Monthly Archives: ottobre 2020
Oggi martedì 13 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Francesco: “vedi un estraneo a terra nella strada, ferito dai briganti, che fai?”
13 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Francesco, nella sua Enciclica “Fratelli tutti“, non fa discorsi astratti. Ti colpisce e t’interroga in concreto. Se tu trovi per strada un estraneo aggredito e ferito dai briganti, che fai? Te ne vai di fretta o ti fermi ad assistere il ferito, a fare in modo […]
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America, America
LA RIVALSA DELLA DECENZA DEMOCRATICA IN AMERICA
di Marino de Medici
Questa volta i sondaggi sono la voce che apre alla realtà di un’elezione presidenziale che libererà l’America, prima ancora che il suo governo, da un periodo di oscurantismo e di sopraffazione dei principi di una democrazia che fino a poco tempo fa aveva ispirato il mondo. Donald Trump, il grottesco personaggio che ha esercitato il potere ostentando pose demagogiche con l’oratoria tipica di un tribuno della plebe, sta per uscire dalla comune. L’America, come a suo tempo i romani, si è resa conto che l’opera dei tribuni della plebe sorretta agli inizi da una sana opposizione al tentativo della classe patrizia di monopolizzare il potere, finì con svolgere un compito di ostruzionismo piuttosto che un potere costruttivo. Con una certa forzatura storica, si può affermare che Donald Trump, nella sua azione di smantellamento dell’architettura sociale e democratica dall’America, abbia ricalcato il ruolo di un moderno tribuno
della plebe. Quel che è sorprendente è che sia riuscito ad imporre il suo volere sulla magistratura federale pur disprezzando quella plebe che lo aveva eletto tra la sorpresa generale. [segue]
Oggi lunedì 12 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Post-referendum: quale legge elettorale?
12 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Dopo il referendum si rimescolano le carte nell’area che alle consultazioni del 2006 e del 2016 avevano votano convintamente No. Negli uni e negli altri s’impone una fatto incontestabile: il sì ha vinto con ampia maggioranza, segno che il corpo elettorale italiano non ha visto nel taglio un pericolo per la democrazia italiana. Lo […]
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Un milione di firme in Europa per il reddito di base incondizionato
La campagna. L’iniziativa dei cittadini è partita in tutti i paesi europei e durerà un anno. E’ possibile partecipare e firmare sul sito www.bin-italia.org. «Un’occasione per estendere in Italia il reddito di cittadinanza senza i vincoli che creano la trappola della precarietà». Roberto Ciccarelli su il manifesto.
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Che succede?
ECONOMIA
una recessione mondiale senza precedenti
di Roberta Carlini, su Rocca.
La pandemia dell’economia corre in parallelo all’infezione da Covid 19. Come questa, non conosce confini ma è influenzata dal territorio che trova. Se la caduta del prodotto globale è generalizzata, dalle macerie lasciate dal minuscolo virus emergono le differenze tra i vari modelli dell’economia e del suo governo; e se l’incertezza sul futuro è comune a tutti, ci sono alcuni elementi per prevedere quale modello potrà uscire meglio, o meno peggio, dalla grande distruzione del 2020. Cominciamo dai numeri. L’Ocse ha eletto il periodo aprile-giugno del 2020 a peggior trimestre della storia, economicamente parlando. Per l’area del G20 – ossia l’aggregato che riunisce i diciannove maggiori paesi industrializzati, più l’Unione europea, e rappresenta il 90 per cento del Pil mondiale – il secondo trimestre del 2020 ha portato a una riduzione del prodotto del 6,9%; un record, se si pensa che il primo trimestre del 2009, quando il mondo era al picco della crisi finanziaria che poi sarebbe diventata la Grande recessione, segnò «solo» un meno 1,6%. E i numeri di questa nostra primavera confinata sarebbero ancora peggiori se non ci fosse, a migliorare la media, l’andamento in controtendenza della Cina, che essendo passata per l’emergenza sanitaria prima nel secondo trimestre dell’anno vedeva già un recupero dell’11,5%. Senza i numeri cinesi, la perdita del resto del G20 supera il 10%. All’interno di questa media, crolli che vanno dal meno 25% dell’India al meno 13,8% della Francia al meno 12,8% dell’Italia. Gli Stati Uniti nel secondo trimestre hanno visto un calo del Pil del 9,1%, la Germania del 9,7%.
I numeri trimestrali hanno il difetto di risentire della «tempistica» del virus con le sue diverse ondate e lo sfasamento degli effetti da lockdown, ma hanno il pregio di essere certi. Mentre le previsioni su come chiuderà l’anno sono aleatorie, nell’incertezza sull’andamento dei contagi in autunno, e dunque sulla eventualità di ulteriori lockdown; sulle decisioni dei governi per contrastarlo; e anche su altri elementi non direttamente collegati al Covid 19 ma con rilevante impatto sulle dinamiche commerciali ed economiche, come il risultato del voto negli Stati Uniti. In ogni caso, alcune previsioni ci sono e purtroppo non raddrizzano molto il quadro. Prendiamo sempre quelle dell’Ocse: secondo l’organizzazione internazionale di Parigi, per l’intero G20 l’anno potrebbe chiudere a -4,1%, con l’Unione Europea nel suo insieme al meno 7,9%, gli Stati Uniti a meno 10,1%. Il Pil italiano, nella previsione dell’Ocse, scenderà del 10,5%.
