Monthly Archives: novembre 2018
Che succede?
Sardegna, naufragio di immigrati. Oggi è un giorno triste anche per la Sardegna. A poche miglia marine dalle nostre spiagge l’ennesima sciagura del mare. Un naufragio. Due morti accertati, tre migranti soccorsi, altri migranti dispersi. L’acqua in questa stagione è molto fredda. Fino a quando il nostro mare, il mare Mediterraneo continuerà ad essere la tomba di tante vite disperate? (VT)
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“UE non provi a mettere sanzioni a popolo italiano”.
Perché no? Sono previste dai regolamenti e dagli accordi comunitari che l’Italia ha sottoscritto. Se c’è stata violazione, l’Unione Europea deve compiere tutti i passi necessari previsti dalle regole comuni dell’ordinamento comunitario. Non è difficile da capire. Se poi ci fosse necessità di modificare le regole lo si può sempre proporre all’UE e quindi a tutti i paesi membri, se ne discute, ci si confronta ed eventualmente si delibera il cambiamento. Si chiama democrazia. Se poi dovessero arrivare le sanzioni, non saranno sanzioni al popolo italiano. Saranno sanzioni alle scelte politiche ed economiche del Governo Salvini. Il Popolo italiano non c’entra nulla se non per il fatto che, ancora una volta, sarà il Popolo, la gente comune a dover sostenere i costi politici ed economici di amministratori incapaci. (V.T.)
Oye!
Il servizio fotografico di Renato d’Ascanio Ticca, su fb. – Spettacolo aperto: è iniziato oggi, prosegue fino al 6 dicembre p.v.
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Esistono ancora i cattolici democratici?
Nel proseguo del nostro lavoro di approfondimento giornalistico sulla tematica dei “Cattolici e politica”, che si esplica anche nella ricerca sulla rete, ci siamo imbattuti nel blog di Paolo Rodari, classe 1973, vaticanista di Repubblica. Ne traiamo un interessante contributo, autore Piero Bargellini (Ufficio Studi Acli Pistoia, collaboratore della Rivista Bene comune), utile a ricostruire una storia nobile che ci da una mano per il nostro tempo verso un rinnovato impegno sociale, politico e culturale dei cattolici insieme con tutti gli uomini di buona volontà, credenti, non credenti o diversamene credenti,
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Che fine hanno fatto i cattolici democratici?
di Paolo Rodari sul suo blog
Il voto del 4 marzo sembra aver sancito la fine dei cosiddetti partiti plurali. Il Partito Democratico, in particolare, appare in grande crisi, e così Forza Italia. Mentre cresce sempre più sia la destra sovranista e post ideologica sia il populismo istituzionalizzato dei 5 Stelle.
Eppure non sono pochi coloro che si ritrovano fuori da questo schema, fra questi coloro che si sentono vicini al cattolicesimo politico, democratico e sociale italiano. Una presenza importante ma oggi, come mai prima, incredibilmente flebile. Perché?
Uso di questo mio blog per aprire un dibattito, consapevole che la conservazione e la qualità della democrazia italiana può dipendere anche da un riaffermarsi di questo cattolicesimo dalla storia non certo marginale.
Il primo intervento è di Piero Bargellini, 67 anni, nonno di sei nipoti, sposato da 45 anni. Iscritto alle Acli dal 1970, vive a Pistoia. Attualmente è collaboratore dell’Ufficio Studi del movimento. Componente della redazione del giornale diocesano “La Vita” e membro della commissione della pastorale sociale della stessa diocesi di Pistoia. Per lui il cattolicesimo democratico è sì morto da tempo, sepolto sotto le macerie del Muro di Berlino, ma non lo sono i cattolici democratici.
Non più immediatamente visibili, ma ci sono
di Piero Bargellini
Novembre 1989: crollava il muro di Berlino. Tutti esultavano per la fine del comunismo, ma quando tolsero le macerie del muro trovarono un cadavere inaspettato: era quello di John Maynard Keynes.
Gli addetti avvertirono subito le classi dirigenti, ma queste dettero l’ordine di tenere nascosto il ritrovamento e continuarono imperterrite come se nulla fosse successo.
Potremmo far risalire al novembre del 1989 la fine del cattolicesimo democratico, esattamente con la morte di Keynes. Dopo quella data ci furono dei sussulti, dei ritorni di fiamma, ma ormai il destino era segnato.
