Monthly Archives: marzo 2020

Oggi giovedì 26 marzo 2020

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————————————–Opinioni,Commenti e Riflessioni,Appuntamenti———-
L’emergenza, anche sanitaria, si sconfigge con la mobilitazione e la legalità democratica
26 Marzo 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Ogni tanto ascoltando dibattiti o interviste di giuristi o opinionisti, mi capita d’incavolarmi. Non perdo l’appettito, s’intende, ma mi interrogo sulla razionalità delle persone, anche di quelle che orientano.
Ad esempio, come si fa a non infastidirsi quando si sente dire che la nostra Costituzione non ha previsto le situazioni d’emergenza, come […]
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Coronavirus. Dalla Confederazione Sindacale Sarda un SOS per il lavoro

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Confederazione Sindacale Sarda
AMBULANTANDO/CSS
- Al Presidente della Regione
on. le Cristian Solinas
presidenza@pec.regione.sardegna.it
- All’Assessore del Lavoro, Formazione Professionale, Cooperazione e Sicurezza Sociale On. le Alessandra Zedda
lavoro@pec.regione.sardegna.it
- All’Assessore del Commercio, Turismo e Artigianato On. le Giovanni Chessa tur.assessore@pec.regione.sardegna.it
Oggetto: Problemi urgenti lavoratori Formazione professionale, Commercio ambulante, Lavoro domestico.
[segue]

SOLIDARIETA’ A OSTACOLI

551a8a21-5dc9-4fcd-aa02-3bad9c101c48Riceviamo da un nostro lettore, che ha richiesto l’anonimato, la seguente segnalazione, che volentieri pubblichiamo, sottolineando la sua considerazione su quanto sia carente la comunicazione istituzionale della Regione Sarda, che, in questo caso addirittura è di ostacolo alle concrete manifestazioni di solidarietà dei cittadini nei confronti di quanti sono impegnati nella drammatica vicenda dell’epidemia in atto.
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Alcuni giorni or sono ho sentito da un TG sardo, forse quello della Rai, che era stato aperto dalla Regione Sardegna un conto per l’emergenza Covid 19. Mi sono messo alla ricerca degli estremi del conto. La ricerca è stata molto impegnativa e alla fine sul sito della Regione ho trovato l’IBAN, che senza nessun risalto era “affogato” nel mezzo di una dichiarazione del Presidente. Sono stato quasi tentato di rinunciare o optare a favore di altri soggetti non istituzionali. Ho cercato di chiamare gli uffici della presidenza, mi risponde una persona che si qualifica consulente del presidente al quale espongo il mio rammarico per la comunicazione del tutto inadeguata, sia come diffusione sia come grafica, tale da condannare l’iniziativa a sicuro insuccesso. Il mio interlocutore, persona gentile, coglie il punto, mi ringrazia rassicurandomi che farà presente il problema. [segue]

Se vuoi la Pace preparala. La guerra deve essere ripudiata su tutta la Terra. Il programma “realista” anche se oggi “utopico” del movimento per la “Costituente della Terra”.

La drammatica situazione che in Italia e in tutto il pianeta stiamo vivendo a causa del coronavirus “conferma la necessità – già evidente in materia di aggressioni all’ambiente, ma resa ancor più visibile e urgente dal terribile bilancio quotidiano dei morti e dei contagiati – di una Costituzione della Terra che preveda garanzie e istituzioni all’altezza delle sfide globali e a tutela della vita di tutti”. Di seguito riportiamo un contributo del direttore scritto per il periodico della Diocesi di Ales-Terralba “Nuovo-Cammino” prima dell’esplosione dell’epidemia. Con questo contributo vogliamo confermare la nostra convinta partecipazione all’iniziativa “Costituente della Terra” promossa da Raniero La Valle, Luigi Ferrajoli e tanti altri, anche in sintonia con l’associazione socio-culturale Aladinpensiero.
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di Franco Meloni*