Dunque una recessione mondiale, senza precedenti la sua ampiezza ma soprattutto per le sue caratteristiche: essendo stata innescata da una emergenza sanitaria, all’inizio c’è stato l’effetto della chiusura di intere attività economiche (una specie di “coma indotto” sull’economia per proteggere le popolazioni, uno choc che ha colpito simultaneamente l’offerta e la domanda, ossia le produzioni materiali e la disponibilità della gente a spendere), ed è quello che vediamo adesso nei numeri; ma subito dopo ci sarà – o forse è già in corso – l’effetto del cambiamento dei processi economici. Per esempio: la Cina, entrata e uscita prima dalla pandemia, riprende a crescere. Ma non è detto che questa crescita potrà trainare gli altri, visto che le catene del valore sono state spezzate e nel ricostruirle le varie industrie seguiranno sentieri diversi. Per chiarire: cambierà l’intera faccia della globalizzazione che trionfava negli anni Novanta del secolo scorso e già era stata messa a dura prova dal protezionismo di ritorno.
il ruolo dei governi
C’è poi un altro fattore che plasmerà l’economia del mondo post-Covid, ed è nel ruolo dei governi. Già nel primo impatto dello choc pandemico, la differenza tra i diversi sistemi si è mostrata con evidenza. Quelli più centrati sul mercato, soprattutto sulla flessibilità del mercato del lavoro, come Stati Uniti, Canada e Regno Unito, hanno visto le perdite più forti dal punto di vista occupazionale. Se si confrontano i numeri sul calo del Pil con quelli sulla riduzione dell’occupazione e sull’aumento della disoccupazione, c’è una sproporzione evidente.
La disoccupazione si è impennata negli Stati Uniti e in tutto il mondo anglosassone, laddove – sia pure in misura diversa – i Paesi dell’Unione Europea hanno goduto degli ammortizzatori sociali ereditati dal Novecento. Strumenti come la cassa integrazione in Italia e modelli simili che mantengono le persone all’interno della forza lavoro di un’impresa, anche quando il lavoro non c’è, hanno impedito grandi fluttuazioni. Come sappiamo per l’Italia, nonostante il loro allargamento (con la cassa in deroga per esempio) non hanno coperto tutti, e larghi settori – come i precari e i giovani alla ricerca del primo impiego – sono rimasti al gelo della crisi. Ma questa sarebbe stata ancora più profonda senza quegli strumenti, che non a caso in economia sono chiamati «stabilizzatori automatici». Questi hanno fatto salire la spesa pubblica ovunque, ma hanno almeno tamponato le falle. La flessibilità del modello americano, che si affida agli aggiustamenti di mercato per passare da una fase all’altra del ciclo economico, ha ben pochi vantaggi quando la crisi non è dovuta a oscillazioni cicliche ma a uno choc generalizzato dal quale non si vede chiaramente l’uscita.
La stessa Ocse, nelle sue ricette contestuali alla diagnosi, raccomanda ai governi di non fare l’errore compiuto nel 2009, di continuare a spendere e a sostenere l’economia, continuare a elargire supporto pubblico per contrastare disoccupazione dei lavoratori e bancarotta delle imprese, e nel frattempo realizzare investimenti per far ripartire l’economia e guidarla su un sentiero di crescita sostenibile. Abbiamo visto come l’Unione Europa, con mille problemi dovuti alla sua architettura istituzionale e alle sue divisioni politiche, interpreti questa missione con il «Next generation Eu», il piano per la ripresa. Il suo successo dipenderà dall’effettività del piano stesso: messo sulla carta, adesso aspetta importanti e delicatissimi passaggi che potrebbero rallentarne l’attuazione e renderlo così poco utile oppure annacquarlo.
Dall’altra parte dell’Atlantico, l’attuale amministrazione americana pare invece puntare tutto su una ripresa spontanea, legata magari all’arrivo del vaccino; mentre il Regno Unito si dibatte nella doppia crisi da Covid e da Brexit, con pericolosissimi intrecci.
chi parteciperà e chi resterà indietro
In ombra in tutto ciò resta l’interrogativo su «chi» uscirà dalla crisi. La pandemia può agire da potente acceleratore di processi di innovazione – nelle catene del valore, come si è detto, ma soprattutto nel cambiamento tecnologico legato alla digitalizzazione; ma al tempo stesso può accelerare anche la tendenza che già era in atto all’aumento delle diseguaglianze, tra chi parteciperà alla ripresa e chi resterà indietro. Diseguaglianze tra Paesi, e all’interno dei Paesi stessi: tra poveri e ricchi, garantiti e non garantiti, giovani e vecchi, uomini e donne. Il piano europeo, pur puntando tutto sui due pilastri dell’innovazione digitale e degli investimenti ambientali, raccomanda di non perdere di vista la coesione sociale. Per la sua storia e cultura, l’Unione europea è maggiormente attrezzata a tentare una ripresa a trazione mista, pubblico-privato, ispirata al principio della solidarietà come strada più efficace, oltre che più giusta, per salvaguardare un bene comune. Ma se l’eredità del Novecento può essere utile per recuperare quella visione, gli strumenti non possono essere gli stessi. La riuscita della scommessa dipenderà dalla capacità di trovarne di nuovi, oltre che dalla forza di reggere ai contrapposti modelli in competizione: quello autoritario della Cina, e quello individualista finora prevalente degli Usa di Trump. Salvo inversioni di rotta nell’imprevedibile voto americano.
