Monthly Archives: ottobre 2020

Oggi su Avvenire

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Che succede?

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CONTAGIO ESPONENZIALE. EUROPA IN ATTESA DEL VOTO USA. JIHAD E FRANCIA
18 Ottobre 2020 su C3dem.

Oggi domenica 18 ottobre 2020

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Carbonia. Nella città la vita delle sezioni, accogliere e promuovere il dibattito: l’allenza operai-contadini e i primi temi sull’autonomia regionale
18 Ottobre 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Nuova domenica, nuova puntata sulla storia di Carbonia, il primo post il 1° settembre 2019.
Continuano ad essere anche per tutto il dopoguerra le sinistre e le leghe l’unico sostegno per i nuovi arrivati in città, sempre nella totale mancanza di forme pur minime di assistenza sociale: l’ospitalità nelle sezioni e l’aiuto alle famiglie, attraverso […]
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Oggi 17 ottobre Giornata mondiale per l’eliminazione della povertà

giornata-mond-povertaLa giornata mondiale per l’eliminazione della povertà
Su Volerelaluna
Nel nostro Paese da 7 anni – prima con la campagna Miseria Ladra e poi con la Rete dei Numeri Pari – centinaia di realtà sociali e sindacali si organizzano nella Giornata mondiale per l’eliminazione della povertà per dire a gran voce che questa dovrebbe essere la priorità politica nel nostro Paese.
Negli ultimi 12 anni, in Italia, le persone in povertà assoluta sono raddoppiate, passando da 2 milioni e 113mila nel 2008 a oltre 4,5 milioni nel 2019. Allo stesso tempo, il numero dei miliardari è quasi triplicato: da 12 nel 2008 a 40 nel 2020. Nel rapporto Dignità e non miseria (https://www.oxfamitalia.org/emergenza-coronavirus-poverta-estrema/), Oxfam denuncia che a causa dello shock pandemico mezzo miliardo di persone nel mondo rischiano di diventare povere.
In un Paese come il nostro, dove già prima della pandemia una persona su tre viveva a rischio esclusione sociale, è preoccupante immaginare quale sarà la situazione dei prossimi mesi, quando finirà il blocco degli sfratti e dei licenziamenti. Per di più ben sappiamo che, dove lo Stato fallisce, più facilmente crescono sistemi di regolazione alternativa, non democratici, collusivi e mafiosi.
Vecchie e nuove povertà possono essere affrontate solo ripensando i modelli economici, riconoscendo alcuni diritti fondamentali come quello dell’abitare, e conferendo solidità ai beni comuni a cominciare da scuola e sanità. Per questa ragione la giornata mondiale per l’eliminazione della povertà è l’occasione per chiedere al Governo e al Parlamento che venga data priorità politica all’impegno contro le disuguaglianze, verso un reale cambio di paradigma.
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Oggi sabato 17 ottobre 2020

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Contagi a quota 10mila, aumento dei decessi. I medici: “Necessarie misure più restrittive”. E che ne è delle libertà?
17 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Non voglio annoiarvi con un elenco di dati sul Covid19. Basta accendere la TV, sfogliare i giornali o leggere la sempre aggiornata Ansa. 10mila i nuovi contagi per il Covid in Italia nelle ultime 24 ore, secondo il bollettino del Ministero della Salute. I decessi sono alti, come in altalena salgono oggi […]
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giornata-mond-povertaOggi 17 ottobre Giornata mondiale di lotta contro la povertà
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Riflessioni sull’enciclica Fratelli tutti: Libertà, Uguaglianza, sì, ma prima di tutto la Fraternità.

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di Franco Meloni.
Nell’enciclica “Fratelli tutti – Sulla fraternità e l’amicizia sociale”, il Papa riprende i tre grandi princìpi proclamati dalla Rivoluzione Francese, “Libertà, uguaglianza e fraternità”, valorizzando l’ultimo in relazione con gli altri due. Afferma il Papa [103]: “La fraternità non è solo il risultato di condizioni di rispetto per le libertà individuali, e nemmeno di una certa regolata equità. [...]. La fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore. [104]. Neppure l’uguaglianza si ottiene definendo in astratto che “tutti gli esseri umani sono uguali”, bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità. Coloro che sono capaci solamente di essere soci creano mondi chiusi. [...] [105]. L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. Ma l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune”.
Davvero opportuno l’intervento del Papa, preso atto che il valore della fraternità è stato sottovalutato nel tempo, da tutti. Forse solo gli artisti, in primis i poeti, lo hanno sempre tenuto in auge. Solo un esempio, che mi sovviene dai miei studi di gioventù: la poesia Fratelli di Giuseppe Ungaretti.

