Monthly Archives: gennaio 2022
Sinodo
di Enrico Peyretti.
Questo sinodo è chiamato ad essere una verifica di Chiesa intera, cioè non solo gerarchica, come è un concilio di vescovi; e una verifica particolarmente sincera, a causa del senso di crisi che la Chiesa vive: crisi sotto diversi aspetti, non solo per la pandemia, ma anche per gli abusi clericali, per problemi della gestione economica, e per quella «esculturazione» del cristianesimo dalla cultura sociale vastamente prevalente.
Questo sinodo ha da essere non solo una consultazione, più o meno utilizzata davvero, come in precedenti occasioni, ma una vera espressione di Chiesa, dell’intero Popolo di Dio consapevole. [segue]
Che succede?
LA DEMOCRAZIA AMERICANA IN PERICOLO. IL NUOVO COLONIALISMO DELLO ZAR. IL SILENZIO DI DRAGHI
7 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su Democraziaoggi.
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Oggi sabato 8 gennaio 2022
——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni———
Draghi un disastro, Mattarella idem. La prospettiva? Il bis o B. Aggitoriu! Meglio la monarchia!?
8 Gennaio 2022
Amsicora su Democraziaoggi.
“Piove, governo ladro!“, la penso così o quasi. Non è certo il destino cinico e baro ad averci dato un governo espressione di un indirizzo politico contrastante da quello emerso dalle elezioni del marzo del 2018. E’ stato Mattarella che ha guidato la barca e come già aveva fatto Napolitano l’ha indirizzata verso un porto […]
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È online Rocca due/2022
L’editoriale di Mariano Borgognoni.
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Volare basso ma dritto
Qualche volta devi volare basso ma dritto. Insomma evita gli effetti speciali. Ricordo ancora questa frase di un vecchio maestro, di quelli che sanno perdere tempo con te.
È un consiglio che si potrebbe dare al Governo in riferimento al contrasto della pandemia. Forse si è fatta troppa propaganda (siamo l’esempio!) e troppo poco per la scuola (su cui si alza la bandierina del rientro alla cieca), per i trasporti, per il potenziamento della sanità pubblica, che resta ancora una promessa. Spesso si è «volato alto ma storto». Peggiori degli altri paesi? No, ma neanche migliori. E stavolta forse i segnali che venivano dal Regno Unito e poi dall’Austria e dalla Germania dovevano metterci in condizione di fare qualcosa di più e di meglio. Poi, diciamoci la verità, le misure prese a fine dicembre sono pezze calde e quelle non prese (a cominciare dallo smart working) ciniche e incomprensibili. Quelle che ha portato la Befana, sono invece, pezze calde rafforzate. Per non farci mancare nulla c’è poi questo miscuglio, malsanamente montato, tra pandemia ed elezione del Presidente della Repubblica. Che c’entra? Non è in capo al Presidente della Repubblica il governo della sanità e una democrazia seria deve affrontare questi passaggi con responsabilità, rapidità e normalità anche nelle situazioni più difficili. Il presidente Mattarella ha compiuto la scelta giusta sottraendosi all’ipotesi di una rielezione. La ripetizione di questo schema per la seconda volta consecutiva darebbe luogo ad una consuetudine, suscettibile di modificare la fisionomia costituzionale della Presidenza della Repubblica, inducendo in chi ne svolge il ruolo un atteggiamento meno libero, autonomo e di suprema garanzia e potenzialmente esponendolo alla tentazione della ricerca del consenso per la sua riconferma; che invece sarebbe saggio escludere anche formalmente. Certo la funzione del Capo dello Stato è venuta assumendo un più considerevole peso politico negli ultimi decenni per effetto della crisi crescente dei partiti, come d’altra parte si è accresciuto nel Governo il ruolo del Presidente del Consiglio, soprattutto quando la funzione viene svolta da un tecnico. E ciò mentre precipita il prestigio e la forza rappresentativa del Parlamento (e dell’insieme delle Assemblee elettive: dalle Regioni ai Comuni). Tutto questo anche come esito del sistematico picconamento sulle istituzioni democratiche da parte delle forze di centrodestra ma anche degli opposti ma convergenti populismi renziani e pentastellati (almeno vetero pentastellati).