Roberta Carlini
Oggi domenica 11 ottobre 2020
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Carbonia. Non si placano in città le polemiche fra gli opposti schieramenti, le sinistre costruiscono argini contro i provocatori
11 Ottobre 2020
di Gianna Lai su Democraziaoggi.
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L’enciclica “Fratelli tutti”, ovvero la dimensione politica della fraternità
11 Ottobre 2020
Domenico Gallo su Democraziaoggi.
Ecco una nuova riflessione sull’Enciclica di Papa Francesco dopo i contrinuti di Raniero La Valle e di Andrea Pubusa.
La fraternità è l’oggetto della seconda enciclica di papa Francesco (lettera del Santo Padre sulla fraternità e l’amicizia sociale) Fratelli tutti. La lettera si apre con le osservazioni sulle ombre di un mondo chiuso. Nel mondo attuale […]
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Fratelli tutti: l’enciclica della fraternità integrale.
Lilia Sebastiani su Rocca n. 20 del 15 ottobre 2020
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Francesco alla resa dei conti
L’enciclica «Fratelli tutti» condanna il neoliberismo e mette a fuoco la necessità di sovvertire i rapporti sociali vigenti. Se n’è accorta solo la destra reazionaria
di Guido Viale su il manifesto,
Fratelli tutti: «L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì»
Molto si è già scritto e ancor di più si scriverà sull’enciclica e dintorni. Vale la pena leggerla per intero (eccola nel sito della sala stampa vaticana:
http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html).
In effetti sintetizzare i concetti che sono espressi nell’enciclica, utilizzando diverse parole, comporta guastarne la chiarezza e diminuirne la efficace forza comunicativa. Per evitare entrambe ricorreremo alla pubblicazione di interi brani dell’enciclica con il criterio di omogeneità di argomenti. E’ quanto facciamo nella news già da alcuni giorni e così proseguiremo nei prossimi, contrassegnando gli interventi con il logo pubblicato in testa.
Diverso è il discorso concernente riflessioni e commenti sull’enciclica che ospiteremo, come abbiamo cominciato a fare, con contributi di diverse provenienze, che riteniamo utili e significativi.
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Ecco l’indice dell’enciclica.
Introduzione (1-8)
- Capitolo Primo: Le ombre di un mondo chiuso (9-55)
- Capitolo Secondo: Un estraneo sulla strada (56-86)
- Capitolo Terzo: Pensare e generare un mondo aperto (87-127)
- Capitolo Quarto: Un cuore aperto al mondo intero (128-153)
- Capitolo Quinto: La migliore politica (154-197)
- Capitolo Sesto: Dialogo e amicizia sociale (198-224)
- Capitolo Settimo: Percorsi di un nuovo incontro (225-270)
- Capitolo Ottavo: Le religioni al servizio della fraternità nel mondo (271-287)
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Il focus odierno
Nell’enciclica il Papa, parlando della “cultura dell’incontro” cita testualmente alcuni passi del discorso da lui tenuto a Cagliari in occasione dell’incontro con il mondo della cultura nell’Aula Magna della Pontificia Facoltà Teologica Regionale. Per i contenuti nel discorso, di grande spessore e interesse, lo ripubblichiamo integrale.
[Dall'enciclica Fratelli tutti] Globalizzazione e progresso senza una rotta comune
(…)
30. Nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi. Vediamo come domina un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata, figlia di una profonda disillusione che si cela dietro l’inganno di una illusione: credere che possiamo essere onnipotenti e dimenticare che siamo tutti sulla stessa barca. Questo disinganno, che lascia indietro i grandi valori fraterni, conduce «a una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione. […] L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì».[28]
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[28] Discorso al mondo della cultura, Cagliari – Italia (22 settembre 2013): L’Osservatore Romano, 23-24 settembre 2013, p. 7.
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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO A CAGLIARI, 22.09.2013
● INCONTRO CON IL MONDO DELLA CULTURA NELL’AULA MAGNA DELLA PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA REGIONALE
Poco dopo le 16 di oggi pomeriggio, il Santo Padre Francesco ha incontrato il mondo della cultura nell’Aula Magna della Pontificia Facoltà Teologica Regionale. Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dalla Comunità religiosa dei Gesuiti che dirigono la Facoltà. Nell’Aula Magna erano presenti docenti e studenti della Pontificia Facoltà Teologica Regionale e Rettori, docenti e studenti delle Università statali della Sardegna. Dopo gli indirizzi di omaggio del Preside della Pontificia Facoltà Teologica Regionale, Padre Maurizio Teani. S.I., del Rettore Magnifico dell’Università di Cagliari, Prof. Giovanni Melis, e del Rettore Magnifico dell’Università di Sassari, Prof. Attilio Mastino, il Santo Padre ha pronunciato il discorso che riportiamo di seguito:
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Cari amici, buon pomeriggio!