La ricordate?
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Di che reggimento siete
fratelli?

Parola tremante
nella notte

Foglia appena nata

Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità

Fratelli
——–
Con parole essenziali Ungaretti esalta il valore della fraternità. Ma perché un valore così importante è stato quasi dimenticato nel tempo? Una risposta convincente la dà lo scrittore-poeta Michele Tortorici, che in un post, datato 5 maggio 2013, ipotizza le ragioni di tale dimenticanza (1).

“Costatiamo ogni giorno che, dei tre grandi valori che la Rivoluzione Francese ha lasciato in eredità al mondo contemporaneo, «Liberté, Égalité, Fraternité», proprio su quest’ultimo il pensiero politico e filosofico occidentale si è esercitato meno che sugli altri. Questa disattenzione sarà stata forse causata da una certa difficoltà a considerare in termini laici un concetto che per solito associamo a una visione religiosa, e in particolare cristiana, della vita e del mondo. In questa visione, la fraternità non è tanto un valore quanto un dato riconducibile al piano biologico. La nostra volontà non c’entra: siamo fratelli non perché lo vogliamo, ma perché siamo figli di Dio che è, di tutti noi, padre. O forse la causa sarà stata una confusione – errata confusione – tra fraternità e uguaglianza sociale. E dunque, fallite le forme di realizzazione storicamente date di tale uguaglianza (fallito cioè il cosiddetto socialismo reale), si è preferito non pensarci più. Qualunque sia la causa, resta il fatto che si è trattato – e si tratta – di una disattenzione imperdonabile. Ma per fortuna ci sono i poeti. E la riflessione di Ungaretti nella poesia Fratelli ce lo dimostra”.
E, ribadisco io, non solo i poeti, ma tutti gli artisti. Strettamente connessa alla fraternità è la disponibilità all’incontro. Ecco perché è del tutto pertinente richiamare la citazione, che il Papa fa nel’enciclica, di un verso della canzone “Samba delle Benedizioni” (Samba da Bênção) di Vinicius de Moraes: «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita», che rende magnificamente l’invito a far crescere una cultura dell’incontro. Aggiunge il Papa “È uno stile di vita che tende a formare quel poliedro che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché «il tutto è superiore alla parte».Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda, benché ciò comporti discussioni e diffidenze. Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo. Ciò implica includere le periferie. Chi vive in esse ha un altro punto di vista, vede aspetti della realtà che non si riconoscono dai centri di potere dove si prendono le decisioni più determinanti”.

Tornando a Enciclica e Rivoluzione francese, sulla stessa lunghezza d’onda Andrea Pubusa in un post scritto sul blog Democraziaoggi (2).

