Monthly Archives: agosto 2019
Fridays For Future 3° sciopero globale per il clima – 27 Settembre 2019
Anche a Cagliari, come in migliaia di altre piazze in Sardegna e in tutto il mondo saremo in piazza il 27 settembre.
Oggi a Cagliari in piazza Garibaldi prima impostazione organizzativa dell’evento del 27 settembre e della settimana precedente di preparazione e sensibilizzazione.
[Dalla pagina fb di organizzazione dell'evento] “La nostra casa è in fiamme” inizialmente era solo uno slogan, adesso è cruda realtà. Alaska e Amazzonia sono la prova definitiva della rapidità e dell’impatto del cambiamento climatico.
Bisogna agire e bisogna farlo in fretta, ma i governi e le rispettive società civili rimangono impassibili, se prendono dei provvedimenti sono ridicoli, delle operazioni di marketing, quando si tratterebbe invece di prendere misure serie per salvare il pianeta.
[segue]
Appello. Dieci punti per un governo che riparta dalla Costituzione
I limiti del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico sono tanti, gravi ed evidenti. Ma ora è il momento del riscatto
Il momento è serio: è il momento di essere seri.
Non possiamo dire che c’è un pericolo fascista, e subito dopo annegare in quelle incomprensibili miserie di partito che hanno così tanto contribuito al discredito della politica e alla diffusa voglia del ritorno di un capo con «pieni poteri». I limiti del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico sono tanti, gravi ed evidenti. Ma se, per entrambi, può esistere il momento del riscatto: ebbene, è questo. Da cittadini, da donne e uomini fuori dalla politica dei partiti ma profondamente preoccupati dell’interesse generale, proponiamo di partire dall’adozione di questi dieci punti fondamentali, interamente ispirati al progetto della Costituzione antifascista della Repubblica.
E in particolare al suo cuore, l’articolo 3 che tutela le differenze (di genere, di cultura, di razza, di religione) e impegna tassativamente a rimuovere le disuguaglianze sostanziali. È del tutto evidente che ognuno di questi punti comporta un impegno pressante dell’Italia nella ricostruzione di una Unione Europea che provi ad assomigliare a quella immaginata a Ventotene, e cioè in armonia e non in opposizione al progetto della nostra Costituzione.
1. Legge elettorale proporzionale pura: l’unica che faccia scattare tutte le garanzie previste dalla Costituzione. Per mettere in sicurezza la Costituzione stessa: cioè la democrazia.
2. L’ambiente al primo posto: la decarbonizzazione per combattere il cambiamento climatico, l’impegno per una giustizia ambientale, locale e globale, come unica strada per la salvezza della Terra. Dunque: difesa dei beni pubblici: a partire dall’acqua e dalla città. Unica Grande Opera: messa in sicurezza di territorio e patrimonio culturale, nel più stretto rispetto delle regole, e attuata attraverso un piano straordinario di assunzione pubblica. Moratoria di tutte le grandi opere (Tav incluso), e consumo di suolo zero. Un piano per le aree interne e un piano per la mobilità che parta dai territori, dalle esigenze delle persone e dei pendolari. Piano pubblico di riconversione ecologica della produzione e del consumo incentrato sull’efficienza energetica e sul recupero dei materiali di scarto.
3. Lotta alle mafie e alla corruzione. Costruire una giustizia più efficiente investendo risorse, mezzi e personale necessari. Garantire l’autonomia della magistratura e la sua rappresentatività nell’organo di autogoverno.
4. Ricostruzione della progressività fiscale e imposte sulla ricchezza (imposta di successione e patrimoniale) e revisione costituzionalmente orientata della spesa pubblica, a partire dalla drastica riduzione della spesa militare. L’autonomia differenziata, che è di fatto la secessione delle regioni più ricche, va fermata: restituendo invece centralità alle politiche per il Mezzogiorno.
5. La libertà delle donne come metro di un’intera politica di governo: lotta senza quartiere alla violenza sulle donne; perseguire l’obiettivo della parità nella occupazione e salariale; congedo di paternità obbligatoria, asili nido pubblici e gratuiti, assistenza agli anziani e alle persone disabili, campagne per la condivisione dei compiti di cura, etc.
