Monthly Archives: luglio 2020
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Oggi martedì 21 luglio 2020
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—————————Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti————–——–
Che caos! In negozio con la mascherina, in spiaggia senza
21 Luglio 2020
Amsicora su Democraziaoggi.
Dire che non ci capisco nulla di ciò che mi sta intorno è usare un eufemismo. Questo è davvero un pazzo, pazzo mondo. Vado in negozio a prendere due bistecche (ho il vizietto in campagna di fare arrosti all’antica con legna dura di macchia: lentischio, mirto, murdegu, alias cisto, corbezzolo, arrideli e simili) e il […]
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Il civismo come ponte tra Stato e società
Giulio Marcon su Sbilanciamoci
Sbilanciamoci, 20 Luglio 2020 | Sezione: Materiali, Recensioni, Società
Il volume “Cittadinanza” di Giovanni Moro da poco pubblicato da Mondadori è uno strumento utile e agile – una sorta di manuale – per interpretare e scandagliare un concetto e una realtà da tempo in profonda trasformazione.
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Formazione per la Laudato sì’
Stravanati quegli anni! Anche quelli del “dopo-Toniolo”.
di Gianni Loy
Nel 1971 l’esperienza della Toniolo si era già esaurita. Ciascuno di noi andava per la propria strada ma continuavamo ad incontrarci. Perché molti di noi abitavano ancora nel quartiere e altri continuavano a frequentarlo. Poi, e soprattutto, perché i rapporti d’amicizia non potevano esaurirsi soltanto perché il portone di via Fara non veniva più aperto tutti i pomeriggi, come un tempo.
Una delle occasioni d’incontro, in estate, rimaneva il cinema all’aperto dei Salesiani, la domenica sera nel viale S. Ignazio. 50 lire per un western o qualcosa del genere. A condizione di non lamentarsi per una possibile rottura della pellicola o per una censura estemporanea, nel caso di qualche scena osé, realizzata coprendo con una mano il fascio di luce che usciva dal proiettore.
Continuavamo a frequentare quel cinema, per la verità, non tanto perché attratti dalla pellicola in programmazione, quanto perché occasione per un po’ di fresco, e perché avremmo quasi sicuramente incontrato qualche amico.
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Carlo Giuliani
Carlo Giuliani, un ragazzo ribelle
di Lucio Garofalo
19 anni or sono, il 20 luglio del 2001, Carlo Giuliani era solo un ragazzo di 23 anni. Era nato nel 1978, un anno di straordinari cambiamenti intervenuti nella società italiana, anzitutto sul fronte dei diritti e delle libertà civili e del costume. Si pensi solo a due leggi di fondamentale rilievo storico promulgate in quell’anno: la legge 180 del 13 maggio 1978 (giusto per la cronaca, 4 giorni dopo gli omicidi, di matrice mafiosa e brigatista, del Compagno Peppino Impastato e del leader democristiano Aldo Moro), meglio nota come Legge Basaglia, che prese il nome da Franco Basaglia, il fondatore del movimento “Psichiatria Democratica” in Italia ed uno dei principali artefici di quella riforma psichiatrica che intervenne a legiferare su una materia assai delicata e controversa come gli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” (in pratica, la Legge Basaglia abolì l’abominio incivile e disumano dei manicomi); la legge 194 del 22 maggio del 1978, che regolamentava la “interruzione volontaria di gravidanza”.[segue]
Oggi lunedì 20 luglio 2020
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La sovranità dello Stato compromessa dal debito
18 Luglio 2020
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Nel 2019, il Comitato Direttivo dell’Associazione “Il Mulino” ha dato vita a un “seminario aperto a tutti i soci” sul problema del “rapporto fra sistema economico e sistema politico”. Nel corso del seminario sono stati individuati tre temi di discussione, il primo dei quali è consistito nella questione del rapporto fra politica ed economia, […]
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Che bello il giochino delle province!
20 Luglio 2020
Amsicora su Democraziaoggi.
Sapete quale è il giochino più praticato alla Regione sarda? Tagliare e reistituire Asl e province. Ora siamo nella fase crescente. Nuove province signori e signore! Quelle attuali son pochine. Gallura, Sulcis e Ogliastra, se mal non ricordo, sono sul punto di risorgere. E, sorpresa!, c’è anche la città metropolitana di Sassari. Si discute animatamente, […]
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Aderenti e Associati all’ASviS: nasce il progetto #AlleanzaAgisce
Aderenti e Associati ASviS si mobilitano
per aiutare l’Italia a superare la crisi
Dalla volontà di raccontare l’impegno concreto di 270 Aderenti e oltre 200 Associati all’ASviS, nasce il progetto #AlleanzaAgisce: un portale volto a raccogliere, diffondere e dare immediato accesso alle decine di iniziative messe in campo dalla rete ASviS sul territorio, sia per gestire le difficoltà scaturite dall’emergenza sanitaria, sia per preparare il terreno per la costruzione di un futuro più sostenibile e resiliente.
