Monthly Archives: gennaio 2019
NewsLetter
Che succede?
IL DILETTANTISMO (PER ORA) VINCENTE
10 Gennaio 2019 by c3dem_admin |
Roberto D’Alimonte, “M5S e Lega ancora forti nonostante gli scivoloni” (Sole 24 ore). Tre commenti pertinenti di Stefano Folli sui 5stelle: “Dilettantismo mai visto”, “Cinque stelle, un’alternativa al tramonto”, “Il governo c’è, ma è finito” (Repubblica). Federico Geremicca, “Populismo contro sovranisti” (La Stampa). Luca Zaia, “Salvini non deve cedere. Per il governo questa è la prova del nove” (Libero). Laura Marchetti, “Il potere carismatico del corpo del capo” (Manifesto). Stefano Ceccanti, “Parlamento umiliato. Le ragioni del ricorso del Pd alla Corte costituzionale” (Manifesto); concorda Valerio Onida: “Quel voto ha tradito il ruolo del Parlamento” (Corriere della sera). Sabino Cassese, “La società italiana sempre più scoraggiata” (Foglio). Alesina e Giavazzi, “Le mani dei politici sull’Inps” (Corriere della sera). Francesco Bei, “La ministra Grillo e la cuoca di Lenin” (La Stampa). Cristiano Gori, “Sul reddito sarà caos se non si coinvolgono anche i comuni” (intervista a Repubblica).
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Dialogo Pd-5 stelle? Non è questione di tabù ma di condizioni politiche (che adesso mancano)
10 Gennaio 2019 by c3dem_admin |
In merito all’articolo “Il tabù del dialogo tra Pd e Movimento” di Franco Monaco
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Oggi venerdì 11 gennaio 2019
——–Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti———————
Riscoperta dell’idea socialista
11 Gennaio 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
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Documento CoStat per le prossime elezioni regionali sarde. Amici e compagni indipendentisti, autonomisti, alternativi: solo uniti si vince!
Elezioni, per un atto di coraggio e generosità dal mondo identitario e indipendentista
Il Comitato di iniziativa costituzionale e statutaria non è un partito per cui non fa direttamente campagna elettorale, ma come detto più volte e ampiamente dimostrato con le nostre diverse iniziative nel corso degli anni, siamo fortemente impegnati a impedire che la Sardegna sprofondi nel sempre più probabile abbraccio mortale con il centrodestra a trazione Salvini.
E’ a partire da qui, dalla semplice considerazione sui numeri in gioco e sulla sempre più alta astensione, oramai prossima al 50% nelle nostre consultazioni regionali, che anche in questi ultimi mesi abbiamo fatto alcune iniziative politiche pubbliche con l’imperativo categorico di “battere le destre”.
Con questo obiettivo abbiamo sviluppato la nostra iniziativa su diversi fronti dell’area opposta al centrodestra. Costatato che il M5S da solo alle elezioni regionali non vince, abbiamo proposto ai pentastellati, pur mantenendo la loro ben nota preclusione ad alleanze con partiti, di aprire ad un’area democratica della società civile sarda, ma abbiamo ricevuto un garbato no. Abbiamo poi ventilato l’ipotesi di un contratto di governo M5S/Centrosinistra, sul presupposto che la legge elettorale sarda, per il suo carattere ipermaggiortario, non consente contratti postelettorali. Per vincere il contratto di governo deve essere stipulato prima del voto e deve mettere capo ad un unico schieramento.
C’è da dire che sul punto non abbiamo avuto ascolto, neppure da parte del PD o di quello schieramento oggi denominatosi “Progressisti Sardi”, con Massimo Zedda candidato presidente.
Per evitare la probabile dispersione dei voti, con qualche riscontro parzialmente positivo abbiamo proposto pubblicamente di mettere insieme le tre componenti riconosciute del mondo identitario, indipendentista e movimentista (pensiamo agli innumerevoli comitati e reti di comitati che si battono nei territori della Sardegna per l’ambiente, la salute, il lavoro, contro le fabbriche di armi, le servitù militari ed energetiche, ecc.), cioè Partito dei Sardi, AutodetermiNatzione e Sardi Liberi.
