Monthly Archives: settembre 2019
Che succede?
di Tonino Dessì.
La scissione di Renzi apre una fase di ristrutturazione del sistema politico italiano.
Con l’uscita definitiva di Matteo Renzi e dei suoi seguaci finisce sostanzialmente anche la parabola del PD.
Ci sarebbe molto da dire su come si va consumando questa vicenda.
Sul piano interno è una scissione di vertice e di rappresentanza istituzionale che non avviene attraverso e come sbocco di un confronto con la base militante e con gli elettori. Insomma, se Rousseau piange, non so bene chi rida, fra i teorici della democrazia partecipata.
Sul piano politico-istituzionale non è una gran prova di trasparenza e di coerenza aver concorso a trasmettere al Capo dello Stato la certezza che la compagine disposta a costituire la nuova maggioranza di governo aveva sufficienti caratteri di omogeneità programmatica e di stabilità di partiti e gruppi di riferimento, per ordire subitaneamente una scomposizione della stessa maggioranza.
Si ha un bel dire, come dichiara Renzi nell’intervista di oggi su La Repubblica, che la stabilità del Governo non è in discussione nè corre pericoli.
La maggioranza in realtà è cambiata.
Che il Governo non corra pericoli non è affatto certo, ma sostenere che ne esca rafforzato è affermare cosa non vera.
L’opposizione avrà da giocare ulteriormente sulla contestazione che si tratta di un accrocchio di potere esclusivamente difensivo dai rischi dell’esito di elezioni anticipate.
Tutto quello che il volenteroso Conte potrà spendere nella narrazione di un ciclo nuovo e virtuoso è fin d’ora destinato a non essere credibile di fronte all’opinione pubblica italiana e agli interlocutori esterni.
C’è solo da sperare che questo Governo sopravviva, per un residuo senso di responsabilità delle componenti della sua maggioranza, consapevole che la sua funzione è ormai quella di accompagnare la fase di scomposizione-ricomposizione del sistema politico, anche mediante alcune riforme (in primis quella elettorale) che garantiscano uno sbocco democratico e non avventurista alla scadenza della legislatura.
Una scadenza che comunque non consegnerà all’elettorato quel bipolarismo tanto velleitariamente agognato e artificiosamente perseguito negli ultimi decenni dalle principali forze politiche.
L’altra speranza è che Governo e maggioranza sopravvivano col consapevole obiettivo di normalizzare i fondamentali economico-sociali in chiave espansiva dell’economia, di miglioramento delle condizioni di reddito e fiscali dei ceti più bassi, di sostegno a una ripresa dell’occupazione.
Rigore finanziario si, ma non lacrime e sangue, anzi segnali di miglioramento delle condizioni di vita generali.
E, aggiungerei, un impegno comunicativo, di metodo, di costume, di sostanza, per contrastare e abbattere il clima di odio artificiosamente introdotto nella vita civile italiana dalle forme del conflitto politico alimentate dall’estrema destra salviniana.
Non dico che questo assicurerebbe un successo elettorale a una coalizione di Governo che comunque non pare destinata a presentarsi come coalizione di soggetti politici nelle prossime consultazioni.
Dico piuttosto che nessuna delle formazioni politiche della maggioranza di governo scamperebbe a una catastrofica sconfitta elettorale in caso di bilancio diverso e negativo dell’esperienza di governo in corso.
Personalmente non scommetterei gran che sul futuro del nuovo soggetto politico renziano. Anche a leggere l’intervista su La Repubblica, basi ideali e programmatiche capaci di suscitare entusiasmo non ne vedo. Nè i richiami al Jobs Act e alla proposta bocciata di revisione costituzionale mi paiono particolarmente destinati alla popolarità.
Resta al fondo piuttosto un sedimento politico-ideologico-culturale declinato in negativo. In fondo anche questa nuova formazione si radica in quell’orizzonte di liquidazione del retaggio e della stessa attualità potenziale della cultura politica della sinistra italiana che d’altra parte, se la provenienza democristiana giustifica in Renzi, è ben vero che si è innestato nella sinistra stessa, prima con Craxi, che immolò il PSI su quell’altare, poi col gruppo dirigente che liquidò l’ultimo PCI (Occhetto, D’Alema, Veltroni, Fassino, col beneplacito dei “riformisti”, Napolitano e Macaluso in testa).
Credo che la consumazione di questa scissione non debba essere vissuta con l’anatema attribuito a Franceschini, il quale rievoca la frantumazione dei partiti democratici nei primi anni ‘20 del secolo scorso di fronte al fascismo.
Riempire le cronache politiche di una nuova guerra fratricida “a sinistra” (sempre che possa essere usato nel caso questo termine) non servirebbe ad altro che a nascondere l’ineluttabilità di un fallimento originario e a dare ulteriori argomenti alla destra.
Semmai resterebbe da capire come dal naufragio di un natante vulnerato e fallato come il PD qualcuno possa innescare un’operazione innovativa nel campo democratico più generale.
Se tutto si riducesse, come ironizza Renzi, al rientro di D’Alema e di Bersani, beh, meglio lasciar perdere da subito.
Percentuali non dico alla LEU, ma poco più, in vista, anche per il relitto ereditato da Zingaretti.
No, serve altro che il richiamo a un ovile diruto da troppo tempo.
Infine, la ristrutturazione del sistema politico investe direttamente il M5S.
La scissione renziana (dopo l’impallinamento, sempre renziano, della velleità salviniana di andare a elezioni anticipate), mette il M5S (e Conte: unitamente, ma distintamente) al centro dell’attuale situazione politica.
