Monthly Archives: aprile 2020
Europa, Europa
Fondo per la ripresa: nell’Ue c’è un accordo, ma non sui tempi né su come finanziarlo
Reazioni a catena. Il Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo: «È urgente». Ora si torna all’Eurogruppo. Mandato alla Commissione Ue. Prestiti o trasferimenti? Il conflitto anche sui tempi tra Francia, Italia, Spagna con Austria e Olanda. Emmanuel Macron: “Credo che, nel momento che stiamo vivendo, questo fondo debba essere costituito da trasferimenti di bilancio e non prestiti”. Angela Merkel: “È stata una conversazione molto amichevole. Non lavorerei con concetti marziali come lo scontro tra paesi del Nord e del Sud”. Roberto Ciccarelli su il manifesto.
————————————————-
UNA RISPOSTA EUROPEA ALLA MINACCIA DEL CORONAVIRUS,
PER MOSTRARE CHE LA UE È UNA VERA COMUNITÀ, CON UN DESTINO COMUNE
Tutti i cittadini sono invitati a firmare questo appello, che è stato promosso dai filosofi Roberto Castaldi e Daniel Innerarity e firmato nel primo giorno da oltre 1500 personalità provenienti dal mondo accademico, dalla società civile, dalla comunità imprenditoriale, dalle istituzioni di tutta l’UE ed oltre.
[segue]
Il manifesto sardo live: ci vediamo a casa nostra
Linguaggi culturali. Il manifesto sardo incontra Sonia Borsato
[segue]
Che fare per l’Italia?
Una Commissione Beveridge per l’Italia
di Giulio Marcon
Su Sbilanciamoci 18 Aprile 2020 | Sezione: Editoriale, Società
Come per la Gran Bretagna in piena seconda guerra mondiale, anche per l’Italia serve oggi una Commissione Beveridge che vari un ambizioso piano di ricostruzione del paese. Mettendo al centro gli investimenti pubblici, il welfare, la salute, il lavoro, l’ambiente per un nuovo modello di sviluppo equo, sostenibile, di qualità. [segue]
Oggi giovedì 23 aprile 2020
–
—————————Opinioni, Commenti e “Riflessioni, Appuntamenti—————————————————–
22 aprile: Giornata internazionale della Madre Terra. Il Papa: le tragedie naturali sono la risposta ai nostri maltrattamenti
Avvenire. Redazione Internet mercoledì 22 aprile 2020
Francesco: la nostra casa comune non è un deposito di risorse da sfruttare. Nella Giornata mondiale della Terra, siamo chiamati a ritrovare il senso del sacro rispetto per la terra perché casa di Dio.
————————————————————
Arriva il giorno più bello. Il 25 aprile il Paese intero canti Bella Ciao
Red su Democraziaoggi.
Sarà un 25 aprile più intenso. Lo faremo dai nostri balconi, ci stringeremo di più attorno alla memoria delle migliaia di partigiani, giovani donne ed uomini, che ci hanno dato, col sacrificio e talora con la loro vita, il bene più grande: la libertà e la pace.
I partigiani ci hanno lasciato il compito di continuare […]
———————————-
Crisi. Come rinascono le nazioni
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Jared Diamond, noto studioso di fisiologia e di biologia evolutiva dell’Università della California, dopo la pubblicazione di “Armi, acciaio e malattie” (1997) e di “Il mondo fino a ieri. Ciò che possiamo imparare dalle società tradizionali” (2013), ha pubblicato nel 2019 “Crisi. Come rinascono le nazioni”.
La parola “chiave” nella tesi di Diamond è quella […]
——————————————————-—
L’economia dell’Unione Europea ai tempi del Coronavirus
Mattia Guerini, Mauro Napoletano
Sbilanciamoci, 22 Aprile 2020 | Sezione: Apertura, Economia e finanza
La crisi economica legata alla diffusione di Covid-19 colpisce l’intera Unione Europea. Ma la capacità di farvi fronte non è la stessa per i suoi paesi membri. Tutte le strade per salvare l’Europa dalla deriva, dagli Eurobond alla monetizzazione del debito. Fino a una patrimoniale europea sull’1% più ricco.