Alcuni componenti del Comitato in questi ultimi mesi hanno anche lavorato con passione e dedizione per unire tali componenti, a partire da un allargamento sostanziale del progetto rappresentato da AutodetermiNatzione, ma anche questo ad oggi sembra alquanto difficile ed irto di ostacoli, spesso incomprensibili ai più. [segue]
Oggi giovedì 10 gennaio 2019
——–Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti———————
Il M5S vuol toccare la Costituzione. Al di là delle proposte, il contesto non è rassicurante, meglio lasciar perdere
10 Gennaio 2019
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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Capitale Sociale e povertà della Sardegna
Presentazione XIII Rapporto Iares
Ore 16 presso la Fondazione di Sardegna, in via San Salvatore da Horta, 2, Cagliari.
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“Stop bombe per la guerra in #Yemen e promozione per una RICONVERSIONE E SVILUPPO dell’economia e un lavoro dignitoso”. Il Consiglio Comunale di Cagliari approva un odg
Buone notizie.
[Rita Polo, pagina fb] Dopo Assisi… #Cagliari! Stasera in Consiglio Comunale approvata la mia proposta di Ordine del giorno “Stop bombe per la guerra in #Yemen e promozione per una RICONVERSIONE E SVILUPPO dell’economia e un lavoro dignitoso”, firmato e condiviso dai colleghi e colleghe dalla maggioranza. Si intende intervenire per la pace, con l’ impegno del Sindaco, la Giunta e tutti noi, di promuovere azioni e sollecitare l’applicazione della legge e dettami che vietano la vendita a paesi in guerra; in particolare, richiedere al governo nazionale e regionale l’adozione di effettive risorse e iniziative di politica economica per liberare il nostro Paese, a cominciare dal Sulcis, da ogni irragionevole conflitto fra la dignità e il diritto al lavoro e il diritto alla vita. Domani, il Comitato per la riconversione RWM, ha promosso una conferenza stampa, previsto l’intervento del Sindaco Massimo Zedda, per approfondire la questione, domani giovedì 10 gennaio, alle ore 11 in Comune, Sala Retablo.
(Link per leggere il testo integrale dell’ordine del giorno e all’evento, nei commenti). (Segue)
Sea Watch
CORRIERE.IT
Svolta Sea Watch, Malta dice sì allo sbarco: «Migranti in 8 Paesi tra cui l’Italia»
Il premier Muscat ha annunciato il via libera all’accordo europeo sui migranti delle navi delle ong Sea Watch e Sea Eye – Gelo di Salvini sulle aperture di Conte.
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Naturalmente siamo contenti ma con molto amaro in bocca. Manca un accordo permanente tra i paesi dell’Unione per ripartire equamente i profughi in arrivo. Manca un regolare canale di accesso per chi intende immigrare nel nostro continente, si stanno riducendo sempre più gli spazi per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti (es. riduzione delle esperienze Sprar) nonostante gran parte dei membri delle nostre comunità manifesti una naturale propensione ad accogliere ed aiutare chi ha bisogno, nonostante la propaganda allarmistica e razzista della Lega. Benvenuti quindi ma molto resta ancora da fare. (V.T. su pag. fb Lettori)
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- Ulteriori informazioni.
Finalmente!
Via Flumentepido: FINALMENTE!