Persa l’occasione post-referendaria di porsi come punto di riferimento democratico-radicale del diffuso “partito della Costituzione”, giocato malissimo, dopo il successo elettorale del 2018, il primo tempo della corrente legislatura, fino a correre il rischio di essere fagocitato dallo spregiudicato ed esuberante partner di estrema destra, il M5S sarà capace di fare il salto di maturità necessario per impedire di essere travolto dalle insidie dei nuovi partner, inquieti e instabili e di ristrutturarsi anch’esso in chiave non contingente, ma tale da affermare una propria durevole, legittima centralità politica, programmatica, di immagine, non neo-moderata, ma riformista e popolare?
Anche qui, i precedenti consigliano prudenza.
Però se io fossi in loro, mi giocherei una partita ambiziosa con prospettive decisamente gratificanti.
Oggi martedì 17 settembre 2019
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———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————————
Solinas a Pontida a giurare. Per chi e per cosa?
17 Settembre 2019
Amsicora su Democraziaoggi.
Gente di Sardegna, non so a voi, ma a me ha incuriosito tanto la presenza di Solinas a Pontida. Cosa avrà pensato, come sardo, ripetendo la sacra formula bossiana: «Oggi, sul sacro suolo di Pontida di fronte alla sua millenaria abbazia e alla sua storia, dopo otto secoli or sono i nostri comuni riunirono in […]
Che succede?
LA SCISSIONE IN VISTA. E L’INTRIGO DEL PROPORZIONALE
16 Settembre 2019 su C3dem.
Pier Luigi Castagnetti, “Diamo tempo ai 5 stelle. Nessuna abiura” (intervista al Corriere). Ivan Scalfarotto, “Difficile restare e una separazione consensuale può aiutare a evitare liti” (intervista al Corriere). Ettore Rosato, “Decideremo alla Leopolda e sarà una decisione consensuale” (intervista a Repubblica). Claudio Bozza, “Pronti i nuovi gruppi renziani” (Corriere). Carlo Bertini, “I renziani realisti restano nel Pd e chiedono la presidenza per Delrio” (La Stampa). Luigi Zanda, “Chi se ne va non pretenda l’assenso di chi resta” (intervista a Repubblica). Enrico Letta, “Scissione? Non c’è spazio” (intervista a Repubblica). Le note di Stefano Ceccanti del 15 sett. e del 16 sett. Roberto D’Alimonte, “Il via al governo avvicina gli elettori di pd e 5 stelle” (Sole 24 ore). Mauro Calise, “I tre nodi del partito di Renzi” (Mattino). Gianni Cuperlo, “E ora di rifare il Pd ” (Espresso). UMBRIA: Federico Geremicca, “Umbria, equazione a doppia incognita” (La Stampa). Walter Verini, “Se c’è un’intesa sui contenuti il candidato non sarà un problema” (La Stampa). LEGGE ELETTORALE: Stefano Folli, “Il grande intrigo del proporzionale” (Repubblica). Matteo Salvini, “Alle urne per il maggioritario” (intervista al Corriere). Roberto Calderoli, “Maggioritario puro, idea mia. Mi ispiro a Pannella” (intervista a La Stampa). Marco Damilano, “No al ritorno al sistema proporzionale” (Espresso).
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L’EUROPA. L’IMMIGRAZIONE
16 Settembre 2019 su C3dem.
Ursula von der Leyen, “L’Europa che vorrei” (Repubblica). Sergio Fabbrini, “UE, così von der Leyen ridisegna le priorità” (Sole 24 ore). Romano Prodi, “L’occasione italiana per cambiare le regole Ue” (Messaggero). Paolo Gentiloni, “Diritti e ambiente per far ripartire il paese” (intervista a La Stampa). Maurizio Ferrera, “Noi e la UE. Investire pensando al Paese” (Corriere della sera). IMMIGRAZIONE: Nello Scavo, “Soccorrere non è più reato” (Avvenire). Marco Tarquinio, “Finalmente niente più presa di ostaggi” (Avvenire). Alessandra Ziniti, “La svolta europea sui migranti” (Repubblica). G. Pisapia e P. Bartolo, “Come andare oltre Dublino” (Repubblica). Paolo Pombeni, “Migranti, la destra tedesca apre” (Il quotidiano). F. Fubini e F. Sarzanini, “Grecia e Spagna, sì sui migranti” (Corriere della sera). Andrea Riccardi, “Ora favoriamo corridoi europei per il lavoro legale” (intervista a La Stampa).
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LEGGE PROPORZIONALE E SCISSIONE DI RENZI. SUICIDIO DEL PD?