6. Lotta alla povertà: reddito di base vero (diretto a tutti coloro che percepiscono meno del 60 % del reddito mediano del Paese, accompagnato da politiche attive del lavoro e interventi formativi volti alla promozione sociale e civile della persona), e attuazione del diritto all’abitare.
7. Parità di diritti per tutti i lavoratori e le lavoratrici (ovunque e comunque lavorino), a partire dal diritto soggettivo alla formazione per tutto l’arco della vita. Lotta alla precarietà, salario minimo e ripristino dell’articolo 18.
8. Progressivo rifinanziamento del Fondo sanitario nazionale e programma di assunzioni di operatori e professionisti del Servizio sanitario nazionale, i cui standard devono essere omogenei e non differenziati per regione.
9. Abolizione del reato di immigrazione clandestina, abrogazione dei decreti sicurezza e politica di accoglienza verso i migranti orientata sulla Costituzione e sull’assoluto rispetto dei diritti umani.
10. Restituire scuola e università alla missione costituzionale, negata dalla stratificazione di pessime riforme: formazione dei cittadini e sviluppo del pensiero critico.
[seguono i primi firmatari]
Che succede?
MILITANTI DUBBIOSI
27 Agosto 2019 by Forcesi | su C3dem.
Sempre molto critico Stefano Folli sulla ricerca di intesa Pd-M5S: “Un gioco politico spregiudicato” (Repubblica). Perplesso ma meno critico Massimo Franco sul Corriere della sera: “Passi avanti e incognite di una trattativa complessa”. Critico anche Marcello Sorgi su La Stampa: “L’antico vizio del cambio di alleanze”. Roberto D’Alimonte riferisce: “Per gli elettori ok, i militanti dubbiosi” (Sole 24 ore). Per Federico Geremicca, “Così il cinico Renzi assapora il gusto di un’inattesa vittoria” (La Stampa). Il Corriere raccoglie voci della sinistra: “Sì all’intesa se è per l’Italia”. Ma, secondo Carlo Bertini, “Gentiloni si smarca: è un’operazione fragile” (La Stampa). Il Manifesto pubblica un appello: “Dieci punti per un governo che riparta dalla Costituzione”.
Verso il convegno di settembre “Laudato si’ e Agenda Onu 2030″
ARRIVA SETTEMBRE, FIRMA! per i beni comuni per le generazioni future
[Comunicato del Comitato] Decine di migliaia di persone hanno già firmato, ma sono ancora centinaia le richieste di poter firmare a sostegno della legge di iniziativa popolare sui beni comuni, e di poter aderire, che giungono da tutta Italia: una sensibilità e una consapevolezza che unisce territori e comunità per una grande sfida culturale, politica, giuridica e sociale, la tutela e la valorizzazione di beni, materiali e immateriali, che sono direttamente connessi alla soddisfazione dei diritti fondamentali della persona. [segue]
Brexit
L’abbandono della UE e il pericolo di “implosione” del Regno Unito
di Gianfranco Sabattini
Gli Inglesi, cioè gli abitanti dell’Inghilterra (uno degli Stati che compongono il Regno Unito), costituiscono un popolo per vocazione imperiale; a sostenerlo è Krishan Kumar, un docente inglese di sociologia presso l’Università della Virginia, in “Lo strano caso dell’imperialismo britannico e del nazionalismo inglese” (Limes, n. 5/2019). Nell’articolo, il sociologo sostiene che, nella visione dei Brexiteers, l’abbandono dell’UE dovrebbe consentire “al Regno Unito – ormai libero dagli intrighi europei e dalla ‘dittatura’ di Bruxelles – di riappropriarsi della propria storia”; secondo questa visione, la Brexit, con la sua dimensione nazionalista e le sue implicazioni imperiali, sarebbe un trionfo del nazionalismo inglese.
Ciò sarebbe provato dal fatto che, a parere di Kumar, molti commentatori e analisti dell’esito del referendum del 2016 associano il risultato della consultazione referendaria con quello della Battaglia d’Inghilterra del 1040, quando, sotto la leadership di Winston Churchill, il Regno Unito è riuscito da solo a sconfiggere l’aggressione aerea tedesca. Secondo questi commentatori ed analisti, buona parte dell’atteggiamento britannico verso i Paesi dell’UE originerebbe proprio dal lascito della seconda guerra mondiale, soprattutto in considerazione del fatto che gli inglesi non sopporterebbero che il loro “vecchio nemico”, la Germania, sia diventato il pivot dell’Unione, mal tollerando perciò di “aver vinto la guerra per permettere ai tedeschi di aver vinto la pace”.