Come abbiamo più volte argomentato sulla nostra news, “in generale e particolarmente per la situazione della nostra città è da contrastare ogni scelta politico-amministrativa che non persegua l’equilibrio tra diritto alla casa e diritto ai servizi sociali e culturali e conseguentemente va contrastata la politica dell’utilizzo di scuole e altre strutture di carattere culturale per la realizzazione di abitazioni; considerato il relativo fabbisogno, le abitazioni devono essere realizzate prioritariamente con il ricupero, risanamento e riqualificazione del patrimonio edilizio abitativo esistente e solo in subordine con la costruzione di nuovi edifici”. Tuttavia per le scelte effettuate in via Flumentepido abbiamo preso atto delle decisioni assunte da tempo, del finanziamento accordato, della pronta disponibilità dell’edificio da abbattere per le nuove costruzioni, e così via. Pertanto la nostra richiesta è stata che si procedesse con la massima urgenza, essendosi ormai cumulati ben 5 anni di ritardi rispetto alla data della decisione; richiesta ribadita con forza in un nostro intervento sulla news, indirizzato al Sindaco e agli assessori competenti. L’Assessore Maurizio Chessa ci aveva fatto sapere che l’Amministrazione contava di aprire in cantiere entro il mese di ottobre dell’anno (2018). Vabbè meno di tre mesi di ulteriore ritardo sono perdonati, stante quanto segue: siamo ben contenti dell’annuncio odierno del Sindaco Massimo Zedda, pubblicato nella sua pagina fb, che sotto riportiamo integralmente, che da informazione dell’avvio del cantiere per la realizzazione dell’intervento. Ci piace ricordare che in un incontro informale del presidente del Comitato di quartiere di Is Mirrionis, Terenzio Calledda, con i responsabili degli uffici tecnici comunali, era stata avanzata la richiesta che nell’ambito degli edifici previsti fossero previsti spazi adeguati per le attività comuni (riunioni condominiali, spazi di aggregazione). Torneremo sulla questione, per ora vogliamo esprimere, seppure stigmatizzati i colpevoli ritardi dell’Amministrazione, la nostra soddisfazione, che si unisce a quella del Comitato “Casa del quartiere di Is Mirrionis” (f.m.)
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[Dalla pagina fb del Sindaco Massimo Zedda] Trentasei nuovi appartamenti per l’edilizia residenziale pubblica in città.
Sono iniziati questa mattina i lavori nella ex scuola di via Flumentepido, nel quartiere di Is Mirrionis. Dopo gli interventi per la pulizia dello spazio, si procederà con la demolizione dell’edificio, la ricostruzione di 36 appartamenti e la riqualificazione dell’area intorno: l’associazione temporanea che si è aggiudicata l’appalto integrato è formata da imprese sarde.
Un investimento di quasi 5 milioni di euro, senza consumo di suolo, importante dal punto di vista urbanistico e sociale in un quartiere già interessato dall’Intervento Territoriale Integrato per cui sono stati stanziati 15 milioni di euro. Sono i primi appartamenti destinati all’edilizia residenziale pubblica costruiti a Cagliari secondo standard qualitativi moderni. Nello scusarci con i cittadini per il ritardo nella partenza dei lavori, il nostro ringraziamento va alle forze dell’ordine per l’aiuto, in alcune fasi non semplici, per l’avvio del cantiere.
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Su Aladinews:
- Questione delle abitazioni a Cagliari, 22 settembre 2018: https://www.aladinpensiero.it/?p=87604
- Questione delle abitazioni a Cagliari (II), 20 settembre 2018: https://www.aladinpensiero.it/?p=87512
- Questione abitativa a Cagliari e non solo (I), 20 settembre 2018: https://www.aladinpensiero.it/?p=87501
NON PROFIT la radice buona della società
di Fiorella Farinelli su Rocca
Per il mondo del non profit non è con la «retromarcia» del governo sul raddoppio dell’imposta Ires -dal 12 al 24 per cento– contenuto nella manovra di bilancio che si chiude la partita. Va bene, certo, che Di Maio si sia impegnato a rimediare appena possibile a un provvedimento che, equiparando fiscalmente il non profit alle imprese che fanno profitti, rischierebbe di mettere in ginocchio gran parte delle associazioni e degli enti che aiutano i più deboli. E va benissimo che la «tassa sulla bontà», come l’ha definita Mattarella nel civilissimo discorso del 31 dicembre, sia stata energicamente contestata da tutta la grande stampa, dai più autorevoli esperti di politiche sociali, da settori importanti dell’opinione pubblica.
