Monthly Archives: aprile 2021
1° maggio: buon primo maggio a tutti
SE MANCA LA MATERIA PRIMA
di Gianni Loy
Festa celebrata con tristezza, oggi come tante altre volte, perché ancora scorre, davanti ai nostri occhi, il lavoro come forma di sfruttamento, il lavoro che manca, il lavoro che uccide. Scorrono, impietosamente, le immagini di chi, per guadagnarsi un pane, è costretto a piegarsi ad ogni umiliazione, ad abbandonare la propria terra, a morire, senza sepoltura, di morte atroce.
Sembra che l’angelo del dipinto ancora brandisca la spada della cacciata dal paradiso terrestre. Che i nostri primi progenitori ancora fuggano dal giardino verso l’ignoto, inseguiti dallo sguardo del Dio poderoso, lasciandosi alle spalle la felicità.
Sembra ancora di udire le parole della condanna: maledetta la terra, da essa, con fatica, trarrai il nutrimento, mangerai il pane con il sudore del tua fronte.
Così nacque il lavoro, come maledizione, come sofferenza; per i credenti come espiazione dal peccato originale. Spregevole fatica destinata agli schiavi, ai servi, ai rematori delle galere. Ché le persone “libere” disdegnavano. Non è neppure lontano il tempo in cui le donne della borghesia persino fuggivano i raggi del sole per non essere confuse con le loro sorelle che, lavorando nei campi dall’alba al tramonto, vedevano iscurire la loro pelle. Più tardi l’avrebbero chiamata abbronzatura.
- Che questo lavoro sia maledetto! Ebbe a gridare anche Victor Hugo, alla vista di fanciulli, dei quali neppure uno sorrideva, e di bimbe di otto anni “che vanno a lavorare quindici ore sotto le macine, che se ne vanno dall’alba alla sera, a far eternamente, nella medesima prigione, il medesimo movimento”.
Il giorno d’oggi non ci consola. Né nelle periferie, lontane eppur così vicine, né sul nostro marciapiede. Le leggi hanno affermato i fondamentali diritti della persona che lavora ma non hanno potuto arrestare la povertà che ancora prospera proprio a causa del lavoro negato e del lavoro sfruttato.
Eppure, sin dal principio, è germogliata una differente e contrapposta visione del lavoro che, ben lungi dall’esser considerato una condanna ed una pena, veniva riscoperto nel suo valore essenziale di dignità della persona. A partire dallo stesso San Paolo che, pur potendosi avvalere, in quanto ministro del culto, del diritto di esser mantenuto dalla Comunità, decide, invece, di mantenersi con il proprio lavoro e proclama con orgoglio: “nessuno mi toglierà questo vanto”.
Un percorso lento e faticoso. La schiavitù è scomparsa dal diario della storia appena l’altro giorno, e neppure del tutto. È stata necessaria la ribellione organizzata degli sfruttati, con il sacrificio di innumerevoli vittime, per far progredire la storia. Così che, oggi, è proprio sul lavoro che si fonda la Repubblica italiana e a tutti i cittadini viene chiesto di concorrere, con la propria attività, al progresso materiale o spirituale dell’intera società.
Per altro verso, è attraverso la cultura che dovrà penetrare nell’intimo di ogni persona, e della collettività nel suo insieme, la consapevolezza della dignità insita in ogni attività umana.
La storia va avanti, ma il processo di crescita democratica a volte s’inceppa. In un primo maggio devastato dalla pandemia, due esempi possono aiutarci a meglio intendere il valore del lavoro.
Il primo è quello di un Papa che proprio il primo maggio dell’anno passato, durante la celebrazione della messa, nella cappella di Casa Santa Marta, ha raccontato una parabola. Un uomo, rimasto senza lavoro e impossibilitato a sfamare la propria famiglia, si recò nella sede della Caritas per chiedere aiuto. Un volontario gli diede un pacco contenente prodotti alimentari e, nel consegnarglielo, gli disse: “Almeno lei può portare il pane a casa”. Quell’uomo, al sentire quelle parole, si rivolse al volontario e gli rispose: “Ma a me non basta questo, non è sufficiente. Io, il pane che porto a casa lo voglio guadagnare”. Papa Francesco, in perfetto stile stile evangelico, ha così commentato: – Vedete. A quell’uomo mancava la dignità, la dignità di poter ‘fare’ egli stesso il pane con il proprio lavoro e portarlo a casa. La dignità del lavoro, che tanto è calpestata, purtroppo.
Chi non lavora “non ha”, è evidente, ma soprattutto “non è”.
Papa Francesco ha concluso ricordando che il lavoro altro non è che la continuazione della creazione e che “il lavoro umano è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio alla fine della creazione dell’Universo”.
Il secondo è un ammonimento del nostro Remundu Piras, in occasione dei festeggiamenti di Sant’Antiogu, nel 1976 a Ghilarza. Prima di tutto, con una bellissima espressione, ha invitato tutti a “guardare in faccia il lavoro”: “Nara a sa moderna zonventude, de abbaidare su trabagliu in cara”, cioè a prendere piena consapevolezza del suo valore.
Quindi, con una mirabile metafora, spiega l’indispensabilità del lavoro, perché “sena s’istuppa non faghet filonzu, non ballat fusu e non si faghet filu …” In mancanza della stoppa non si può filare, il fuso non potrà “ballare” e non si potrà produrre il filato.
Insomma, il lavoro è la materia prima. Senza lavoro, senza un lavoro dignitoso, la terra, questa nostra unica terra, calpesta e derisa, non potrà ballare.
Gianni Loy
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Nell’illustrazione in testa: Cappella Brancacci, Cacciata di Adamo ed Eva (restaurato).
Autore: Masaccio – Data 1424-1425 – Tecnica: affresco Dimensioni 214×88 cm.
Ubicazione: Cappella Brancacci, chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze.
Nelle foto:
- manifestazione di lavoratori ambulanti, giostrai, torronai. Cagliari 21 aprile 2021.
