Monthly Archives: maggio 2021
Conflitto palestinesi-israeliani. Oltre un’impossibile soluzione solo politica. Le proposte dei Movimenti ChiesadituttiChiesadeipoveri e di Costituente Terra.
La durezza della risposta armata dello Stato di Israele, ancora rappresentato da un Netanyau ricusato dal suo stesso elettorato, e la passività o la reazione maldestra dell’Unione Europea, degli Stati Uniti, degli Stati arabi e asiatici di fronte a questa tragedia, ci dice che non saranno certo gli Stati, con la loro spietatezza, unendosi o federandosi tra loro, che faranno la pace e daranno impulso a un processo costituente della Terra, ma potranno esserlo solo i popoli e le altre formazioni sociali, potranno farlo le culture, le sinagoghe, le moschee, gli ashram, le pagode e le chiese; è in questa direzione che dovremo lavorare.
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Chiesadituttichiesadeipoveri. Newsletter n. 222 del 15 maggio 2021
SE NON CI SI CONVERTE
Care e cari amici,
A partire dall’11 maggio un giorno dopo l’altro la Televisione ci ha mostrato torri e palazzi di 12 e 14 piani a Gaza abbattersi al suolo con i loro abitanti sotto i bombardamenti israeliani. Le immagini in diretta immediatamente richiamavano alla memoria con impressionante somiglianza le corrispondenti immagini dell’11 settembre 2001 quando furono abbattute le Torri gemelle a New York. Ma mentre allora il mondo si fermò e il compianto fu universale, questa volta nulla si è fermato e pianto non s’è visto.
È la guerra, dicono, ma è impossibile dire quando questa è cominciata. È cominciata il giorno prima, con le migliaia di razzi sparati da Hamas su Israele, tanto più numerosi quanto più inefficaci, più politica che guerra, paurosamente asimmetrici rispetto alla potenza di fuoco israeliana? Oppure è cominciata il 7 maggio quando l’esercito di Israele ha fatto irruzione sulla spianata delle moschee, si è scontrato con i Palestinesi lì manifestanti o in preghiera? O è cominciata quando le famiglie palestinesi povere sono state sfrattate dal quartiere Sheik Jarrah per lasciare le case ai coloni occupanti sionisti? O è partita con la guerra dei 6 giorni del 1967 e la conquista ebraica di Gerusalemme Est? O con la Nakba, o “catastrofe” palestinese, e gli Arabi espulsi dalle loro terre nel 1948? O è cominciata con la Shoà, il genocidio, la lunga persecuzione degli Ebrei?
Non è il caso qui di tentare un’analisi che ci troverebbe divisi. Ma una cosa è certa: che questo lungo inumano conflitto non ha una soluzione politica. E speriamo fermamente che nessuno pretenda o si illuda di dargli una soluzione di forza, che nessuno pensi a una mazzata militare finale. Invece c’è una sola soluzione possibile, e c’è una condizione imprescindibile per una soluzione politica, ed è una conversione.
Per conversione deve intendersi una conversione religiosa, che implica un mutamento della natura ebraica dello Stato di Israele. La natura ebraica dello Stato, nonostante la mascheratura laica, è stata impressa fin dal principio nella formazione statuale israeliana, incorporata nel suo evento fondatore, di fatto poi associata a tutte le sue scelte politiche e militari e dal luglio 2018 è anche formalmente sancita in una legge di portata costituzionale che fa di Israele lo “Stato-nazione” degli Ebrei, nel quale al solo popolo ebraico è riconosciuto il diritto all’autodeterminazione, gli altri sono un popolo soggetto, da “scartare”, come direbbe la “Evangelii Gaudium”. In forza di ciò in Israele ci sono due cittadinanze e una sola legittimità, la cui fonte è un diritto non di origine umana ma un diritto divino.
Si tratta di una figura storicamente già nota. Tale è stato il regime costantiniano, o meglio teodosiano, in cui si è incorporato tra il I e il II millennio il cristianesimo, tale lo Stato della Chiesa che ancora nell’800 praticava a Roma le esecuzioni capitali alla mazzola e squarto a piazza del Popolo, tale “la cristianità” vigente in Occidente fino al Concilio Vaticano II, tale il regime di cristianità dal quale ora papa Francesco proclama risolutamente la Chiesa essere uscita; ma questo è anche il modello che ancora sussiste nelle velleità e nei sogni dell’estremismo islamico e dei suoi riesumati e falliti califfati.
