Monthly Archives: agosto 2020

Che succede?

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GOVERNO. RECOVERY PLAN. DIBATTITO NORD/SUD. SULLO STATALISMO
11 Agosto 2020 su C3dem.
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MEDITERRANEO: NUOVE EGEMONIE, RIVOLTE POPOLARI, FLUSSI MIGRATORI
11 Agosto 2020 Su C3dem.

[segue]

Oggi martedì 11 agosto 2020

lampadadialadmicromicroEstate 2020. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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soffiaManifesto. Ricostruire l’Italia. Con il Sud.
5° Asse. Investire sulla qualità delle imprese. Rafforzare il tessuto di imprese industriali e terziarie in tutta Italia, favorendone la crescita dimensionale, una forte innovazione anche a matrice digitale, le convenienze a occupare di più (anche riducendo gli oneri contributivi sul lavoro e favorendo stabilmente le assunzioni di personale più qualificato, specie al Sud), investendo sui propri dipendenti. A stabilire legami con altre imprese e con una rete nazionale per la diffusione delle innovazioni. Il lavoro si crea con la qualità e i diritti.
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—————————Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti————–——–
Seicento scannatissimi euro, tradimento etico e scandalismo reazionario
11 Agosto 2020
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Figuriamoci se la scoperta che cinque parlamentari (precisiamo: tre leghisti, un grillino, un renziano, su 945 parlamentari tra deputati e senatori) hanno richiesto e ottenuto il bonus postpandemico incondizionato INPS per le partite IVA, non avrebbe provocato l’innesco di una trappola strumentale nei confronti dell’opinione pubblica, per di più proprio alla vigilia del referendum […]
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I racconti della Toniolo. Correvano gli anni sessanta…

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di Franco Meloni
La maglietta di Mario
Uno dei più formidabili organizzatore di scherzi, sempre o quasi innocenti, era senza dubbio Luciano Ortu, detto simpaticamente Bulloni. Aveva poi il gusto di raccontarli, divertendosi forse più che a farli. Lo scenario preferito per gli scherzi di Luciano era il campeggio della Toniolo. Una ricorrente vittima dei suoi scherzi era Mario Sabeddu, altro socio della Toniolo.
Ecco il raccontino. Anche su Giornalia. [segue]

Che fare?