dietro la retromarcia
Ma i risvolti inquietanti della vicenda restano intatti, e alimentano un gran carico di incertezze. Politiche e tecniche. A partire dai perché della retromarcia. Il governo «del popolo» sta finalmente imparando a tener conto anche di «popoli» diversi da quello dei suoi diretti sostenitori? O il miracolo si deve esclusivamente al fatto che tra le voci che si sono alzate ce ne sono alcune – dal Sacro Convento di Assisi alla Comunità di Sant’Egidio – che appartengono a un mondo a cui è sempre stato difficile per chiunque dire di no? Vedremo. È fin troppo ragionevole, inoltre, il sospetto che, a differenza di quel che qua e là si ha l’impudenza di sostenere, non si sia trattato affatto di una svista, una delle tante che fretta ed insipienza hanno ficcato a forza nella finanziaria 2019. È lo stesso Di Maio ad ammettere che «si volevano punire coloro che fanno finto volontariato». È Salvini a rincarare minacciando «i furbetti che fanno altro». È Tria a dichiarare che «dentro il non profit ci sono fenomeni di distorsione, anche della concorrenza, e che bisogna distinguere tra chi va sostenuto e chi no». Sono i due massimi contraenti del «contratto» di governo e un pezzo forte come il ministro dell’economia. A cui bisogna aggiungere la sottosegretaria Castelli che, forse ignorando che a caratterizzare il non profit non è l’assenza di utili ma l’obbligo di reinvestirli nelle attività (nonché, cosa assai più grave, che sussidiarietà e solidarietà sono principi della nostra Carta costituzionale), ha la faccia di sostenere che tassarli come i profitti di una qualsiasi azienda va più che bene, visto che di utili lì non dovrebbero proprio essercene.
con che soldi?
Già. E allora con che risorse si possono fare gli investimenti necessari ad assicurare continuità e solidità alle attività? Con che soldi si dovrebbero comprare le ambulanze, i pulmini per il trasporto dei disabili, le auto per accompagnare gli ammalati alle terapie, la benzina per farli andare, le poltrone odontoiatriche per gli studi dei dentisti volontari che curano chi non potrebbe mai accedere a quelli dei professionisti privati? E poi i libri e gli strumenti didattici per l’italiano agli immigrati, la distribuzione di abiti, viveri, coperte, farmaci a chi vive per strada, le mense per i tanti indigenti italiani e stranieri. Costano anche la manutenzione dei locali e le bollette, la retribuzione dei dipendenti (più di 800.000) che affiancano i 5 milioni e più di volontari e i ragazzi del servizio civile, i «cofinanziamenti» per partecipare ai progetti messi a bando dalle istituzioni. Tutte spese non del tutto e non continuativamente coperte dalle convenzioni con gli Enti Locali, dalle erogazioni pubbliche, dal 5 per mille. Sono la maggioranza, bisogna saperlo, le piccole associazioni che campano principalmente di volontariato e di microdonazioni, con margini strettissimi e bilanci che combattono fino all’ultimo Euro. E se per queste realtà, pure decisive nel contrasto delle tante povertà materiali e immateriali, un’imposizione fiscale del 12 per cento è già troppo,un’imposizione più alta costringerebbe in molti casi a chiudere i battenti, o a chiedere contributi a utenti che non possono permettersi di darli. Altro che svista, dunque. Nei confronti di onlus, cooperative sociali, associazioni di volontariato che evitano la bancarotta sociale supplendo alle tante carenze dello Stato e dei servizi pubblici – è «l’Italia che ricuce», dice ancora il presidente della repubblica – quello che si è visto finora è il risultato di un vero e proprio malanimo. Figlio di un mix di contrarietà e di approcci ideologici tra loro diversi che convergono in una direzione opposta a quella che si dovrebbe avere in una società civile, cioè alleggerire in ogni modo il peso della tassazione su chi fa del bene.