Rivolgo a tutti il mio saluto cordiale. Ringrazio il Padre Preside e i Rettori Magnifici per le loro parole di accoglienza, e auguro ogni bene per il lavoro delle tre Istituzioni. Mi piace aver sentito che lavorano insieme, come amici: e questo è buono! Ringrazio e incoraggio la Pontificia Facoltà Teologica, che ci ospita, in particolare i Padri Gesuiti, che vi svolgono con generosità il loro prezioso servizio, e l’intero Corpo Accademico. La preparazione dei candidati al sacerdozio rimane un obiettivo primario, ma anche la formazione dei laici è molto importante.
Non voglio fare una lezione accademica, anche se il contesto e voi che siete un gruppo qualificato forse lo richiederebbero. Preferisco offrire alcune riflessioni a voce alta che partono dalla mia esperienza di uomo e di Pastore della Chiesa. E per questo mi lascio guidare da un brano del Vangelo, facendone una lettura “esistenziale”, quello dei discepoli di Emmaus: due discepoli di Gesù che, dopo la sua morte, se ne vanno da Gerusalemme e tornano al paese. Ho scelto tre parole chiave: disillusione, rassegnazione, speranza.
1. Questi due discepoli portano nel cuore la sofferenza e il disorientamento per la morte di Gesù, sono delusi per come sono andate a finire le cose. Un sentimento analogo lo ritroviamo anche nella nostra situazione attuale: la delusione, la disillusione, a causa di una crisi economico-finanziaria, ma anche ecologica, educativa, morale, umana. E’ una crisi che riguarda il presente e il futuro storico, esistenziale dell’uomo in questa nostra civiltà occidentale, e che finisce poi per interessare il mondo intero. E quando dico crisi, non penso ad una tragedia. I cinesi, quando vogliono scrivere la parola crisi, la scrivono con due caratteri: il carattere del pericolo e il carattere dell’opportunità. Quando parliamo di crisi, parliamo di pericoli, ma anche di opportunità. Questo è il senso in cui io utilizzo la parola. Certo, ogni epoca della storia porta in sé elementi critici, ma, almeno negli ultimi quattro secoli, non si sono viste così scosse le certezze fondamentali che costituiscono la vita degli esseri umani come nella nostra epoca. Penso al deterioramento dell’ambiente: questo è pericoloso, pensiamo un po’ avanti, alla guerra dell’acqua che viene; agli squilibri sociali; alla terribile potenza delle armi – ne abbiamo parlato tanto, in questi giorni; al sistema economico-finanziario, il quale ha al centro non l’uomo, ma il denaro, il dio denaro; allo sviluppo e al peso dei mezzi di informazione, con tutta la loro positività, di comunicazione, di trasporto. E’ un cambiamento che riguarda il modo stesso in cui l’umanità porta avanti la sua esistenza nel mondo.
2. Di fronte a questa realtà quali sono le reazioni? Ritorniamo ai due discepoli di Emmaus: delusi di fronte alla morte di Gesù, si mostrano rassegnati e cercano di fuggire dalla realtà, lasciano Gerusalemme. Gli stessi atteggiamenti li possiamo leggere anche in questo momento storico. Di fronte alla crisi ci può essere la rassegnazione, il pessimismo verso ogni possibilità di efficace intervento. In un certo senso è un “chiamarsi fuori” dalla stessa dinamica dell’attuale tornante storico, denunciandone gli aspetti più negativi con una mentalità simile a quel movimento spirituale e teologico del II secolo dopo Cristo che viene chiamato “apocalittico”. Noi ne abbiamo la tentazione, pensare in chiave apocalittica. Questa concezione pessimistica della libertà umana e dei processi storici porta ad una sorta di paralisi dell’intelligenza e della volontà. La disillusione porta anche ad una sorta di fuga, a ricercare “isole” o momenti di tregua. E’ qualcosa di simile all’atteggiamento di Pilato, il “lavarsi le mani”. Un atteggiamento che appare “pragmatico”, ma che di fatto ignora il grido di giustizia, di umanità e di responsabilità sociale e porta all’individualismo, all’ipocrisia, se non ad una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione.