- la prima pagina de Il Manifesto, del primo maggio 2021.
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IN PRIMO PIANO
1° maggio 2021: la solitudine dei lavoratori
30-04-2021 – di: Livio Pepino su Volerelaluna
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1° maggio a Cagliari
Sant’Efisio
Che succede?
- DRAGHI E FORZE POLITICHE SU BINARI DIVERSI. PRO E CONTRO DEL PNRR. Su C3dem.
- OMOFOBIA, I DUBBI DELLA CEI. L’ARRESTO DEGLI EX TERRORISTI. LA UE E I MIGRANTI. Su C3dem.
- L’ANIMA DEL PNRR. Su C3dem.
- Cristianesimo interiore e presenza nella storia. Intorno a un discorso di Dossetti (1986). Su C3dem.
PNRR in Sardegna. La questione energetica tra scelte obbligate e nuove prospettive
La questione energetica dell’Isola nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il dibattito concernente il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sta evidenziando in Sardegna l’assoluta incapacità programmatoria della Giunta regionale e la sostanziale mancanza di una prospettiva di sviluppo dell’economia regionale, che contraddistingue l’apparato politico dell’Isola.
[segue]
Oggi venerdì 30 aprile 2021
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Recovery Fund, ecco i 187 progetti proposti dalla Sardegna al Governo Draghi. Pochi soldi per sanità e cultura ma rispunta il metanodotto! Sul Sito di vitobiolchini.it
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Oggi Venerdí 30 aprile 2021, ore 18. Quinto appuntamento della rassegna “1921 fondazione del PCd’I e del PSd’Az Cento anni dopo, il lascito di Gramsci, Lussu, Laconi e Melis”. Si parla di Emilio Lussu, a partire dal libro del professor Italo Birocchi, dell’Università La Sapienza di Roma, “Emilio Lussu giurista”. Intervengono Gabriella Lanero, Giuseppe Caboni, Rosamaria Maggio, Andrea Pubusa, Piero Sanna, Luisa Sassu. [segue]
Recovery Plan in Sardegna: Zes e portualità
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Segnaliamo l’interessante webinar su Zes e portualita’ nel Mezzogiorno, di cui si può rivedere la registrazione in rete. Purtroppo totalmente assenti esponenti sardi. I temi trattati sono molti, tra cui quello clou dell’attuazione delle Zes, su cui torneremo. Qui mi soffermo solo sull’intervento di Massimo Deandreis, direttore del SRM, per riprendere una sua considerazione/proposta, quella di un necessario intervento dell’Università e della ricerca nel settore della portualita’ e dell’intermodalita’. Al riguardo ha citato il porto di Amburgo, nel quale è insediata un’università della logistica (ne riportiamo sotto il riferimento web). Una bella iniziativa da proporre nella situazione sarda (Cagliari e non solo). Ne riparleremo a proposito della programmazione del Recovery plan.
Oggi giovedì 29 aprile 2021
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Con i Patti costruiamo comunità solidali e resilienti
Facciamo un passo ulteriore rispetto al ruolo tradizionale dei Patti di collaborazione, riconoscendo agli effetti immateriali dei Patti una funzione di interesse generale di cui finora non si aveva consapevolezza
di Gregorio Arena – Labsus e su Democraziaoggi.
Entro la fine del mese l’Italia consegnerà alla Commissione Europea il proprio Piano Nazionale di Ripresa […]
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I Cattolici in Politica. In campo anche scelte di forte discontinuità. Il dibattito si approfondisce e si allarga.
Riprendiamo dal sito del nuovo partito di ispirazione cristiana Politica Insieme un intervento di Stefano Zamagni, personalità eminente dell’intellettualità cattolica, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, che della nuova formazione politica è cofondatore. Crediamo sia un importante contributo al dibattito sulla presenza dei Cattolici in Politica, che va approfondendosi e allargandosi. Quantunque desti molte perplessità la formazione di un partito, che pur ispirandosi ai valori cristiani e significativamente legato alla Dottrina sociale della Chiesa e particolarmente al Magistero di Papa Francesco, si dichiara laico e aperto a tutti coloro che ne condividono i valori di fondo a cui appunto si ispira, a prescindere dalle appartenenze religiose o di altra natura. Per semplificare: aperto ai credenti, ai non credenti, ai diversamente credenti.
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CONCRETIZZARE LA FRATELLI TUTTI CON UNA NUOVA PRESENZA IN POLITICA
di Stefano Zamagni.
Apr 27, 2021 – 07:13:30 – CEST su PoliticaInsieme
1.Con l’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco ha compiuto un salto di qualità nella comunicazione. Per la prima volta, infatti, il riferimento alla politica non è indiretto, ma esplicito. Il capitolo V si intitola “La migliore politica”, e al paragrafo 171 viene precisato che la politica non deve sottomettersi all’economia, e che questa a sua volta non deve sottomettersi al paradigma efficientista della tecnocrazia. Come ampiamente noto, fino agli anni ’70-80 del secolo scorso era la politica a guidare le danze, e l’economia interveniva in seconda battuta per dare attuazione a quanto politicamente veniva stabilito. Oggi, in tutto il mondo occidentale, avviene il contrario: gruppi di imprese, si pensi a certe finanziarie, all’high tech, al big pharma, hanno un tale potere di ricatto e di condizionamento sulla politica, che l’uomo della strada neppure immagina. Ebbene, il partito Insieme nasce il 4 ottobre 2020 anche sulla base di considerazioni come queste.
Parlare di politica equivale a parlare di potere. Due sono le dimensioni del potere che vanno attentamente distinte. Il potere come influenza, che mira a incidere sui comportamenti individuali attraverso l’educazione e la formazione politica, così da accrescere il senso di responsabilità dei cittadini. È questo il compito specifico delle tante scuole di formazione socio-politica, delle fondazioni culturali, dell’associazionismo di promozione sociale. Il potere come potenza mira invece a modificare le regole del gioco, cioè l’assetto istituzionale. Un tale compito non può che essere svolto dai partiti politici. La ragione è presto detta. In democrazia, l’assetto istituzionale si modifica nei parlamenti e nei governi, entità queste che rappresentano il campo d’azione dei partiti, non certo delle associazioni.