Altri commentatori e analisti rinvengono nella Brexit la nostalgia dei britannici per il potente impero perduto; non casualmente, molti intellettuali e potenti operatori economici stanno supportando – afferma Kumar – “una strategia volta a riesumare l’unione e l’interdipendenza imperiale dei Paesi anglofoni” (Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti), nella convinzione che, se l’impero è perduto, i legami imperiali sono rimasti tanto forti da “costituire la base per sviluppare una nuova Anglosfera, una comunità di popoli anglofoni, analoga a quella immaginata da Winston Churchill” negli anni Quaranta per sconfiggere il nazismo e ristrutturare l’ordine mondiale postbellico sotto la leadership britannica.
L’idea che il futuro del Regno Unito non fosse l’Unione Europea, ma l’Anglosfera, era diventata centrale nel dibattito che si è svolto nella fase precedente il referendum del 2016; nell’area elettorale euroscettica si era, infatti, rafforzata la convinzione che esistessero profonde affinità geopolitiche tra i Paesi dell’alleanza “Five Eyes”. Il concetto di Anglosfera, non è tuttavia, come alcuni ritengono, solo “uno spasmo di nostalgia imperiale”; esso origina – come sostiene Nick Pearce, ricercatore presso l’università inglese di Bath, nell’articolo “L’Anglosfera è un’illusione geopolitica” (Limes n. 5/2019) da “una tradizione geopolitica consolidata”, le cui radici risalgono ai “modelli commerciali e geopolitci sviluppati all’apogeo dell’imperialismo vittoriano”.
A spiegare il revival dell’idea di ricostituire l’Anglosfera perduta e il convincimento che il destino della Gran Bretagna sia strettamente legato alle “economie di mercato liberali del mondo anglofono” e non all’Unione Europea, concorrono l’ascesa della Cina sul tetto del mondo e le “innovazioni tecnologiche che hanno alimentato la crescita americana negli anni Novanta e Duemila”. Questi due eventi, a parere di Pearce, avrebbero “alterato in modo strutturale la percezione dell’Unione Europea da parte dei britannici, rendendo sempre più concreta e allettante la prospettiva di separarsi dai Paesi europei in evidente declino economico”, per abbandonare lo sclerotico modello di regolazione continentale.
Dall’epoca immediatamente precedente il referendum del 2016, la ripresa del controllo della politica commerciale internazionale è divenuta l’istanza principale con la quale i Brexiteer hanno sostenuto la necessità di abbandonare l’UE; istanza supportata dall’”influente European Research Group, che raccoglie i deputati conservatori euroscettici, secondo i quali i Paesi dell’Anglosfera sarebbero i partner ideali coi quali sottoscrivere accordi di libero scambio e intese con cui rimuovere le barriere tariffarie e non tariffarie al commercio e la pastoie dell’economia sociale di mercato dell’Unione Europea.
Fuori dall’UE, secondo i Brexiteers, il Regno Unito avrebbe acquisito un maggior margine di manovra nel governo dei propri traffici commerciali, sebbene con una minore influenza globale rispetto al periodi imperiale vittoriano; essi erano anche convinti che “la geografia [potesse] essere trascesa mediante l’avvento delle nuove tecnologie [dell’informazione]” e che il governo dei nuovi equilibri commerciali potesse prescindere dal peso che la “prossimità spaziale” esercita sulla strutturazione dei traffici commerciali mondiali.
Le aspettative dei laeavers dall’UE e le chance che questi riponevano nel ricupero di una rinnovata Anglosfera sono state per lo più “congelate” dalle reazioni dei Paesi anglofoni altri dal Regno Unito; essi, infatti, hanno tutti teso a guardare alla Brexit e all’instabilità politica che ne è seguita con molto disorientamento e poco entusiasmo, tanto che l’idea di abbandonare la UE, per il ricupero di una più profonda cooperazione economica del Regno Unito con i restanti Paesi anglofoni, al fine di riproporre una nuova Anglosfera, è stata confinata ai margini delle aspirazioni dei circoli nazionalistici dei conservatori inglesi.