—————————————————-
La scelta che salverà la Ue
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto/ 23 aprile 2020/ Società & Politica/
—————————————————-
Difendere l’Europa o difendersi dall’Europa? Le drammatiche scelte a cui potrebbe essere costretta l’Italia e alle quali davvero non vorremmo si arrivasse. Ma l’Italia deve tutelarsi, nell’interesse suo e della sopravvivenza dell’Europa solidale.
La nostra News non ha appartenenze partitiche e pertanto non esprime una precisa linea politica riconducibile a qualsivoglia formazione presente nello scenario politico. Si muove certo nell’ambito della sinistra e dell’ampia area progressista (che la comprende), ma con assoluta libertà, cercando di favorire il dibattito tra i cittadini senza alcuna preclusione, fatta salva la discriminante antifascista. Il nostro riferimento assoluto è la Costituzione repubblicana, che difendiamo e di cui rivendichiamo la piena attuazione. Siamo europeisti convinti e la nostra critica alle politiche egemoni che hanno negli ultimi anni conformato l’Unione Europea s’iscrive comunque entro la stessa entità. Ove riconduciamo perfino l’anelito e la rivendicazione indipendentista del popolo sardo. Non abbiamo in conseguenza mai condiviso le proposte, finora peraltro minoritarie, di uscita dell’Italia dall’Unione Europea e neppure quelle di uscita dall’eurozona, teoricamente compatibili con la permanenza nell’UE, ma che contraddicono quel disegno di costruzione degli Stati Uniti d’Europa perseguito dai padri fondatori come traguardo naturale di un processo che agli esordi degli accordi del 1957 (Trattati di Roma) pareva inarrestabile.
Oggi, attraversati dalla crisi devastante scatenata dalla pandemia, la debole e drammaticamente inadeguata risposta dell’Unione Europea fa oscillare le nostre sicurezze. Gli interessi del nostro Paese sembrano contrastare con gli interessi prevalenti dei partner più forti della stessa Unione, di cui la Germania è quello decisivo.
Domani giovedì 23 aprile il Consiglio Europeo, formato dai capi di governo dei singoli Stati associati all’UE discuterà sul come sostenere adeguatamente le economie degli Stati colpiti dalla pandemia a partire dall’Italia che ne è stata la maggiore vittima. Si discuterà sul come utilizzare i fondi a disposizione del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) per supportare i Paesi membri a fronteggiare l’emergenza Covid-19, consentendone l’uso senza alcuna condizionalità per investimenti sanitari relativi al Covid-19 e di ulteriori misure come la creazione degli eurobond (o coronabond), che propone soprattutto l’Italia, e non solo. L’argomento è troppo complesso per essere qui riassunto in poche parole. Ed è per questa ragione che la nostra News riporta gli elementi del dibattito, affidandolo a persone esperte, in una sezione appositamente creata. Ma qui vogliamo evidenziare come l’importanza di misure efficaci per gli interessi del nostro Paese e di altri nel caso non venissero accolte le richieste, nella sostanza, non escluda per l’Italia decisioni estreme fino all’uscita dall’eurozona e finanche dall’Unione Europea. Ne ha parlato esplicitamente l’on. Stefano Fassina (Leu), nell’intervista che qui segnaliamo. Per lui è un’eventualità. Tale deriva non sarebbe solo possibile, ma obbligata per Sandro Demurtas, imprenditore ed esperto di economia e finanza, nell’articolo che di seguito ospitiamo, pur non condividendolo specie nelle conclusioni. Seguiamo gli eventi con trepidazione.
