Monthly Archives: ottobre 2020
Oggi mercoledì 28 ottobre 2020
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La “Scuola di cultura politica F. Cocco” non si lascia fermare dal Covid e dà un segnale iniziando la sua attività con Domenico De Masi
28 Ottobre 2020 su Democraziaoggi.
Fernando Codonesu, presidente della Scuola, presenta la prima inziativa con Domenico De Masi.
“Smart working” è una delle espressioni più utilizzate in questo periodo, soprattutto da quando il Covid 19 è entrato prepotentemente nelle nostre vite. Ma forse mai due parole, “smart working”, hanno avuto il privilegio di diventare il manifesto di un immenso esperimento nazionale […]
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Proposte per un “futuro più giusto”
28 Ottobre 2020
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi
Il “Forum Disuguaglianze e Diversità”, al quale partecipano otto organizzazioni di cittadinanza attiva, ha promosso un confronto con qualificati ricercatori accademici, al fine di formulare proposte generali per un’azione pubblica orientata a ridurre e rilanciare la crescita dell’economia italiana. Il Forum è guidato da un “Gruppo di Coordinamento” presieduto da Fabrizio Barca, il quale […]
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Il Covid ha reso ancora più difficile la battaglia sui diritti
Democrazia e stato di diritto erano già in ritirata prima della pandemia, che però ha aggravato la situazione in almeno 80 Stati. L’Onu si limita ad affermazioni di principio. Barca, Giovannini e il ruolo dei giovani.
di Donato Speroni, AsVis.
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Oggi martedì 27 ottobre 2020
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L’orizzonte smarrito del presidente Solinas
27 Ottobre 2020
Pietro Casula – Presidente Movimento per la Sardegna su Democraziaoggi.
Non è certo una bella fotografia quella di queste ultime settimane e mesi: il virus ripartiva con prepotenza e la politica che giocava a chi faceva l’annuncio più forte. Il presidente Solinas, sopravvalutando completamente la sua forza (politica), si espone troppo e si fa male […]
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SUL CAPITALISMO: Roberto Mania, su Repubblica, parla del libro di Barca e Giovannini: “Cercando il manifesto del nuovo capitalismo”. Sul tema aveva scritto giorni fa Michele Salvati: “Elitari ma opposti, la sfida dei due capitalismi” (Corriere – la lettura).
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La “Scuola di cultura politica F. Cocco” inizia la sua attività d’eccellenza con Domenico De Masi,
Su Democraziaoggi.
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Che succede?
IL GRANDE PERICOLO, LA PROTESTA. IDEE PER UNA RIFORMA DELLA SANITA’ E DELLE RESIDENZE PER ANZIANI
26 Ottobre 2020 su C3dem
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Oggi lunedì 26 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Il covid vince se manca la solidarietà nazionale
26 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Interviene un nuovo DPCM di Conte. Il governo insegue la situazione e fa quello che può con luci ed ombre, ma con un volenteroso impegno. Manca però qualcos’altro per battere il Covid, manca l’arma decisiva; certo, le indicazioni degli scienziati e dei comitati degli esperti sono il presupposto essenziale, ma ci vuole altro, ci […]
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Aumentano i contagi… e la scuola, e i deboli e non garantiti?
26 Ottobre 2020
Caterina Gammaldi su Democraziaoggi.
In Campania, in Calabria, in Lombardia, in Piemonte … i bambini e i ragazzi, i loro insegnanti tornano a praticare la didattica a distanza, talora integrata, per garantire occasioni di mediazione culturale nonostante tutto. Una scelta dettata dalla nuova emergenza sanitaria, spesso esito del mal governo della situazione, già annunciata nei mesi scorsi dal CTS.[…]
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Che succede?
La pericolosa illusione di un Welfare basato sui bonus e senza reddito di base
La storia. Sette mesi di politiche sociali emergenziali, categoriali e paradossali. Il caso del «reddito di emergenza» che esclude gli «invisibili». Ora serve una riforma radicale a cominciare da un’estensione universale e senza condizioni del cosiddetto “reddito di cittadinanza”. Un programma minimo, per cominciare
Roberto Ciccarelli su il manifesto.