Secondo gli analisti critici della Brexit, la fuoriuscita del Regno Unito dall’UE sarebbe stata voluta dal nazionalismo inglese; al riguardo, gli analisti come Kumar, ad esempio, osservano che lo stesso termine Brexit è “improprio e fuorviante”, perché lascia intendere che siano stati la Gran Bretagna e i britannici a volere l’uscita dall’Unione Europea, mentre in realtà sono stati “soprattutto l’Inghilterra e gli inglesi” a mobilitare l’opinione pubblica britannica per esprimersi a favore del Leave. Chi avesse dubbi sul fatto che la “corsa” al referendum del 2016 sia stata prevalentemente organizzata dai nazionalisti inglesi, può facilmente attenuarli, considerando che il risultato referendario ha riscosso, tra le nazioni costitutive del Regno Unito, la più alta percentuale di voti a favore del Leave (53,38%) proprio in Inghilterra.
Anche il Galles ha votato a favore della Brexit (52,53%), ma gli analisti critici sono del parere che ciò sia da ricondursi al fatto che i gallesi siano molto più integrati sul piano identitario con gli inglesi di quanto non lo siano gli scozzesi e gli irlandesi del Nord; ciò a causa delle forti migrazioni di inglesi, avvenute nel corso del XIX secolo, verso il Galles meridionale, attratti dalle opportunità di lavoro offerte dalle attività estrattive di carbone e da quelle delle acciaierie. Al contrario dei gallesi, gli scozzesi e i nordirlandesi hanno votato per rimanere nell’Unione Europea (con il 62% gli scozzesi e con il 55,78% gli irlandesi del Nord).
Si tratta di risultati che, a parere di Kumar, potrebbero avere conseguenze rilevanti sull’unità del Regno Unito; ipotesi resa ancora più probabile dal fatto che il referendum sull’indipendenza della Scozia del 2014 è stato bocciato dal 55,30% degli elettori, a causa del timore, nutrito allora dagli scozzesi, di esser separati dall’UE, nel caso in cui il referendum si fosse concluso con la vittoria del “si”. Ora che è stato l’intero Regno Unito ad aver votato per il Leave dall’Europa, gli scozzesi, osserva Kumar, sono determinati a chiedere un secondo referendum indipendentista; il Parlamento scozzese, infatti, non ha tardato, dopo il voto britannico a favore del Leave, ad inoltrare una richiesta in tal senso a Westminster.
Inoltre, la disunione del Regno Unito potrebbe essere causata anche da una possibile scissione dell’Irlanda del Nord; per quanto il distacco sia improbabile, occorre tener presente – ricorda Kumar – che, rispetto al passato, oggi le cose sono profondamente cambiate. Dopo il Venerdì Santo del 1998, le relazioni tra le due Irlande sono migliorate, e il confine che le separa, per via degli intensi scambi e del libero transito delle persone, si è fortemente allentato; l’uscita del Regno Unito dall’UE causerebbe irrimediabilmente la reimposizione del vecchio confine, con la riproposizione della crisi delle relazioni tra Dublino e Belfast. La Brexit, dunque, per tutte le ragioni indicate, sta esponendo il Regno Unito al pericolo di una irreversibile implosione. Per gli inglesi, quali sarebbero le conseguenze?
Se il Regno Unito implodesse, l’Inghilterra – afferma Kumar – “resterebbe isolata per la prima volta nella sua storia”; ciò perché il Regno Unito è sorto all’inizio del XVIII secolo come “impero inglese”, ai danni delle altre nazionalità britanniche ed è sempre stato chiaro, dopo la costituzione dell’impero d’oltremare, che “il territorio metropolitano era l’Inghilterra e che la capitale imperiale era Londra”. Tuttavia, se gli inglesi si sono sempre identificati in un “popolo imperiale”, non hanno però mai percepito se stessi come nazione; in Inghilterra – continua Kumar – al contrario di altre nazioni (come Francia, Germania e Italia) non esiste “traccia di una tradizione indigena orientata alla riflessione sull’identità nazionale”. Ciò rende palese la profonda contraddizione espressa dal fatto che gli inglesi, pur essendosi “aperti al mondo, fino al punto di occupare e governare un quarto delle terre emerse e della popolazione mondiale”, non hanno mai avuto contezza di sé stessi come nazione.
