Monthly Archives: gennaio 2022
Che succederà?
2022. LE SFIDE PROSSIME VENTURE
3 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Che succede?
LA PACE PER FRANCESCO. 2022: DUE SFIDE PER STATO E CHIESA
3 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem
Lunedì 3 dicembre 2022
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Pina Brizzi ci ha lasciato
3 Gennaio 2022 su Democraziaoggi.
Pina, comunista, staffetta partigiana, ci ha lasciato il 30 dicembre, dopo una lunga vita dedicata interamente alla lotta per la democrazia e l’uguaglianza. Vogliamo ricordarla in modo semplice, come lei era, richiamando un momento del suo instancabile impegno civile e politico: un incontro coi giovani studenti del Martini di Cagliari, organizzato dall’ANPI.
Pina Brizzi, una staffetta […]
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2022
Il Presidente che verrà
di Domenico Gallo
Il Presidente della Repubblica ha dei poteri di impulso e di interdizione volti ad assicurare che l’operato del Parlamento e del Governo, pur nell’insindacabilità delle scelte politiche, non esca fuori dai binari tracciati dalla Costituzione a garanzia dell’equilibrio dei poteri e della tutela dei diritti inviolabili.
D. Gallo 31 dic. 2021
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L’anno vecchio è finito, ormai / ma qualcosa ancora qui non va. Ogni volta a capodanno ritornano d’attualità i versi dell’Anno che verrà, ma è sempre più difficile nutrire la speranza che ci sarà la trasformazione annunciata da Lucio Dalla. Non solo perché non sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno e i preti non potranno sposarsi, neanche a una certa età, ma soprattutto perché il ritorno della pandemia, malgrado i vaccini, con numeri mai visti, ci annuncia che l’emergenza sanitaria non è mai passata e con essa, a cascata, tutti gli altri problemi economici e sociali.
In questo contesto massima è l’incertezza politica per la difficoltà dei nodi da sciogliere. Il primo problema che si affaccia sulla scena politica con l’anno nuovo è l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. La scelta del Presidente che verrà agita il mondo politico e sta mandando in fibrillazione i media.
Nel passato questa scelta non è stata mai discussa in un franco dibattito pubblico, anzi è stata oggetto di conciliaboli riservati fino all’assurdo che l’assemblea dei grandi elettori del Partito Democratico il 19 aprile 2013 deliberò all’unanimità di votare per Romano Prodi e poi, nel segreto dell’urna, 101 parlamentari votarono contro affossandone la candidatura.
Prima di appassionarsi al totonomi, bisogna capire qual è il profilo del Presidente della Repubblica prefigurato dalla Costituzione. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (art. 87 Cost.).
Si badi bene, il Presidente della Repubblica non rappresenta il popolo. Il popolo non può essere rappresentato da un solo uomo. Nel popolo sono presenti diversi orientamenti politico-culturali, interessi differenziati e contrastanti fra i diversi gruppi sociali, per questo la rappresentanza la esercitano solo le Assemblee elettive (Camera e Senato) nella quali confluisce il pluralismo del corpo elettorale.
Per questo la proposta di elezione diretta del capo dello Stato nel nostro ordinamento sarebbe un non-senso, in quanto il Presidente eletto rappresenterebbe alcune delle esigenze politiche presenti nel paese ma non l’unità nazionale.
Un Presidente eletto dal Parlamento a maggioranza è frutto, pur sempre, di intese politiche che non possono soddisfare tutti, ma la Costituzione ha previsto un accorgimento per evitare che il Presidente della Repubblica possa restare schiacciato sulla maggioranza che l’ha eletto: la durata del mandato presidenziale (sette anni) che non coincide con la durata della Camere che lo hanno eletto (cinque anni).
Questa situazione dà aggio al Presidente della Repubblica di esercitare la sua funzione di garanzia con maggiore libertà e incisività. La missione che la Costituzione gli affida è quella di supremo garante della Costituzione nei confronti dell’esercizio del potere legislativo e di governo. In particolare il capo dello Stato ha dei poteri di impulso e di interdizione volti ad assicurare che l’operato del Parlamento e del Governo, pur nell’insindacabilità delle scelte politiche, non esca fuori dai binari tracciati dalla Costituzione a garanzia dell’equilibrio dei poteri e della tutela dei diritti inviolabili.
Per questo il Presidente deve essere un “patriota”, ma non nel senso con cui la destra usa questa parola. La Patria del popolo italiano costituito in comunità politica è la Costituzione. Il Presidente della Repubblica sarà un patriota nella misura in cui veglierà sul rispetto della Costituzione a fronte dei possibili abusi della coppia Governo-maggioranza parlamentare.
