Monthly Archives: aprile 2019
Ormai “solo un Dio ci può salvare”
Vegliare e assumere la sofferenza dell’altro
di Raniero La Valle, su fb.
La popolazione di Parigi ha vegliato la lunga agonia della cattedrale di Notre Dame che precipitava nella morte, è stata la vera veglia di Pasqua. Così dovremmo tutti vegliare Parigi, l’Europa, il mondo, perché non entrino in agonia, perché non siano provati col fuoco a causa delle nostre distrazioni, a causa delle nostre politiche assassine, a causa degli effetti collaterali dell’odio che abbiamo seminato a piene mani sulla terra.
Ciò ci riporta alla nostra assemblea di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” che il 6 aprile scorso a Roma ha cercato di ascoltare il grido dei popoli impauriti del futuro. Non è possibile trarre già ora delle conclusioni da tale assemblea. “Conclusioni” si potrebbero trarre, come è stato detto alla fine dei lavori, se fossimo in grado di dare una risposta alla vita devastata di Stella, la ragazza nigeriana la cui tragedia è piombata tra di noi nel racconto dei “casi concreti” di cui i giudici ci hanno parlato: violentata, mutilata, come è stata, tacitata fin dai suoi tredici anni, triturata negli ingranaggi del sistema che noi stessi abbiamo creato e difendiamo con accanimento per mare e per terra. Potremmo trarre “conclusioni” se fossimo in grado di fondare un’alternativa per tutte le Stelle che non avranno né pace né sorte se non ci convertiamo, se non cambiamo dalle sue fondamenta questo nostro governo del mondo.
Però in quell’assemblea abbiamo fatto una cosa rara, se non unica in questi tempi di domande inevase; abbiamo evocato e avviato una lettura messianica della crisi, e ne abbiamo tratto una lezione, analoga ci sembra a quella proclamata nella bufera da papa Francesco; e la lezione, espressa da Giuseppe Ruggieri, è quella di portare la sofferenza umana dentro Dio stesso, che patisce e muore nel crocefisso, e di riconoscere nella sofferenza lo strato più profondo dell’umano, che richiede una solidarietà assoluta, senza condizioni. A questo siamo chiamati, quando non c’è un’uscita puramente politica dalla crisi, né essa sta in qualsiasi ideologia religiosa, dottrina sociale o partito cattolico, ma sta primariamente nell’assumere la sofferenza dell’altro e da questo dolore farsi dettare la prassi adeguata a un processo di liberazione e di salvezza. Questa è per l’appunto la “Chiesa ospedale da campo” ripensata da papa Francesco, preannunciata dal Concilio del Novecento, osteggiata dalle Curie prigioniere del passato.
Tradotto nella sfera pubblica ciò significa, secondo la proposta folgorante formulata da Luigi Ferrajoli, fare del popolo dei migranti il popolo costituente e del diritto di emigrare il potere costituente di un nuovo ordine mondiale, basato sull’effettiva uguaglianza di tutti gli esseri umani. Anzi occorre procedere oltre su questa strada, fare dell’intera famiglia umana il soggetto costituente del nuovo ordine mondiale, e fare di tutti i diritti negati, non solo del diritto di migrare, il potere costituente di una nuova comunità internazionale di diritto di giustizia e di pace.
Sarebbe questa comunità umana universale, costituita in comunità politica, ministeriale e profetica, a raccogliere l’eredità delle promesse messianiche, sarebbe questo ”il messia che rimane” come il misterioso “discepolo che rimane” di cui Gesù ha detto a Pietro, nell’ultima pagina del vangelo di Giovanni: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te?”.
E se è stato detto che ormai “solo un Dio ci può salvare” è pur vero che c’è un Dio salvato dall’uomo, un Dio che deve molto all’umano, perché se non avesse creato e non fosse entrato nella carne dell’uomo, spogliando se stesso e facendosi simile agli uomini, sarebbe stato un Dio per nessuno, sarebbe stato un Dio della legge, non dell’amore, sarebbe stato un Dio senza storia.
Ed ora è solo l’uomo che può salvare Dio nel mondo, anche nel “mondo senza Dio” tracimante negli incubi dell’ex papa Ratzinger; è l’uomo che può salvare Dio dalla cattura degli idoli, liberandolo dai fraintendimenti e dalle false rappresentazioni che si fanno di Lui, dal “carico di errate preghiere”, come cantava David Maria Turoldo, dalla violenza esercitata in suo nome, e da tutti i Costantino che su di lui pretendono fondare il loro trono.
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Incendio Notre-Dame. Mattarella: «L’Italia intera si stringe con sincera amicizia e vivissima partecipazione al popolo francese»
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, il seguente messaggio:
«Seguo con angoscia le notizie dell’incendio che sta devastando in queste ore la Cattedrale di Notre-Dame, tesoro storico che nei secoli ha custodito un eccezionale patrimonio artistico di immenso significato per la Francia, per l’Europa e per la cultura del mondo.
In queste ore drammatiche l’Italia intera si stringe con sincera amicizia e vivissima partecipazione al popolo francese. Il nostro pensiero va a quanti in queste ore si stanno adoperando, a tutti i livelli, per domare le fiamme e preservare, nella misura del possibile, questo straordinario simbolo di Parigi.
Le giungano, Signor Presidente, le espressioni della solidarietà degli Italiani tutti e mia personale».
Roma, 15/04/2019
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Al via la “Scuola di cultura politica Francesco Cocco”
16 Aprile 2019, su il manifesto sardo.
[Franco Meloni]
Il Comitato d’Iniziativa Costituzionale e Statutaria, in collaborazione con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi di Cagliari, ha costituito una Scuola di Cultura Politica, intitolata a Francesco Cocco, morto di recente, che dello stesso Comitato è stato un illustre esponente.
[segue]
Notre Dame. Ricostruire Notre Dame de Paris. Ricostruire l’Europa.
[Riflessioni pertinenti] Pensierini #3 – Sgomenti per Notre Dame, con un pensiero a Tuvixeddu, al Poetto, al Chiostro di San Francesco e all’Anfiteatro romano di Cagliari….
di Vito Biolchini su vitobiochini.it
Oggi martedì 16 aprile 2019
Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Immigrazione: un’occasione per il rilancio dell’area progressista
16 Aprile 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
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LA PRIMA VOLTA CHE HO VISTO IL MARE
Una pièce al Teatro Massimo di Cagliari, con regia di Cristina Maccioni, domani martedì 16 aprile 2019.
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Un’altra motonave Alan Kurdi, della Ong tedesca Sea Eye, con a bordo 64 migranti salvati al largo di Lampedusa è stata respinta dai porti italiani. La generosità del governo italiano non è andata oltre la disponibilità ad acconsentire lo sbarco di due madri con i propri figli e di una terza donna incinta. Ma le donne non si sono volute separare dai propri mariti. Rifiutando la gentile concessione, avrebbero dichiarato: “prima la famiglia”. Ma il Governo non si è commosso di fronte a tanta fedeltà alla tradizione; il Ministro di turno si è voltato dall’altra parte ed ha lasciato che le famiglie, unite, riprendessero a vagare alla ricerca di un porto sicuro.
Molte di quelle persone, quasi certamente, hanno visto il mare per la prima volta, ed hanno cercato di attraversarlo.
Proprio come i personaggi dello spettacolo che domani, martedì 16 aprile, al Teatro Massimo alle 19,30, sarà messo in scena da Cristina Maccioni. Solo che i personaggi della pièce, scritta da Gianni Loy, non erano africani, bensì sardi Doc, nostri antenati che, nei primi decenni del secolo scorso, hanno attraversato il mare alla ricerca di un lavoro. Epoche differenti, eppure le similitudini non mancano. Sono stati minori non accompagnati, hanno mantenuto le proprie famiglie con le rimesse, hanno provato emozioni, paure, speranze. [segue]
Che cosa ci succede?
Tre miliardi di poveri diavoli, tre miliardi di Geppetti
di Guglielmo Ragozzino
Su Sbilanciamoci.12 Aprile 2019 | Sezione: Apertura, Società.
La vita costruisce una piramide che vede al fondo tre miliardi di padri e madri senza il necessario per crescere i figli. Politici ed economisti non sanno che fare per loro. Riflessione a un convegno a Matera sulla biodiversità bancaria.
Al convegno nazionale indetto dalla Fondazione Interesse Uomo, (nata per la lotta contro l’usura e presieduta da don Marcello Cozzi) e organizzato a Matera il 29 e il 30 marzo 2019, con il titolo Etica, cultura e bellezza. Le strade per una nuova economia, la seconda sessione aveva per titolo Biodiversità bancaria e finanza etica: quali argini all’indebitamento e all’usura. Quello che segue è il testo del mio intervento, ricostruito con l’aiuto di un Power Point.
Molte divisioni tra i viventi
Alla vigilia del convegno in una delle tante occasioni di Matera 2019, alla Casa Cava, era stato possibile ascoltare la splendida e commovente relazione di Eva Cantarella sul Mediterraneo come spazio comune e legame tra le persone del mondo, luogo per accogliere, conoscere gli stranieri. Per imparare che le divisioni si superano andando avanti insieme, imparando lingue, riti, religioni gli uni dagli altri, con fiducia reciproca.
Nella vita di ogni giorno, però, il 29 marzo, nel Convegno, è ricominciato il ritornello: le persone umane si dividono e lo fanno in molti modi, prima di trovare una soluzione, utilizzando la storia antica e il diritto greco e romano insegnati da Cantarella. Le persone si dividono tra dentro e fuori, sopra e sotto, noi e voi (io e voi), maschi e femmine, sani e ammalati, giovani e diversamente giovani, saggi e diversamente saggi, lavoratori e disoccupati, banchieri e clienti, ricchi e poveri. Delle ultime due partizioni abbiamo inteso occuparci.
Banchieri e clienti
Biodiversità bancaria e clientela più o meno organizzata. Gli istituti di credito sono grandi e piccoli e appartengono agli azionisti oppure ai soci. Si decide contando le azioni oppure applicando la regola che uno vale uno. In un caso s’intende garantire il credito con strutture forti per evitare bancarotte e disordine economico. Nell’altro caso s’intende offrire il credito secondo i bisogni. A conti fatti, solo chi offre garanzie avrà il credito. Prevale la tendenza a erigere istituti di credito sempre più grandi e in teoria più affidabili; il rischio di tracolli disastrosi per grandi complessi bancari spinge a costruirne sempre più solidi. In passato si sono separate le attività di credito commerciale da quelle d’investimento.
Negli anni Novanta il sistema bancario in Italia era prevalentemente pubblico: c’erano le tre (o quattro) banche d’interesse nazionale, BIN, che facevano capo all’IRI guidato da Romano Prodi, e almeno altre sei banche come Sicilia o Napoli, spesso di origine prerisorgimentale. Si decise, in linea con le scelte della Comunità-Unione europea di privatizzare tutto. Fu Giuliano Amato, prima da ministro del Tesoro di Ciampi e poi da primo ministro ad assumersene la responsabilità.
Ora è rinata la confusione; la regola prevalente, nel capitalismo bancario dell’Unione Europea, è quella di avere istituti di grandezza appropriata, inseguendo quelli americani e cinesi. La Banca d’Italia, e di conserva la BCE, chiede per i nostri istituti un attivo minimo di otto miliardi di euro, ciò che obbliga le banche popolari e cooperative a chiudere, o a farsi assorbire, oppure a mettersi insieme con altre popolari, anche di altre parti del Paese, per raggiungere quella soglia. La conoscenza della vita reale, dei bisogni reali, dell’attività economica locale è così sacrificata. L’usura, sempre in agguato, sostenuta dai poteri mafiosi locali, si rafforza tanto che nel 1996 il Parlamento vota una legge contro l’usura che in teoria dovrebbe costituire un baluardo, a furia di grida e rigidi massimali. La vita si svolge però diversamente, come sapeva già Shakespeare ai tempi del Mercante di Venezia.
Banca Etica tenta di fare qualcosa con il Microcredito, l’informazione diffusa e con i suoi banchieri ambulanti.
Ricchi e poveri a Davos
Ogni anno in gennaio i ricchi si riuniscono in un Cantone svizzero (Davos, nei Grigioni). Tutto è perfetto, esclusivo, desiderabile, elegante. Tutto è scalabile (e molto costoso). I ricchi chiamano a riferire economisti di prima scelta e reggitori mondiali, per far spettacolo. Intanto parlano tra loro e fanno affari. Oxfam, una ONG inglese, tiene conto di quanti ricchi ci vogliano per pareggiare il conto di tutti i poveri. Il record attuale è che tre ricchi, (Gates, Bezos e un altro, variabile) bastano a pareggiare tre miliardi di poveri. (Domanda: se Bezos crolla in Borsa, si tagliano cento milioni di poveri? ) Oxfam sta dalla parte dei poveri, sinceramente, e fa un notevole lavoro d’informazione, ma a ben vedere fa anche della pubblicità alle formidabili imprese di Lor signori. Inoltre raccoglie tra i ricchi i proventi per agire. In sostanza è un’altra prova del fatto che il mondo è proprio così e non può cambiare senza che ce la si metta tutta.
La Piramide degli averi
Poche persone sono ricche e molte di più sono povere. Quante sono e come si contano le diverse categorie? Per esempio si può disegnare una piramide, con i ricchi in alto, i poveri in basso e in mezzo tutti gli altri. I vari modi per disegnare la figura, allungando lo schema oppure facendolo molto tozzo, o schiacciato verso il basso, sono a ben vedere altrettante proposte politiche.
Gli adulti di Credit Suisse
La banca svizzera Credit Suisse ha disegnato una sua speciale piramide e l’ha messa al centro del suo Rapporto sulla ricchezza globale. L’attenzione è rivolta agli adulti, tra gli umani viventi, trascurando gli altri. Gli adulti presi in considerazione sono 5,014 miliardi, mentre i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze di ogni età, poco meno di tre miliardi, non sono tenuti in conto. In effetti la gran banca suggerisce di non puntare su persone aleatorie come i bambini: non si sa se arriveranno a essere grandi e clienti-contribuenti, quindi è meglio lasciarli stare, fintanto che non sarà chiarita la loro intenzione di sopravvivere, oppure di lasciarsi perdere. Non si può che lodare l’intelligenza previsionale del Banchiere. Ecco dunque la ripartizione per censo dei cinque miliardi di adulti.
La Piramide svizzera degli adulti nel mondo è la seguente:
42 milioni di persone con più di un milione di $ (dollari americani); essi sono lo 0,8% degli adulti e detengono 142 mila miliardi di $ pari al 44.8% di tutta la ricchezza mondiale;
segue lo strato borghese costituito da 436 milioni di persone con almeno 100 mila $. Si tratta dell’8,7% della popolazione adulta e insieme dispongono di 124,7 mila miliardi di $ pari al 39,3% del totale;
il terzo strato o ceto medio è di 1.325 milioni di persone pari al 26,6% del totale con almeno 10mila $ di ricchezza. Si tratta del 26,6% della popolazione con 44 mila miliardi di $, pari al 13,9% della ricchezza complessiva;
3.211 milioni di persone adulte con meno di 10mila $ costituiscono la popolazione povera, con 6,2 mila miliardi complessivi. Essi detengono l’1,9% delle ricchezze. In compenso sono i due terzi dei viventi.
Alla base della Piramide
La sigla internazionale per base della piramide è BOP Bottom of the Pyramid. Le persone che ne fanno parte equivalgono al 63,9% del totale dei viventi adulti. Ciò significa che due terzi di essi hanno comunque meno di 10 mila dollari annui pari a 27 dollari al giorno. Non tutti sono così fortunati. La maggior parte, interi continenti di poveri, ha meno di dieci, meno di cinque dollari al giorno. Poco, come è facile capire. Meglio dare un aiuto, meglio lasciar stare, lasciar fare, intervenire il meno possibile? Organizzare i poveri? Lasciare che si organizzino da sé? Come evitare che finiscano in mano agli usurai? Su altri piani, è una discussione che ricorre da secoli; nel mondo comunista vi fu Lenin che si proponeva nel Che fare? di organizzare le masse dall’esterno, portando da fuori i suggerimenti e gli attivisti; Marx invece era convinto che i poveri (la classe operaia) avrebbe dovuto e saputo ricavare da sé la forza per essere classe di completo rinnovamento. Più di recente, se si trascura l’elemosina in ogni forma propugnata dalla Banca Mondiale e dalle sue varie agenzie, si confrontano le opinioni di Mohammad Yunus e C.S.Prahalad. I due studiosi, bangladese l’uno, indiano dell’ovest l’altro, hanno suggerito modi opposti di intervento. Da un lato è possibile organizzare la produzione di beni di sopravvivenza anche sul fondo della piramide, aumentando almeno in parte sicurezza di sé e capacità di rispondere alla povertà; oppure è possibile trasformare gli ultimi in consumatori, mobilitando perfino le imprese multinazionali come anche gli altri attori della società.
Detto altrimenti, prese tutte insieme le persone del BOP, due terzi degli adulti mondiali, i loro pochi averi e le loro inesauribili speranze, sono a disposizione ricchezze complessive pari a oltre seimila miliardi di dollari. Possono fare gola a qualcuno, oppure possono servire come leva per aiutarli a tirarsi su?
Povertà di una madre di famiglia
In giro per il mondo, i capofamiglia senza ricchezza, senza lavoro, senza aiuto, senza prospettive, senza via di fuga, al fondo della Piramide, son molto spesso donne. Si può pensare che le madri (o le figlie) dell’elenco siano complessivamente tra uno e due miliardi?
Spesso le donne, africane o asiatiche o sudamericane, o perfino europee, al fondo della Piramide, sono anche analfabete. Questo significa che la società e anche la famiglia non si è occupata di loro o non ha potuto farlo. Essere analfabete cinquanta o cento anni fa, in una società di braccianti parigrado era sopportabile, era vita comune, miseria uguale per tutti. Italo Calvino ci ha insegnato che Lucia Mondella (come anche Renzo Tramaglino) era analfabeta. Oggi però, sotto il tiro incrociato di televisione e telefono smart, il disagio di non leggere e non scrivere è anche maggiore.
Se ne è reso conto, con una lodevole intuizione, Mohammad Yunus, premio Nobel per la pace del 2006. Yunus ha capito che doveva scontare la debolezza culturale delle sue donne del Bangladesh e partire dai loro bisogni, per costruire un nucleo, tanti piccoli nuclei di donne simili tra loro e capaci di aiutarsi, controllarsi, proteggersi. Molte donne impararono a parlare, a chiedere prestiti, a fare i conti. Per questa rivoluzione a Yunus, economista, non venne dato dall’Accademia il premio all’economista, ma si premiò il filantropo, l’uomo buono (ma con la testa tra le nuvole). Yunus era pericoloso per i banchieri con i suoi prestiti senza garanzie, e fuori gioco per quegli schizzinosi degli altri economisti, consacrati a Harvard e a Cambridge, o, nell’altro caso, alla fucina dei Chicago boys.
Povera Italia
Sono 5.058 mila secondo l’Istat i concittadini in povertà assoluta, pari a 1.778 mila nuclei familiari. Le famiglie sono pari al 6,9% del totale, mentre le persone singole arrivano all’8,4%. Si distingue per età, tra Nord e Sud e tra città e campagna: stabilite le differenze del caso, una persona anziana sarebbe povera con meno di 965 euro al mese, tutto compreso (per esempio l’abitazione), un giovane solo 1.226 euro, due anziani conviventi 1.270 insieme. I conteggi precedevano l’avvento di Giancarlo Blangiardo alla presidenza dell’Istat. Considerato sovranista, il nuovo presidente è soggetto a qualche forma di pregiudizio.
Povera Italia 2°
Altri dati sono quelli della Banca d’Italia e per questo si è usato il condizionale.
Per la Banca d’Italia sarebbe povero chi ha meno del 60% del reddito mediano. Nel 2016 si trattava, tutto compreso, di 830 euro mensili. Il numero dei poveri italiani è in crescita in ogni caso: dal 20% calcolato nel 2006 si è passati al 23% sull’insieme della popolazione. Il reddito di cittadinanza, cui hanno aderito 700.000 domande, in una prima fase, meno del previsto, non offre invece spunti utilizzabili.
Povertà e lavoro nell’Unione Europea
Prendendo per parametro il salario minimo garantito nell’Unione Europea, ne risultano quattro classi. Sono otto i Paesi dell’Unione che prevedono un salario minimo inferiore ai 500 euro. Sono: Bulgaria, Lituania, Lettonia, Romania, Ungheria, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia. Sette Paesi hanno un salario minimo superiore ai 500 e inferiore a 1.000 euro mensili. Sono: Estonia, Polonia, Portogallo, Grecia, Malta, Slovenia, Spagna. Sette Paesi hanno salario minimo mensile superiore a 1.000 euro. Sono: Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Irlanda, Lussemburgo, Regno Unito. Sei Paesi infine non hanno salario minimo garantito. Sono: Italia, Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia, Cipro.
Muhammad Yunus
Microcredito per chi ha bisogno, senza esigere garanzie, per consentire un lavoro autonomo o per superare bisogni emergenti: è questa in sintesi la scelta della Grameen Bank costruita in Bangladesh da Yunus e poi esportata altrove; perfino negli Usa, con l’appoggio dei Clinton. Gli aspetti principali del sistema di microcredito à la Yunus sono nessuna garanzia, forte tasso d’interesse, altissimo tasso di restituzione. Sufficiente è un controllo sociale tra donne amiche, fiduciose e pari tra loro. Si evitano così, almeno in parte, mafie e usura. Lontano da Matera, a Iesi nelle Marche, esiste una cooperativa di donne mediorientali che costruiscono insieme turbanti. “Sai la novità: donne mediorientali, turbanti….”. Solo che il modello imitato è quello di Emma Bonino, l’idea di turbante è sua. I turbanti servono per altre donne, in cura e che hanno perduto i capelli.
C. K. Prahalad (1941-2010)
La base della piramide deve avere fiducia in se stessa, anche se è indispensabile un aiuto esterno (grandi imprese che sono capaci di vendere al mercato, ruolo pubblico, sindacati, cultura, informazione). “Un dirigente dipende, non tanto dalle risorse, quanto dall’immaginazione”, assicura Prahalad. Occorre che la base della piramide possa entrare nel mondo delle merci, in un circuito adatto a una popolazione povera. Importante è conoscere e farsi conoscere, decisivo avere una rete di contatti sicuri per sconfiggere l’usura e la prepotenza di un mercato ristretto. Per le persone del BOP ogni prodotto deve essere conosciuto, utilizzabile per l’esistenza di elettricità, acqua corrente, collegamenti o altro, conveniente quanto al prezzo, disponibile nel tempo e nello spazio. Prahalad pensava che una grande impresa, financo una multinazionale, sarebbe stata in grado di servire anche quelli del BOP.
I poveri fanno quasi compassione. Pinocchio e Mangiafoco
“Come si chiama tuo padre/Geppetto/ E che mestiere fa?/Il povero/ Guadagna molto? /Guadagna tanto, quanto ci vuole per non avere mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l’abbecedario della scuola dové vendere l’unica casacca che tra toppe e rimendi era tutta una piaga./ Povero diavolo! Mi fa quasi compassione! Ecco qui cinque monete d’oro. Vai subito a portargliele e salutalo da parte mia”/
Mangiafoco è un padrone che frusta e appende per il collo chi lavora per lui: i burattini, amici di Pinocchio. Ecco fotografato un padrone degli anni Ottanta dell’ottocento, anche se non sembra che il calco si sia perduto. E’ ricco, Mangiafoco, incapace di essere buono. Quando si commuove (e gli viene il singhiozzo) sa solo fare l’elemosina e neppure troppo bene; un po’ come i signorotti di Davos, i magnati di sempre. Da notare che l’abbecedario per la scuola corrisponde all’inizio della scuola pubblica obbligatoria in Italia. Un passaggio necessario per Collodi, socialista d’antan.
Oggi lunedì 15 aprile 2019
Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Consiglio regionale: chi è il capo dell’opposizione? Zedda?
15 Aprile 2019
Amsicora su Democraziaoggi.
Compagni ed amici, cos’avevate capito voi quando avete saputo delle dimissioni di Zedda? Che lasciava la seconda carica della Sardegna per capeggiare la c.d. sinistra? Che si sfilava la fascia che fu di Ottone Baccaredda per raccogliere e reincollaee i cocci in frantumi dell’area sedicente progressista? Boh, io avevo capito questo. Il progetto? […]
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Un Def che fa tornare indietro il paese
Giulio Marcon
Su Sbilanciamoci. 8 Aprile 2019 | Sezione: Economia e finanza, Editoriale
Nelle prossime ore il Governo trasmetterà alle Camere il Documento di Economia e Finanza, e non si può che essere molto preoccupati: non c’è alcuna misura di rilancio dell’economia per il 2020. Tutto ciò che non va nel Def, e ciò che si dovrebbe fare per rilanciare il Paese.
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Che succede?
LIBIA. LAVORO. SOCIETÀ E MAFIA
14 Aprile 2019 by Forcesi | su C3dem.
LIBIA: Tommaso Di Francesco, “La nostra Libia dimenticata” (Manifesto). Elisabetta Trenta, “Libia, no a prove di forza” (intervista al Corriere). Paolo Gentiloni, “L’Italia è sola in Europa. Il Governo può cadere sulla Libia” (intervista al Secolo XIX). Romano Prodi, “L’incendio in Africa non si spegne con le parole” (Messaggero). LAVORO: Vittorio Possenti, “Robot, la tecnologia ci ruba il lavoro?” (Avvenire). Chiara Saraceno, “Lavorare meno, provare si può” (Repubblica). Marco Bentivogli, “Meno ore di lavoro, sì, ma non per legge” (Corriere). Cecilia Guerra, “Le nostre imprese non possono ridurre l’orario” (intervista a Repubblica). SOCIETÀ E MAFIA: Federico Cafiero De Raho, “Lotta alle mafie, si sono attutiti gli anticorpi sociali” (Mattino). Giuseppe Pignatone, “Squadre unite e non eroi battono mafie e corruzione” (Sole 24 ore).
Beni pubblici e comuni – Ci impegnamo anche in Sardegna
Sostieni la legge di iniziativa popolare
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Beni pubblici e comuni
Per saperne di più
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- Iscriviti al Comitato
Oggi domenica 14 aprile 2019
Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Marco Paolini: volete ridere o piangere?
14 Aprile 2019
Gianna Lai su Democraziaoggi.
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———————————–Oggi alla Comunità di San Rocco – Cagliari
Disturbatori della quiete pubblica: alcune voci profetiche degli ultimi 100 anni.
Che succede?
PAESE-ITALIA. CASO ASSANGE
14 Aprile 2019 by Forcesi | su C3dem.
Enrico Marro, “Iva, la battaglia dell’aumento” (Corriere). Sergio Fabbrini, “L’appello delle parti sociali per il futuro dell’Europa e dell’Italia” (Sole 24 ore). Dario Di Vico, “La settimana del design, metafora dell’Italia migliore” (Corriere). Pasquale Tridico, “Sì al 75% delle domande del reddito” (intervista al Corriere). Maurizio Molinari, “Governance digitale per l’Italia” (La Stampa). Alfonso Gianni, “La rifondazione dell’economia secondo Ciocca” (Manifesto). Piero Bevilacqua, “La patrimoniale, una leva contro le disuguaglianze” (Manifesto). Rossana Rossanda intervista Maurizio Landini, “Un altro genere di sindacato è possibile” (Manifesto). Pietro Bartolo, “Migranti, propaganda vuota” (Avvenire). Donatella Di Cesare, “Quei prigionieri senza colpa” (Espresso). UMBRIA: Walter Verini, “Dobbiamo continuare a governare, questa regione ha anticorpi per ripartire” (intervista al Messaggero). ASSANGE: Paola Peduzzi, “Il paladino dei populisti” (Foglio). Barbara Spinelli, “La reazione a catena del caso Assange” (Il Fatto). Mauro Barberis, “Assange, l’innocenza perduta della rete” (Secolo XIX).
Che succede?
I CONTI (CHE NON TORNANO) DEL DEF
12 Aprile 2019 by Forcesi | su C3dem.
Mauro Magatti, “I conti che non tornano, ora occorre un piano b” (Corriere). Marco Ruffolo, “Def, le due missioni impossibili” (Repubblica). Leonardo Becchetti, “Patto chiaro con i cittadini sul Def” (Avvenire); Gianfranco Viesti, “Il Sud dimenticato” (Messaggero); Carlo Cottarelli, “Ma nel Def i conti non tornano” (La Stampa). Così il governo va a sbattere; lo dicono sia Anna Maria Furlan segretaria Cisl (“Urge cambiare rotta, così il governo ci porta a sbattere”, Il Dubbio) sia Maurizio Landini segretario Cgil (“La flat tax è una presa in giro, così il paese va a sbattere”, Secolo XIX). Stefano Toso, “Pregi e difetti del reddito di cittadinanza” (welforum.it).