Gli inglesi, dopo aver perso l’impero d’oltremare (tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso) e corso il rischio di perdere anche il loro primo impero, hanno maturato la necessità di dover iniziare a percepirsi come nazione; un’eventualità, quella di perdere il loro primo impero, riproposta dopo la vittoria del referendum sulla Brexit. Oggi, perciò, essendo divenuti un popolo senza impero, gli inglesi sono costretti a “cercare capri espiatori”, il più importante dei quali viene individuato nell’Unione Europea, “percepita come un mostro dispotico dominato dagli burocrati di Bruxelles”.
Inoltre, gli inglesi giustificano la loro avversione all’Unione, affermando d’essere sempre stati inclini a distinguersi dall’Europa più di quanto non lo siano mai stati gli altri popoli del regno Unito; non casualmente essi tendono a differenziarsi dagli altri popoli britannici, come starebbe a dimostrare il fatto che, mentre negli anni Novanta e Duemila (secondo un sondaggio demoscopico) gli inglesi si consideravano prevalentemente “inglesi e britannici” e non “più inglesi che britannici”, a partire dall’inizio dell’ultimo decennio, invece, “circa il 60% degli inglesi ha iniziato a considerare sé stesso “solo inglese”, mentre appena il 16% si percepisce “più britannico che inglese”. Si tratta di una metamorfosi storica che – secondo Kumar – rivelerebbe il probabile “corso” che seguirà la Brexit, nel senso che, per la prima volta, gli inglesi si stanno separando, non solo dall’Europa, ma anche dalla Gran Bretagna, cioè dalla loro stessa creazione.
Se ciò dovesse accadere, per la prima volta nella storia gli inglesi si troverebbero nella condizione singolare d’essere costretti a “cavarsela da soli”; condizione alla quale essi sono sempre risultati estranei, in quanto hanno sempre fatto parte di “sistemi più vasti”: il regno Unito, prima, e l’impero britannico, successivamente. Ora tutto questo, conclude Kumar, per loro scelta, gli si ritorce contro, e per questo motivo essi “sono alla disperata ricerca di alternative”; sennonché l’idea della ricostituzione di un’Anglosfera basata sui vecchi legami imperiali è del tutto illusoria, in quanto Canada, Australia e Nuova Zelanda perseguono altri obiettivi, come del resto fanno palesemente da tempo gli Stati Uniti.
Quale conclusione è possibile trarre dalle vicende politiche che hanno investito il Regno Unito dopo l’esito del referendum del 2016 e dei difficili problemi interni che esso, da posizioni isolate, dovrà affrontare? Se il Regno Unito fosse rimasto nell’Unione Europea, forse gli inglesi avrebbero potuto più facilmente trovare un modo – come sostiene Kumar – “di forgiare una comunità nazionale sostenibile in grado di appianare le diversità interne”; l’abbandono dell’UE renderà il perseguimento di questo obiettivo molto irto di ostacoli. Ironia della sorte, per evitare la possibile implosione interna, l’unico aiuto che il Regno Unito potrà ricevere sarà solo quello degli ex partner europei; infatti, se si esclude che alcuni di essi possano “trarre piacere” delle disgrazie che si stanno abbattendo sull’antico partner, è noto che i Paesi dell’UE sono avversi al disfacimento degli Stati nazionali per iniziative di minoranze ad essi interne.
Che succede?
I DILEMMI DI ZINGARETTI
26 Agosto 2019 by Forcesi | su C3dem.
Spiega bene, Marcello Sorgi, i dilemmi di Zingaretti: “Assedio al leader dei dem” (la Stampa). Laura Cesaretti racconta su il Giornale “Il tweet di Castagnetti”. Dice al Mattino Tommaso Nannicini: “Il governo al 70% si farà, ma finiremo a testate sull’economia”. Emanuele Felice, “Europeismo, la prima scelta di un governo nuovo” (Repubblica). Maurizio Ferrera, “Un percorso europeo per le riforme italiane” (Corriere della sera). Mauro Calise, “Cinquestelle: dall’uno vale uno all’uno vale l’altro” (Mattino). Alessandro Campi, “Tutti i rischi di rifondare una strana ‘sinistra’” (Messaggero). IERI: Romano Prodi, “L’Italia debole, alla ricerca di un governo per difendersi” (Messaggero). Marco Olivetti, “Italia condannata alle coalizioni. Ma questa volta siano di programma” (Avvenire). Luigi Ferrajoli, “Un governo per difendere la Costituzione” (Manifesto). Stefano Folli, “Il bivio Pd, l’attesa del Colle” (Repubblica). Maurizio Molinari, “Il bivio dei populisti italiani” (La Stampa).