Il ruolo del Presidente della Repubblica, che non è mai stato solo notarile, cresce nei tempi di crisi. Basti pensare al potere di emanare i decreti aventi valore di legge. Il Presidente può e deve bloccare quei decreti legge che appaiono macroscopicamente in contrasto con la Costituzione, come fece il Presidente Napolitano che rifiutò di emanare il c.d. decreto legge “Englaro” deliberato il 6 febbraio 2009 dal Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi 2, che strumentalizzava la vicenda della povera Eluana Englaro, stracciando una sentenza della Cassazione e condannando i morenti a subire la tortura di trattamenti sanitari irrinunciabili. Nell’occasione il Presidente della Repubblica fu sottoposto ad un ricatto morale di una violenza inaudita: o firmi o sei un assassino!
In tempi più recenti il Presidente Mattarella non ha rifiutato di emanare i discussi decreti sicurezza Salvini, ma ha fatto trapelare il suo disappunto, riguardo al primo decreto, con una lettera al Presidente del Consiglio Conte, in cui osservava che “restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato” e, riguardo al secondo decreto, con una lettera inviata ai Presidente della due Camere con la quale ribadiva che “resta l’obbligo di salvare le persone in mare”, cioè proprio quello che il decreto voleva impedire.
I Presidenti che si sono succeduti nel tempo hanno interpretato in vario modo e con diversa intensità il ruolo che la Costituzione ha assegnato alla suprema magistratura dello Stato.
Il prossimo Presidente noi vorremmo che fosse davvero un “patriota” della Costituzione, perché verranno tempi duri e sul Presidente della Repubblica ricadrà una grande responsabilità.
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Messaggio di fine anno del Presidente Mattarella
Care concittadine, cari concittadini,
ho sempre vissuto questo tradizionale appuntamento di fine anno con molto coinvolgimento e anche con un po’ di emozione.
Oggi questi sentimenti sono accresciuti dal fatto che, tra pochi giorni,come dispone la Costituzione, si concluderà il mio ruolo di Presidente.
L’augurio che sento di rivolgervi si fa, quindi, più intenso perché,alla necessità di guardare insieme con fiducia e speranza al nuovo anno, si aggiunge il bisogno di esprimere il mio grazie a ciascuno di voi per aver mostrato, a più riprese, il volto autentico dell’Italia: quello laborioso, creativo, solidale.
Sono stati sette anni impegnativi, complessi, densi di emozioni: mi tornano in mente i momenti più felici ma anche i giorni drammatici, quelli in cui sembravano prevalere le difficoltà e le sofferenze.
Ho percepito accanto a me l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede, e affianca, le molteplici differenze di idee e di interessi.
In questi giorni ho ripercorso nel pensiero quello che insieme abbiamo vissuto in questi ultimi due anni: il tempo della pandemia che ha sconvolto il mondo e le nostre vite.
Ci stringiamo ancora una volta attorno alle famiglie delle tante vittime: il loro lutto è stato, ed è, il lutto di tutta Italia.
Dobbiamo ricordare, come patrimonio inestimabile di umanità,l’abnegazione dei medici, dei sanitari, dei volontari. Di chi si è impegnato per contrastare il virus. Di chi ha continuato a svolgere i suoi compitinonostante il pericolo.
I meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi: la quasi totalitàdegli italiani, che voglio, ancora una volta, ringraziare per la maturità e per il senso di responsabilità dimostrati.
In queste ore in cui i contagi tornano a preoccupare e i livelli di guardia si alzano a causa delle varianti del virus – imprevedibili nelle mutevoli configurazioni – si avverte talvolta un senso di frustrazione.
Non dobbiamo scoraggiarci. Si è fatto molto.
I vaccini sono stati, e sono, uno strumento prezioso, non perché garantiscano l’invulnerabilità ma perché rappresentano la difesa checonsente di ridurre in misura decisiva danni e rischi, per sé e per gli altri.
Ricordo la sensazione di impotenza e di disperazione che respiravamo nei primi mesi della pandemia di fronte alle scene drammatiche delle vittime del virus. Alle bare trasportate dai mezzi militari. Al lungo, necessario confinamento di tutti in casa. Alle scuole, agli uffici, ai negozi chiusi. Agli ospedali al collasso.
Cosa avremmo dato, in quei giorni, per avere il vaccino?
La ricerca e la scienza ci hanno consegnato, molto prima di quanto si potesse sperare, questa opportunità. Sprecarla è anche un’offesa a chi non l’ha avuta e a chi non riesce oggi ad averla.
I vaccini hanno salvato tante migliaia di vite, hanno ridotto di molto– ripeto – la pericolosità della malattia.
Basta pensare a come l’anno passato abbiamo trascorso le festività natalizie e come invece è stato possibile farlo in questi giorni, sia pure con prudenza e limitazioni.
