Monthly Archives: luglio 2019
La storia della medicina
di Piero Marcialis, su fb.
23. Lanfranco da Milano e la scuola di Parigi.
L’altro più importante allievo di Guglielmo da Saliceto, alla scuola di Bologna, fu Ugo Lanfranco da Milano (1250-1315).
Lanfranco, implicato nel conflitto tra guelfi e ghibellini, dovette andare esule in Francia, prima a Lione poi a Parigi.
Qui si affermò rapidamente, criticando aspramente il modo in cui la chirurgia fosse lasciata in mano a cerusici e praticoni.
Divenne fondatore e primo medico della scuola di chirurgia e, anche grazie a lui, la scuola medica di Parigi riuscì presto a superare la scuola di Montpellier.
Lanfranco operava solo nei casi più gravi: calcoli o ernie.
Diversamente dal suo maestro preferiva il cauterio al coltello.
Scrisse due opere fondamentali: Chirurgia parva e Chirurgia Magna (1296), in esse sottolinea l’importanza della sutura accurata dei nervi recisi, cosa trascurata dagli altri chirurghi. Lanfranco è l’inventore del nodo chirurgico, il nodo per serrare i fili di sutura.
Nella preparazione del medico, secondo Lanfranco, devono entrare logica e filosofia, utili a esporre con chiarezza e a motivare le proprie scelte delle cure da praticare.
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Piero Marcialis su aladinpensiero online.
Verso Camaldoli/2
Si terrà dal 26 al 30 agosto a Camaldoli la Settimana teologica 2019, intitolata “Fede e politica. Un dialogo da ricominciare”, organizzata al MEIC, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Per l’importanza e la ricchezza dei contenuti abbiamo ripreso dal sito del Meic su Aladinpensiero una parte dei lavori preparatori, ripubblicandoli integralmente o riportando i relativi link. Contiamo ora questa attività. Daremo ovviamente conto dei lavori della Settimana e delle conclusioni.
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VERSO CAMALDOLI/1 Fede e politica: un servizio di cultura
13 Giugno 2019
di RICCARDO SACCENTI
ricercatore della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII
delegato Meic Toscana
Il passaggio storico che ci troviamo ad attraversare viene descritto, sul piano politico, da un lessico dominato dal binomio sovranismo/populismo, con il quale si cerca di significare un mutamento radicale negli equilibri e nelle dinamiche con cui si costruisce la decisione politica, soprattutto all’interno di sistemi istituzionali democratici e liberali. Tuttavia, questa scelta semantica, che assume come tratto qualificante l’accentuazione posta sul primato assoluto dell’interesse del popolo sovrano, ricorre a concetti che appartengono oramai alla storia del secolo precedente e che non sono in grado di restituire fino in fondo la radicalità di un mutamento storico nel quale siamo direttamente coinvolti.
Sotto la superficie estremamente sottile di queste espressioni si cela infatti un movimento magmatico nel quale ad essere messi in discussione, fin nelle loro radici, sono i concetti di democrazia, di libertà, di giustizia, che hanno segnato il Novecento. Il terreno della politica, che oggi mostra tensioni e conflitti, è il precipitato di tutto questo: rappresenta cioè l’esito di una faglia che si è creata e si è allargata essenzialmente sul terreno della cultura e che dunque richiede di essere presa in considerazione con gli strumenti propri della cultura.
E come tutte le realtà umane e storiche, anche questo cambio d’epoca cela rischi e opportunità che una lettura teologica è in grado di mettere in luce. Lo sforzo di far sì che la Parola di Dio interroghi anche questa stagione di “crisi” delle culture politiche e della politica stessa, cela potenzialità di speranza non ancora colte e del tutto inespresse. Si tratta di un impegno che richiedere una profonda maturità spirituale e teologica e al tempo stesso un’apertura al mondo e alla storia all’insegna di una misericordia intellettuale radicata nella convinzione che ogni frammento della vicenda umana è destinatario dell’annuncio del Vangelo. Per realtà ecclesiali che come il Meic hanno nell’apostolato della cultura il loro proprium vi è qui la consapevolezza di un’urgenza a cui rispondere: andare, in questo nostro tempo, alle radici di una lettura sapienziale della politica e restituire alla cultura quella funzione pubblica di strumento per dare alla politica un senso profondo della storia e dell’umanità.