PERCHE’ DOBBIAMO USCIRE SUBITO DALL’EURO.
di Sandro Demurtas
[segue]
In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo
Sbilanciamoci, 18 Aprile 2020 | Sezione: Apertura, Società
——————-
Dopo la pandemia l’Italia non sarà più come prima. Tocca a noi progettare la ricostruzione. In questi “10 punti”, 42 studiosi ed esponenti della società civile aprono la discussione sulle risposte alla crisi e il futuro del Paese: 10 punti per un percorso comune di proposte e pratiche di cambiamento.
Dopo la pandemia di coronavirus l’Italia non sarà più come prima. L’economia arretra, la società si frammenta, la politica fatica a pensare al futuro. Tocca a noi tutti progettare la ricostruzione di un paese migliore, di un’Italia in salute, giusta e sostenibile. Proponiamo un percorso che individui dieci punti fermi, sulla base delle elaborazioni già presenti tra esperti e organizzazioni sociali. A partire da questi si possono sviluppare le linee guida da un lato per le misure d’emergenza immediata, e dall’altro, in una prospettiva più ampia, per i comportamenti delle imprese, le iniziative della società civile, le politiche future.
I dieci punti fermi che proponiamo sono:
1. la ricostruzione di un sistema produttivo di qualità con un nuovo intervento pubblico
2. un’economia sostenibile sul piano ambientale
3. la tutela del lavoro, la riduzione della precarietà, la garanzia di un reddito minimo
4. la centralità del sistema di welfare e dei servizi pubblici universali
5. la centralità del servizio sanitario nazionale pubblico
6. la tutela del territorio e una casa per tutti
7. la riduzione delle disuguaglianze economiche e sociali
8. la riduzione delle disuguaglianze che colpiscono le donne e il riconoscimento del lavoro di cura
9. la giustizia nell’imposizione fiscale
10. un quadro europeo e internazionale coerente con un’economia e una società giusta.
Il percorso che proponiamo è la formazione di un gruppo di lavoro di esperti che sviluppi i dieci punti fermi in proposte concrete – ambiziose ma realizzabili – di interventi economici, cambiamenti sociali, riforme politiche e istituzionali. E la formazione allo stesso tempo di un’alleanza tra organizzazioni sociali, sindacati, campagne della società civile, comunità ed enti locali, forze politiche che condividono questa prospettiva e si impegnano a realizzare i cambiamenti proposti.
Introduzione
La pandemia di coronavirus ha creato una situazione di emergenza che riguarda le nostre vite, il lavoro, l’economia, la società. Nel primo mese ha causato 14mila morti in Italia. Metà dell’umanità è chiusa in casa. Ha imposto pesanti limitazioni sociali e sacrifici economici ai cittadini. Ha aggravato oltre misura il carico di lavoro del personale della sanità, provocando molte vittime. Ha costretto il governo – in Italia come altrove – a prendere misure straordinarie per tutelare la salute e limitare le conseguenze economiche e sociali: tra spesa pubblica diretta per sussidi e garanzie sui prestiti alle imprese siamo arrivati all’ordine di grandezza di un quarto del Pil italiano. Molti hanno paragonato la crisi attuale a una situazione di “guerra”, che richiede una mobilitazione di risorse economiche ed energie sociali senza precedenti. La risposta all’emergenza ha tuttavia stimolato una nuova solidarietà, il senso di comunità, la speranza di poter realizzare i cambiamenti necessari.
Oggi, nel mezzo dell’emergenza, è necessario utilizzare queste risorse sociali e gli strumenti messi in campo dalle politiche non solo per affrontare le esigenze immediate, ma anche per progettare come possiamo ricostruire l’economia e la società italiana dopo la pandemia. Quale Italia vogliamo?
Innanzi tutto un’Italia in salute, capace di garantire a tutti condizioni di vita adeguate, capace di prevenire le malattie e curare le patologie sociali, capace di restare uno dei paesi con la più alta speranza di vita del mondo.