Francesco capovolge la triade rivoluzionaria: fraternité, egalité, liberté
Francesco nella sua enciclica capovolge in certo senso l’ordine della celebre triade della Grande Rivoluzione e mette per prima la fraternità, non a caso l’ultima e la più negletta delle tre. A ben vedere liberté si può intendere in vario modo e ognuno se la gira a suo comodo. Sono per la libertà gli oppressi, ma lo sono anche coloro che li opprimono. I primi ritengono che la libertà debba anzitutto essere liberazione dal bisogno come base di tutte le prerogative della persona verso gli altri e verso lo Stato. Anche gli oppressori, con molte sfumature, ritengono che la loro libertà non debba incontrare intralci e condizionamenti nè di ordine legislativo nè di natura sociale. Quante polemiche contro i lacci e i laccioli dello Stato, che altro non sono, generalmente, che limiti alla libertà dei ceti dominanti in favore di quelli subalterni o delle imprese in materia ambientale o di salvaguardia della salute dei lavoratori.
E l’egalité quante declinazioni ha avuto? Non si contano. E’ meno flessibile della liberté, ma, per esempio, anche in una versione avanzata come la uguaglianza dei punti di partenza, come pari opportunità, a quante e a quali disuguaglianze conduce? La sola esperienza storica insegna che coniugare eguaglianza e libertà è complicato, perché la prima non può essere piena, se non si limita la libertà dell’impresa o non si toglie a chi ha in eccesso. Il movimento comunista ci ha provato ma ha messo capo al c.d. socialismo reale, dove si era formata una casta di privilegiati con una compressione ingiustificata delle libertà formali. La fraternità è un’altra cosa è meno ambigua, si presta meno ad interpretazioni che la negano. Ho sempre pensato che la fraternité non abbia avuto il successo nominalistico di liberté ed egalité perché lo Stato come entità acorporea non può amare, può al più garantire e promuovere diritti e uguaglianza (ed è già molto), fraternité implica una rivoluzione intellettuale e morale, la creazione dell’uomo nuovo, liberato dall’ego e completamente immerso nel noi, come professava anche l’umanesimo marxista.
Francesco tira la palla avanti e rilancia questa sfida per il futuro, una sfida tanto ardua perché implica una rivoluzione integrale, che investe non solo le istituzioni e i rapporti sociali ed economici, ma l’uomo come singolo e come parte dell’umanità (…)
quella palla lanciata da Francesco noi dobbiamo spingerla con forza avanti perché è un mezzo di liberazione, non solo religioso, ma laico.

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Constato come il richiamo esplicito fatto da Papa Francesco ai valori della Rivoluzione francese venga ripreso anche da molti commentatori cattolici. Scontato quello di Raniero La Valle, più sorprendenti i richiami di appartenenti al clero. Per esempio il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, del quale riportiamo alcuni passi di un recente discorso (3)

‘Fraternité’ è parola laica o cristiana?
(…) “Fraternità – si dice – non è (più) parola cristiana, bensì laica e rivoluzionaria. Perché ora la Chiesa se la (ri)annette indebitamente fino a (ri)‘battezzarla’?”. In verità, più che di appropriazione indebita, probabilmnte si dovrebbe parlare di condivisione appropriata. In effetti Liberté – Égalité – Fraternité formano il trionfale trinomio della Rivoluzione Francese. A pensarci bene, ritengo queste tre parole tutt’e tre, insieme, cristiane, laiche e rivoluzionarie.
Cristiane, perché vengono dal linguaggio del Nuovo Testamento.
Laiche, perché sono parole del comune linguaggio dell’umano.
Rivoluzionarie, perché provengono dal linguaggio sovversivo e contestatore della guerra, della disumanità, di una cattiva economia e di una politica boriosa, tracotante e disastrosa.
Purtroppo però il celebre trinomio è stato usato male. La libertà è stata ‘ristretta’ alla distruttiva (dis)illusione di un individualismo radicale e ripiegato. L’uguaglianza è stata equivocata e male interpretata come un “fare parti uguali tra disuguali, ma questa è somma ingiustizia” (Don L. Milani). Anche la fraternità è stata piegata a una interpretazione distorta. Perché tutti siamo fratelli, e tutti lo dimentichiamo. Ma un po’ di più noi cristiani. Così come le altre fedi religiose, quando hanno tradito il disegno del Creatore, insanguinando la vita e conculcando i diritti delle minoranze”
.
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Da più parti si invoca allora un riavvicinamento tra mondi che nel tempo si sono ignorati e spesso combattuti, come ricordato da Massimo Cacciari, in una recente intervista a Repubblica, ripresa dalle Agenzia di stampa (4).
“La Chiesa sposa l’Illuminismo ma sarà inascoltata”. Il Papa, spiega, “più volte utilizza le parole libertà, uguaglianza e fraternità, ossia il fulcro di quel pensiero laico storicamente opposto al pensiero della Chiesa. Da un punto di visto politico “Fratelli tutti” è un po’ più incisiva delle precedenti, anche se resta nel solco, ormai tradizionale, delle encicliche sociali di critica alla globalizzazione”. Aggiunge anche: “Il discorso di Bergoglio è un grande appello alla fraternità universale che resterà, lo sappiamo, purtroppo inascoltato”.
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Su un altro versante Papa Francesco lavora per consolidare i rapporti con il mondo dell’Islam. La fratellanza costituisce il terreno di confronto e integrazione sulla base della dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019.