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VERSO CAMALDOLI/2 Delegare non basta, servono cittadini protagonisti
21 Giugno 2019
di PAOLO DACCO’
delegato regionale Meic Lombardia
Lo spazio politico e del dibattito culturale è dominato da chi pensa di potersela cavare con poco: frasi e annunci ad effetto, promesse a getto continuo – non importa se contraddittorie e senza verifica successiva, capitani e caporali più o meno carismatici e zero idee complesse, ragionamenti e argomentazioni.
I cittadini meno attrezzati, oppure preparati ma animati da poca tensione verso un esercizio pieno dei diritti e dei doveri che la cittadinanza porta con sé, trovano decisamente più semplice delegare ogni decisione al leader di turno, senza assumere in prima persona posizioni o ruoli che esigerebbero poi impegni ed azioni conseguenti.
Sgombrando subito il campo da illusioni di facile cambiamento, va detto che un antidoto ad effetto rapido non esiste. Il lavoro – anzitutto culturale – che la situazione ci richiede, per quanto sia da attivare prima possibile, prevede tempi di efficacia medio-lunghi.
Non per questo, per il fatto cioè di non vedere nessuna luce in fondo al tunnel (del divertimento, soprattutto altrui), possiamo sentirci autorizzati al disimpegno o a cedere il passo alla sensazione di inutilità che spesso pervade chi si trova a remare contro una corrente contraria e impetuosa.
Credo invece che sia più che urgente ed opportuno non mollare la presa, da un lato assumendo l’atteggiamento e lo stile della “cittadinanza attiva”, dall’altro individuando nel grande filone dei “beni comuni” un campo di azione e di elaborazione di una nuova cultura politica capace di superare lo sfilacciamento dell’ampio fronte democratico-costituzionale, andando oltre sigle, partiti e partitini ormai specializzati in “teoria e tecnica della gestione del proprio ombelico”, per ridare respiro e un nuovo orizzonte ideale ad azioni capaci di coinvolgere i cittadini nuovamente come parte di una comunità e non solo come individui.
Il quadro è così complesso e frastagliato che sembra impossibile trovare un punto da cui partire. Credo che la visione complessiva sulla nostra realtà espressa nella Laudato Si’ e i temi in essa contenuti possano rappresentare un terreno comune a tante espressioni – non necessariamente ispirate da una prospettiva credente – di una nuova cultura di promozione di ciò che è comune ed essenziale per la vita di tutti.
Questo a tutela dei diritti di chi vive oggi, ma allo stesso tempo di quelli delle generazioni future.
In questa direzione si collocano i movimenti sociali e popolari (non a caso convocati più volte da Papa Francesco) che muovendo da una critica ai dogmi della globalizzazione ci hanno accompagnato e sollecitato negli ultimi decenni.
Da Seattle a Genova, al Forum dei Movimenti per l’Acqua con la grandissima vittoria referendaria del 2011 resa finora inefficace da scelte di segno opposto da parte di tutti i governi che da allora si sono succeduti, fino alla campagna in corso in questi mesi, promossa in tutta Italia dai Comitati per i beni pubblici e comuni “Stefano Rodotà” (www.generazionifuture.org), che propone una raccolta di firme per una Legge di iniziativa popolare che vuole l’inserimento esplicito nel Codice civile dei beni comuni e della loro tutela.
Insomma, per chi lo vuole c’è già da subito modo e spazio per essere attivi, iniziando a ridare senso e sostanza al nostro comune essere cittadini.