Oggi domenica 25 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Carbonia. Distanti le posizioni tra i partiti in città, specie nei confronti della SMCS. Le sinistre aprono al Psd’az
25 Ottobre 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
E’ domenica e torniamo puntuali con la storia di Carbonia ormai dal 1° settembre 2019.
Non poteva restare, Carbonia, ‘un’isola nell’isola’, come dice Nadia Gallico Spano durante l’intervista del 1988, così distante dal resto della Sardegna, per posizione geografica e crescita politica: il Partito a Roma era convinto che da lì potesse iniziare “la costruzione dell’unità della classe operaia”[…]
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Sulla conversione ecologica
25 Ottobre 2020
Guido Viale [Da il manifesto – il manifesto sardo]
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ECONOMIA E NON SOLO NEL TEMPO DELLA PANDEMIA: “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”.
ECONOMIA chock da risparmio
di Roberta Carlini, su Rocca.
C’è stato un tempo nel quale si diceva che noi italiani eravamo un popolo di formiche. Che accanto al retorico elenco dell’epoca fascista – un popolo di eroi, di santi, di navigatori eccetera – bisognava aggiungere la parola «risparmiatori». Le famiglie italiane in passato mettevano da parte tanto risparmio, anche le più povere: forse un retaggio della cultura contadina, di certo un effetto del valore dato alla famiglia e all’eredità. In epoca più recente, il detto non è stato più vero. La nostra «propensione al risparmio» – ossia la parte del reddito che non viene spesa in consumi – è scesa molto. In particolare, durante la lunga crisi del 2008-2014, le famiglie hanno intaccato il loro tesoretto per far fronte ai bisogni dopo il calo del reddito causato da quella recessione. All’inizio del 2019, eravamo sotto il 10%, contro una media dell’area dell’euro di 12,7: vale a dire, meno di un euro su dieci guadagnati era messo da parte, nella media. Con il Covid 19, è cambiato tutto, siamo tornati a risparmiare molto. Il secondo trimestre del 2020 il tasso di risparmio delle famiglie italiane era più che doppio di quello osservato solo pochi mesi prima. Quasi un euro su 5. Lo stesso stava succedendo in tutt’Europa: in particolare, l’area dell’euro nel secondo trimestre di quest’anno, ossia nel periodo della prima ondata della pandemia, è stato del 24,6%. Vale a dire che un euro su 4 guadagnati veniva messo da parte, nei Paesi accomunati dall’euro. Mentre durante la scorsa crisi economica la riduzione del reddito è stata più forte di quella dei consumi, con la pandemia è successo il contrario: la riduzione dei consumi è stata molto più forte della riduzione del reddito.
le formichine prudenti
Ovvio, da un certo punto di vista. Chiusi in casa, con i negozi di beni non necessari chiusi, dove volevate che spendessimo il nostro reddito? Così, i consumi sono scesi sia perché c’erano meno soldi, che perché non si potevano materialmente spendere – nonostante gli aumenti degli acquisti online, la componente di costrizione fisica è stata determinante nel ridurre le spese. Viaggi, ristoranti, cinema, teatri, concerti: sono soprattutto i consumi «di svago» ad aver sofferto. Ma non c’è stata solo questa componente. Se fosse dipeso solo da questo, già alla fine del lockdown e nei mesi successivi avremmo visto una ripresa e anche un recupero dell’arretrato dei consumi non fatti. C’è stato e c’è anche, avverte l’Istat, un effetto lungo, dovuto a una doppia precauzione: la riduzione di comportamenti che, per quanto (nell’estate) consentiti, erano tuttavia considerati rischiosi per il contagio; e soprattutto la volontà di mettere da parte soldi in previsione di tempi bui, nell’incertezza sulla fine della pandemia e sulle sorti dell’economia. Anche chi aveva il proprio reddito ancora intatto, come i percettori di stipendio fisso, ha pensato che non ci fosse certezza del domani; e oggi, mentre ci troviamo nel mezzo di una seconda ondata del virus che in economia fa prevedere una seconda scivolata all’ingiù, è difficile dare torto alle formichine prudenti.