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PER IL DOMANI La risposta è un’ecologia integrale
06 Luglio 2020
Da MEIC
di THIERRY MAGNIN
teologo e fisico, segretario generale della Conferenza episcopale francese
Un piccolissimo virus di qualche millesimo di millimetro e di una quindicina di geni semina il panico in numerosissimi paesi del globo, siano essi ricchi o in via di sviluppo. Esso travolge la vita del mondo intero: le persone colpite dal virus potrebbero essere più di un centinaio di milioni, milioni le persone ricoverate in ospedale e alcune centinaia di migliaia i decessi. Più di tre miliardi di persone sono confinate e le strade delle grandi città sono deserte. Ma il virus non si ferma qui: l’espansione dell’epidemia mette l’economia a riposo o addirittura la ferma completamente in un gran numero di settori, le borse crollano, i disoccupati si contano a milioni. C’è di che spaventarsi! Al tempo delle tecnoscienze noi riscopriamo improvvisamente quanto siamo interdipendenti davanti alla pandemia e più vulnerabili di quanto pensiamo. In alcune settimane il mondo si è immobilizzato nella paura: numerose persone sono colpite nei loro corpi e molto nel loro cuore.
La crisi del covid-19 è venuta bruscamente a ricordarci che la specie umana non ha mai cessato e non cesserà mai di coevolvere con le altre specie, a cominciare dai virus e dai batteri. Certe malattie di questi ultimi tempi (ebola ieri, covid-19 oggi) ci arrivano dalla natura, dal mondo delle bestie selvagge. Esse provocano delle devastazioni perché sono connotate dall’irruzione brutale, nelle società umane, di agenti patogeni che vivevano fino ad ora al di fuori della nostra sfera, e con le quali noi non abbiamo potuto coevolvere. Noi distruggiamo le foreste a un ritmo accelerato e mettiamo così in contatto le popolazioni di questi territori con i nuovi agenti patogeni che erano propri di animali selvaggi.
Noi formiamo degli “ecosistemi” con la natura, compresi questo microorganismi che influenzano direttamente la nostra salute e impariamo a coabitare. “Tutto è legato”, potremmo dire, anche se la complessità degli ecosistemi rende difficile la previsione della loro evoluzione (poiché interagisce con una moltitudine di fattori di natura differente). Forse abbiamo dimenticato che la specie umana è intimamente legata alle altre specie viventi, come le teorie dell’evoluzione evidenziano da tempo, e anche al cosmo intero se si ritiene che le ipotesi del Big Bang o quelle di altri scenari si mantengano valide. Le tecnoscienze che permettono oggi di fabbricare parti di esseri umani artificiali grazie alle biotecnologie e a controllare la materia per meglio progettarla ci hanno dato l’illusione che l’uomo si sia definitivamente affrancato dalla natura. Il covid-19 rimette le cose a posto, anche se sappiamo che i nostri legami con la natura non sono sempre causa di epidemia ma possono regolarsi per una buona coabitazione. C’è un vasto campo di lavoro che l’ecologia scientifica e la medicina esplorano ogni giorno di più.
In questa crisi del covid-19 noi vediamo anche quanto l’influenza della natura e la mondializzazione si coniughino per diffondere l’epidemia. Il trasporto aereo, insieme al commercio e al turismo di massa favoriscono grandemente tale espansione. Il virus del pangolino cinese infettato da un pipistrello ha potuto così percorrere il globo! Anche in questo caso tutto è legato, nel meglio e nel peggio! Queste condizioni permettono ai virus e agli altri patogeni di uscire dai loro ecosistemi naturali e di infettare l’uomo che non li “conosce” e che dovrà coabitare e coevolvere con essi per trovare un nuovo equilibrio di salute!
Un articolo della rivista Nature del 21 febbraio 2008 sottolinea che tra il 1940 e il 2004, 335 malattie infettive sono emerse a causa del nostro modello di sviluppo economico e della spinta demografica che l’accompagna. Il 71,8% di queste malattie proviene dalla fauna selvaggia e il 60,3% sono trasmissibili dall’animale all’essere umano come nel caso del covid-19.
L’iniziativa “One health”, “Un mondo/una sanità” (connettere la salute umana con la salute animale e la salubrità dell’ambiente), prevede giustamente di gestire la salute umana in relazione all’ambiente e alla biodiversità, con tre obiettivi principali: combattere contro le zoonosi (malattie trasmissibili dagli animali agli umani e viceversa), assicurare la sicurezza sanitaria degli alimenti, lottare contro la resistenza agli antibiotici.
Allo stesso modo, si studia sempre più il ruolo determinante di milioni di batteri che noi abbiamo nel nostro intestino (il microbiota intestinale) e il cui comportamento influenza fortemente il nostro “benessere globale”. Si dice che questo microbiota sia “simbiotico” per significare che questo ecosistema all’interno del nostro corpo sia in interazione molto stretta con l’insieme di esso. Queste interazioni giocano un ruolo importante sulla salute e l’eventuale sviluppo di malattie, ma anche, grazie ad una coevoluzione, sulla stabilizzazione se non addirittura sulla guarigione di malattie come il diabete e certe forme di autismo. I nostri stili alimentari e i nostri stili di vita interferiscono su questi equilibri dinamici come oggi evidenziano molti studi scientifici. Per più ragioni noi siamo legati ai batteri! Per più ragioni è importante considerare le relazioni tra “ecosistemi”, tanto a livello personale quanto a livello di genere umano, in particolare per definire diversamente le malattie (e le vie di guarigione) che sono in effetti largamente dipendenti dalle perturbazioni dell’equilibrio dei sistemi.
Questa presa di coscienza determinata dai danni del coronavirus rinvia in maniera veemente all’ultima dichiarazione del Forum di Davos, la quale afferma che è giunto il tempo di riflettere sulle nostre azioni in termini di ecosistemi. Speriamo che la crisi attuale acceleri questo processo.