Nel corso dell’ultimo quarto di secolo, entro il variegato mondo dell’associazionismo cattolico, si è andata imponendo una posizione a dir poco ingenua, quella secondo cui la responsabilità del cittadino cattolico si esaurirebbe nel piano pre-politico, quello cioè del potere come influenza. Di qui il triste fenomeno della diaspora cattolica con la conseguente adiaforia etica, cioè l’indifferenza di fronte al bene e al male. Conviene rammentare che la diaspora consegue all’accoglimento della tesi di Agostino, per il quale la politica serve a porre un freno al male – a limitare cioè il katechon. Per Tommaso, invece, la politica ha il compito di realizzare il bene comune. Lo spirito di soggezione del nostro mondo cattolico nei confronti di altre matrici culturali in ambito politico è figlio della diaspora.
2.Un partito si regge su tre capisaldi: l’identità; un progetto di trasformazione dell’esistente che abbia il respiro della visione; un metodo (Methodos, in greco, è la via che occorre seguire per conseguire lo scopo). Tutte e tre le componenti vanno tenute insieme se si vuole scongiurare il rischio, per un verso, della faziosità (l’identità che diventa ideologia) e, per l’altro verso, dello sterile pragmatismo (il programma delle cose da fare privo di un orizzonte di senso). Circa il metodo, il principio che guida è questo: su ciò che unisce, si agisce; su ciò che divide, si ricerca. È questo il fondamento della temperanza – cosa ben diversa dal moderatismo conservatore.
L’Italia di oggi ha bisogno urgente di una triplice scossa. Primo, una scossa spirituale per contrastare i corifei delle passioni tristi (Spinoza), di chi ritiene che non ci siano alternative allo status quo e di chi indulge alla “cultura del piagnisteo”. Secondo, una scossa politica che valga ad affermare che la vocazione propria della politica è quella del bene comune e non del bene totale. Terzo, una scossa economica che immetta il nostro paese su un sentiero di prosperità inclusiva in grado di contrastare l’avanzata dei dualismi, territoriali e sociali, e di realizzare l’integralità dello sviluppo umano. Come ognuno può comprendere, rispetto a sfide del genere, l’approccio riformista non è sufficiente, perché le riforme mirano a dare nuova forma ad un sistema che non si vuole cambiare, mentre è proprio questo che invece va cambiato in alcuni suoi “pezzi” basilari.
Ebbene, Insieme è il nuovo partito (non già un partito nuovo) che fa suo l’approccio trasformazionale per rispondere, con mitezza e perciò con determinazione, alla triplice sfida di cui sopra. Quale il suo genoma? Insieme è un partito:
di ispirazione cristiana, quindi laico e non laicista, che si riconosce nella matrice culturale giudaico-cristiana. In quanto laico, è aperto a credenti, non credenti, diversamente credenti;
di centro ed autonomo rispetto sia alla destra sia alla sinistra, che ricerca il dialogo sincero e il confronto con altre posizioni politiche. E’ cosa nota che il modello di democrazia liberale non può fare a meno di un Centro autonomo. È la re-istituzionalizzazione del Centro politico ciò di cui l’Italia ha oggi necessità;
popolare e perciò antipopulista. Un partito popolare non si limita a dare risposte ai tanti portatori di interesse, ma suscita le domande latenti nella società e le anticipa. Respinge la democrazia diretta a favore della democrazia rappresentativa;
che fa della temperanza la sua divisa metodologica. Respinge pertanto la negative politics, quella che cerca in consenso denigrando e insultando le altre forze politiche.
3. In coerenza con quanto precede, quali trasformazioni Insieme ritiene che sia oggi più urgente avviare nel nostro Paese? Ne indico cinque:
1.la trasformazione del modello bipolare di ordine sociale fondato su Stato e Mercato, e quindi sulle due categorie del pubblico e del privato, nel modello tripolare Stato, Mercato, Comunità. Solamente tale trasformazione è possibile dare ali al principio di sussidiarietà, secondo quanto contemplato dall’art.118 della Carta Costituzionale, del Codice del Terzo Settore (D. Lgs. 117/2017) e della originale sentenza 131/2020 della Corte Costituzionale. Quella finora accolta non è la piena sussidiarietà, ma semplicemente un suo surrogato. Non solo, ma il passaggio, da tutti invocato, dall’obsoleto modello di Welfare State (Stato del benessere) a quello del Welfare Society (Società del benessere) mai potrà essere realizzato restando entro lo schema Stato-Mercato – a meno di voler rinunciare all’universalismo delle prestazioni, autentica conquista di civiltà. Un welfare delle capacità di vita, in sostituzione dell’attuale welfare delle condizioni di vita, esige la messa al centro della famiglia (e delle reti familiari), vista come soggetto e non come oggetto della benevolenza pubblica;
2.una seconda trasformazione riguarda il comparto dell’economia, divenuta la nuova grammatica della società. L’impianto del nostro assetto economico-istituzionale è ancora prevalentemente di tipo estrattivo. È di istituzioni economiche inclusive ciò di cui l’Italia ha bisogno, se si vuole ridurre significativamente l’area della rendita che, nell’ultimo quarantennio, si è andata espandendo a danno del profitto e del salario. La stanchezza della cultura imprenditoriale (e il declino dei livelli di produttività), oltre che il nanismo del sistema di impresa trovano in questo la loro causa principale. Lo stesso dicasi della condizione di sofferenza delle famiglie, soprattutto di quelle numerose, ingiustamente penalizzate. Se si crede che è il lavoro, nella duplice dimensione acquisitiva ed espressiva, il fattore decisivo di libertà, oltre che di benessere, allora occorre dire che è l’impresa che crea Ma l’impresa nella molteplicità delle su forme: di tipo capitalistico, cooperativa, impresa sociale, società benefit. Insieme respinge sia la prosperità senza inclusione sia l’inclusività senza prosperità, che si attua per via assistenzialistica;