3. A questo punto ci chiediamo: c’è una via da percorrere in questa nostra situazione? Dobbiamo rassegnarci? Dobbiamo lasciarci oscurare la speranza? Dobbiamo fuggire dalla realtà? Dobbiamo “lavarci le mani” e chiuderci in noi stessi? Penso non solo che ci sia una strada da percorrere, ma che proprio il momento storico che viviamo ci spinga a cercare e trovare vie di speranza, che aprano orizzonti nuovi alla nostra società. E qui è prezioso il ruolo dell’Università. L’Università come luogo di elaborazione e trasmissione del sapere, di formazione alla “sapienza” nel senso più profondo del termine, di educazione integrale della persona. In questa direzione, vorrei offrire alcuni brevi spunti su cui riflettere.
a. L’Università come luogo del discernimento. E’ importante leggere la realtà, guardandola in faccia. Le letture ideologiche o parziali non servono, alimentano solamente l’illusione e la disillusione. Leggere la realtà, ma anche vivere questa realtà, senza paure, senza fughe e senza catastrofismi. Ogni crisi, anche quella attuale, è un passaggio, il travaglio di un parto che comporta fatica, difficoltà, sofferenza, ma che porta in sé l’orizzonte della vita, di un rinnovamento, porta la forza della speranza. E questa non è una crisi di “cambio”: è una crisi di “cambio di epoca”. E’ un’epoca, quella che cambia. Non sono cambiamenti epocali superficiali. La crisi può diventare momento di purificazione e di ripensamento dei nostri modelli economico-sociali e di una certa concezione del progresso che ha alimentato illusioni, per recuperare l’umano in tutte le sue dimensioni. Il discernimento non è cieco, né improvvisato: si realizza sulla base di criteri etici e spirituali, implica l’interrogarsi su ciò che è buono, il riferimento ai valori propri di una visione dell’uomo e del mondo, una visione della persona in tutte le sue dimensioni, soprattutto in quella spirituale, trascendente; non si può considerare mai la persona come “materiale umano”! Questa è forse la proposta nascosta del funzionalismo. L’Università come luogo di “sapienza” ha una funzione molto importante nel formare al discernimento per alimentare la speranza. Quando il viandante sconosciuto, che è Gesù Risorto, si accosta ai due discepoli di Emmaus, tristi e sconsolati, non cerca di nascondere la realtà della Crocifissione, dell’apparente sconfitta che ha provocato la loro crisi, al contrario li invita a leggere la realtà per guidarli alla luce della sua Risurrezione: «Stolti e lenti di cuore… Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella gloria?» (Lc 24,25-26). Fare discernimento significa non fuggire, ma leggere seriamente, senza pregiudizi, la realtà.
b. Un altro elemento: l’Università come luogo in cui si elabora la cultura della prossimità, cultura della prossimità. Questa è una proposta: cultura della vicinanza. L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì. L’Università è luogo privilegiato in cui si promuove, si insegna, si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi – uno dei rischi della globalizzazione è questo -, e neppure li estremizza facendoli diventare motivo di scontro, ma apre al confronto costruttivo. Questo significa comprendere e valorizzare le ricchezze dell’altro, considerandolo non con indifferenza o con timore, ma come fattore di crescita. Le dinamiche che regolano i rapporti tra persone, tra gruppi, tra Nazioni spesso non sono di vicinanza, di incontro, ma di scontro. Mi richiamo ancora al brano evangelico. Quando Gesù si avvicina ai due discepoli di Emmaus, condivide il loro cammino, ascolta la loro lettura della realtà, la loro delusione, e dialoga con loro; proprio in questo modo riaccende nei loro cuori la speranza, apre nuovi orizzonti che erano già presenti, ma che solo l’incontro con il Risorto permette di riconoscere. Non abbiate mai paura dell’incontro, del dialogo, del confronto, anche tra Università. A tutti i livelli. Qui siamo nella sede della Facoltà Teologica. Permettetemi di dirvi: non abbiate timore di aprirvi anche agli orizzonti della trascendenza, all’incontro con Cristo o di approfondire il rapporto con Lui. La fede non riduce mai lo spazio della ragione, ma lo apre ad una visione integrale dell’uomo e della realtà, e difende dal pericolo di ridurre l’uomo a “materiale umano”.
c. Un ultimo elemento: l’Università come luogo di formazione alla solidarietà. La parola solidarietà non appartiene solo al vocabolario cristiano, è una parola fondamentale del vocabolario umano. Come ho detto oggi, è una parola che in questa crisi rischia di essere cancellata dal dizionario. Il discernimento della realtà, assumendo il momento di crisi, la promozione di una cultura dell’incontro e del dialogo, orientano verso la solidarietà, come elemento fondamentale per un rinnovamento delle nostre società. L’incontro, il dialogo tra Gesù e i due discepoli di Emmaus, che riaccende la speranza e rinnova il cammino della loro vita, porta alla condivisione: lo riconobbero nello spezzare il pane. E’ il segno dell’Eucaristia, di Dio che si fa così vicino in Cristo da farsi presenza costante, da condividere la sua stessa vita. E questo dice a tutti, anche a chi non crede, che è proprio in una solidarietà non detta, ma vissuta, che i rapporti passano dal considerare l’altro come “materiale umano” o come “numero”, al considerarlo come persona. Non c’è futuro per nessun Paese, per nessuna società, per il nostro mondo, se non sapremo essere tutti più solidali. Solidarietà quindi come modo di fare la storia, come ambito vitale in cui i conflitti, le tensioni, anche gli opposti raggiungono un’armonia che genera vita. In questo, pensando a questa realtà dell’incontro nella crisi, ho trovato nei politici giovani un’altra maniera di pensare la politica. Non dico migliore o non migliore ma un’altra maniera. Parlano diversamente, stanno cercando… la musica loro è diversa dalla musica nostra. Non abbiamo paura! Sentiamoli, parliamo con loro. Loro hanno un’intuizione: apriamoci alla loro intuizione. E’ l’intuizione della vita giovane. Dico i politici giovani perché è quello che ho sentito, ma i giovani in genere cercano questa chiave diversa. Per aiutarci all’incontro, ci aiuterà sentire la musica di questi politici, “scientifici”, pensatori giovani.