Nel lontano 1964 frequentavo la terza media quando il professore di lettere ci fece studiare l’elegia per la Pace del poeta latino Tibullo (1). Ci disse che il regime fascista – notoriamente guerrafondaio, come tutti i regimi autoritari – aveva vietato lo studio di Tibullo e di altri autori latini per le loro opere in cui veniva lodata la Pace e stigmatizzato l’uso delle armi. Non so se il professore all’epoca si accorse che ben prima dei poeti latini il profeta Isaia nella Bibbia predicava: “trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra” (2).
Di cosa aveva paura il regime? Sicuramente che le argomentazioni di questi Autori risultassero più convincenti della propaganda fascista sulla bontà della guerra e pertanto ne indebolissero la perniciosa credibilità. Ma oggi, che molti di quei regimi sono rovinosamente caduti anche se altri ne sono sorti, la guerra è tuttora drammaticamente presente negli scenari internazionali: “una terza guerra mondiale a pezzetti”, come l’ha definita Papa Francesco.
E allora: che fare?
La tesi virtuosa che salta fuori dai riferimenti biblici e letterari – e che è stata ripresa da altri pensatori più vicini a noi (3) – è che la guerra può essere bandita dalla faccia della Terra e conseguentemente sostituita dalle “intese” e dalla diplomazia, come strumenti per dirimere le controversie internazionali, come peraltro è scritto nella nostra Costituzione (art. 11). Occorre battersi più e meglio di quanto già si faccia. Ai diversi movimenti per la Pace si unisce oggi quello della “Scuola per la Costituente della Terra”, promossa da un folto gruppo di intellettuali, primi tra essi Raniero La Valle e Luigi Ferrajoli, che ha preso il via lo scorso 21 febbraio. Nei documenti programmatici si sostiene che “la guerra non era in natura: per farla, bisognava prima impararla. Senonché noi l’abbiamo imparata così bene che per prima cosa dovremmo disimpararla, e a questo la scuola dovrebbe addestrarci, a disimparare l’arte della guerra, per imparare invece l’arte di custodire il mondo e fare la pace”. Non c’è che dire: un progetto ambizioso, ma non impossibile! Ed è solo uno dei punti qualificanti della proposta complessiva della Scuola che, volendo portare tutto a sintesi, si basa su un concetto semplice quanto di valenza utopica, almeno allo stato: l’umanità costituisce un popolo che può darsi una Costituzione che ne garantisca i diritti fondamentali. Tutto ciò senza ignorare gli istituti esistenti: “la nostra ipotesi di Costituzione della Terra intende prendere sul serio le tante Carte dei diritti esistenti, che sono diritto vigente ancorché ineffettivo, introducendo una prima innovazione rispetto alle Costituzioni statali, alla Carta dell’Onu e alle tante Carte internazionali dei diritti umani. Diversamente da queste Carte essa dovrà prevedere e includere nel testo costituzionale non soltanto le tradizionali funzioni legislative, esecutive e giudiziarie, ma anche le funzioni e le istituzioni di garanzia primaria dei diritti e dei beni fondamentali”.

La proposta di “Costituente della Terra” ha trovato accoglienza anche in Sardegna. Infatti a Cagliari si è costituito un “gruppo territoriale sardo” che sosterrà le iniziative della Scuola e s’impegnerà anche sulle connesse tematiche peculiari della nostra regione.
Il gruppo sardo ha già avviato intese di collaborazione con la “Scuola di formazione Don Tonino Bello” di Villacidro e con la “Scuola di Cultura politica Francesco Cocco” di Cagliari. Tutte le informazioni sul sito web http://www.costituenteterra.it
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Gli Editoriali di Aladinpensiero

1edc1a4e-2844-4f63-b1cb-94f035d7eea7 La plausibilità di uno stile di “vita selvaggia” per la realizzazione dell’idea che ognuno ha di sé
Gianfranco Sabattini, Editoriale.
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Che succede? Che pensare? Che fare?

vanni-tola-lettori-fb
Vanni Tola
su Lettori, pagina fb.
Un altro giorno a casa. Sono appena le sette del mattino, molti amici in chat, magari comunicano o attendono messaggi. Chissà quanti non hanno dormito per niente stanotte o hanno dormito poco e male, come accade a me da tempo, soprattutto queste settimane. Svegli fino all’una di notte per sentire in televisione le ultimissime sul virus. Molti recupereranno un po’ di sonno perduto al mattino, altri nel primo pomeriggio. Attesa frenetica del nuovo giorno. Con la luce e il sole si ha la sensazione di stare meglio. [segue]

Che succede? Che fare?