controlli
Come si spiega? Certo non solo con il rischio che c’è ovunque, anche nel terzo settore, di comportamenti non coerenti con le finalità dichiarate, strategie e interessi commerciali, modalità attuative distorsive della concorrenza, accreditamenti immeritati. Perché se il problema fosse solo questo, la via per venirne a capo non è con tutta evidenza un incremento di imposizione fiscale per tutti (proprio come non lo sarebbe – fa notare qualche opinionista – un aumento per tutti del costo della benzina motivato dal fatto che tra chi guida ce ne sono alcuni che lo fanno in modo dannoso a sé e agli altri), ma più trasparenza sul profilo e sulla coerenza etica degli enti, più leggibilità delle attività effettive, più efficacia dei controlli. La via già battuta, anche con qualche eccesso di puntigliosità burocratica, dalla riforma del terzo settore della scorsa legislatura che infatti prevede, tra gli strumenti attuativi, la pubblicità dei bilanci e l’istituzione di un registro pubblico degli Enti e delle associazioni del non profit. Ma sono proprio questi strumenti attuativi peraltro già previsti e concordati con gli interessati che, nei sei mesi di governo gialloverde, sono restati al palo. Inspiegabilmente, o forse no. Perché Lega e Cinquestelle che spargono a piene mani l’idea che nel non profit si annidino corruzioni e irregolarità non si degnano di chiarire i motivi di tanta inerzia? Perché, nel caso avessero trovato qualcosa di insufficiente o di non convincente in strumenti già predisposti che spetta però a loro di far decollare, non hanno convocato a un tavolo per discuterne le rappresentanze del terzo settore? Perché hanno preferito uno strumento fiscale che è perfetto solo per strangolare i più deboli? Sono le stesse associazioni, in questi giorni, a chiedere che i controlli ci siano, ma «senza sparare nel mucchio», e a chiedere di essere convocati a un confronto. Che però finora non c’è stato.
tagli micidiali
Un atteggiamento che al mondo del volontariato non piace. Che stride con l’ammissione di un errore così grave da richiedere un ripensamento urgente, «col primo provvedimento utile di gennaio». Chi continua a protestare e a diffidare ha ragioni da vendere. Su questo come su altri punti. Per esempio sul problema delle «coperture» finanziarie. Perché tornare indietro dalla decisione fatta votare per due volte in parlamento significa in primo luogo trovare tra pochi giorni le risorse per compensare quei 400 milioni di qui al 2020 che comporterebbe l‘eliminazione del raddoppio dell’Ires scolpito nel testo della finanziaria. Una cifra non enorme, nell’insieme della manovra di bilancio, ma comunque tutt’altro che spiccioli. A quale capitolo di spesa verranno sottratti? Il timore che potrebbero essere ulteriormente colpiti i settori della solidarietà e delle responsabilità umanitarie è forte. E, purtroppo, anche verosimile. Il governo gialloverde è il primo, dal 2012, a penalizzare la cooperazione internazionale con i paesi poveri (ma non dovevamo «aiutarli a casa loro»?) bloccando l’impegno garantito di 40 milioni di risorse per l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, mentre sono 32 i milioni tagliati alle agenzie delle Nazioni Unite (Unicef e Unchr) che si occupano delle aree in più acuta crisi umanitaria. È prevista inoltre una forte riduzione fino al 2021 del numero di giovani impegnati nel servizio civile (nel 2018 sono stati oltre 53.000, nel 2019 e 2020 potrebbero dimezzarsi), ci sono tagli importanti nell’accoglienza degli immigrati così come per il sostegno ai ragazzi disabili nella scuola. C’è stato anche un taglio al credito d’imposta per le Fondazioni impegnate contro la povertà minorile. Non ci sono dubbi su dove si indirizzino le intenzioni di «fare cassa» di questo governo. Quello che dai balconi della capitale proclama, tra il giubilo dei credenti, di avere abolito la povertà.