14 Settembre 2019 su C3dem.
Emilia Patta, “Renzi accelera sul partito: non moriremo grillini” (Sole 24 ore). Giorgio Tonini e Enrico Morando spiegano perché il Pd farebbe male ad assecondare la scissione di Renzi e a fare una legge elettorale proporzionale: “No al suicidio del Pd” (Foglio). Goffredo Bettini, intervistato dal Corriere della sera: “Pd e M5s mischino gli elettorati. Se Renzi esce non è uno scandalo”. Franco Monaco: “Proporzionale, adelante con judicio” (Huffington post) e “Pd-M5S, un’alleanza che muta la politica” (Il Fatto). Dario Parrini, “Voglia di proporzionale? Sì ma con sbarramento e non per fermare Salvini” (Corriere fiorentino). L’opinione di Stefano Ceccanti nel suo blog (“Per un approccio realistico”). Goffredo De Marchis, “Proporzionale. Da Prodi a Veltroni, il Pd che dice no” (Repubblica). Gian Franco Pasquino, “M5S-Pd nelle regioni? Ecco perché falliranno” (intervista a Il Tempo). Piero Ignazi, “M5S, un futuro diviso in tre”. David Allegranti, “Le opposizioni nel Pd” (Foglio). GOVERNO: Paolo Pombeni, “Il Conte bis resta senza luna di miele” (Il quotidiano). Massimo Adinolfi, “Perché non basta il collante dell’antisalvinismo” (Mattino). Le interviste dei ministri Elena Bonetti (famiglia), Giuseppe Provenzano (Sud), Roberto Gualtieri (economia).
Editoriali. Come ci vedono dagli USA. Il Conte nelle vesti di Robin Hood?
In Italia un forte ritorno al centro
Come vedono l’Italia dagli Usa: sul New York Times
14 Settembre 2019 | Sezione: Materiali, Politica. Su Sbilanciamoci.
Il primo ministro Giuseppe Conte riunisce una nuova coalizione e respinge il nazionalismo e il fervore anti-immigrazione dei partiti di destra.
Dato che l’Italia ha avuto più di sessanta governi in 73 anni, l’emergere di un’altra coalizione improbabile e instabile potrebbe apparire, per dirla con la frase spesso attribuita a Yogi Berra (leggendario giocatore di baseball degli Yankees famoso per gli aforismi ndt), come un déjà vu da capo (“déjà vu all over again”). Eppure nell’attuale ondata di populismo in Europa e nel mondo, il successo del Parlamento italiano nel respingere una marchiatura a fuoco di destra, necessita uno sguardo più attento.
Il momento del giro di boa è stato ad agosto, quando Matteo Salvini – capo del partito della anti-immigrazione di estrema destra della Lega che per oltre un anno era stato in una coalizione di potere con il Movimento cinque stelle, anti-establishment – ha deciso di incassare la sua popolarità e chiedere all’elettorato italiano di consegnargli “pieni poteri” con nuove elezioni.
Invece il primo ministro – un professore di diritto di nome Giuseppe Conte, che era stato strappato dall’oscurità lo scorso anno per servire come cane poliziotto di quel governo di coalizione – ha pronunciato un potente discorso al Senato italiano rimproverando il suo ex padrone, Salvini, di “opportunismo politico” cioè di “seguire i propri interessi e quelli del suo partito”.
Conte ha poi messo insieme una improbabile coalizione di due partiti che di solito si scannano, il Movimento a Cinque stelle e il Partito Democratico, di centro-sinistra. Lunedì il governo – meglio noto come Conte II, con Salvini ringhiante all’opposizione – ha facilmente ottenuto un voto di fiducia e ha restituito a Conte la campanella cerimoniale di primo ministro che aveva tenuto nel precedente governo di coalizione.
Non si può dire per quanto tempo sopravviverà questo nuovo governo, dato che l’Italia sta soffrendo di una prolungata crisi economica che ha tormentato i governi recenti ed è improbabile che il nuovo governo cambi le cose a meno che non convinca in qualche modo l’Unione Europea ad allentare i suoi vincoli fiscali.
Salvini aveva come obiettivo principale, poi abortito per la sua smania di potere, di sfidare quei vincoli, a costo di mettersi in aperto contrasto con l’Unione Europea. Salvini era anche noto per la sua linea dura nelle politiche di immigrazione e per pendere verso la Russia, per uno stile autoritario e distante dai tradizionali alleati europei e atlantici.
Tuttavia, la battuta d’arresto della Lega e dei suoi alleati di estrema destra, è stata un sollievo per l’Unione Europea e per le forze moderate in tutto il Continente. Alcuni degli atti politici più anti-migranti di Salvini saranno probabilmente attenuati dal nuovo ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, esperta in questioni migratorie. E un membro del Parlamento europeo, Roberto Gualtieri, è stato nominato ministro dell’Economia, con il compito fondamentale di redigere la legge di bilancio per il 2020. Conte ha dichiarato che il nuovo governo sarà meno controverso del precedente. ”Dobbiamo recuperare sobrietà e rigore in modo che i nostri cittadini possano tornare ad avere una rinnovata fiducia nelle istituzioni”, ha detto riprendendo i suoi attributi di primo ministro.
Sarebbe eccessivamente ottimista interpretare il freno che il Parlamento italiano ha messo a Salvini, un populista in cerca di “pieni poteri”, come una difesa altruistica della democrazia – molti membri hanno agito perché rischiavano di perdere il posto con nuove elezioni. Tuttavia è stata la seconda volta in una settimana – incluso il rifiuto opposto dael parlamento britannico al tentativo del primo ministro Boris Johnson di intrufolarsi in una Brexit senza alcun accordo sospendendo la legislatura – che un Parlamento europeo si è alzato per bloccare un leader forte che voleva andare troppo lontano. Questo è qualcosa che i parlamentari di altri stati sfidati da uomini forti populisti, compresi gli Stati Uniti, dovrebbero prendere a cuore.
Gli slogan “Elezioni! Elezioni!” dei sostenitori di Salvini in Parlamento e nelle strade adiacenti hanno confermato che la Lega e il suo leader non erano ancora finiti. Ma per il momento il potere è nelle mani di un professore di legge che sostiene che in assenza di reciproco rispetto, la democrazia rischia di diventare “solo la maschera di una nuova tirannia“.