UNA SITUAZIONE INEDITA, REAZIONI PROFONDAMENTE UMANE?
Impauriti per l’ampiezza dell’epidemia, eccoci invitati a una nuova forma di solidarietà: la mobilitazione si è organizzata, lo Stato “è tornato con forza” per tentare di sostenere la sanità pubblica e le conseguenze sociali di questa crisi. Noi pensiamo al notevole lavoro del personale sanitario, all’intelligenza collettiva degli scienziati e dei tecnici che cercano di trovare spazio (tuttavia non senza discussioni e rivalità) e di tutti quelli che, nelle aziende e nei servizi, permettono alla società di continuare a vivere, rischiando la loro salute e perfino la loro vita. Questa mobilitazione si accompagna sovente a molta creatività e ingegnosità. E’ il tempo della solidarietà e della lotta collettiva contro l’epidemia. La nostra intelligenza collettiva è mobilitata per questo.
La nostra prima reazione di credenti è quella di partecipare, ciascuno per la propria parte, a questa solidarietà nazionale e mondiale: alleviare i più colpiti, accompagnare le famiglie di fronte alla malattia e talvolta alla morte di un congiunto, sostenere le persone sole, le persone che perdono il loro lavoro, senza dimenticare i carcerati, gli stranieri senza documenti e i senzatetto. Solidarietà materiali, morali e spirituali. È la priorità del momento. La mia esperienza personale di membro di una rete “di persone in ascolto tramite un numero verde” mi porta a sottolineare il’importanza del sostegno spirituale. In questo momento, più che mai, molti risentono il bisogno di essere ascoltati nella loro sofferenza, nei loro problemi, nella loro/nostra impotenza comune davanti al numero dei morti, ai lutti difficili da piangere ora che le condizioni della morte e dei funerali sono rese delicate. Il ruolo delle religioni “sul campo” è qui essenziale. Credere che la vita sia più forte della morte, al tempo del coronavirus è un richiamo e una sfida! Anche se non si è direttamente toccati dalla malattia i periodi di segregazione sono propizi non solo alla riflessione, alla lettura, ma anche al raccoglimento, alla meditazione, come pure occasioni per ripensare grandi questioni esistenziali.
IN NOME DELLA SALUTE PUBBLICA
Noi abbiamo il dovere il riflettere su quello che ci capita, senza per questo dimenticare il quotidiano della lotta contro l’epidemia. Senza cercare subito dei capri espiatori che ci sollevino un cambiamento del nostro stile di vita. E se questo sventurato virus fosse per noi anche un “segno” in tal senso? Eminenti personalità come Bruno Latour ci invitano così a pensare che questa crisi sanitaria prepari, induca, inciti a tenerci pronti alla mutazione climatica. La nostra interdipendenza passa attraverso i nostri legami con la natura, compresi i virus e i microbi, i nostri legami di mondializzazione (economici, digitali, turistici, giuridici, ecologici, politici…). Essa tocca “il grido della terra e il grido dei poveri” cari a papa Francesco, le questioni sociali e l’equilibrio degli ecosistemi; in breve essa ci dice qualcosa della sfida dell’”ecologia integrale”.
In questa crisi del coronavirus, si vede ritornare con forza il ruolo degli Stati per garantire un bene comune molto prezioso: la salute delle persone e delle popolazioni. In nome di questa salute si decreta un confinamento generale, con ristrette possibilità di spostamento. Rispettando queste misure ciascun individuo è ritenuto essere responsabile non solamente della sua salute ma di quella degli altri, in particolare per mezzo delle famose misure di protezione. E ciò che appariva impossibile poco tempo fa accade: la messa a riposo dell’economia, fatti salvi i bisogni della vita quotidiana, la messa in cassa integrazione di molti lavoratori, la diminuzione drastica dei trasporti, la fine dei viaggi turistici… Nei nostri paesi industrializzati si scopre l’importanza dei servizi pubblici come quelli riguardanti la salute. Lo Stato sblocca i fondi necessari per sostenere lo sforzo della sanità, come pure un’economia al rallentatore, attraverso misure sociali che garantiscano, in Francia per esempio, il pagamento delle ore non lavorate e la proroga del pagamento di alcune tasse o imposte per le persone e le aziende.
I miliardi di euro e di dollari annunciati dagli Stati come gli Usa e gli Stati europei per garantire la sopravvivenza delle nostre società sviluppate (e noi speriamo, una solidarietà con i Paesi in via di sviluppo) ci sorprendono per la loro ampiezza. Sebbene noi dicessimo che il debito degli Stati era insopportabile, ecco che il suo attuale allargamento si pone in modo differente davanti al bene comune della salute da preservare. E anche se si annuncia una grave crisi economica come conseguenza di questa crisi sanitaria, alcuni aggiungono che la priorità è oggi chiara e l’aggravamento del debito è secondario.
Senza essere ingenui (bisognerà rimborsare questo debito un giorno o l’altro) si vede come la sanità pubblica, che l’epidemia virulenta sta facendo emergere come un bene comune prioritario, prenda oggi ( e per un cento tempo) il sopravvento su ogni altro fattore che noi dicevamo essere indispensabile. Si comprende l’urgenza vitale di assumere, sul campo, tutte le misure necessarie riorientando le priorità. Ne va della sopravvivenza di una parte importante della popolazione e del nostro futuro. Ma l’improvviso verificarsi di una epidemia non deve farci dimenticare quello che minaccia anche la nostra salute tutti i giorni in maniera meno repentina e più nociva, cioè l’inquinamento connesso alla catena ecologica che deriva in particolare da una industrializzazione poco rispettosa dell’ambiente, dal riscaldamento climatico e le sue molteplici conseguenze, da una biodiversità mal trattata e da molti altri elementi ambientali, dai nostri modi di produrre, dai nostri scambi commerciali, dai nostri stili e le nostre scelte di vita.
Alcuni sognano un ritorno a “prima del coronavirus” quando l’urgenza ecologica ci poneva già davanti un muro. Del resto vedendo decrescere l’inquinamento delle nostre città in questi tempi di confinamento noi siamo ulteriormente chiamati a trovare dei nuovi equilibri di vita su scala planetaria perché la mondializzazione dell’economia non conduca a una situazione peggiore di quella dell’epidemia attuale. Ma altri vorrebbero chiudere le frontiere o veder decrescere la popolazione mondiale (a cominciare da quella dei paesi poveri, ovviamente!) la cui crescita accelerata appare loro come la causa numero uno dei problemi odierni.
VERSO UN’ECOLOGIA INTEGRALE
Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo propongono, oggi con molte altre personalità, di pervenire alla salvaguardia della casa comune attraverso un’altra via, quella dell’ecologia integrale. Il grido dei poveri e il grido della terra sono connessi. Più che mai, la prova che noi viviamo attualmente è come un invito a riflettere e ad agire in questo senso, in nome di una sorta di “sanità pubblica” che coinvolge l’uomo globale e tutto il genere umano.
Questi appelli provocanti per “cambiare i nostri stili di vita” non pretendono di rifiutare in blocco i frutti della modernità. Del resto noi sperimentiamo attualmente quanto i mezzi digitali e il telelavoro possano essere dei formidabili strumenti di comunicazione che ci consentono di uscire dall’isolamento e permettono incontri amicali e il proseguimento della necessaria attività lavorativa. Si tratta soprattutto di trovare nuovi modi di vivere e di lavorare su scala planetaria, per una nuova mondializzazione coniugando lungo uno stesso percorso ecologia ambientale ed ecologia umana.
L’impatto sanitario in un contesto di impatto ecologico modifica la tensione tra economia ed ecologia mettendoci di fronte alle nostre scelte sociali, alle nostre priorità e a “ciò che è prezioso ai nostri occhi”! La natura, la materia, le specie viventi, i territori non sono innanzitutto delle risorse da sfruttare da parte di un umano “padrone e possessore della natura”. Alcuni economisti pensano che l’attuale pandemia ci offra l’opportunità di regolare una macchina economica speculativa divenuta folle che indebolisce le risorse umane ed ambientali. Ricordandoci brutalmente la nostra fragilità, la crisi sanitaria ci indica che la scienza e la tecnica non bastano, contrariamente a ciò che ci vorrebbero far credere gli attuali transumanisti, con una visione di “uomo-dio” che sfugge ai suoi determinismi biologici e alla sua contingenza grazie alle tecnoscienze. Questa crisi è l’illustrazione della morte di un paradigma progressista che ha fatto il suo tempo.
In questo contesto, le parole di Papa Francesco nella Laudato sì risuonano più forti che mai: «Non basta conciliare in una via di mezzo, la cura della natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso… si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore ed una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso» (194). Per il Papa, questo progresso non si confonde con la crescita, con un accrescimento della potenza tecnologica, con l’accumulazione di ricchezze materiali e con l’aumento del pil, senza tuttavia trascurare questi fattori.
Francesco raccomanda e sostiene un nuovo approccio all’ecologia che non si limiti alle relazioni dell’essere umano con il suo ambiente, ma riguardi anche lo sviluppo economico, le relazioni sociali, i valori culturali e, infine, la qualità della sua vita quotidiana sia nello spazio pubblico che nel suo ambiente abitativo. Questo approccio di ecologia integrale considera che il rapporto con Dio, il rapporto con se stessi, il rapporto con gli altri e il rapporto con la natura siano connessi: occorre prendersene cura in una stessa misura per non introdurre del disordine nel mondo (il disordine climatico ne è un aspetto). Lo squilibrio di questi rapporti è l’origine antropologica della crisi ecologica. Francesco ci invita ad assumere i rischi necessari per promuovere, in questi tempi di crisi ecologica, uno “sviluppo umano integrale”.
Cosa ne faremo di questo “appello” uscendo dalla crisi sanitaria, e dovendo quindi vivere senza dubbio una crisi economica e sociale? Oseremo sperimentare dei nuovi stili di vita, di lavoro, di produzione, di consumo, di economia giusta e solidale, di relazione con la terra, con gli esseri viventi, con la natura, con il cosmo, avendo come priorità lo sguardo rivolto verso i più poveri? La trasformazione ecologica qui prospettata si situa a lungo termine e richiede riforme strutturali di portata tale che solo un soffio spirituale profondo può suscitare.