Se non ci sarà, come è quasi certo, nemmeno la promessa riforma del sistema elettorale che consenta la scelta dei candidati e la rappresentanza proporzionale dei partiti, questo processo di progressivo logoramento della democrazia e della sua credibilità, rischierà di diventare irreversibile, facendoci precipitare in una situazione post-democratica dai contorni incerti e pericolosi. Prendendo atto di questa situazione sarebbe forse meglio pensare davvero ad una grande riforma che, portata avanti da un Parlamento pienamente rappresentativo del Paese e quindi legittimamente costituente, non escluda neanche ipotesi di innovazioni istituzionali coraggiose compresa l’elezione diretta e non necessariamente simultanea di Parlamento e Presidente in un quadro di bilanciamento dei poteri legislativo ed esecutivo, rafforzando sia il governo che la rappresentanza e rendendo più netta la possibilità di scelta dei cittadini e anche più necessaria la funzione delle minoranze nel Parlamento e la mobilitazione popolare nel Paese. Perché, infine, bisogna prendere atto che il pantano politico in cui siamo ormai da molti anni porta, di compromesso in compromesso, a erodere l’identità di tutti i soggetti politici in campo e a colpire la residua credibilità della politica, o meglio della politica democratica. Una sinistra troppo timorosa e autoconvintasi della sua ineluttabile posizione minoritaria tende a non porsi una questione ormai aperta circa i caratteri di una democrazia effettiva, in cui abbiano la possibilità di confrontarsi anche ipotesi politiche radicalmente alternative e non esista solo la logica della limitazione del danno o la gestione subalterna dell’amministrazione. Sarebbe interessante aprire anche sulle nostre pagine una riflessione, sine ira et studio, su questo tema, al di là delle pur serie contingenze che, speriamo, conducano alla scelta di un Presidente della Repubblica della massima autorevolezza morale e politica, capace di rappresentare i sentimenti profondi di un Paese che, pur nelle differenze, ha bisogno di sentirsi rappresentato con onore, competenza, senso delle istituzioni. Come ha fatto Sergio Mattarella in questo suo settennato. Volando basso ma dritto.
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LA POLITICA PER I GIOVANI: Veronica De Romanis, “Questa non è una politica per giovani. Resta la chance del Pnrr” (Foglio). Elsa Fornero, “Senza istruzione nessuna eredità per i giovani” (La Stampa). Nicolas Schmit (commissario Ue per il lavoro), “Giovani e lavoro, perché l’Italia è in fondo alla classifica Ue” (intervista al Sole 24 ore).
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MATTARELLA E I GIOVANI: Due opposti commenti alla parte del discorso di Mattarella al Paese rivolto ai giovani: Daniela Raineri, “Mattarella, la retorica che distrugge i giovani” (Il Fatto) e Ferdinando Camon, “Ultima lezione da vero prof. Si vis pacem para scholam” (Avvenire).
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Alla conquista di nuove normalità
7 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su Democraziaoggi.
Antonio Scurati, “Alla conquista di nuove normalità” (Corriere della sera).
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UNA NUOVA STAGIONE POPULISTA. IL PNRR E IL PROBLEMA DEL DEBITO
10 Gennaio 2022 su C3dem.
Giovani
LA POLITICA PER I GIOVANI: Veronica De Romanis, “Questa non è una politica per giovani. Resta la chance del Pnrr” (Foglio). Elsa Fornero, “Senza istruzione nessuna eredità per i giovani” (La Stampa). Nicolas Schmit (commissario Ue per il lavoro), “Giovani e lavoro, perché l’Italia è in fondo alla classifica Ue” (intervista al Sole 24 ore).
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MATTARELLA E I GIOVANI: Due opposti commenti alla parte del discorso di Mattarella al Paese rivolto ai giovani: Daniela Raineri, “Mattarella, la retorica che distrugge i giovani” (Il Fatto) e Ferdinando Camon, “Ultima lezione da vero prof. Si vis pacem para scholam” (Avvenire).
Che succede?