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VERSO CAMALDOLI/3 Nell’epoca dei populismi, investire in formazione
27 Giugno 2019
di MARCO FORNASIERO
“Fede e politica. Un dialogo da ricominciare”. Questo il titolo della Settimana teologica del Meic 2019. Probabilmente un dialogo che non si è mai interrotto perché cos’è la politica se non un atto di fede verso il prossimo, un prendersi cura dell’altro? Il mondo culturale dal quale proveniamo ha fatto da principe nel rapporto con la politica. Un ponte tra la formazione delle coscienze, tema tanto caro a chi come me ha vissuto l’esperienza della Fuci, e le esperienze a servizio del Paese a tutti i livelli. Potrà sembrare banale, ma il tema oggi è: vale la pena investire sulla formazione alla politica nell’epoca dei populismi? La risposta può essere solo che affermativa. Potrà sembrare scontato ma comporta un atto di responsabilità. Desiderare di percorrere questa strada significa decidere di mettersi in dialogo soprattutto con persone che possono sembrare distanti, che provengono da realtà differenti. È in questi momenti che prende corpo l’espressione “essere Chiesa”. Nel rapporto tra fede e politica, un aspetto dal quale oggi non è possibile esimersi è la comunicazione. Possiamo dire che fare politica oggi significa anzitutto saper comunicare, è difficile essere generativi se non si è in grado di comunicare le proprie idee all’esterno.
Una realtà che negli anni ha incarnato questa essenza è Connessioni, una comunità di giovani che da dieci anni dibattono e si formano sui grandi temi del Paese a partire dalla dottrina sociale della Chiesa. È bene ricordare come questa realtà sia nata dall’impulso del mondo associativo cattolico (Fuci, Azione cattolica, Agesci, Mcl, Gioventù Francescana ecc.), dalla volontà delle singole dirigenze nazionali di mettersi in rete, connettere i virtuosismi. Ed è proprio questo a mio avviso il punto di forza, a Connessioni non si frequenta una scuola di formazione politica ma si vive un’esperienza di fede declinata in tutti i suoi aspetti. Viene proposto un metodo che scandisce i lavori degli incontri in cinque momenti. Il primo è dedicato all’introduzione spirituale che seppur breve, costituisce il fondamento dell’agire politico e la base di partenza per ogni nostro incontro. Il secondo momento è dedicato all’ascolto e al dialogo con uno o più relatori sul tema della giornata. Il terzo è dedicato ai lavori di gruppo che si ispirano al metodo della casistica gesuitica, in cui dal caso concreto si risale al principio generale. Questo momento è fondamentale perché è durante la divisione in lavori di gruppo che si cerca di trasmettere il metodo proprio della democrazia deliberativa. L’esito dei lavori di gruppo sfocia nel quarto punto, la condivisione in plenaria del lavoro svolto. Last but not least, l’ultimo momento è rappresentato dal pranzo comunitario in cui ognuno è chiamato in base alle proprie disponibilità, a contribuire a questo momento di condivisione e amicizia.
Credo che ci sia ampio spazio di dialogo nel rapporto tra fede e politica e credo anche che le singole associazioni possano giocare un ruolo fondamentale nella formazione alla politica delle nuove generazioni, ma per farlo dovranno passare a mio avviso da due capisaldi: il fare rete per evidenziare gli aspetti virtuosi di ciascuna realtà nel rispetto delle singole autonomie, così da generare comunità; la comunicazione per dare corpo e ali ai contenuti.
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VERSO CAMALDOLI/4 “La fede ha una parola da dire su tutto”
03 Luglio 2019
di ROCCO D’AMBROSIO
ordinario di Filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana
Sono passati cento anni da quel gennaio del 1919, quando i cattolici italiani, guidati da Luigi Sturzo, sono ritornati ad impegnarsi direttamente in politica. Dei tanti nobili profili e alti contenuti, è impossibile fare sintesi, eppure solo la loro storia può illuminare e guidare il presente dei cattolici italiani. Consci che, come scriveva Pietro Scoppola, “la storia in contrasto con l’opinione corrente non dà lezioni, non detta comportamenti, non dice a nessuno cosa deve fare; ma solo aiuta, un poco, a capire che cosa siamo, lasciandoci tutta intera la responsabilità di scegliere, dopo averci messo in una posizione un poco più elevata, con la possibilità di un orizzonte più aperto”. Questa storia, oggi, non può prescindere dall’indicazione di Paolo VI: “Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi”. L’invito papale e conciliare ad impegnarsi in politica non contiene mai un’indicazione di schieramento e di partito. Per questo motivo il magistero si limita a ricordare solo le esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili nell’azione politica dei cattolici, che sono: il rifiuto dell’aborto e dell’eutanasia; la tutela dei diritti dell’embrione umano, della famiglia, della libertà di educazione e la tutela sociale dei minori; la liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù; la libertà religiosa; lo sviluppo per un’economia al servizio della persona e del bene comune; la giustizia sociale; la solidarietà umana; la sussidiarietà; la promozione della pace. Questi principi morali non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno e sollecitano una forte responsabilità personale nel realizzarli (cfr. Nota della CDF, 2002). Quindi, tutti i cattolici, a prescindere dalla loro collocazione politica e sociale, sono tenuti a seguire fedelmente tutte, nessuna esclusa, queste indicazioni etiche.