Uscire da questo ibridismo politico-religioso non è solo la condizione della democrazia e la prima stazione della pace, ma sarebbe anche una straordinaria epifania di Dio, una correzione delle sue fuorviate immagini, una guarigione delle perverse rappresentazioni fornitene da ogni tradizione. Per la religione e il popolo d’Israele, come pur imperfettamente lo è stato per i cristiani, una tale conversione sarebbe un dono inestimabile anzitutto per se stessi, ma anche per l’umanità tutta, oggi alle prese con il compito storico di dare una risposta alla crisi ambientale, di salvare il pianeta, far continuare la storia. Il miglior cristianesimo e il miglior Islam si sono già abbracciati su questa frontiera nel documento di Abu Dhabi del febbraio 2019 in cui insieme essi hanno preso le distanze dall’uso politico della religione, divenuto fonte di “violenza, estremismo e fanatismo cieco”, mentre un documento cattolico dogmatico sul monotesimo e la violenza del 2013 aveva già sconfessato ogni “tentazione di scambiare la potenza divina con un potere mondano” e aveva postulato, come inizio di una nuova storia, l’avvento di “una religione definitivamente congedata da ogni strumentale sovrapposizione della sovranità politica e della signoria di Dio”.
Nel sito un articolo di Domenico Gallo “senza giustizia” [riportato anche di seguito].
Con i più cordiali saluti
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La guerra in Israele
SENZA GIUSTIZIA PER I PALESTINESI
15 MAGGIO 2021 / EDITORE / DICONO I FATTI /
Il 14 maggio ricorreva il 73 anniversario della nascita dello Stato di Israele, ma quest’anno c’è poco da celebrare. La festa dell’indipendenza è coincisa con un’esplosione di violenza, non solo militare, che pervade tutta la società comprese le comunità che convivono nelle cittadine miste come Lod, Aco e Ramble. Se in 73 anni la popolazione di Israele non ha vissuto un solo giorno di pace, evidentemente siamo in presenza del fallimento del progetto politico che ha guidato la nascita dello Stato d’Israele ed il suo percorso storico fin qui realizzato. Un percorso storico che si è sciolto di ogni ambiguità anche da un punto di vista formale con la legge approvata il 19 luglio 2018 con la quale è stata definita la natura dello Stato ed i suoi caratteri fondamentali. Abbandonando ogni remora, sotto la guida di Netanyahu, Israele si è autodefinito come uno Stato etnico-religioso, nel quale l’autodeterminazione “è esclusivamente per il popolo ebraico” e sono stati riconosciuti gli insediamenti dei coloni nei territori occupati come “valore nazionale”. In altre parole è stata “costituzionalizzata” una situazione di discriminazione e di umiliazione del popolo palestinese perseguita con accanimento e con un ventaglio di misure di carattere militare, amministrativo e legislativo. Negli ultimi tempi questa situazione di oppressione è stata resa ancora più dura. Il 27 aprile è stato pubblicato un rapporto di 213 pagine di Human Rights Watch, intitolato “Una soglia varcata. Autorità israeliane e crimini di apartheid e persecuzione” (https://www.hrw.org/report/2021/04/27/threshold-crossed/israeli-authorities-and-crimes-apartheid-and-persecution) in cui viene descritto dettagliatamente il trattamento umiliante e discriminatorio riservato da Israele ai palestinesi nella Cisgiordania occupata, nella Striscia di Gaza bloccata e nell’annessa Gerusalemme est, oltre che agli arabi-israeliani.