Poi, un’Italia giusta. Di fronte a una pandemia che può colpire tutti, e che chiama tutti a cambiare le proprie vite, l’esigenza di giustizia deve tornare a prevalere dopo decenni in cui le disuguaglianze si sono allargate, i profitti sono cresciuti a danno dei salari, i guadagni della finanza, concentrati tra i più ricchi, sono stati elevatissimi.
Infine, un’Italia sostenibile. Sono molti i legami tra l’insostenibilità ambientale del nostro modello di sviluppo e il peggioramento delle condizioni di rischio e di salute. Il cambiamento climatico è alla radice di molti dei disastri “naturali” e degli “eventi estremi” che hanno colpito il paese. Solo un’Italia sostenibile dal punto di vista ambientale, protagonista nel contrasto a livello mondiale al cambiamento climatico, può prevenire nuove gravi emergenze di origine ambientale.
In questa cornice è necessario ribadire la necessità di un rafforzamento della nostra democrazia, attraverso la partecipazione dei cittadini e il corretto funzionamento delle istituzioni. È questo il modo migliore per combattere i rischi di restrizione dei diritti, autoritarismo e nazionalismo che attraversano il nostro paese.
La crisi economica e sociale e le misure già introdotte fanno emergere alcuni punti fermi da cui partire; individuiamo qui dieci punti che possono definire la traiettoria per l’Italia da ricostruire dopo la pandemia, in un’Europa capace di cambiare rotta. Dieci punti fermi su cui costruire un percorso di approfondimento – con l’impegno di un gruppo di lavoro di esperti – per arrivare a proposte e linee guida per le attuali misure d’emergenza, per i comportamenti delle imprese, per le iniziative della società civile, per le politiche future. Dieci punti fermi su cui costruire un’alleanza tra organizzazioni sociali, sindacati, movimenti e campagne della società civile, comunità ed enti locali, forze politiche che condividono questa prospettiva e si impegnano a realizzare i cambiamenti proposti. I dieci punti fermi sono qui delineati in modo preliminare; dovranno essere precisati con un lavoro comune.
1. La ricostruzione di un sistema produttivo di qualità con un nuovo intervento pubblico
L’emergenza ci ha fatto pensare alle attività “essenziali” e a quelle di cui si può fare a meno. I beni alimentari, le produzioni sanitarie e i servizi pubblici da un lato; le grandi navi al centro del contagio, la produzione di armi, il calcio in tv tutte le sere dall’altro. È una riflessione da cui partire nel progettare la ricostruzione dell’economia del paese. Non può essere “il mercato” – com’è stato in passato – a stabilire che cosa produrre sulla base dei profitti ottenibili. Il che cosa e come produrre deve emergere da una visione del bene comune, da scelte sociali e politiche che definiscano un modello di sviluppo di qualità, con attività ad alto contenuto di conoscenza e tecnologia, alta qualità del lavoro, e piena sostenibilità ambientale. Dopo vent’anni di recessione e ristagno dell’economia italiana, un nuovo sviluppo ha bisogno del ritorno all’“economia mista” del dopoguerra, con un forte intervento pubblico nella produzione, nelle tecnologie, nell’organizzazione dei mercati, orientando in modo preciso le scelte delle imprese attraverso le politiche della ricerca, industriali, del lavoro, ambientali.
