Monthly Archives: febbraio 2021

Oggi sabato 6 febbraio 2021

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———–Opinioni, Commenti e Riflessioni———————————-
Draghi, gira gira, dipende da Grillo
6 Febbraio 2021
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Compagni ed amici, come sempre non decide chi si offre aggratis (come si dice a Cagliari), ma chi è esigente e compra solo ciò che gli sembra ragionevole e conveniente. Se guardate il tentativo di Superman, vi rendete subito conto che la soluzione della crisi non dipende da chi si è sdraiato […]
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volerelaluna-testata-2IN PRIMO PIANO
Tempi di Draghi
05-02-2021 – di: Domenico Gallo, su Volerelaluna.
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CONTROCANTO
Draghi, Renzi e la dittatura del mercato
04-02-2021 – di: Tomaso Montanari su Volerelaluna.
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C3dem. Che succede? Tempo di Draghi.

c3dem_banner_04DRAGHI E LO SCONCERTO DI ALCUNI
5 Febbraio 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Paolo Pombeni, “Gli spiragli e la politica del garbuglio” (Il Quotidiano). Lina Palmerini, “Forzature politiche e trattativa sui ministeri” (Sole 24 ore). Sebastiano Vassallo, “Il discorso della Tavulella del magico duo Conte-Casalino” (Domani). Lo sconcerto di Marco Revelli sul Manifesto: “Il martedì nero in cui cade Conte e arriva l’uomo forte”; e quello di Domenico De Masi su Il Fatto: “Con Draghi al governo diremo addio al welfare”. Ursula von der Leyen, “Bene Draghi. Ora sul Recovery plan l’Italia lavori senza sosta” (intervista a La Stampa). Barbara Fiammeri, “Draghi: riscriverò il Recovery plan” (Sole 24 ore). [segue]

Che succede? Bonas Noas

bacheca-biani-la-repubblica Ultima ora : Biden , la guerra in Yemen deve finire
Un commento, che condividiamo, di Giacomo Meloni, Segretario nazionale della CSS: Questa notizia mi riempie di speranza e mi conferma nella convinzione – da me manifestata da tempo – che la fabbrica RWM di Domusnovas è ed era precaria perché legata fortemente alla mutazione del contesto internazionale.
Finite le commesse da parte dell’Arabia Saudita, la fabbrica chiuderà
. Avevamo ragione di chiedere ai politici e ai sindaci del territorio di preparare l’alternativa e di sostenere le posizioni del Comitato per la riconversione della fabbrica per il bene degli operai e delle popolazioni che hanno diritto al lavoro e allo sviluppo vero
. [Giacomo Meloni/CSS]

L’immagine: Biani, “La Repubblica”

Oggi venerdì 5 febbraio 2021

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni———————————-
Proporzionale è meglio
04/02/2021 – autori vari, su Volerelaluna.volerelaluna-testata-2
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democraziaoggi-loghettoDraghi: riflessioni fuori dal coro (o dal carro)
5 Febbraio 2021
Fernando Codonesu su Democraziaoggi.
Sono d’accordo: c’è una democrazia quando c’è un’opposizione. Senza opposizione siamo in un regime, vedasi Egitto, Arabia Saudita di Bin Salman, etc.
E però fare opposizione, qualunque sia il governo, è un mestiere molto difficile e poco gratificante
[…]
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il_Manifesto_quotidiano_comunistaLa strada migliore per rendere Renzi irrilevante
Massimo Villone su il manifesto.
La tela del drago. Non c’è dubbio che Draghi possa non piacere. Vediamo i tormenti M5S. Vogliamo solo ricordare che non sbarrare la strada a Draghi è il modo migliore, e forse il solo, per rendere Renzi irrilevante, ora e sperabilmente in futuro [...]
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sedia di VannitolaDonne, donne, è arrivato l’arrotino. Ora c’è Draghi.
di Vanni Tola, su fb.
Calma, non imbarchiamoci in analisi e giudizi frettolosi e banalmente superficiali. È inutile fare finta di scoprire oggi chi è Draghi, quali sono i suoi riferimenti teorici, quale è stato ed è il suo ruolo nel panorama politico occidentale. È perfino banale sottolineare che non è e non sarà il Messia e che Renzi non ha nessun merito nell’averne favorito la discesa in campo. La politica, il sistema politico italiano è imploso perché sono giunti al pettine nodi e contraddizioni insanabili che si trascinava dietro da tempo. [segue]

«Tutti hanno diritto alla protezione da Covid-19. Nessun profitto sulla pandemia»

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Vaccini gratuiti per tutti e diritti umani
Su Volerelaluna – 02-02-2021 – di: Gianni Tognoni
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1. «Tutti hanno diritto alla protezione da Covid-19. Nessun profitto sulla pandemia». Questo lo slogan di un appello diffuso in rete da qualche settimana (www.noprofitonpandemic.eu/it/). «Il Covid-19 – prosegue l’appello – si diffonde a macchia d’olio. Le soluzioni devono diffondersi ancora più velocemente. Nessuno è al sicuro fino a che tutti non avranno accesso a cure e vaccini sicuri ed efficaci. Abbiamo tutti diritto a una cura. Firma questa iniziativa dei cittadini europei per essere sicuri che la Commissione europea faccia tutto quanto in suo potere per rendere i vaccini e le cure anti-pandemiche un bene pubblico globale, accessibile gratuitamente a tutti e tutte».