L’OBBLIGO VACCINALE E IL LOGORAMENTO DELL’UNITA’ NAZIONALE
6 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
[segue]
Che succede?
D’ALEMA E IL PD. MATTARELLA E LA POLITICA PER I GIOVANI
6 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
[segue]
Oggi venerdì 7 gennaio 2022
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Dal rifiuto tedesco dell’opzione nucleare al destino politico-parlamentare dell’Italia
7 Gennaio 2022
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
Dal nuovo governo tedesco vengono alcuni messaggi forti e chiari, e coerenti. Anzitutto gli impegni vengono mantenuti. Il programma […]
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Oggi la festa del tricolore, bandiera italiana perché?
7 Gennaio 2022
Antonello Mascia su Democraziaoggi.
Resp. Ass. Mazziniana “S. Ghirra” Cagliari
Oggi 7 gennaio, anniversario dell’adozione del tricolore, da parte della Repubblica Cispadana, ricorre la giornata nazionale della bandiera, istituita con la legge n. 671 del 31/12/1996.
In precedenza l’Assemblea Costituente, con voto unanime e senza sostanziale discussione, aveva approvato l’art. 12 della Costituzione, con il quale si stabiliva che […]
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17 gennaio: Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo religioso ebraico-cristiano
di Brunetto Salvarani, su Rocca 1/2022.
Da alcuni decenni, ormai, assistiamo a un boom d’interesse, in Italia, per l’ebraismo e la cultura ebraica nelle sue variopinte sfaccettature. Questo, si badi, a dispetto della scarsa presenza di ebrei nel nostro Paese (il loro numero non raggiungerebbe i trentamila, con appena ventuno comunità). I segnali spaziano dalla passione letteraria per l’epopea yiddish di I.B. Singer, quella mitteleuropea di J. Roth e quella israeliana del trio Oz-Yehoshua Grossman al successo delle performance teatrali di un Moni Ovadia e delle installazioni artistiche del compianto Lele Luzzati; fino alla celebrazione della Giornata della memoria il 27 gennaio dal 2001 e di quella per la valorizzazione del patrimonio ebraico, dal 2000. Potremmo dire che, oltre al debito verso il grande codice biblico, ci stiamo rendendo finalmente conto di come le radici profonde della nostra modernità affondino ampiamente nel pensiero e nella visione del mondo di Israele.
l’intuizione di Carlo Maria Martini
A fronte di tale scenario, ci si dovrebbe stupire constatando quanto ancora poco sia penetrata, nel tessuto delle nostre comunità cristiane, la dimensione del dialogo con gli ebrei e l’ebraismo cui pure esorta caldamente la dichiarazione conciliare Nostra aetate. Probabilmente, il motivo principale di tale difficoltà è che la provocazione di Israele alle chiese solo apparentemente riguarda un aspetto specifico delle chiese stesse, i loro rapporti con Israele. Se si va oltre le apparenze, infatti, dobbiamo riconoscere che essa mette in discussione tutta una modalità di essere Chiesa, la sua autocomprensione e persino la sua dimensione missionaria. E c’è chi ritiene, al riguardo, che la forma più sottile di antiebraismo persistente fra i cristiani sia il considerare l’area dei rapporti ebraico cristiani come un’area specialistica e limitata della fede cristiana. La riflessione, in realtà, ha un’enorme portata. Come intuì il cardinale Carlo Maria Martini, che quasi quarant’anni or sono, nel 1984 a Vallombrosa, si era spinto ad avvertire come, dopo il concilio, il tema delle relazioni ebraico-cristiane si sia fatto decisivo per il futuro della Chiesa: «La posta in gioco non è semplicemente la maggiore o minore continuazione vitale di un dialogo, bensì l’acquisizione della coscienza, nei cristiani, dei loro legami con il gregge di Abramo e le conseguenze che ne deriveranno sul piano dottrinale, per la disciplina, la liturgia, la vita spirituale della Chiesa e addirittura per la sua missione nel mondo d’oggi». Un passo lucidamente profetico, quello martiniano, su cui le parrocchie e le diocesi potrebbero utilmente meditare, in occasione della prossima Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo religioso ebraico-cristiano, trentatreesima della serie, fissata come da moderna tradizione ecclesiale per il 17 gennaio.
la radice santa della fede cristiana
Per ragionare sul senso di tale Giornata, prendo le mosse da un ricordo personale.