Mi piace, infine, chiudere queste riflessioni ancora una volta con le parole di Raniero La Valle: “Poiché è sull’amore, questa è un’enciclica laica, anzi di una straordinaria laicità, perché l’amore non si lascia irretire in un solo stampo, in una sola proposta, in un unico codice”.

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(1) Blog micheletortorici.it, 3 maggio 2013 https://www.micheletortorici.it/fratelli-em-di-giuseppe-ungaretti/
(2) Democraziaoggi, 8 Ottobre 2020 Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
(3) Osare la fraternità, ardire la speranza. Il discorso del vescovo di Rimini Francesco Lambiasi per la festività del patrono San Gaudenzo. Su newsrimini.it 13 ottobre 2020.
(4) Papa Francesco. Cacciari: la Chiesa sposa l’Illuminismo, inascoltata. Serena Campanini su AGF
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Nelle illustrazioni in testa:
- il mosaico situato all’ingresso del palazzo dell’Onu a New York.
“DO UNTO OTHERS AS YOU WOULD HAVE THEM DO UNTO YOU”
“FAI AGLI ALTRI QUELLO CHE VORRESTI ESSERE FATTO A TE”;
- il logo Aldinews per la pubblicizzazione dell’enciclica e del dibattito su di essa.

Che succede?

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USA. EUROPA. EMERGENZA. M5S. LAVORO. ECONOMIA CIVILE
13 Ottobre 2020 Su C3dem.
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[segue]

Che succede?

Che Stato e che Democrazia
16 Ottobre 2020
Alfiero Grandi
da www.transform-italia.it, su Democraziaoggi.
Una riflessione sullo stato della nostra democrazia non può che iniziare da un quadro più complessivo. Da tempo vengono osservati altri paesi per i quali sono stati coniugati nuovi termini come “democratura”, cioè forme istituzionali che intrecciano forme della democrazia, come elezioni più o meno libere, con altre tipiche di un governo […]
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Oggi venerdì 16 ottobre 2020

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Oggi
locandina-convegno-finanza-etica-e-prevenzione-usura-21-212x300Venerdì 16 ottobre alle ore 9.00 presso l’aula Magna del seminario Arcivescovile di Cagliari in via Mons. Cogoni 9
, la Fondazione antiusura Sant’Ignazio da Laconi, nel mese di ottobre, riconosciuto come “mese dell’educazione finanziaria” organizza un convegno dal titolo “dal globale al locale: gli strumenti di finanza etica e la testimonianza ecclesiale” [segue comunicato]

L’ULTIMA CARTA

samaritano-vincent_willem_van_gogh_022 La proposta di papa Francesco dopo sette anni di pontificato è di cambiare il paradigma dell’umano, di passare da una società di soci a una comunità di fratelli, non per utilità, ma per amore.
logo76(…) la figura emblematica che fa l’identità di questa enciclica, prima ancora che quella di Francesco d’Assisi, è quella del Samaritano, che ci pone di fronte a una scelta stringente: davanti all’uomo ferito (e oggi sempre di più ci sono persone ferite,tutti i popoli sono feriti)ci sono solo tre possibilità: o noi siamo i briganti, e come tali armiamo la società dell’esclusione e dell’inequità, o siamo quelli dell’indifferenza che passano oltre immersi nelle loro faccende e nelle loro religioni, o riconosciamo l’uomo caduto e ci facciamo carico del suo dolore: e dobbiamo farlo non solo con il nostro amore privato, ma col nostro amore politico, perché dobbiamo pure far sì che ci sia una locanda a cui affidare la vittima, e istituzioni che giungano là dove il denaro non compra e il mercato non arriva. [Raniero La Valle].

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CAPITOLO SECONDO

UN ESTRANEO SULLA STRADA

56. Tutto ciò che ho menzionato nel capitolo precedente è più di un’asettica descrizione della realtà, poiché «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».[53] Nell’intento di cercare una luce in mezzo a ciò che stiamo vivendo, e prima di impostare alcune linee di azione, intendo dedicare un capitolo a una parabola narrata da Gesù duemila anni fa. Infatti, benché questa Lettera sia rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose, la parabola si esprime in modo tale che chiunque di noi può lasciarsene interpellare.