L’essenza dell’appello è molto semplice: la guerra commerciale e senza esclusione di colpi di cui siamo tutti/e testimoni e spettatori (stupiti, mal-informati, rassegnati, impotenti, confermati nella rabbia o nel disincanto di constatare che il “dopo” Covid-19 è proprio come il “prima” o il “durante”, speranzosi almeno per un istinto di sopravvivenza che la via “fuori dal tunnel” troverà il modo di divenire realtà) si può sostanzialmente riassumere in questi termini: a) la comunità internazionale degli Stati, in tutte le sue espressioni, iniziative, piattaforme di pressione, non riesce a far prevalere il concetto molto semplice che uno strumento presentato e approvato come salvavita e risolutivo per una crisi che non è solo “sanitaria” possa essere considerato e perciò garantito come un diritto: universale come è globale la pandemia; b) i diritti “proprietari” dei privati che hanno fruito anche di enormi risorse pubbliche per sviluppare-produrre l’uno o l’altro dei tanti vaccini più o meno efficaci disponibili o in sviluppo sono intoccabili: le norme commerciali che regolano brevetti, costi, accessibilità delle popolazioni, soprattutto o almeno quelle più a rischio prevalgono sui principi e le convenzioni che tutelano i diritti fondamentali delle persone e dei popoli; c) lo scenario che meglio definisce la situazione è quello che vale nelle politiche economiche: non ci sono beni comuni; anche le clausole esistenti, come quella di Doha che prevede “eccezioni” quando ci sono evidenti bisogni di sanità pubblica (e non c’è dubbio che la pandemia coincide perfettamente con questa definizione), devono essere interpretate e applicate solo se singoli Stati o loro alleanze decidono di adottare il caso dei vaccini per rompere-modificare le “normali” regole generali della proprietà privata e intellettuale che valgono per tutti gli scambi commerciali; d) tocca ai popoli (in assenza dei loro rappresentanti) farsi sentire per spingere i governi (in questo caso l’Unione Europea) a mettere nella loro agenda la possibilità di considerare la pandemia come l’eccezione al modello attuale dell’ordine globale: il diritto alla vita e alla dignità degli umani deve e può essere il criterio prevalente di giudizio e di decisione.

La portata e il senso dell’appello sono chiari. Esso corrisponde, anche nei termini iniziali ‒ raggiungere il milione di firme ‒, a quel che è stato in Italia il referendum sull’acqua come bene comune. Coscienti sempre di quella che è la sua effettività, in Italia e nel mondo. Firmare significa entrare da protagonisti tra le tante iniziative che si sono attivate per garantire un accesso universale al vaccino, e che vedono la partecipazione dell’OMS, degli Stati più diversi per regimi più o meno democratici o con poteri geopolitici (dal Sudafrica, all’India, all’Unione Africana), dei tanti filantropi globali (perfettamente allineati con i principi di una solidarietà che non immagina però nemmeno la pensabilità di un cambio delle regole del gioco: Bill Gates ne il protagonista esemplare).

2. La partecipazione “informata” a questa iniziativa è obbligata. Ma occorre sapere che è in atto una guerra di civiltà molto più ampia. Al di là dei ruoli della Cina (che a Davos si è fatta paladina di una logica di solidarietà verso i paesi che fanno parte dei suoi disegni strategici) o della Russia (che con il suo Sputnik V già ha fatto accordi segreti con i più diversi paesi, dall’Argentina alla Bolivia a Israele) o della piccola Cuba (che aggiunge il suo vaccino alle tradizionali “brigate”), occorre aggiungere qualche informazione utile per completare il senso di “surreale” in cui viviamo: la guerra ha il vaccino come oggetto “simbolico”, più ancora che concreto.

Viviamo in una realtà surreale. In California il bene comune “acqua” è entrato ufficialmente tra i beni quotati in borsa: non è banale come indicatore dell’atmosfera che domina il capitolo dei beni comuni con riferimento a una pandemia ancora più mortale e degradante di quella del Covid-19 in atto in tanti paesi che non possono garantire l’acqua e la nutrizione minima, neppure per la salute materno-infantile. A Manaus, città simbolo dell’abbondanza delle acque amazzoniche e primo “laboratorio globale” per la privatizzazione dell’acqua, in un paese portato al disastro anche nella pandemia da un dittatore eletto in un processo definito di “guerra legale” (warfare), è venuto a mancare l’ossigeno per le terapie intensive: è tornato disponibile solo grazie all’intervento del Venezuela, paese dichiarato terrorista dagli USA e, in fondo, dall’Europa. Per dare un’immagine di partecipazione e di sostegno per un vaccino in discussione come quello di Astra Zeneca, in un paese prostrato dalla pandemia, Johnson si è fatto fotografare mentre aiutava personalmente a trasportare casse di vaccini. L’approvazione del vaccino, con restrizioni, a livello europeo e italiano lo fa entrare ufficialmente nella complicatissima, e sostanzialmente non valutabile in termini comparativi di efficacia, supply chain commerciale dove ormai sono presenti e scambiabili anche i vaccini cinesi e quello russo, per i quali non sembrano valere le regole di registrazione.