3.una terza trasformazione chiama in causa il sistema scuola-università. Cosa c’è da trasformare? Il fondamento stesso del sistema: scuola e università devono tornare ad essere luoghi di educazione e non solamente di istruzione. Nel Patto Globale per l’Educazione (15 ottobre 2020), papa Francesco indica come all’origine della crisi della scuola vi sia l’abbandono, nel corso dell’ultimo secolo, del concetto aristotelico di conazione – parola che viene dalla crasi tra conoscenza e azione – ed il cui significato è quello di porre la conoscenza al servizio dell’azione e di non consentire che l’azione abbia luogo se non su una base di conoscenza. Le nostre scuole e università veicolano bensì la conoscenza, pure di buon livello, grazie alle riforme dell’istruzione dei passati decenni, ma non aiutano i giovani ad inserirsi “nella realtà totale”. (Di qui il triste fenomeno della fuga dei cervelli). Volere fare la cosa giusta è qualcosa di diverso dal sapere la cosa giusta da fare; e questo è qualcosa di diverso dal fare effettivamente la cosa giusta. E’ responsabilità specifica delle istituzioni scolastiche quelle non solo di vedere il mondo così com’è (istruzione), ma anche di immaginare il mondo come potrebbe essere (educazione);
4.il discorso sull’Europa va ripreso di petto. Insieme, è un partito convintamente europeista e dunque il suo è un europeismo pro-attivo che respinge sia l’opzione sovranista sia l’atteggiamento succube di chi, per complessi di inferiorità o per accidia, accoglie passivamente ogni decisione presa da altri. Insieme si adopererà per rivedere in profondità il contenuto dei Trattati, da quello di Maastricht (1992), a quello di Dublino e altri. Si tratta di riprendere il disegno originario dei padri fondatori del progetto europeo mirante ad una “Unione di diversi”, nella quale moneta unica e mercato unico devono intrecciarsi all’unitarietà delle politiche estera, fiscale, di welfare. Insieme fa proprio il monito di Pericle che, nel celebre “discorso agli Ateniesi”, scrisse che nessuna democrazia potrà mai durare a lungo se la più parte dei suoi membri è formata da idiotés, da soggetti cioè che vedono solo il proprio ego e il proprio interesse;
5.da ultimo, ma certo non per ultimo, Insieme si batterà per vedere affermate le ragioni del progetto neo-umanista, contrastando l’avanzata, a dir poco preoccupante, di quello trans-umanista. In California, dove all’inizio del secolo è stata fondata l’Università della Singolarità, culla del trans-umanesimo, si coltiva la speranza che entro il 2050 si possa arrivare ad un ordine sociale in cui non vi sarà più bisogno dell’essere umano, un ente giudicato ormai antiquato. La nuova frontiera è quella della “coscienza artificiale” che andrebbe ad aggiungersi alla già acquisita intelligenza artificiale. Non v’è chi non veda dove la deriva della “servitù digitale” potrebbe portare. Per questo, Insieme pone al centro della propria strategia per l’ambiente il principio della sostenibilità antropologica – di cui nessuno parla mai –, in aggiunta alla sostenibilità ecologica e a quella socio-economica. È triste osservare che nel dibattito in corso nessuna forza politica ne faccia parola. L’Italia ha donato al mondo l’Umanesimo civile (XV secolo) e poi il Rinascimento. Bisogna adoperarsi – e Insieme lo farà – perché l’Unione Europea affidi al nostro paese il compito di far decollare e di sostenere il progetto del neo-umanesimo.
Per concludere. Avere dimenticato il fatto che non è sostenibile una società di umani in cui si estingue il senso di fraternità e in cui tutto si riduce, per un verso, a migliorare le transazioni basate sullo scambio di equivalenti e, per l’altro verso, ad aumentare i trasferimenti attuati da strutture assistenziali di natura pubblica, ci dà conto del perché, nonostante la qualità delle forze intellettuali in campo, non si sia an cora addivenuti ad una soluzione credibile di quel trade-off. Non è capace di futuro la società in cui si dissolve il principio di fraternità; non c’è felicità in quella società in cui esiste solamente il “dare per avere” oppure il “dare per dovere”. Ecco perché, né la visione liberal-individualista del mondo, in cui tutto (o quasi) è scambio, né la visione statocentrica della società, in cui tutto (o quasi) è doverosità, sono guide sicure per farci uscire dalle secche in cui iperglobalizzazione e 4° rivoluzione industriale stanno mettendo a dura prova la tenuta del nostro modello di civilizzazione. Restituire un’anima alla politica – questa la missione che Insieme ha deciso di assegnarsi. Ci vogliono grandi cause, ancorché talvolta deviate dal loro alveo originale, per mobilitare le persone in gran numero. Non esiste forza politica, degna di questo nome, che non si rifaccia ad un’ispirazione. Senza di essa, un partito si riduce ad una mera aggregazione mercantile. “La tradizione – ha scritto Gustav Malher – è la salvaguardia del fuoco, non la conservazione delle ceneri”. È per questo che l’unità non si oppone alla pluralità delle posizioni, ma alla divisione.
È l’individualismo libertario – questo tarlo nefasto del tessuto sociale – ad alimentare gli atteggiamenti di intolleranza, e a sostenere la pretesa di voler imporre il proprio punto di vista perché ritenuto quello vero e opportuno. Lo sguardo di Insieme è uno sguardo che non giudica e, tanto meno, delegittima l’altro. Insieme fa proprio il modello della con-vivenza di stampo personalista. Il quale postula il rispetto di tre regole basilari. La prima è la pratica del principio di reciprocità (da non confondersi con quello dello scambio). La seconda è il rifiuto dell’uniformismo, secondo cui tutti dovrebbero pensare allo stesso modo. È questo il grave rischio del pensiero di gruppo (“group think”, nel senso di L. Janis) che limita la creatività. La terza condizione è che la comunanza delle azioni va declinata sui fini da raggiungere e non già sui mezzi.