Il cattolicesimo democratico si afferma in Italia nel secondo dopoguerra ad opera dei “professorini” della Dc che introducono un capitalismo nuovo e dinamico nel Paese che prima fa la ricostruzione e poi costruisce il “boom” economico degli anni ’60.
Il filo conduttore di questa nuova teoria (economica, sociale e politica) si ritrova nel documento di Camaldoli della nascente Dc addirittura del 1943 e messa in atto da un ex comandante partigiano cattolico Enrico Mattei a partire dalla fine del 1945.
Questa spinta fu talmente forte e prorompente che riuscì non solo ad arginare l’avanzata comunista, ma dopo pochi anni spazzò via le resistenze del capitalismo ante guerra, ancora tutto arroccato sulla difesa dei privilegi e delle prerogative di una classe sociale ormai vecchia e compromessa con il fascismo.
Sul versante laico il maggior interprete di questa nuova visione fu Adriano Olivetti, tuttavia questi due filoni di pensiero avevano in comune il profondo spirito religioso che li animava.
Sul piano politico non fu una passeggiata: l’autonomia della politica dal Vaticano fu una conquista lunga e dolorosa di cui ne fece le spese De Gasperi per il suo rifiuto alla alleanza con i neo fascisti alle elezioni del comune di Roma nel 1951 tanto che non fu più ricevuto più in Vaticano.
Però, nonostante questi incidenti di percorso, il cattolicesimo democratico si affermava fino ad arrivare alla sua consacrazione ufficiale durante il Concilio Vaticano II e il pontificato di Paolo VI.
Nel 1944 nascono le Acli con Achille Grandi in appoggio al sindacato unico della Cgil, poi con la scissione sindacale del 1948 nasce ufficialmente la Cisl che, pur non essendo un sindacato cattolico, ne è comunque vicina. Le due associazioni affondano le loro radici nella nuova teoria Keynesiana che si dimostra capace di trovare un punto di equilibrio tra capitale e lavoro.
È un equilibrio dinamico che vede anche aspri confronti con il padronato, ma che è capace di superare il liberismo di anteguerra con le trattative a tre che includono anche lo Stato. Anzi questo diventa un elemento essenziale per la redistribuzione del reddito così come era previsto dalla teoria economica. Di contro, la Cgil si attarda sulla vecchia concezione di cinghia di trasmissione del partito a cui è delegata la Politica, quella con la “P” maiuscola.
Gli anni ’60 sono il periodo di massimo fulgore del cattolicesimo democratico; menti illuminate e il ricambio dei vertici della Chiesa lo assumono e lo fanno proprio. Molti operatori sono animati da due precise convinzioni: una è la convinzione delle nuove teorie economiche che stanno dando i loro buoni frutti, e l’altra è un forte spirito evangelico a servizio dei lavoratori vissuti come i più bisognosi di aiuto.
Sarà proprio questa duplice motivazione che al tramonto del keynesismo porterà molti cattolici democratici a disperdersi in mille rivoli perdendo quella visibilità e forza che avevano avuto per almeno tre decenni.
Negli anni ’70 il cattolicesimo democratico nel suo aspetto più propriamente politico è ancora capace di portare a termine importanti riforme come il nuovo diritto di famiglia e la riforma sanitaria, inoltre dà il contributo di sangue di gran lunga maggiore al terrorismo, segno evidente che è ancora vivo e vegeto. Non è un caso infatti, se il declino delle Br inizia con il perdono di Giovanni Bachelet agli assassini di suo padre Vittorio, dal pulpito della chiesa durante i funerali nel 1980.
Sul piano più strettamente economico la fine degli anni ’70 è segnata da una forte inflazione in tutto il mondo occidentale. In molti Paesi si attuano politiche keynesiane di spesa pubblica sia corrente che di investimenti, ma ben presto ci si accorge che non danno i risultati sperati. Addirittura si conia una nuova parola: stagflazione. La stagnazione economica in presenza di inflazione; un fenomeno che nessuno aveva previsto e che mai era successo prima. Sono i primi sintomi evidenti dell’affanno delle teorie economiche applicate senza alcun riscontro con una nuova e mutata realtà.
Con la fine del comunismo, cade l’ultimo legame che aveva tenuto assieme un quadro politico ormai logoro e senza più una prospettiva economico-sociale.