Eppure una frattura esiste tra i cattolici italiani e non è quella dello schieramento: è quella della coerenza. Ci sono coloro che vivono in politica servendo il Vangelo per il bene comune e, purtroppo, ci sono anche quelli (di destra, sinistra e centro) che vivono servendosi del Vangelo per accrescere interessi e potere. La frattura esiste non per carenze magisteriali, ma per deficienze formative, sia a livello di autoformazione che di itinerari in parrocchie e diocesi. Sono pochi i cattolici che giungono all’impegno politico con una robusta formazione intellettuale, un cuore grande e una fede solida. Chi è seriamente formato sa bene che non si può restare in silenzio quando sono in gioco i cardini della democrazia: solidarietà, unità dei popoli, pace, rispetto della dignità di tutti, accoglienza, rispetto delle istituzioni e della fede religiosa, giustizia e così via. Principi anche cristiani.
La proposta lanciata da papa Francesco di indire un sinodo della Chiesa italiana sembra essere quanto mai attuale: è innegabile una sorta di “scisma sommerso” tra i cattolici italiani, specie sui temi sociali e politici. Abbiamo bisogno di riflettere tutti insieme sulla nostra testimonianza di fede nel mondo. Non basta essere contro aborto, eutanasia e altri temi di etica personale; accanto a questi deve essere della stessa forza il No a razzismo, xenofobia, corruzione, mafie, guerre e traffico di armi, egoismi nazionali e discriminazioni. Niente deve fermare o compromettere la testimonianza di pastori e laici credenti. Il buon Dio ci invita a essere forti e liberi da ogni compromesso con chi vuole comprare, magari con privilegi o leggi, o strumentalizzare, in tanti modi, il consenso dei credenti.
Insieme a Scoppola potremmo indicare altri cristiani coerenti e significativi: Sturzo, De Gasperi, La Pira, Dossetti, Moro, Bonhoeffer, Lazzati, Rodano, La Valle, Romero e altri ancora. Sono convinto che ad accomunarli è quanto Scoppola scriveva: “La fede ha una parola da dire su tutto! È che tocca a ognuno dei credenti di far sentire questa parola. A tutti i livelli. In tutti gli ambienti. Con umiltà. Senza arroganza. Ma con la consapevolezza di una grande responsabilità e di un momento decisivo per la storia del mondo”.
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Oggi
Oggi martedì 23 luglio, nell’ambito delle manifestazioni per la Festa patronale di Sant’Anna a Stampace. Funtaneris, con il prof. Marco Cadinu.
UN VIAGGIO TRA ARCHITETTURE E PAESAGGI – PROIEZIONE FILM DOCUMENTARIO REGIA di MASSIMO GASOLE 2019.
Presenta il Prof. Marco CADINU dell’Università di Cagliari.
Chiesa monumentale di Santa Chiara
Salita Santa Chiara
Martedì 23 luglio 2019 h 20.30
societadisantanna@gmail.com
tel. 070 66 77 88 M. 328 309 5 309.