Nelle ultime settimane a Gerusalemme si è scatenata una repressione durissima contro la protesta spontanea che si opponeva alle deportazioni e agli “sfratti etnici” dal quartiere di Sheikh Jarrah della popolazione Palestinese, che lì vive da decenni. Ma la provocazione ancora più grave è stata l’irruzione dell’esercito israeliano nella spianata delle moschee. In Italia negli anni del confronto politico rovente fra comunisti e democristiani, veniva agitato lo spettro dei cavalli dei cosacchi che si abbeveravano in piazza San Pietro. In politica i simboli sono importanti e quando colpiscono l’immaginario religioso incidono profondamente nell’identità dei popoli. L’attacco alla moschea di al-Aqsa è stato vissuto dalla popolazione musulmana come una provocazione profonda. Ciò ha consentito ad Hamas di ergersi a protettore dei palestinesi e di tutti i musulmani, inviando un velleitario ultimatum ad Israele a cui hanno fatto seguito una pioggia di razzi lanciati da Gaza e i violentissimi bombardamenti delle forze armate israeliane. Quel che è certo è che nessuna operazione militare potrà porre fine al conflitto e che la straordinaria potenza militare di Israele non potrà garantire al popolo israeliano di vivere in pace. Quando scoppiò la prima intifada nel 1987, seguì una durissima repressione. I soldati israeliani rompevano le ossa delle braccia ai ragazzini di 15/16 anni catturati per “insegnare” loro a non lanciare più le pietre. L’allora ministro della difesa Yitzhak Rabin, commentò la repressione osservando che se i palestinesi si ribellavano solo loro avrebbero sofferto. Purtroppo Rabin, ucciso da un colono il 4 novembre del 1995, sperimentò su se stesso che la violenza contro gli altri si ritorce anche contro di noi. Non è possibile separare il destino di due comunità umane che vivono sotto lo stesso cielo, nel senso che si può infliggere dolore all’altra comunità restandone noi immuni.
L’attacco con razzi compiuto da Hamas è doppiamente sbagliato, non solo perché sul terreno della violenza bellica Israele è mille volte più forte mentre sul terreno politico è un “assist” per consentire ad un leader in crisi come Netanyhau di mantenersi al potere, ma soprattutto perché è un’azione totalmente iscritta nella “pedagogia del dolore”. Cerca di infliggere delle sofferenze ad Israele per “insegnargli” il rispetto dei diritti del popolo palestinese. Senonché l’effetto è quello opposto: più violenze si commettono e più diventa profondo l’oceano di odio che divide le due comunità; più diventa difficile aprire la strada a un percorso di riconciliazione fra i due popoli. Il conflitto che da quasi un secolo dilania la Terrasanta è la prova più tangibile del fallimento di ogni politica che, confidando sulla superiorità delle armi, pretenda di imporre la pace senza costruire la giustizia.
Non c’è pace senza giustizia.
Domenico Gallo
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una Terra
un popolo
una Costituzione
una scuola
Newsletter n.38 del 15 maggio 2021
Se non ci si converte
Care e cari Costituenti della Terra,
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A Is Mirrionis una nuova Mem.
Il progetto della Casa del quartiere per il recupero dell’immobile e di tutto lo spazio urbano su cui operò negli anni 70 la Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis.
Che succede?
SCONTRO ISRAELO-PALESTINESE: DUE IDEOLOGIE ESTREMISTE
14 Maggio 2021 su C3dem.
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IL CODICE DRAGHI E L’ALLEANZA IMBALLATA
13 Maggio 2021 su C3dem.
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Che fare? Dove andare?
Dopo il Covid svolta a sinistra
Rachele Gonnelli
Sbilanciamoci! 11 Maggio 2021 | Sezione: Apertura, Politica.
Un testo per il nuovo riformismo con proposte per la ripresa post pandemica e sollecitazioni sul ruolo dello Stato e le riforme necessarie. Lo hanno elaborato una cinquantina di economisti e intellettuali dopo mesi di discussioni online, sintetizzato da Biasco, Mastropaolo e Tocci.
C’è sempre qualcuno che brechtianamente riprende il discorso e cerca di riparare agli errori fatti per dare nuova vita a una sinistra ormai povera di idee e di programmi, sconfitta e travolta da sé stessa più che dagli insulti della storia e dall’egemonia del fronte opposto. Così il gruppo di economisti, politologi e intellettuali riuniti nella rete “Ripensare la cultura politica della sinistra” ha elaborato una sintesi della serie di webinar interni svolti a partire dalla fine di dicembre fino ai primi di marzo.