crisi dell’attuale modello economico
Il punto è che quel che è virtuoso per il singolo non è necessariamente buono per l’economia. Già la recessione da Covid è inedita e pesante, essendo dovuta a uno choc contemporaneo da domanda – i consumi – e offerta – la produzione. Se poi ci si aggiunge lo choc psicologico che porta all’aumento della propensione al risparmio, la prospettiva di una ripresa governata dalle leggi del mercato si allontana ancora di più. Allo stesso tempo però, anche questo choc «da risparmio», come gli altri, ci induce a ripensare al tipo di consumi, economia, società che vogliamo. Cosa che forse molte famiglie più benestanti hanno fatto. Mentre i più poveri, colpiti dalla perdita del lavoro e del reddi- to, non si trovano certo nella condizione di risparmiare di più, gli altri si stanno forse chiedendo: cosa vale la pena di comprare? Così come siamo stati tutti indotti a ragionare sulle definizioni dei lavori «essenziali», è possibile che la nuova ondata di austerità imposta dalle costrizioni fisiche ci abbia anche insinuato qualche dubbio su quali sono i consumi essenziali, di cosa abbiamo davvero bisogno, di cosa possiamo fare a meno. È un bene? Può esserlo, per chi ha contestato la società dei consumi di massa da un punto di vista etico; ma ancor di più nella prospettiva dei limiti ai consumi e alla loro tipologia che la crisi climatica dovrebbe imporci, della quale paiono essere più consapevoli i più giovani. Ma allo stesso tempo è un male, per un modello economico che senza la ripresa della domanda privata non si «riprende», o almeno non riprende a marciare come prima.
le opportunità
Qui vengono le opportunità che la nuova situazione presenta. C’è l’occasione per ripensare un modello che già non stava funzionando, soprattutto in Paesi come l’Italia. Detta così, è una proposizione teorica, molto vicina a un’utopia. Ma vista dai numeri dell’economia diventa una necessità: canalizzare l’enorme quantità di risparmio che gli italiani e gli europei stanno mettendo da parte verso investimenti utili, capaci di farci stare meglio in futuro. E adesso sappiamo che «stare meglio» – o anche solo: non ammalarsi, non morire – dipende da alcuni vecchi beni pubblici che sono stati sottofinanziati, ai quali non abbiamo più dedicato risorse; e da alcuni nuovi beni pubblici, ossia tutti quelli collegati alla salvaguardia dell’ambiente, ai quali non abbiamo mai dedicato abbastanza risorse. Dunque, non si tratta solo di usare il risparmio per fare investimenti: che già sarebbe tanto, in un Paese come l’Italia nel quale gli investimenti sono crollati durante la scorsa recessione, per poi recuperare troppo poco. Si tratta di fare gli investimenti giusti, sia direttamente attraverso la mano pubblica che indiret- tamente incentivando i privati a scegliere i beni capitali che possono portare lo sviluppo che vogliamo. L’Unione europea, nel suo piano per la ripresa, ha dato due capitoli: digitale e ambiente. Ma né l’uno né l’altro saranno investimenti «giusti» se non saranno inclusivi, cioè se non potranno essere accessibili a tutti e in grado di migliorare la vita di tutti.