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Aprite un poco gli occhi: l’economia del “Conte 2”
di Mauro Gallegati
13 Settembre 2019 | Sezione: Apertura, Economia e finanza. Su Sbilanciamoci
Con il “Conte-bis” la prima buona notizia è l’addio alla flat tax. Ma sono molti i nodi irrisolti di politica economica che devono essere sciolti, partendo dal necessario superamento dell’approccio neoliberista: redistribuzione del reddito, investimenti, riconversione produttiva, occupazione e Mezzogiorno.
Comunque la si pensi sul governo appena nato, l’addio alla flat tax è una bellissima notizia. Redistribuire reddito in favore di chi è già ricco, storicamente non ha mai funzionato e non solo farebbe “arrabbiare” Robin Hood, ma anche è jettatorio visto che ogni volta che la distribuzione è diventata troppo iniqua – fu così nel 1873, nel 1929 e ultimamente nel 2008 – l’economia è entrata in una Grande Depressione.
Ovviamente non si tratta di sfiga, ma credere che più profitti e rendite si traducano in maggiori investimenti significa sostenere che si può decidere quanto guadagnare – domani – e non quanto spendere – oggi. A parte gli economisti mainstream, nessuno ci può veramente credere.
Dare più reddito ai ricchi non implica maggiori investimenti perché la domanda viene soprattutto dai consumi delle classi media e bassa. Se queste vivessero d’aria, i salari e gli stipendi potrebbero azzerarsi, le merci diventare molto competitive salvo poi accumularsi invendute nei magazzini perché nessuno può comprarle. Poiché però si investe solo se ci si aspetta di vendere, siamo sicuri che impoverire l’80% della popolazione, o abbassare di frazioni di punto i tassi di interesse, sia la strada giusta per farli aumentare?
Scongiurato l’incubo della tassa piatta, cosa possiamo attenderci sul mercato del lavoro, che succederà al “Jobs Act” di Renzi e al cosiddetto “reddito di cittadinanza” di Di Maio? Nulla, in quanto ispirati – consapevolmente o meno – dalla medesima ideologia liberista: più ci sarà lavoro a buon mercato maggiore sarà l’occupazione, come dimostrano ad esempio i casi di Germania o Giappone, da un lato, e Botswana o Ruanda, dall’altro. Se la disoccupazione diminuisce perché aumentano i working poor o gli scoraggiati o i part time involontari, il benessere non aumenta. Questa è la storia.
Il Governo ha certo molto da fare, ma intanto deve chiarirsi le idee su quale politica economica adottare. Poiché il malessere dell’economia italiana persiste da almeno un quarto di secolo, solo un Dulcamara di turno può proporre elisir miracolosi fatti di riforme neoliberiste e sovranità monetarie – nonostante l’esempio dell’Argentina che può stampare tutta la moneta che vuole.
Soluzioni ci sono, ma occorrono scelte coraggiose e spesso di lungo periodo, come una politica industriale “verde” e meta-sostenibile (alla Roberto Danovaro), che guardi non solo alla sostenibilità, ma recuperi almeno parte di quel capitale naturale che l’“Antropocene” ha distrutto.
Questa riconversione produttiva – quasi un “New Deal” verde – deve basarsi sulla rivoluzione 4.0 e quindi sulla ricerca. Attività costose che non possono essere lascate al buon cuore dei singoli operatori privati che non hanno convenienza economica a farlo, ma potrebbero essere guidate dai consumatori e dagli Stati e finanziate da una riforma della politica fiscale europea, dalla Banca Europea degli Investimenti e dall’abbandono dei vincoli di bilancio liberisti.
Guardando sempre al futuro non immediato, l’Esecutivo non potrà non interrogarsi su quale welfare – di ciò che è rimasto – avremo. Sanità, pensioni e diritto allo studio non possono più essere affrontati a colpi di slogan. Ragioni demografiche e vincoli di bilancio vanno ben valutati se non si vuole far ricadere tutti gli oneri sulle generazioni future.
Il dualismo territoriale merita poi un discorso a parte. Se non si mira alla secessione, al Mezzogiorno occorre prestare massima attenzione. Si sa dove intervenire – legalità, scuola, capacità di creare nuovi prodotti, turismo – ma i tempi sono, in questo caso, assai stretti. Nonostante la propaganda, la vera emergenza migratoria è quella che colpisce i giovani del Sud. Qui bisogna davvero inventarsi più soluzioni.
Nel breve periodo credo si debba prendere sul serio l’ipotesi di introdurre un’imposta annuale sui patrimoni molto alti, sull’esempio dei paesi del Nord Europa, per ridurre il Debito Pubblico e gli oneri finanziari sullo stesso che redistribuiscono redditi ai ricchi e sottraggono risorse al welfare e agli investimenti pubblici.
Occorre ora rompere il senso unico della politica economica neoliberista sui vincoli di bilancio. La lezione – vedi i lavori di Mariana Mazzuccato – è che la spesa, privata o statale che sia, può produrre esiti del tutto differenti – se ci si indebita per far studiare i figli o per abbonarsi ai siti porno, le conseguenze potrebbero essere differenti – e che le maggiori innovazioni richiedono un impegno di spesa che solo lo Stato può sostenere.