Il documento, lungo una trentina di pagine, si intitola “Governare la società del dopo Covid” e si confronta con il momento attuale, l’alba di una nuova era almeno per quanto riguarda il ruolo e la responsabilità dello Stato e quindi della politica nel progettare e intervenire direttamente nella trasformazione economica e sociale dell’Italia, provata dalla pandemia e dai postumi di un’adesione anche culturale alle logiche del neoliberismo. È uno sforzo di elaborazione e di sintesi ammirevole, firmato alla fine da Salvatore Biasco, Alfio Mastropaolo e Walter Tocci, ma al quale hanno partecipato una cinquantina di intellettuali, tra i quali Nadia Urbinati e Laura Pennacchi, ma anche Gianfranco Dosi, Andrea Roventini, Gianfranco Viesti e Maurizio Franzini e altri che da anni collaborano anche con le elaborazioni della campagna Sbilanciamoci!.
L’assunto iniziale è che “la sconfitta della sinistra” e quindi la caduta del governo Conte bis non possa essere rubricata “solo come una questione di numeri parlamentari” ma debba essere invece inquadrata in una perdita di egemonia dalle radici profonde e che il Pd, “trasformato in partito d’opinione”, da solo non riesce e non riuscirà a superare. Il rischio che si vede profilarsi è quello che una gran parte dell’elettorato “fuori dalla Ztl” pesantemente colpito dalla crescita delle diseguaglianze aggravate dalla pandemia e dai processi di marginalizzazione e precarizzazione si rifugi nell’astensione o perda definitivamente l’interesse per un progetto di “socialismo democratico” e partecipativo, al quale gli estensori del documento vogliono ancorarsi agganciandosi alla società civile del Terzo settore, dei sindacati, dei movimenti di cittadinanza attiva e anche ai pezzi di partiti della sinistra ancora “non omologati”. L’idea è quindi quella di rilanciare un “grande progetto di trasformazione sociale”, un progetto deliberatamente riformista che parte dalla constatazione che “il capitalismo anche se ha i secoli contati in questa epoca non ha alternative”. E tuttavia il capitalismo può essere riorientato, attraverso una politica coerente e attraverso, appunto, lo Stato, piegato in una sua forma meno vorace dal punto di vista ambientale e più equa dal punto di vista dei “diritti universali”.
Per quanto riguarda l’Italia di oggi e del Pnrr appena abbozzato, due sono le riforme che vengono messe in primo piano: quella della pubblica amministrazione con una modernizzazione che non vada verso la creazione di nuove agenzie o verso nuove privatizzazioni e il rafforzamento della scuola pubblica, intesa anche come polo di attrazione di un vivere civile associato ai beni comuni, alle comunità territoriali, alla cittadinanza partecipata e non ultimo ad un grande piano di educazione degli adulti e formazione permanente. Come obiettivo di fondo si vuole superare la frantumazione della società e del mondo del lavoro, si vuole cioè agevolare una ricomposizione sociale, sia con lo strumento di un nuovo Statuto dei lavori che evoca quello da tempo proposto dalla Cgil, sia in termini più esistenziali e culturali riaffermare la possibilità di una “felicità collettiva”, battendo una tendenza contraria antropologicamente in atto.
Il documento si sofferma sulla necessità di una redistribuzione dei redditi, proponendo una riforma fiscale più progressiva che tocchi anche le “valutazioni patrimoniali dei cespiti” insieme a strumenti in grado di premiare l’uso produttivo dei capitali. Qui non si entra nel dettaglio, non si delineano percentuali e scaglioni di aliquote. Si tratteggia semplicemente i luoghi degli interventi: il grande patrimonio ereditario, la finanza speculativa, l’evasione fiscale sia dei redditi da capitale che si impiantano nei paradisi fiscali sia dei professionisti autonomi e delle piccole e medie imprese la cui elusione è finora coperta dal mancato incrocio dei dati rilevanti sul piano fiscale. Oltre a chiedere un impegno contro la superfetazione di norme che hanno ingigantito la bolla burocratica fino a rasentare la paralisi delle pubbliche amministrazioni, il documento pur senza parlare esplicitamente di un ritocco del Titolo V, nota come la pandemia abbia messo in evidenza l’inefficienza di una eccessiva regionalizzazione in settori come la sanità e le politiche attive del lavoro. Si evidenzia quindi una esigenza di sfoltimento di norme e semplificazione e di ringiovanimento e ammodernamento del personale pubblico.