(traduzione a cura di Beppe Elia)
(da “Coscienza” 1-2/2020)
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Lunedì 10 agosto 2020

lampadadialadmicromicroEstate 2020. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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- Oggi lunedì 10 agosto San Lorenzo.
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soffiaManifesto. Ricostruire l’Italia. Con il Sud.
4° Asse. Investire sui luoghi. Dedicare risorse alla valorizzazione della varietà territoriale e ambientale dell’Italia: sostenere le produzioni tipiche, la qualità e biodiversità agricola, i beni culturali, un turismo più sostenibile, la produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili, la prevenzione e tutela del suolo, soprattutto sull’Appennino; la rigenerazione dei patrimoni immobiliari anche per accrescere l’offerta di abitazioni per le famiglie a basso reddito¸ le forme di auto-organizzazione sociale locale. La ricostruzione è più forte con il contributo di tutti i luoghi, in tutto il paese. [E in Sardegna?]
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Orazio Orrù, giovane partigiano di Orroli, caduto per la libertà nel cuneese
10 Agosto 2020
Pubblicato il 4 Maggio 2020
Daniela Orrù su Democraziaoggi
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Il giovane Orazio quel 25 aprile di settantacinque anni fa non festeggiò insieme agli altri partigiani.
La morte l’aveva preso appena due giorni prima nella campagna di Sant’Albano Stura, in provincia di Cuneo, per mano della “ronda dei Muti”. Così erano chiamati nella zona un gruppo di squadristi che […]
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Che succede?