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Oggi martedì 23 luglio 2019
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Crescita e costituzionalizzazione dell’insularità
23 Luglio 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Da tempo si “agita” un variegato “comitato” per chiedere al Parlamento italiano l’inserimento in Costituzione del “principio di insularità dell’Isola”. Ma a che pro? In astratto, si può supporre che l’iniziativa sia volta a chiedere che la Sardegna venga messa in una “condizione di indifferenza” circa il costo della mobilità di merci e persone […]
—————————————————Autonomia differenziata————
Caro Andrea, la Lega vuole accentuare il divario tra nord e sud e i cinque stelle sono loro subalterni
Marco Ligas, su il manifesto sardo.
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Firmate per la tutela dei beni comuni!
Comitato beni pubblici e comuni Stefano Rodotà
Il Comitato di Difesa dei Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà” si pone l’obiettivo di riportare al centro del dibattito Nazionale la questione dei “BENI COMUNI”, attraverso il progetto di legge di iniziativa popolare, depositato in Cassazione il 18 Dicembre 2018, riprendendo il testo originale del disegno di legge Rodotà.
E’ in quest’ottica che invitiamo tutti i cittadini ad aderire all’iniziativa e a promuovere la raccolta firme. Per i residenti nel Comune di Cagliari i moduli per la raccolta delle firme sono disponibili presso le sedi comunali decentrate sul territorio (ex circoscrizioni comunali), che rimangono aperte al pubblico nei giorni e negli orari più avanti segnalati.
L’iniziativa a Cagliari è sostenuta dalle riviste online Aladinpensiero, Democraziaoggi, il manifesto sardo.
Documentazione pertinente:
il testo di legge d’iniziativa popolare
I materiali informativi, sono disponibili al seguente link: https://www.aladinpensiero.it/?p=95675;
La data per la pubblicazione all’albo pretorio del Comune è (fino al) 30/07/2019;
La data di scadenza per la raccolta firme è 30/07/2019.
CAGLIARI: orari apertura uffici per la raccolta delle firme. [segue]
I martiri di Palabanda, come i martiri cristiani: il loro sangue non sarà stato versato inutilmente
Su ghisadu. Ecco la nostra ricetta
Su ghisadu al mio paese era il piatto immancabile nei banchetti di matrimonio. Generalmente si usava carne di pecora o montone. Il manzo, più costoso, era utilizzato dalle famiglie più abbienti che nell’occasione ponian unu fiadu intreu. Un bue intero.
Si facevano due ghisados, su russu utilizzando la carcassa spolpata in modo sommario, e su fine cioè la polpa scelta. Il primo veniva preparato nella serata che precedeva il matrimonio. Si utilizzavano enormi caldaie-labiolos appoggiate su treppiedi -tribides- giganti. Con i tagli più muscolosi e ricchi di tendini si preparava una certa quantità di brodo ben condito. Si otteneva il duplice risultato di ammorbidire la carne e ottenere il brodo per la preparazione del ghisadu, russu e fine.
Nei recipienti si iniziava col rosolare le cipolle usando olio d’oliva e aggiungendo lo strutto, si aggiungevano le parti della carcassa che avessero dei residui di carne, e ancora la carne in precedenza lessata nel brodo, prezzemolo, qualche spicchio di aglio, basilico e altre spezie, principalmente noce moscata, numerose bottiglie di passata di pomodoro fatta in casa e una parte del brodo. La cottura a fuoco lento durava due o tre ore per la carne e non meno di quattro o cinque ore per il sugo che doveva essere sufficiente per gli gnocchi o gli spaghetti per il pranzo nuziale dell’indomani. Quanto al ghisadu russu, serviva per una frugale cena dei promessi sposi e dei parenti più vicini.
Nel preparare il ghisadu (fine) non mi sono discostato dalla tradizione.
Ecco la ricetta per tre kg di polpa scelta di manzo giovane. [segue]
Storia della medicina
22. La medicina nell’antica Bologna.
di Piero Marcialis, su fb.
L’università di Bologna nasce, libera e autonoma, nel XII secolo, dedita in principio a studi giuridici. È solo nel secolo XIII che si dedica anche allo studio della medicina.
Uno dei primi insegnanti è Taddeo Alderotti fiorentino (1223-1303), la cui originalità è dovuta alla introduzione nella letteratura medica dei “consilia”, cioè lo studio dei casi clinici. Pare che Dante Alighieri ne abbia ascoltato le lezioni.