Prima di concludere, permettetemi di sottolineare che a noi cristiani la fede stessa dona una speranza solida che spinge a discernere la realtà, a vivere la vicinanza e la solidarietà, perché Dio stesso è entrato nella nostra storia, diventando uomo in Gesù, si è immerso nella nostra debolezza, facendosi vicino a tutti, mostrando solidarietà concreta, specialmente ai più poveri e bisognosi, aprendoci un orizzonte infinito e sicuro di speranza.
Cari amici, grazie per questo incontro e per la vostra attenzione; la speranza sia la luce che illumina sempre il vostro studio e il vostro impegno. E il coraggio sia il tempo musicale per andare avanti! Che il Signore vi benedica!
[01318-01.02] [Testo originale: Italiano]
Al termine, il Santo Padre ha lasciato la Pontificia Facoltà Teologica Regionale e si è recato a Largo Carlo Felice per l’incontro con i giovani. [B0599-XX.02]
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Nell’illustrazione Cena in Emmaus (Caravaggio Milano).
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Fratelli tutti: l’enciclica della fraternità integrale.
Lilia Sebastiani su Rocca n. 20 del 15 ottobre 2020
Oggi sabato 10 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Il corpo di una sola donna
10 Ottobre 2020
Stefania Falzoi su Democraziaoggi.
Uno sgabello, una bella signora accomodata sullo stesso, il suo corpo seminudo con le parti più “critiche” occultate dal suo braccio e dall’accavallamento delle sue gambe. È questa l’immagine che la settimana scorsa è stata scelta come copertina di una rivista italiana per lo più indirizzata ad un pubblico femminile. Un seminudo di cui valersi […]
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L’ordinamento non può avere lacune: se è in pericolo la salute ci dev’essere pur qualche organo che interviene a tutela!
9 Ottobre 2020
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Eppure, Andrea, qualcosa che non convince proprio sul piano giuridico resta, nel provvedimento collegiale col quale la I Sezione del TAR Sardegna, presieduta dallo stesso Presidente del Tribunale che ha adottato il decreto cautelare monocratico nel senso domandato dai ricorso governativo ha sostanzialmente confermato quel decreto, aggiungendovi […]
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Monsignor Forte: «Fratelli tutti, così papa Francesco ha scritto l’Enciclica della rivoluzione dell’amore ai tempi del Covid»
6 Ottobre 2020 di Donatella Trotta su Il Mattino.it.
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Che succede?
IN CERCA DI IDEE (A SINISTRA, AL CENTRO E A DESTRA). FINE DEI “DECRETI SALVINI”
7 Ottobre 2020 su C3dem.
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TIMORI. RAGIONI DELL’ASSE PD-M5S. LA VIA STRETTA DELLA CRESCITA
6 Ottobre 2020 su C3dem
Oggi venerdì 9 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Il Tar fa propria la valutazione del governo sulla situazione sanitaria e vede slealtà nella Regione sarda. Ma, di grazia, il ministero è stato leale coi sardi?
9 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Nel post di ieri abbiamo visto che il Tar ha ritenuto d’individuare il punto debole dell’ordinanza Solinas dell’11 settembre scorso in punto di competenza statale, ha sentenziato il Giudice, ricostruendo il quadro normativo. Altra questione, strettamente connessa, la libertà di circolazione e soggiorno non limitabile con atto regionale. Il Tar tuttavia […]
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Il Tar conferma la sospensione, ma Solinas insiste e reintroduce le limitazioni anticontagio
8 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Il Tar nella sua collegialità ha confermato il decreto del suo Presidente che aveva sospeso l’0rdinanza Solinas dell’11 setemmbre scorso. Le motivazioni sono note “le disposizioni dettate per la gestione dell’emergenza nazionale e sovranazionale da Covid-19 e per l’emanazione dei necessari interventi di tutela della salute – afferma il Tar – attribuiscono al decreto […]
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L’enciclica “Fratelli tutti”, ovvero la dimensione politica della fraternità
09-10-2020 – di Domenico Gallo su Volerelaluna.
La fraternità è l’oggetto della seconda enciclica di papa Francesco (lettera del Santo Padre sulla fraternità e l’amicizia sociale) Fratelli tutti. La lettera si apre con le osservazioni sulle ombre di un mondo chiuso.
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«La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita». Samba delle Benedizioni (Samba da Bênção) di Vinicius de Moraes
«A vida é a arte do encontro, embora haja tanto desencontro na vida».
