Monthly Archives: aprile 2019

Oggi

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Che succede?

c3dem_banner_04“VI BRUCIAMO VIVI” (ROMA, TORRE MAURA)
4 Aprile 2019 by Forcesi | su C3dem.
Carlo Bonini, “Il quartiere caduto nell’abisso dell’odio” (Repubblica). Flavia Amabile, “Vi bruciamo vivi!” (La Stampa). Corrado Zunino, “I nomadi sotto assedio. ‘Anche i bambini ci prendono a pietrate’” (Repubblica). Lorenzo D’Albergo, “La resa di Raggi sui rom, portati via tra i saluti fascisti” (Repubblica). Marino Niola, “L’oltraggio al pane di Torre Maura” (Repubblica). Marina Corradi, “Calpestare pane, calpestare umanità” (Avvenire). Giampiero Palmieri, vescovo a Roma, “Calpestare il pane gesto disumano, ma il disagio c’è” (intervista a Avvenire). Luca Ricolfi, “La capitale e quel senso di ingiustizia inascoltato” (Messaggero). Alfonso Sabella, “Gente lasciata sola. Così i penultimi attaccano gli ultimi” (intervista a Il Giorno).

Oggi venerdì 5 aprile 2019

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Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Verso il 25 aprile. L’ANPI allo Scano a parlare delle stragi nazifasciste.
5 Aprile 2019
Gianna Lai su Democraziaoggi.
In preparazione del 25 Aprile all’Istituto Tecnico Dionigi Scano di Monserrato, con la partecipazione dell’ANPI, si parla oggi di Seconda Guerra Mondiale e Resistenza. Partendo dal documentario del partigiano Mario Corona si rievocano le stragi nazifasciste del 1943 -1945.
Definite ‘guerra contro i civili’, le centinaia di stragi ad opera delle truppe tedesche, con la collaborazione o la […]

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La sanità dei sardi come merce di scambio
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto / 4 aprile 2019 /
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Che fare?

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sbilanciamoci
Abbattere le diseguaglianze, la ricetta di Barca
Rachele Gonnelli

27 Marzo 2019 | Si Sbilanciamoci – Sezione: Apertura, Società
Dal salario minimo orario alla dotazione di 15 mila euro agli studenti fino alle nuove norme per le fabbriche rigenerate dagli operai: sono 15 in tutto le proposte del ForumDD messo in piedi dall’economista Fabrizio Barca dopo due anni di elaborazione per “invertire la rotta”.

Parte dall’insopportabilità delle diseguaglianze, non tanto etica, in questo caso, quanto piuttosto sociale, economica e persino istituzionale, visto che la democrazia stessa viene messa a rischio dalla brusca frenata delle opportunità di miglioramento di vita delle persone, il nuovo lavoro condotto dall’economista Fabrizio Barca. Un lavoro in verità collettivo, anzi collegiale, che ha visto coinvolti circa cento tra professori universitari, ricercatori e attivisti delle associazioni attraverso un percorso durato oltre due anni, dall’ottobre 2017 a marzo 2019.

La discussione e l’elaborazione è avvenuta dall’interno di un Forum Diversità Diseguaglianze (o ForumDD), a partire da una piattaforma condivisa, e alla fine ha prodotto 15 proposte per “invertire la rotta”, cioè per ridare corpo alla giustizia sociale affrontando i nodi più attuali, dalla gig-economy al vivere all’epoca dei Big data e della profilazione sempre più totale delle persone, con le nuove diseguaglianze ed esclusioni sociali condotte ora anche attraverso algoritmi e customizzazione dei servizi offerti o negati, e poi ancora dalla de-industrializzazione al cambiamento climatico, dalla riduzione del peso dei corpi intermedi al diffondersi di modelli politici e sociali sostanzialmente autoritari e di iper-sorveglianza, che riducono la povertà a una negligenza dell’individuo e riservano l’accesso alle professioni ai figli di professionisti, con ciò paralizzando l’ascensore sociale e svuotando la scuola e l’università di funzioni pubbliche di valorizzazione del merito.

Il rapporto del ForumDD, pubblicato a fine marzo (integrale qui), ha seguito come fari la Costituzione, in particolare l’articolo 3 della Carta, e il recente libro dell’economista britannico Antony Atkinsons “Inequality. What can be done?” .

Oltre a dati e analisi della situazione italiana e mondiale, il lavoro del ForumDD si incardina su 15 proposte( incluso un salario minimo orario di almeno 10 euro e una “eredità. universale” o dotazione di 15 mila euro a studente) che ora vengono lanciate per essere sottoposte al confronto con la società italiana e nei territori, per tentare di trovare soluzioni concrete e riagganciare la dinamica che per trent’anni, dopo la seconda guerra mondiale, ha ridotto il divario sociale senza opprimere le differenze, senza bisogno di capri espiatori per come ora vengono usati i migranti, “mantenendo un equilibrio dei poteri”.