una crescita felice e civile
Il primo rischio, per l’Italia, è che per massimizzare il consenso le nuove risorse pubbliche a disposizione siano dilapidate in manovre che danno soldi a pioggia, spese correnti che non portano investimenti e sviluppo; il secondo rischio, non meno grave, è che ci si concentri sul fascino delle parole nuove – come il digitale o il «green deal» – dimenticando quei beni pubblici di base dei quali proprio la pandemia ha dimostrato la necessità. I ritardi di queste settimane, tragici, hanno tutti a che vedere con beni pubblici: gli autobus e i tram; i treni; la scuola; l’università; la cultura; e naturalmente la sanità, soprattutto quella ramificata nel territorio, presente al livello della singola scuola, del singolo condominio della grande metropoli come della sperduta area interna. Allora, digitale e ambiente non sono beni a sé, alternativi, in cui investire; ma devono diventare aggettivi che caratterizzano ogni spesa e ogni investimento, soprattutto quelli appena citati, la cui geniale introduzione, nella seconda metà del Novecento, ha caratterizzato il modello europeo di società e che adesso possono essere rifinanziati e ripensati per il mondo dopo-Covid.
Una pandemia che ha mostrato la necessità di difenderci tutti insieme, pensando prima e soprattutto ai più vulnerabili per poter proteggere davvero tutti; e che dovrebbe portarci a spostare questa filosofia dalle precauzioni puramente sanitarie alle strutture portanti della nostra vita civile. In questo modo, avremmo investimenti – pubblici e privati – che usano il risparmio «in eccesso» per finanziare nuove opere pubbliche utili; e avviano una crescita felice, e civile.
Roberta Carlini
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chock da risparmio
ROCCA 1 NOVEMBRE 2020
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ECONOMIA E NON SOLO NEL TEMPO DELLA PANDEMIA: “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla” (Papa Francesco).
America, America
L’ULTIMA BATTAGLIA DI UN PRESIDENTE PERDENTE
di Marino de Medici
Il secondo, ed ultimo, dibattito televisivo tra il presidente Trump e il candidato democratico Biden è finito con la conferma che l’elezione del 3 Novembre sarà – come da sempre avviene negli Stati Uniti – un referendum sul presidente in carica.
Trump voleva farne un referendum sul suo sfidante, sulla falsariga della strategia con cui aveva preso di mira Hillary Clinton minacciando di “sbatterla dentro”. Questa volta Donald Trump non ha scalfito l’immagine di Trump come un politico moderato intento a mostrare empatia verso la massa di americani colpiti a fondo da una pandemia che il presidente repubblicano è stato incapace di contenere. Trump ha cambiato il suo approccio frenetico ed insultante (grazie anche alla felice innovazione del microfono spento) ma non e’ andato oltre la consueta rappresentazione di una visione alternativa della realtà, il modus operandi della catena ultra conservatrice Fox, dalla quale il Donald trae ispirazione.
[segue]
Oggi sabato 24 ottobre 2020
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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Sardegna. Verso una nuova ordinanza regionale anti Covid, ma regna la confusione
24 Ottobre 2020
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Non posso far finta di non essermi accorto che il Presidente della Regione si è dimostrato poco più che un chiacchierone, che la Sardegna un vero Assessore della sanità non ce l’ha e che la maggioranza politica e consiliare non ha capo nè coda, al massimo chiede lumi ai suoi […]
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“Fratelli tutti” UN APPASSIONATO INVITO ALL’UNITÀ UMANA
L’ enciclica “Fratelli tutti” per la complessità e la molteplicità dei temi che tratta meriterà molta attenzione di volta in volta sui vari blocchi di argomenti. Una prima lettura serve ad averne un’idea generale senza in alcun modo esaurire la riflessione.
La situazione difficile del mondo
Essa, nelle sue linee generali, riprende ampiamente il messaggio culturale e sociopolitico di papa Francesco, lo sistematizza e lo arricchisce. In particolare riprende ampiamente il documento di Abu Dhabi del febbraio del 2019 “sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato dal papa con il Grande Imam Abu Al-Tayyeb dell’Università Al-Azhar del Cairo. La prima parte descrive la situazione del mondo constatandone il peggioramento per i nazionalismi emergenti, la crescita delle radicalizzazioni e delle disuguaglianze, i razzismi, le nuove povertà, la pandemia “che ci ha denudati” e ha gravemente penalizzato i più deboli, il rischio del “tutti contro tutti”, il rifiuto dei migranti, i muri, invece dei ponti, che si costruiscono un po’ dovunque, le forme ormai consolidate di schiavitù, la guerra mondiale a pezzi, i poteri economici che sovrastano i soggetti politici che dovrebbero proteggere la “casa comune” dell’umanità.