Sono ben consapevole delle grandi sfide che questo nostro tempo ci lancia e dei limiti di Insieme. Ma so anche che il senso di possibilità dipende non solo dalle opportunità e dalle risorse, ma pure dalla speranza. Ci sono due modi errati di affrontare le difficoltà. L’uno è cedere alla tentazione di rimanere al di sopra della realtà con l’utopia; l’altro è la tendenza a rimanere al di sotto della realtà con la rassegnazione. Dobbiamo scongiurare tentazioni del genere. Piuttosto, dobbiamo coltivare il seme della speranza, la quale poggia sulla certezza che la realtà non è un dato, ma un compito. E’ la speranza che sprona all’azione, all’intraprendenza: chi è capace di sperare è anche colui che è capace di agire per vincere la paralizzante apatia dell’esistente.
“Hanno spine le rose; fango gli argentei rivi”. (W. Shakespeare). E’ proprio così, ma quando le rose poi sbocciano ripagano, con la loro bellezza, le sofferenze patite e gli sforzi profusi. Mai si dimentichi che con i mattoni si costruisce, ma è grazie alle radici che si avanza. E le radici di Insieme sono profonde e robuste.
Stefano Zamagni
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Un articolo di Famiglia Cristiana (Stefano Zamagni con papa Francesco durante l’udienza concessa da Bergoglio ad una delegazione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali il 2 maggio 2019.)
Foto e Approfondimenti: https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2019/5/2/plenaria-pass.html
Appoggiamo i cittadini attivi di Is Mirrionis
Oggi su L’Unione Sarda.
Signor Sindaco del Comune di Cagliari
L’associazione socio-culturale Aladinpensiero, che aderisce alla Casa del Quartiere Is Mirrionis, condivide e appoggia la petizione del Comitato di via Quintino Sella, che sotto si riporta.
CON FORZA CHIEDIAMO CHE I DUE GIARDINI DI VIA MONTEVECCHIO E DELLA CIRCOSCRIZIONE SIANO UNITI. DA MOLTI ANNI ASPETTIAMO CHE QUESTA IDEA CONDIVISA DAI RESIDENTI CON TUTTI GLI AMMINISTRATORI PER LA RIQUALIFICARE L’AREA VADA IN PORTO. SIA RIAPERTA LA BIBLIOTECA E IL GIARDINO SIA UNA ZONA PROTETTA PER ANZIANI E BAMBINI.
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Cordialità. Franco Meloni, presidente associazione Aladinpensiero e direttore dell’omonima pubblicazione online. [segue lettera dei Comitati]
Oggi mercoledì 28 aprile 2021 – Sa die de sa Sardigna.
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Sa die de sa Sardinia: lo scommiato dei piemontesi
28 Aprile 2021 su Democraziaoggi.
Oggi in Sardegna si festeggia “Sa die”, in ricordo del 28 aprile del 1794, giornata in cui il popolo di Cagliari e gli organi del Regnum Sardiniae cacciarono il vicerè e i piemontesi dalla Sardegna. Sulla vicenda ecco uno stralcio dal libro di Andrea Pubusa su Giommaria Angioy.
La FASI, l’associazione dei circoli dei sardi in […]
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Mario Melis, il Presidente dei sardi: quale lascito?
28 Aprile 2021
Franco Ventroni su Democraziaoggi.
Oggi, Sa die de sa Sardinia, ecco il ricordo di Mario Melis, Presidente dei sardi.
E’ in corso di svolgimento il ciclo di dibattiti, organizzato dalla Scuola di Cultura Politica “Francesco Cocco”, dal titolo “CENTO ANNI DOPO: il lascito di Gramsci, Lussu, Laconi e Melis“. Il 30 prossimo si terrà il webinar conclusivo su Emilio […]
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PNRR: E per la Sardegna? Per ora parliamo di ferrovie…
Questa cartina è stata pubblicata poco fa sulla pagina fb di Franciscu Sedda, persona seria e competente del quale mi fido a prescindere dalle appartenenze (https://www.facebook.com/franciscu.sedda/posts/10159206731723024). Credo dia conto delle scelte sull’alta velocità sul territorio italiano, che escludono la Sardegna. Ora è vero che alla Sardegna non serve l’alta velocità ma treni efficienti che in tempi accettabili (poco più di un’ora) ci portino da Cagliari a Sassari e vc e da Cagliari a Olbia (passando per Macomer e Nuoro) e vc. Ovviamente queste dorsali devono essere dentro un sistema di collegamenti con i centri minori. So che i nostri esperti dell’Università hanno studiato un piano (o più) che hanno condiviso con i Sindaci (non so precisamente quali, ma sicuramente quelli delle città, che al riguardo si sono espressi unitariamente). Mi chiedo se nel PNRR ci sono i soldi per consentire alla Sardegna un decente sistema di trasporti, che facciano perno sulle ferrovie. Professor Gianfranco Fancello (Università), signori Sindaci, per favore intervenite!
America America
I CENTO GIORNI DI JOE BIDEN
di Marino de Medici
A cento giorni dal suo insediamento, il presidente Biden gode di un blando quoziente di approvazione – il 52 per cento – ma di un miglior responso in fatto di misure di soccorso economico (65 per cento) e di controllo della pandemia (64 per cento). Dove l’azione di Biden non convince è nel rinnovo delle infrastrutture ed in misura più marcata nella politica immigratoria (37 per cento).
Un rilevamento però preoccupa, quello che giudica Biden “troppo liberale”, pari al 40 per cento, più alto di quello attribuito ai suoi predecessori Obama e Clinton. Ma c’è un altro sondaggio che porta acqua al molino di Joe Biden, l’aumento della percentuale (al 45 per cento) di americani che favoriscono un più ampio ruolo del governo federale e più servizi offerti dallo stesso, in linea con la politica di Biden imperniata su misure volte a sollevare un gran numero di americani da pesanti ristrettezze socio-economiche.