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DECRETO AGOSTO: CRITICHE E PROPOSTE. IL SUD E IL NORD
9 Agosto 2020 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
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Estate con le consolazioni della filosofia. Giordano Bruno

4eb7d14d-c60c-4881-a0b1-d2adc91fc566Gli “eroici furori”
di Lucio Garofalo
Per i suoi interessi e le sue attitudini a 360 gradi, per le sue coraggiose teorie e le posizioni controcorrente, per la sua radicale ed accesa avversione ad ogni sorta di dogmatismo e di fanatismo (oggi si denominerebbe fondamentalismo), Giordano Bruno ha incarnato, quasi per antonomasia, il prototipo ideale dell’intellettuale rinascimentale ed universale, il genio ribelle ed eclettico, tanto scomodo ed anticonformista, quanto versatile e poliedrico. Alla stessa stregua di Leonardo da Vinci, per intenderci, anzi persino più audace. Egli non fu soltanto un filosofo ed un “protoscienziato” naturalista, bensì anche uno scrittore ed un letterato, un artista e un cultore nell’ambito delle arti esoteriche, un esperto di tecniche per la memoria, le “mnemotecniche” di origine lulliana (dal suo inventore, il filosofo e teologo Raimondo Lullo, vissuto nel XIII secolo). Giordano Bruno è forse l’ultima figura di un intellettuale “a tutto tondo”, cioè di uno studioso totale, di un pensatore assai duttile, completo e sfaccettato, come pochi altri in tutta la storia umana (e nella stessa epoca rinascimentale). [segue]

Oggi domenica 9 agosto 2020

lampadadialadmicromicroEstate 2020. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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soffiaManifesto. Ricostruire l’Italia. Con il Sud.
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3° Asse. Investire nell’istruzione pubblica . Per accrescere quantità e qualità degli apprendimenti, lungo tutta la filiera scolastica e in tutti i territori: dai servizi per l’infanzia al recupero dei vuoti didattici e di socialità causato dal Covid e dagli abbandoni. Con investimenti strutturali nelle scuole, e la promozione di “comunità educanti” animate da istituzioni scolastiche e soggetti del privato sociale. Nell’università, per aumentare le immatricolazioni con meno tasse e più diritto allo studio, e dare prospettive a più giovani ricercatori e docenti. Il sapere è l’ingrediente più importante per ricostruire l’Italia, soprattutto al Sud.
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The University of SardignaUniversità della Sardegna.
Declinando per l’Università: costituzione di una vera Federazione tra i due Atenei della Sardegna per l’Università della Sardegna, Universidade de Sa Sardigna, University of Sardinia.
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Carbonia. Ministri e dirigenti nazionali in città
9 Agosto 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
E parlano, Renato Mistroni e Aldo Lai, di come la presenza dei dirigenti nazionali a Carbonia contribuisse al radicamento di vincoli solidaristici forti, primo vero sostegno agli organismi di rappresentanza, e di come il dibattito si animasse, in quelle occasioni, sui temi della resistenza popolare al nazifascismo e sulla nuova Italia democratica […]

Caritas. Punta de billete – Save the date – Prendi nota

Caritas Sardegna logoCaritas
Gruppo Regionale di Educazione alla Pace e alla Mondialità (GREM)

Connessioni per condividere e salvaguardare la casa comune
Dalla Enciclica della Laudato Si, al Sinodo sulla Amazzonia e all’Incontro di Bari ‘ Mediterraneo frontiera di pace’

Casa di Esercizi Spirituali “ Il Pozzo di Sicar ”, Località Is Meris – Quartu Sant’Elena , Ca
(dal 24 al 27 agosto 2020)

I gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un altra rota. Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli . Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza.

PROGRAMMA PROVVISORIO
[segue]

Che succede?

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USA. Scenari di fantapolitica
01-08-2020 – di: Elisabetta Grande, su Volerelaluna.
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LAVORO E RIPARTENZA: L’ECCEZIONE ITALIANA E IL TEOREMA DI TARZAN
7 Agosto 2020 by Vittorio Sammarco | Su C3dem. [segue]

Incertezze della certa pandemia

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L’incertezza delle scelte politiche per contrastare la pandemia

