Monthly Archives: dicembre 2019
Trasformare il mondo per salvarlo. Il comune campo di impegno per l’umanità tracciato dalla Laudato si’ e dall’Agenda Onu 2030 sullo sviluppo sostenibile.
Venerdì 20 dicembre nell’aula del Consiglio comunale di Cagliari è stato presentato il dossier 2019 della Caritas della Diocesi di Cagliari. Presenti con un numeroso pubblico il presidente del Consiglio comunale Edoardo Tocco, il sindaco Paolo Truzzu, il prefetto Bruno Corda e l’arcivescovo Arrigo Miglio. Con la regia di don Marco Lai e di Maria Chiara Cugusi, dopo gli interventi delle autorità, la relazione sui contenuti del dossier è stata tenuta da Franco Manca. Mons. Franco Puddu ha invitato tutti alla Marcia nazionale per la Pace che si terrà a Cagliari martedì 31 dicembre. Ha concluso i lavori don Marco Lai che ha ringraziato tutti, ma, in modo particolare l’arcivescovo Arrigo Miglio, che, come si sa, ha chiuso il suo mandato pastorale di titolare Chiesa di Cagliari per raggiunti limiti di età, rimanendone vescovo emerito. I presenti hanno tributato un lungo e caloroso applauso, un’autentica standing ovation, al Vescovo Miglio.
Torneremo sul rapporto. Intanto anticipiamo il contributo presente nel volume del direttore Franco Meloni.
Trasformare il mondo per salvarlo. Il comune campo di impegno per l’umanità tracciato dalla Laudato si’ e dall’Agenda Onu 2030 sullo sviluppo sostenibile.
di Franco Meloni
“Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”. Così cantava Fabrizio De André in una delle sue canzoni più “dure” e “politicamente impegnate”(1), con la quale se la prendeva con i benpensanti incuranti delle ragioni del movimento della contestazione studentesca e operaia del 1968. Si tratta di un’invettiva che mi piace condividere con i lettori, separandola arbitrariamente dai fatti del passato a cui si riferisce, perché credo ben si attagli all’atteggiamento odierno di “indifferenza generalizzata” davanti a quanto sta succedendo al nostro Pianeta, attraversato da una crisi climatica ed ecologica, tanto grave e urgente da esserne minacciata la stessa sopravvivenza. Questo atteggiamento negativo riguarda innanzitutto i governanti degli Stati, a tutti i livelli, ma ad essi purtroppo si accompagna quello della stragrande maggioranza degli abitanti del Globo, noi compresi. Non voglio qui sminuire l’importanza delle reazioni alla situazione della Terra, tese a contrastarne la deriva di autodistruzione, sia per quanto attiene ai responsabili politici (e, in generale, alle classi dirigenti), sia ai cittadini, singoli e associati. Per quanto riguarda i primi, possiamo citare gli impegni presi dagli Stati nelle varie Conferenze internazionali sui cambiamenti climatici (2), e con l’Agenda Onu 2030, sulla quale mi soffermerò (3); mentre per i secondi basta rammentare le lotte dei movimenti ecologici in tutto il mondo, come quello encomiabile dei ragazzi di Fridays For Future (4). Queste iniziative vanno valorizzate e anche enfatizzate essendo precisamente nella giusta strada, ma emerge la loro complessiva inadeguatezza, rispetto alla gravità e urgenza dei problemi, così come avvertono gli scienziati competenti per materia e dotati di sensibilità culturale e sociale.
Laudato si’. L’approccio dell’ecologia integrale.
Su dette problematiche, che costituiscono una costante preoccupazione del suo pontificato fin dal suo insediamento, Papa Francesco ha scritto la “Laudato si’. Lettera enciclica sulla cura della casa comune”, datata 24 maggio 2015, autentica pietra miliare dalla quale il Papa continuamente riparte con piccole e grandi iniziative, tra le quali ultime l’istituzione della «Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato» il primo settembre di ogni anno, con le connesse iniziative del «Tempo del Creato» (5), e lo storico Sinodo sull’Amazzonia, celebrato a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019. La Laudato si’ è oggetto di studio e approfondimenti in tutto il mondo; costituisce un testo di riferimento che unifica credenti e non credenti (6) nell’impegno per la “Casa comune”. Sono innumerevoli le iniziative in tal senso e anche noi nella nostra come nelle altre Diocesi della Sardegna, abbiamo fatto e facciamo la nostra parte. Tuttavia sentiamo l’insufficienza di tale attività e di conseguenza la necessità di aumentare gli sforzi e il coinvolgimento di più soggetti. E’ anche questo lo scopo del presente articolo, nel quale non mi soffermo tanto sull’Enciclica, che comunque ne costituisce assoluto riferimento, quanto sulle iniziative “laiche” che sono consonanti con l’impostazione complessiva della stessa. Il documento laico più vicino all’Enciclica, che ha analogo “respiro”, è appunto l’Agenda Onu 2030. Vedremo più avanti. Intanto ci piace riportare dalla Laudato si’ l’appello di Papa Francesco, che ne sintetizza lo scopo ultimo, unendo le preoccupazioni alla Speranza sostenuta dal riconoscimento di quanto di positivo già si fa. (Laudato sì’, 13, 14) “13. La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona (…). L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. (…) 14. Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta (…) Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche.(…)”.