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Oggi domenica 19 luglio 2020
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Carbonia. Le prime manifestazioni contro la fame in città. Il ’sovversivismo popolare’
19 Luglio 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Proseguiamo con le puntate domenicali sulla storia di Carbonia. La prima il 1° settembre 2019.
Come dice la storica Giannarita Mele, ’si rompe l’immobilismo sociale che caratterizza la Sardegna’, durante i moti del pane, le manifestazioni popolari contro la fame, verificatesi in tantissimi centri dell’isola ancora sotto il controllo delle truppe alleate. E a Carbonia, […]
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In Brasile è genocidio.
Lettera di Frei Betto agli amici
Cari amici e amiche
In Brasile sta avvenendo un genocidio!
In questo momento che sto scrivendo, 16 luglio, il Covid, presente da febbraio, ha già ucciso 76 mila persone. Vi sono quasi 2 milioni di contagiati. Questa domenica 19/07 arriveremo a 80.0000 vittime. Ed è possibile che quando leggerai questo appello si arrivi a 100.000 mila vittime.
Quando ricordo che nella guerra del Vietnam, nel corso di 20 anni di storia, 58.000 militari americani furono scarificati, ho la consapevolezza della gravità della situazione nel mio Paese. E questo orrore causa indignazione e rivolta. E noi sappiamo che le misure di precauzione e restrizione, adottate in tanti altri Paesi, avrebbe potuto evitare un numero così alto di morti. Questo genocidio è figlio dell’indifferenza del governo Bolsonaro. Si tratta di un genocidio intenzionale. Bolsonaro si compiace dell’altrui morte. Quando era un deputato federale in un’intervista del 1999 aveva dichiarato: “Tramite il voto non vai cambiare questo Paese, assolutamente in niente! Cambierà il Paese se ci sarà una guerra civile e se faremo ciò che la dittatura militare non ha fatto: uccidere 30 milioni di persone!” Votando per l’impeachment della Presidente Dilma, Bolsonaro offrì il suo voto in memoria del più noto torturatore dell’Esercito, il Colonnello Brilhante Ustra.
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L’economia durante e dopo la pandemia.
Non c’è bisogno di aspettare l’autunno per vedere gli effetti della crisi economica da coronavirus. Una recessione senza precedenti e senza risposte già scritte. Senza precedenti, poiché è la prima volta che tutte le economie capitalistiche sperimentano lo stesso choc, dovuto prima alla chiusura forzata di gran parte delle attività economiche e sociali e poi all’impatto della pandemia su settori cruciali dell’economia globalizzata: le esportazioni; il turismo e i servizi della ristorazione; l’industria culturale; e, a cascata, tutta l’economia per il conseguente calo della domanda e dell’offerta.
Dunque uno choc combinato, dal lato della produzione e dal lato del consumo. Senza risposte scritte, poiché le ricette tradizionali della politica economica erano basate sulla possibilità di reagire a choc ciclici e localizzati, non a uno choc globale; e perché anche gli strumenti di intervento pubblico, a cui tutti i governi, di qualsiasi orientamento
politico, stanno facendo ricorso, sono basati su una «normalità» che non c’è più. Basti pensare alla nostra cassa integrazione, per l’occasione usata e allargata a coprire tutti i settori prima scoperti: è una forma di assicurazione che le stesse imprese pagano, per tenere «fuori» i lavoratori senza licenziarli nell’attesa di una ripresa o di una ristrutturazione: ma che fare se un intero settore è congelato, come il turismo, e non si sa se e come potrà ripartire? Anche la politica dovrà pensare strumenti senza precedenti – e per farlo, con tutte le sue difficoltà e debolezze, dovrà partire dalla consapevolezza dei più urgenti e gravi problemi che si aprono.
Mentre nella fase dell’emergenza sanitaria misure drastiche e uguali per tutti – come il lockdown, come la cassa integrazione, come gli strumenti di sostegno al reddito – erano generali e non facevano molte distinzioni, adesso si cominciano a vedere le diseguaglianze che la crisi ha aperto o esacerbato.