di Gianfranco Sabattini

In un recente articolo, dal titolo “La politica di fronte alla pandemia: opzioni e conflitti” (pubblicato sul n. 3/2020 de “Il Mulino”), Claus Offe svolge interessanti riflessioni sull’incertezza e sulle difficoltà che caratterizzano le scelte politiche adottate dai governi dei Paesi colpiti dal Covid-19.
Secondo l’autore, i modelli demografici ed epidemiologici che sono stati proposti dopo lo scoppio della pandemia, per stabilire le modalità con cui contenerne la diffusione, sono di dubbia utilità; ciò soprattutto perché la stima delle variabili considerate non può essere effettuata in modo valido, essendo le rilevazioni dei dati empirici basate su osservazioni desunte “da rapporti amministrativi obbligatori o compilati attraverso procedure di ricerca e test diagnostici con validità e specificità in parte poco chiare”. Inoltre, le difficoltà riscontrate nella fase di stima della variabili considerate sono state determinate anche dal fatto tale stima sia stata svincolata dalla considerazione della variabile “tempo”, che ha impedito che si tenesse nel debito il continuo cambiamento delle variabili durante il ciclo pandemico.
In presenza di queste difficoltà, le politiche di prevenzione e di repressione della pandemia sono state concentrate su specifici segmenti della popolazione residente, con l’adozione di misure (lockdown, uso delle mascherine, distanziamento sociale ed altro) valide per tutte le professioni, eccetto quelle essenziali. Nel clima di incertezza, le misure adottate sono state giustificate sulla base dell’argomentazione che esse servissero a “guadagnare” il tempo necessario “per costruire capacità di trattamento e cura aggiuntive, sviluppare cure farmacologiche e, prima di tutto, proteggere gli ospedali da un sovraccarico di casi che rendano necessario il triage”, ovvero la selezione dei soggetti colpiti dal virus, in base alla gravità dello stato di salute, del quadro clinico e di altri dati legati soprattutto all’età del paziente.
Il “guadagno” di tempo, però, ha un costo economico e sociale, oltre che umano, tale da impedire – sostiene Offe – che una società moderna possa aspettare in condizione di inattività e di “chiusura”, che la “pandemia abbia fatto il suo corso”; ciò perché “la chiusura dell’economia e della società è molto costosa in termini economici e non può essere sostenuta per un ‘lungo’ periodo”, e tanto meno i costi indotti dalla chiusura possono essere sopportati dai ceti meno abbienti, ai quali le condizioni economiche non permettono “di veder interrotta la loro vita normale”. E’ questa la ragione per cui – secondo Offe – i costi causati dalla chiusura sono insostenibili sul piano economico, sociale e psicologico, intollerabili dal punti di vista politico (distribuendosi essi in modo molto disomogeneo) ed infine poco rispettosi dei vincoli giuridici previsti dagli ordinamenti costituzionali democratici, che impediscono la sospensione dei diritti dei cittadini, pur in presenza di qualsivoglia stato di emergenza.
Se si considera l’assoluta superiorità normativa di questi ultimi vincoli, che privilegia la sopravvivenza dei cittadini, prescindendo dalle loro condizioni economiche e anagrafiche (quindi escludendo qualsiasi situazione di triade), le misure governative adottate (lockdown, mascherine, distanziamento sociale ed altro), pur in presenza di un potenziamento delle capacità ricettive delle strutture ospedaliere, saranno, a parere di Offe, sempre più difficile da conservare, perché “le stesse norme, applicate in modo uniforme a tutta la popolazione” peseranno in maniera disomogenea sui soggetti che la compongono. Infatti, mentre la garanzia della sopravvivenza, resa possibile attraverso il potenziamento delle strutture ospedaliere, andrà a beneficio di coloro che potranno essere curati, “l’onere dei costi e le dolorose rinunce dovute all’interruzione della vita normale [saranno] a carico della popolazione in generale e, in particolare, di coloro le cui condizioni socio-economiche [faranno] sì che possano meno di altri permettersi [di sopportare] i disagi” della chiusura dell’economia.
Questa situazione, creatasi dopo lo scoppio della pandemia, ha spinto alcuni studiosi a parlare di un “trade off” tra la “vita” di coloro che sono a rischio, ma senza risorse, e la “sopravvivenza” di coloro che, dotati di adeguate risorse, possono permettersi di “sopportare” i costi delle misure antipandemiche adottate dalla politica (health contro wealth). Anche se i termini di tale “trade off” non sono stati ancora ben articolati e resi chiari, le due classi di soggetti (i beneficiati e i penalizzati) hanno incominciato a polarizzarsi, sostenendo ragioni che, per quanto opposte, risultano tutte plausibili. Da un lato, si trovano coloro che, godendo di una sufficiente autonomia economica (perché, ad esempio, sono pensionati o perché godono della possibilità di poter lavorare da remoto), sostengono che le misure restrittive adottate sono al servizio di tutti, in quanto dirette a consentire il superamento della minaccia del Coronavirus; dall’atro lato, si contrappongono le ragioni di coloro che sostengono che la situazione economica, sociale e psicologica, sia delle famiglie che dei titolari di imprese (soprattutto se di piccola o media dimensione), è diventata insopportabile e che le misure governative adottate si sono trasformate in “un pericolo per la vita piuttosto che in [misure] di salute pubblica, alimentando violenza fisica e grave disagio psichico e depressione”.