In questa descrizione si può leggere un contributo abbastanza nuovo (cap. 44 e 45) sulle tante aggressività che si esprimono mediante la comunicazione online e in tutto il mondo digitale che ha alle spalle interessi economici enormi e che è capace di forme invasive e sottili di controllo e di manipolazione. In questa descrizione non nuova delle tante cose negative dello scenario globale non vi è spazio (un solo cenno) per un approfondimento della specifica condizione della donna che è pesante e diffusa ovunque. I diversi aspetti della sua condizione di subordinazione fanno parte dei pesanti rapporti di dominio esistenti al mondo che tutti l’enciclica condanna duramente. Questa assenza ci sembra il limite principale dell’enciclica ed è coerente con la mancanza nel pontificato di papa Francesco di un impegno non formale od episodico perché la condizione femminile sia tutelata e promossa nella società e, a maggior ragione, nella Chiesa. La richiesta che l’enciclica si chiamasse “Sorelle e fratelli tutti” ci sembrava del tutto giustificata (la citazione esatta delle parole di S. Francesco poteva essere ripresa e spiegata nel testo). E’ stato anche rilevato che tra i grandi “maestri” citati tra quelli che hanno ispirato l’enciclica (S. Francesco, Martin Luther King, Desmond Tutu, Mahatma Gandhi, Charles de Foucauld) non c’è nessuna donna.
Il Samaritano, modello per la vita e per la società
L’enciclica passa poi ad un approfondimento del racconto evangelico del buon Samaritano, che viene assunto come modello generale per nuovi rapporti tra gli uomini. Il testo è particolarmente efficace nel descrivere i quattro soggetti presenti nella parabola, assunti a tipologie di comportamenti diffusi. Partendo da qui si sviluppano le linee portanti dei principali messaggi di Francesco. Essi riguardano: gli “ultimi”, i migranti, il potere economico che domina la politica, gli individualismi generalizzati che chiudono le comunità e le società in se stesse, la proprietà privata che dovrebbe essere diritto secondario rispetto ai beni comuni ed al bene comune, i nazionalismi fondati sulla xenofobia e via di questo passo. L’amore si deve praticare da una parte verso le fragilità individuali nei rapporti interpersonali che ognuno di noi incontra nella propria vita, dall’altra con quella che Francesco chiama “amicizia sociale” perché la carità si deve esprimere con l’intervenire sulle situazioni di sofferenza della casa comune (con azioni di tipo sociale, politico, culturale). Questa è la solidarietà. Poi l’enciclica fa un interessante discorso su Fraternità, Libertà e Uguaglianza. Le tre parole d’ordine della Rivoluzione francese vengono naturalmente accettate (già demonizzate dalla Chiesa a suo tempo) ma declinate in questo modo: la fraternità è la condizione indispensabile perché libertà e uguaglianza siano veramente tali. Tutta l’enciclica ruota attorno alla tutela e alla promozione dei diritti umani, a partire dagli ultimi, dagli esclusi, dai “non conosciuti”. Qualcuno ha osservato che la Chiesa mentre li promuove con convinzione dovrebbe essere più consapevole che al proprio interno essi meritano una ben maggiore tutela (per esempio quelli degli abusati dal clero pedofilo) e che, in generale, tante strutture della Chiesa dovrebbero finalmente cambiare nella direzione di quanto dice l’enciclica (per esempio nella gestione delle sue risorse economiche, argomento di assoluta attualità).