Sotto le macerie del muro di Berlino viene trovato il cadavere di Keynes che alcuni si ostinano a nascondere nel tentativo di continuare ad attuare politiche assistenziali.
Il resto è storia recente. In venti anni c’è la finanziarizzazione dell’economia, spariscono i beni di investimento ad eccezione del denaro, l’equilibrio dinamico tra lavoro e capitale si rompe a tutto vantaggio del capitale finanziario e la compressione del lavoro.
A distanza di qualche lustro possiamo dire che il cattolicesimo democratico, così come lo abbiamo conosciuto nel ’900, è scomparso; tuttavia rimangono i cattolici democratici.
Rimane la Cisl che però ha perso la cornice teorica all’interno della quale ascrivere il proprio operato; rimangono le Acli anch’esse con lo stesso problema ma con il vantaggio di stare sotto l’ombrello della Chiesa in attesa di tempi migliori; rimane l’Agesci che non avendo finalità politiche ma solo educative è stata poco coinvolta da questo cataclisma; rimangono le mille e mille associazioni di base, a cominciare dalle parrocchie, dove si svolge il volontariato sociale.
I cattolici democratici non sono scomparsi, solo che non sono più immediatamente visibili, ma ci sono.
Essi non hanno più una prospettiva comune sia economica che politica perché essa è morta sotto le macerie del muro di Berlino; non ce l’hanno loro come non ce l’ha tutta la sinistra italiana, politica o sindacale che sia; rimane tuttavia intatto lo spirito evangelico di servizio agli ultimi.
Eppur qualcosa si muove.
Basta girare per le parrocchie, per le comunità, nei corridoi dei seminari per accorgersi che c’è un nuovo fermento, un “novo sentir”. Si rifugge dalle grandi organizzazioni, mentre si privilegia la piccola comunità dove tutti si conoscono e partecipano. In 40 anni ben 10 milioni di italiani hanno cambiato residenza scappando dalla città e sono andati ad abitare nella frazione o nel borgo. Sono venuti via da un condominio, dove i diritti sono tutti regolamentati e sono andati nella frazione dove invece prevale il “bene comune” e l’identità. Le stesse relazioni familiari si sono rinsaldate pur abitando in nuclei anagrafici diversi.
Fioriscono in tutta Italia le “cooperative di comunità” (incredibile a dirsi ma la più alta concentrazione è a Scampia) e fenomeni come la Tav o la Tap posso essere letti in questa ottica.
Si va affermando un nuovo soggetto sociale, che per ora rimane tale, ma ha tutte le potenzialità per cresce e svilupparsi come soggetto autonomo culturalmente e politicamente.
“Nel luglio 1943 un gruppo di intellettuali di fede cattolica firma nell’eremo di Camaldoli (nella foto) un documento ribattezzato ‘Il Codice di Camaldoli’. Lo scopo è quello di fornire alle forze sociali cattoliche una base unitaria che ne guidi l’azione nell’Italia liberata. Il Codice funge da subito da ispirazione e linea guida per l’azione della Dc, che si sta formando in quel periodo, e di tutto un filone che prenderà il nome di cattolicesimo democratico”.
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Oggi sabato 17 novembre 2018
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Dalla rana bollita ai rospi ingoiati
Editoriale di Raffaele Deidda su Aladinews.
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Dal condono di Ischia alla modifica della Costituzione per introdurre il vincolo di mandato?
17 Novembre 2018
Alfiero Grandi, vice presidente Comitato per la democrazia costituzionale.
da Jobsnews.it 15.11.2018, ripreso da Democraziaoggi.
Pubblichiamo questo articolo di Grandi che pone un tema importante, e cioè il rapporto fra libertà di coscienza e diciplina di partito o di gruppo. Nel PCI, ad esempio, la disciplina era un valore fondamentale, ma ciò non ha impedito forme di dissenso […]
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Anticipazione iniziativa prossima
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MATERIALI. La critica di Mauro Magatti alla ‘filosofia’ del decreto sicurezza: “Sussidiarietà non sicurezza. Che cos’è la libertà” (Avvenire).
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Materiali a cura di Luisa Sassu
- MIGRANTI
Com’è stato modificato il decreto sicurezza
Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale.
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- Decreto legge 4 ottobre 2018 n. 113.