Dell’Enciclica voglio rimarcare in modo particolare un concetto chiave, quello dell’ECOLOGIA INTEGRALE. Dice il Papa (Laudato si’, 137): ”Dal momento che tutto è intimamente relazionato e che gli attuali problemi richiedono uno sguardo che tenga conto di tutti gli aspetti della crisi mondiale, propongo di soffermarci adesso a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali.”. Dunque: l’ECOLOGIA AMBIENTALE, ECONOMICA E SOCIALE, l’ECOLOGIA CULTURALE, l’ECOLOGIA DELLA VITA QUOTIDIANA, IL PRINCIPIO DEL BENE COMUNE, LA GIUSTIZIA TRA LE GENERAZIONI, tutti ingredienti compresi nell’accezione “Ecologia integrale”, che come vedremo, vengono puntualmente ripresi nell’Agenda Onu 2030, forse senza un confortevole respiro religioso, ma tale è il valore aggiunto che caratterizza il sentire dei credenti e non solo (6). Vi invito a soffermarvi innanzitutto sul “preambolo” del documento dell’ONU, proprio per evidenziarne la consonanza con la Laudato si’ (che lo ha preceduto), quasi come risposta concreta all’appello del Papa, anzi sembra davvero che lo abbia scritto lui, sicuramente, penso io, ha contribuito ad ispirarlo.
Trasformare il nostro mondo: l’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile approvata il 25 settembre 2015, dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
“Preambolo – Quest’Agenda è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità. Essa persegue inoltre il rafforzamento della pace universale in una maggiore libertà. Riconosciamo che sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema, è la più grande sfida globale ed un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile. Tutti i paesi e tutte le parti in causa, agendo in associazione collaborativa, implementeranno questo programma. Siamo decisi a liberare la razza umana dalla tirannia della povertà e vogliamo curare e salvaguardare il nostro pianeta. Siamo determinati a fare i passi audaci e trasformativi che sono urgentemente necessari per portare il mondo sulla strada della sostenibilità e della resilienza. (…) . Persone – Siamo determinati a porre fine alla povertà e alla fame, in tutte le loro forme e dimensioni, e ad assicurare che tutti gli esseri umani possano realizzare il proprio potenziale con dignità ed uguaglianza in un ambiente sano. Pianeta – Siamo determinati a proteggere il pianeta dal degradazione, attraverso un consumo ed una produzione consapevoli, gestendo le sue risorse naturali in maniera sostenibile e adottando misure urgenti riguardo il cambiamento climatico, in modo che esso possa soddisfare i bisogni delle generazioni presenti e di quelle future. Prosperità – Siamo determinati ad assicurare che tutti gli esseri umani possano godere di vite prosperose e soddisfacenti e che il progresso economico, sociale e tecnologico avvenga in armonia con la natura. Pace – Siamo determinati a promuovere società pacifiche, giuste ed inclusive che siano libere dalla paura e dalla violenza. Non ci può essere sviluppo sostenibile senza pace, né la pace senza sviluppo sostenibile. Collaborazione – Siamo determinati a mobilitare i mezzi necessari per implementare questa Agenda attraverso una Collaborazione Globale per lo sviluppo Sostenibile, basata su uno spirito di rafforzata solidarietà globale, concentrato in particolare sui bisogni dei più poveri e dei più vulnerabili e con la partecipazione di tutti i paesi, di tutte le parti in causa e di tutte le persone.”
Occorre evidenziare il carattere fortemente innovativo dell’Agenda, nella misura in cui si basa su un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo (in particolare di quello egemone capitalistico neo liberista), non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Si afferma pertanto una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo. Tutti i Paesi – senza distinzioni tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo, anche se evidentemente le problematiche possono essere diverse a seconda del posizionamento socio-economico – devono impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli SDGs entro il 2030. Rispetto a tali parametri, ciascun Paese viene valutato periodicamente sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu e dagli Stati nazionali, auspicabilmente sostenuto dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali. L’attuazione dell’Agenda richiede pertanto un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese alle pubbliche amministrazioni, dalla società civile, al volontariato e alle entità del terzo settore, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura.
In questo intervento non mi occupo dei risultati conseguiti (a oltre quattro anni dal varo dell’Agenda), preferendo rimanere sui dati informativi dell’iniziativa. Dobbiamo constatare peraltro che tuttora permane una scarsa conoscenza dell’Agenda (così pure della Laudato si’) per cui è necessario incrementarne la diffusione e le iniziative di sensibilizzazione a tutti i livelli e in ogni possibile circostanza. Ci saranno sicuramente altre occasioni per effettuare opportune valutazioni, a cui non mancheremo. Per l’Italia i check-up annuali sono curati (a partire dal 2016) dall’ASviS, ultimo relativo al 2019 è stato presentato il 4 ottobre 2019 (8).
Goals e Targets (Obiettivi e Traguardi)
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Recenti Editoriali di Aladinpensiero online
Disuguaglianze distributive e trasformazione della natura del sistema sociale
di Gianfranco Sabattini, Editoriale del 19 dicembre 2019.