L’azione pubblica nell’economia deve appoggiarsi su una pubblica amministrazione rinnovata, efficace, capace di operare per l’interesse pubblico. Occorre riordinare la presenza dello Stato nelle grandi imprese italiane in un gruppo industriale pubblico. Serve una Banca pubblica d’investimento che rinnovi e estenda la Cassa Depositi e Prestiti. Serve una rinnovata azione pubblica che ridimensioni, controlli e regoli la finanza privata. Serve una radicale trasformazione del ruolo del CIPE. Serve un’Agenzia nazionale per l’industria e il lavoro che intervenga per far ripartire le imprese messe in ginocchio dalla crisi e ne rilanci le produzioni. Serve un’Agenzia per la ricerca e sviluppo, l’innovazione, gli investimenti in nuove tecnologie. Serve un’Agenzia pubblica che indirizzi le produzioni legate al sistema sanitario del paese. Serve un soggetto economico pubblico che guidi la transizione verso la sostenibilità ambientale. Nuove imprese possono nascere con capitali privati e partecipazioni pubbliche iniziali. La domanda pubblica può essere utilizzata per stimolare innovazioni e investimenti.
Dalla politica di questi anni fondata sul sostegno indiscriminato alle imprese, attraverso facilitazioni e incentivi fiscali, bisogna passare al sostegno selettivo e mirato di produzioni e attività economiche strategiche e utili al paese: infrastrutture materiali e sociali, attività ad alta intensità di conoscenza, innovazione e lavoro qualificato. Al posto delle politiche “orizzontali” che lasciavano fare al mercato, l’impegno pubblico per la ricostruzione dell’economia potrebbe concentrarsi in tre aree: la sostenibilità ambientale, le attività per la salute e il welfare, le tecnologie digitali. I primi due ambiti sono discussi nei punti successivi. Le tecnologie digitali hanno applicazioni in tutta l’economia: il web, l’informatica, il software, le comunicazioni, le apparecchiature elettroniche, i servizi digitali pubblici e privati. Qui l’Italia ha perso grandi capacità produttive e si è abituata a importare quasi tutto dall’estero; si devono ricostruire le competenze necessarie per uno sviluppo di qualità e occorre garantire a tutti gli italiani un servizio universale di banda larga minima.
All’opposto, ci sono produzioni da ridimensionare e riconvertire, utilizzando gli stessi strumenti di politica industriale: innanzi tutto l’industria delle armi, che non producono sicurezza, ma nuovi conflitti, poi le produzioni ambientalmente insostenibili (punto 2) e le attività e i servizi di più bassa qualità sociale.
Ci sono grandi imprese in difficoltà da anni – come Ilva e Alitalia – per cui è essenziale un intervento diretto dello stato per realizzare le necessarie riconversioni e mantenere le attività economiche. L’estensione del “golden power” del governo a diversi settori produttivi essenziali per l’economia italiana è un passo significativo per proteggere l’industria nazionale di fronte ai rischi di acquisti da parte di imprese straniere. Occorre però una programmazione più ampia con le imprese; vanno sviluppati accordi di lungo periodo con gruppi di imprese italiane e con le multinazionali che producono in Italia, offrendo i benefici di queste politiche e della domanda pubblica in cambio di piani precisi di produzione, garanzie contro la delocalizzazione all’estero delle produzioni, mantenimento della sede nel nostro paese e pagamento delle tasse in Italia, reinvestimento dei profitti, ricerca, occupazione qualificata.
Per favorire il miglioramento tecnologico delle produzioni italiane è necessario un massiccio investimento nella scuola, nella ricerca pubblica e nell’università, ritornando ai livelli di spesa e personale di dieci anni fa e favorendo il ritorno dei ricercatori italiani emigrati all’estero. Nella pubblica amministrazione e nelle imprese occorre aumentare le competenze e le capacità innovative, spingendo le aziende sulla via della ricerca e delle nuove tecnologie.
Nel ricostruire la base produttiva del paese è essenziale rovesciare la divergenza tra poche aree dinamiche – in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte –, un Centro-nord che ristagna o declina e un Mezzogiorno abbandonato a se stesso. La riduzione dei divari, nelle capacità produttive prima ancora che nei redditi, tra le regioni italiane dev’essere un obiettivo prioritario della nuova politica industriale.
L’eliminazione dei divari tra i territori del nostro paese è lo strumento più efficace per combattere mafie e criminalità organizzata. È inoltre necessaria la tracciabilità ai fini antimafia dei pagamenti legati ai fondi pubblici per l’emergenza.