28 de abrili Sa die de sa Sardigna
Sa Die 2021, sa bandela, sa festa, s’innu: sos sinnos de sa NATZIONE SARDA
Come l’anno scorso celebreremo la festa del Popolo sardo, “Sa Die de sa Sardigna 2021” chiusi nelle nostre case. Il Comitato, nell’augurare ai Sardi ogni soddisfazione e benessere, propone di diffondere nei propri siti (fb, instagramm, twitter, telegram, tictoc etc) l’allegato “MESSAGGIO PER SA DIE 2021”, che abbiamo reso disponibile in italiano, sardo-campidanese e in sardo-logudorese, e di esporre la bandiera sarda nelle proprie case. E NEI VOSTRI SOCIAL. Augurios, frades Sardos!
MESSAGGIO DEL COMITATO PER SA DIE DE SA SARDIGNA 2021
Come l’anno scorso celebreremo la festa del Popolo sardo, “Sa Die de sa Sardigna 2021” chiusi nelle nostre case. Il Comitato, nell’augurare ai Sardi ogni soddisfazione e benessere, propone di diffondere nei propri siti (fb, instagramm, twitter, telegram, tictoc etc) l’allegato “MESSAGGIO PER SA DIE 2021”, che abbiamo reso disponibile in italiano, sardo-campidanese e in sardo-logudorese, e di esporre la bandiera sarda nelle proprie case.
L’insurrezione cagliaritana del 28 aprile 1794 – ancora oggi viva nella memoria collettiva – sta alla base di “Sa Die de sa Sardigna”, la Giornata del Popolo Sardo che si celebra tutti gli anni, proprio il 28 aprile, e che anche il Comitato celebra nell’Aula del presente Parlamento sardo.
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Il tempo che stiamo vivendo ha impedito la partecipazione popolare alla Pasqua, alla festa del centenario della nascita del partito sardo (17 aprile) e alla festa della liberazione dal nazifascismo (25 aprile). Il 28 aprile, ricorre Sa Die de sa Sardigna, la festa che la Regione Autonoma della Sardegna ha dedicato al passato e al presente di questo popolo. Pochi giorni dopo, il 1 Maggio, è la Festa dei lavoratori in tutto il mondo e in Sardegna, non solo a Cagliari, di sant’Efisio.
Il popolo è invitato al rispetto di regole di prudenza che comportano la distanza reciproca e la rinuncia allo spazio pubblico.
Più di mille e trecento sardi sono stati finora vittime della malattia, e troppi sono stati travolti dalla seconda ondata della pandemia.
Sembra ripetersi il tragico destino delle migliaia di giovani che persero la vita nell’insensata catastrofe della Prima Guerra Mondiale. Allora quel “mare de dolore” provocò la reazione che spinse tanti giovani ad organizzarsi perché non si ripetesse quella carneficina, e perché quel sangue versato divenisse lievito di resurrezione di un popolo misero e calpestato.
La Sardegna si avvia ad affrontare forse alcuni tra i giorni più difficili, prima che la pandemia sia debellata. E’ il momento in cui occorre il massimo sforzo individuale nel rispetto di sé e degli altri, la massima efficacia ed efficienza nell’attività delle strutture pubbliche.
I Sardi sono stati sempre capaci di affrontare i problemi con la serietà, la laboriosità, la generosità che li contraddistingue. Oggi c’è bisogno più che mai delle virtù del nostro popolo.
La Sardegna è ricca di grandi risorse umane e naturali. La nostra terra è arrivata integra sino alle soglie della contemporaneità, il progresso ha consentito di sconfiggere, con l’aiuto di popoli amici, mali secolari come la malaria. Preservare l’ambiente naturale e la terra dall’inquinamento e dalla contaminazione radioattiva di scorie nucleari e depositi di rifiuti di ogni genere è compito primario della generazione attuale di Sardi.
Il popolo sardo deve ritrovare uno spirito unitario e solidale, per superare le difficoltà attuali e intraprendere con fiducia un cammino di ripresa e sviluppo economico per conquistare migliori condizioni di vita.
Come la bandiera con i Quattro Mori, prima bandiera del Regno di Sardegna, in seguito bandiera di partito, è diventata la bandiera di tutti i Sardi, così auspichiamo che tutti i Sardi si riconoscano parte di un unico popolo e, soprattutto in questa occasione, insieme ricordino e cantino il proprio inno nazionale, “Procurade ‘e moderare, barones sa tirannia …”.
Le figure e i disegni della nostra bandiera possono decorare gli edifici delle nostre case e illuminare i nostri cuori.
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(in campidanesu, di Gianni Loy)
Is sardus torrant a fairi festa, oi, po sa Die de sa Sardigna. Da torrant a festai, occannu, in conditzionis chi non funti normalis. Epperò du fainti cun convintzioni, cun impegnu e fintzas cun cuntentesa.
Giai ch’in su tempus chi seus bivendu sa participatzioni polulari no est possibili, is tzelibradoris, religiosus o laicus chi siant, d’hant a tzelebrai a sa sola. Po mori e icussu, prus manna hat a essiri sa rensponsabilidadi insoru.
Invitaus prima ‘e tottu su populu sardu, chi est sovranu, a respettai is arregulas de prudenzia; a mantenniri sa distantzia e a ndi fairi de mancu de s’ammuntonai in is pratzas.
Prus de milli e duxentus sardus hanti perdiu sa vida in sa gherra contra de sa maladia chi seus ancora cumbattendu.
Sa Sardigna, hat imbuccau unu caminu aunia, prima chi custa pandemia siat binta de averas, s’hant a deppiri affrontai tempus forsis prus diffitzilis ancora, In su tempus benidori nos hat a toccai a fairi unu sfortzu mannu meda, con rispettu po nosus e tottu e po is atrus; e a is istitutzionis publicas depeus pediri efficientzia e efficacia.