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PRENDERE PARTITO PER LA TERRA
Una scuola e una Costituzione della Terra: è questa la proposta per rispondere alla crisi globale che è stata preannunziata in un discorso tenuto nel Palazzo della Cultura di Messina il 9 dicembre. Se Dio non è geloso e non è causa di divisione tra gli uomini, un popolo della Terra si può costituire, come dicono oggi papa Francesco e le altre religioni. Ogni casa una scuola.
di Raniero La Valle, Editoriale del 16 dicembre 2019.
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Che succede?
DISUGUAGLIANZE
19 Dicembre 2019 by Forcesi | su C3dem.
Fabrizio Barca, “Aggredire le disuguaglianze” (intervista ad Avvenire). Gloria Riva, “Un’eredità per tutti contro le disuguaglianze” (Espresso). Laura Pennacchi, “Il declino bussa alla porta del neoliberismo” (Manifesto). Stefano Lepri, “Il capitalismo trionfa grazie a Stalin” (La Stampa, recensione a libro di Branko Milanovic). Martino Mazzonis, “Ma c’è qualcosa da salvare nella campagna perdente del Labour” (Mulino on line). INOLTRE: Massimo D’Alema, “Riscopriamo Marx. E Conte è una persona concreta” (Il Fatto Millennium). Fabrizio Cicchitto, “Tutti gli errori della sinistra che l’hanno ridotta in pezzi” (Libero).
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CLASSI DIRIGENTI. SCENARI DEL GOVERNO. SARDINE…
19 Dicembre 2019 su C3dem.
Sabino Cassese, “Il bisogno di una nuova classe dirigente” (Foglio). Danilo Paolini, “Oltre il vuoto della politica” (Avvenire). Antonio Polito, “Il Sud mobile delle classi dirigenti” (Corriere). GOVERNO: Stefano Folli, “La finta tregua di Natale” (Repubblica). Manuela Perrone, “Il calvario del governo: 15 marce indietro in ottanta giorni” (Sole 24 ore). Giovanni Orsina, “Il triplice segnale del capitano” (La Stampa). Fabio Martini, “Renzi getta l’esca a Salvini” (Secolo XIX). Matteo Renzi, “Ho fondato un partito perché mi hanno costretto” (intervista a G. Minoli su Il Riformista). Sabino Cassese, “Bilancio. Una legge confusa” (Corriere della sera). Giuseppe De Rita, “Se la legge di bilancio decide solo l’ordinario” (Corriere). SARDINE: Enzo Scandurra, “La saggezza delle sardine e quei consigli non richiesti” (Manifesto). Marianna Rizzini, “Internazionale sardine” (Foglio).
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L’ITALIA E LA LIBIA
17 Dicembre 2019 su C3dem.
Lucio Caracciolo, “Libia, il paese che non c’è più” (Repubblica). Maurizio Molinari, “Libia, è l’ora di Putin e Erdogan” (La Stampa). Alessandro Campi, “Ridisegnare la Libia con un ruolo per l’Italia” (Messaggero). Furio Colombo, “L’Italia in fuga con la Libia” (Il Fatto). Alessandro Orsini, “Libia, la mossa che l’Italia deve fare” (Messaggero). Alberto Negri, “Il passo d’addio all’ex colonia assediata” (Manifesto). Gianandrea Gaiani, “Se l’Italia in Libia rinuncia a giocare le sue carte” (Mattino).
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E’ online il manifesto sardo duecentonovantasei.
Il numero 296
Il sommario
Portoscuso, meglio un cancro che un disoccupato in casa (Stefano Deliperi), L’aumento del prezzo dei combustibili per le navi non è una sorpresa (Antonio Muscas), Turchia e dintorni. L’Akp si fa in tre (Emanuela Locci), Unità e trasformazione dello Stato nazionale italiano (Gianfranco Sabattini), Il Ministero della Pubblica Istruzione continua a escludere gli scrittori sardi (Francesco Casula), Non tutto è arte, ma tutto può esserlo (Paolo Carta), Il metano non convince (Antonio Muscas), Il suicidio (Marinella Lőrinczi), Il “diritto di morire” e la Corte costituzionale (Francesca Paruzzo), Addio Ugo Atzori, compagno gentile (Roberto Loddo), RWM senza controllo. La falsa crisi di un’azienda in piena espansione (red).
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Oggi venerdì 20 dicembre 2019
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————————————–Opinioni,Commenti e La debole proposta del ministro Boccia
20 Dicembre 2019.
- Massimo Villone su Democraziaoggi.[…]
Riflessioni,Appuntamenti di oggi—————————————
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Oggi venerdì 20 dicembre la presentazione del Dossier 2019 “Tutela del creato e della pace tra l’urgenza dell’educare e del lavoro”
Disuguaglianze
Disuguaglianze distributive e trasformazione della natura del sistema sociale
di Gianfranco Sabattini
A parere di Luca Ricolfi, sociologo dell’Università di Torino, autore di “La società signorile di massa”, secondo le narrazioni dominanti, l’Italia vivrebbe nel peggiore dei mondi possibili, “dove un numero crescente di famiglie è sotto la soglia della povertà, milioni di individui non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena, nessuno trova più lavoro e chi lavora viene pagato quasi niente”.