La pandemia ha inferto ferite profonde: sociali, economiche, morali. Ha provocato disagi per i giovani, solitudine per gli anziani, sofferenze per le persone con disabilità. La crisi su scala globale ha causato povertà,esclusioni e perdite di lavoro. Sovente chi già era svantaggiato è stato costretto a patire ulteriori duri contraccolpi.
Eppure ci siamo rialzati. Grazie al comportamento responsabile degli italiani – anche se tra perduranti difficoltà che richiedono di mantenere adeguati livelli di sicurezza – ci siamo avviati sulla strada della ripartenza;con politiche di sostegno a chi era stato colpito dalla frenata dell’economia e della società e grazie al quadro di fiducia suscitato dai nuovi strumenti europei.
Una risposta solidale, all’altezza della gravità della situazione, che l’Europa è stata capace di dare e a cui l’Italia ha fornito un contributo decisivo.
Abbiamo anche trovato dentro di noi le risorse per reagire, per ricostruire. Questo cammino è iniziato. Sarà ancora lungo e non privo di difficoltà. Ma le condizioni economiche del Paese hanno visto un recupero oltre le aspettative e le speranze di un anno addietro. Un recupero che è stato accompagnato da una ripresa della vita sociale.
Nel corso di questi anni la nostra Italia ha vissuto e subito altre gravi sofferenze. La minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamista, che ha dolorosamente mietuto molte vittime tra i nostri connazionali all’estero. I gravi disastri per responsabilità umane, i terremoti, le alluvioni. I caduti, militari e civili, per il dovere. I tanti morti sul lavoro.Le donne vittime di violenza.
Anche nei momenti più bui, non mi sono mai sentito solo e ho cercato di trasmettere un sentimento di fiducia e di gratitudine a chi era in prima linea. Ai sindaci e alle loro comunità. Ai presidenti di Regione, a quanti hanno incessantemente lavorato nei territori, accanto alle persone.
Il volto reale di una Repubblica unita e solidale.
È il patriottismo concretamente espresso nella vita della Repubblica.
La Costituzione affida al Capo dello Stato il compito di rappresentare l’unità nazionale.
Questo compito – che ho cercato di assolvere con impegno – è stato facilitato dalla coscienza del legame, essenziale in democrazia, che esiste tra istituzioni e società; e che la nostra Costituzione disegna in modo così puntuale.
Questo legame va continuamente rinsaldato dall’azione responsabile,dalla lealtà di chi si trova a svolgere pro-tempore un incarico pubblico, a tutti i livelli. Ma non potrebbe resistere senza il sostegno proveniente dai cittadini.
Spesso le cronache si incentrano sui punti di tensione e sulle fratture. Che esistono e non vanno nascoste. Ma soprattutto nei momenti di grave difficoltà nazionale emerge l’attitudine del nostro popolo a preservare la coesione del Paese, a sentirsi partecipe del medesimo destino.
Unità istituzionale e unità morale sono le due espressioni di quel che ci tiene insieme. Di ciò su cui si fonda la Repubblica.
Credo che ciascun Presidente della Repubblica, all’atto della sua elezione, avverta due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno. E poi salvaguardare ruolo,poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore.
Non tocca a me dire se e quanto sia riuscito ad adempiere a questo dovere. Quel che desidero dirvi è che mi sono adoperato, in ogni circostanza, per svolgere il mio compito nel rispetto rigoroso del dettato costituzionale.
È la Costituzione il fondamento, saldo e vigoroso, della unità nazionale. Lo sono i suoi principi e i suoi valori che vanno vissuti dagli attori politici e sociali e da tutti i cittadini.
E a questo riguardo, anche in questa occasione, sento di dover esprimere riconoscenza per la leale collaborazione con le altre istituzioni della Repubblica.
Innanzitutto con il Parlamento, che esprime la sovranità popolare.
Nello stesso modo rivolgo un pensiero riconoscente ai Presidenti del Consiglio e ai Governi che si sono succeduti in questi anni.
La governabilità che le istituzioni hanno contribuito a realizzare hapermesso al Paese, soprattutto in alcuni passaggi particolarmente difficili e impegnativi, di evitare pericolosi salti nel buio.
Ci troviamo dentro processi di cambiamento che si fanno sempre più accelerati.
Occorre naturalmente il coraggio di guardare la realtà senza filtri di comodo. Alle antiche diseguaglianze la stagione della pandemia ne ha aggiunte di nuove. Le dinamiche spontanee dei mercati talvolta produconosquilibri o addirittura ingiustizie che vanno corrette anche al fine di un maggiore e migliore sviluppo economico. Una ancora troppo diffusa precarietà sta scoraggiando i giovani nel costruire famiglia e futuro. La forte diminuzione delle nascite rappresenta oggi uno degli aspetti più preoccupanti della nostra società.
Le transizioni ecologica e digitale sono necessità ineludibili, e possono diventare anche un’occasione per migliorare il nostro modello sociale.