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A cura di Aladinews
Dl Sicurezza, padre Zanotelli lancia un appello online: “È una legge che trasuda la ‘barbarie’ leghista. È incostituzionale”
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Decreto sicurezza: pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge di conversione. In vigore dal 4 dicembre 2018.
E’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.281 del 3 dicembre 2018 la Legge 1 dicembre 2018, n. 132 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate”.
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Andrea Murgia con Autodeterminatzione: avanti ostinatamente!
Aladinews, saldamente collocata a Sinistra, non parteggia per nessuna delle Organizzazioni che saranno presenti nell’agone elettorale. Insomma, non diamo alcuna indicazione di voto. Manteniamo una “terzietà”, ma nello stesso tempo segnaliamo e appoggiamo tutte le Organizzazioni collocate a sinistra che si battono per gli interessi dei sardi e della Sardegna e lo fanno senza condizionamenti di sorta, sia di consorterie romane, sia di potentati locali. In questo ambito è senz’altro situata, per ora in solitaria, AutodetermiNatzione, con Andrea Murgia, candidato presidente della Regione Sardegna. Ad Andrea Murgia va il nostro apprezzamento, per le ragioni più volte riportate su questa News, che non celiamo anzi enfatizziamo. Nessuna indicazione di voto specifica a “balla sola”, confermiano, se non giocoforza per il fatto di essere Autodeterminatzione con Andrea Murgia allo stato la sola formazione presente ufficialmente nell’agone elettorale. Riteniamo fare cosa giusta nel pubblicare una dichiarazione di Andrea Murgia, riportata oggi nella sua pagina fb come risposta alle notizie stampa che accrediterebbero una sorta di segreto negoziato tra lo stesso Andrea Murgia e Massimo Zedda, possibile candidato della coalizione di centro sinistra per elezioni regionali, di tuttora incerta composizione. Andrea Murgia con cortesia e determinazione respinge tale ipotesi, cioè quella che prevederebbe la partecipazione di AutodetermiNatzione alla coalizione del centro sinistra.
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MASSIMO, IN QUESTO PERIODO TI VEDO DI PIU’ COME UN BUON AMICO
Non sono un collezionista di articoli di giornale e non li raccolgo neppure quando, come succede di questi tempi, riportano il mio nome o la mia foto.
Bisogna pur commentarli però, non foss’altro per il rispetto che si deve alle centinaia di persone che in tutta la Sardegna si stanno mobilitando per il progetto che rappresentiamo.
AUTODETERMINATZIONE è nata per raccontare il progetto che stiamo presentando, per costruirlo insieme ai SARDI. Anche per riprendere quelle tradizioni importanti dell’autonomismo e dell’indipendentismo. Da Lussu a Melis, a oggi. Nasce per unire e non per dividere, mette insieme persone e movimenti “rivali”, leader carismatici e intellettuali erranti. [segue]
E’ online il manifesto sardo duecentosettantadue
Il numero 272
Il sommario
Alghero, Calabona: la speculazione edilizia sul mare (Stefano Deliperi), Ospedali disumanizzati. Un codice conta più della persona (Ottavio Olita), Turchia e dintorni. Il movimento Gülen (Emanuela Locci), Vassilissa e la lotta contro il patriarcato (Gianfranca Fois), Le mire egemoniche di Israele (Gianfranco Sabattini), Lo scontro Italia-Ue in un vicolo cieco (Alfonso Gianni), Per la cittadinanza sarda onoraria, ovvero per lo Ius Voluntatis (Cristiano Sabino), Storie in Trasformazione: Come cambia la scuola? (red), Nuovo delitto di Stato in territorio Mapuche (red), Amnesty International: “Codici identificativi subito” (red), Scorie nucleari. Nessun sollievo per i sardi (Claudia Zuncheddu), Le scuole sicure sono quelle che non crollano (red), La Regione pachiderma (Massimo Dadea), Iglesias annulli l’autorizzazione alla RWM. Con le bombe e la guerra, tutto è perduto (Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita), La propaganda di estrema destra alla conquista dell’Europa (Nina Horaczek, traduzione di Claudia Tatasciore).
Buone iniziative.
L’IMPEGNO POLITICO A PARTIRE DALLA «LAUDATO SI’»
Si terrà il 1° dicembre a Modena un convegno di c3dem sull’enciclica di papa Francesco (vedi qui il programma). Guido Formigoni offre una serie di spunti “per rilanciare e politicizzare il messaggio della «Laudato si’»”. – La locandina. LAUDATO SI’. LETTURE PER IL CONVEGNO Testi di Giannino Piana, di Giacomo Costa e Paolo Foglizzo, di Luigino Bruni, di Leonardo Boff, di Edgar Morin, di Christoph Theobald, di Luciano Larivera. E un appello di credenti e non credenti: “Laudato si’: un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale”.