Tuttavia, le narrazioni sull’effettivo stato del sistema economico e sociale dell’Italia sono parziali e fuorvianti; esse hanno dato luogo – nota Ricolfi – alla formazione di “una gigantesca macchina retorica intorno a tutto ciò che ha più possibilità di suscitare sentimenti di pietà e indignazione, dipingendo un quadro quasi apocalittico dove imperano povertà, disoccupazione, sottoccupazione, omettendo però di specificare che si sta parlando di una minoranza della popolazione”. L’esperienza diretta – sostiene Ricolfi – mostra, al contrario, che la maggioranza della popolazione versa in condizioni di vita tutt’altro che drammatiche.
Appare singolare che il dualismo che caratterizza la realtà economica e sociale italiana emerga dal campo di studio proprio delle scienze sociali, le cui indagini empiriche hanno quasi sempre ad oggetto l’analisi delle patologie sociali, quali la devianza, la povertà, la disoccupazione, il disagio giovanile ed altro ancora; mentre quando, sul piano storico, la società italiana contemporanea è messa a confronto con quella del passato, il giudizio è prevalentemente positivo, sia per il processo di modernizzazione sperimentato, che per il migliorato livello di benessere e per il generalizzato aumento del livello dell’istruzione.
Secondo Ricolfi, l’Italia di oggi non è una società del benessere afflitta da alcune patologie sociali alle quali si cerca di porre rimedio, ma è un “tipo nuovo, forse unico, di configurazione sociale”, che può essere più propriamente chiamata “società signorile di massa”. Questa denominazione è giustificata dal fatto che la configurazione attuale della società italiana è “il prodotto dell’innesto, sul suo corpo principale, che resta capitalistico, di elementi tipici delle società signorili del passato, feudale precapitalistico”. Inoltre, poiché nella società italiana, dotata di un’economia che non cresce perché in stagnazione, a differenza di quanto accadeva nelle società signorili del passato, coloro che accedono al consumo del prodotto sociale senza lavorare sono più numerosi di coloro che lavorano, può essere ancora meglio definita come “società signorile opulenta di massa”
Sempre secondo Ricolfi, in Italia, le due condizioni del consumo opulento e dell’economia che non cresce (perché in stagnazione) si sono compiutamente realizzate nell’ultimo decennio, dopo l’inizio della Grande Recessione che ha colpito gran parte delle economie di mercato; nel contesto attuale della società italiana, la dimensione opulenta dell’accesso al consumo del prodotto sociale senza lavorare non è, come accadeva nelle autentiche società signorili del passato, un privilegio riservato a una minoranza, ma una condizione estesa a “più della metà dei cittadini”. Tutto ciò accade, non solo perché – afferma Ricolfi – sono tantissimi coloro che non lavorano, ma anche “perché [...] sono i redditi stessi a provenire sempre più da fonti diverse dal lavoro, come le rendite e i trasferimenti assistenziali”. E’ questo il motivo per cui, nel qualificare signorile e di massa la società italiana, occorre anche qualificare “opulento” il consumo.
Per Ricolfi, la società signorile opulenta di massa poggia in Italia su tre pilastri: il primo è costituito dalla ricchezza accumulata da due generazioni, quella che ha vissuto a cavallo del secondo conflitto mondiale e quella che è nata successivamente alla fine del conflitto; il secondo pilastro è espresso dalla crisi del sistema dell’istruzione, in gran parte opera di scelte della generazione postbellica, rese possibili anche grazie alla ricchezza accumulata dalla generazione precedente, che ha consentito a quella postbellica di non lavorare, o di lavorare tardi, o di lavorare poco, e “di abbassare l’asticella degli studi, nella scuola come nell’Università”; il terzo pilastro, il più recente, consiste nella formazione, in Italia, di una “infrastruttura paraschiavistica”, con alti livelli di occupazione nello svolgimento di attività di natura tendenzialmente servile, da parte di un nuovo gruppo sciale, costituito dagli stranieri “provenienti dall’Est europeo, dall’Africa, e più in generale dai Paesi (molto) meno ricchi del nostro”. Senza questi tre pilastri, secondo Ricolfi, l’Italia non sarebbe mai potuta diventare una società signorile opulenta di massa.
A giustificazione della condizione signorile (con consumo opulento di massa) della società italiana, Ricolfi evoca la previsione formulata alla fine degli anni Venti del secolo scorso (quindi circa cento anni prima dei nostri giorni) da John Maynard Keynes, nel celebre breve scritto “Prospettive economiche per i nostri nipoti”. La previsione, com’è noto, era fondata su due ipotesi su quale sarebbe stata l’evoluzione della struttura sociale; per la prima, grazie al progresso tecnologico, la produttività del lavoro sarebbe cresciuta notevolmente; conseguentemente, per la seconda, l’aumento della produttività “avrebbe condotto a una drastica riduzione degli orari di lavoro”, per cui i cittadini, dopo aver risolto il problema del benessere materiale, si sarebbero trovati nella condizione di destinare il tempo libero verso la ricerca di forme di attività alternative al lavoro.