Complessivamente il testo si pone con un evidente intento di apertura di un dibattito anche tra diverse anime quindi non entra nel dettaglio e appare piuttosto come una piattaforma iniziale di mediazione, per la rinascita di un pensiero riformista che dovrà trovare altre voci e altre gambe. Inoltre i temi trattati sono tutti di natura più economica che sociale. Così si avvertono alcuni vuoti, soprattutto sul welfare, sul reddito di cittadinanza, sull’essenziale riforma degli ammortizzatori sociali (si propende in ogni caso per l’introduzione di un salario minimo orario) e su questioni che pure riguardano i piani industriali e gli input da dare alle imprese partecipate dallo Stato come la riconversione dell’industria bellica. Rispetto ad una proposta di inasprimento della Web Tax, stranamente si ripropone invece, senza dettaglio, la “bit tax” degli anni ’90 che intendeva rincorrere i flussi di traffico sul web anziché i fatturati delle multinazionali.
Alla fine della lettura resta la sensazione di uno sforzo di organicità e di prospettiva che potrebbe davvero essere utile se non per un partito sinceramente socialdemocratico, almeno per un campo più ampio di coalizione.
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Che succede?
RIFORMARE IL CAPITALISMO, LOTTARE CONTRO LA POVERTA’…
14 Maggio 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Ugo Colombino, “Riformare il capitalismo, si può. Ma come?” (lavoce.info). Stefano Lepri, “Per aiutare i poveri bisogna andare a conoscerli” (La Stampa). Leonardo Becchetti, “C’è un interesse a conciliare utili e licenze obbligatorie” (Avvenire). PARTITI E GOVERNO: Lina Palmerini, “Perché il costo delle liti sta pesando su Letta e Salvini” (Sole 24 ore). Alessandro Campi, “Se i partiti in frantumi non imparano la lezione” (Messaggero). Nadia Urbinati, “Il Pd ha perso il controllo delle primarie a livello locale” (Domani). Emanuele Felice, “L’occasione da non perdere per abbattere l’evasione” (Domani). Tito Boeri e Roberto Perotti, “Gli intoccabili del fisco” (Repubblica). Stefano Feltri, “Siete pronti per la prossima crisi? Arriva l’inflazione” e “L’errore di sottovalutare la sfida epocale del Pnrr” (Domani). Sabino Cassese, “L’errore di evitare i concorsi” (Corriere della sera). GIUSTIZIA: Marco Conti, “Prescrizione e appello, rivoluzione Cartabia. In gioco il Recovery” Messaggero). Giovanni Bianconi, “Prescrizione, le due ipotesi” (Corriere della sera). Gianluca De Feo, “Draghi affronta la sfida più difficile” (Repubblica). Gustavo Zagrebelsky, “La giustizia e la vita” (Repubblica). OMOFOBIA: Luigi Manconi, “La legge Zan e i confini delle libertà” (Repubblica). Gianni Santamaria, “Zan, Letta spinge ma primi no nel Pd” (Avvenire). Giovanni Maria Flick, “Ddl Zan, errori seri. Il Senato rifletta bene” (intervista all’Avvenire). Francesco Lepore, “La proposta autolesionista del centrodestra contro il ddl Zan” (Linkiesta).
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Palestina Libera e in Pace
Sit-In 73 anni di Nakba
[il manifesto sardo] Registrazione video del sit-in organizzato dall’Associazione Amicizia Sardegna Palestina in Piazza Garibaldi a Cagliari, in occasione dei 73 anni dall’inizio della Nakba e in solidarietà con i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza, che ancora oggi resistono alla violenza dell’occupazione sionista.
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Foto Archivio Aladin e (ultima) Dietrich Steinmetz su fb.
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Appello di S.B. Mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme alla comunità internazionale, alle Chiese e a tutte le persone di buona volontà
Insieme a tutti i capi delle Chiese, siamo profondamente scoraggiati e preoccupati per i recenti episodi di violenza avvenuti a Gerusalemme Est, alla Moschea Al Aqsa e al quartiere Sheikh Jarrah; episodi che violano la santità del popolo di Gerusalemme e di Gerusalemme come Città della Pace, e richiedono un intervento urgente.
