Ragone e Luca Bianchi, direttore generale Svimez, segnalano entrambi l’avvio di una fase nuova. Certo, si potranno superare le teatralità care al sindaco De Magistris. C’è spazio, e molto, per schiodare la […]
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Ripudio della guerra e Costituzione
Caffè politico, venerdì 8 aprile ore 18.00, via Piceno 5 , Cagliari, con il costituzionalista Umberto Allegretti. Condurrà la discussione Rosamaria Maggio, docente di discipline giuridiche.
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Pace enon violenza
L’UMANITÀ NASCERÀ ALLA VITA
6 APRILE 2022 / COSTITUENTE TERRA / LA CONVERSIONE DEL PENSIERO /
Bisogna disarmare l’odio, gli eserciti non salvano. Ai sapientoni analfabeti: andate in biblioteca, ascoltate un maestro, imparate una storia
Enrico Peyretti
Tutte le guerre le abbiamo sofferte, a cominciare da quella che spaventava noi bambini, anche se di lì a poco giocavamo senza pensarci più. Potevamo poi giocare, perché in noi la vita cresceva, e perché, nel nostro caso, la guerra non aveva ucciso persone vicine, non aveva colpito casa nostra e le case vicine. Ma abbiamo visto i morti uccisi, visti vivi poco prima. Abbiamo sentito piangere le vedove degli uomini usati e venduti alla morte dai governi. Abbiamo visto le armi – cioè la morte – nelle mani e sulle braccia degli uomini, e anche di qualche donna, come si abbraccia un amore: ma era odio, era morte da infliggere ad altri, perciò (quelli non lo sapevano) anche a se stessi. Erano i nazisti, i fascisti, ed erano i partigiani: obiettivi totalmente opposti, ingiusti gli uni, giusti gli altri, ma uguale dipendenza nel contendersi la morte: più morte a te, meno a me. Tutti prigionieri. Oggi noi sappiamo più di tutti loro. Abbiamo sapienza dolorosa.
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Quel che ti accade, che vedi e vivi, lo capisci sempre dopo, sempre di più. Quella, e tutte le altre guerre, le abbiamo sofferte, ma questa, ora, più vicina nel tempo e nello spazio (ci sentiamo in colpa verso le vittime meno vicine), ci offende di più. Vedo che accade a molti.
Mi offende di più, questa guerra, anche grazie alla fragilità della vecchiaia, che è sensibilità, pelle nuda, equilibrio instabile, interiorizzazione di tutto il bene e di tutto il male. Sapienza dolorosa. E bisogna vivere tutta l’offesa e tutto il dolore, non diminuirli, non sottrarsi, non distrarsi. Come Rachele, che non vuole essere consolata, quel giorno di Erode. E’ l’unico modo, per noi, di essere vicini alle vittime, di cominciare a riscattarle. Solo l’estinzione totale e universale della guerra riscatta le vittime, e noi partecipi.
Prima di ciò, non vogliamo consolazione. Amici, persone vicine, cercano di distrarci: c’è anche altro, c’è da vivere. Sicuro. Ma non vogliamo sottrarci alla partecipazione. E la nostra partecipazione, dopo che la guerra è cresciuta fino a diventare totale, è nulla di meno della estinzione totale e universale della guerra.
Non c’è bisogno di ricordarci che la guerra nasce nei cuori e nelle menti: chi non lo sa? chi ne è tutto puro? Ma le menti e i cuori hanno modi loro per combattere nel loro interno, per purificarsi dalla morte. Occorre che le mani umane, le politiche, le tecniche, le economie, le mitologie delle fazioni umane, siano private dello strumento armato, e che il pensiero di odio, gli opposti pensieri di odio, si trovino disarmati, debbano solo confessare l’uno all’altro la vergogna di sezionare la vita.
Vincere l’odio, rinnegarlo, ma per prima cosa disarmarlo. Il disarmo universale non è un punto di arrivo, ma il punto di partenza della politica intelligente, onesta, coraggiosa. Anche il disarmo unilaterale, per primi, osando il vero coraggio. Solo il disarmo è razionale, vitale, sicuro. La pace armata è già guerra.
E’ umiliante, per chi da sempre pensa le vie concrete della pace, vedere l’ignoranza colossale della politica corrente, che non sa nulla della vita, e sa tutto di come prendere un potere mortale sulla vita. La grande storia è il fallimento della storia vera, umana.
E ti chiedono, e lo scrivono sui giornaloni e sugli schermi che invadono le case, come fossero il piatto della cena sulla tavola: “ma allora come fareste? cos’è la difesa nonviolenta?”. Abbiamo biblioteche di storia, abbiamo memorie di esperienze vissute da persone semplicemente umane, che hanno difeso la vita ripudiando le armi: le armi che la vita la distruggono e non la difendono. Ma nessuno dei sapientoni della politica piatta, quella del potere, ha mai letto una pagina, ascoltato un maestro, imparato una storia, ascoltato un operatore, della forza della vita, cioè della nonviolenza. Sono rimasti analfabeti ottusi, credono che sia debolezza e resa, e credono che gli eserciti salvino. Vorrei non passare agli insulti verso l’ignoranza volontaria, ma devo affermare che è ignoranza volontaria. Non si impara quel che non si cerca. La politica corrente non cerca la pace. Al massimo la contratta: quanto ci guadagno?
Vergogna e dolore di tanti, ma non tutti si vergognano. Come l’antica Rachele, noi non vogliamo consolazione. Il dolore è fecondo, come nel parto. L’umanità nascerà alla vita, che finora i potenti armati impediscono. Purché non arrivino prima loro a imporre la distruzione nucleare, che hanno preparato in enorme abbondanza. Tutti i potenti, senza differenze. Ma nel diluvio ci sarà un’arca, se la costruiamo.
La pace, la vita, o è disarmata, di ogni tipo di armi, o non c’è.
Enrico Peyretti
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