Keynes riteneva che tale ricerca non sarebbe stata né semplice, né indolore, perché per molti cittadini non sarebbe stato facile semplice rinunciare al lavoro tradizionale, “dopo millenni di abitudini costruite intorno ad esso”; secondo Keynes ed altri pensatori, sarebbe stato opportuno indirizzare questa ricerca verso l’istruzione, cosicché ogni cittadino potesse sfruttare con intelligenza il proprio tempo. La configurazione di società signorile di massa affermatasi in Italia, “con i suoi consumi opulenti e la sua scarsa propensione al lavoro – sostiene Ricolfi – è il modo in cui per certi versi la previsione di Keynes si è concretizzata”.
In un secolo, in Italia, la produttività del lavoro è cresciuta, il problema della liberazione dai bisogni fondamentali è stato risolto per la maggior parte dei cittadini, il tempo di lavoro si è più che dimezzato e la quota di beni di consumo non necessari è enormemente aumentata. In concreto, quindi – osserva Ricolfi – l’aumento della produttività è stato utilizzato nel nostro Paese, “in parte per aumentare i consumi ma, in parte, anche per ridurre il lavoro, e tutto ciò è avvenuto precisamente nella proporzione immaginata da Keynes, ovvero dimezzando il nostro tempo di lavoro”. Ma le corrispondenze si fermano qua, in quanto in Italia su due punti le cose sono andate storte, o quantomeno in modo del tutto diverso da come Keynes le aveva immaginate.
Infatti, il tempo di lavoro non si è ridotto attraverso la diminuzione dell’orario giornaliero, ma attraverso la suddivisione della popolazione “in una minoranza di lavoratori [...] e in una maggioranza di non-lavoratori”: un fenomeno determinato da vari fattori (declino dell’agricoltura, scolarizzazione di massa, aumento della speranza di vita ed altro ancora), ma favorito anche da una modificazione delle preferenze individuali, come, ad esempio, la propensione dei giovani a spostare in avanti l’età di entrata nel mercato del lavoro.
L’aumento del tempo libero, a seguito della cresciua produttività e della diminuzione del tempo di lavoro, non è stato però impiegato per migliorare la “qualità” delle persone, ma prevalentemente per “ampliare lo spettro dei consumi”; fenomeno, questo, che è valso a qualificare la società signorile opulenta di massa in società fortemente individualista, che ne ha minato il livello di coesione sociale.
Di per sé – sostiene Ricolfi – il fatto che a seguito dell’aumento della produttività, una società lavori poco, diventi opulenta, individualista e smetta di crescere non dovrebbe costituire un problema, così come era nelle previsioni di Keynes, il quale però – va aggiunto – ha sbagliato nel prevedere implicitamente che i vantaggi dell’opulenza si distribuissero equamente. La circostanza che in Italia l’opulenza di massa si sia affermata in presenza di una disuguaglianza distributiva dell’aumento del prodotto sociale ha avuto conseguenza negative peculiari: sul piano strutturale, la transizione della società italiana, da società dei consumi (qual era ancora alla fine del secolo scorso) in società signorile opulenta di massa, non ha rimosso gli squilibri territoriali (tra le regioni arretrate del Sud e quelle economicamente avanzate del Centro-Nord) che connotavano l’annesso dualismo dell’economia italiana. Inoltre, l’opulenza, pur diffusa in tutte le regioni, è concentrata prevalentemente in quelle del Centro-Nord; infine, il consumo del prodotto sociale da parte dei non-produttori, anch’esso presente in tutto il territorio nazionale, è prevalentemente concentrato nelle regioni del Sud.
In questa situazione, conclude Ricolfi, il ristagno della produttività renderà sempre più difficile conservare i livelli di consumo raggiunti dalla totalità della popolazione italiana. Prima o poi, se nulla cambierà, dopo il crollo del primo pilastro (che ha reso possibile l’avvento della società signorile opulenta di massa) la stagnazione si trasformerà in un declino irreversibile del Paese. Come andrà a finire?, si chiede Ricolfi. Fare previsioni è difficile, ma si può essere certi che, se non si farà nulla per migliorare la produttività, l’Italia è destinata a ritornare alla periferia del mondo economicamente avanzato, dalla quale la generazione quella vissuta a cavallo del secondo conflitto mondiale evocata da Ricolfi era riuscita a riscattarla.
A chi ricondurre la responsabilità della situazione in cui versa attualmente il Paese? Senz’altro alla politica, la quale, nel corso dei “gloriosi trent’anni” seguiti alla fine del secondo conflitto mondiale, anziché accettare lo sviluppo spontaneo dei consumi, avrebbe dovuto indirizzare parte dell’aumento del prodotto sociale verso la creazione di una “società dell’apprendimento”, con cui contenere, attraverso un miglioramento della “qualità” del lavoro, le nascenti disuguaglianze distributive e gli squilibri connessi all’affermazione di un tipo di società caratterizzata dai caratteri negativi descritti da Ricolfi.