Cosa si debba intendere per popolo
L’enciclica continua su come siano da gestire correttamente i valori di ogni popolo, mantenendo le radici storiche, culturali, linguistiche ma dialogando con ogni altro Paese per capire, accettare e stabilire rapporti positivi a partire dal fatto che ogni popolo deve sentirsi parte della famiglia umana. L’accoglienza e l’integrazione dei migranti sono la base per una nuova politica che esiga però programmi globali internazionali. Il “locale” deve avere l’orizzonte del “globale” ed ogni Paese cerchi alleanze ed integrazioni coi Paesi vicini per trattare con le grandi potenze.
Il testo esamina poi in modo critico il populismo e le forme liberali di gestione del potere e vi descrive gli aspetti positivi del concetto di “popolo”. Ma qualsiasi impegno e soluzione – dice l’enciclica – “potrebbe avere ben poca consistenza, se perdiamo la capacità di riconoscere il bisogno di un cambiamento nei cuori umani, nelle abitudini e negli stili di vita. È quello che succede quando la propaganda politica, i media e i costruttori di opinione pubblica insistono nel fomentare una cultura individualistica e ingenua davanti agli interessi economici senza regole e all’organizzazione delle società al servizio di quelli che hanno già troppo potere.”
La carità è l’impegno per il bene comune
Il discorso continua su un versante più direttamente politico. La crisi del 2008 è stata un’occasione persa, gli Stati nazionali perdono potere e domina la finanza. Soprattutto – passo importante dell’enciclica – è necessaria la riforma dell’ONU, il rilancio dei rapporti internazionali e del multilateralismo che è in grave crisi dopo una fase in cui forme importanti di aggregazione si erano sviluppate, per esempio in Europa e in America Latina. In questa situazione papa Francesco richiama il ruolo dei movimenti popolari e sottolinea molto l’importanza delle organizzazioni della società civile che si impegnano per la tutela dei diritti umani e per il bene comune. Questa è carità, è amore, è l’impegno per il bene comune, per cambiare, per il dialogo, per ogni passo in avanti, anche con risultati modesti. Ogni azione deve tendere a riconoscere l’altro, deve tendere a un processo d’incontro tra differenze (senza fermare le rivendicazioni sociali), per una trasformazione degli stili di vita, per nuovi rapporti sociali. Francesco propone un “artigianato della pace” che parta dal basso e “lasci aperte sempre altre possibilità, altre considerazioni del reale, altre strade possibili, perfino dinanzi al peccato e all’errore; sempre è invocata la pluralità, mai il relativismo, sempre il gusto delle differenze, dell’inedito, del non ancora compreso; il poliedro, mai la torre di Babele, dalla pretesa unificante” (Raniero La Valle).
La memoria e il perdono
Per completare il quadro l’enciclica parla del perdono e del suo rapporto con la giustizia e poi della memoria. Non si costruisce per il futuro se non si ha sempre a mente la Shoah ed Hiroshima e Nagasaki. L’enciclica dice: “E nemmeno vanno dimenticati le persecuzioni, il traffico di schiavi e i massacri etnici che sono avvenuti e avvengono in diversi Paesi, e tanti altri fatti storici che ci fanno vergognare di essere umani. Vanno ricordati sempre, sempre nuovamente, senza stancarci e senza anestetizzarci. È facile oggi cadere nella tentazione di voltare pagina dicendo che ormai è passato molto tempo e che bisogna guardare avanti. No, per amor di Dio! Senza memoria non si va mai avanti, non si cresce senza una memoria integra e luminosa. Abbiamo bisogno di mantenere la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che è accaduto», che «risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione” (messaggio per la Giornata della pace 2020). Papa Francesco è anche esplicito sulla Chiesa e dice: “A volte mi rattrista il fatto che la Chiesa ha avuto bisogno di tanto tempo per condannare con forza la schiavitù e diverse forme di violenza.”