Iniziare una politica di redistribuzione del reddito porterà benefici a tutti. Un livello eccessivo di disuguaglianza fa sì che l’élite dei più ricchi controlli i media e non esista più una politica economica diversa da quella dettata dagli interessi dell’élite. Il governo è parzialmente responsabile della disuguaglianza nella distribuzione del reddito e ha ridotto il suo ruolo nel correggere queste disparità attraverso politiche fiscali progressive e di spesa pubblica.
Quando i ricchi diventano più ricchi, hanno più da perdere riguardo ai tentativi di limitare le loro attività di ricerca di rendita e incoraggiare una ridistribuzione del reddito al fine di creare un’economia più equa. Inoltre, hanno più risorse per resistere a questi tentativi. Se continuassimo a pensare che semplicemente facendo crescere il PIL tutti ne trarrebbero automaticamente vantaggio, avremmo torto.
Anche se l’economia producesse più beni e servizi, se, anno dopo anno, la maggior parte dei cittadini di oggi avesse un reddito sempre più basso o più alto, ma a spese delle generazioni future, la nostra economia non funzionerebbe bene. Il Governo se ne ricordi, valorizzando la da poco istituita “Benessere Italia”.
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“Ricostruiamo la politica”. Per orientarsi nel tempo dei populismi
[UCSI] Doppio appuntamento in Sardegna per la presentazione del libro di Francesco Occhetta dal titolo “Ricostruiamo la politica” – orientarsi nel tempo dei populismi.
Il primo incontro sarà mercoledì 18 alle ore 18:15 a Cagliari nella sala conferenze Fondazione di Sardegna in via San Salvatore da Horta 2. Giovedì 19 si replica allo stesso orario ad Alghero nella sala Lo Quarter nel Largo San Francesco 14.
A entrambi gli incontri sarà presente l’autore, gesuita e scrittore della rivista «La Civiltà Cattolica». A Cagliari introdurrà l’incontro il professor Vittorio Pelligra, economista e docente dell’Università, mentre ad Alghero la contestualizzazione del tema nel territorio è affidata al professor Tonino Baldino, direttore della pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Alghero-Bosa.
Il volume scritto da padre Occhetta è strutturato in 3 capitoli che declinano i verbi usati da papa Francesco nella «Evangelii gaudium»: «riconoscere», «interpretare», «scegliere».
«Riconoscere» le caratteristiche dei populismi, «interpretare» alcune riforme mancate e «scegliere» l’impegno dei cristiani per realizzare i temi politici del pontificato di Francesco.
Saturdays for Future: il giorno dell’impegno per cambiare i modelli produttivi e le abitudini di consumo a favore di uno sviluppo sostenibile
Far diventare il sabato (quando la maggioranza delle persone fa la spesa settimanale) il giorno dell’impegno per cambiare i modelli produttivi e le abitudini di consumo a favore di uno sviluppo sostenibile: questo l’obiettivo dei Saturdays for Future. L’ASviS invita tutte e tutti, a partire dalla rete dei suoi oltre 230 aderenti, a lavorare insieme in vista dell’appuntamento del 28 settembre 2019: il giorno successivo al prossimo sciopero globale degli studenti in difesa del clima e la prima tappa di un percorso verso una maggiore sostenibilità dei modelli di produzione e consumo.
Scopri di più sull’Agenda 2030
Aladinpensiero online appoggia la campagna #SaturdaysforFuture .
Oggi lunedì 16 settembre 2019
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Niente illusioni, il clima è ancora plumbeo
16 Settembre 2019
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Domenica mattina, con Vincent, prima di andare al mare siamo usciti sul presto per comprare roba da leggere e passare al bancomat.
In via Danimarca, a Quartu, il bancomat di un noto istituto di credito non è esterno, ma occorre accedere a un apposito vano interno.
Sono entrato mentre mio figlio aspettava fuori, accanto all’ingresso.
Ho anche […]
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Sbilanciamoci: Online la Newsletter n°589 del 10 settembre 2019
10 Settembre 2019 | Sezione: Newsletter
Nuovo governo, nodi economici, Wallerstein
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Oggi domenica 15 settembre 2019
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Carbonia: nuove speranze di lavoro nei pozzi
15 Settembre 2019
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Proseguiamo la pubblicazione domenicale della storia di Carbonia, I precedenti post il 1° e l’8 settembre.
L’intera Regione, si diceva allora e si sarebbe continuato a dire a lungo in Sardegna, avrebbe senz’altro beneficiato della produzione di Sulcis e dello sviluppo industriale cui era destinato quel territorio. Al momento, tuttavia, così isolato nei suoi antichissimi […]
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Capitalismo, tecnologie digitali, Usa, Cina
Vincenzo Comito su Sbilanciamoci
La nuova era capitalistica basata sulle piattaforme digitali e l’intelligenza artificiale sotto la lente d’ingrandimento di due studiosi – Shoshana Zuboff e Kai-Fu Lee – che nelle loro ultime pubblicazioni tratteggiano i contorni del futuro inquietante che ci attende.
Alcune tendenze cruciali del mondo attuale
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Lavoro benedetto e lavoro maledetto
di Gianni Loy.
Non è un caso, credo, che il filo conduttore dell’enciclica Laudato sì’, sia costituito da una precisa e forte denuncia dell’esclusione sociale, delle immense diseguaglianze che, sia livello individuale che collettivo, caratterizzano il mondo in cui viviamo. Il Papa denuncia, ripetutamente, l’inaccettabile predomino del potere economico sulla politica che favorisce la speculazione, la rendita finanziaria e l’arbitrio. Ciò fa si che le risorse del mondo possano facilmente diventare “proprietà del primo arrivato o di quello che ha più potere”, come afferma Papa Francesco, concludendo con la constatazione che “il vincitore prende tutto” (par. 82).