Il mio primo 17 gennaio fu nel 1991, e ne conservo una memoria speciale perché – dovendo nell’occasione tenere una relazione per un’iniziativa a Reggio Emilia – attraversai la centralissima piazza Prampolini, dove m’imbattei in un sit-in pacifista di giovani che protestavano contro la ventilata Guerra del Golfo: che in effetti ebbe inizio, purtroppo, proprio quella notte. Così, sin da allora ai miei occhi le ragioni di un incontro indispensabile fra cristiani ed ebrei s’intrecciano con la centralità geopolitica della regione di cui fa parte Israele, e della necessità di una pace duratura con i palestinesi in Medio Oriente. A due anni prima risaliva la felice intuizione della Cei che, grazie soprattutto all’impegno del vescovo di Livorno Alberto Ablondi (scomparso nel 2010) e di Maria Vingiani, fondatrice del Sae (Segretariato Attività Ecumeniche), morta quasi centenaria esattamente due anni fa, in linea con il quarto paragrafo della
dichiarazione conciliare Nostra aetate chiamarono le chiese locali a vivere una Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo religioso ebraico cristiano, appunto il 17 gennaio di ogni anno. Data scelta non a caso, ma per ragioni teologiche e simboliche: a ridosso della tradizionale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si svolge dal 18 al 25 gennaio, con la doppia intenzione di evidenziare la priorità dell’incontro con Israele, radice santa della fede cristiana, su qualsiasi pur apprezzabile sforzo ecumenico, e l’impossibilità che quest’ultimo produca effetti concreti senza un costante invito a porsi alla scuola di Israele.
Affinché il dialogo cristiano-ebraico non sia un impegno solo di vertice nella chiesa, o di alcuni gruppi o movimenti più sensibilizzati, ma diventi coscienza ecclesiale di base. In vista di una fruttuosa celebrazione di essa, non andrebbe mai dimenticato che lo scopo della Giornata non è di pregare per gli ebrei, ma di iniziare i cristiani al rispetto, al dialogo e alla conoscenza della tradizione ebraica, in sintonia con la svolta, sopra citata, del Vaticano II. Sarebbe opportuno, pertanto, che diocesi e parrocchie promuovessero nell’occasione momenti di approfondimento lungo questi due filoni complementari: la riflessione sul vincolo particolare, anzi unico, che lega chiesa e Israele, da un lato; e l’esistenza viva e attuale del popolo ebraico, dall’altro.
17 gennaio 2022. «Realizzerò la mia buona promessa»
Per il prossimo 17 gennaio 2022, concluso il cammino sulle Dieci parole e quello sulle Meghillot (i Rotoli), la Commissione episcopale della Cei per l’ecumenismo e il dialogo ha pubblicato un messaggio intitolato «Realizzerò la mia buona promessa» (Geremia 29, 10), versetto particolarmente in sintonia con il tempo complesso che stiamo attraversando: si trova nel contesto della Lettera agli esiliati di Babilonia (29, 1-14).
Il profeta Geremia, qui, reinterpreta l’esilio vissuto dal popolo ebraico quasi si trattasse di un nuovo esodo, un nuovo inizio per la sua gente: Israele si trova in mezzo ai pagani, ben distante dalla terra della promessa, senza il tempio, ma è proprio in quella situazione drammatica dal punto di vista economico, sociale e religioso che potrà ritrovare il senso autentico della propria vocazione. Moltiplicarsi nella terra del nemico, mettere radici nella situazione e nel Paese in cui ci si trova a vivere, favorire la pace e la prosperità di tutti, anche di chi ci è stato nemico, ripartire dalle cose fondamentali e semplici della vita (lavoro, relazioni, casa, famiglia…), ecco la ricetta paradossale che Dio ora affida ai suoi. Beninteso, con una promessa per il futuro: chi sceglie di conservare tutto e resta attaccato a un passato glorioso ma trascorso, ascoltando la voce dei falsi profeti, rischia di perdere anche se stesso, mentre chi è disponibile a perdere ogni bene materiale riavrà i suoi giorni e anzi li conquisterà come bottino di guerra, dimostrandosi in tal modo il reale vincitore.