qualità della vita civile
È comprensibile, dunque, che i mondi del non profit e del volontariato stiano sul chi vive. E che dietro di essi affiorino le inquietudini di altri mondi, per esempio quello delle Fondazioni e, più in generale, della sussidiarietà. Un mondo composito, fatto di «grandi» e di «piccoli», di beneficienza e di solidarietà intessuta di mille piccole iniziative nelle periferie più difficili ma anche di noti istituti di ricerca medica come l’Ieo e l’Humanitas e di enti educativi soprattutto nel campo dell’infanzia, che oggi avverte come non mai il bisogno di darsi una voce comune. Per difendersi da interpretazioni malevole, da pregiudizi avversi, ma anche dagli effetti negativi sull’opinione pubblica, e dalla strumentalizzazione politica che se ne è fatta, dei comportamenti non impeccabili che si sono talora verificati.
C’è da sperare che il Codice del Terzo settore previsto dalla legge introdotta nella scorsa legislatura – il registro unico, la trasparenza su lavoratori e volontari, l’obbligo di redigere bilanci, la coerenza per- fetta tra finalità dichiarate e comporta- menti – venga difeso direttamente, e orgogliosamente, prima di tutto dagli enti e dalle associazioni. Ne va della condizione di vita di tantissimi anziani, bambini, malati, poveri, italiani e stranieri.
Ma anche della qualità della vita civile del nostro Paese. Perché il non profit, dalla Croce Rossa al Don Gnocchi, dalle Misericordie alla Federazione dei disabili, dalle piccole onlus ai volontari che aiutano nei pronto soccorso, nelle cliniche dei malati terminali, nelle famiglie con disabili gravi o con persone con problemi psichiatrici, nelle carceri e nelle case famiglia fino ai doposcuola di periferia, ai centri socioculturali, alle università della terza età e alle attività educative con i minori in difficoltà, non è solo supplenza alle grandi e crescenti carenze dello Stato e dei suoi servizi pubblici. È anche un patrimonio prezioso di partecipazione sociale e democratica di una quota importante della popolazione che non ci sta a chiudersi negli egoismi del «prima di tutto noi», che regala agli altri tempo, competenze, lavoro gratuito, che trova in tutto ciò identità, ragione di vita, rispetto di se stessi e dei valori dello stare insieme. Del senso stesso di essere e restare comunità.
pezzi base della democrazia
Non è un caso che, in una fase in cui è sempre più difficile l’impegno sociale e politico e in cui mancano i luoghi tradizionali dello stare insieme per una causa comune, il terzo settore e il volontariato stiano vivendo invece una stagione di crescita, con sempre più persone di tutte le età, condizioni sociali e professionali, storie culturali e politiche che si associano e si organizzano per cause grandi e piccole, con generosità ed impegno.
È, secondo alcuni osservatori, «la radice buona» della società che resiste attivamente e concretamente a un clima culturale e politico avverso. Più di 6.000 tra Enti, Istituti, Associazioni. Più di 5 milioni i volontari censiti. E una rete mobile e flessibile di persone che entrano in campo ogni volta che c’è un’emergenza collaborando a tenere in vita un’etica e una disponibilità a mettersi in gioco insieme, anche al di là delle opinioni e degli schieramenti politici, che è il sale della democrazia come partecipazione non solo politica ma anche, e prima di tutto, civile. L’unico «corpo intermedio», se ci si riflette, che sta resistendo a una temperie disastro- sa, quella dell’odio, della demonizzazione di ogni diversità, dell’egoismo, dell’indifferen- za. Perciò il raddoppio dell’Ires è stato ed è vissuto come un attacco politico. Perciò l’accusa ai volontari di essere solo dei «buonisti» e dei «radical chic» che possono permettersi di fare i generosi perché apparterrebbero ai settori sociali ed economici privilegiati suona come un’offesa insopportabile. Tanto più quando i volontari sono, come spesso avviene, persone con pensioni modeste, lavori non ben retribuiti, disoccupati o sottoccupati, residenti in quartieri assediati dalla povertà e dal degrado.