Un ritorno all’intervento pubblico non è privo di difficoltà e rischi. Serve una nuova generazione di politiche che evitino di cadere negli errori passati: la collusione tra potere economico e politico, la corruzione e il clientelismo, la mancanza di trasparenza e di controllo democratico. Servono una politica e una pubblica amministrazione con alte competenze, capacità di organizzare le risorse del paese e dare risposte ai bisogni. Per cominciare, è necessario ripristinare regole sul meccanismo delle “porte girevoli”, e rompere così la pratica del passaggio continuo di manager e banchieri a responsabilità pubbliche e di politici a responsabilità aziendali, una fonte di collusione e corruzione; passaggi di questo tipo possono essere possibili solo dopo almeno cinque anni di interruzione degli incarichi precedenti.
Per assicurare la coerenza delle politiche realizzate è necessario prevedere meccanismi di valutazione – trasparenti e partecipativi – degli impatti a breve e lungo termine degli strumenti messi in campo.
Accanto all’esigenza di un nuovo modello di crescita economica, c’è bisogno di cambiare il metro di misura che abbiamo. Vanno sviluppate misure efficaci del benessere e della sostenibilità, a partire dal BES (il Benessere Equo e Sostenibile documentato dall’Istat) per poter valutare i progressi del paese verso un nuovo sviluppo.
2. Un’economia sostenibile sul piano ambientale
L’economia del dopo-emergenza dovrà essere basata su prodotti, servizi, processi e modelli organizzativi capaci di utilizzare meno energia, risorse naturali e territorio e di avere effetti minori sugli ecosistemi e sul clima. Il blocco della produzione legata alla pandemia ha portato a ridurre le emissioni di CO2; la ripresa dell’economia deve mantenere le emissioni sotto le soglie necessarie per evitare il cambiamento climatico.
La prospettiva del Green New Deal, aperta anche dalla Commissione europea, deve diventare un aspetto chiave delle politiche di cambiamento, con una visione d’insieme e grandi risorse. Occorrono però obiettivi precisi e misure concrete. Per l’energia si può fissare l’obiettivo del 100% di elettricità prodotta da fonti rinnovabili entro il 2050 e prendere misure che aumentino radicalmente l’efficienza energetica di abitazioni, uffici, motori, elettrodomestici, eccetera.
Per le auto, si può fissare l’obiettivo di eliminare la produzione di motori a combustione interna entro il 2030. Per i trasporti delle persone si deve passare dal modello dell’auto privata individuale alla mobilità integrata sostenibile, sviluppando forme alternative di mobilità, il trasporto pubblico locale e i servizi ferroviari sulla media e corta distanza, dove si concentra l’80% dell’utenza. Per il trasporto merci si devono ridimensionare le reti della logistica e scoraggiare il trasporto merci di lunga distanza su gomma. Entrambi i progetti richiedono grandi programmi di investimenti pubblici, centrati sulle “piccole opere”.
Occorre ridimensionare le posizioni di rendita, in particolare dei monopoli che controllano le reti elettriche e energetiche, che rappresentano un ostacolo alla conversione energetica. Bisogna puntare sull’agricoltura biologica – con produzioni sostenibili e di piccola scala – sulla chimica verde, su una cantieristica che sviluppi il trasporto merci via mare al posto del turismo su enormi navi da crociera che hanno un gravissimo impatto ambientale. L’intero ciclo di vita delle merci va riorganizzato sulla base dell’“economia circolare”, avvicinandosi all’obiettivo di “rifiuti zero”, favorendo il recupero e riuso dei materiali, moltiplicando gli impianti di riciclaggio al posto di inceneritori e discariche.