c3dem_banner_04IL VIRUS, GLI ANZIANI, I DETENUTI, I LAVORATORI. E LA POLITICA
24 Marzo 2020 by Forcesi | su C3dem.
DAL FRONTE DEL VIRUS: Angelo Borrelli, “Siamo lenti e il virus va veloce” (intervista a Repubblica). Massimo Galli, “Ora la scommessa è curare i positivi liberando gli ospedali” (intervista al Sole 24 ore). Luca De Biase, “Monitoraggio digitale dell’epidemia in allestimento” (Sole 24 ore). ANZIANI: Laura Marchetti, “La civiltà è Enea che porta Anchise sulle spalle” (Manifesto). Giorgio Paolucci, “’Insieme agli anziani’. L’esempio di Morimondo” (Avvenire). CARCERI: “Appello dei detenuti del carcere di Padova al governo e al papa” (Repubblica.it). Luca Liverani, “Carcere, Mattarella preoccupato” (Avvenire). Lucia Capuzzi, “Carceri. La distanza? Qui è un centimetro” (Avvenire). Paolo Rodari, “Il papa chiede ai detenuti di scrivergli la via crucis” (Repubblica). LAVORATORI: Marco Bentivogli, “Prima la vita poi l’azienda” (intervista a Avvenire). Andrea Orlando, “Il governo deve evitare lo scontro tra lavoratori e imprese” (intervista a Repubblica). Giuseppe Provenzano, “Dovremo aiutare anche chi lavora in nero” (intervista al Corriere della sera). Ezio Mauro, “Il lavoro degli altri” (Repubblica). Rosy Bindi, “Sanità eroica ma maltrattata. Ci serva da lezione per il dopo” (intervista al Manifesto). [segue]

Oggi mercoledì 25 marzo 2020

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Prima di tutto le bambine e i bambini
25 Marzo 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
ll primo segnale di rinascita dopo la tempesta è l’apertura delle scuole, e qui bisogna seriamente riaprirle, in Italia, pur tenendo conto degli sforzi encomiabili di docenti e studenti che, in queste settimane, attraverso la rete, hanno cercato di dare continuità all’istruzione. Riaprirle adesso, trasformando tutti i canali di radio e tv pubblica in […]
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La ripartenza? Un rinnovato impegno civile
25 Marzo 2020
Caterina Gammaldi, pubblicato su Democraziaoggi.
Leggo Riccardo Luna e Ilvo Diamanti su Repubblica, ascolto il ministro in TV, leggo le centinaia di messaggi che arrivano via mail, whatsapp, i post su facebook e mi domando se oggi è il tempo giusto per immaginare il futuro. Penso di sì e allora comincio a scrivere i pensieri che affollano le mie […]
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dantedi-01DANTEDÌ, LA PRIMA EDIZIONE CON LETTURE SOCIAL DEL SOMMO POETA
Il 25 Marzo, data che gli studiosi individuano come inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia, si celebrerà per la prima volta il Dantedì, la giornata dedicata a Dante Alighieri recentemente istituita dal Governo.
Il sommo Poeta è il simbolo della cultura e della lingua italiana, ricordarlo insieme sarà un modo per unire ancora di più il Paese in questo momento difficile, condividendo versi dal fascino senza tempo.
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Nel tempo terribile ricuperiamo noi stessi. Le riflessioni di Gianfranco Sabattini provocate da Simone Perotti, Alain Caillé, Ivan Illich, Serge Latouche

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La plausibilità di uno stile di “vita selvaggia” per la realizzazione dell’idea che ognuno ha di sé