Notevole è la presenza di due chirurghi, padre e figlio: Ugo Borgognoni da Lucca, ritenuto il miglior chirurgo del suo tempo, morto nel 1252; Teodorico suo figlio (1205-1298), teologo e medico, che divenne vescovo di Cervia. Teodorico è autore del Chirurgia: nega la necessità di lasciare il pus nelle ferite, come fino allora si credeva, afferma la necessità di ripulirle e fasciarle con bende inzuppate nel vino; usa la spugna anestetica impregnata di mandragola e oppio.
Altro grande maestro fu Guglielmo da Saliceto (1210-1277), che si occupò della cura dell’idropisia, sostenne l’unione dello studio di medicina e chirurgia, preferiva l’uso del coltello al cauterio, dava molta importanza alla conoscenza dell’anatomia; raccomandava agli allievi riflessione e tranquillità, umiltà e gravità, e poche chiacchiere con amici e parenti del malato.
Suo discepolo fu Henricus, Enrico di Mondeville (1260-1320).
Questi doveva possedere talento da umorista. Riteneva che giovasse al malato il buon umore: ascoltare musica piacevole, ricevere notizie gradite: addirittura, per tenerne su lo spirito, consigliava di scrivere lettere con buone notizie false.
Bisognava allontanare dai feriti, durante il soccorso, gli amici impressionabili che potevano svenire e creare confusione, “però si può, dalle persone che svengono e si rompono la testa, cavare un compenso anche maggiore che dal malato principale”.
Come il maestro, Enrico sostiene la necessità di uno stretto legame tra medicina e chirurgia: “nessun chirurgo può essere bravo se non conosce la medicina, come nessuno può essere buon medico se ignora la chirurgia”.
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Piero Marcialis su aladinpensiero online.
Oggi lunedì 22 luglio 2019
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Autonomia differenziata: egoismo del Nord o inerzia del Meridione?
22 Luglio 2019
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Si leggono da tante parti molte critiche al regionalismo differenziato. Attenterebbe nientemeno che all’unità del Paese. Renderebbe i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. E’ un progetto perverso delle regioni del Nord a guida Lega/PD ed altre amenità di questo genere. Beniamino Moro da L’Unione sarda ci ha ricordato […]
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Verso Camaldoli. Dibattito sulla democrazia oggi e sul dialogo tra fede e politica.
Si terrà dal 26 al 30 agosto a Camaldoli la Settimana teologica 2019, intitolata “Fede e politica. Un dialogo da ricominciare”, organizzata al MEIC, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Per l’importanza e la ricchezza dei contenuti abbiamo ripreso dal sito del Meic su Aladinpensiero una parte dei lavori preparatori, ripubblicandoli integralmente o riportando i relativi link. Contiamo ora questa attività. Daremo ovviamente conto dei lavori della Settimana e delle conclusioni.
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Su ghisadu
CENA DI AUTOFINANZIAMENTO
I piatti della Cena di autofinanziamento della Scuola di Cultura Politica Francesco Cocco di Cagliari: su ghisadu, chef Gianni Pisanu. Su ghisadu è un tipico piatto appartenente alla tradizione sarda, anche se le sue origini sono spagnole, e più precisamente catalane. Si tratta di uno spezzatino di carne aromatizzato. Bene se accompagnato da una pasta, preferibilmente gnocchetti sardi.
Oggi domenica 21 luglio 2019
———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————————
Addio Camilleri, amico e compagno
21 Luglio 2019
Emanuele Macaluso su il manifesto.
Il ricordo. Nelle sue opere il peggio e il meglio della Sicilia e dei siciliani.
Da Democraziaoggi.
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Storia della medicina
21. Scuola medica di Montpellier.
L’università di Montpellier nasce come luogo di cura, simile alla scuola di Salerno, per diventare poi scuola e Università. Nasce nel 1180/1190, diviene rapidamente un importante centro di medicina e la sua fama si consolida nei secoli successivi per durare fino ai nostri giorni.
Tra i suoi insegnanti ebbe Arnaldo di Villanova (1235-1312) che commentò il Regimen Sanitatis Salernitanum.