Sul New York Times del 28 gennaio sono pubblicati due durissimi articoli, a firma di giornalisti pluripremiati anche con Pulitzer (Matt Apuzzo e Salam Gebreikidan), che documentano: a) le modalità, le implicazioni, i segreti, intollerabili anche in un regime di libero commercio, dei contratti di governi e aziende produttrici di vaccini; b) le conclusioni di un panel internazionale sulla gestione complessiva della pandemia da parte di tutte le agenzie internazionali: «Abbiamo fallito nella nostra responsabilità collettiva: la risposta al Covid-19 è stata una successione globale di incapacità di collaborare secondo criteri di solidarietà, imprescindibili per creare una rete protettiva a misura dei bisogni umani». Negli stessi giorni, la rivista scientifica ufficialmente rappresentativa della medicina USA, JAMA, riassume le politiche sulla pandemia titolando: «L’equità è stata la grande esclusa». Tutti i rapporti economico-finanziari concordano nel documentare che la predittività e la capacità valutativa degli algoritmi si è espressa al meglio nel quantificare come e perché i “guadagni in eccesso” nell’anno della pandemia dei pochi billionaires che contano sarebbero più che sufficienti a coprire tutte le spese per vaccini e vaccinazioni (anche a prezzi di mercato) di tutte le popolazioni programmate invece per una non-copertura.

Quale futuro c’è dietro l’angolo?

Il ruolo dirompente di un contagio strettamente virale, che si è aggiunto, nei paesi centrali, alle pandemie strutturali dei modelli di sviluppo (anche in termini di mortalità: con la variante di costi assistenziali e terapie intensive, che corrisponde al costo-zero delle morti evitabili per assenza di beni essenziali), è ormai generalmente riconosciuto come rivelatore, non come causa, di “fragilità” sistemiche. I toni di questo riconoscimento ovviamente variano: da Davos al Social forum, così come i rimedi. Gli articoli di L. Pennacchi su il manifesto del 31 gennaio e di N. Dentico su Avvenire del 29 gennaio sono in questo senso molto chiari e complementari. È essenziale aggiungere ‒ per sottolineare l’altra linea di “test di civiltà” che la pandemia è riuscita a nascondere ‒ quanto sta accadendo con riferimento ai migranti delle rotte balcaniche (https://volerelaluna.it/migrazioni/2021/01/12/balcani-e-mediterraneo-dove-fallisce-lumanita/). Stessi attori, con gli stessi ruoli: Stati e comunità internazionale nel ruolo di decisori, arbitrari e violenti, perfettamente a conoscenza dei problemi, contro umani vittime di guerre-contagi.

L’iniziativa dei cittadini europei da cui si è partiti sembra ed è molto lontana. Ma ne è ancor più chiaro il valore anzitutto simbolico di promemoria, per ora e per il lungo periodo: come dare alla ovvia obbligatorietà dei diritti umani e dei popoli una rappresentatività capace di trasformarsi in presa di parola udibile fino ad entrare nell’agenda degli Stati e degli attori visibili e segreti, privati e pubblici, cattivi e filantropi? Le campagne vaccinali giocano sul tempo dell’urgenza. Sempre in attesa degli Arcuri o dei Bertolaso di turno, capaci di promettere miracoli ma indisponibili a condividere la democrazia dell’ignoranza-impotenza nello spirito dell’art. 3 della Costituzione: per cercare, non per contrattare soluzioni vendibili con clausole segrete. Andrà così anche per le tante promesse di nuova sanità di cui la campagna vaccinale dovrebbe essere un esperimento didattico? Non abbiamo in aiuto algoritmi, ma solo la realtà surreale di una crisi di governo e di un’Europa che, senza fretta, pensa a un’altra authorithy: HERA (Health European Preparedness and Response Authority). Come Frontex per i migranti?

Rappresentare umani e cittadini in modo da restituire/ci un’identità di soggetti di diritto è un progetto urgente che impone di essere parte di reti trasparenti di solidarietà a fronte degli scenari che si sono accennati.

Oggi Giornata della Fratellanza Universale Umana

4 febbraio. Giornata della Fratellanza Umana. Il messaggio di Papa Francesco.
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Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune” firmato da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib (Abu Dhabi, 4 febbraio 2019), 04.02.2019
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PREFAZIONE

La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.

Partendo da questo valore trascendente, in diversi incontri dominati da un’atmosfera di fratellanza e amicizia, abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo, al livello del progresso scientifico e tecnico, delle conquiste terapeutiche, dell’era digitale, dei mass media, delle comunicazioni; al livello della povertà, delle guerre e delle afflizioni di tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo, a causa della corsa agli armamenti, delle ingiustizie sociali, della corruzione, delle disuguaglianze, del degrado morale, del terrorismo, della discriminazione, dell’estremismo e di tanti altri motivi.

Da questi fraterni e sinceri confronti, che abbiamo avuto, e dall’incontro pieno di speranza in un futuro luminoso per tutti gli esseri umani, è nata l’idea di questo » Documento sulla Fratellanza Umana « . Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli.

DOCUMENTO

In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.

In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.

In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.

In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.

In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.

In nome della»  fratellanza umana « che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.

In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.

In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.

In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.

In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.

In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio.

Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio –, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.

Ci rivolgiamo agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura in ogni parte del mondo, affinché riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque.

Questa Dichiarazione, partendo da una riflessione profonda sulla nostra realtà contemporanea, apprezzando i suoi successi e vivendo i suoi dolori, le sue sciagure e calamità, crede fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.

Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva.

La storia afferma che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi.

Affermiamo altresì che le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali – delle quali beneficia solo una minoranza di ricchi, a discapito della maggioranza dei popoli della terra – hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali di cui sono vittime diversi paesi, nonostante le ricchezze naturali e le risorse delle giovani generazioni che li caratterizzano. Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile.

È evidente a questo proposito quanto sia essenziale la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e dell’umanità, per dare alla luce dei figli, allevarli, educarli, fornire loro una solida morale e la protezione familiare. Attaccare l’istituzione familiare, disprezzandola o dubitando dell’importanza del suo ruolo, rappresenta uno dei mali più pericolosi della nostra epoca.

Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni.

Il primo e più importante obiettivo delle religioni è quello di credere in Dio, di onorarLo e di chiamare tutti gli uomini a credere che questo universo dipende da un Dio che lo governa, è il Creatore che ci ha plasmati con la Sua Sapienza divina e ci ha concesso il dono della vita per custodirlo. Un dono che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento, anzi, tutti devono preservare tale dono della vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale. Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo.

Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.

Questo Documento, in accordo con i precedenti Documenti Internazionali che hanno sottolineato l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, attesta quanto segue:

· La forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune; a ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità e a risvegliare il senso della religiosità tra i giovani, per difendere le nuove generazioni dal dominio del pensiero materialistico, dal pericolo delle politiche dell’avidità del guadagno smodato e dell’indifferenza, basate sulla legge della forza e non sulla forza della legge.

· La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.

· La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano.

· Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano.

· Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.

· La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale.

· Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.

· Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli.

· Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura.

· È un’indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici. Inoltre, si deve lavorare per liberarla dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità. È necessario anche proteggerla dallo sfruttamento sessuale e dal trattarla come merce o mezzo di piacere o di guadagno economico. Per questo si devono interrompere tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che umiliano la dignità della donna e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti.
[segue]

Che succede?

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IL BIG BANG
4 Febbraio 2021 su C3dem
Barbara Spinelli la vede così: “Italia commissariata dal golpe bianco del Demolition Man” (Il Fatto). Paolo Favilli, sul Manifesto, la vede così: “Renzi e il ‘Vogliamo tutto’ della lotta vincente dei padroni”. Scrive Franco Monaco, su Il Fatto: “Zingaretti non ha fatto i conti con l’eredità di Renzi e Veltroni”. Romano Prodi: “L’ultima risorsa per non restare emarginati” (Messaggero). Ezio Mauro, “Il big bang è cominciato” (Repubblica). Antonio Polito, “Così i populisti si sono persi” (Corriere della sera). Marco Tarchi, “I dilemmi esistenziali di Salvini su Draghi” (Domani). Mario Monti, “Perché a tutti conviene aiutarlo” (Corriere). Gianfranco Pasquino, “Una strada tutta in salita” (La Stampa). Antonio Spadaro sj, “Bene Draghi. Ora unità, poi andare oltre” (sole 24 ore). Alessandro Banfi, [“Whatever it takes” "Ad ogni costo"] “Draghi, una visione dell’economia ispirata alla dottrina sociale della chiesa” (vita.it). Mario Ricciardi, “Draghi e la sfida democratica” (il Mulino).
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democraziaoggi Conte: non lascia, rilancia su alleanza e progetto
4 Febbraio 2021 – Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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Oggi giovedì 4 febbraio 2021. Giornata internazionale della fratellanza umana

fratellanza54296-1Papa Francesco celebra oggi la Giornata internazionale della fratellanza umana. Lo fa in un evento virtuale organizzato dallo sceicco Mohammed Bin Zayed ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, con la partecipazione del grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb; il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres e altre personalità.
La Giornata. Ad Abu Dhabi un nuovo inizio per la Fratellanza umana. Su Avvenire.
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Attorno a Draghi si forma una Union sacrée. Serve una seria opposizione
4 Febbraio 2021
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
La carta Mario Draghi giocata dal Quirinale è volta creare un a sorta di Union sacrée, l’unione di tutti per il bene della patria, come si fa di solito nelle guerre. Mettiamo da parte i nostri particolarismi di classe, ceto e partito e remiamo tutti uniti in difesa della nazione in pericolo. In queste […]
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America, America

51e657db-7694-4533-8ce6-d3d80fcb3bd4UNA PALLA AL PIEDE DEI REPUBBLICANI
di Marino de Medici
E’ un fatto indiscusso che l’elezione di Donald Trump fu propiziata dalla pubblicità gratuita che ricevette dai media abilmente strumentalizzati dal suo narcisismo e dall’irriverenza verso istituzioni e codici di comportamento politico. Quando i media si accorsero di essere conniventi nell’ascesa di Trump presso l’opinione pubblica, era già troppo tardi. Fast forward ai giorni nostri e stampa e televisione sono chiamati a non ripetere gli errori del 2016 dando un risalto tanto eccessivo quanto assurdo ad una figura psicologicamente instabile e moralmente perversa come la neo eletta Congresswoman Majorie Taylor Greene della Georgia, instantaneamente divenuta una pesante palla al piede dei frastornati repubblicani. La Greene è la paladina delle teorie di complotto che mirano ad alterare la realtà dei fatti e ad irretire le capacità di discernimento degli americani. [segue]