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Oggi martedì 27 agosto 2019
Estate 2019. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————————
2012. Rievocazione di Palabanda a Cagliari nel bicentenario
27 Agosto 2019
Red su Democraziaoggi.
Nel 2012 furono assunte alcune significative iniziative in memoria dei martiri di Palabanda.
1812-2012: Cagliari ha reso onore ai martiri di Palabanda
30 ottobre 2012, un presidio ha coperto con un telo la statua di Carlo Felice, sopranominato “feroce”, uno dei repressori di tanti spiriti liberi, colpevoli solo di battersi per la libertà. L’occasione è […]
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Oggi lunedì 26 agosto 2019
Estate 2019. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————————
Crisi: la questione morale, this is the question
25 Agosto 2019
A.P. su Democraziaoggi.
Per chi – come me – ha sempre ritenuto che il M5S sia una forza da considerare senza pregiudizi, prendere atto che oggi è il riferimento determinante in questa crisi non è sorprendente. Mi chiedo cosa pensino quei piddini o quei sinistri che li hanno demonizzati ora che si parla di fare il governo insieme. Io […]
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La rivolta di Palabanda, esempio attuale di dignità
26 Agosto 2019
Francesco Cocco su Democraziaoggi.
La rivolta di Palabanda (1812) è sempre stata considerata dalle forze democratiche sarde un momento alto di lotta, da cui trarre ispirazione per il presente. Francesco Putzolu, sarto, e Raimondo Sorgia, conciatore, furono condannati e impiccati. Salvatore Cadeddu, prima d’essere catturato e impiccato, trovò […]
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PER UN GOVERNO DELLA SOSTENIBILITÀ PER FRONTEGGIARE LE SFIDE SOCIALI, ECONOMICHE, AMBIENTALI
Aug 24, 2019
Reso noto un appello a tutte le forze politiche perché il futuro governo affronti le questioni vitali del Paese sulla base della sostenibilità come chiave per rispondere alle grandi questioni sociale, economica ed ambientale
”L’alternativa al ricorso anticipato alle urne non può consistere in un governo di breve durata. La situazione richiede un governo di legislatura autorevole e determinato a guidare il Paese sulla giusta rotta nelle acque che si preannunciano burrascose, dei prossimi quattro anni.
Stiamo entrando in una nuova grande recessione globale, aggravata sia dalla guerra commerciale sia dalla crisi della domanda interna conseguente ad una prolungata fase di compressione dei salari. Serve un governo deciso a praticare politiche anticicliche per attutire gli effetti economici e sociali della nuova crisi globale. Capace di risposte tangibili per frenare e invertite la tendenza all’impoverimento della classe media, dei ceti lavoratori e popolari. Un esecutivo che dimostri di cogliere con i fatti la sfida del cambiamento con un progetto di riscatto, di sviluppo, di speranza per il Paese in un quadro di solidarietà e di discussione franca dei problemi in sede europea.
Un governo che sappia ripartire dalla questione sociale nei nuovi e complessi termini in cui essa si presenta ma che sono evidenti nella loro gravità (disuguaglianze, povertà, lavoro). Un governo che sappia fare un forte investimento sul fatto che i rimedi allo stato di disagio profondo e dilagante in cui versa la classe media e
l’agenda dello sviluppo sostenibile non possano che incrociarsi in modo proficuo, contribuendo a definire un piano per il Paese di ampio respiro con adeguati investimenti: dalla messa in sicurezza dei territori e degli edifici dai rischi sismici e idrogeologici alla progettazione di infrastrutture ecosostenibili, dalla transizione energetica al sostegno alla ricerca scientifica e all’innovazione, dalla scuola alla sanità.