[segue]
Oggi venerdì 14 maggio 2021 – Sit in per la Palestina
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Appello per la scuola (diritto sacrosanto quanto il lavoro)
14 Maggio 2021
Red su Democraziaoggi.
Un gruppo di intellettuali e docenti ha lanciato un appello per la scuola, cui hanno aderito già migliaia di persone. Ecco di cosa si tratta.
C’è aria di ripartenza (vera o auspicata). Il dibattito pubblico s’infiamma. Priorità alle attività produttive! Questo è l’imperativo categorico, non immotivato, anzi imposto dalla crisi che investe vasti settori della popolazione. […]
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“In Palestina serve azione diplomatica, di pace e di rispetto del Diritto Internazionale. Occorre fermare la violenza, rimuovendone le cause, e riconoscere lo Stato di Palestina”
Lettera aperta alle massime Istituzioni per chiedere un intervento dell’Italia per fermare l’escalation di violenza tra Israele e Palestina.
Di seguito il comunicato stampa della Rete Pace e Disarmo.
“In Palestina serve azione diplomatica, di pace e di rispetto del Diritto Internazionale. Occorre fermare la violenza, rimuovendone le cause, e riconoscere lo Stato di Palestina”
Diverse organizzazioni, associazioni, sindacati della società civile italiana hanno inviato oggi una lettera aperta al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, al Presidente della Commissione Esteri Senato, al Presidente della Commissione Esteri della camera per esprimere la profonda preoccupazione per quanto sta accadendo nella martoriata terra di Palestina e per chiedere che l’Italia si faccia promotrice di una forte azione diplomatica affinché cessi il conflitto tra israeliani e palestinesi.
Nella lettera si sottolinea come sia ormai necessaria e non più rimandabile un’azione diplomatica, di pace e di rispetto del Diritto Internazionale che possa fermare la violenza, rimuovendone le cause, e nel contempo riconoscere lo Stato di Palestina.
Le richieste inviate alle istituzioni italiane sono le seguenti:
- fermare questa nuova ondata di violenza, intimando ad Hamas di fermare il lancio dei razzi ed al governo israeliano di rimuovere l’assedio di Gaza e di fermare qualsiasi tipo di ritorsione contro la popolazione della Striscia di Gaza;
- impiegare tutti gli strumenti politici, diplomatici e di diritto internazionale per fermare l’espropriazione e la demolizione delle case a Gerusalemme Est;
- esigere dal governo israeliano la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono le elezioni libere e regolari in Cisgiordania, Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza, come previsto dagli accordi di Oslo, firmati dalle parti;
- sostenere e assistere l’Autorità Nazionale Palestinese per l’organizzazione e la realizzazione del processo elettorale, evitando ulteriori rinvii;
- inviare osservatori internazionali neutrali per monitorare il processo elettorale, i giorni del voto e il conteggio dei voti, che si svolga secondo gli standard internazionali di trasparenza e con pieno diritto di voto per tutta la popolazione residente in Cisgiordania, nel distretto di Gerusalemme e nella Striscia di Gaza;
- agire in sede ONU per un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, per permettere ai due Stati di negoziare direttamente in condizioni di pari autorevolezza, legittimità e piena sovranità.
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La lettera è stata sottoscritta da: CGIL, CISL, UIL, ACLI, Accademia Apuana della Pace, AOI – Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, Arci, ARCS – Arci Culture Solidali, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Associazione per la Pace, Associazione per la Pace di Modena, Associazione per la Pace di Padova, AssoPacePalestina, AUSER, Beati i costruttori di pace, Campagna Ponti e non Muri, Casa per la Pace Modena, Centro Studi Sereno Regis, CGIL di Padova, Emmaus Italia Onlus, Fiom, Fondazione Giorgio La Pira, Fondazione Lisli e Lelio Basso, Gruppo Abele, Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo, Legambiente, LIBERA contro le mafie, Link – Coordinamento Universitario, Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR), Movimento Nonviolento, NEXUS Emilia Romagna, Noi Siamo Chiesa, OPAL Brescia, Pax Christi Italia, Pro Civitate Christiana, Progetto Sud, Rete della Conoscenza, Rete italiana Pace e Disarmo, Segreteria della Piattaforma ONG Italiane Mediterraneo e Medio Oriente, TAM-TAM di Pace Modena (Tavolo Associazioni Modena), Un Ponte Per, Unione degli Studenti, Usacli, Aladinpensiero, Patto per la Sardegna.