Le proteste di quest’ultima categoria di cittadini contro la limitazione della libertà (di accesso al mercato del lavoro, del diritto di riunione ed altro) sono diventate sempre più insistenti, mentre giuristi, economisti e molti uomini politici “cercano di convincere il pubblico che il diritto alla vita e all’accesso alle strutture mediche salvavita non meritano la priorità assoluta su tutti gli altri diritti”. Questo discorso viene condotto in modo da evidenziare vari tipi di danni connessi alla chiusura e diffondere “dubbi sui suoi benefici universali”. Decine di migliaia di persone, si sostiene, muoiono ogni anno, a causa di una comune influenza, senza che i responsabili politici abbiano motivo di intervenire.
Questa ragione, nota Offe, non lascia molti validi argomenti per contrastare le conclusioni di quegli esperti “che ritengono che salvare vite umane a scapito di tutte le altre conseguenze non debba essere una priorità assoluta”. Per i sostenitori di questo punto di vista è eticamente discutibile, anche se giuridicamente difficile da giustificare e politicamente impopolare, che il diritto alla vita debba per tutti avere la precedenza sugli altri diritti umani e civili; tra l’altro, questo punto di vista è tanto più sostenibile – essi affermano – se si considera che quello opposto, può portare, com’è accaduto in alcuni Paesi europei, all’instaurazione irreversibile di regimi autoritari.
Coloro che si oppongono a questo punto di vista, sostengono, al contrario, che la minaccia espressa dal virus non giustifica l’allentamento delle misure di chiusura adottate e che la possibilità d’essere contagiati si applica a tutti, non solo alla categoria di coloro che sono più esposti al pericolo del contagio. Essi aggiungono anche che, in termini normativi, lo Stato non ha il diritto di violare il principio del “diritto alla vita”, non introducendo, consapevolmente le misure preventive e le strutture mediche necessarie a difesa dei cittadini.
Si tratta di un conflitto tra ragioni che – come sostiene Offe – rende in ogni caso difficile “per i responsabili delle politiche governative allontanarsi dalle severe misure precauzionali contro la pandemia”, una volta che queste ultime siano state adottate. I governi – continua Offe – “hanno ottime ragioni per temere la perdita di legittimità e di sostegno, e anche di reputazione internazionale, qualora venissero indicati come incapaci di far fronte alle funzioni più elementari che ogni governo è tenuto a svolgere: quella di fornire protezione al proprio popolo”. Una volta che il pericolo cui è esposta la comunità è stato accertato, il governo è tenuto ad intervenire con azioni restrittive, sino a quando non viene resa praticabile una risposta efficace alla diffusione del pericolo. L’esperienza sinora vissuta nella lotta al virus sembra suggerire la necessità di sostituire le norme generali di chiusura sin qui adottate con norme specifiche e differenziate, secondo l’idea di “dedicare a categorie di persone, attività e luoghi ad alto rischio misure restrittive, mentre a tutti gli altri sarà consentito di tornare a modelli ‘normali’ di mobilità e attività”. Misure così differenziate, però, sono valide solo se si dispone di informazioni corrette sul livello di rischio al quale sono esposte le varie categorie di attività e di persone e sui tempi necessari di applicazione delle misure. In ogni caso, anche il grado di conformità alle norme specifiche adottate dipenderà – osserva Offe – “in larga misura da una disciplina autoimposta [...], non da un’azione formale di polizia”.
Inoltre, le disposizioni restrittive differenziate, se prolungate nel tempo, sono esposte alla probabilità di non essere rispettate, in quanto percepite come arbitrarie ed inique sul piano distributivo dei costi economici, sociali e psicologici causati dalla pandemia, per via della nuova stratificazione sociale che origina dalle modalità di erogazione dei finanziamenti di emergenza per sussidi, prestiti e trasferimenti, erogati per far fronte agli esiti distruttici del Covid-19. Quanto più si diffonderà la percezione nell’opinione pubblica del consolidarsi della nuova stratificazione sociale, tanto più diverrà difficile credere che le misure adottate dalle istituzioni governative siano conformi a un qualche principio di solidarietà, in virtù del quale tutti siano chiamati a pagare per i benefici dei quali tutti si avvantaggiano.
Più le pandemie sono destinate a diventare una costante gravante sullo stato di salute delle popolazioni delle società complesse contemporanee, più esse cessano di rappresentare un fatto esogeno naturale, per diventare un fatto interno alle società stesse; ciò richiede che i danni da esse provocati siano contrastati da una attività politica, non solo rivolta ad introdurre misure destinate a reprimere le pandemie o ad evitare la diffusione dei loro effetti, ma anche a garantire l’adozione di misure economiche rispondenti a criteri generali di equità.
Questa esigenza, conclude Offe, potrebbe essere facilmente soddisfatta, se l’erogazione dei sussidi per far fronte agli esiti distruttici delle pandemie avvenisse secondo la logica di un sistema di reddito di base, col quale realizzare una rete di sicurezza economica universale.[*] Sinora invece le politiche pubbliche hanno risposto alla crisi pandemica in modo del tutto casuale, generando una nuova stratificazione sociale che ne riduce drasticamente l’efficacia.