Is sardus, de calechisiat manera, hanti ammostau, confrommi a s’istoria insoru, sa balentia de affrontai il probelmas con sediedadi, cun laboriosidadi e cun generosidadi. Oi, prus ch’in atrus tempus, depeus bentulai is virtudis de su populu nostru.
Sa richesa de sa Sardigna s’agattat in is personas de gabbale e fintzas in sa natura. Sa terra nosta est erribada sana finas a oi. Gratzias a su progressu e a s’agiudu de populus amigus est arrenescia a binciri fintzas e a maladias antigas, comenti‘e sa malaria. Su primu doveri chi teneus oi est de preservai s’ambienti naturali e sa terra, gherrendu contra de s’inquinamentu e de sa contaminatzioni nucleari, tanchendu sa porta a depositus nuclearis e a dogna tipu de aliga.
Po arrenexiri a superai is ostaculus chi si presentanta dogna di, po imbucai in d’unu caminu nou de sperantzia, po chi si potzat torrai a una vida de mellus calidadi, su populu sardu depit arrenesciri a mantenniri un’ispiritu de unidadi e de solidariedadi,
Una bandera, cussa de is quattru morus est istettia su primu istendardu de su Regnu Sardu, a pustis de un partidu est, immoi, sa bandera de tottus is sardus. A sa matessi manera, a di de oi, auguramus chi tottus is sardus si potzant arreconosciri comenti parti de un unico populu.
CUN S’AUGURIU CHI CUSTA BANDERA COSA NOSTRA, POTZAT BENTULAI IN IS DOMUS NOSTRAS ET ALLIRGAI SU CORU DE NOSATRUS TOTTUS.
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(in logudoresu, di Luciano Carta)
Sos Sardos torrrant a festare oe sa festa issoro, sa Die de sa Sardigna. Issos la torrant a proponnere occannu in cunditziones chi non sunt normales, epperò lu faghent meda cumbintos, cun impinnu, e finzas cun cuntentesa.
Sos tempos chi semus vivìndhe non cunsèntint sa partizipassiòne populare a custas festas, chi ant a esser onoràdas dae sos tzelebràntes religiosos e laicos a sa sola. Custu fattu aumèntat de meda sa responsabbilidàde de sas autoridàdes e cun issas de sos uffizios.
A su pòpulu soberànu faghìmos s’invitu de rispettare sas regulas de prudensia chi impònent sa distànsia tra sas pessònes e sa mancantzia de ispaziu prubbicu de sa vida comune.
Pius de milli e treghentos sardos b’ant lassàdu sa vida in sa gherra contra custa maladìa, medas, troppu sunt ruttos in sa gherra chi amos cumbàttidu in cust’urtimu annu.
Sa Sardìgna s’at leàdu camìnu pro affrontare sos tempos forzis pius diffiziles, primma chi sa pandemìa siat bìnchida deabbèru. Custu est su tempus inùe b’at nezessidàde de un’isforzu mannu meda, in su rispettu de se matessi e de s’ateru, po ottenner s’efficaza e s’efficentzia massima de sas istitussiònes prubbicas.
Sos Sardos ant semper tentu capazidàde de affrontare sos problemas cun sa seriedàde, sa laboriosidàde, sa generosidàde che los distìnghet. Oe pius che in ateros tempos b’at bisonzu de sas virtùdes de su pòpulu nostru.
Sa Sardigna est terra de benes mannos de omines e de natura. Sa terra nostra est arrivàda sana finzas a s’intràda de sa cuntemporaneidàde, su progressu at cunsentìdu de che bìnchere, cun s’azzùdu de pòpuòos amigos, males seculares comente sa malaria. Preservare s’ambienbte naturale e-i sa terra dae s’inquinamentu e dae sa cuntaminassiòne de sos iscartos nucleares e depòsitos de avànsos de onzi tipu est sa primma faìna de sos Sardos de oe.
Su populu sardu deppet appompiare a tènnere un’ispiritu de unidàde e de solidariedàde, si cheret brincàre sas difficultàdes e cominzàre cun isperànsia unu camìnu de cominzamèntu nou e de torràre a fagher nàschere cunditziònes de vida menzus.
Che-i sa bandhèla de sos Battor Moros, primma bandhèla de su Regnu Sardu, appustis bandhèla de unu partìdu, chi est diventàda sa bandhèla de totu sos Sardos, gai auguràmos chi totucantos nos potèmas reconnòschere parte de su matessi unicu populu.
Chi sas figuras e-i sos disìnnos de sa bandhèla nostra potant illuminare sas domos nostras e-i sos coros de totu nois.
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PRECEDENTI EDITORIALI PNRR DIBATTITO
Manca il coraggio di cambiare
Giulio Marcon su Sbilanciamoci!
26 Aprile 2021 | Sezione: Editoriale, Politica
Nelle oltre 300 pagine del Piano di ripresa e resilienza, il Recovery Plan presentato alle Camere, le parole “competizione”, “concorrenza” e “impresa” ricorrono 257 volte, il doppio delle citazioni di “lavoro”, “diseguaglianze” solo sette volte. Il lessico è importante. Infatti alle imprese vanno 50 miliardi, solo 6,6 al lavoro. Un piano senza coraggio.
Incominciamo dalle parole. Nel PNRR di Draghi la parola “concorrenza” compare 42 volte, “competizione” 79 mentre “diseguaglianze” 7 e “diritti” 18. E già questo ci dice qualcosa. Se mettiamo insieme “competizione”, “concorrenza” e “impresa” (257) hanno più del doppio di citazioni (378) di quelle del “lavoro” (179) che pure sta sulla bocca di tutti come la cosa più importante. Ora, non si tratta di mettersi a fare il campionato delle citazioni, ma l’enfasi sulle parole ha sempre qualcosa a che fare con il senso di un discorso, il suo indirizzo, le finalità cui soggiace. Il lessico ha la sua importanza. Così nel piano di Draghi le diseguaglianze scolorano nelle pari opportunità, i diritti nell’accessibilità ai servizi mentre la ricerca scientifica acquista la sua importanza se va verso l’impresa (e non per esempio verso il benessere dei cittadini).