La sintesi delle 15 proposte:

Proposta n. 1. La conoscenza come bene pubblico globale: modificare gli accordi internazionali e intanto farmaci più accessibili

Si propongono tre azioni che mirano ad accrescere l’accesso alla conoscenza. La prima azione riguarda la promozione, attraverso l’UE, di una modifica di due principi dell’Accordo TRIPS che incentivi la produzione e l’utilizzo della conoscenza come bene pubblico globale. Le altre due azioni riguardano il campo farmaceutico e biomedico; si propone, sempre attraverso l’UE, di arrivare a un nuovo accordo per la Ricerca e Sviluppo, in sede di Organizzazione Mondiale della Sanità, che consenta di soddisfare l’obiettivo del “più alto livello di salute raggiungibile” e, contemporaneamente di rafforzare l’iniziativa negoziale e strategica affinché i prezzi dei farmaci siano alla portata dei sistemi sanitari nazionali e venga assicurata la produzione di quelli per le malattie neglette.

Proposta n. 2. Il “modello Ginevra” per un’Europa più giusta

Si propone di promuovere a livello europeo degli “hub tecnologici sovranazionali di imprese” che si occupino di produrre beni e servizi che mirino al benessere collettivo, partendo dalle infrastrutture pubbliche di ricerca esistenti ed estendendo il loro ambito di azione dalla fase iniziale della catena di creazione di valore a quelle successive. L’obiettivo è quello di sfruttare il successo di forme complesse e autonome di organizzazione per rendere accessibili a tutti i frutti del progresso scientifico e affrontare il paradosso attuale per cui un patrimonio di open science prodotto con fondi pubblici viene di fatto appropriato privatamente da pochi grandi monopoli.

Proposta n. 3. Missioni di medio-lungo termine per le imprese pubbliche italiane

Si propone di assegnare alle imprese pubbliche italiane missioni strategiche di medio lungo periodo che ne orientino le scelte, in particolare tecnologiche, verso obiettivi di competitività, giustizia ambientale e giustizia sociale. I punti di forza della pro- posta sono: l’identificazione di un presidio tecnico; la trasparenza della responsabilità politica; il monitoraggio dei risultati; la garanzia della natura di medio-lungo termine degli obiettivi; e il rafforzamento delle regole a tutela dell’autonomia del management.

Proposta n. 4. Promuovere la giustizia sociale nelle missioni delle Università italiane

Si propongono quattro interventi integrati per riequilibrare gli attuali meccanismi che inducono le Università a essere disattente all’impatto della ricerca e dell’insegnamento sulla giustizia sociale: introdurre la giustizia sociale nella valutazione della terza missione delle Università; istituire un premio per progetti di ricerca che accrescono la giustizia sociale; indire un bando per progetti di ricerca che mirano a obiettivi di giustizia sociale; valutare gli effetti dell’insegnamento universitario sulla forbice di competenze generali delle giovani e dei giovani osservata all’inizio del percorso universitario.

Proposta n. 5. Promuovere la giustizia sociale nella ricerca privata

Si propone di introdurre, nei criteri per l’allocazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca privata, parametri che inducano le imprese a tener conto degli effetti delle loro scelte sulla giustizia sociale e che le sollecitino a promuoverla.

Proposta n. 6. Collaborazione fra Università, centri di competenze e piccole e medie imprese per generare conoscenza

Si propone di valorizzare, sviluppare e diffondere in modo sistematico le esperienze in corso in alcune parti del territorio italiano, che vedono reti di PMI collaborare con le Università e con altri centri di competenza per superare gli attuali ostacoli derivanti dalla concentrazione della conoscenza e produrre conoscenza condivisa che consenta un recupero della loro competitività.

Proposta n. 7. Costruire una sovranità collettiva sui dati personali e algoritmi

Si propone che l’Italia compia un salto nell’affrontare i rischi che derivano dalla concentrazione in poche mani del controllo di dati personali e dalle sistematiche distorsioni insite nell’uso degli algoritmi di apprendimento automatico in tutti i campi di vita. La strada è segnata dalle esperienze e dalla mobilitazione che altri paesi stanno realizzando su questo tema: mettere alla prova il Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati che fissa principi all’avanguardia sul piano internazionale; rea- lizzare un ampio insieme di azioni, specie attorno ai servizi urbani, che vanno da una pressione crescente sui giganti del web alla sperimentazioni di piattaforme digitali comuni; rimuovere gli ostacoli allo sviluppo delle comunità di innovatori in rete.

Proposta n. 8. Strategie di sviluppo rivolte ai luoghi

Si propone di disegnare e attuare nelle aree fragili del paese e nelle periferie strategie di sviluppo “rivolte ai luoghi” che traggano indirizzi e lezioni di metodo dalla Strategia nazionale per le aree interne; strategie che, attraverso una forte partecipazione degli abitanti, combinino il miglioramento dei servizi fondamentali con la creazione delle opportunità per un utilizzo giusto e sostenibile delle nuove tecnologie.