Gianfranco Sabattini

Simone Perotti è uno scrittore che ha scelto di abbandonare lo stile di vita stressante della società contemporanea economicamente avanzata; laureato in letteratura contemporanea e aspirante all’insegnamento universitario, nonché dotato di competenze professionali in tema di comunicazione che gli avevano consentito l’accesso a posti di lavoro di responsabilità direzionale, a un cero punto, “folgorato” in una giornata afosa di luglio da un ingorgo sul Grande Raccordo Anulare di Roma, egli ha scelto di abbandonare la vita non priva di soddisfazioni che stava conducendo; non tanto per il tipo di lavoro svolto, quanto piuttosto per vivere l’esperienza di “altre vite”, meno angustiate dalle frustrazioni della società contemporanea.
Perotti ha voluto, con la sua scelta, “essere più libero, poter perdere tempo, non dover avere tutte quelle responsabilità” comportate dal vivere all’interno della complessità delle società moderne; in altre parole, egli ha voluto principalmente uscire dalla percezione frustrante di situazioni del tipo di quella vissuta da “prigioniero” dell’ingorgo di quel fatidico giorno di luglio.
Per ubbidire alla sua aspirazione ad una nuova vita, Perotti ha deciso di trasferirsi in Val di Vara (entroterra ligure) e di darsi alla marineria, trascorrendo quattro o cinque mesi l’anno a bordo della sua barca, spostando imbarcazioni da un posto ad un altro e dando lezioni di vela. Ma per vivere senza essere obbligato alla schiavitù del lavoro subalterno egli è costretto a svolgere altre attività integrative delle magre risorse delle quali dispone solo quando si trova in stato di necessità; evento, quest’ultimo, che si verifica assai raramente, perché Perotti dichiara di riuscire a vivere con poco, collaborando soprattutto con riviste e giornali e scrivendo romanzi e saggi, per raccontare la sua esperienza di “vita selvaggia” e per tentare di comprendere la sua nuova realtà esistenziale.
Perotti ha pubblicato nel 2009, per i tipi di Chiarelettere, il saggio “Adesso Basta”, col quale ha inteso offrire la prospettiva di una nuova scelta di vita a tutti coloro che vogliono cambiare la propria condizione esistenziale. Nonostante le precedenti 24 edizioni, la Casa Editrice Mondatori ne ha effettuato un’ulteriore pubblicazione, nella convinzione che la “vita editoriale” del saggio di Perotti non si sia ancora esaurita del tutto; ciò, in considerazione del fatto che, come l’autore afferma nell’Introduzione della nuova edizione, si registra la tendenza a una crescente polarizzazione: coesistono infatti, da un lato, una classe di persone propensa ad “infilarsi” sempre più profondamente nel processo di crescente complessità delle società moderne, accettandone le dinamiche delle quali non comprendono le cause, e dall’altro, un’altra classe crescente di persone alla ricerca di “riserve indiane in cui sussistere, costruire micromodelli di resilienza e sopravvivenza”. Apparentemente emarginata, quest’ultima classe di persone, tende a sviluppare “le risorse e le facoltà per resistere meglio al tracollo ambientale, energetico, economico, per non parlare di quello, già molto avanzato, sociale”; tutto ciò, per vivere una “vita adatta” il più possibile all’dea che tali persone hanno di sé.
Smettere di lavorare non significa, secondo Perotti, “vivere di sogni” irrealizzabili; questi, per essere conformi al desiderio di vivere una nuova vita, oltre che ambiziosi, devono anche alla nostra portata, perché siano compiutamente realizzati. Solo così essi (i sogni) possono renderci felici; se ciò non accade, “vuol dire che avevamo sbagliato sogni, oppure che abbiamo tralasciato qualcosa nel processo di avvicinamento”. Smettere di lavorare per inseguire i propri sogni è spesso oggetto di critica da parte dei giornali; questi, in genere, per biasimare la scelta, “parlano di disagio sociale, di mancanza di stimoli e valori, di tedio e noia”, che portano a compiere atti insensati.
Secondo Perotti, il modo, forse non l’unico, per sottrarsi alla frustrazione della complessità della vita vissuta nel caos della società contemporanea, non è quello di decidere di cessare di lavorare per non fare niente ed essere vittime di tedio e noia; al contrario, si tratta del “modo migliore per vivere ed essere liberi da impedimenti stressanti e dunque avere il tempo e il modo per fare quel che ci piace”.
Smettere di lavorare per inseguire la realizzazione dei nostri sogni non significa infatti, per Perotti, rimanere inattivi per divenire vittime dell’immobilità. Per la realizzazione dei nostri sogni, occorre impiegare il tempo liberato dalla rinuncia al lavoro tradizionale e da tutto ciò che ci imprigiona, per fare quel che più amiamo; in questa direzione occorre “spingerci” il prima possibile, perché sarà “quella la via per la quale potremo godere delle nostre risorse, della nostra esistenza e, al tempo stesso, racimolare altre piccole sostanze”.
Abbandonare il lavoro tradizionale per realizzare i propri sogni non è, contrariamente a quanto molti pensano, frutto di decisioni insensate che portano l’uomo a compiere un salto nel buio; occorre però disporre di una “mappa”, cioè di un proprio progetto che specifichi il percorso da compiere, per “essere fuori dal disagio esistenziale, dalla mancanza di stimoli”. Tuttavia, avere una mappa non significa andare “dritti al tesoro”, ovvero essere convinti che la libertà positiva (libertà di) sia più importante di quella negativa (libertà da). Per intraprendere il cammino verso la libertà – afferma Perotti – bisogna avere un’idea intorno a quel che è necessario fare; occorrerà prepararsi “psicologicamente ed esistenzialmente al cambiamento, a una nuova vita”.
A tal fine, occorre risparmiare per rendersi autonomi dal lavoro tradizionale; parallelamente, occorre specializzarsi nelle proprie passioni per integrare i risparmi di cui si avrà bisogno. Qualcuno – conclude Perotti – può ritenere utopistico il progetto di una vita libera, ma una cosa è certa: realizzare il proprio sogno di affrancarsi dalle frustrazioni della vita possibile all’interno della società civile contemporanea è sicuramente più realistico di quella possibile all’interno di un mondo globale, del quale si discute presentandolo come la via in grado di condurre l’uomo verso la libertà dal bisogno.