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[*] il neretto è redazionale.
Anche su Avanti! online
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lampada aladin micromicroL’illustrazione in testa [Margot, La Espera; donna con turbante, meglio donna turbata (dalla pandemia), like Picasso; Barcellona, 1901] è una scelta arbitraria del direttore.
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margot-donna-con-turbante-picasso

Oggi sabato 8 agosto 2020

lampadadialadmicromicroEstate 2020. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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soffiaManifesto. Ricostruire l’Italia. Con il Sud.
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sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluuzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2senza-titolo1lampadadialadmicromicro13democraziaoggi-loghetto55aed52a-36f9-4c94-9310-f83709079d6d0c73ae76-25bc-4f0c-b9b3-19306fe9655c
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tempo-del-creato
—————————Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti————–——–
1° Asse. . Investire nel sociale. Per costruire progressivamente le reti pubbliche dei servizi socio-sanitari territoriali, anche con un ruolo centrale del Terzo settore. Per prevenire futuri rischi sanitari e sociali, specie per i più deboli. Per puntare così ad un’Italia più giusta, nella quale siano riconosciuti a tutti i diritti di cittadinanza. Per creare occasioni per nuove occupazioni qualificate, soprattutto per i giovani e le donne. La coesione sociale è la prima pre-condizione indispensabile per lo sviluppo, soprattutto al Sud.
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sardegna-dibattito-si-fa-carico-181x300E in Sardegna? Idem. Declinando: creare occasioni per nuove occupazioni qualificate, soprattutto per i giovani e le donne. La coesione sociale è la prima pre-condizione indispensabile per lo sviluppo, soprattutto in Sardegna.
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Per opportuna correlazione. Riportiamo le conclusioni del Tavolo sull’economia sociale e solidale scaturite dal Convegno organizzato da CoStat nei giorni 4 e 5 ottobre 2017, meglio definite come “Proposte impegnative”.
diapositiva20
- Impegno a sviluppare in Sardegna l’Economia Sociale e Solidale (ESS), favorendo l’associazionismo e la partecipazione dei cittadini (Enti del Terzo Settore e ulteriori modalità di organizzazione dei cittadini attivi), attraverso le sinergie tra pubblico e privato.
- Individuazione e utilizzo sociale dei “beni comuni”, con il coinvolgimento della finanza etica e partecipata e in particolare delle Fondazioni ex bancarie.
- In materia di ESS massimo sostegno soprattutto pubblico alla ricerca scientifica e alla formazione in tutte le sue possibili articolazioni.
Obbiettivo: portare la Sardegna a raggiungere i risultati delle migliori regioni italiane, in un tempo massimo di tre anni.
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Francesco Curreli, dalle campagne di Austis a via Rasella, passando attraverso le brigate internazionali in Spagna
8 Agosto 2020 su Democraziaoggi.
Pubblicato il 22 Maggio 2020 su Democraziaoggi.

Massimo Sestili da Patria indipendente maggio 2014
Nell’ambito del ricordo dei partigiani sardi a cura dell’ANPI Cagliari ecco la vita ribelle di un generoso partigiano di Austis. Quando Francesco Curreli voleva andare in URSS a piedi da Algeri. Antifascista da sempre, combattente in Spagna contro Franco ● […]
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Nel 75°anniversario del bombardamento atomico su Hiroshima, Pierpaolo Loi di Pax Christi scrive al Vescovo di Cagliari

75-hiroscima-avvenireAll’Arcivescovo di Cagliari
Mons Giuseppe Baturi,
piazza Palazzo 4 – Cagliari

OGGETTO: La sezione Italiana di Pax Christi fa propria la campagna di Pax Christi International: “La pandemia Covid19 rende ancor più evidente la necessità di abolire le armi nucleari.”
[segue]

Che succede?

avvenireGli effetti di globalizzazione e digitalizzazione dell’individuo
Giovani e anziani sono più soli Il paradosso del «tutti collegati»
La solitudine come patologia della modernità. Per i vecchi si attenuerà con la scomparsa della generazione «adigitale».
Preoccupa la crescita degli «Hikikomori»
LAMBERTO MAFFEI su Avvenire 7 agosto 2020.
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Preghiera religiosa e laica
«Fratelli nostri che vivete nel primo mondo:
affinchè il suo nome non venga ingiuriato,
affinchè venga a noi il suo Regno, e sia fatta la sua volontà , non solo in cielo, ma anche in terra,
rispettate il nostro pane quotidiano,
rinunciando, voi, allo sfruttamento quotidiano;
non fate di tutto per riscuotere il debito che non abbiamo fatto e che vi stanno pagando i nostri bambini,
i nostri affamati, i nostri morti;
non cadete più nella tentazione del lucro, del razzismo, della guerra;
noi faremo il possibile per non cadere nella tentazione
dell’odio o della sottomissione,
e liberiamoci, gli uni gli altri, da ogni male.
Solo così potremo recitare assieme
la preghiera della famiglia che il fratello Gesù ci insegnò.
Padre nostro, Madre nostra, che sei in cielo e sei in terra.»
dom Pedro Casaldaliga
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Oggi venerdì 7 agosto 2020

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soffiaManifesto. Ricostruire l’Italia. Con il Sud.
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sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluuzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2senza-titolo1lampadadialadmicromicro13democraziaoggi-loghetto55aed52a-36f9-4c94-9310-f83709079d6d0c73ae76-25bc-4f0c-b9b3-19306fe9655c
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Le nuove province sarde, una allucinazione da caldo?
7 Agosto 2020
Amsicora su Democraziaoggi.
Ohè, gente!, ve la state passando bene al mare o ai monti o nel “gorropu” vicono a casa come tanto tempo fa? Io sì, non mi posso lamentare, proprio non ho nulla da dire. Ad esempio, ora sono al mare e fra sederi oceanici, panze di tutte le fogge e latitudini, vecchie matrone con tanga […]
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