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Facciamo pace a Gerusalemme
C’è solo un modo per mettere fine alle terribili violenze che stanno insanguinando Gerusalemme e la Terra Santa: riconoscere ai palestinesi la stessa dignità, la stessa libertà e gli stessi diritti che riconosciamo agli israeliani. Nessuna pace può essere edificata sulla persecuzione di un intero popolo, sull’occupazione militare, l’arbitrio, gli abusi, la sopraffazione, l’umiliazione, le deportazioni, l’apartheid, la continua violazioni di tutti i fondamentali diritti umani.
Non basta invocare la fine delle violenze. Non c’è e non ci sarà mai pace senza giustizia. Rinnoviamo, ancora una volta, il nostro accorato appello a tutti i responsabili della politica nazionale, europea e internazionale perché intervengano energicamente per far rispettare il diritto internazionale dei diritti umani, la legalità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Tavola della Pace
Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani
Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” dell’Università di Padova
Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace” dell’Università di Padova
Per adesioni: adesioni@perlapace.it
Perugia, 11 maggio 2021
Per informazioni:
Tavola della pace
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MANIFESTAZIONE A CAGLIARI
Venerdì 14 maggio 2021
Sardegna Palestina
L’Associazione Amicizia Sardegna Palestina e la Comunità Palestinese in Sardegna invitano a partecipare al presidio in solidarietà con il popolo palestinese che si terrà venerdì 14 maggio alle ore 18:00 in Piazza Garibaldi (Cagliari).
Quest’anno l’anniversario della Nakba e dell’occupazione della Palestina da parte del movimento sionista avviene in concomitanza con l’intensificarsi delle proteste nel quartiere palestinese di Sheikh Jarrah a Gerusalemme, dove decine di famiglie palestinesi si trovano nel mirino dei coloni sionisti.
La maggioranza degli abitanti di questo quartiere vi era arrivata dopo essere stata cacciata dalle proprie case nel 1948. Da anni le forze d’occupazione israeliana ha preso di mira quest’area, tentando di cacciarne gli abitanti palestinesi, per portare avanti il proprio obiettivo di giudeizzazione di Gerusalemme.
Negli ultimi giorni abbiamo assistito a un’escalation delle violenze da parte di coloni e polizia israeliana anche in altri quartieri e sobborghi di Gerusalemme, culminata negli episodi della Spianata delle Moschee, dove è stata attuata una chiara aggressione ai fedeli in preghiera durante il mese di Ramadan.
In aggiunta a tutto ciò, negli ultimi due giorni la situazione si è deteriorata anche a Gaza, dove proseguono i bombardamenti israeliani nel tentativo di piegare la resistenza portata avanti dalle varie forze palestinesi in risposta ai crimini sionisti a Gerusalemme.
Si registrano manifestazioni e scontri anche nelle maggiori città dei territori occupati del 1948 e della Cisgiordania, dove i palestinesi sono scesi in piazza in appoggio alla popolazione di Gerusalemme.
Chiediamo a tutti i militanti, simpatizzanti, solidali con la Palestina, e a tutti i partiti, sindacati, associazioni, di unirsi a noi in piazza per manifestare contro le politiche criminali e di pulizia etnica dello stato di occupazione israeliana contro il popolo palestinese.
- Associazione Amicizia Sardegna Palestina
- Comunità Palestinese Sardegna
N.B.:
Si invita ad indossare le mascherine e a rispettare il distanziamento
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La Confederazione Sindacale Sarda-CSS aderisce al SIT-IN del 14 maggio 2021 per la pace giusta in Palestina perché cessino immediatamente i bombardamenti e si rispettino i patti internazionali nel riconoscimento reciproco dei diritti dei due popoli palestinese e israeliano.
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Sanders e Ocasio-Cortez a fianco della resistenza palestinese: stop alla colonizzazione israeliana
L’eco di questa resistenza popolare nel cuore di Gerusalemme Est ha varcato l’Oceano e ha raggiunto gli Stati Uniti. Su Globalist.