«In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: ‘Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno’. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”» (Lc 10,25-37).

Lo sfondo

57. Questa parabola raccoglie uno sfondo di secoli. Poco dopo la narrazione della creazione del mondo e dell’essere umano, la Bibbia presenta la sfida delle relazioni tra di noi. Caino elimina suo fratello Abele, e risuona la domanda di Dio: «Dov’è Abele, tuo fratello?» (Gen 4,9). La risposta è la stessa che spesso diamo noi: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (ibid.). Con la sua domanda, Dio mette in discussione ogni tipo di determinismo o fatalismo che pretenda di giustificare l’indifferenza come unica risposta possibile. Ci abilita, al contrario, a creare una cultura diversa, che ci orienti a superare le inimicizie e a prenderci cura gli uni degli altri.

58. Il libro di Giobbe ricorre al fatto di avere un medesimo Creatore come base per sostenere alcuni diritti comuni: «Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo?» (31,15). Molti secoli dopo, Sant’Ireneo si esprimerà in modo diverso con l’immagine della melodia: «Dunque chi ama la verità non deve lasciarsi trasportare dalla differenza di ciascun suono né immaginare che uno sia l’artefice e il creatore di questo suono e un altro l’artefice e il creatore dell’altro […], ma deve pensare che lo ha fatto uno solo».[54]

59. Nelle tradizioni ebraiche, l’imperativo di amare l’altro e prendersene cura sembrava limitarsi alle relazioni tra i membri di una medesima nazione. L’antico precetto «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18) si intendeva ordinariamente riferito ai connazionali. Tuttavia, specialmente nel giudaismo sviluppatosi fuori dalla terra d’Israele, i confini si andarono ampliando. Comparve l’invito a non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te (cfr Tb 4,15). Il saggio Hillel (I sec. a.C.) diceva al riguardo: «Questo è la Legge e i Profeti. Tutto il resto è commento».[55] Il desiderio di imitare gli atteggiamenti divini condusse a superare quella tendenza a limitarsi ai più vicini: «La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» (Sir 18,13).

60. Nel Nuovo Testamento, il precetto di Hillel ha trovato espressione positiva: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12). Tale appello è universale, tende ad abbracciare tutti, solo per la loro condizione umana, perché l’Altissimo, il Padre celeste «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45). E di conseguenza si esige: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).

61. C’è una motivazione per allargare il cuore in modo che non escluda lo straniero, e la si può trovare già nei testi più antichi della Bibbia. È dovuta al costante ricordo del popolo ebraico di aver vissuto come straniero in Egitto:

«Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 22,20).

«Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 23,9).

«Quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Lv 19,33-34).

«Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto» (Dt 24,21-22).

Nel Nuovo Testamento risuona con forza l’appello all’amore fraterno:

«Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5,14).

«Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione d’inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre» (1 Gv 2,10-11).

«Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1 Gv 3,14).

«Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20).

62. Anche questa proposta di amore poteva essere fraintesa. Non per nulla, davanti alla tentazione delle prime comunità cristiane di formare gruppi chiusi e isolati, San Paolo esortava i suoi discepoli ad avere carità tra di loro «e verso tutti» (1 Ts 3,12); e nella comunità di Giovanni si chiedeva che fossero accolti bene i «fratelli, benché stranieri» (3 Gv 5). Tale contesto aiuta a comprendere il valore della parabola del buon samaritano: all’amore non importa se il fratello ferito viene da qui o da là. Perché è l’«amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa […]. Amore che sa di compassione e di dignità».[56]

L’abbandonato

63. Gesù racconta che c’era un uomo ferito, a terra lungo la strada, che era stato assalito. Passarono diverse persone accanto a lui ma se ne andarono, non si fermarono. Erano persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune. Non sono state capaci di perdere alcuni minuti per assistere il ferito o almeno per cercare aiuto. Uno si è fermato, gli ha donato vicinanza, lo ha curato con le sue stesse mani, ha pagato di tasca propria e si è occupato di lui. Soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo.

64. Con chi ti identifichi? Questa domanda è dura, diretta e decisiva. A quale di loro assomigli? Dobbiamo riconoscere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli. Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente.