Il Vietnam ieri e oggi
Il nostro amico e collaboratore Raffaele Deidda, di ritorno dal Vietnam ha scritto queste riflessioni, che meritano di essere pubblicate anche come occasione di dibattito. Raffaele ci segnala di aver notato come anche i suoi compagni di viaggio cominciavano a perdere la memoria degli eventi vietnamiti, e io come loro, che ne sono stato contemporaneo negli anni della contestazione giovanile (dal 68 agli anni 70) Le molte manifestazioni per i “compagni vietnamiti, contro l’imperialismo americano” anche a Cagliari, al di là degli errori di valutazione e delle troppe semplificazioni, ci facevano sentire protagonisti delle lotte di liberazione dei popoli oppressi di tutto il mondo. Questo è forse la cosa più bella che con Raffaele e con tutti i compagni di quei tempi ci portiamo addosso (f.m.)
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Il Vietnam senza “lo zio Ho”
di Raffaele Deidda
Fa uno strano effetto sostare di fronte all’austero mausoleo di Ho Chi Minh ad Hanoi. Si viene colti da un coacervo di sensazioni che trasferiscono emozione e rispetto per il liberatore del Vietnam. Anche se lo “Zio Ho”, come lo chiamano in tanti, essendo morto nel 1969 non ha visto la fine, nel 1975, della guerra di liberazione contro l’invasore americano. E’ un effetto particolare soprattutto per chi negli anni della guerra scendeva in piazza a protestare contro gli yankee invasori e ad inneggiare ad Ho Chi Minh e al generale Giap, il capo militare del Viet Minh di Ho Chi Minh nella guerra d’Indocina e dell’Esercito popolare vietnamita nella guerra del Vietnam.
Per i giovani di allora, e non solo, il Vietnam era un mito alimentato anche dalle immagini dei film come “Apocalypse Now e “Il Cacciatore”. Il rifiuto della sporca guerra iniziata da Kennedy (si, proprio da quel Jonh Fitzgerald Kennedy che sembrava rappresentare, prima di essere assassinato, il volto progressista e democratico degli Stati Uniti) e proseguita da Nixon, era totale e incondizionato, anche se non erano del tutto note le dinamiche di quel conflitto che si svolgeva così lontano dalle nostre città. Come incondizionata era l’ammirazione per un popolo che già aveva sconfitto potenze come la Cina, la Francia e il Giappone e che combatteva contro il nemico più forte militarmente, massicciamente presente in Vietnam perché preoccupato che dalla riunificazione del nord e del sud del paese potesse prendere vita la minaccia comunista su base planetaria, con l’allora Unione Sovietica che sosteneva apertamente i vietcong.
Il Vietnam riuscì ad accomunare in tutto il mondo persone con tendenze culturali e politiche molto diverse, da quelle comuniste-marxiste a quelle cattoliche e liberal-socialiste, empatiche con la rivendicazione di Ho Chi Minh di difendere l’unità e soprattutto l’indipendenza del paese. La solidarietà ai vietnamiti in lotta era rafforzata dall’idea che fosse cosa giusta stare dalla parte del più debole che lottava contro il gigante invasore. [segue]
A Cagliari parte la campagna “Io Accolgo”
Venerdì 20 dicembre 2019 alle ore 16.00 nel foyer del Teatro Massimo di Cagliari in Viale Trento 9 si terrà la presentazione della campagna cagliaritana “Io Accolgo”, una campagna di civiltà e umanità che nasce su iniziativa di un ampio fronte di organizzazioni della società civile, enti e sindacati, per dare una risposta forte e unitaria alle politiche sempre più restrittive adottate nei confronti delle persone migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo che violano i principi affermati dalla nostra Costituzione e dalle Convenzioni internazionali e producono conseguenze negative sull’intera società. “Io accolgo” si propone di dare visibilità alle molte e positive esperienze di solidarietà e accoglienza resistenti all’odio che guardano e agiscono anche oltre le leggi.
Introducono e moderano Roberto Loddo e Nicola Cabras del comitato Io Accolgo Cagliari. Partecipano Don Marco Lai, responsabile Caritas Diocesana Cagliari; Marcello Cocco, giornalista L’Unione Sarda; Cristina Ornano, magistrato, presidente nazionale di Area Democratica per la Giustizia; Giorgio Pintus, segretario Cgil Cagliari; Jasmina Mahmutcehajic, operatrice SPRAR San Fulgenzio Quartu S.E.; Stella Deiana, coordinatrice SPRAR Accoglienza Metropolitana; Monica Sabeddu, coordinatrice del CAS GUS; Ilham Mounssif, attivista per i diritti civili e Michela Calledda, Archivio Distratto.
Fino ad ora hanno aderito alla campagna locale oltre trenta organizzazioni: [segue]
Oggi giovedì 19 dicembre 2019
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Con le sardine riparte il movimento, rilanciamo l’iniziativa del Comitato per la democrazia costituzionale
19 Dicembre 2019
Red su Democraziaoggi.
Mentre con le sardine riparte il movimento di massa, il Coordinamento per la democrazia costituzionale ha varato un documento come base di una discussione collettiva in vista di una Assemblea nazionale dei Comitati, da tenersi nelle prime settimane del nuovo anno. Ecco un sintesi del documento.