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Pregi e torti dell’Occidente: decadenza o rinascita?
La difficile evoluzione della “civiltà dei diritti e della libertà”
di Gianfranco Sabattini*
Pur essendo stata la culla della civiltà, dei diritti e della libertà, l’Occidente è diventato oggi il centro di reiterati assalti terroristici. Secondo Luciano Pellicani, in “L’Occidente e i suoi nemici”, ciò è la conseguenza dell’odio maturato nei suoi confronti in un’epoca precedente; ovvero, da quando i Paesi occidentali più avanzati sul piano economico hanno esteso i loro “tentacoli sul pianeta Terra”, sottoponendo alla loro “smisurata volontà di dominio e di sfruttamento” gran parte dei Paesi economicamente e militarmente più deboli.
Fra le “misure” che i popoli dominati hanno adottato per fronteggiare “lo straripamento planetario dell’Occidente”, la più radicale – afferma Pellicani – è quella contemporanea che ha assunto la forma del terrorismo, quale “chiamata rivoluzionaria alle armi contro la Modernità. Percepita e stigmatizzata come una satanica potenza che tutto corrompe e degrada e che, precisamente per questo, va rasa al suolo”.
Ma l’odio contro l’Occidente – continua Pellicani – non è nato solo al suo “esterno”; esso è nato anche al suo “interno”, com’è dimostrato dal fatto che le “prime significative manifestazioni della rivolta intellettuale e morale contro il mondo moderno si registrano proprio in Europa, dal cui seno sono scaturiti travolgenti movimenti rivoluzionari di massa [...] animati dall’intenso desiderio di fare tabula rasa della civiltà liberale, bollata come il regno di Mammona e dei suoi avidi adoratori”.
A ragione, quindi, sostiene Pellicani, analisti e pensatori del calibro di Karl Raimund Popper e di José Ortega y Gasset hanno interpretato la storia della civiltà occidentale come “lotta permanente tra la ‘società chiusa’ e la ‘società aperta’”: la prima centrata sulla “cultura della comunità divinizzata”; la seconda sulla “cultura dell’autonomia individuale”. Due modelli di società, quindi, del tutto incompatibili e, in quanto tali, “destinati a lacerare le viscere intellettuali e morali della civiltà occidentale”.
E’ interessante seguire la narrazione che Pellicani compie riguardo all’evoluzione dello scontro svoltosi nel tempo tra i sostenitori dei due modelli di società; per quanto possa giudicarsi eccessivo l’accento posto sulla prevalente natura “predatoria” delle originarie ragioni poste a fondamento della nascita dello Stato, egli riconduce l’inizio dalla storia della civiltà, ovvero delle “società autocefale”, fortemente gerarchizzate, nelle quali la vita sociale è caratterizzata dal controllo esercitato da una minoranza organizzata che, in quanto detentrice degli strumenti di coercizione, “ha esonerato se stessa da ogni forma di lavoro produttivo”.
Le conoscenze etnologiche e storiche delle quali oggi si dispone varrebbero appunto a dimostrare – a parere di Pellicani – che la nascita dello Stato sarebbe stato caratterizzato dal fatto che gli uomini, passando dalla società primitiva (del “tutti uguali”) alla società statualmente organizzata, sarebbero “discesi” dalla libertà alla schiavitù. Ciò perché, assieme allo Stato, si sarebbe formato un “ordine coercitivo collettivo”, caratterizzato dall’accentramento dei mezzi di produzione e della forza nelle mani di pochi e dalle condizioni servili dei molti, produttori di quanto era necessario per la continuità dello Stato.
A fronte della gerarchizzazione della società, non c’è bisogno di pensare, come fa Pellicani, all’avvio di un processo che avrebbe dato origine ad un’organizzazione sociale dominata dalla presenza di una “Megamacchina”; la gerarchizzazione della società è di per se sufficiente a giustificare ciò che nel corso della storia si è poi verificato, ovvero: “l’accentramento del potere politico, la separazione delle classi, la divisione a vita del lavoro, la meccanizzazione della produzione, l’esaltazione della forza militare, lo sfruttamento economico del debole e l’instaurazione della schiavitù e del lavoro forzato e fini industriali e militari”. In tal modo, a partire dal consolidamento progressivo di questa struttura sociale, la società sarebbe stata “ingabbiata” dentro “lo Stato burocratico-manageriale e condannata a muoversi entro il recinto della Sacra Immutabile Tradizione”.