Dunque la politica economica dovrà scegliere: cosa molto difficile se non impossibile per governi come quello italiano strutturalmente deboli e bisognosi di consenso. Chi ha più bisogno spesso non è chi si fa sentire di più o chi porta più voti. Ma proprio per questo è bene vedere, sin dai primi dati sugli effetti della crisi, quali sono le maggiori vulnerabilità; in quali divari la società italiana rischia di sprofondare e rompersi.
choc sul lavoro
La portata mondiale dello choc sul lavoro è stata riassunta dall’Ocse in pochi numeri, nel suo rapporto «Employment Outlook 2020». Gli scenari sono incerti, poiché dipendono dall’eventualità che ci sia o no una seconda ondata del virus in autunno forte come o più della prima. Ma in quello più «ottimistico» nel 2020 la disoccupazione nei trentasette Paesi Ocse sarà quasi raddoppiata, dal 5,3% del 2019 al 10%. Il prodotto interno scenderà, mediamente, del 6%. A pagarne il prezzo sono e saranno soprattutto i lavoratori che già erano nella scala più bassa delle retribuzioni:
secondo lo studio Ocse, i lavoratori che guadagnano di più avranno il 50% di probabilità in più di continuare a lavorare.
Mentre quelli a basso reddito, oltre a stare in settori che sono più esposti al virus, sono stati e sono anche più esposti alla perdita di lavoro. Questo riguarda soprattutto le mansioni più basse nei servizi alla persona e nel turismo, ma non solo.
Basta guardare dai dati Istat la fotografia italiana: tra marzo e maggio del 2020 gli occupati totali sono scesi di 381mila unità. Tra questi, i lavoratori dipendenti a tempo determinato hanno pagato il prezzo più alto: meno 318.000. Gli indipendenti sono scesi di 89.000 unità. I lavoratori dipendenti a tempo indeterminato sono saliti, sia pur di poco (più 27.000). Questa dinamica si spiega facilmente: il governo con i decreti d’emergenza ha bloccato i licenziamenti dei dipendenti permanenti. Ma le imprese non hanno rinnovato i contratti in scadenza ai lavoratori a termine, mentre gli indipendenti le cui attività hanno chiuso sono entrati nell’inattività o nella ricerca di altro lavoro. Dunque questa fotografia da un lato ci dice che i numeri che vediamo nella riduzione del tasso di occupazione e nell’aumento del tasso di disoccupazione sono solo una parte dell’iceberg, poiché molti lavoratori formalmente occupati sono collocati in una cassa integrazione dalla quale non sanno se rientreranno effettivamente al lavoro; dall’altro ci mostra un mondo del lavoro ancora una volta diviso tra più garantiti e meno garantiti, oppure più o meno sfortunati.
la generazione corona
Tra i più sfortunati, ossia i lavoratori a termine e precari, sono sovra-rappresentati donne e giovani. Anche questo è un dato comune a tutto il mondo, non solo italiano, tant’è che l’Ocse leva un grido d’allarme per la «corona class» (la «generazione corona»), i ragazzi che escono adesso da scuola e università e si trovano in un mondo del lavoro
chiuso e senza sbocchi. E dedica una attenzione particolare anche all’occupazione femminile, più frequente nei settori chiusi dal lockdown e non ancora del tutto riaperti.
Non si tratta di effetti scontati di qualsiasi crisi. La recessione del 2008-2009, per esempio, aveva colpito più gli uomini che le donne, essendo concentrata soprattutto sulla finanza, sulle costruzioni e poi sull’industria
tradizionale. Anche in quel caso, però, c’era stata una generazione-cuscinetto a prendersene i colpi maggiori, i più giovani. Gli attuali trentenni hanno avuto il non invidiabile primato di entrare nel mondo del lavoro con la grande recessione da subprime e poi, una volta riassestati, prendersi in faccia l’ondata del coronavirus.
nuovi scenari del telelavoro
A questa grande frattura se ne aggiunge un’altra, tra il lavoro che, grazie alla grande spinta in avanti della digitalizzazione portata dal Covid 19, potrà continuare «a distanza», e quello che ha bisogno di presenza fisica. Il passaggio al telelavoro (come l’Ocse, più correttamente, definisce quello che noi chiamiamo «smart working») ha
interessato circa 4 lavoratori su 10 nel mondo industrializzato. Questo fenomeno apre scenari nuovissimi – cosa saranno le nostre città, senza i «luoghi» centrali del lavoro impiegatizio? Come regolare i contratti dei telelavoratori? Come ripensare l’abitare, se la casa diventa il luogo del lavoro? E, ancora una volta, spacca il mondo del lavoro a metà, tra quelli che possono lavorare davanti a uno schermo e quelli che devono metterci le mani, il corpo, la faccia.