Il dissesto ambientale, in tutte le sue forme, ha quindi una causa economica ma, allo stesso tempo, culturale e in definitiva, morale: “L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano” (par. 109).
Un secondo monito dell’enciclica ci avverte della necessità di una corretta interpretazione della relazione che deve esistere tra l’uomo (e la donna) ed il creato o, se si vuole, con l’ambiente. “Soggiogare la terra” non significa affatto poterne disporre a piacimento e con arbitrio, ma piuttosto “coltivarla e custodirla” (cfr Gen 2,15), quindi proteggerla e preservarla in modo da poterla consegnare, intatta, alle future generazioni. Non a caso, il riposo del settimo giorno non è proposto solo per l’uomo e la donna, ma anche per l’ambiente, perché “possano godere quiete il tuo bue ed il tuo asino” (Es 23,12). Del resto, il padrone, è colui che cura la proprietà per poter continuare a trarne i frutti nel tempo, e non colui che la sfrutta in maniera dissennata, per il capriccio di un momento, così da distruggerla in poco tempo.
Anche in tale prospettiva, l’enciclica ci ricorda che “Dio ha dato la terra a tutto il genere umano perché essa sostenga i suoi membri, senza escludere o privilegiare nessuno” (G.Paolo II) e che la tradizione cristiana “non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata” mettendo sempre in risalto la sua funzione sociale (Par. 93).
Il danno ambientale, in ultima analisi, è sempre causato dall’opera dell’uomo, dal suo lavoro, inteso nel senso di attività, e non solo come rapporto giuridico su cui si fonda il rapporto di lavoro subordinato.
Apprezzo, in modo particolare, il fatto che il Papa, nel soffermarsi sull’aspetto del lavoro ed auspicando una degna occupazione per tutti, non faccia alcun riferimento ad un lavoro che, nella tradizione cattolica, è stato spesso considerato quale condanna dovuta in espiazione del peccato originale, remedium peccati. Esalta, invece, il lavoro, con il quale “l’uomo si associa all’opera stessa redentiva di Cristo il quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignità lavorando con le proprie mani” ( Gaudium et spes, 76,b).
Tuttavia, il lavoro degno, il lavoro “santo” insistentemente richiamato dal Magistero negli ultimi tempi, non è certamente quello oggi più diffuso. Mi chiedo se possiamo definire “benedetto” il lavoro di chi, con l’opera delle sue mani, contribuisce alla distruzione del pianeta, del lavoro sfruttato, nero, sottopagato, del lavoro di chi costruisce strumenti di morte. Ahinoi, l’occupazione viene spesso utilizzata come ricatto, perché prosegua una devastazione che, allo stesso tempo, crea profitto per pochi. Quante volte, in nome della salvaguardia dei posti di lavoro, con gli operai costretti a testimoniare che la fabbrica non produce alcun danno alle persone ed alle cose, che se le armi non le produciamo noi le produce qualcun altro, vengono consentite, e talvolta persino finanziate dallo Stato, attività economiche che proseguono l’incessante devastazione del pianeta e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Quasi due secoli fa, di fronte al crudele fenomeno dello sfruttamento dei bambini, Victor
Hugo scriveva:
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Dove vanno tutti questi bambini che non sorridono?
Queste bimbe di otto anni che vediamo camminare da sole? Vanno a lavorare per quindici ore alle macine;
Dall’alba al tramonto, vanno a compiere all’infinito
Nella stessa prigione lo stesso gesto.
Oh infame schiavitù imposta al bambino!
Distrugge ciò che Dio ha creato;
Lavoro malvagio che produce la ricchezza creando la miseria, che dà un’anima alla macchina e la estirpa all’uomo!
Che questo lavoro, sia maledetto!
Maledetto come l’infamia e la bestemmia!
Oh Dio! che sia maledetto in nome del lavoro stesso,
In nome del lavoro vero, santo, fecondo, generoso,
Che rende il popolo libero e l’uomo felice!
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Credo che dovremmo proprio metterci alla ricerca di quel lavoro, vero, santo, fecondo e dignitoso, quello che ricorda e prosegue la creazione, quello che il Papa invoca anche nella Laudato sì’. Non basta dire “lavoro”, perché il lavoro, può ancora essere sinonimo di sfruttamento e di devastazione e, quindi, maledetto.
Gianni Loy
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Nel secondo riquadro “Cacciata dal paradiso terrestre” di Masaccio (part.), Cappella Brancacci Firenze.
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Giovannini, portavoce ASviS. «L’onda sostenibile avanza, ora via le dighe»
Luca Mazza giovedì 12 settembre 2019, su Avvenire.
Giovannini: coinvolgere anche i meno giovani e superare gli ostacoli che frenano un cambiamento positivo
Enrico Giovannini
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«Tutte le rilevazioni demoscopiche ci mostrano che in Italia sta crescendo l’attitudine dei consumatori e delle imprese verso prodotti e comportamenti responsabili, verdi, sostenibili. Una tendenza confermata anche dalle scelte dei risparmiatori sempre più orientate alla finanza green. Adesso, attraverso i Saturdays for Future, vogliamo provare a fare un ulteriore salto in avanti accelerando questa tendenza, coinvolgendo anche i meno giovani e superando alcuni ostacoli che frenano un cambiamento positivo e sempre più necessario». Enrico Giovannini – economista, statistico e attuale portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) – spiega da dove nasce l’idea di lanciare la prima giornata di mobilitazione nazionale per il consumo responsabile e quali sono gli obiettivi che l’iniziativa si prefigge di centrare seguendo la scia del successo dei Fridays for Future. «La nostra proposta, ancora prima di partire, ha già suscitato interesse informale sia nell’ambito delle istituzioni dell’Unione Europea sia nelle Nazioni Unite. Magari sul piano internazionale, oltre all’attivismo della giovane svedese Greta Thunberg sul clima, un giorno si potrà parlare anche dell’Italia che è riuscita a lanciare per prima i Saturdays for Future, una buona pratica da esportare in altri Paesi».