La proposta di Perotti non è nuova; essa, ad esempio, riprende quella avanzata nell’Ottocento da Henry David Thoreau; in “Walden”, lo scrittore americano dichiara di aver deciso di andare nei boschi, desiderando vivere con semplicità e affrontare solo i fatti essenziali della vita, per verificare se gli fosse stato possibile riuscire a imparare quanto essa aveva da insegnargli. In sostanza, decidendo di andare a vivere nei boschi, Thoreau aveva contemporaneamente deciso di rinunciare a vivere quella che a lui non sembrava una vita degna di essere vissuta, a meno che non fosse stato assolutamente necessario; egli voleva vivere spartanamente, per rifiutare ciò che la vita civile, secondo i suoi ideali, non gli consentiva. Thoreau aveva sentito l’esigenza di intraprendere l’avventura della vita nei boschi per distaccarsi, almeno per un po’, dalla società in cui viveva, da lui considerata troppo dedita alla ricerca dell’utile e mai attenta alla cura delle cose realmente importanti della vita.
Dal racconto di Thoreau e dal resoconto della sua esperienza traspare il senso di benessere del quale egli ha potuto fruire vicino al lago Walden, lontano dalla frenetica e caotica quotidianità della vita nella società del suo tempo. Le motivazioni che lo hanno spinto a scegliere la vita dei boschi sembrano le stesse, o quantomeno molto simili a quelle che hanno spinto Perotti ad abbandonare il lavoro tradizionale, perché spinto a cercare la via che lo portasse a uno stile esistenziale il più possibile vicino alle sue convinzioni.
Che valenza può avere oggi il messaggio di Perotti, riecheggiante quello romantico di Thoreau? La proposta di quest’ultimo, sia pure fortemente in anticipo sui tempi, e quella successiva di Perotti sembrano rispondere all’aspirazione a vivere una vita plasmata da valori alternativi a quelli prevalenti all’interno delle società capitalistiche, come quelli teorizzati, ad esempio, da autori quali Alain Caillé, Ivan Illich e Serge Latouche.
Seconso Alain Caillé, nel corso della propria vita l’uomo non è stato sempre motivato da considerazioni economiche, in quanto sarebbe stato plasmato all’interno di una società solidale; questa non era strutturata dal mercato, ma dalla reciprocità con cui venivano correntemente soddisfatti gli stati di bisogno. La società solidale e comunitaria obbediva alla logica del dono e del contro-dono, in base alla quale le relazioni tra gli uomini originavano dallo scambio avviato con un dono di una delle parti all’altra, la quale, contraccambiando tale dono, innescava una “catena di relazioni” sociali; con questa “catena”, l’atto del donare non si limitava a un passaggio di beni o servizi, ma coinvolgeva la totalità degli elementi valoriali che caratterizzavano il sistema sociale. E’ stata la società moderna, in quanto società prevalentemente aperta al mercato, che ha teso sempre di più a presentarsi come separata dai componenti della comunità.
Per questo motivo, Caillé rifiuta non solo i valori della società capitalistica, ma anche l’”economicismo” della cultura contemporanea. L’analisi critica della società capitalistica condotta da Caillé sottende l’idea che il destino del mondo non sia quello di diventare una grande ed unica società di mercato, ma quello di un ritorno ad un’organizzazione della società nella quale gli uomini possano esercitare ogni forma di autonomo controllo sulle dinamiche della vita individuale.
Ivan Illich approfondisce l’analisi di Caillé, convinto che quando la vita dell’uomo è resa sgradevole dalla complessità dell’organizzazione della società capitalistica, è inevitabile che si diffonda la propensione a cercare forme di vita alternative. E’ per questo che Illich è considerato da coloro che condividono la teoria di Serge Latouche, come uno dei principali ispiratori del concetto di decrescita e di fuga dall’abbondanza.
Sulla base della critica illichiana, Serge Latouche da tempo sta proponendo un modello di organizzazione sociale che dovrebbe consentire il superamento dei limiti propri dell’organizzazione della società capitalistica, attraverso l’adozione di una “politica dell’autolimitazione”, perché i desideri possano fiorire e i bisogni declinare. Con il suo modello di organizzazione sociale, Latouche tende a restituire all’uomo ciò di cui l’avvento della società industriale lo ha progressivamente privato, ovvero la sua creatività (omologata dalla standardizzazione industriale) e la sua autonomia (con la creazione continua di nuovi bisogni). L’idea sottesa nella concezione dell’uomo all’interno della società industriale è, secondo Latouche, che i soggetti siano stati ridotti a un “fascio di bisogni” da soddisfare solo tramite il consumo di beni e servizi acquistabili sul mercato.
Per coloro che condividono il pensiero di Latouche sulla società industriale, il suo giudizio critico è divenuto elemento di una rappresentazione della realtà sociale, da tener presente da parte di chi pensa di potersene riscattare, per porre in essere strategie di fuga sul tipo di quella descritta da Perotti.
A parte il discorso sulla possibile attenuazione della complessità della vita nelle società capitalisticamente avanzate, che dire delle iniziative puramente individuali, come quelle proposte da Perotti, per sottrarsi ai vincoli del vivere insieme? Se, per un verso, si possono capire i sogni (come quelli di Thoreau) di vivere una “vita selvaggia” affrancata dalle incombenze di una quotidianità ripetitiva, più difficili sono la comprensione e la giustificazione della proposta avanzata da Perotti. Ciò perché non è plausibile che, per rimediare ai disagi della complessità della vita sociale, si scelga di rinunciare all’impegno sociale per la rimozione di tali disagi.
La proposta di Perotti, di “fuggire verso la libertà” per realizzare l’idea che ognuno ha di sé, è tanto più ingiustificabile, se si pensa che la realizzazione di tale idea è resa possibile dalle opportunità che l’organizzazione della vita sociale dalla quale si cerca di evadere resta pur sempre l’approdo irrinunciabile per “racimolare” le sostanze integrative di quelle che il vivere spensieratamente può consentire di acquisire.
L’aspirazione a una vita spensierata può quindi restare solo un sogno, mentre la liberazione dalle frustrazioni che possono derivare dal vivere insieme comportano che il sogno sia realizzabile solo attraverso l’impegno di ognuno a migliorare le condizioni di vita all’interno della società alla quale si appartiene*.