Che succede?

c3dem_banner_04EX MALO BONUM
3 Febbraio 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Romano Prodi, intervistato da La Stampa: “Dalla disgrazia una svolta positiva”. Stefano Folli, “Uno storico cambio di scenario” (Repubblica). Marcello Sorgi, “Il medico dell’Europa ora curerà l’Italia” (La Stampa). Piero Ignazi, “Modello Ciampi, il precedente che serve per ricominciare” (Domani). Massimo Cacciari: “E’ fallito il ceto politico” (La Stampa). [segue]

Oggi mercoledì 3 febbraio 2021

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni———————————-
Mario Draghi? Che c’azzecca Draghi?
3 Febbraio 2021
A.P. su Democraziaoggi.
Mario Draghi? Con tutto il rispetto che c’entra Draghi? Costituzione alla mano, donde è sortito questo nome? Dai media certo, da ambienti economico-finanziari-politici che hanno sempre visto i musi gialli come fumo negli occhi, come una anomalia da espungere al più presto dal panorama istituzionale italiano, ma il nome di Draghi non è certo emerso […]
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Una crisi di governo usata sconciamente come palcoscenico
3 Febbraio 2021
Rosamaria Maggio su Democraziaoggi.
Ad appena 365 giorni dalla elezione del prossimo Presidente della Repubblica, assistiamo a tentativi destabilizzanti veramente preoccupanti.
Un partitino costituitosi dopo le elezioni, con i voti che i cittadini avevano dato ai candidati del Partito Democratico, dato dai sondaggi a meno del 3%, quindi a rischio di scomparsa alla prossima tornata elettorale, se si manterrà […]
[segue]

Che succede?

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Draghi, lupi, faine e sciacalli
Su Volerelalune – 29-03-2020 – di: Marco Revelli
“Meglio tardi che mai” verrebbe da dire a proposito dell’ormai celeberrimo intervento di Mario Draghi sul “Financial Times” del 25 marzo sotto il titolo potentissimo: We face a war against coronavirus and must mobilise accordingly. Ma cosa pensare davvero, di questo neopensionato governatore della Banca centrale europea che mette in campo un linguaggio di stampo keynesiano (il Keynes delle celeberrime considerazioni su Le conseguenze economiche della pace del 1919) dopo essere stato per decenni attento “custode dei cancelli” del credo ultraliberista egemone? [segue]

Oggi 2 febbraio 2021 martedì

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni———————————-
RWM. Morte annunciata da deliberati di organismi sovranazionali e alla legge italiana. Si è perso tempo: urge riconversione
2 Febbraio 2021
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
La Rwm di Domusnovas
C’è chi lascia intendere che la esportazione di ordigni nell’Arabia saudita sia una decisione discrezionale del solo governo. In realtà è imposta dalla legge italiana, da trattati e dalle risoluzioni internazionali. Gli oltranzisti pro bombe hanno in passato scartato la “riconversione”, auspicata dai comitati pacifisti, proponendo di far diventare […]
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futura-network-loghInvestimenti pubblici, vaccini, migrazioni: i nodi al pettine per il futuro dell’Unione
Doveva essere l’anno del rilancio dell’integrazione europea grazie alla Conferenza voluta da Macron, ma nonostante l’impegno della Commissione contro la pandemia i Paesi rischiano di procedere in ordine sparso.
di William Valentini su FUTURAnetwork.
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E’ online il manifesto sardo trecentoventidue

pintor il manifesto sardoIl numero 322
Il sommario
Lo sfratto dell’ASARP e la necessità del comprendere (Aldo Lotta), L’opposizione studentesca al potere di Erdogan (Emanuela Locci), La diga che nessuno vuole (Stefano Deliperi), Fridays for future annuncia la data per il prossimo sciopero globale per il clima (red), Celle-discarica e detenuti malati: ma di quale giustizia parlate? (Francesca Sabella), Pensare locale ed agire globale. Un progetto di autodeterminazione (Vincenzo Carlo Monaco), Matteo d’Arabia (Loris Campetti), Lottare contro l’occupazione militare non è un crimine (red), Ma è davvero ‘incomprensibile’ la crisi voluta da Renzi? (Ottavio Olita), Il Governo revoca l’export di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi (red), No allo sfratto dell’Asarp (Gisella Trincas).

Recovery Fund: il lavoro innanzitutto.