L’impianto di Draghi è sostanzialmente tecnocratico e liberista, pur contenendo diverse cose importanti: le misure per la transizione ecologica, quelle per la medicina territoriale, per l’inclusione sociale e la scuola e altro ancora. Ci sono alcune riforme previste (nel segno della sacrosanta efficienza del sistema), ma non quelle che potrebbero dare il senso di un cambiamento sociale e più giusto del Paese: la riforma del fisco (che sta nel calderone generico delle “varie ed eventuali”), del mercato del lavoro (invertendo la rotta del precariato verso i diritti), della sanità pubblica ricostruendo le basi del Servizio sanitario nazionale, dell’introduzione dei Livelli essenziali di assistenza, già previsti da 20 anni e mai realizzati. Non c’è il coraggio di dire qualche parola in più sulla prospettiva e gli strumenti dell’intervento pubblico in economia. Nel piano manca la politica industriale (altra riforma che non c’è): non sono evidenziate le sedi, gli strumenti, i poteri di indirizzo, di stimolo e di monitoraggio delle scelte per il nostro sistema produttivo.
Le imprese continuano ad essere le più importanti beneficiarie dei fondi pubblici (come è stato nel 2020 con i vari decreti d’emergenza): quasi 50 miliardi di euro del piano, mentre alle politiche per il lavoro vanno solo 6,6 miliardi. Di diseguaglianze non si parla e soprattutto manca una strategia su come affrontarle: il discorso è sempre lo stesso, con la crescita si risolverà tutto. Ricetta falsa: non è così e non è stato così in questi anni. Sulle diseguaglianze sanitarie si dice poco o niente su come affrontarle (non si affronta il tema della divaricazione dei sistemi sanitari regionali) e così quasi nulla (briciole) sul digital divide che incombe su gran parte del Paese.
Per l’ambiente le cose potrebbero andare meglio, certamente. Anche se le associazioni ambientaliste hanno espresso già le loro critiche. Ma ci si consenta qualche dubbio sul rapporto costi-benefici di un provvedimento come quello del bonus 110% su cui anche l’UpB ha sollevato qualche dubbio: un provvedimento (che implica tante risorse) di cui non usufruiscono né i poveri né i ceti medio-bassi e il cui effetto sull’abbattimento delle emissioni è molto sovrastimato, mentre lo spazio per incentivi fiscali sull’ecoefficienza è molto più ampio e molto più diffuso. Scompaiono quasi del tutto gli incentivi per la rigenerazione energetica degli edifici pubblici e rimangono solo quelli per i privati. Tutta questa enfasi per l’investimento sull’idrogeno (più di 3 miliardi) suscita qualche interrogativo, anche perchè è un vettore energetico più che una rinnovabile. E soprattutto uno di interrogativi: se tra le varie disposizioni non si nasconda anche l’aiuto dello sviluppo dell’idrogeno blu (cioè dal gas), su cui sta puntando l’ENI. Inoltre, non ci sono impegni per il superamento dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) di cui usufruiscono in gran parte le imprese. Ulteriori semplificazioni vengono previste per la procedura VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) e codice appalti: più che meno burocrazia questo significa più deregulation. Qualcosa di cui sarà felice il ministro Cingolani, ex responsabile dell’innovazione per Leonardo: aumentano enormemente i fondi (quasi un miliardo di euro) per le infrastrutture satellitari: ne sarà contento l’ad Profumo.
Molti dubbi anche sulla governance (sulla cabina di regia si rimanda ad un successivo provvedimento) e il monitoraggio previsto per il piano. A tale riguardo colpisce che tutto si riduca -per il monitoraggio- all’uso di software più o meno sofisticati per valutare lo stato di avanzamento e la rispondenza agli obiettivi fissati. Prevale, in questa deriva tecnocratica, il modello McKinsey con matrici, indicatori, ecc e scompare completamente la dinamica della componente sociale, partecipativa e democratica della valutazione delle scelte fatte. D’altra parte è la stessa impostazione che si è seguita anche nella fase preparatoria del piano.
Si doveva fare diversamente. Un piano con molte cose utili (ma anche diverse sbagliate) in una cornice liberista, sempre la stessa, sbagliata e fallimentare, senza il coraggio di affrontare i nodi di una economia diversa fondata sul cambiamento radicale del modello di sviluppo che ci sta portando alla rovina. Senza mai metterlo in discussione: nemmeno nel piano di Draghi.
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Punta de billete. Lompendi su 28 de abrile: sa Die de sa Sardigna
28 de abrile: sa Die de sa Sardigna
SA FESTA NATZIONALE DE SOS SARDOS IN TEMPOS DE PANDEMIA
de Frantziscu Casula
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PRECEDENTE EDITORIALE
Comitato Italiano petizione ICE
Right2cure – No profit on pandemic- Diritto alla Cura -
VACCINI, APPELLO A DRAGHI: SOSPENDERE I BREVETTI PER SALVARCI TUTTI!
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PNRR. Le buone intenzioni dell’inferno di Draghi
di Mario Draghi, presidente del Consiglio dei Ministri.
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Il discorso di Mario Draghi alla Camera (lunedì 26 aprile 2021).
Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
[...]
sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato. Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale.
Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere. Ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare.
Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio. Nel presentare questo documento, al quale è strettamente legato il nostro futuro, vorrei riprendere, specie all’indomani della celebrazione del 25 aprile, una testimonianza di uno dei padri della nostra Repubblica.
Scriveva Alcide De Gasperi nel 1943:
“Vero è che il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere.
L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini – oggi diremmo delle persone – disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune.”
A noi l’onere e l’onore di preparare nel modo migliore l’Italia di domani.
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