NO alla guerra giusta e alla pena di morte
Il papa riprende quanto già detto molte volte sulla ripresa della corsa al riarmo, in particolare per quanto riguarda le armi nucleari e constata che negli ultimi decenni si è optato “per la guerra avanzando ogni tipo di scuse apparentemente umanitarie, difensive o preventive, ricorrendo anche alla manipolazione dell’informazione. Di fatto, negli ultimi decenni tutte le guerre hanno preteso di avere una giustificazione”. Di conseguenza la Chiesa ritiene superata la dottrina della guerra giusta in certe circostanze e rilancia la proposta della Populorum Progressio per un Fondo mondiale finanziato dalla riduzione delle spese militari per eliminare la fame e per lo sviluppo dei Paesi poveri. Questa posizione netta sulla guerra è una indiretta denuncia di tutti i facili consensi del mondo cattolico nei confronti delle strutture militari ed addirittura di presenze al loro interno (nel nostro Paese i cappellani militari con l’Ordinario militare!). Ugualmente la Chiesa ha definitivamente preso posizione contro la pena di morte in qualsiasi circostanza facendo così una evidente autocritica rispetto alla sua posizione precedente. L’enciclica si conclude sul dialogo tra le religioni e sull’identità cristiana. La Chiesa, che auspica la convergenza del mondo cristiano e di tutte le religioni su queste grandi questioni, rivendica l’autonomia della politica ma «non può e non deve neanche restare ai margini» nella costruzione di un mondo migliore, né trascurare di «risvegliare le forze spirituali che possano fecondare tutta la vita sociale”. In questo modo si contribuisce a combattere a oltranza quel terrorismo che strumentalizza la religione e che combatte la libertà religiosa. Ci lascia però perplessi, al cap. 273 una citazione di papa Wojtyla che dice: “Se non esiste una verità trascendente, obbedendo alla quale l’uomo acquista la sua piena identità, allora non esiste nessun principio sicuro che garantisca giusti rapporti tra gli uomini”. Interpretato alla lettera questo passo può indicare una “esclusiva” delle religioni nell’indicare le strade per la retta convivenza sociale (e ciò è del tutto discutibile sia come affermazione di principio sia perché smentibile osservando la storia).
“Fratelli tutti” completa il messaggio della Laudato Si’
Mi pare che “Fratelli tutti” esprima il filone migliore e più universale di un pontificato che viene ostacolato da tante strutture ecclesiastiche che sono retaggio dei due pontificati precedenti, di una comprensione mummificata dell’Evangelo da parte di molti, di una struttura piramidale autoreferenziale e di un accentramento eccessivo del potere nella figura del papa. L’enciclica è quindi “la voce di chi non ha voce” e sfugge anche a un certo dottrinarismo delle vecchie encicliche sociali perché “morde” nella storia. Infatti nel suo lungo ragionare si leggono sottotraccia tutte le situazioni di sofferenza esistenti e le potenzialità pure presenti nella Chiesa. Ognuno le può facilmente vedere. A noi, per esempio, appare evidente quanto i suoi contenuti siano direttamente in contrasto pesante con la linea della presidenza uscente degli USA (lo ha scritto il “Washington Post”!) e, nel nostro Paese, con l’arroganza della destra che si pretende cristiana perché “ci sono ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere varie forme di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi”. L’enciclica fa un appello universale al mondo intero perché il suo messaggio non sia ininfluente. Ma essa interessa soprattutto i cattolici perché si impegnino a cercare di fare seguire alle parole i fatti, dando testimonianza dell’Evangelo, maggiore credibilità alla loro Chiesa e così un forte contributo alla sua vera riforma ed alla sua conversione che consiste nel seguire l’esempio del Samaritano.