65. Aggrediscono una persona per la strada, e molti scappano come se non avessero visto nulla. Spesso ci sono persone che investono qualcuno con la loro automobile e fuggono. Pensano solo a non avere problemi, non importa se un essere umano muore per colpa loro. Questi però sono segni di uno stile di vita generalizzato, che si manifesta in vari modi, forse più sottili. Inoltre, poiché tutti siamo molto concentrati sulle nostre necessità, vedere qualcuno che soffre ci dà fastidio, ci disturba, perché non vogliamo perdere tempo per colpa dei problemi altrui. Questi sono sintomi di una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore.

66. Meglio non cadere in questa miseria. Guardiamo il modello del buon samaritano. È un testo che ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale. È un richiamo sempre nuovo, benché sia scritto come legge fondamentale del nostro essere: che la società si incammini verso il perseguimento del bene comune e, a partire da questa finalità, ricostruisca sempre nuovamente il suo ordine politico e sociale, il suo tessuto di relazioni, il suo progetto umano. Coi suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che «l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro».[57]

67. Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano. Ogni altra scelta conduce o dalla parte dei briganti oppure da quella di coloro che passano accanto senza avere compassione del dolore dell’uomo ferito lungo la strada. La parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune. Nello stesso tempo, la parabola ci mette in guardia da certi atteggiamenti di persone che guardano solo a sé stesse e non si fanno carico delle esigenze ineludibili della realtà umana.

68. Il racconto, diciamolo chiaramente, non fa passare un insegnamento di ideali astratti, né si circoscrive alla funzionalità di una morale etico-sociale. Ci rivela una caratteristica essenziale dell’essere umano, tante volte dimenticata: siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questo è dignità.

Una storia che si ripete

69. La narrazione è semplice e lineare, ma contiene tutta la dinamica della lotta interiore che avviene nell’elaborazione della nostra identità, in ogni esistenza proiettata sulla via per realizzare la fraternità umana. Una volta incamminati, ci scontriamo, immancabilmente, con l’uomo ferito. Oggi, e sempre di più, ci sono persone ferite. L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza. E se estendiamo lo sguardo alla totalità della nostra storia e al mondo nel suo insieme, tutti siamo o siamo stati come questi personaggi: tutti abbiamo qualcosa dell’uomo ferito, qualcosa dei briganti, qualcosa di quelli che passano a distanza e qualcosa del buon samaritano.

70. È interessante come le differenze tra i personaggi del racconto risultino completamente trasformate nel confronto con la dolorosa manifestazione dell’uomo caduto, umiliato. Non c’è più distinzione tra abitante della Giudea e abitante della Samaria, non c’è sacerdote né commerciante; semplicemente ci sono due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore e quelle che passano a distanza; quelle che si chinano riconoscendo l’uomo caduto e quelle che distolgono lo sguardo e affrettano il passo. In effetti, le nostre molteplici maschere, le nostre etichette e i nostri travestimenti cadono: è l’ora della verità. Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri? Questa è la sfida attuale, di cui non dobbiamo avere paura. Nei momenti di crisi la scelta diventa incalzante: potremmo dire che, in questo momento, chiunque non è brigante e chiunque non passa a distanza, o è ferito o sta portando sulle sue spalle qualche ferito.

71. La storia del buon samaritano si ripete: risulta sempre più evidente che l’incuranza sociale e politica fa di molti luoghi del mondo delle strade desolate, dove le dispute interne e internazionali e i saccheggi di opportunità lasciano tanti emarginati a terra sul bordo della strada. Nella sua parabola, Gesù non presenta vie alternative, come ad esempio: che cosa sarebbe stato di quell’uomo gravemente ferito o di colui che lo ha aiutato se l’ira o la sete di vendetta avessero trovato spazio nei loro cuori? Egli ha fiducia nella parte migliore dello spirito umano e con la parabola la incoraggia affinché aderisca all’amore, recuperi il sofferente e costruisca una società degna di questo nome.

I personaggi

72. La parabola comincia con i briganti. Il punto di partenza che Gesù sceglie è un’aggressione già consumata. Non fa sì che ci fermiamo a lamentarci del fatto, non dirige il nostro sguardo verso i briganti. Li conosciamo. Abbiamo visto avanzare nel mondo le dense ombre dell’abbandono, della violenza utilizzata per meschini interessi di potere, accumulazione e divisione. La domanda potrebbe essere: lasceremo la persona ferita a terra per correre ciascuno a ripararsi dalla violenza o a inseguire i banditi? Sarà quel ferito la giustificazione delle nostre divisioni inconciliabili, delle nostre indifferenze crudeli, dei nostri scontri intestini?