Gli interventi in tutti questi ambiti potrebbero essere coordinati da un’Agenzia per la sostenibilità, un soggetto economico pubblico che dia coerenza a strategie e investimenti, promuova la ricerca e l’innovazione ambientale, organizzi la domanda pubblica, orienti l’azione delle imprese private, facendo delle produzioni sostenibili un punto di forza dell’economia del paese.
Occorre un’eliminazione progressiva dei quasi 20 miliardi di sussidi pubblici che vanno ogni anno ad attività che danneggiano l’ambiente, in particolare i combustibili fossili. A parità di imposizione fiscale complessiva, occorre spostare il carico fiscale verso un ampio uso di tasse ambientali; in questo modo si possono “correggere” i prezzi dei beni e spingere produttori e consumatori a comportamenti più sostenibili. Il principio di sostenibilità deve diventare un criterio pervasivo in tutte le scelte individuali e collettive.
[segue]
Europa, Europa… Domani scelte decisive per l’Italia e per l’Europa?
L’Europa al bivio e le scelte decisive per l’Italia
Rita Castellani e Giovanni Principe
Su Sbilanciamoci, 22 Aprile 2020 | Sezione: Apertura, Economia e finanza
In questi giorni si gioca una partita cruciale per il futuro dell’Italia e dell’Unione Europea. Una rassegna del dibattito in corso e delle possibili soluzioni in campo. E una proposta: un piano nazionale di raccolta sul mercato interno con un’emissione straordinaria di titoli a breve scadenza e tasso zero.
——————————————————–
A questa Europa manca una visione del futuro
21 Aprile 2020
di Salvatore Multinu su il manifesto sardo.
——————————————————–
Ricostruzione. I soldi servono, molti, maledetti e subito
20 Aprile 2020
di Franco Ventroni, su il manifesto sardo.
Recentemente, da europeista convinto, ho criticato la politica finanziaria messa in campo dalla Unione Europea per sostenere l’Italia e altri paesi europei in questo tristissimo momento di crisi epocale, scatenata dal corona virus.[...]
—————————————————-
Accordo Ecofin, che fare?
16 Aprile 2020
di Roberto Mirasola su il manifesto sardo.
Si avvicina sempre più velocemente il 23 Aprile, giorno in cui si riuniranno i capi di governo della U.E., e le notizie che trapelano non sono per nulla incoraggianti.[...]
——————-
Altri approfondimenti sulla rassegna stampa di C3dem, ripresa su aladinpensiero.
—————————————————–
La democrazia politica risorga contro il neo liberismo fallimentare della postdemocrazia!
Perché occorre combattere la postdemocrazia
di Gianfranco Sabattini
Colin Crouch, in “Combattere la postdemocrazia” torna su un tema che aveva già trattato nel 2003; allora, in “Postdemocrazia”, evidenziava come in gran parte del mondo occidentale si stesse consolidando una situazione in cui la democrazia veniva ridotta all’”ombra di sé stessa”, poiché le istituzioni democratiche, pur sopravvivendo, stavano perdendo “vivacità e forza”, mentre i partiti ed i governi, più che offrire risposte alle istanze dei cittadini, “si concentravano sulla manipolazione dei problemi e dell’opinione pubblica”. Ciò determinava – sosteneva Crouch – che la forza propulsiva del sistema politico provenisse ormai “da una ristretta élite di politici e ricchi industriali” e, di conseguenza, la politica si orientasse “sempre più sui desideri di questi ultimi”.
Si trattava di una situazione – secondo Crouch – non riconducibile alla responsabilità delle élite dominanti, ma dipendente da due fattori, entrambi estranei alla capacità dell’uomo di controllarli; il primo, la globalizzazione, che “aveva trasferito le grandi decisioni economiche in un ambito del tutto irraggiungibile per lo Stato-nazione”, il livello in corrispondenza del quale si era affermata e sviluppata la democrazia; il secondo fattore, era la progressiva perdita di identità dei diversi gruppi sociali. Per effetto di questi due fattori, la “distanza tra il mondo della politica e la vita normale aumentava”, per cui i cittadini stavano diventando degli attori “simili a marionette costrette a ballare alla musica dei manipolatori dell’opinione pubblica”. Nel 2003, Crouch non era arrivato – come lui stesso afferma – a sostenere che ci si trovasse in una situazione di postdemocrazia, ma che si era comunque “sulla strada” che inevitabilmente ad essa portava. [segue]
Che succede?