nge-cover-1Un lavoro garantito dalla UE
di Giorgios Argitis e Nasos Koratzanis
Su Sviluppo Felice 1 febbraio 2021.
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La proposta di due studiosi greci per l’uso del Recovery Plan interessa anche l’Italia
I programmi di lavoro a breve termine hanno salvato molte vite durante la pandemia. Ma hanno due inconvenienti per le sfide dello sviluppo oggi. Innanzitutto sono interventi difensivi che puntano a preservare non a creare lavoro. La loro applicazione piena al massimo ci porterebbe ai livelli di occupazione pre-Covid, e neanche è sicuro. La logica che li sottende è che la domanda di lavoro delle imprese dipende essenzialmente dal costo del lavoro. Ma si trascurano altri fattori – la domanda dei consumatori, le attese di profitto, la situazione finanziaria – che sono altrettanto influenti, soprattutto in tempi di incertezza.
I programmi di lavoro a breve termine non sono orientati allo sviluppo, e non discutono gli aspetti strutturali delle economie nazionali. Danno solo incentivi alle imprese per conservare i posti di lavoro esistenti; quindi non possono agevolare la ristrutturazione. Se questa politica aiuta il mercato del lavoro contro gli chock, lascia inalterati i divari nel tenore di vita nella UE.
Invece è necessario che la UE intervenga nel mercato del lavoro, incorporando l’idea di Hyman Minsky di un datore di lavoro di ultima istanza, attraverso un Programma di Garanzia del Lavoro. Questo programma non solo reagirebbe allo chock economico della pandemia, ma influirebbe – cosa più importante – sulle dimensioni del benessere. Esso permetterebbe alla UE di stare al passo con le necessità più ampie dello sviluppo odierno, e sarebbe un pilastro del nuovo governo dell’economia, centrato sulla promozione del benessere.
Un Programma di Garanzia del Lavoro è un intervento per combattere la disoccupazione, con cui lo stato offre a tutti i disoccupati un lavoro dignitoso. Se stacchiamo la creazione di posti di lavoro dalla ricerca di profitto delle imprese … possiamo … limitare le asimmetrie del mercato del lavoro che vengono create di solito dalle politiche espansive tradizionali.
Un Programma di Garanzia del Lavoro potrebbe anche contenere regole per la protezione dell’impiego che migliorerebbero la qualità del lavoro. E, dato che la partecipazione è aperta a tutti i disoccupati, esso spingerebbe le imprese private ad adattare le condizioni di lavoro dei loro dipendenti a quelle degli occupati dal Programma. Questo quindi può diventare un modo per innalzare la qualità del lavoro in tutta l’economia.
Tale programma opera come stabilizzatore automatico delle fluttuazioni economiche … e rafforza la stabilità finanziaria. Inoltre, a differenza di diversi programmi di sostegno del reddito, accresce il prodotto economico, e quindi riduce il rischio che il restringersi dell’offerta produca un’inflazione trainata dalla domanda (ciò si può ottenere anche stabilendo il livello minimo salariale). Quindi può controllare l’inflazione nei periodi di crescita accelerata e prevenire la deflazione quando l’economia rallenta.
Il Programma di Garanzia del Lavoro può essere disegnato in modo flessibile, a seconda delle necessità socio-economiche e spaziali, promuovendo così l’inclusione e la qualità della vita. Riferendosi a tutti i disoccupati, esso assicura alla gente comune il suo diritto fondamentale al lavoro e insieme contrasta le disuguaglianze di reddito, i pregiudizi sociali e le discriminazioni.
Il programma può adottare rigidi criteri ecologici, che i privati non potrebbero affrontare, e avviare azioni di sostenibilità ambientale, come il riciclo e il risanamento. Può anche incoraggiare le spese per l’ambiente, come gli incentivi alle imprese che adottano tecniche sostenibili e al consumo sostenibile delle famiglie.
Contribuendo alla stabilità macroeconomica, un tale Programma può creare le condizioni per mobilitare l’investimento privato in una serie di attività, migliorando e modernizzando la loro capacità produttiva. Quindi il programma può diventare parte di un piano più vasto di sviluppo nazionale per la ristrutturazione, la specializzazione in settori ad alto valore aggiunto e la competitività strutturale. Mantenendo l’occupazione, il programma incentiva le imprese ad assumere lavoratori specializzati e quindi ad espandere la produzione. …
La grande quantità di denaro liquido assicurata dal Recovery Plan della UE e l’attenzione al benessere forniscono una solida base per creare il Programma di Garanzia del Lavoro. … Naturalmente per raggiungere questo Programma è necessario superare rivalità, resistenze delle strutture di potere e pregiudizi circa le politiche “sane”.
Fino a poco tempo fa pensare di usare il debito della UE per finanziare politiche inclusive sarebbe stata un’utopia, ma la pandemia lo ha reso una realtà. Oggi forse la sfida più cruciale per la UE è proprio l’adozione di una nuovo paradigma economico che includa il Programma di Garanzia del Lavoro per accrescere il benessere.
(da Social Europe, 7th January 2021)
https://www.socialeurope.eu/author/giorgos-argitis-and-nasos-koratzanis
——-Per connessione un articolo del 2018——-
Quando il lavoro lo crea lo Stato
Cédric Durand, Dany Lang
sbilanciamoci-20
Sbilanciamoci! – 8 Gennaio 2018 | Sezione: Europa, Lavoro, Società.
In base al principio dello Stato come Datore di Lavoro di Ultima Istanza, lo Stato – o le autorità locali – dovrebbero offrire un’occupazione a tutti coloro che sono disposti ad accettarlo a un salario pubblico di base. Una misura che consentirebbe di affrontare il problema della disuguaglianza e della disoccupazione
(Articolo pubblicato su Global Labour Column)
La Grande Recessione in cui le economie sviluppate sono entrate nel 2007 si è trasformata in Europa in un vero e proprio disastro sociale. In Francia, ci sono tutte le ragioni per essere disperati dei nuovi governanti che tengono in pugno le redini dal 2012; di fatto, l’abbandono dei sindacati al loro destino dopo le poco convinte minacce di nazionalizzazione è solo la punta dell’iceberg.
La politica economica di François Hollande comprende il rigore di bilancio su una scala senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale (in 5 anni previsti tagli per un valore pari a 60 miliardi di euro), l’istituzionalizzazione della “golden rule” europea che limita il disavanzo pubblico strutturale allo 0,5% del PIL, il programma per la “competitività” che offre alle imprese 20 miliardi di euro sotto forma di crediti di imposta (7 miliardi dei quali finanziati tramite un aumento dell’IVA) e il recepimento nell’ordinamento nazionale di un accordo raggiunto tra alcune organizzazioni di lavoratori e organizzazioni sindacali minori volto a incrementare drasticamente la flessibilità sul mercato del lavoro. Un orientamento profondamente neoliberista basato su scelte che vanno necessariamente analizzate.
La prima scelta è quella dell’austerità. La strategia d’uscita dalla crisi di tipo deflazionista propugnata dalle élites europee può soltanto condurre a una lunga e dolorosa recessione. In seguito a una crisi finanziaria, il settore privato ha bisogno di liberarsi dai propri debiti. Se, in più, lo Stato inizia a ridurre periodicamente la propria spesa, la spirale della depressione può solo peggiorare.[1] Per quattro anni, le previsioni della “Troika” (Commissione Europea, BCE e FMI) sono state sistematicamente contraddette dai fatti, proprio a causa del loro rifiuto di prendere in considerazione questo elementare meccanismo macroeconomico. D’altro canto, un recente studio condotto dal Fondo Monetario Internazionale[2] riconosce quanto appena detto. Inizialmente, il FMI riteneva che una riduzione della spesa pubblica pari a 1 euro comportasse una diminuzione del Prodotto Interno Lordo pari solamente a 0,5 euro, salvo poi realizzare che tale decremento avrebbe condotto a una contrazione dell’attività per una somma computabile tra 0,9 e 1,7 euro.
Quindi, mentre l’austerità si sta diffondendo in tutta Europa, non rimane la minima possibilità di veder mantenute la promessa di Hollande di spostare verso il basso la curva di disoccupazione. Eppure non c’è proprio nulla di “naturale” nella piaga della disoccupazione.