Proposta n. 9. Gli appalti innovativi per servizi a misura delle persone

Si propone di promuovere con diversi strumenti il ricorso da parte delle amministrazioni, soprattutto locali, agli appalti innovativi per l’acquisto di beni e servizi, che consentono (come mostrano le poche ma positive esperienze italiane) di orientare le innovazioni tecnologiche ai bisogni delle persone e dei ceti deboli. In particolare, gli strumenti proposti sono: formazione dei funzionari pubblici; rimozione degli ostacoli alla partecipazione; campagna pubblica di informazione; ricorso a consultazioni pubbliche per il disegno del bando.

Proposta n. 10. Orientare gli strumenti per la sostenibilità ambientale a favore dei ceti deboli

Si propongono tre linee d’azione che possono orientare gli interventi per la sostenibilità ambientale e il contrasto al cambia- mento climatico a favore della giustizia ambientale, condizione perché quegli stessi interventi possano essere attuati: rimodulazione dei canoni di concessione del demanio e interventi fiscali attenti all’impatto sociale; rimozione degli ostacoli ai processi di decentramento energetico e cura degli impatti sociali dei processi di smobilizzo delle centrali; modifiche dell’Ecobonus per l’incentivazione delle riqualificazioni energetiche degli edifici ed interventi sulla mobilità sostenibile in modo favorevole alle persone con reddito modesto.

Proposta n. 11. Reclutamento, cura e discrezionalità del personale delle PA

Si propone che in tutti i livelli amministrativi coinvolti dalle singole strategie di giustizia sociale proposte nel Rapporto venga attuata la seguente agenda di interventi: a) forte e mirato rinnovamento (anche disciplinare) delle risorse umane; b) politica del personale che elimini gli incentivi monetari legati ai risultati e li sostituisca con meccanismi legati alle competenze organizzative; c) restituzione della funzione di strumento di confronto fra politica, amministrazione e cittadini alla valutazione dei risultati; d) forme sperimentali di autonomia finanziaria della dirigenza; e) interventi che incentivino gli amministratori a prendere decisioni mirate sui risultati, non sulle procedure.

Proposta n. 12. Minimi contrattuali, minimi legali e contrasto delle irregolarità

Si propone di realizzare un intervento integrato e simultaneo che aumenti i minimi salariali per tutte le lavoratrici e i lavoratori, indipendentemente dalla natura del contratto e composto da tre parti non separabili: estendere a tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici di ogni settore l’efficacia dei contratti firmati dalle organizzazioni sindacali e datoriali rappresentative di quel setto- re; introdurre un salario minimo legale, non inferiore a 10 euro, senza distinzioni geografiche o di ruolo, il cui aggiornamento nel tempo è deciso da una Commissione composta da sindacati, tecnici, politici; dare più forza alla capacità dell’INAIL e degli altri enti ispettivi di contrastare le irregolarità e costruire forme pubbliche di monitoraggio.

Proposta n. 13. I Consigli del lavoro e di cittadinanza nell’impresa

Si propone di realizzare l’obiettivo di una partecipazione strategica di lavoratori e lavoratrici alle decisioni delle imprese at- traverso l’introduzione di una forma organizzativa in uso in altri paesi, il Consiglio del Lavoro, che valuti strategie aziendali, decisioni di localizzazione, condizioni e organizzazione del lavoro, impatto delle innovazioni tecnologiche su lavoro e retribuzioni. Nei Consigli (che sarebbero quindi anche “della cittadinanza”) siederebbero anche rappresentanti di consumatrici e consumatori e di persone interessate dall’impatto ambientale delle decisioni.

Proposta n. 14. Quando il lavoro controlla le imprese: più forza ai Workers Buyout

Si propone di realizzare alcuni interventi mirati che consentano allo strumento dei Workers Buyout (WBO) – l’acquisto dell’impresa in crisi o in difficile transizione generazionale da parte dei suoi lavoratori e lavoratrici – di essere utilizzato in maniera più diffusa in Italia: rafforzare la formazione dei lavoratori e lavoratrici nel momento dell’assunzione del nuovo ruolo; agevolare fiscalmente i mezzi finanziari investiti da lavoratori e lavoratrici; accelerare l’opzione WBO al primo manifestarsi dei segni di crisi.

Proposta n. 15. L’imposta sui vantaggi ricevuti e la misura di eredità universale

Si propone un intervento integrato per riequilibrare la ricchezza su cui ragazze e ragazzi possono contare nel momento del passaggio all’età adulta e che esercita una forte influenza sulle loro opzioni e scelte di vita: da un lato, prevedere che, al compimento dei 18 anni, ogni ragazza o ragazzo riceva una dotazione finanziaria (o “eredità universale”) pari a 15mila euro, priva di condizioni e accompagnata da un tutoraggio che parta dalla scuola; dall’altro, una tassazione progressiva sulla somma di tutte le eredità e donazioni ricevute (al di sopra di una soglia di esenzione di 500mila euro) da un singolo individuo durante l’arco di vita.

Il papa ai governanti spietati. NON ENTRA NELLA MIA TESTA E NEL MIO CUORE TANTA CRUDELTÀ

04054270-37b2-4fbd-895f-f61bbd0a00193 APRILE 2019 / EDITORE / DICE FRANCESCO / chiesadituttichiesadeipoveri
Il papa ai governanti spietati
NON ENTRA NELLA MIA TESTA E NEL MIO CUORE TANTA CRUDELTÀ

Lame taglienti per i migranti, torture e annegamenti per i fuggiaschi. Chi costruisce muri ne resta prigioniero. In ogni religione ci sono sempre gruppi integralisti che seminano la paura..La Chiesa è cresciuta, non brucia più gli eretici. Sulla libertà di coscienza spesso non siamo meglio dei musulmani. Europa incoerente
Questo è il testo delle risposte date da papa Francesco ai giornalisti il 31 marzo 2019 nell’aereo che lo riportava dal Marocco.
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Oggi giovedì 4 aprile 2019

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Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————

Oggi assemblea. Non ci arrendiamo: riportiamo la legge-truffa elettorale regionale al vaglio del Tar
4 Aprile 2019
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Una legge ingiusta, contro la sovranità dei sardi
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Impugnazione di una legge ingiusta

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Oggi giovedì 4 aprile 2019 alle ore 17.00 a Cagliari nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna in via San Salvatore da Horta n°2 si svolgerà un incontro-dibattito pubblico per la presentazione del ricorso contro la legge elettorale sarda dal titolo “Una legge ingiusta”. Introduzione di Andrea Pubusa, conclusioni di Marco Ligas, presiede e coordina Gabriella Lanero. Organizzano il CoStat e il Coordinamento regionale per l’attuazione della Costituzione.
Come annunciato, un gruppo di elettori ed elettrici democratici della Sardegna intendono presentare al Tar Sardegna un ricorso col quale impugnano l’atto di proclamazione degli eletti effettuato il 23 marzo scorso dalla Corte d’appello di Cagliari. I ricorrenti sono persone note del mondo culturale regionale: fra gli altri, Marco Ligas, già direttore e Roberto Loddo direttore de il manifesto sardo, Andrea Pubusa, Antonello Murgia, responsabile dell’Anpi provincia di Cagliari, Fernando Codonesu, Franco Meloni ed altri del CoStat, Franco Tronci e un folto gruppo di docenti delle scuole superiori, impegnati nel mondo della cultura e dell’associazionismo. Adesioni sono pervenute anche da Sassari, da Nuoro e da altri centri della Sardegna. Nell’intendimento dei proponenti, il ricorso dovrebbe portare la legge elettorale all’esame della Corte Costituzionale e alla correzione dell’atto di proclamazione degli eletti con una conseguente nuova composizione del Consiglio regionale. Quali censure muovono questi cittadini e cosa chiedono al Giudice amministrativo?
- La insufficienza della disciplina sulla parità dei genere,
- l’eccessivo premio di maggioranza,
- le alte soglie di sbarramento,
- il voto disgiunto,
- la mancata elezione del terzo candidato alla Presidenza a differenza del secondo,
- l’adesione fittizia di consiglieri uscenti a liste per evitare la raccolta delle firme.
Più precisamente l’insufficienza della disciplina sulla parità uomo-donna, che consente il voto solo per un genere, escludendo l’altro, col risultato della elezione di solo otto donne. Se la Corte costituzionale accoglierà questo rilievo, il Tar dovrà annullare le elezioni del 24 febbraio e si dovrà andare a nuove elezioni.
Premio di maggioranza. La seconda censura riguarda il premio di maggioranza. E’ eccessivo e privo di ragionevolezza assegnare al candidato presidente più votato, che ha il 40% dei voti il 60% dei seggi. Questo premio di maggioranza viola il carattere uguale del voto in uscita, ossia nel momento dell’assegnazione dei seggi.
Impugnazione delle soglie di sbarramento. E’ illegittimo poi lo sbarramento al 10% e al 5% o quantomeno il primo. Questa soglia è volta ad assicurare ai partiti maggiori il monopolio del governo e dell’opposizione. Una conventio ad excludendum per legge nei riguardi delle liste minori non allineate e coperte, che viola il carattere democratico dell’ordinamento.
Rappresentanza territoriale. Viene portata all’attenzione del giudice amministrativo e della Corte costituzionale anche la violazione della rappresentanza dei territori, che è anch’esso un vulnus del principio di uguaglianza del voto. Il Medio-Campidano, l’Ogliastra e il Sulcis-Iglesiente hanno avuto meno seggi di quanti la stessa legge elettorale sarda (art. 3) ne prevede in ragione del numero degli elettori delle diverse circoscrizioni.
No alle adesioni fittizie a liste per escludere la raccolta delle firme. Infine, bando alle furbate che consentono di esentare dalla raccolta delle firme le liste che non hanno mai eletto consiglieri regionali. Alcuni consiglieri regionali uscenti, pur rimanendo nelle proprie liste d’origine, hanno fittiziamente aderito ad altre liste per consentir loro la partecipazione alle elezioni senza raccogliere firme. Ciò è stato possibile grazie all’art. 21 della legge-truffa, che viola il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).
La mancata elezione del candidato presidente del M5S. Desogus, terzo classificato, a differenza del secondo e primo perdente Massimo Zedda, non è stato eletto presidente.
Il voto disgiunto, per violazione del principio di chiarezza del voto. Quali i tempi del processo? Il Presidente del Tar fisserà l’udienza prima dell’estate. In quella udienza se il Tar riterrà le questioni di legittimità costituzionale rilevanti e non manifestamente infondate (è sufficiente il dubbio sulla legittimità costituzionale), rinvierà gli atti processuali alla Corte Costituzionale.
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[Comunicato stampa CoStat - Coordinamento regionale per l'attuazione della Costituzione]
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«Se ci danno ragione si rischia di rivotare»
Andrea Pubusa, L’Unione sarda di giovedì 4 aprile 2019
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Newsletter

logo76Notizie da
Chiesa di tutti Chiesa dei poveri
Newsletter n. 144 del 3 aprile 2019
L’assemblea
Care amiche ed amici,
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La Scuola Popolare di poesia per la pace di Is Mirrionis istituisce 4 borse di studio

is-mirrionisdf0e252f-9906-4872-add0-b910b743c0eaScrive Gianni Mascia Secchi, direttore della Scuola.
Amigos, la Scuola popolare di poesia per la pace ha ricevuto una donazione che le permette di istituire quattro borse di studio per il laboratorio annuale e deve pertanto selezionare quattro persone ad hoc. Ovviamente corsie preferenziali per studenti universitari, disoccupati o parzialmentee occupati e persone che attraversano disagi esistenziali. Un occhio di riguardo agli abitanti del quartiere di Is Mirrionis. Hasta la poesia, siempre.

Oggi mercoledì 3 aprile 2019

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Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
L’originalità dell’interpretazione gramsciana del marzismo
3 Aprile 2019
di Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Nel volume “Marxismo e filosofia della praxis. Da Labriola a Gramsci”, Marcello Mustè, docente di Filosofia teoretica presso l’Università di Roma-La Sapienza, narra la storia della complessa e originale vicenda del contributo italiano all’elaborazione della critica del marxismo. Rispetto alle riflessioni poste in essere sopratutto in senso alla Seconda Internazionale con l’autorevole contributo di […]
————————————————————————Domani.
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Giornata mondiale dei Rom, Sinti e Caminanti

copia-di-programmaRiceviamo dalla Caritas Diocesana di Cagliari e volentieri pubblichiamo

Oggetto: BIGLIETTI Invito Giornata Mondiale dei Rom – Cagliari 8-9 Aprile 2019
Con la presente ho il piacere di invitarla alla celebrazione della Giornata mondiale dei Rom, Sinti e Caminanti, che sarà celebrata il prossimo 8 aprile, attraverso un importante evento organizzato dalla Caritas Diocesana di Cagliari e dall’Ufficio Migrantes in collaborazione con: Accademia Europea d’Arte Romanì, ANCI Sardegna, Associazione Beata Suor Nicoli, Carovana SMI Associazione Culturale, Centro Servizi Sardegna Solidale CSV, Conservatorio di Musica “G.P. da Palestrina” di Cagliari, Cooperativa Alle Sorgenti, Fondazione Anna Ruggiu Onlus, Fondazione di Sardegna, Fondazione Teatro Lirico di Cagliari, International Romanì Union, Them Romano Onlus, con il contributo di Fondazione Carlo Enrico Giulini Onlus, Portovesme Srl, Project Automation Spa e Banca di Cagliari, con il Patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Cagliari.
La celebrazione della suddetta giornata avverrà attraverso due concerti gratuiti dell’Alexian Group di Santino Spinelli e dell’Orchestra Europea della Pace che si terranno a Cagliari nelle giornate:
- 8 aprile 2019 alle ore 20.00 presso il Teatro Lirico di Cagliari (Via Santa Alenixedda);
- 9 aprile alle ore 10.00, in replica per gli studenti delle scuole presso l’Auditorium del Conservatorio di Musica G.P. da Palestrina di Cagliari (P.zza E. Porrino).
Sempre il 9 Aprile, alle ore 16:00 presso il seminario arcivescovile di Cagliari si terrà una riunione a porte aperte della International Romanì Union.

Per aderire al concerto, per avere ulteriori informazioni [segue]

Francesco

04054270-37b2-4fbd-895f-f61bbd0a0019ENTREVISTA AL PAPA FRANCISCO
“El que levanta un muro termina prisionero del muro que levantó”
El Pontífice reclama no sólo la acogida de migrantes, sino también su integración en el país de llegada
Usted es hijo de un emigrante italiano que se fue a Argentina en barco. ¿Qué sensación personal tiene al enterarse de que han muerto más de 35.000 migrantes ahogados en el Mediterráneo?

Por la cabeza nada. Por el corazón, mucho dolor. No entiendo. No entiendo la insensibilidad. O no entiendo la injusticia de guerra, la injusticia de hambre, la injusticia de explotación, que hace que una persona migre buscando cosas mejores. Y la injusticia de quien le cierra la puerta.
[segue]

“Scuola di formazione politica Francesco Cocco”

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“Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promossa da CoStat in collaborazione con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi.
Sul progetto di “Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promosso dal CoStat si è sviluppato un articolato dibattito, che ha fornito sufficienti indicazioni per consentirne in tempi rapidi l’avvio. Pertanto il CoStat ha deciso di procedere con gli adempimenti per la formalizzazione della Scuola, approvando lo Statuto e insediando gli organi di gestione per il primo triennio. Lo Statuto è stato registrato come prevede la normativa in materia di “associazioni non riconosciute” previa attribuzione del Codice fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si è poi provveduto all’apertura di un conto corrente bancario. Per quanto riguarda la sede della Scuola, è stato individuato un immobile a Cagliari, nella via Marche, n. 9, in accordo con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi, che lo gestiranno contemperando le esigenze delle tre organizzazioni, con una adeguata ripartizione degli spazi. Le tre Organizzazioni sosterranno i costi di acquisto e di ristrutturazione dei locali. Al riguardo è necessario uno sforzo aggiuntivo rispetto a quanto già fatto, con una raccolta straordinaria di fondi. Il dettaglio delle informazioni è riportato di seguito.

Europa, Europa

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Il “costo sociale e politico” della BrexitEuropa_Bandiera_Europea

di Gianfranco Sabattini

Sarà bene che si aggiornino coloro che devono le loro fortune elettorali al sostegno dell’idea che l’uscita dall’Unione Europea rappresenti la soluzione dei problemi dell’Italia; il “costo dell’uscita” non potrà essere ridotto al disagio temporaneo del cambio della valuta e del ritorno alla lira (disagio peraltro ritenuto compensabile con i presunti vantaggi che dovrebbero essere assicurati dal ricupero del pieno controllo della politica monetaria da parte del Paese). Il “costo” sarebbe infatti di ben altra natura e spessore, come stanno a dimostrare le vicende dell’”ex Paese comunitario”, il Regno Unito che, con il referendum svoltosi il 26 giugno del 2016 ha deciso di uscire dall’Unione Europea. I “troubles” britannici, che caratterizzano la ricerca di opportuni accordi per rendere definitivo il “divorzio” del Regno Unito dall’Unione, stanno a dimostrare (come nessuno immaginava) quanto siano complicate, complesse e destabilizzati le procedure necessarie per giungere ad un accordo finale.
Il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione avrebbe dovuto concludersi il 29 marzo 2019, ma tale data è stata ulteriormente rinviata, senza la certezza che alla nuova scadenza sia possibile giungere alla fine delle trattative, la cui mancata conclusione sta provocando una grave instabilità economica e politica all’interno del Paese già membro dell’Unione. L’incertezza che grava sulla fine del processo del “leave” è provata dal fatto che, nel novembre del 2018, in una bozza di accordo stipulato tra il governo britannico e i negoziatori europei si è preferito indicare come termine ultimo il “20XX”, lasciando intendere che l’accorso finale sulla Brexit potrebbe essere raggiunto addirittura anche nel 2099.
Sulle problematiche connesse alla posizione di stallo in cui “languono” le trattative riguardo alle modalità con cui “liquidare” i rapporti instaurati tra il Regno Unito e l’Unione durante la quarantennale appartenenza del primo alla seconda, è dedicato quasi per intero, con interessanti articoli, il n. 2/2019 della rivista “Italianieuropei”; particolare interesse riveste l’articolo di Paolo Graziano e Mario Almagesti (entrambi docenti di Scienza politica all’Università di Padova), nel quale gli autori propongono alla “sinistra dispersa italiana che volto non ha” di approfittare dell’esperienza che la Gran Bretagna sta vivendo (a seguito della decisone di fuoriuscire dall’Unione), per elaborare un progetto politico, idoneo a consentire al “campo progressista” di porsi come valida alternativa all’euroscetticismo dei partiti attualmente al governo dell’Italia.
In presenza dello stallo sulla prosecuzione delle trattative tra il Regno Unito e l’Unione europea, si è fatto sempre più probabile – afferma l’eurodeputato Pier Antonio Panzeri, nell’articolo “Come la Brexit ha cambiato l’immagine dell’UE” apparso sul n. 2/2019 di “Italianieuropei” – “lo spettro di un no deal, cioè una separazione tra Regno Unito e Unione Europea senza un accordo che non riservi un canale preferenziale per le relazioni tra i due soggetti”. I timori principali riguardano il ritorno dei burocratici controlli ai confini del Regno Unito, per via del fatto che esso, raggiunto l’accordo, finirebbe coll’essere considerato Paese terzo dall’Unione, con tutte le complicazioni che tale status comporterebbe sul piano del libero svolgimento degli scambi commerciali e del movimento delle persone con i Paesi europei; ma i timori riguardano soprattutto la situazione di instabilità economica, manifestatasi nel Regno, già all’indomani dello spoglio del referendum favorevole al “leave”, a causa dello stato di incertezza sulla chiusura dell’accordo.
Il continuo rinvio della chiusura dell’accordo non può, perciò, che essere fonte di preoccupazioni per i cittadini e le imprese delle due parti in causa che, rispettivamente, risiedono ed operano fuori sede e che hanno potuto sinora continuare a lavorare, studiare ed operare nel Paese di residenza, beneficiando dei diritti dei quali godevano prima del referendum. La prospettiva di una “Brexit” no deal” potrebbe dare corso ad un esodo e ad un controesodo di persone e di imprese tra le due parti, con ripercussioni negative, non solo sulle condizioni di vita di molti cittadini, ma anche sulle normali condizioni di operatività delle imprese, soprattutto di quelle operanti soprattutto nel settore dei servizi sanitari e sociali. Sebbene l’Unione Europea abbia dichiarato che, in condizioni di reciprocità da parte del Regno Unito, garantirà ai cittadini britannici le stesse condizioni di residenza delle quali essi godono attualmente, la mancanza di un accordo definitivo non manca di essere fonte di preoccupazione, soprattutto per i tre milioni di cittadini europei residenti in Gran Bretagna (700.000 dei quali sono italiani).
Nel complesso, dunque, il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea si sta rivelando, secondo Panzeri, “un evento di portata storica” e, indipendentemente dalle forme, ancora non definite, che l’evento assumerà, esso (l’evento) influenzerà profondamente “il futuro dell’Unione Europea”. Il lungo e complesso negoziato che sembra non avere termine ha messo in evidenza la “profondità dei legami giuridici, amministrativi, economici e sociali che più di quarant’anni di partecipazione del Regno Unito al processo di integrazione hanno determinato, e quanto sia difficile reciderli”.
Dopo il referendum, gli euroscettici e, in generale, i critici del progetto europeo avevano inteso rappresentare la Brexit come la dimostrazione che l’adesione all’Unione non costituisse una scelta irreversibile e come fosse facile recedere da essa. Il tempo, però, è valso a smentire, sia gli euroscettici, sia coloro che sostenevano quanto fosse facile la recessione dall’Unione; infatti, sono passati tre anni dal referendum, e il Regno Unito sta attraversando un periodo di instabilità maggiore di quella conosciuta negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo conflitto mondiale; cosicché, molti suoi cittadini si sono pentiti della loro originaria decisione di aderire alla proposta di abbandonare l’Unione, mentre altri chiedono che si torni ad una nuova consultazione popolare.
La sicurezza con cui i vincitori del referendum esultavano per il risultato raggiunto, hanno affievolito oggi il loro fervore; a molti di essi, l’uscita dell’Unione non appare più una liberazione, ma piuttosto la fonte di un crescente caos politico, del quale il Regno Unito sembra incapace di liberarsi. Da ciò che doveva essere il “primo calcinaccio caduto dell’edificio europeo – afferma Panzeri – è emerso uno dei messaggi più europeisti di sempre [...]. E così anche molto politici euroscettici che basavano la loro dialettica su messaggi contro l’Europa e contro l’euro” hanno dovuto provvedere a riorientare il loro pensiero, “concludendo che fosse più conveniente conquistare le istituzioni europee per modificarle dall’interno piuttosto che abbandonarle e trovarsi soli in mare aperto”.
Oltre all’instabilità economica e al caos politico dovuti all’incertezza sulla chiusura dell’accordo tra le due parti, vi è anche un altro problema che preoccupa non poco i britannici; si tratta del fallimento cui sono andati incontro sinora tutti i tentativi compiuti dal Regno Unito di raggiungere con l’Unione europea un accordo sul cosiddetto “backstop” per il confine tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda. La Brexit, infatti, sta mettendo in discussione l’accordo del Venerdì Santo, stipulato alla fine degli anni Novanta, che aveva portato alla pace l’Irlanda e il Regno Unito, dopo tanti anni di violenze ed i attentati; questo accordo – ricorda Domenica Cerabona, nell’articolo “Brexit, un’equazione a troppe incognite”, apparso anch’esso su “Italianieuropei” n. 2/2019 – è stato costruito all’interno del quadro giuridico comunitario, partendo dal presupposto “che il confine tra le due Irlande sarebbe stato quello tra due membri dell’Unione Europea e dunque un soft border, cioè “un confine senza controlli doganali, necessità di verifica di passaporti o visti”, per persone e merci.
Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, il problema del confine tra le due Irlande, dato per risolto, torna ad essere un’incognita per i britannici; ciò perché, se da un lato l’Unione non vorrà concedere all’Irlanda del Nord una posizione di favore rispetto al quadro legislativo comunitario, dall’altro lato il Regno Unito non potrà permettersi di consentire che l’Irlanda del Nord goda di uno status privilegiato rispetto alle altre nazioni del Regno. Il problema non si presta ad essere risolto facilmente, per le difficoltà che nascono dalla necessità di salvaguardare le regole comunitarie esistenti in fatto di libera circolazione di persone, capitali e merci solo entro l’area comunitaria; se all’interno di questa è un fatto del tutto normale che tra Regno Unito e Repubblica d’Irlanda non esistano controlli sulla libera circolazione di persone, capitali e merci, una volta però che il Regno Unito dovesse uscire dall’area comunitaria, l’assenza di controlli al confine tra le due Irlande non sarebbe più giustificata.
Per risolvere in via transitoria questo problema tra il Regno Unito e l’Unione europea è stato concordato un “backstop”, cioè una “sospensione della Brexit”, con la quale è stato stabilito che sino a quando non si troverà un accordo soddisfacente tra le parti sul problema del confine, il “backstop” rimarrà in vigore; in tal modo, il Regno Unito, a causa della mancata soluzione del problema del confine tra le due Irlande, si troverà esposto al rischio, denunciato dai sostenitori della Brexit, di conservare lo status di membro dell’Unione Europea, perdendo però, come osserva Cerabona, “il diritto di partecipare alle fasi decisionali comunitarie”. Il caos politico che la Gran Bretagna sta attraversando, a causa dei problemi insorti dopo il referendum del 2016, ha raggiunto un livello tale da indurre un numero crescente di cittadini a manifestare per chiedere, col supporto di diversi milioni di firme per il “remain”, un nuovo referendum per controvertire il primo.
Le manifestazioni che si susseguono sono un fatto inaspettato di grande importanza, che prospetta un impatto positivo sul rilancio del processo d’integrazione del Vecchio Continente e sulla riforme delle attuali Istituzioni comunitarie e delle regole concernenti l’eurozona. L’impatto potrebbe avere conseguenze politiche positive anche per l’Italia. Il fatto che le difficoltà sollevate per il Regno Unito dal “leave” consenta di ricuperare l’dea di Europa nella coscienza dei cittadini di molti Stati europei, potrebbe costituire l’occasione che le forze riformiste e progressiste italiane dovrebbero cogliere per schierarsi “unitariamente”, alla vigilia delle elezioni europee, con l’obiettivo di realizzare un’altra Europa.
Questa occasione è offerta dal movimento di fondo che, a livello europeo, proprio a seguito dei molti “troubles” che stanno affliggendo i britannici dopo il referendum del 2016, sta lentamente e progressivamente emergendo. Non è casuale che i disagi del Regno Unito siano seguiti da segnali che vanno nella direzione di una riappropriazione dell’idea di Europa da parte dei cittadini europei. Ne è prova il fatto, come riporta nel suo articolo Antonio Panzeri, che l’ultimo Eurobarometro (i sondaggi periodici che le Istituzioni europee commissionano per rilevare le tendenze di opinione presso tutti gli Stati dell’Unione), condotto sul finire dello scorso anno, mostri come un numero sempre maggiore di cittadini in tutti gli Stati membri valuti che continuare ad appartenere all’Unione Europea sia positivo per il proprio Paese. Il 62% del campione intervistato si è infatti pronunciato in tal senso, esprimendo il gradimento pro Europa più alto registrato negli ultimi venticinque anni; inoltre, il 68% degli intervistati ritiene che il loro Paese abbia beneficiato dell’appartenenza all’Unione.
Queste tendenze di opinione non possono lasciare indifferenti le forze riformiste e progressiste italiane; a parere di Paolo Graziano e Mario Almagesti, autori di “Pensare un’altra Europa: un’opportunità per il campo progressista” (una sorta di “Manifesto” sulla necessità di riformare l’attuale Europa, pubblicato sempre sul n. 2/2019 di “Italianieuropei”) i partiti italiani che hanno vinto le elezioni del 4 marzo 2018 devono il loro successo al fatto che l’Europa attuale, con l’imposizione di un’insopportabile austerità, di una pesante limitazione di sovranità e di eccessivi vincoli alle procedure democratiche, è stata responsabile dello smarrimento, o quantomeno del forte affievolimento, degli ideali europeisti; ciò che è valso a radicare e a diffondere l’euroscetticismo, politicamente “capitalizzato” dai partiti attualmente al governo dell’Italia.
Partendo da queste considerazioni, le forze riformiste e progressiste italiane potrebbero trarre motivo per elaborare una proposta politica unitaria che, tenendo conto dell’atteggiamento favorevole all’Europa da parte della maggioranza dei cittadini europei, sappia proporre una riforma delle Istituzioni europee (in particolare di quelle che presiedono al governo dell’eurozona) in grado di rispondere alle esigenze dei vari Paesi dell’Unione. E’ questa la prospettiva di azione politica che può animare e rilanciare, secondo i due docenti di Scienza politica, il “campo progressista”: questa prospettiva non può che avere come obiettivo il ripensamento di un’altra Europa, inserita in un percorso di integrazione più solidale, inclusiva e partecipativa, che risulti di “segno radicalmente diverso” rispetto all’Europa sinora realizzata.

Oggi martedì 2 aprile 2019

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Salvini è un pericolo per la nostra Costituzione
2 Aprile 2019
Alfiero Grandi, su Democraziaoggi.
[Democraziaoggi] Pubblichiamo come sempre con piacere gli articoli di Alfiero Grandi, vice presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale, cui aderiamo convintamente. Si tratta di contributi alla riflessione molto importanti e stimolanti. Tuttavia, non sempre le sue posizioni risolvono tutti i dubbi. Ad esempio, a me Salvini pare di destra, ma non fascista. La Lega amministra […]
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