Questa conclusione è sicuramente riduttiva, in quanto sembra voler affermare che la nascita dello Stato abbia dato origine a una sorta di campo di concentramento, nel quale sono stati rinchiusi i liberi ed uguali componenti della società primitiva; cioè, a sottintendere che, se questa non fosse stata “ingabbiata” nella Megamacchina, con l sua libera e spontanea evoluzione, avrebbe reso possibile ciò che, con lo Stato burocratizzato, è stato successivamente perseguito: la continua crescita (quantitativa) con cui gli uomini, da un lato, hanno migliorato progressivamente le proprie condizioni esistenziali e, dall’altro lato, hanno anche potuto realizzare, sicuramente a caro prezzo, lo sviluppo (qualitativo) delle strutture organizzative dello Stato.
Non è casuale che sia stata l’Europa, la parte dell’Occidente più avanzata sul piano della crescita materiale, ad avviare il lento processo di trasformazione della rigida organizzazione dello Stato burocratizzato, istituzionalizzando – come sostiene Pellicani – un sistema politico centrato sulla distinzione tra “esercizio del potere” e “controllo del potere”, grazie alla quale l’”ordine spontaneo” (presente nelle società primitive, ma conculcato dalla Megamacchna in quelle statualizzate) si è sottratto all’”ordine pianificato”. Questo processo, iniziato nei primi secoli del secondo millennio, è sfociato nella formazione di un nuovo ordinamento politico-giuridico dello Stato, “entro il quale – afferma Pellicani – è emersa la classe che, con il suo spirito di iniziativa, avrebbe dato l’abbrivio alla rivoluzione capitalistica: la borghesia imprenditoriale”.
La rottura dell’ordine costituitosi nei secoli precedenti l’avvento del capitalismo (con il conseguente passaggio dalla “società chiusa” alla “società aperta”) non può essere spiegata, per Pellicani, sulla base di una prospettiva analitica meccanicistica di stampo positivista, che individua nell’accumulazione delle risorse il fattore propulsivo che avrebbe reso possibile la crescita e lo sviluppo dell’Occidente (secondo ritmi mai sperimentati precedentemente); essa (la rottura) va, invece, ricondotta ad una prospettiva esplicativa alternativa, che è possibile derivare dal pensiero del filosofo-economista scozzese Adam Smith, che la considera come conseguenza del libero svolgersi delle inclinazioni naturali dell’uomo, all’interno di uno Stato dotato di uno specifico ordinamento politico-giuridico in grado di garantire ai governati la possibilità di impiegare le risorse delle quali dispongono “nel quadro di leggi poste a protezione della proprietà, della libertà contrattuale e dell’iniziativa privata”.
Con la realizzazione di un siffatto ordinamento politico-giuridico, resa possibile al caro prezzo di sanguinose rivoluzioni, i governati hanno potuto, grazie ai diritti individuali conquistati, trasformare il loro status sociale di sudditi in quello di cittadini titolari “di diritti soggettivi, formalmente riconosciuti e garantiti dallo Stato. Uno Stato, ovviamente, a sovranità limitata, sottoposto al controllo materiale dei contro-poteri della società civile e al controllo formale della legge”. Con questo processo di modernizzazione, a partire dalla fine del XVIII secolo, all’interno del nuovo ordinamento politico-giuridico, si è affermato un tipo di libertà (quale pacifica forma di godimento dell’indipendenza privata) che è valso a sancire la distinzione fra “sfera privata” (dei cittadini in quanto singoli) e “sfera pubblica” (degli stessi cittadini in quanto comunità organica).