I limiti del rilancio degli investimenti
hymanminsky-1Hyman Minsky è l’economista più osannato dall’inizio della crisi finanziaria. Dall’agosto 2007, il “Wall Street Journal”[3] è stato il sostenitore più accanito della sua postuma glorificazione. Ai margini del mondo accademico, Minsky aveva spiegato come la finanza generi cicli violenti e destabilizzanti. Una delle prime formulazioni della sua “ipotesi sull’instabilità finanziaria” può essere rintracciata in un articolo pubblicato nel 1973, “The Strategy of Economic Policy and Income Distribution”[4], in cui Minsky individua due strategie anti-disoccupazione oggi estremamente istruttive. Per quanto riguarda la prima strategia, esisterebbe una visione secondo la quale “la crescita economia è desiderabile e il tasso di crescita è determinato dal ritmo degli investimenti privati”, strategia che condurrebbe all’“enfasi sugli investimenti privati come il modo migliore per raggiungere la piena occupazione”. Pertanto, l’obiettivo della politica di recupero sarebbe quello di assicurare che le aspettative di profitto degli investitori tornino a essere orientate verso l’alto, consentendo così il riavvio del processo di accumulazione.
Tutto ciò implica sgravi fiscali su investimenti e appalti pubblici (tipicamente, in armamenti o costruzioni e opere pubbliche) e sussidi diretti al settore edilizio o a quello della Ricerca e Sviluppo. Minsky individua numerosi punti deboli in questa strategia: provoca un aumento della quota di reddito destinata al capitale, promuove relazioni finanziarie instabili, contribuisce alla crescita delle disparità retributive, alla diffusione del consumismo e potrebbe anche indurre inflazione. Oggi, andrebbe anche aggiunto che queste politiche si scontrano con i limiti della crescita capitalista. L’esaurirsi del dinamismo industriale nei Paesi sviluppati, l’aumentata domanda di servizi prodotti da persone per le persone (salute, tempo libero, educazione, ecc.) e il peggioramento delle condizioni ambientali vengono a maturazione in una fase in cui la tendenza secolare caratterizzata da una crescita più lenta della produttività[5], richiede un ripensamento di fondo su quale deve essere la futura evoluzione delle dinamiche industriali.

Lavoro pubblico centrato sulle capacità dei disoccupati
La strategia anti-disoccupazione sostenuta da Minsky è focalizzata su un’occupazione pubblica. Il principio cardine è basato sull’idea di Stato come Datore di Lavoro di Ultima Istanza (d’ora innanzi ELR, employer of last resort). Secondo questo approccio, i cui principali fautori sono gli economisti della Modern Monetary Theory, lo Stato – o le autorità locali – dovrebbero offrire un’occupazione a tutti coloro che sono disposti ad accettarlo a un salario pubblico di base (possibilmente al di sopra di esso, in base alle qualifiche richieste per occupare il posto di lavoro offerto).
Lo Stato “prende i disoccupati così come sono, adattando i posti di lavoro alle loro capacità”, ma non si tratta di workfare. Il rendere disponibili i posti di lavoro non implica necessariamente l’obbligo di lavorare; non rimpiazza, bensì integra gli attuali sussidi di disoccupazione e i programmi di assistenza sociale. L’impiego è in attività ad alta intensità di manodopera che producono utilità immediatamente manifeste per la collettività, specialmente in ambiti quali l’assistenza ad anziani, bambini e malati, i miglioramenti urbani (spazi verdi, mediazione sociale, restauro di immobili, ecc.), il ripristino ambientale, le attività scolastiche e le iniziative artistiche. Caratteristica comune a tutte queste attività è che esse si svolgono in settori nei quali la pressione per aumenti di produttività sono deboli o nulli. Come sottolineato da Minsky, l’obiettivo è quello di “un migliore impiego delle attuali capacità” piuttosto che un loro incremento.