Roma, 11 ottobre 2020
NOI SIAMO CHIESA
“Fratelli tutti”
UN APPASSIONATO INVITO ALL’UNITÀ UMANA
22 OTTOBRE 2020 / su www.chiesadeipoverichiesaditutti.it
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Fratelli tutti: «La vita è l’arte dell’incontro». Facciamo crescere la cultura dell’incontro
di Franco Meloni
Nello scrivere dell’enciclica provo un certo ritegno perché sintetizzarne i concetti rischia di guastarne la chiarezza e diminuirne la forza comunicativa. Per evitare entrambi ricorro alla tecnica della “virgolettatura”, soffermandomi su pochi passaggi che mi piace mettere in evidenza. Formulo comunque l’invito a leggerla per intero, e poi a rileggerla per singoli argomenti, anche senza seguire l’ordine originario.
Intanto rammento gli intendimenti del Papa: “Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione affinché [...] siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane [...] ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà”. Ecco: tre parole fondamentali, avvolte dal sogno che ne rafforza la suggestione: fraternità, amicizia sociale, dialogo. E ancora, i destinatari: «tutte le persone di buona volontà», come è consuetudine dei Papi, da Giovanni XXIII (Pacem in terris, 1963) in poi. Perfino nel porgere la parabola del buon Samaritano il Papa ci tiene a dire: “benché questa Lettera sia rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose, la parabola si esprime in modo tale che chiunque di noi può lasciarsene interpellare”.
Riflettiamo sul racconto evangelico, condividendo le parole di Raniero La Valle: «la figura emblematica che fa l’identità di questa enciclica, […] è quella del Samaritano, che ci pone di fronte a una scelta stringente: davanti all’uomo ferito [...] ci sono solo tre possibilità: o noi siamo i briganti, e come tali armiamo la società dell’esclusione e dell’iniquità, o siamo quelli dell’indifferenza che passano oltre immersi nelle loro faccende e nelle loro religioni, o riconosciamo l’uomo caduto e ci facciamo carico del suo dolore: e dobbiamo farlo non solo con il nostro amore privato, ma col nostro amore politico, perché dobbiamo pure far sì che ci sia una locanda a cui affidare la vittima, e istituzioni che giungano là dove il denaro non compra e il mercato non arriva». [segue]
Prorogato l’accordo tra la Repubblica popolare cinese e il Vaticano.
Comunicato circa la proroga dell’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei Vescovi, 22 ottobre 2020 [B0542]
Alla scadenza della validità dell’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei Vescovi, stipulato a Pechino il 22 settembre 2018 ed entrato in vigore un mese dopo, le due Parti hanno concordato di prorogare la fase attuativa sperimentale dell’Accordo Provvisorio per altri due anni. La Santa Sede, ritenendo che l’avvio dell’applicazione del suddetto Accordo – di fondamentale valore ecclesiale e pastorale – è stato positivo, grazie alla buona comunicazione e collaborazione tra le Parti nella materia pattuita, è intenzionata a proseguire il dialogo aperto e costruttivo per favorire la vita della Chiesa cattolica e il bene del Popolo cinese.
[01260-IT.01] [Testo originale: Italiano]
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Traduzione in lingua cinese
圣座与中华人民共和国
关于延长主教任命临时协议公告,2020.10.22
圣座与中华人民共和国于二O一八年九月二十二日在北京签署、一个月后生效的主教任命临时协议有效期届满后,双方同意将这一协议的试验性实施阶段延长两年。
得益于缔约双方在商定事项方面的良好沟通与合作、考虑到上述具有重大教会和牧灵价值的协议的启动执行是积极的,圣座有意继续开放性的和建设性的对话,从而促进天主教会的生活和中国人民的利益。
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Newsletter
Oggi venerdì 23 ottobre 2020
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“Quando c’erano ancora i comunisti”
23 Ottobre 2020
Carlo Dore jr. su Democraziaoggi.
Due giornalisti “non allineati” come Mario Pendinelli e Marcello Sorgi ripercorrono la parabola del Partito Comunista italiano dal congresso di Livorno al crollo del muro di Berlino, portando ad emersione il fil rouge che lega le riflessioni di Gramsci alla strategia di Togliatti ed alla successiva svolta di Berlinguer. […]
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