È proprio qui, probabilmente, la ragione di fondo dell’ostilità verso il terzo settore del «governo del popolo». A spiegarne i motivi non basta lo statalismo dei Cinquestelle – ereditato da una sinistra politica e sindacale che non ha mai capito e apprezzato la sussidiarietà –, e neppure l’avversione ad ogni sentimento di solidarietà umana che trasuda da tanta parte dell’elettorato leghista. A provocare contrarietà c’è soprattutto la presenza vitale e visibile, nel volontariato e nel non profit, di un’idea di comunità, di un modo di vivere la società, di far politica, di contare che non ha niente a che spartire con quello che ci propinano i padroni del web. E i padroni pro tempore del potere politico. Sarà bene essere consapevoli di questo lievito, e saperlo curare e coltivare, nei tempi difficili che già ci sono e che verranno.
Gli Editoriali di Aladin
Internazionale.La ragioni del crollo dell’ordine internazionale post-bellico. di Gianfranco Sabattini.
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Non lo possiamo permettere!.
Chiesa di tutti Chiesa dei poveri
Newsletter n. 130 del 4 gennaio 2019
TRAPIANTI. di Raniero La Valle.
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EUROPA. Il giudizio universale di maggio
di Roberta Carlini, su Rocca.
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Che succede? Ragioni per disperare, ragioni per sperare.
DECRETO SICUREZZA. Sicuri, da chi?
di Fiorella Farinelli, su Rocca.
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Oggi mercoledì 9 gennaio 2019
——–Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti———————
Cari Paolo, Mauro e Andrea, ora o mai più
9 Gennaio 2019
Amsicora su Democraziaoggi.
E’ online il manifesto sardo duecentosettantacinque
Il numero 275
Il sommario
Lo stravolgimento della Costituzione (Alfiero Grandi), Sanità e austerità (Alessia Etzi), Turchia e dintorni. Quando i turchi venivano a lezione dagli italiani (Emanuela Locci), Mark’s Diary di Jo Coda (Aldo Lotta), Foro mundial del pensamiento crítico (Marco Meloni), Ogliastra unita contro la violenza di genere (Lisa Ferreli), Pediatri di libera scelta: Ingiustificato sopprimere il servizio (Paola Correddu), Salviamo insieme dune e spiaggia di Chia! (Red), Natale 2018. Il sacro e il profano. Appunti di viaggio (Marinella Lőrinczi), ASGI: Illegittimo negare l’attracco in un porto sicuro (Red), La grammatica del bullo (Graziano Pintori), Cessò a maggio (Giovanni Dettori).
Che succede?
DALLA PARTE DI ANTIGONE.
6 Gennaio 2019 by Forcesi | su C3dem
Mons. Antonio Staglianò (vescovo di Noto): “La Chiesa sta con i sindaci che difendono l’umanità” (intervista a Repubblica). Domenico Agasso, “Bagnasco schiera la Chiesa. Sul decreto sicurezza sì all’obiezione di coscienza” (La Stampa). Ezio Mauro, “La battaglia tra sindaci e sceriffo”. Mario Morcone, “Un decreto sulle spalle dei sindaci” (intervista al Manifesto). Luigi Ferrajoli, “Gli strumenti per opporsi ci sono. Serve mobilitarsi” (Manifesto). Emanuele Macaluso, “La bella lezione di don Milani” (Il dubbio). Stefano Ceccanti, “I sindaci e il decreto sicurezza” (dal blog). Ma i critici sono numerosi; tra essi Luca Ricolfi: “I passi indietro della sinistra sulla legalità” (Messaggero). Sulla questione migratoria più in generale e sui 49 profughi ancora in mare: Domenico Quirico, “Gli africani non possono più partire” (La Stampa); Luigi Manconi, “La soluzione che l’Europa non riesce a trovare” (Corriere della sera).