L’Italia dispone delle risorse necessarie per affrontare le sfide dei tempi nuovi.
Pensando al futuro della nostra società, mi torna alla mente lo sguardo di tanti giovani che ho incontrato in questi anni. Giovani che si impegnano nel volontariato, giovani che si distinguono negli studi, giovani che amano il proprio lavoro, giovani che – come è necessario – si impegnano nella vita delle istituzioni, giovani che vogliono apprendere e conoscere, giovani che emergono nello sport, giovani che hanno patito a causa di condizioni difficili e che risalgono la china imboccando una strada nuova.
I giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani.
Alle nuove generazioni sento di dover dire: non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società.
Vorrei ricordare la commovente lettera del professor Pietro Carmina, vittima del recente, drammatico crollo di Ravanusa. Professore di filosofia e storia, andando in pensione due anni fa, aveva scritto ai suoi studenti: “Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa. Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare…”.
Faccio mie – con rispetto – queste parole di esortazione così efficaci, che manifestano anche la dedizione dei nostri docenti al loro compito educativo.
Desidero rivolgere un augurio affettuoso e un ringraziamento sincero a Papa Francesco per la forza del suo magistero, e per l’amore che esprime all’Italia e all’Europa, sottolineando come questo Continente possa svolgere un’importante funzione di pace, di equilibrio, di difesa dei diritti umani nel mondo che cambia.
Care concittadine e cari concittadini, siamo pronti ad accogliere il nuovo anno, ed è un momento di speranza. Guardiamo avanti, sapendo che il destino dell’Italia dipende anche da ciascuno di noi.
Tante volte abbiamo parlato di una nuova stagione dei doveri. Tante volte, soprattutto negli ultimi tempi, abbiamo sottolineato che dalle difficoltà si esce soltanto se ognuno accetta di fare fino in fondo la parte propria.
Se guardo al cammino che abbiamo fatto insieme in questi sette anni nutro fiducia.
L’Italia crescerà. E lo farà quanto più avrà coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei.
Buon anno a tutti voi!
E alla nostra Italia!
Roma, 31/12/2021
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Oggi domenica 2 gennaio 2022
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Carbonia. La vertenza di maggio: dopo il 18 aprile inizia lo smantellamento del Sulcis, oltre quattromila i licenziamenti immediati. Definite dall’IRI le linee della politica liquidatrice governativa
2 Gennaio 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi
Prima domenica del 2022 e primo post sulla storia di Carbonia, ininterrottamente dal 1° settembre 2019.
“Subito dopo le elezioni inizia lo smantellamento del Sulcis. Gli utili della SMCS, per il 1947, ammontano a 52.000.000 di lire, 7 e mezzo per cento del capitale, una servitù economica cui l’Italia è stata condannata dai governi della […]
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Oggi sabato 1° gennaio 2022 Capodanno
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Il messaggio di fine anno (e fine mandato) del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella:
https://tg24.sky.it/politica/2021/12/31/mattarella-discorso-fine-anno-video
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Perché i doni di Prometeo, dalla scrittura alle scienze, non sono più accettati?
1 Gennaio 2022
Roberto Paracchini su Democraziaoggi.
Uno sguardo da lontano. Chissà che cosa dicono? Forse si mettono le mani nei capelli, ammesso che le abbiano le mani e in testa i capelli. O forse si chiedono perchè non ascoltiamo più i nostri miti più antichi, come Prometeo che ci donò dai numeri al fuoco? E magari dicono che siamo […]
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2022 “non darci niente, una faccia allegra solamente”
Un sereno 2022!
Niente meglio di questa “Filastrocca di Capodanno” di Gianni Rodari esprime il nostro augurio:
Anno nuovo
“non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente”
Filastrocca di Capodanno
Gianni Rodari
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Filastrocca di Capodanno:
fammi gli auguri per tutto l’anno:
voglio un gennaio col sole d’aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile;
voglio un giorno senza sera,
voglio un mare senza bufera;
voglio un pane sempre fresco,
sul cipresso il fiore del pesco;
che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.
Se voglio troppo, non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente
Auguri a tutte e a tutti!
Prendersi cura del nuovo anno
di Mariano Borgognoni
ROCCA 1 GENNAIO 2022
È una brutta consuetudine quella di dividere la vita e la storia in anni, decenni o secoli, come se si tagliasse a fette un melone. E fa venire l’orticaria sentir ripetere ad ogni piè sospinto: non siamo più nel Novecento, ormai siamo nel nuovo millennio. Come se questo fosse necessariamente un vantaggio. Eppure nessuno di noi si sottrae a bilanci e propositi, dentro questa segnaletica convenzionale del tempo. E il tempo, pur essendo indefinibile se non per via di approssimazioni
come sanno i filosofi e gli scienziati, è davvero più importante dello spazio. Innescare processi è più fecondo che occupare spazi. [segue]