«La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita»
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Una nuova cultura
215. «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita».[204] Tante volte ho invitato a far crescere una cultura dell’incontro, che vada oltre le dialettiche che mettono l’uno contro l’altro. È uno stile di vita che tende a formare quel poliedro che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché «il tutto è superiore alla parte».[205] Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda, benché ciò comporti discussioni e diffidenze. Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo. Ciò implica includere le periferie. Chi vive in esse ha un altro punto di vista, vede aspetti della realtà che non si riconoscono dai centri di potere dove si prendono le decisioni più determinanti.
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[204] Vinicius De Moraes, Samba della benedizione (Samba da Bênção), nel disco Um encontro no Au bon Gourmet, Rio de Janeiro (2 agosto 1962).
[205] Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 237: AAS 105 (2013), 1116.
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[Documentazione e approfondimenti]
Oggi giovedì 8 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Francesco capovolge la triade: fraternité, egalité, liberté
8 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Francesco nella sua enciclica capovolge in certo senso l’ordine della celebre triade della Grande Rivoluzione e mette per prima la fraternità, non a caso l’ultima e la più negleta delle tre. A ben vedere liberteé si può intendere in vario modo e ognuno se la gira a suo comodo. Sono per la libertà gli [...]
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Francesco: da soci a fratelli
8 Ottobre 2020
Raniero La Valle
L’enciclica di Papa Francesco: riflessioni su questa lettera “sconcertante e potente” […]
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“Fratelli tutti”. Semplicemente una rivoluzione
Opinioni 8 Ottobre 2020, di FERNANDO CANCEDDA su Articolo 21.
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Fratelli tutti: la pace reale e duratura è possibile solo «a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana».
Molto si è già scritto e ancor di più si scriverà sull’enciclica e dintorni. Vale la pena leggerla per intero (eccola nel sito della sala stampa vaticana:
http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html).
In effetti sintetizzare i concetti che sono espressi nell’enciclica, utilizzando diverse parole, comporta guastarne la chiarezza e diminuirne la efficace forza comunicativa. Per evitare entrambe ricorreremo alla pubblicazione di interi brani dell’enciclica con il criterio di omogeneità di argomenti. E’ quanto facciamo nella news già da alcuni giorni e così proseguiremo nei prossimi, contrassegnando gli interventi con il logo pubblicato in testa.
Diverso è il discorso concernente riflessioni e commenti sull’enciclica che ospiteremo, come abbiamo cominciato a fare, con contributi di diverse provenienze, che riteniamo utili e significativi.
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Ecco l’indice dell’enciclica.
Introduzione (1-8)
- Capitolo Primo: Le ombre di un mondo chiuso (9-55)
- Capitolo Secondo: Un estraneo sulla strada (56-86)
- Capitolo Terzo: Pensare e generare un mondo aperto (87-127)
- Capitolo Quarto: Un cuore aperto al mondo intero (128-153)
- Capitolo Quinto: La migliore politica (154-197)
- Capitolo Sesto: Dialogo e amicizia sociale (198-224)
- Capitolo Settimo: Percorsi di un nuovo incontro (225-270)
- Capitolo Ottavo: Le religioni al servizio della fraternità nel mondo (271-287)
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Il focus sui beni comuni
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Diritti dei popoli
124. La certezza della destinazione comune dei beni della terra richiede oggi che essa sia applicata anche ai Paesi, ai loro territori e alle loro risorse. Se lo guardiamo non solo a partire dalla legittimità della proprietà privata e dei diritti dei cittadini di una determinata nazione, ma anche a partire dal primo principio della destinazione comune dei beni, allora possiamo dire che ogni Paese è anche dello straniero, in quanto i beni di un territorio non devono essere negati a una persona bisognosa che provenga da un altro luogo. Infatti, come hanno insegnato i Vescovi degli Stati Uniti, vi sono diritti fondamentali che «precedono qualunque società perché derivano dalla dignità conferita ad ogni persona in quanto creata da Dio».[104]
125. Ciò inoltre presuppone un altro modo di intendere le relazioni e l’interscambio tra i Paesi. Se ogni persona ha una dignità inalienabile, se ogni essere umano è mio fratello o mia sorella, e se veramente il mondo è di tutti, non importa se qualcuno è nato qui o se vive fuori dai confini del proprio Paese. Anche la mia Nazione è corresponsabile del suo sviluppo, benché possa adempiere questa responsabilità in diversi modi: accogliendolo generosamente quando ne abbia un bisogno inderogabile, promuovendolo nella sua stessa terra, non usufruendo né svuotando di risorse naturali Paesi interi favorendo sistemi corrotti che impediscono lo sviluppo degno dei popoli. Questo, che vale per le nazioni, si applica alle diverse regioni di ogni Paese, tra le quali si verificano spesso gravi sperequazioni. Ma l’incapacità di riconoscere l’uguale dignità umana a volte fa sì che le regioni più sviluppate di certi Paesi aspirino a liberarsi della “zavorra” delle regioni più povere per aumentare ancora di più il loro livello di consumo.