Bozza per la discussione
Ragioni ed obiettivi […]
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Orgogliosi della nostra illustre concittadina
Il Consiglio comunale di Cagliari ha conferito la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre. Onore e lode al Consiglio comunale della città per la decisione unanimemente assunta su una mozione presentata dall’opposizione.
Liliana Segre, senatrice a vita.
“Si conferisce alla Senatrice Liliana Segre, vittima delle persecuzioni razziali, deportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau all’età di soli 13 anni e nominata Senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Mattarella per aver illustrato la patria con altissimi meriti nel campo sociale, la Cittadinanza onoraria per garantire anche Cagliari come ‘casa’ simbolica fra le città italiane che le riconoscano questo alto riconoscimento”.
Oggi mercoledì 18 dicembre 2019
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La vittoria di Johnson disunisce il Regno e solleva il problema del sistema elettorale
18 Dicembre 2019
Massimo Villone su Democraziaoggi.
Il voto inglese dimostra che i sistemi elettorali volti alla governabilità costituiscono un danno estremo per la rappresentatività.
La vittoria di Johnson nel voto britannico era annunciata, seppure non nella misura di una maggioranza ampiamente superiore a quella assoluta. L’esito in termini parlamentari è netto. Ma ci consegna un paese […]
Che succede?
SARDINE. COSA VA COSA NON VA
17 Dicembre 2019 su C3dem.
Paolo Di Paolo, “Perché qui conta esserci molto più che parlare” (Repubblica). Barbara Spinelli, “Sardine, cosa non va” (Il Fatto). Paolo Frosina, “Sardine, primi dibattiti liti e mugugni” (Il Fatto). Antonio Polito, “Le piazze, Corbyn, il vuoto” (Corriere). Luciano Floridi, “Sardine, anticorpi tra la rete e la piazza” (Espresso). Franco Monaco, “Le prospettive delle sardine” (Settimana news). Francesco Merlo, “Roma sardina” (Repubblica). Mario Ajello, “Piazza giovane ma non troppo” (Messaggero). Massimo Adinolfi, “Le sardine e il rischio del punto e a capo” (Mattino). Norma Rangeri, “Una sonora sveglia per la sinistra” (Manifesto). Mimmo Lucano, “Le sardine? Sui migranti parlano la lingua di Riace” (Manifesto). Claudio Cerasa, “La grandiosa rivolta contro la classe politica” (Foglio). Sandra Cuocolo, “Sono progressisti in cerca di identità” (Il Fatto). Alessandra Ghisleri, “Un loro partito non supererebbe il 4,4%” (intervista a La Verità). Luca Ricolfi, “Il paradosso della piazza che contesta l’opposizione” (Messaggero). Mauro Calise, “Se torna la voglia di essere moderati” (Mattino). Dario Franceschini, “Le persone più avanti della politica” (intervista a Repubblica).
LE SARDINE A SAN GIOVANNI…
14 Dicembre 2019 su C3dem.
Guido Viale, “La grande caccia all’identità delle nuove piazze” (Manifesto). Barbara Spinelli, “Il Movimento tra la scatola e il mare aperto” (Il Fatto). Marino Niola, “Un segnale a Salvini e alla politica più arida” (Repubblica). Peter Gomez, “I peccati della chiesa dem e le sardine in piazza” (Il Fatto Millennium). Piero Bevilacqua, “Dall’epica delle piazze alla prosa dell’impegno sui territori” (Manifesto). Biagio De Giovanni, “Per favore sardine, non grillizzatevi” (Mattino).
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La bellezza ci fa vivere
“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità: si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale… E presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima. Ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore” (Peppino Impastato).
La bellezza salverà certamente il mondo, a patto che noi sappiamo averne cura e custodirla.
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Peppino Impastato
Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978), è stato un giornalista e attivista italiano, membro di Democrazia Proletaria e noto per le sue denunce contro le attività di Cosa Nostra, a seguito delle quali fu assassinato il 9 maggio 1978.
Oggi martedì 17 dicembre 2019
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Le Sardine e la crisi dei partiti
17 Dicembre 2019
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
Proseguiamo l’analisi sul movimento delle Sardine con questo ulteriore intervento di Alfiero Grandi, vice presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale.
Le sardine hanno scelto di riempire piazza San Giovanni a Roma, dando un primo sbocco alle iniziative che si sono svolte in tante città italiane dal nord al sud. Una prova importante, ambiziosa […]
PRENDERE PARTITO PER LA TERRA
Le due salvezze
PRENDERE PARTITO PER LA TERRA
Una scuola e una Costituzione della Terra: è questa la proposta per rispondere alla crisi globale che è stata preannunziata in un discorso tenuto nel Palazzo della Cultura di Messina il 9 dicembre. Se Dio non è geloso e non è causa di divisione tra gli uomini, un popolo della Terra si può costituire, come dicono oggi papa Francesco e le altre religioni. Ogni casa una scuola
di Raniero La Valle
Pubblichiamo un discorso tenuto a Messina nel Palazzo della Cultura il 9 dicembre 2019 da Raniero La Valle. La proposta che vi è contenuta era stata già illustrata il 30 novembre a Gioia del Colle (Bari), in un convegno promosso da “Cercasi un fine” sul tema “Una comunità che viene dal futuro”, in ricordo di Franco Ferrara.