Geremia
Chi fu il profeta Geremia? È una buona occasione per conoscerlo meglio! Nato ad Anatot (villaggio a 6 km a nord di Gerusalemme) attorno al 650/640 a.C., era figlio di Chelkia e membro di una famiglia sacerdotale
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Marc Chagall Abramo e i tre angeli – 1966, Nizza, Musée National Marc Chagall
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che prestava servizio al tempio, e visse prevalentemente nella capitale di Giuda. Ancor giovane, fu nominato profeta nel tredicesimo anno del re Giosia, nel 627/626. Esercitò il suo compito prima nella sua cittadina natale, provocando l’ira di familiari e compaesani per il suo messaggio controcorrente, poi si spostò a Gerusalemme, profetando sotto il regno di Ioiakìm e di Sedecia. Di fronte a quest’ultimo, lo ammonì ripetutamente a non rivoltarsi contro Babilonia: la rivolta però scoppiò. Accusato dai ministri di corte di diserzione e passaggio al nemico, Geremia fu imprigionato in una cisterna, dove sarebbe dovuto morire di fame e di stenti. Sedecia, tuttavia, lo spostò in un carcere meno duro, dove poté ricevere del cibo, fino a quando fu rilasciato, dopo la definitiva caduta di Gerusalemme (587). I babilonesi lo liberarono dalla prigione affidandolo al loro governatore della regione, Godolia. Dopo l’assassinio di questi, molti ebrei fuggirono in Egitto, portando con loro lo stesso Geremia e il suo segretario, Baruc. Al di là delle rovine e catastrofi annunciate, il suo messaggio non può essere semplicemente ridotto a quello di un classico profeta di sventure. C’è, certo, da parte sua un’acuta coscienza del male, legato alla ribellione dell’uomo contro Dio: la sfiducia nell’umanità, tuttavia, è in lui bilanciata dalla speranza nel Signore che salva ed è fedele fino in fondo. Nonostante i rovesci del destino e della storia.
alcune piste di riflessione
In occasione della Giornata del 17 gennaio, mi permetto di suggerire alcune piste di riflessione. I deportati ai quali parla la Lettera di Geremia avevano sicuramente una duplice tentazione: perdere ogni speranza e costruire una comunità chiusa, distaccata. Nella pandemia, come credenti, abbiamo avuto le stesse tentazioni: perdere la speranza e chiuderci in comunità sempre più autoreferenziali. Le stesse tentazioni le proviamo di fronte alla situazione di esculturazione del fenomeno religioso (o, per lo meno, del cristianesimo): rischiamo di perdere la speranza e di creare comunità sempre più autoreferenziali. Geremia ci invita invece a stare positivamente dentro la realtà, a mettere radici, anche nella realtà ostile, e a starci in modo generativo. Ecco la sfida odierna per le religioni: uscire dal rischio della depressione e dell’autoreferenzialità difensiva per essere generative, capaci di lavorare per la costruzione della società e generare speranza. Come cristiani e come ebrei possiamo aiutarci ad affrontare tale sfida.
In seconda battuta, è interessante imparare da quei deportati, persone che avevano perso tutte le loro sicurezze legate alla madrepatria. A loro il Signore promette: «Cambierò in meglio la vostra sorte» (29, 14), testo che si può anche tradurre: «Comincerò nuovamente la vostra vita». Il Signore lavora per rigenerare, per far ricominciare. La sua promessa resta costante nella storia, Egli è fedele e non ha abbandonato il suo popolo. Oggi le nostre comunità ebraiche e cristiane hanno bisogno di vivere alla luce di questa certezza, così come Israele era, in esilio, chiamato a reinventarsi da capo stili di vita, codici comportamentali, linguaggi. Con coraggio, senza paura, accettando il rischio dell’incertezza: anche se il nuovo, in genere, fa paura e ci rende spaesati. Elie Wiesel, premio Nobel per la pace 1986, che ha conosciuto da vicino in prima persona l’abominio della Shoà, ha cercato così di spiegare il senso della lettera di Geremia per il popolo deportato: «Siccome siete nella Diaspora, fate qualcosa per darle significato. Altrimenti rischierete la disperazione, e la disperazione non ha posto nella storia ebraica». Ecco, allora: l’altro, il nemico, il babilonese, il nomade, lo straniero, il diverso è il migliore dei maestri possibili sulla scena; è colui che ci permette di capire chi siamo davvero; è colui che ci mette alla prova e in tal modo è capace di plasmarci. Fino a farci diventare donne e uomini nuovi.