Professore, come si lega l’iniziativa italiana alla campagna globale in corso sul clima? In connessione con i Fridays for future, che ormai hanno contagiato anche genitori dei ragazzi, abbiamo pensato di far partire anche la nostra mobilitazione. Ci piace immaginare che un giovane al rientro a casa dallo sciopero globale sul clima, venerdì 27 settembre, alla richiesta della mamma o del papà su come sia andata la giornata possa rispondere: ‘Dipenderà da come farai la spesa domani…’. La spinta al cambiamento in chiave sostenibile e responsabile deve arrivare dal basso e chiamare in causa tutte le generazioni. Nessun soggetto, inoltre, dalle imprese al singolo consumatore, deve sentirsi escluso dal fornire il suo contributo. È stato creato il sito www.saturdaysforfuture. it proprio allo scopo di ricevere adesioni e proposte per organizzare eventi sul territorio.
Si possono fare esempi concreti di azioni virtuose che ognuno può compiere? Sul portale si trovano indicazioni chiare a seconda della sezione di riferimento per consumatori, imprese, associazioni e media. È chiaro che la singola persona è chiamata a informarsi preventivamente sul livello di sostenibilità dei suoi acquisti e sulle migliori abitudini di consumo elettriche o idriche. Le imprese, ovviamente, sono chiamate a informare i consumatori sull’impatto ambientale e le realtà della grande distribuzione a promuovere prodotti in linea con un’economia circolare. Spesso non si tratta necessariamente di fare di più, ma solo di agire in modo diverso e più consapevole. L’onda sostenibile continua ad avanzare, ma dobbiamo togliere ancora alcune dighe.
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«Apprezzabile che lo sviluppo sostenibile sia stato inserito nel documento di 29 punti elaborato dalle forze politiche di maggioranza e sia stato citato dal premier Conte»
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L’iniziativa italiana dei ‘sabati per il futuro’ si inserisce in un quadro europeo dove, negli ultimi anni, è cresciuto l’impegno delle istituzioni Ue per favorire lo sviluppo sostenibile. Crede che con la nuova Commissione si proseguirà in questa direzione? Sulla carta l’Unione Europea sta compiendo un salto quantico anche recependo alcune proposte che come ASviS abbiamo avanzato. Basti pensare che la presidente Ursula von der Leyen, nelle lettere di mandato inviate ai singoli commissari, ha sottolineato come ciascuno di loro è responsabile dell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile nell’ambito politico di competenza e la Commissione della realizzazione complessiva. Anche la nomina della Commissaria all’uguaglianza è un segnale molto forte. Ora aspettiamo che si passi alla pratica, ma non si può ignorare che l’Europa è la prima area del mondo ampia ad assumere impegni così significativi e a prendere l’Agenda 2030 come punto di riferimento.
Anche Giuseppe Conte e il nuovo governo si sono presi impegni precisi su questo fronte… È apprezzabile che lo sviluppo sostenibile sia stato inserito nel documento di 29 punti elaborato dalle forze politiche di maggioranza assieme al riferimento all’Agenda 2030 e sia stato citato dal presidente del Consiglio. Sarebbe auspicabile, inoltre, come ha fatto Ursula von der Leyen con i commissari, che anche Conte inviasse una lettera del genere a tutti i ministri e i sottosegretari per indicare compiti e responsabilità. L’Italia avrebbe bisogno anche di dotarsi di una forte struttura di coordinamento per prepararsi adeguatamente a un semestre europeo in cui non ci si concentrerà solo su crescita, debito e deficit, ma dove saranno centrali pure l’ambiente, il disagio sociale e il benessere.
Il primo e vero banco di prova dell’esecutivo giallo-rosso sarà la manovra. Quali misure si potrebbero mettere in campo in tale contesto? Il 4 ottobre presenteremo come ASviS le proposte per scrivere la prossima Legge di Bilancio. La fiscalità può essere strumento importante per orientare le decisioni. Dall’eliminazione dei sussidi dannosi per ambiente fino agli incentivi per le imprese che si muovono verso un’economia circolare e digitale (nell’ottica di una riduzione complessiva del gettito) sono tanti gli interventi che si potrebbero inserire in manovra. Il nuovo governo ha fin subito l’opportunità di dimostrare che sullo sviluppo sostenibile vuole fare sul serio.
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Oggi sabato 14 settembre 2019
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Larry Summers: verso una stagnazione secolare?
14 Settembre 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Nel 2013, in occasione dell’annuale “Conferenza di Ricerca” del Fondo Monetario Internazionale sul tema “Crises: Yesterday and Todat”, Larry Summers (affermato economista di Harvard, già ex consulente della Banca Mondiale e delle amministrazioni Clinton e Obama, ex Segretario al Tesoro ed ex Direttore del National Economic Council degli Stati Uniti) ha svolto un intervento […]
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RWM DOMUSNOVAS
Crisi Rwm, il vescovo Zedda accusa i politici: “Decisioni affrettate”
“Non vince nessuno, ma perdono gli operai”, le parole del monsignore.