73. Poi la parabola ci fa fissare chiaramente lo sguardo su quelli che passano a distanza. Questa pericolosa indifferenza di andare oltre senza fermarsi, innocente o meno, frutto del disprezzo o di una triste distrazione, fa dei personaggi del sacerdote e del levita un non meno triste riflesso di quella distanza che isola dalla realtà. Ci sono tanti modi di passare a distanza, complementari tra loro. Uno è ripiegarsi su di sé, disinteressarsi degli altri, essere indifferenti. Un altro sarebbe guardare solamente al di fuori. Riguardo a quest’ultimo modo di passare a distanza, in alcuni Paesi, o in certi settori di essi, c’è un disprezzo dei poveri e della loro cultura, e un vivere con lo sguardo rivolto al di fuori, come se un progetto di Paese importato tentasse di occupare il loro posto. Così si può giustificare l’indifferenza di alcuni, perché quelli che potrebbero toccare il loro cuore con le loro richieste semplicemente non esistono. Sono fuori dal loro orizzonte di interessi.
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Oggi giovedì 15 ottobre 2020

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Venghino, signori, venghino, altro giro, altra corsa, altre province!
15 Ottobre 2020
Amsicora su Democraziaoggi.
Venghino, signore e signori, venghino, altro giro, altra corsa, non solo nuove Asl, ma anche nuove province! Cambia giunta e tutto torna come prima di prima! Sei province e ben due città Metropolitane! Una metropoli è poco per l’isola dei nuraghi, degli stazzi e dei furriadoxius. Nel Consiglio regionale la Commissione I^ ha approvato il […]
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“Fratelli tutti. Sulla Fraternità e l’Amicizia sociale”. Premessa e Capitolo I

schermata-2020-10-07-alle-11-09-43LETTERA ENCICLICA
FRATELLI TUTTI
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
SULLA FRATERNITÀ
E L’AMICIZIA SOCIALE

1. «Fratelli tutti»,[1] scriveva San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo. Tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro «quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui».[2] Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita.
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Assemblea di “Costituente Terra”

costituente-terra-logouna Terra
un popolo
una Costituzione
una scuola

Newsletter n.22 del 13 ottobre 2020
Convocazione dell’Assemblea
AI SOCI PROMOTORI DI “COSTITUENTE TERRA”
Cari Amici,
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Oggi mercoledì 14 ottobre 2020

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Il Ministro Speranza e le nostre differenti speranze
14 Ottobre 2020
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
L’infelicissima affermazione televisiva del Ministro della salute Speranza, secondo cui il Governo si affiderebbe alle “segnalazioni dei cittadini” per controllare comportamenti privati, anche domiciliari, contrastanti con le nuove disposizioni di contenimento della pandemia, ha comprensibilmente suscitato diffusissime reazioni negative. Intendiamoci, non è che tutti i comportamenti privati domiciliari siano sempre […]
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Nuovi equilibri mondiali

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Il “Disegno Indo-Pacifico” dell’America contro il “Disegno delle Nuove Vie della Seta” della Cina
di Gianfranco Sabattini

Nell’Oceano più vasto del mondo non si addice più l’aggettivo Pacifico; vi si profilano scenari di possibili conflitti volti a destabilizzare la “pax americana”, affermatasi alla fine del secondo conflitto mondiale. In questo contesto, la Cina cerca di scompigliare il rapporto che l’America ha consolidato con i dieci Paesi che compongono l’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico), un’organizzazione politica, economica e culturale di nazioni situate nell’rea del Sud-Est dell’Asia; fondata originariamente, nel 1967, da Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore e Thailandia e con la successiva adesione di Brunei, Vietnam, Birmania, Laos, Cambogia, l’ASEAN ha lo scopo principale di promuovere la cooperazione e l’assistenza reciproca fra gli stati membri per l’accelerazione del progresso economico e il rafforzamento della stabilità politica della regione. [segue]