Urge un programma di governo che riaffermi, anche attraverso un tangibile allentamento della stretta fiscale secondo il criterio di progressività e con la lotta all’evasione, il primato della crescita sostenibile su quello del contenimento dell’inflazione che in questi anni ha finito per provocare una deflazione permanente – che ha fatto aumentare le disuguaglianze sociali e fra territori, facendo riemergere la questione meridionale – e che si configura come tra le principali cause dell’esplosione dei populismi.
Un governo capace di portare una tale svolta nelle sedi istituzionali dell’Unione Europea, facendo leva sul fatto che l’apertura di un nuovo ciclo economico espansivo costituisce una priorità per tutti i Paesi membri (nessuno è più immune dalla recessione) nonché la condizione imprescindibile per il rilancio del progetto europeo, il quale esige – pena la perdita di credibilità – la definizione di una data certa per la messa in comune del debito, preludio e fondamento dello stato unitario europeo.
Un governo preferibilmente guidato da una figura autorevole di solide relazioni comunitarie e internazionali e allo stesso tempo con profonda conoscenza delle dinamiche sociali ed economiche che percorrono il nostro variegato Paese, e consapevole del ruolo strategico dei corpi intermedi .
Un governo dagli obiettivi ambiziosi destinato a durare per il tempo rimanente della legislatura all’insegna della sostenibilità come chiave per rispondere alle grandi questioni sociale, economica ed ambientale.
L’Appello è promosso da dirigenti del mondo dell’associazionismo, del sindacato, delle professioni, dell’impresa, della pubblica amministrazione, del governo della cosa pubblica a tutti i livelli istituzionali, da docenti universitari, imprenditori e politici. È aperto alla sottoscrizione da parte di tutti coloro che ne condividono gli obiettivi ed è rivolto alle forze politiche impegnate alla ricerca di un accordo per dar vita a un nuovo governo, nei tempi loro accordati dal Capo dello Stato”.
Promotori:
Antonio Ballarin Denti, Dario Balotta, Pietro Barbieri, Leonardo Becchetti, Daniela Becchini, Alessandro Beda, Roberto Bianchini, Simona Bondanza, Alessandra Bonoli, Gianni Borsa, Gianni Bottalico, Annalisa Calvano, Gabriella Calvano, Claudia Caputi, Francesco Coniglione, Isabella Cristina, Alfredo Cucciniello, Arrigo
Dalfovo, Giuseppe Davicino, Annalisa Decarli, Mariapia Garavaglia, Carla Guetti, Enrico Farinone, Marinella Franceschi, Luciano Forlani, Domenico Galbiati, Mimmo Gallo, Raffaele Gazzari, Nicola Graziani, Giancarlo Infante, Arturo Lanzani, Giorgio La Pira, Claudio Leone, Giuseppe Lo Conte, Giulio Lo Iacono, Mauro Magatti,
Nicola Martinelli, Carlo Mattina, Alberto Mattioli, Maria Valeria Mininni, Raffaele Morese, Patricia Navarra, Aldo Novellini, Maurizio Ottolini, Paola Pessina, Michele Petraroia, Marco Pietripaoli, Giuseppe Pirlo, Ruggero Po, Giacomo Porrazzini, Ernesto Preziosi, Rossana Revello, Alessandro Risso, Carlo Stelluti, Giorgio Santini, Elvira Tarsitano, Angelo Trezzi, Monica Van Dyke, Rodolfo Vialba, Marco Viganò, Alessandro Volpone, Silvia Wu, Alessandro Zingaro.
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COMMENTI
Un governo per difendere la Costituzione
M5S-Lega. Il dovere delle forze democratiche è quello di dar vita a un governo che ripari i guasti prodotti proprio da chi quelle politiche velenose contro la vita e la dignità delle persone ha praticato e intende riproporre con più forza ove vincesse le elezioni
Luigi Ferrajoli, su il manifesto
Oggi domenica 25 agosto 2019
Estate 2019. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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Ignorare le comunità locali è fonte di scompensi
25 Agosto 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Il libro “Il terzo pilastro. La comunità dimenticata da Stato e mercati” dell’economista indiano Raghuram Rajan, docente di Finanza presso l’Università di Chicago, si occupa dei tre pilastri che reggono la società e spiega perché il rapporto tra essi deve essere sempre in equilibrio; è la condizione perché, secondo l’autore, la società possa prosperare, […]
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COMMENTI
Un governo per difendere la Costituzione
M5S-Lega. Il dovere delle forze democratiche è quello di dar vita a un governo che ripari i guasti prodotti proprio da chi quelle politiche velenose contro la vita e la dignità delle persone ha praticato e intende riproporre con più forza ove vincesse le elezioni
Luigi Ferrajoli, su il manifesto (riferimento su Aladinpensiero online)
(EDIZIONE DEL 25.08.2019, PUBBLICATO 24.8.2019, 23:59)
Che succede?