Su L’Unione Sarda online, 14 settembre 2019.
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AladinpensieroEditoriali
Gli aspetti negativi degli squilibri tra i territori subregionali di Gianfranco Sabattini, Editoriale su Aladinpensiero online.
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Fabbrica RWM di Domusnovas: da lavoro maledetto a lavoro benedetto
SULLA CRISI DELLA FABBRICA RWM
LA PROPOSTA DELLA CSS: LAVORIAMO INSIEME PER UNA SOLUZIONE INTELLIGENTE E DURATURA.
LA Confederazione Sindacale Sarda-CSS fa appello al Governo Naz. le e Reg. le, alle forze politiche di maggioranza e opposizione, ai sindaci del territorio, ai sindacati, ai comitati
pacifisti ed ambientalisti, ai cittadini, ai lavoratori in primo luogo perché si uniscano le forze per trovare insieme una soluzione intelligente e duratura alla crisi in atto della fabbrica RWM di Domusnovas, superando la situazione attuale di emergenza per mirare ad una prospettiva possibile e duratura produttiva ed occupazionale per tutto il territorio del Sulcis.
Non è accettabile una posizione di netta chiusura alla riconversione di questa fabbrica, nata anch’essa da una ristrutturazione nella quale sono stati investiti importanti risorse pubbliche. [segue]
Riconversione della Fabbrica RWM di Domusnovas: tenere insieme il diritto alla vita con il diritto al lavoro
COMITATO RICONVERSIONE RWM – IGLESIAS
Iglesias, 12 settembre 2019
Il 10 settembre la direzione aziendale della RWM ha annunciato il taglio di circa 160 posti di
lavoro.
Ciò non significa però che altrettanti lavoratori vengano licenziati, in quanto, i 2/3 della forza lavoro della fabbrica, circa 200 dipendenti, sono costituiti da personale a tempo determinato, in somministrazione, il quale personale (dice l’azienda), al termine previsto dal contratto, non verrà né riassunto, né rimpiazzato. Non licenziamento, dunque, ma mancata riassunzione e comunque tanto lavoro in meno per il Sulcis-Iglesiente, un territorio che non se la passa per niente bene.
Trattandosi di lavoratori in somministrazione, non avranno nemmeno diritto a cassa integrazione o mobilità anche se il comunicato aziendale lascia intravvedere questa possibilità.
Si tratta del contraccolpo occupazionale causato dalla giusta decisione governativa di fine giugno, quando, a seguito di una mozione parlamentare, è stata stabilita una sospensione di 18 mesi delle esportazioni di munizioni e armamenti verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, in considerazione dell’uso di tali ordigni nella guerra in Yemen, da parte della coalizione saudita.
E’ giusto ricordare che la legge italiana non consente il transito, la produzione e l’esportazione di armamenti verso paesi belligeranti e dunque l’embargo sarebbe dovuto entrare in vigore già dal 2015, quando l’Arabia è entrata in guerra contro i ribelli yemeniti. [segue]
Che succede?
IL MOMENTO DELLA VERITÀ PER I 5STELLE
13 Settembre 2019 by Forcesi | su C3dem.
Mauro Magatti, “Per i 5stelle è arrivato il momento della verità” (Corriere della sera). Agostino Giovagnoli, “Perché questo nuovo tempo parlamentare” (Avvenire). Barbara Spinelli, “Una sana contaminazione può fare bene a 5stelle e Pd” (Il Fatto). Dario Franceschini, “Alleanza con i 5 stelle già alle regionali” (intervista a Repubblica). Gianni Cuperlo, “Ora facciamo il Pd e un governo popolare“(intervista a Il Dubbio). Fabrizio Barca e Andrea Morniroli (Forum Disuguaglianze e Diversità), “La risposta ai più fragili” (Repubblica). Pier Paolo Donati, “Come i beni relazionali possono generare beni comuni” (Avvenire). Enrico Giovannini, “Via gli ostacoli che frenano il cambiamento” (intervista all’Avvenire). Enrico Letta, “Germania e Italia firmino un patto a Lampedusa” (Repubblica). Giuseppe Conte, “Migranti, così cambiamo” (intervista al Corriere). Liliana Segre, “Una fiducia contro l’odio” (Foglio). LEGGE ELETTORALE: Dario Perrini, “Un Pd proporzionale” (Foglio). Claudio Cerasa, “Non raccontiamo balle sul maggioritario”. Emilia Patta, “Dubbi di Zingaretti sul proporzionale” (Sole 24 ore). Romano Prodi, “Perché io tifo per il sistema maggioritario” (lettera al Corriere).
La storia della medicina
di Piero Marcialis
60. Informazione e divulgazione della scienza medica.
Il XIX secolo è infine importante anche perché è quello nel quale si afferma e si diffonde l’informazione e la divulgazione di quanto avviene e si scopre in campo medico.
Non che non ci fossero precedenti, anche illustri.
Per esempio, memorabile, il padre del giornalismo, colui che fondò il primo giornale mai edito, era un francese ed era un medico, Theofraste Renaudot (1586-1653).
Il periodico si chiamava La Gazette de France, giornale medico in volgare non in latino, edito nel 1631 e l’autore era il medico del re di Francia e amico di Richelieu. [segue]