Vogliamo oggi parlare del futuro a partire dalla svolta di papa Francesco.
Come si sa papa Francesco è un papa molto contestato, come non avveniva da molti decenni. Ancora ieri, 8 dicembre, a Piazza di Spagna a Roma, per la festa dell’Immacolata, si è visto quanto è amato dalle folle, sono quelle folle di cui sempre parlano i Vangeli, che si raccoglievano dove parlava Gesù. Sicché oggi le Chiese sono vuote, ma le piazze sono piene; e tuttavia i giornali sono pieni di questa contestazione al papa. Forse altrettanto contestato fu papa Giovanni XXIII, che si era permesso di convocare un Concilio, quando secondo i tradizionalisti, dopo la proclamazione dell’infallibilità pontificia, avvenuta al Concilio Vaticano I, di Concili non ce ne dovevano essere più. Però nessuno era arrivato ad accusare papa Giovanni di eresia come invece è accusato papa Francesco, perfino da alcuni cardinali. Perciò non si può parlare degli attacchi a papa Francesco senza dolore, e non si può non pregare per lui; e a mio parere la Chiesa, a cominciare dalla Chiesa italiana, dalla Chiesa di Messina, non lo fa, come se la controversia sul papa riguardasse solo il papa e la Curia, e non invece il destino dell’uomo sulla terra.
Perché una cosa dobbiamo dire. Quando Pietro, come si racconta negli Atti degli apostoli, fu incarcerato e tutta la Chiesa si mise a pregare per lui, ciò che era in gioco era l’esistenza e il futuro della Chiesa nascente. Ma oggi, con il pontificato di papa Francesco, non è in gioco il futuro della Chiesa, perché essa, bene o male, continuerà, potrà perfino sopportare un futuro papa reazionario come tanti ne ha avuti nella storia. Ma con il pontificato di papa Francesco, si gioca un’altra cosa, si gioca il futuro del mondo e della storia; non a caso l’unica Enciclica di papa Francesco, la “Laudato Sì”, è indirizzata “ad ogni persona che abita questo pianeta”: non solo ai buoni, ma anche ai cattivi, perché il destino è di tutti.
E allora bisogna cercare di capire che cosa c’è di veramente nuovo con papa Francesco, al di là delle cose più vistose, che tutti percepiscono, al di là dei luoghi comuni con cui viene rappresentato: che vive in albergo e non nel Palazzo, che porta le scarpe nere e non rosse, firmate Prada, che viaggia portandosi la borsa da sé, che alla Casa Bianca tra i macchinoni americani lui ci va con la Panda, che sotto il colonnato di San Pietro fa fare la barba e i capelli ai barboni, e poi li invita alle bellezze della Cappella Sistina, perché anche loro hanno diritto alla bellezza, e quando dà la luce non dà solo la luce della fede – “lumen Christi, lumen Ecclesiae, lumen Gentium” – ma anche la luce elettrica al palazzo occupato. Tutto questo si sa.
E nemmeno vogliamo qui ricordare tutte le eresie di cui è accusato: per esempio di voler dare la comunione ai divorziati risposati, contro il dogma dell’indissolubilità: ma questa non è un’eresia, semmai è un’eresia dimenticare che Gesù ha perdonato l’adultera e non ha istituito l’eucarestia previa esclusione delle coppie irregolari. Né vogliamo riferirci all’accusa di aver definito il proselitismo “una peste”, facendo cadere l’assioma dogmatico che aveva retto per secoli, cioè che “extra Ecclesiam nulla salus”, fuori della Chiesa non c’è salvezza: ossia fuori della Chiesa visibile, senza essere passati attraverso la porta della Chiesa costituita e organizzata come società in questo mondo, senza l’acqua del battesimo non ci sarebbe salvezza, come spiegava anche san Tommaso rispondendo alle “quaestiones” che gli venivano poste alla Sorbona; e si trattava in quel caso di un bambino nato e morto in un deserto, dove l’acqua non c’era. E questo licenziare il proselitismo, davvero per un’istituzione che rivendicava di avere il monopolio su Dio, può sembrare un’eresia.
Ma queste non sono novità e non sono eresie perché già si sapeva che Dio è per tutti. La vera novità che viene con papa Francesco è una novità che non si era mai prodotta prima nella storia del mondo ed è una novità da cui d’ora in poi dipende la storia del mondo. Io non dico che questa novità l’ha portata papa Francesco, perché al contrario è un segno dei tempi, che non è posto da noi. Però questa novità di certo papa Francesco la interpreta, la svela e la mette al mondo per noi.
La vera novità
La novità è che il mondo, il mondo fisico, il mondo profano, il mondo costruito da noi si trova dinanzi a un drammatico problema di salvezza; per la prima volta gli scienziati, i climatologi, e anche milioni di giovani e meno giovani in tutto il mondo parlano di salvezza, dicono che la terra può distruggersi, che può non esserci un futuro. All’orizzonte della politica, della cultura, della vita quotidiano, c’è un nuovo tema all’ordine del giorno: la salvezza della terra. [segue]