Ricordo di mons. Oscar Romero

c3dem_banner_04oscar-romero24.3.1980 – 24.3 2020. LA “ROSA BIANCA” RICORDA MONS. OSCAR ROMERO
23 Marzo 2020 by Forcesi | su C3dem.
Era il 24 marzo del 1980 quando Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di san Salvador, viene assassinato mentre celebra la messa nella cattedrale. Si era messo dalla parte del popolo salvadoregno oppresso dalla classe dominante locale con l’appoggio degli Stati Uniti. Un gruppo armato dell’estrema destra decise di eliminarlo. Prima respinto dalla Chiesa di Roma, poi riconosciuto martire e fatto santo nel 2018 da papa Francesco. Diamo qui il link all’ultima omelia di mons. Romero, pronunciata il giorno prima della sua morte (e qui l’audio originale). La Rosa Bianca, in collaborazione con l’associazione Oscar A. Romero di Trento e la rivista Il Margine, organizza per martedì 24 marzo alle ore 20.45 l’incontro, trasmesso in videoconferenza, Oscar Romero. “Ho udito il grido del mio popolo”. Interverrà Anselmo Paolini, insegnante e autore di numerose pubblicazioni: Oscar Romero. “Ho udito il grido del mio popolo” ed. Ave, con postfazione del cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chavez; Marianella Garcia Villas. “Avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi” ed. Ave, con prefazione di Raniero La Valle e postfazione di Linda Bimbi; Una terra bagnata dal sangue. Oscar Romero e i martiri di El Salvador edizioni Paoline con prefazione di don Vicente Chopin dell’Università salesiana di San Salvador. La rivista “Il Margine”, nel n. 1 del 1981, aveva pubblicato un articolo di Paolo Giuntella che qui riprendiamo: Romero, un nome da ricordare. Sarà possibile collegarsi in videoconferenza nelle seguenti modalità:

Oggi martedì 24 marzo 2020

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Qualche appunto (razionale) sull’emergenza e sulle prospettive
24 Marzo 2020
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Mi sembra utile riordinare le idee su alcune delle questioni più rilevanti emerse in questi giorni.
- La prima è che è meglio avere amici, a livello internazionale, che nemici o che rapporti di indifferenza. Questo è sempre stato vero, sul piano delle relazioni internazionali. Oggi abbiamo la prova che un inizio […]
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zzzzzzporcell11111EMERGENZE EPIDEMICHE E SANITARIE NELLA SARDEGNA DEL PASSATO.
Federico Francioni sulla news online della Fondazione Sardinia.
Premessa – Nel Medioevo – Nel Cinquecento – Nel Seicento – La peste di metà Seicento: alcuni dati – Medici in Sardegna (nella foto: Giovanni Tommaso Porcell) – Conclusioni.
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Riflessioni essenziali

L’INFINITO

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

Giacomo Leopardi

Utilità

mondo bluIl nuovo modello di autocertificazione per gli spostamenti:
- https://www.poliziadistato.it/statics/49/nuovo-modello-autodichiarazione-23.03.2020.pdf

Università di Cagliari. Coronavirus, la ricerca al servizio della popolazione.

ricercacovidfotoivoperportaleunica23mar20_d3La risposta degli specialisti dell’ateneo di Cagliari a una pandemia che necessita di informazioni chiare, puntuali, accreditate. Studiosi al servizio della popolazione universitaria e della società civile. Con servizi e approfondimenti di notizie attuali, verificate e rigorose, utili alla collettività e alla comunità scientifica. “Abbiamo pensato che questo sia un momento particolare in cui anche la voce dei ricercatori ha e deve avere un peso specifico nitido e tempestivo” spiega Micaela Morelli. All’interno i contributi di Luciano Colombo, Cristina Cabras, Aldo Manzin, Vittorio Pelligra, Donatella Petretto, Marco Pistis ed Enzo Tramontano. Focus su farmaci, vaccini, quarantena, stress, impatto sull’economia, risposte mediche, valutazioni epidemiologiche, percorsi e prospettive,

Che succede?

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IL VIRUS E IL DESTINO COMUNE
23 Marzo 2020 by Forcesi | su C3dem.
IL PUNTO POLITICO: Stefano Folli, “Il destino comune che ci manca” (Repubblica). Antonio Polito, “La rincorsa dei decreti. Ma il virus è più veloce” (Corriere della sera). CONTRO IL VIRUS: Il dialogo di Adriano Sofri con il rianimatore Paolo Malacarne: “I giovani, i vecchi e questa bruttissima bestia” (Foglio). Gianni Rezza (ISS); “Mappare gli spostamenti. Siamo in guerra, niente privacy” (La Stampa). Milena Gabanelli, “Così un app sui telefonini potrà contenere l’epidemia” (Corriere della sera). Riccardo Luna, “Quel bollettino ci dia di più” (Repubblica). Barbara Spinelli, “Lasciar morire i nostri anziani?” (Il Fatto). Giulia Pompili, “L’Asia di sciagure e di cure” (una ricognizione sul modello asiatico di cura – Il Foglio). ECONOMIA E SOCIETÀ: Raffaele Cantone, “La bomba sociale di chi non ha più il lavoro nero” (Il Mattino). Alberto Mingardi, “Combattere la pestilenza non può voler dire generare la carestia” (La Stampa). A. Alesina e F. Giavazzi, “Spiragli per questa Europa” (Corriere). Antonio Pollio Salimbeni, “La Ue si spacca sui covid-bond. Lo scoglio dei debiti” (Messaggero). Ignazio Visco, “La Bce è pronta a fare di più” (intervista a La Stampa). Danilo Taino, “La Bce ha deciso. Ma la politica batterà finalmente un colpo?” (Corriere). Francesco Rampini, “Il grande inverno della globalizzazione” (Repubblica). Andrea Bonanni, “Da Trump alla Nato, il triste declino dell’Occidente” (Repubblica). IL FUTURO: Luciano Violante, “Il senso della fiducia” (Corriere).