POSSIBILE? IMPOSSIBILE?
24 Agosto 2019 su C3dem
Stefano Ceccanti, intervistato dal Corriere della sera: “Taglio dei parlamentari? Sì ma solo col proporzionale e la sfiducia costruttiva”. Lo stesso Ceccanti, nella Nota del suo blog, spiega l’intervista e difende la linea dell’accordo con i 5stelle perché la priorità delle priorità è non avere Salvini ministro dell’Interno. Linea simile è quella di Norma Rangeri nel suo editoriale sul Manifesto: “Sì, fa paura avere Salvini premier”. Sempre sul Manifesto Donatella Di Cesare scrive: “Governo giallorosso, una diga per l’emergenza democratica”. Su Il Fatto Wanda Marra analizza il dibattito in casa Pd e la mette così:“Zinga s’intesta la trattativa e vuole Renzi fuori gioco”; e Salvatore Settis parla di Conte: “Conte, la metamorfosi di un premier per caso”. Sul Corriere Luigi Zanda scrive: “Conte? Fece passare leggi anticostituzionali”. Su Repubblica a firma Ernesto Ferrara si legge: “Renzi contro Gentiloni: boicotta l’accordo”. Stefano Folli, politologo-principe di Repubblica valuta così: “Cronaca di una fine annunciata”, cioè dell’ipotesi di accordo Pd-M5S. Su La Stampa l’ex ministro leghista Gian Mario Centinaio dice: “Siamo pronti a tornare al tavolo per fare un nuovo contratto”.
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IL GOVERNO POSSIBILE…
23 Agosto 2019 su C3dem.
Giorgio Tonini e Enrico Morando, “Un governo di ri-cambio” (Foglio). Mauro Magatti, “Il pericolo e la salvezza (idee per un’agenda di governo)” (Avvenire). Leonardo Becchetti, “E’ il momento di investire (idee per un’agenda socio-economica)” (Avvenire). Maurizio Ambrosini, “Legalità, umanità e governo possibile” (Avvenire). Andrea Riccardi, “Pd e M5S. Devono ricucire un tessuto comunitario” (intervista a La Stampa). Giorgio Vittadini, “E’ tempo di rilanciare il Paese” (intervista all’Avvenire). Ezio Mauro, “I due Pd e una domanda per i 5 stelle” (Repubblica). Pierluigi Bersani, “Ora serve molta generosità” (intervista al Corriere della sera). Antonio Floridia, “Un vaccino per l’antipolitica” (Left). Giuliano Pisapia, “I 10 punti non restino un sogno” (intervista all’Avvenire). Marco Leonardi, “Salari e lavoro, si può fare. Così” (Foglio). Giovanni Guzzetta, “Difficile il taglio dei parlamentari” (intervista a Italia Oggi). Stefano Folli, “Quanto è lontana la fine della crisi” (Repubblica).
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Crisi: servirebbe al Paese un respiro meno tattico
24 Agosto 2019
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Quanto sono snervanti, per noi che attendiamo uno sbocco positivo della crisi politica, queste trattative riportate e commentate in tempo reale, nei minimi dettagli, dai media. [segue]
La storia della medicina
di Piero Marcialis.
50. Virchow, dal multiforme ingegno.
Il tedesco Rudolf Virchow (1821-1902) è stato meritatamente uno dei più celebri medici del suo secolo.
Patologo, antropologo, politico, con una vastità di interessi e di impegni più unica che rara.
Inviato in Slesia per un’indagine su un’epidemia di tifo, manda un rapporto dove indica come causa principale non il clima, che veniva usato come alibi, ma le condizioni di povertà e di pessima igiene in cui aviene tenuta la popolazione. [segue]