Spagnolo, laureato in teologia, legge e medicina, medico e chirurgo, ebbe tra i suoi pazienti due re e tre papi. [segue]
RWM. Lettera aperta ai lavoratori
Cari lavoratori RWM…
20 Luglio 2019
di Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Lettera aperta ai lavoratori RWM
Cari lavoratori RWM,
il mio impegno ininterrotto, da oltre mezzo secolo, nel movimento dei lavoratori della Sardegna e del Sulcis, credo legittimi questa mia lettera aperta. Mi induce a questo gesto, altrimenti pretestuoso e presuntuoso, la comune preoccupazione per la situazione d’incertezza sul vostro futuro lavorativo, legato alle sorti della RWM.
Vorrei sgombrare subito il campo da insinuazioni, sospetti e illazioni. Nessuno di noi, che ci opponiamo alla produzione di bombe, neanche per un attimo smette di preoccuparsi e di pensare al vostro futuro. Siamo democratici, da sempre schierati dalla parte del lavoro e dei lavoratori e, quindi, per noi il vostro futuro sta in cima ai nostri pensieri. Abbiamo rispetto sacrale della Costituzione che pone il lavoro come asse del nostro ordinamento, qualifica il diritto ala lavoro come diritto fondamentale e vuole che i lavoratori e le loro famiglie abbiano una vita libera e dignitosa. Quindi noi siamo e saremo sempre dalla vostra parte, senza se e senza ma.
Proprio per questa nostra scelta di fondo, vi invitiamo a riflettere sulla situazione con lucidità e realismo. Occorre partire da un dato indiscutibile. La produzione e il commercio di armi e ordigni a paesi in guerra è vietato da una serie coerente di norme e trattati che vanno dall’ONU al Parlamento europeo, alla Costituzione e alla legge italiana. Sul piano giuridico quel commercio è indiscutibilmente vietato. Il che significa che prima o poi quelle produzioni dovranno cessare. Oggi si svolgono in violazione del diritto interno e internazionale.
In questo contesto insistere nelle produzioni, spingere per il raddoppio dello stabilimento è apparentemente rassicurante per voi, in realtà protrae una situazione di illegalità che in qualsiasi momento può essere causa di sospensione della produzione o della sua cessazione. La stessa RWM può prevenire questa evenienza, trasferendo le produzioni altrove. In questa situazione l’unica posizione responsabile è quella di impegnarci tutti, governo nazionale e regionale, sindacati, forze politiche e sociali a ricercare una riconversione possibile in settori di avvenire meno incerto, anzi sicuro. Porsi in questa prospettiva significa spostare in avanti il dibattito, superare il falso dilemma tra pacifismo e difesa dell’occupazione, consentendo di unire le forze, eliminando contrasti e sospetti. Ecco perché non è condivisibile l’impostazione della riunione di alcuni sindaci dei Sulcis dei giorni scorsi a Domusnovas. Si è irresponsabilmente insistito nella difesa di produzioni e commerci ormai fuori legge, si è ammantata questa posizione di realismo, mentre non lo è, si è tacciata la richiesta di rientro nell’alveo della legalità internazionale e nazionale come imbelle ideologismo. Il discorso invece, per essere realistico e utile, deve essere capovolto: occorre muovere dal quadro giuridico che vieta il commercio delle vostre bombe e, partendo da questa base comune, ricercare la soluzione che salvaguardi al meglio il vostro lavoro. Solo quando si potrà stare tutti insieme intorno ad un tavolo in spirito collaborativo la vostra sicurezza aumenterà. Le riunioni come quella di alcuni sindaci dell’altro giorno porta la questione in alto mare, la allontana dai suoi termini reali.
Perché il sindaco di Domusnovas non convoca un incontro con questo spirito e con questi fini, chiamando al confronto e alla responsabilità tutti i protagonisti di questa vicenda e, anzitutto, i soggetti che possono risolverla nella legalità internazionale e costituzionale? Questo sarebbe l’inizio della soluzione dei vostri problemi.
Fraternamente
Andrea Pubusa