IL MES, L’EURO, I POVERI
21 Aprile 2020 su C3dem.
————————–
LOMBARDIA, GARANTISMO E MONDO APERTO. POI GERMANIA E FASE DUE
20 Aprile 2020 su C3dem.
————————————-
[segue]
Giornata Internazionale della Madre Terra
Giornata Internazionale della Madre Terra
Mercoledì 22 aprile è la Giornata Internazionale della Madre Terra.
Non dimentichiamolo!
Oggi mercoledì 22 aprile 2020
–
—————————Opinioni, Commenti e “Riflessioni, Appuntamenti—————————————————–
Anziani, tranquilli! La Carta pensa anche a voi
22 Aprile 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
In vista dell’agognata fase 2, fra le tante proposte bizzarre, c’è anche quella di una disciplina che tolga le restrizioni a tutti, esclusi i vecchi, secondo alcuni sopra i 65, secondo altri 70 o 75. Trattandosi di libertà, il riferimento non può che essere la Costituzione, nella quale c’è la disciplina che tutela i […]
—————————————————————–
L’attacco al 25 aprile
di Francesco Casula
Anche quest’anno prosegue l’attacco al 25 aprile: il neofascista Ignazio La Russa propone di trasformarlo in una “Giornata per ricordare le vittime del Coronavirus e i caduti di tutte le guerre”.
Una vera e propria sciocchezza sesquipedale, che al di là della strumentalizzazione dei morti per la corona virus, nasconde un’insidia pericolosa: equiparare i “morti di tutte le guerre”, anche se in realtà pensa segnatamente ai morti durante la Resistenza, che ha visto contrapposti fascisti e antifascisti. [segue]
Gli Editoriali di aladinpensiero
Proponiamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori il quinto contributo, un intervento di Francesco Carta, medico, presidente di Medicina Democratica Sardegna, condiviso dalle redazioni de il manifesto sardo, Democraziaoggi e aladinpensiero, nell’ambito dell’impegno comune che qui si richiama.
Pandemia da coronavirus. Evento inatteso ma non imprevedibile di Francesco Carta.
——————————————————————–
Festa della Liberazione
L’attacco al 25 aprile
di Francesco Casula
Anche quest’anno prosegue l’attacco al 25 aprile: il neofascista Ignazio La Russa propone di trasformarlo in una “Giornata per ricordare le vittime del Coronavirus e i caduti di tutte le guerre”.
Una vera e propria sciocchezza sesquipedale, che al di là della strumentalizzazione dei morti per la corona virus, nasconde un’insidia pericolosa: equiparare i “morti di tutte le guerre”, anche se in realtà pensa segnatamente ai morti durante la Resistenza, che ha visto contrapposti fascisti e antifascisti.
Sia ben chiaro: per i morti, per tutti i morti non possiamo che nutrire e riversare tutta intera la nostra pietas: ma per favore senza metter sullo stesso piano oppressi e oppressori; chi si batteva per la libertà e chi invece ce la voleva togliere ed eliminare.
Tener viva la memoria, la verità, significa ricordare a chi lo dimentica e a chi non l’ha mai saputo cos’è stato il fascismo, compreso il suo epilogo con la RSI (Repubblica sociale italiana di Salò): fu uno stato fondato sulla tortura, sulla persecuzione razziale e politica, sulla distruzione fisica degli avversari, sulla delazione: né sessanta né cento anni bastano a cancellare tutto questo. [segue]