126. Parliamo di una nuova rete nelle relazioni internazionali, perché non c’è modo di risolvere i gravi problemi del mondo ragionando solo in termini di aiuto reciproco tra individui o piccoli gruppi. Ricordiamo che «l’inequità non colpisce solo gli individui, ma Paesi interi, e obbliga a pensare ad un’etica delle relazioni internazionali».[105] E la giustizia esige di riconoscere e rispettare non solo i diritti individuali, ma anche i diritti sociali e i diritti dei popoli.[106] Quanto stiamo affermando implica che si assicuri il «fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso»,[107] che a volte risulta fortemente ostacolato dalla pressione derivante dal debito estero. Il pagamento del debito in molti casi non solo non favorisce lo sviluppo bensì lo limita e lo condiziona fortemente. Benché si mantenga il principio che ogni debito legittimamente contratto dev’essere saldato, il modo di adempiere questo dovere, che molti Paesi poveri hanno nei confronti dei Paesi ricchi, non deve portare a compromettere la loro sussistenza e la loro crescita.
127. Senza dubbio, si tratta di un’altra logica. Se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasie. Ma se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal solo fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, è possibile accettare la sfida di sognare e pensare ad un’altra umanità. È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne. Perché la pace reale e duratura è possibile solo «a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana».[108]
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NOTE
[104] Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, Open wide our Hearts: The enduring Call to Love. A Pastoral Letter against Racism (Novembre 2018).
[105] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 51: AAS 107 (2015), 867.
[106] Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 6: AAS 101 (2009), 644.
[107] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 35: AAS 83 (1991), 838.
[108] Discorso sulle armi nucleari, Nagasaki – Giappone (24 novembre 2019): L’Osservatore Romano, 25-26 novembre 2019, p. 6.
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L’Enciclica Fratelli Tutti
IL “DE AMICITIA” DI PAPA FRANCESCO
8 OTTOBRE 2020 / Su chiesadituttichiesadeipoveri.
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Nell’enciclica Fratelli tutti un invito a rilanciare le Nazioni Unite
170. Mi permetto di ripetere che «la crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo».[147] Anzi, pare che le effettive strategie sviluppatesi successivamente nel mondo siano state orientate a maggiore individualismo, minore integrazione, maggiore libertà per i veri potenti, che trovano sempre il modo di uscire indenni.
171. Vorrei insistere sul fatto che «dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali. La distribuzione di fatto del potere – politico, economico, militare, tecnologico e così via – tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere. Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti, e – nello stesso tempo – ampi settori senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere».[148]
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ANNOTAZIONE PERTINENTE. “Laudato si’” e “Fratelli tutti” sono le encicliche cattoliche, rivolte a tutte le persone di buona volontà, che propugnano un mondo dove l’umanità e tutti gli essere viventi possano godere di giustizia, pace e prosperità. L’enciclica laica che traccia concretamente le indicazioni politiche perché tutto ciò avvenga è l’Agenda Onu 2030 adottata dall’Assemblea generale dell’Onu il 25 settembre 2015. [segue]
Papa Francesco in chiusura dell’enciclica cita alcune persone tra quelle che lo hanno “motivato” a scriverla. Eccole.
286. In questo spazio di riflessione sulla fraternità universale, mi sono sentito motivato specialmente da San Francesco d’Assisi, e anche da altri fratelli che non sono cattolici: Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e molti altri. Ma voglio concludere ricordando un’altra persona di profonda fede, la quale, a partire dalla sua intensa esperienza di Dio, ha compiuto un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti. Mi riferisco al Beato Charles de Foucauld.
287. Egli andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo del deserto africano. In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello,[286] e chiedeva a un amico: «Pregate Iddio affinché io sia davvero il fratello di tutte le anime di questo paese».[287] Voleva essere, in definitiva, «il fratello universale».[288] Ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti. Che Dio ispiri questo ideale in ognuno di noi. Amen.
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- San Francesco d’Assisi
- Martin Luther King
- Desmond Tutu
- Mahatma Gandhi
- Beato Charles de Foucauld.
Oggi mercoledì 7 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Carla Nespolo, la memoria declinata al presente contro razzismo e nuovi fascismi
7 Ottobre 2020 su Democraziaoggi.
Addio a Carla Nespolo.
Il ricordo di chi ha lottato al suo fianco nelle battaglie contro il razzismo montante e i rigurgiti neofascisti. «Ha sostenuto senza condizioni la battaglia contro le occupazioni fasciste e quella per lo scioglimento delle organizzazioni di Forza Nuova e Casapound. Non le lasceremo cadere» […]
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Smuraglia e Landini ricordano Carla Nespolo: «Costituzione e antifascismo, le sue passioni»
7 Ottobre 2020 su Democraziaoggi.
Simona Ciaramitano www.collettiva.it
Il ritratto della presidente dell’Associazione partigiani nelle parole di Carlo Smuraglia. Carlo Smuraglia, predecessore di Carla Nespolo alla guida dell’Anpi, ricorda i tratti che hanno distinto la presidente dell’Associazione nazionale partigiani. La sua determinazione, le sue passioni, la sua dedizione nello […]
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