PNRR in Sardegna. Per essere informati e preparati.
La sedia di Vanni Tola.
Recovery Fund e transizione verso l’idrogeno verde. Problematica complessa che riguarda tutti.
Nei prossimi giorni sentiremo parlare di PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza), decarbonizzazione dell’Isola, piano di metanizzazione, produzione di Idrogeno come fonte energetica alternativa ed ecologica. Perché se ne parlerà? Principalmente perché il 17 Maggio, il Ministro della Transizione Ecologica incontrerà in video conferenza le forze politiche regionali, i sindacati confederali, le organizzazioni di categoria e le forze sociali, per esaminare con loro le linee guida per la riforma del sistema energetico dell’Isola. Lo prevede il progetto PNRR predisposto dal Ministero. Saremo chiamati, in misura differente, a intervenire sull’argomento, a esprimere le nostre opinioni e scegliere tra diverse ipotesi di sviluppo energetico. Dobbiamo sapere che queste scelte saranno fondamentali per lo sviluppo della Sardegna. Proviamo quindi a capirci qualcosa di più. [segue]
Oggi giovedì 13 maggio 2021
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Facciamo pace a Gerusalemme
C’è solo un modo per mettere fine alle terribili violenze che stanno insanguinando Gerusalemme e la Terra Santa: riconoscere ai palestinesi la stessa dignità, la stessa libertà e gli stessi diritti che riconosciamo agli israeliani. Nessuna pace può essere edificata sulla persecuzione di un intero popolo, sull’occupazione militare, l’arbitrio, gli abusi, la sopraffazione, l’umiliazione, le deportazioni, l’apartheid, la continua violazioni di tutti i fondamentali diritti umani.
Non basta invocare la fine delle violenze. Non c’è e non ci sarà mai pace senza giustizia. Rinnoviamo, ancora una volta, il nostro accorato appello a tutti i responsabili della politica nazionale, europea e internazionale perché intervengano energicamente per far rispettare il diritto internazionale dei diritti umani, la legalità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Tavola della Pace
Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani
Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” dell’Università di Padova
Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace” dell’Università di Padova
Per adesioni: adesioni@perlapace.it
Perugia, 11 maggio 2021
Per informazioni:
Tavola della pace
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73 anni di Nakba
13 Maggio 2021 su il manifesto sardo.
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“Colpevoli” – Andreotti, Gelli e la P2 visti da vicino
13 Maggio 2021
Carlo Dore jr. su Democraziaoggi.
E’ in libreria un volume interessante sulla recente storia nascosta del nostro Paese: “Colpevoli” – Andreotti, Gelli e la P2 visti dva vicino, Ed. Chiarelettere, 2021, Ecco una recensione di Carlo Dore jr., brillante giurista dell’Ateneo cagliaritano.
Cosa è stata la Loggia P2? […]
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APPELLO: Facciamo pace a Gerusalemme! Noi aderiamo, aderite!
Facciamo pace a Gerusalemme
C’è solo un modo per mettere fine alle terribili violenze che stanno insanguinando Gerusalemme e la Terra Santa: riconoscere ai palestinesi la stessa dignità, la stessa libertà e gli stessi diritti che riconosciamo agli israeliani. Nessuna pace può essere edificata sulla persecuzione di un intero popolo, sull’occupazione militare, l’arbitrio, gli abusi, la sopraffazione, l’umiliazione, le deportazioni, l’apartheid, la continua violazioni di tutti i fondamentali diritti umani.
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PNRR. Analisi, critiche e proposte della CISL Sarda.
Recovery. «Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la Sardegna». «Occorre equilibrare gli interventi mettendo insieme capacità di governance, competitività, produttività e giustizia sociale». Nota della Segreteria regionale Cisl sarda (dies 63/2021)
CAGLIARI – La valutazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per quel che concerne la Sardegna, obbliga anzitutto a una riflessione che va oltre la consistente dotazione finanziaria e la sua complessa costruzione programmatoria e attuativa.
Superato il primo ventennio degli anni duemila la Sardegna, indipendentemente dalle conseguenze provocate dalla pandemia da covid19, non ha recuperato i divari economici e sociali sia rispetto alle regioni del centro-nord del Paese sia rispetto al dato medio dell’Unione Europea. [segue]