Lo scontro fiscale con il capitale
Una tassazione fortemente redistributiva e i risparmi realizzati sui sussidi di disoccupazione fornirebbero i fondi necessari per pagare questi nuovi posti di lavoro. Questa strategia condurrebbe anche a una “parziale, veloce eutanasia dei rentier”. Dunque, non c’è “nessun bisogno di stimolare gli investimenti (…). Possono così essere introdotte imposte di successione realmente progressive ed efficaci”[6]. E le imposte sui profitti “non hanno più bisogno di essere determinate dalla necessità dei flussi di cassa aziendali”[7]. Questo è particolarmente vero da più di tre decenni, in quanto la maggior parte dei profitti non è stata reinvestita[8], bensì distribuita agli azionisti. A differenza di una politica di rilancio indiscriminata, un ulteriore vantaggio della politica ELR risiede nel fatto che essa è rivolta ai disoccupati, i quali non solo rappresentano i soggetti che più ne necessitano, ma costituiscono anche capacità produttiva inutilizzata.
Dato l’immenso spreco umano e sociale rappresentato dalla disoccupazione, che cosa impedisce ai Governi di adottare questo tipo di politiche? La risposta è che l’agenda della “competitività” è quella preferita dal mondo degli affari. Se incentrata sui costi, la strategia della “competitività”, basata sulla compressione dei salari o sulla riduzione delle imposte pagate dalle imprese, punta a rilanciare investimenti e occupazione grazie alla maggiore profittabilità e alla più ampia quota di mercato. Se orientata verso la fascia alta del mercato, implica che la spesa pubblica sia indirizzata a sostenere innovazione e formazione visti come mezzi per incrementare la produttività. In entrambi i casi, comunque, le argomentazioni a sostegno di tale strategia dipendono dalle opportunità di apprezzamento del capitale in un contesto altamente competitivo, il quale comporta che i benefici attesi da queste politiche andranno, in larga parte, a scapito dei partner commerciali.
Ciò nonostante, mettere in pratica la strategia ELR significa modificare la struttura dell’integrazione economica su scala mondiale e, nell’immediato, su quella europea. D’altro canto, risulta necessario prevenire la fuga dei capitali che sarebbe inevitabilmente innescata da una politica fiscale troppo risoluta (se necessario, facendo ricorso ai controlli valutari) e stabilizzare le importazioni, attraverso politiche di deprezzamento del tasso di cambio o misure di contingentamento.
Per altri versi, si dovrebbe porre in essere un sistema per il finanziamento del debito pubblico sostenuto dai risparmi delle famiglie in tutti quei Paesi che accettano di mettere congiuntamente in pratica questa politica, assicurandosi allo stesso tempo che la Banca centrale garantisca i titoli da esso emessi. Risulta necessario anche porre delle barriere al libero scambio in modo da orientare l’attività economica verso la produzione del valore d’uso e la conservazione della biosfera. Tutto ciò comporta misure orientate alla riduzione del circuito di produzione e alla negoziazione di accordi che stabiliscano i prezzi nel medio periodo, specialmente nel campo delle materie prime e degli alimenti.
Se tali misure appaiono troppo radicali, esse non sono niente in confronto al fanatismo mercatista che ha ormai preso piede tra i nostri leader politici. Proprio questo fanatismo li ha spinti a rifiutare quelle opzioni che consentirebbero di affrontare risolutamente disuguaglianza e disoccupazione. Ma non è forse questo il tipo di audacia che ci si dovrebbe aspettare da una politica realmente di sinistra?

(Traduzione di Federica Colasanti)

[1] Richard C. Koo, “The world in balance sheet recession: causes, cure, and politics”, Real-World Economics Review, issue no. 58.
[2] Olivier Blanchard and Daniel Leigh, “Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers”, IMF Working Paper, WP/13/1, January 2013.
[3] Justin Lahart, “In Time of Tumult, Obscure Economist Gains Currency”, Wall Street Journal, August 18, 2007
[4] Minsky, Hyman P., “The Strategy of Economic Policy and Income Distribution” (1973). Hyman P. Minsky Archive, Paper 353.
[5] Robert J. Gordon, “Is U.S. Economic Growth Over? Faltering Innovation Confronts the Six Headwinds”, NBER Working Paper, No. 18315, issued in August 2012.
[6] Minsky, Hyman P., op. cit., p. 100.
[7] Ibid.
[8] Engelbert Stockhammer, “Some Stylized Facts on the Finance-Dominated Accumulation Regime”, Working Papers wp142, Political Economy Research Institute, University of Massachusetts at Amherst, 2007.
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Aladinpensiero come media partner del Patto per la Sardegna ha attivato una pagina fb intitolata Aladinpensiero con il Patto per la Sardegna. Eccola: https://www.facebook.com/Aladinews
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