unire ciò che la crisi ha diviso
Tutte queste divisioni stanno alimentando una frattura sociale, che sarebbe irresponsabile manovrare per mettere i lavoratori l’uno contro l’altro. Ma bisogna tenerle in mente: per esempio, sapere che la grande discussione aperta in Italia sulla proroga del divieto di licenziare e sull’allungamento della cassa integrazione, forse fino a fine anno, è essenziale per tantissimi lavoratori ma non riguarda e non tutela affatto quelli che già sono senza tutele. Non è prendendosela con gli «statali» che possono lavorare da casa che le addette alle pulizie negli alberghi riprenderanno il loro stipendio. Ma certo, nel mettere mano agli strumenti tradizionali si dovrà trovare il modo di coprire anche chi il lavoro lo ha già perso e chi, affacciandosi per la prima volta sul mercato del lavoro, si trova davanti a un muro o a offerte di salari poverissime. Per i sindacati, il problema è unire quel che la crisi ha diviso. Per la politica, è guardare alle differenze reali nel mondo del lavoro e correre ai ripari con strumenti nuovi, evitando gli aiuti a pioggia che possono andare a beneficiare anche chi dalla crisi non è stato colpito o è stato colpito in misura minore. Ma questa è solo una parte dell’intervento, quella che va sotto il capitolo del sostegno al reddito e ai bisogni più
urgenti. L’altra parte, non meno importante ma distinta, è investire per trasformare l’assistenza in lavoro. Per una volta, il problema principale non sono i soldi – dato che c’è un generale allentamento del vincolo a far debito per aiutare l’economia – ma spenderli bene, per evitare che in futuro questi debiti gravino anch’essi sulle spalle dei più deboli.
Roberta Carlini.
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Riprendiamo con convinzione il cammino europeo.
di Vanni Tola
Grande accordo nell’Unione Europea. Un grande passo avanti per cambiare, per tornare a crescere ma, soprattutto, una occasione d’oro per mettere fuorigioco per sempre i nazionalismi e gli antieuropeismi. Un’occasione per riprendere con coraggio il progetto dell’Europa unita, per realizzare una federazione di Stati Europei, il sogno dei Padri fondatori dell’Europeismo. Un obiettivo impegnativo, un grande balzo in avanti, il riappropriarsi di un’idea di Europa innovativa. Il cambiamento deve partire da ciascuno di noi, dalla ricerca puntigliosa di ciò che unisce piuttosto di ciò che divide, dalla consapevolezza che i singoli stati, da soli, non rappresentano nulla e non hanno grandi prospettive economiche e prospettiva politica nel mondo che cambia. Proviamo, con la forza dell’intelligenza e della buona volontà a realizzare una nuova Europa, per noi, per i nostri giovani.(V.T.)
Oggi sabato 18 luglio 2020
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La sovranità dello Stato compromessa dal debito
18 Luglio 2020
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Nel 2019, il Comitato Direttivo dell’Associazione “Il Mulino” ha dato vita a un “seminario aperto a tutti i soci” sul problema del “rapporto fra sistema economico e sistema politico”. Nel corso del seminario sono stati individuati tre temi di discussione, il primo dei quali è consistito nella questione del rapporto fra politica ed economia, […]
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Che succede?
L’AMERICA SULL’ORLO DELLA PARANOIA L’AMERICA SULL’ORLO DELLA PARANOIA
di Marino de Medici, su Aladinpensiero online.
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MEDIARE A BRUXELLES. GOVERNO E STATALISMO. IL PD E LA LIBIA
17 Luglio 2020 by c3dem_admin | Su C3dem.
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E’ online il manifesto sardo trecentodieci
Il numero 310
Il sommario
Tanti ricorsi popolari contro la legge scempia-coste: no al cemento sulle coste sarde! (Stefano Deliperi), La Terra inabitabile e il probabile futuro dell’umanità (Gianfranco Sabattini), L’urgenza di abbattere il razzismo (Graziano Pintori), Vecchiaia e capitalismo (Amedeo Spagnuolo), Oristano transfemminista e la legge Zan (Cristina Ibba), L’isola delle vacanze (Antonio Muscas), Un murale contro la RWM e l’economia di guerra ad Iglesias (red), Secondo me. A proposito delle Cronache di una pandemia raccontate da Francesca Mulas (Gianni Loy), Per il nuovo direttore dei musei in Sardegna i Savoia non si toccano (Francesco Casula), Le quarantene non sono tutte uguali. Intervista a Filippo Kalomenìdis (Alessandra Liscia), L’election day limita la libertà di voto nel Referendum (red), No alla realizzazione del terzo modulo di discarica a Villacidro (red), Cronaca di una campagna fallimentare: il dominio .srd (Andrea Maccis), I diritti negati alla salute in Sardegna e l’esposto alla Procura della Repubblica (Luana Farina), E’ scomparso Antonio (Nino) Garau, il Comandante Partigiano “Geppe” (Marco Sini), Election day. Il centrosinistra cagliaritano è stato contaminato dal populismo? (Roberto Loddo), Una riforma che taglierà la democrazia. Intervista a Massimo Villone (Roberto Loddo).
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