Alla fine, il brano di Geremia ci ricorda che quei deportati si daranno da fare per una nazione straniera, lavorando e investendo energie. Come a evidenziare che colui che viene da fuori è sempre una potenziale risorsa per un Paese. Che lo straniero è una benedizione e che l’ospitalità, tema centrale nelle tradizioni ebraica e cristiana, può essere lo stile con cui i credenti stanno nella storia.
Oggi, la pandemia in atto ci sta costringendo a rivedere gli stili della nostra presenza sociale, in realtà largamente in crisi già ben prima di due anni fa. Una situazione che, in modo differente, tocca e interpella tanto gli ebrei quanto i cristiani. Quello di Geremia è dunque un testo che, se letto a due voci nella Giornata del 17 gennaio e più in generale valorizzato come punto di partenza per il confronto tra ebrei e cristiani, ci può aiutare a collocare la nostra esperienza di fede nella presente stagione: come ama sottolineare papa Francesco, un vero e proprio, e radicale, cambio d’epoca.
Brunetto Salvarani
IL POLIEDRO
ROCCA 1 GENNAIO 2022
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Oggi giovedì 6 gennaio 2022
——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni————-
Carrettate di carbone a Mattarella e Draghi! Noi ci consoliamo con Gianni Rodari
6 Gennaio 2022
Gianni Rodari su Democraziaoggi.
Leggiamo insieme: Viene viene la Befana di Gianni Rodari
Viene, viene la Befana
da una terra assai lontana,
così lontana che non c’è…
la Befana, sai chi è?
La Befana viene viene,
se stai zitto la senti bene:
se stai zitto ti addormenti,
la Befana più non senti.
La Befana, poveretta,
si confonde per la fretta:
invece del treno che avevo ordinato
un po’ di carbone […]
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America America
IL 6 GENNAIO: UN ALTRO GIORNO DELL’INFAMIA
di Marino de Medici
Come il “giorno dell’infamia” del dicembre 1941, cosí chiamato dal presidente Roosevelt all’indomani dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, l’America affronta il 6 gennaio la rievocazione di un altro “giorno dell’infamia”, l’insurrezione delle milizie di Donald Trump contro le istituzioni della democrazia americana. [segue]
Oggi mercoledì 5 gennaio 2022
——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni——————
Il governo Draghi dica NO all’inserimento di nucleare e gas nell’elenco europeo delle energie rinnovabili.
5 Gennaio 2022 su Democraziaoggi.
Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci, Massimo Scalia
L’OSSERVATORIO SULLA TRANSIZIONE ECOLOGICA – PNRR, promosso da: Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Laudato Si’, Nostra ci ha inviato questo appello, che volentieri pubblichiamo.
La decisione della Commissione Europea di forzare la mano inserendo nelle energie rinnovabili anche nucleare e gas fossile va fermata. E’ un grave errore che […]
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Oggi martedì 4 gennaio 2022
——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni———
Il Presidente che verrà
4 Gennaio 2022
Domenico Gallo su Democraziaoggi
Il Presidente della Repubblica ha dei poteri di impulso e di interdizione volti ad assicurare che l’operato del Parlamento e del Governo, pur nell’insindacabilità delle scelte politiche, non esca fuori dai binari tracciati dalla Costituzione a garanzia dell’equilibrio dei poteri e della tutela dei diritti inviolabili.
L’anno vecchio è finito, ormai / ma qualcosa ancora […]
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Che succede?
2022. TRA SPERANZE E RINUNCE
3 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem