Monthly Archives: marzo 2019
Cagliari verso il voto
Quanti saranno gli schieramenti che si presenteranno al responso delle urne il 26 maggio (o a giugno)?
Per ora almeno quattro:
1) Centro sinistra, più o meno allargato.
2) Centro destra (nella formula delle ultime elezioni regionali)
3) Movimento 5 Stelle (con possibile accordo con una o più Liste civiche)
4) Aggregazione alternativa (indipendentisti-identitari-sinistra alternativa)
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Dalla stampa online le ultime novità
Ufficiale, Ghirra alle primarie del centrosinistra: “Tempi maturi per la prima sindaca di Cagliari”
Di Ennio Neri 19 Marzo 2019 su Casteddu online
L’esponente della giunta Zedda su facebook: “Ho deciso di accettare la sfida per la scelta del prossimo candidato sindaco”
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Cagliari, gli alleati Pd forzano i tempi: “Candidato sindaco solo con primarie”
Di Alessandra Carta su SardiniaPost
—————————QUALI PRIMARIE?——————
La proposta di Gianni Loy.
Intervento pubblicato su Aladinews e su SardiniaSoprattutto.
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Elezioni a Cagliari: “I 5 Stelle al bivio, l’apertura alle civiche è una strada per uscire dall’angolo”, di Mario Gottardi su vitobiolchini.it (19/03/2019 alle 18:27).
L’amico e collega Mario Gottardi regala al blog questa interessante riflessione sulle elezioni comunali a Cagliari e sul futuro del Movimento 5 Stelle. Il dibattito è aperto e attende nuovi graditissimi contributi.
[segue]
L’improbabile fascino dell’austerità
Le presunte virtù dell’austerità
di Gianfranco Sabattini
Le politiche di austerità, attuate in presenza di un’autonomia decisionale “condizionata” dall’Italia per contrastare gli effetti negativi della crisi del 2007/2008, hanno dato luogo a un dibattito acceso e continuo sulla loro efficacia, perché considerate da molti commentatori ed economisti inidonee ad attenuare nell’immediato gli effetti della crisi, ma anche inappropriate a promuovere il rilancio della crescita del Paese, ridimensionandone il principale ostacolo, ovvero il debito pubblico consolidato.
Sul dibattito è calato di recente, con intenti risolutivi, il volume “Austerità: quando funzione e quando no”, di Alberto Alesina, Carlo Favero e Francesco Giavazzi, con una Prefazione di Ferruccio De Bortoli; in essa l’ex direttore del “Corriere della Sera” e del “Sole 24 Ore” ricorda, sia pure criticamente, che già il segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, nel lontano 1974, in un momento in cui i Paesi occidentali ad economia di mercato subivano gli effetti destabilizzati della crisi dei mercati energetici e del disordine dei mercati finanziari, tesseva le lodi delle politiche informate a un maggiore equilibrio nelle finanze pubbliche, affermando però che l’austerità può “essere adoperata o come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali, oppure come occasione per uno sviluppo economico e solidale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato”.
E’ proprio trascurando questa doppia valenza delle politiche di austerità che diventa possibile stupirsi, come accade agli autori del volume citato, del fatto che il dibattito sull’austerità abbia assunto in Italia “un carattere ideologico”, per cui “di rado” le argomentazioni sono basate su dati e riscontri reali. Da un lato, vi è la tesi di chi afferma che i “moltiplicatori della spesa”, essendo più grandi di quelli delle tasse, i tagli della spesa generano sempre recessioni severe; dall’altro lato, vi sono coloro che sostengono che i Paesi i cui conti pubblici non sono in ordine devono “evitare a tutti i costi di accumulare livelli di deficit anche molto bassi”, essendo “desiderabile in qualunque momento” una riduzione del deficit pubblico consolidato.
Nel loro libro, Alberto Alesina, Carlo Favero e Francesco Giavazzi sostengono che entrambe le posizioni sono fondamentalmente sbagliate, perché basate sul “modello keynesiano standard” sostanzialmente statico, mentre la loro analisi delle politiche di austerità fa riferimento, invece, ad un modello economico più complesso, in quanto integrato dalla considerazione “del ruolo delle aspettative, del lato dell’offerta”, nonché del fatto “che i piani di austerità hanno una natura pluriennale” e che le politiche di attuazione di tali piani sono accompagnate dalle politiche monetarie e da quelle delle riforme strutturali, riguardanti in particolare il mercato del lavoro e la liberalizzazione dei mercati dei beni e dei servizi pubblici.
Nel loro volume gli autori affermano di aver arricchito con quattro contributi la “letteratura sulle politiche fiscali”. Il primo riguarda la raccolta dei dati sulla base dei quali essi hanno condotto la loro analisi, realizzata attraverso l’esame di circa duecento piani di austerità pluriennali, attuati in sedici Paesi aderenti all’OCSE e ricostruiti attraverso la consultazione dei documenti originali riguardanti circa tremilacinquecento singoli provvedimenti fiscali. Il secondo contributo è di natura metodologica, e consiste nell’aver evidenziato il fatto che l’approccio standard allo studio dell’attuazione dei piani di austerità “valuta le politiche fiscali periodo per periodo, studiando le singole variazioni delle tasse o della spesa”, mentre il loro approccio (quello degli autori) include la considerazione delle problematiche di solito trascurate (quali, ad esempio, la natura pluriennale degli aggiustamenti e la considerazione dell’interconnessione esistente tra la decisione concernente il taglio o l’aumento delle tasse e quella riguardante la riduzione di un dato ammontare del debito pubblico).
Il terzo contributo dell’analisi, per esplicita affermazione degli autori, sta nei risultati, dai quali emergerebbe “una netta differenza tra i piani di aggiustamento basati prevalentemente su aumenti delle tasse e i piani basati per lo più su riduzioni della spesa”: i primi – essi affermano – “sono significativamente più recessivi di quelli basati sulla spesa”, e lo sono per tutto il periodo di attuazione del piano di austerità, “in particolare nei due anni seguenti l’inizio di un piano di consolidamento fiscale”. Questo terzo risultato, secondo Alesina, Favero e Giavazzi, vale a dimostrare che non ha senso parlare di austerità “in quanto tale”, realizzabile attraverso politiche i cui effetti “sono nettamente diversi a seconda del modo in cui sono messe in atto”. Infine, il quarto contributo dell’analisi condotta dagli autori consisterebbe nel dimostrare che l’attuazione di una politica di austerità non costituisce una “condanna a morte” per i governi che la attuano, o almeno che non lo è necessariamente.
Nel commentare i risultati della loro ricerca, tenendo conto dei contributi ricordati all’arricchimento della letteratura sulle politiche fiscali, gli autori affermano “di aver riscontrato una differenza molto grande negli effetti che i piani basati sulla spesa (EB: expenditure based) e quelli basati sulle tasse (TB: tax based) producono sul PIL”; la differenza accertata consiste nel fatto che l’austerità basata sulla spesa, pur riuscendo spesso a frenare il tasso di crescita del rapporto debito/PIL, nella maggioranza dei casi considerati i piani di austerità basati sulle tasse “sono stati associati a un aumento” del tasso del debito. Gli autori, tuttavia, pur avvertendo che gli effetti dei piani di austerità dipendono, oltre che dalle tasse, anche da altri fattori, confermano che gli effetti diversi prodotti dai piani EB e da quelli TB sono risultati evidenti in tutti i casi da essi considerati.
Riguardo alle conseguenze elettorali (o, più in generale, politiche) dell’austerità, gli autori rilevano che l’evidenza empirica non consente di sostenere “la popolare ipotesi secondo cui le politiche di riduzione del debito producono sempre conseguenze elettorali negative”; le risultanze della loro ricerca non consentono di affermare che i governi che “adottano politiche aggressive di riduzione del deficit perdano poi alle elezioni”, rendendo plausibile l’ipotesi che alcuni governi possano riuscire a conservarsi al potere senza perdere consensi, pur avendo assunto decisioni volte a ridurre il debito pubblico consolidato.
Sulla scorta delle risultanze della loro ricerca, gli autori si chiedono poi perché in Italia il dibattito sull’austerità sia stato tanto acceso. Secondo loro, una delle ragioni è da ricondursi al fatto che il confronto ha scontato anche altre ragioni, quali il ruolo del governo nella gestione del sistema economico, l’aumento delle disuguaglianze distributive, l’equità dei sistemi fiscali ed altro ancora. Gli autori hanno ritenuto importante “non confondere questioni diverse”, per cui hanno considerato estranea alla loro ricerca ogni questione riguardante la “dimensione ottimale” delle decisioni del settore pubblico riguardo alla gestione del sistema economico; il risultato della loro analisi – essi affermano – esula perciò da questo tipo di problemi, per cui credono di poter correttamente affermare che, “qualora ci fosse la necessità di tagliare un deficit di grande entità, gli aumenti delle tasse porterebbero ad una recessione, mentre i tagli della spesa no (o comunque porterebbero ad una recessione di misura inferiore)”.
Ovviamente, gli autori sono consapevoli che ogni decisione in fatto di tasse e di tagli della spesa non possa essere considerata neutrale rispetto al problema delle disuguaglianze distributive e che la composizione degli aumenti delle prime e dei tagli della seconda possano avere effetti ridistributivi diversi; si tratta, però, di questioni sulle quali gli autori non si esprimono, perché le considerano fuori “dai propositi” della loro ricerca. Essi, tuttavia, a differenza di coloro che sono ossessionati dal debito, non sono pregiudizialmente contrari all’eventualità che il settore pubblico possa indebitarsi; nessun principio economico – essi affermano – sostiene l’idea che il bilancio pubblico “debba essere in pareggio ogni anno: il deficit è uno strumento di politica economica assolutamente legittimo, se utilizzato con la dovuta prudenza”, ovvero tenendo sempre presente che, se “è facile accumulare deficit durante le recessioni o in caso di necessità”, è molto difficile “ridurlo” quando è necessario farlo.
In verità, occorre riconoscere che gli autori, con riferimento ai governi succedutisi in Italia prima della crisi finanziaria iniziata nel 2007/2008, hanno sempre criticato l’accumulo di livelli di indebitamento molto alti, senza che ve ne fosse bisogno; muovendo dall’assunto che, in presenza di un andamento negativo del ciclo economico, possa essere attuata una politica stabilizzatrice fondata su limitati livelli di indebitamento pubblico, gli autori si chiedono se le misure di austerità adottate dagli Stati europei maggiormente colpiti dalla crisi finanziaria seguita alla Grande Recessione del 2007/2008 (tra i quali l’Italia) siano state appropriate rispetto all’obiettivo perseguito.
La loro risposta (fondata sull’analisi dei piani di austerità cui la ricerca ha fatto riferimento) è che “i tagli della spesa” sarebbero “stati molto meno costosi rispetto agli aumenti delle tasse”; ciò consente loro di affermare quanto appaia “singolare che gli oppositori di ogni forma di austerità siano ancora così certi che tutto sarebbe andato per il meglio, se solo spesa e debito fossero stati fatti crescere liberamente”.
Con riferimento all’Italia, hanno ragione gli autori di concludere in questo modo? Le considerazioni che possono essere svolte su alcuni aspetti del sistema-Italia, che essi considerano estranei alla loro ricerca, valgono a giustificare qualche dubbio. Posto che i tagli delle spese siano meno “costosi” dell’aumento delle tasse, se si considera che due degli aspetti più negativi dell’economia italiana sono l’evasione fiscale e la disuguaglianza distributiva del prodotto sociale, non è ragionevole pensare che una più appropriata politica di austerità, fondata, non su un taglio delle spesa e su un aumento delle tasse indisriminato, ma su una politica informata ad una maggiore equità distributiva (fondata, ad esempio, su un aumento delle tasse, tese a colpire i patrimoni e i redditi più alti, e combinato con una più razionale diminuzione della spesa), avrebbe potuto dare maggior credibilità ad una politica restrittiva, attuata attraverso l’impatto sul PIL di una maggiore domanda aggregata, resa possibile dalla più equa distribuzione del prodotto sociale?
Non avendo seguito questa via, la “cura” della severa e indiscriminata politica di austerità si è rivelata, per l’Italia, regressiva, invece che espansiva. Infatti, nonostante la severità della “cura” somministrata (più tasse e meno spesa pubblica), il debito pubblico è aumentato, a causa dell’avvio di un meccanismo perverso che, non contrastato dal sostegno di una maggior domanda, ha causato l’aumento della disoccupazione, la depressione dell’attività economica e la riduzione delle entrate fiscali dovuta al minore reddito prodotto. In conclusione, il tipo di austerità praticato, almeno in Italia, ha aggravato ancora di più la situazione, anziché risolverla.
Non avevano perciò tutti i torti coloro (commentatori ed economisti) che, sin dall’inizio dell’attuazione della politica di austerità, denunciavano che la sua severa applicazione, fondata su un aumento indiscriminato delle tasse e su un’altrettanto indiscriminata diminuzione della spesa, avrebbe “depresso” gli effetti del moltiplicatore connesso ad un aumento della spesa e che il conseguente minor reddito avrebbe impedito ogni possibile riduzione del debito. Sembra proprio che delle due alternative cui, secondo Berlinguer, poteva essere finalizzata l’austerità, a prevalere, dopo la Grande Recessione iniziata nel 2007/2008, sia stata la prima, adoperata “come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali”, e non come strumento di sviluppo economico e solidale e per un risanamento dell’economia nazionale.
Che succede?
PRIMI SEGNALI PER UN NUOVO PD
18 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem
La registrazione dell’Assemblea nazionale del Pd (17 marzo 2019). L’intervento di Nicola Zingaretti all’Assemblea nazionale. Federico Geremicca, “Un nuovo Pd che superi le correnti” (La Stampa). Giovanna Vitale, “Le prime scelte” (Repubblica). “Zingaretti insedia lo staff operativo” (democratica.it). Stefano Folli, “Perché al Pd serve il voto anticipato” (Repubblica). Mauro Calise, “Rete e circoli, la svolta dem dalle parole ai fatti” (Mattino). Un’altra lettura, quella di Claudio Cerasa: “Serve un asse tra Lega e Pd per un’Italia maggioritaria” (Foglio). Valeria Mancinelli, “Il mio modello di Pd” (intervista al sindaco di Ancona, Espresso).
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[Dalla Rete C3dem] Il 21 marzo esponiamo la bandiera dell’Unione Europea!
18 Marzo 2019
Domenica 17 marzo ci siamo riuniti a Milano per l’incontro dei responsabili delle associazioni che fanno parte della nostra rete c3dem. E’ stato un momento intenso e proficuo, caratterizzato come sempre dallo spirito di amicizia e dalla ricchezza di contributi. Nei prossimi giorni daremo conto dei principali temi e obiettivi di lavoro emersi. Intanto, ci piace pubblicare una foto di gruppo con alle spalle la bandiera dell’Unione Europea, che esprime la nostra adesione all’appello di Romano Prodi per l’esposizione del vessillo il 21 marzo e il nostro sentirci, profondamente e convintamente, cittadini europei.
In vista dell’appuntamento elettivo europeo abbiamo avviato un dibattito sul futuro dell’Europa. Abbiamo cominciato con due testi: “Il sogno dell’Europa e la sua crisi. Le responsabilità dei cristiani”, di Guido Formigoni, e “Il sogno dell’Europa e la sua crisi. Le responsabilità dei cristiani”, la lettera-manifesto rivolta alla comunità ecclesiale da un gruppo di cristiani torinesi che fa riferimento al Centro Studi Bruno Longo, un presidente della Gioc (la Gioventù operaia cristiana) morto prematuramente nel 1984. Si attendono altri contributi e commenti.
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Diciannove marzo san Giuseppe
Da Aladinew del 19 marzo 2018
Giuseppe il falegname ***************** . (Aladinews 19 marzo 2015)
Oggi si ricorda S.Giuseppe. Grande simbolica figura.
Un uomo, falegname, che interpreta e mette in azione i messaggi dei suoi sogni. Prima sposa la fidanzata incinta di un figlio non suo, e la mette così al riparo dal disprezzo e da una pena spietata; poi, secondo sogno, emigra in terra straniera per fuggire il dominio di un tiranno, e salva così il futuro del figlio. Infine, dopo averlo cresciuto e avergli dato un mestiere, si accorge che quel figlio, a dodici anni (!) è capace di confrontarsi coi presunti sapienti del paese. E si toglie di scena, perchè il suo compito è finito.
Rappresenta l’umanità più vera: quella che parla poco e fa, che lavora, che rispetta la donna, che si sottrae all’oppressione, che cresce i figli e pensa al loro futuro, che si ritira in disparte senza onori e ricompense. Ricordiamoci di loro, sono i migliori. [segue]
Oggi martedì 19 marzo 2019
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————–Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Banche sarde fagocitate ed impoverimento della nostra regione? Battiamoci il petto: siamo noi i responsabili
19 Marzo 2019
Vittorio Dettori su Democraziaoggi.
Vittorio Dettori, noto economista del nostro Ateneo, risponde alle osservazioni in questo blog di Antonio Sassu sulla sorte del Banco di Sardegna.
E’ ineccepibile l’analisi che Antonio Sassu fa, nel suo articolo sul Blog “Democrazia oggi” del 4 Marzo u.s., circa le condizioni attuali del Banco di Sardegna, “fagocitato” dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna (BPER).[…]
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Eventi di oggi martedì 19 marzo segnalati da Aladinews
- A Quartu, Chiesa Santo Stefano. Salute e Lavoro. Il servizio alla persona.
- A Cagliari, Chiesa Battista. La donna e i suoi spazi di libertà nell’antica Grecia e Roma.
[seguono approfondimenti]
Oggi lunedì 18 marzo 2019
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————–Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Scintille nel centrosinistra. Comandini a Zedda: “scendi da cavallo e pedala”…frattanto Solinas: “riformo la sanità e la legge elettorale”
18 Marzo 2019
Amsicora su Democraziaoggi.
Avete visto, compagni e compagne? Nel centrosinistra c’è vita! Un giro vorticoso di poltrone! Piero Comandini del PD, rieletto nell’Assemblea regionale, viene dato per probabile candidato sindaco di Cagliari del centrosinistra. Ma sembra a sua insaputa o contro la sua volontà. Il nuovo capo e stratega regionale, Massimino, pare stia decidendo con Uras e Cani. […]
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F35: ecco dove evitare sprechi e recuperare risorse per progetti di sviluppo
18 Marzo 2019
Red su Democraziaoggi.
Per Salvini “prima gli italiani” vale sempre e comunque anche sulla questione F35. E così ecco la sparata del ministro dell’Interno: ha detto che “l’Italia non può restare indietro”, “altrimenti li comprano i francesi e i tedeschi”.
La ministra Elisabetta Trenta, “chiediamo rispetto dei ruoli e meno confusione“.[…]
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Eventi segnalati da Aladinews per domani 19 marzo 2019
- A Quartu, Chiesa Santo Stefano. Salute e Lavoro. Il servizio alla persona.
- A Cagliari, Chiesa Battista. La donna e i suoi spazi di libertà nell’antica Grecia e Roma.
[seguono approfondimenti]
Per Cagliari
IL CONTESTO
Chiose post e pre-elettorali
di Gianni Loy*
Tra le complicazioni della politica, un posto di rilievo è sicuramente occupato dalle riserve mentali. Ricordo ancora che da ragazzo, quando tale tecnica mi è stata spiegata, ho provato disappunto, un moto di ribellione verso quella raffinata teologia cattolica che le maneggiava sapientemente e, almeno così mi sembrava, le giustificava con eccessiva disinvoltura.
E sia.
Se alcuni recenti segnali, in politica, non fossero condizionati dalla riserva mentale di chi li esprime, ipotesi che rimane da verificare, si potrebbero avanzare alcuni ragionamenti, magari utili anche per l’imminente futuro.
Ragionamenti utili se si concorda sul fatto che l’avvio della legislatura, con la tormentata esperienza di un governo ancora una volta ispirato ad un contratto, ci restituisce l’immagine di una paese allo stato attuale, anche se non irrimediabilmente, diviso in due. Ciò non significa che sia venuta meno quella ricchezza di idee, di differenze, anche se a volte solo ideologiche, che hanno caratterizzato l’esperienza italiana e soprattutto il post-sessantotto. I principali schieramenti politici, del resto, diseredando la prima repubblica, si sono affannati a costruire un meccanismo di governo, a partire dal sistema, o meglio dai sistemi elettorali, improntato al bipartitismo. Un sistema elettorale in continua evoluzione, nella dichiarazione di intenti, finalizzato a garantire la governabilità ma. in realtà, costruito sugli interessi della maggioranza di turno, disposta a modificarlo in corso d’opera, magari anche con un pizzico di trasversalità, persino tenendo conto delle previsioni di voto.
Rapidamente, tuttavia, quando le regole del gioco sembravano definite, son venuti meno i presupposti che le avevano ispirate.
I partiti sino a qualche tempo fa egemoni nei due schieramenti, Forza Italia e l’attuale P.D., hanno rapidamente perduto consensi. Se Forza Italia ne ha già preso atto, e si accontenta, oggi, di tirare la giacca al nuovo vincitore nella speranza di essere riammesso ad un Governo purchessia, il PD, da parte sua, ha stentato a prenderne atto, anche perché, a differenza di quanto avviene in campo avverso, nonostante una significativa perdita di consensi, rimane pure sempre, e di gran lunga, la principale forza dell’area progressista e la sua leadership non è, al momento, insidiata. Semmai, fatica a comprendere che, al momento, non può ambire, con nessun sistema elettorale, a governare in solitario e dovrà farsene una ragione. L’intransigenza verso il dialogo non paga.
In secondo luogo, proprio quando sembrava che la Repubblica potesse finalmente trovare pace in un sistema bipolare di alternanza tra i due schieramenti che, da oltre vent’anni, si sono effettivamente avvicendati al potere, ha fatto irruzione sulla scena un terzo incomodo, il Movimento 5stelle, portando in dote una carica di innovazione e di alternativa al sistema, grazie soprattutto ad originali regole di autogoverno, che nel giro di poco tempo hanno trasformato la rappresentanza politica da bipolare a tripolare. Il sistema elettorale, pensato per altri scenari, è risultato inidoneo e, soprattutto nelle elezioni che prevedono il ballottaggio, persino premiante per l’intruso.
A livello nazionale, nonostante il ritocco dell’ultim’ora, volto ad impedire che il Movimento 5 stelle potesse beneficiare di un premio di maggioranza, la nuova legge elettorale ha prima fatto temere l’assoluta ingovernabilità e poi portato ad una alleanza innaturale, garantita da reciproche ipoteche e, soprattutto, resa possibile da numerose riserve mentali. Per intenderci sia da quelle che la teologia cattolica definisce “proprie”, cioè sostanzialmente bugie, ma soprattutto da quelle definite “improprie”, che non sono peccato perché il senso delle parole, anche se ovvio, “tuttavia è afferrabile se si considerino tutte le circostanze”. Non credo occorrano esempi.
Ebbene, in terzo luogo, questa è la mia ipotesi, proprio la squinternata esperienza di governo dimostra che non siamo affatto entrati in un sistema tripolare, cioè caratterizzato da tre distinte correnti di pensiero che si confrontano. Senza niente togliere alle novità, anche positive, che hanno accompagnato l’irrompere nelle istituzioni del Movimento 5 stelle, mi pare che i contrasti tra i due alleati di governo, in fin dei conti, dimostrino che il riferimento alle categorie tradizionali della politica, pur con tutti i distinguo, le varianti, le possibili trasversalità, ne venga rafforzato.
L’attuale governo non è un affatto un terzo polo, piuttosto la schizofrenica convivenza tra forze politiche che, volta per volta, esprimono opzioni di destra o di sinistra. Per chi insista nel ripudiare tale classificazione, l’antitesi non meno evidente, potrebbe essere rappresentata da altri binomi: diseguaglianza versus uguaglianza, secondo l’insegnamento di Bobbio; solidarietà versus egoismo; liberismo versus socialdemocrazia, e così via. Insomma: tra destra e sinistra.
Possiamo metterci dentro tutte le varianti che si voglia, perché queste due grandi visioni culturali, sia da un lato che dall’altro, non sono affatto omogenee al loro interno, ciascuna sopporta quasi infinite sfumature di colore, gradi di radicalismo. Possiamo considerare altre variabili, come in Sardegna il tema dell’autonomismo, o dell’indipendentismo, che, tuttavia, non alterano lo schema di fondo. Questi movimenti possono tirarsi fuori dal gioco, “correndo da soli” rispetto ai due schieramenti, oppure venire a patti, come fa il PsdAz, ora con l’uno ora con l’altro, risultando determinati una volta per chiudere l’esperienza di Soru, un’altra per garantire al sindaco di Cagliari la riconferma già dal primo turno, un’altra ancora, la più recente, per riportare le destre al governo della regione.
Ma rappresentano, tuttavia, militanti, elettori ed elettrici, che continuano ad appartenere, pur con tutte le sfumature, ad una certa visione di società. Non è un caso che tutte le volte che il Partito Sardo d’Azione sceglie l’opzione dell’alleanza con la destra, una parte dell’organizzazione entra in fibrillazione e talvolta paga qualche prezzo.
Possiamo augurarci che una presidenza sardista garantisca obiettivi di rilancio dell’autonomia, di un obbiettivo comune ad una più ampia platea di sardi. Tuttavia, è evidente che il governo regionale (posto che la domanda politica non è limitata all’opzione autonomista) risponderà ad una cultura e ad interessi che, per semplificare, continuiamo a definire di destra.
In questo contesto, che non è affatto manicheo, rappresenta solo uno scenario generale, è evidente che ciascuno dei due schieramenti sopporta, al proprio interno differenze di non poco conto. Al suo interno si confrontano visioni più o meno radicali. Un unico partito, proprio per tali differenze, non è in grado di canalizzare tutte le aspettative. Ed anche all’interno del principale partito della sinistra, o del centro-sinistra, del resto, le differenze sono così marcate da far temere il rischio di nuove scissioni.
Tuttavia, se alcuni recenti segnali non sono frutto di riserva mentale, si possono leggere indizi di come le tante sfumature politiche potrebbero trovare una sintesi, magari anche a partire dall’ormai imminente rinnovo del Consiglio comunale di Cagliari.
Ad esempio: Luigi Di Maio che dichiara che l’isolazionismo del Movimento 5 stelle può essere rimesso in discussione. E’ una novità di non poco conto. Ad esempio: Massimo Zedda, futuro capo dell’opposizione in Consiglio regionale, che apre al dialogo con lo stesso Movimento 5 stelle. Apertura opportuna ed apprezzabile. Ad esempio: la straordinaria partecipazione alle primarie del Partito democratico, con un esito inconfutabile, che lascia ben sperare per un superamento delle tensioni interne e dei recenti arroccamenti. Ad esempio: il risultato, purtroppo negativo, delle aggregazioni nazionalitarie che si sono presentate alle ultime elezioni regionali conferma, ancora una volta, che le attuali regole elettorali, ma anche i fenomeni di polarizzazione, non consentono la rappresentanza democratica nelle istituzioni di organizzazioni che non siano non fortemente strutturate. L’analoga esperienza consumatasi nelle ultime elezioni comunali lo conferma.
Al di là dei distinguo tra diversi soggetti politici, ciò che è in gioco oggi è il mantenimento di un governo della città ispirato ai valori dell’uguaglianza, della solidarietà, della giustizia sociale, attento ai bisogni sociali, rispettoso della persona e dell’ambiente, e contrario a quelli di un liberismo sfrenato, della speculazione, della devastazione del territorio.
Credo che il momento fondamentale debba essere quello della scelta della persona capace di rappresentare quei valori ed allo stesso tempo capace di aggregare consenso. E credo che, allo stesso tempo, tale esigenza non debba paralizzare l’azione di chi intende legittimamente rimarcare le proprie peculiarità e le proprie differenze. Ciò, tuttavia, andrà fatto non con la presentazione di una pluralità di improbabili candidati sindaci, bensì proprio rinunciando a tale velleità, affidandosi a liste che, proprio grazie a tale rinuncia, potrebbero persino veder crescere la possibilità di portare loro rappresentanti in consiglio comunale.
Occorre quindi distinguere, concettualmente, il momento della scelta di un candidato sindaco che aspiri a rappresentare un’istanza generale da quello della legittima aspettativa delle aggregazioni che puntano a portare nel governo della città proprie istanze e rappresentanze. Presentare proprie liste, da parte di chiunque intenda presentare una proposta politica e programmatica per la città, non implica automaticamente anche la presentazione di un candidato sindaco.
La procedura di scelta del candidato sindaco, nell’attuale contesto, dovrebbe avere una sua autonomia, che è quella di verificare, nel confronto con il corpo elettorale, il gradimento del candidato in una fase che precede il momento elettorale, ma che già fa parte del processo elettorale.
Non alchimia, quindi, ma accettazione di un modello che stenta ad affermarsi, per motivi legati non tanto ai meccanismi elettorali, quanto alla permanenza della cultura della politica propria della passata esperienza politica.
Ciò che si chiede, in definitiva, è l’apertura di un processo politico di scelta del candidato sindaco, concordato tra tutti gli schieramenti che appartengono ad una sinistra genericamente intesa, dai più radicali ai più moderati, agli indipendentisti, che coinvolga ed appassioni gli elettori, concedendo a tutti, con limitati e ragionevoli filtri di sbarramento, di presentare un’idea ed un programma. Una consultazione aperta, quindi, espressione di una logica fondata sul superamento dei particolarismi e fondata sulla presenza di valori comuni e fondanti che, di volta in volta, potrebbero portare alla scelta di un candidato o di una candidata espressione di una delle tante differenze che compongono l’unità di quanti ci sentiamo partecipi dell’ansia di far prevalere valori comuni.
Di quest’area, a mio avviso, potrebbe far parte anche il Movimento 5 stelle, senza neppure tradire i suoi programmi, visto che la partecipazione a tale, ampio, processo di consultazione non farebbe venir meno il principio da essi sempre affermato (e peraltro in via di superamento) di non stringere alleanze. Il movimento potrebbe continuare a presentare proprie liste ed un proprio programma, dopo aver partecipato, anche con propri candidati, alla consultazione pubblica per la designazione del candidato sindaco. Del resto, forse che a livello di governo i 5 stelle non stringono già alleanze con una forza politica, peraltro portatrice di valori (per noi di disvalori) in gran parte incompatibili con quelli proclamati dal Movimento stesso? E non è forse vero che la Lega è solidamente alleata, in tutti i momenti elettorali e di governo (come in Sardegna) con il variopinto mondo delle destre, sociali o liberiste che siano? E se applicassimo la proprietà transitiva?
Insomma, si tratta di ritrovare un’unità di intenti che non soffochi la libertà di nessuno: tutti insieme, e ciascuno per suo conto, rappresentati da un unico candidato o candidata, per partecipare ad un esercizio di democrazia (quasi) diretta che potrebbe esaltare la sovranità popolare e facilitare l’affermazione di un variegato patrimonio di organizzazioni (strutturate o meno), accomunate da valori condivisi, quali l’uguaglianza, la soddisfazione dei bisogni sociali, il lavoro, la difesa dell’ambiente, la solidarietà, l‘autonomia.
Pur sapendo che, invece, sono già incominciate le manovre per il procedimento inverso: quello di concordare, in altri luoghi, non sempre chiaramente individuabili, l’indicazione di un nome da imporre ai futuri elettori, o per inventarsi improbabili candidati di sparute pattuglie destinate a durare neppure lo spazio di un mattino.
Eppure sarebbe bello che, senza alcuna riserva mentale, in un contesto persino favorevole, si vada tutti assieme ad una consultazione preliminare che, del resto, tutte le volte che è stata realizzata con trasparenza e senza riserve mentali, ha talora sovvertito pronostici dati per scontati e, in definitiva, portato buoni frutti.
Gianni Loy
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* Pubblicato anche su SardegnaSoprattutto.
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Elezioni comunali a Cagliari. Paolo Matta si ripropone come Sindaco?
[la quintaA paolo matta sindaco, pagina fb] Dove eravamo rimasti? A questa bella foto, scattata alla vigilia delle ultime elezioni comunali. Un piccolo gruppo di “incoscienti” riuscito però a ottenere un insperato risultato, sfiorando per una manciata di voti il “colpo” di piazzare un consigliere comunale.
Le dimissioni del sindaco Zedda aprono nuovi, interessanti, persino intriganti scenari.
Butto il classico sasso nello stagno?
Cosa ne pensate? Qual è oggi la vostra visione del Comune di Cagliari? Pensate che il lavoro svolto possa/debba avere una continuazione?
Per il momento, un caro saluto in amicizia
paolo
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Un commento del direttore.
Caro Paolo e amici della Quinta A. L’esperienza della Lista, al netto degli errori compiuti (peraltro previsti), non va affatto buttata a mare. A mio parere può essere ripercorsa e riproposta a certe condizioni: 1) non presentarsi in solitario, ma in una coalizione che ne accetti il programma (senza necessariamente condividerlo in toto); 2) il candidato Sindaco deve partecipare alle “primarie della coalizione”, di una coalizione possibilmente aperta a tutto lo schieramento progressista (auspicabilmente senza eccezioni), se vince è il candidato Sindaco di tutta la coalizione, se perde è il candidato capolista della Lista.
A questo punto occorre approfondire, verificando le disponibilità di tutti. I tempi sono stretti. Mi sembra che comunque il dibattito sia aperto. Saluti a tutti e a presto su questa e altre pagine fb, sui blog amici (il mio è Aladinews https://www.aladinpensiero.it) e, ovviamente, di persona. Al riguardo segnalo un’interessante iniziativa “I cattolici e l’impegno in Politica”, che si terrà lunedì primo aprile alle ore 17 presso lo Studium Francescano, a Cagliari in via Principe Amedeo 20.
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Basta ”Ora tocca a noi”: ora tocca a tutti. Cagliari ha bisogno di un civismo vero: chi riuscirà a interpretarlo?
di Vito Biolchini
17/03/2019 alle 16:45 su vitobiolchini.it
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Che succede?
IL VIRUS DELL’UOMO BIANCO
16 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem.
Stefano Stefanini, “Il virus dell’uomo bianco” (La Stampa). Gianluca Di Feo, “L’avanguardia armata sovranista” (Repubblica). Antonio Polito, “Quei limiti invalicabili” (Corriere). Franco Cardini, “Quella follia che nasce dall’ignoranza” (Mattino). Luigi Manconi, “I frutti avvelenati della propaganda sull’invasione” (Manifesto). L’esperto Usa Lorenzo Vidino, “Il mondo deve rendersi conto che il suprematismo dilaga” (intervista all’Avvenire). Olivier Roy, “Una guerra neonazista più razziale che religiosa” (intervista al Corriere).
Oggi domenica 17 marzo 2019
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————–Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
La “trappola” del funzionamento delle istituzioni europee
17 Marzo 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
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E’ online il manifesto sardo duecentottanta
Il numero 280
Il sommario
Giulio Sapelli. Un neo-socialismo comunitario per contrastare la globalizzazione neoliberista (Gianfranco Sabattini), Ancora pessima edilizia nel centro storico di Cagliari (Stefano Deliperi), Forse non hanno capito (Guido Viale), Un dialogo con l’attivista messicana Ana Valadez Ortega (Alessia Etzi), Crisi economica, salario minimo, dimissioni volontarie per maternità e bonus maternità (Maria Tiziana Putzolu), Quando muore una lingua si spegne una stella nel firmamento (Francesco Casula), Legge Merlin, prostituzione e dignità umana (Gianfranca Fois), La scuola al tempo dell’Autonomia Regionale Differenziata (Amedeo Spagnuolo), Turchia e dintorni. Nuovo giro, nuova corsa (Emanuela Locci), Femminismo e lotta di classe. Un’inchiesta sul lavoro femminile in Sardegna (Isabella Russu, Marta Meletti), “Il costo della verità” di Ottavio Olita (Don Luigi Ciotti), Tialla arrubia. Tradizione e qualunquismo gastronomico (Piero Careddu), Paolo Fadda e l’overdose di improperi contro l’ambientalismo (Sandro Roggio).
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Che succede?
ITALIA-CINA, IL PATTO È LIMPIDO?
15 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem.
Carmelo Lopapa, “No alla Cina, ultimatum di Salvini” (Repubblica). Gerardo Pelosi, “Italia-Cina, cabina di regia per difendere interessi nazionali e alleanze” (Sole 24 ore). Lucio Caracciolo, “L’Italia sul ring tra Usa e Cina” (Repubblica). Marco Bresolin, “Bruxelles lancia un richiamo ai paesi Ue: Sì agli affari con la Cina, ma è un rivale” (La Stampa). Marzio Breda, “Nessun allarme su Pechino, le rassicurazioni di Mattarella” (Corriere). L’esperto IAI Nicola Casarini, “Non diamo per scontata un’intesa vera” (intervista all’Avvenire). Romano Prodi non ha letto le carte e non si espone: “Quel conflitto Pechino-Usa che l’Europa unita deve evitare” (Messaggero) e “Una bandiera europea per salvare l’Italia” (intervista al Sole). L’opinione di Giulio Tremonti, “Pechino da noi cerca la porta per arrivare al cuore d’Europa” (intervista al Corriere). L’intervista al Corriere del premier Giuseppe Conte: “Noi e la Cina patto limpido”. L’editoriale di Franco Venturini: “Che cosa serve davvero nel rapporto con Pechino” (Corriere).