Malgrado l’istituzionalizzazione di questa distinzione, conseguita al caro prezzo di lotte sociali e di sacrifici, la parte più modernizzata dell’Occidente (come si è detto l’Europa) è stata dilaniata da una dura contrapposizione tra i difensori della democrazia liberale, propria dell’ordinamento politico-giuridico dello Stato di diritto, e i sostenitori della democrazia totalitaria, negatrice della distinzione tra sfera privata del cittadino e sfera pubblica dell’intera comunità. La separazione fra Stato e società civile veniva contestata da questi ultimi, come causa di disuguaglianza economica e politica dei cittadini e della separazione dell’uomo dalla sua natura comunitaria e solidaristica; in nome di queste istanze, i difensori dell’ordinamento politico-giuridico dello Stato di diritto e quelli della democrazia totalitaria hanno alimentato e sostenuto movimenti sociale contrapposti, culminati nella Rivoluzione russa dell’Ottobre del 1917 e nell’esperienza negativa del socialismo reale che intendeva sopprimere la sfera privata della libertà individuale.
In alternativa all’esperienza fallita del socialismo reale, per contrastare i limiti dell’organizzazione sociale propria dell’ordinamento politico-giuridico democratico dello Stato di diritto si è affermata la socialdemocrazia, sostenuta dai “moderni tribuni della plebe” che, con la loro severa critica portata contro gli esiti sociali negativi dell’individualimso, hanno creato le condizioni perché si giungesse alla costruzione, in luogo dello Stato di diritto originario, lo Stato sociale di diritto. Con questo nuovo ordinamento politico-giuridico, è stato possibile, non solo ribadire l’autonomia e la libertà della società civile, ma anche sancire, attraverso l’istituzionalizzazione del principio di solidarietà, il dovere dello Stato di ridurre le disuguaglianze sociali, attraverso l’universalizzazione di tutti i diritti fondamentali (civili, politici, sociali) dei componenti le comunità democratiche. Tutto ciò è avvenuto grazie al welfare State che, con le sue prestazioni universali, ha realizzato le condizioni perché la vita dei gruppi sociali economicamente e politicamente “più deboli” non fosse condizionata dai gruppi “più forti”.
Pellicani sostiene tuttavia che differenze sociali (economiche e politiche) non siano state rimosse anche all’interno dello Stato sociale di diritto; sebbene, nel corso dell’ultimo secolo, nelle società occidentali siano stati acquisiti nuovi diritti, queste conquiste hanno però fatto nascere anche “nuove attese di eguaglianza”, che sono valse a denunciare il perseverare della distanza tra uguaglianza sostanziale perseguita e realtà fattuale. Da qui, secondo Pellicani, “il grande paradosso del mondo moderno”, espresso dal fatto che gli uomini perseguono il principio di eguaglianza, ma sono costretti dal principio di realtà a constatare la presenza, sia pure variabile, della disuguaglianza sociale; per cui, quanto più essi perseguono l’uguaglianza, tanto più per loro la realtà diventa oppressiva.
Tutto ciò, conclude Pellicani, significa che il progetto socialdemocratico, di estendere, attraverso il principio di solidarietà, l’uguaglianza economico-politica a tutti i componenti la società, per dare ad ogni essere umano la libertà di realizzare la propria individualità è “irrimediabilmente utopistico”, per cui la civiltà moderna non può che essere basata sulla “ingiustizia istituzionalizzata”.
Si tratta di una conclusione discutibile; la condanna degli uomini all’ineguaglianza sociale della quale parla Pellicani, è un paradosso che ricorre solo all’interno di un mondo che, nonostante la sua modernizzazione, continua a considerare insostituibile la gerarchizzazione dei rapporti sociali, in funzione di una permanente presenza di una generalizzata situazione di scarsità di risorse; scarsità, che il processo di modernizzazione del mondo, grazie appunto alla scienza e alla tecnologia, ha consentito di superare.
La mancata considerazione di questo status del mondo attuale e la rinuncia a governare le conseguenti disfunzioni, sul piano economico e su quello sociale, hanno originato la diffusione dell’ideologia neoliberista, condivisa e sostenuta dagli integralisti delle libertà individuali. I motivi di crisi delle società occidentali, verificatisi a seguito della mancata corretta gestione dell’abbondanza di risorse, sono stati imputati all’eccessiva espansione dei diritti attuata dallo Stato sociale di diritto. Ciò ha consentito ai seguaci dell’ideologia neoliberista di realizzare, a partire dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, la “rivoluzione dello Stato minimo”, a seguito della quale sono stati sacrificati molti dei diritti conquistati.
Anche se Pellicani considera le crisi continue che hanno caratterizzato negli ultimi decenni le società occidentali come una conseguenza dell’avvento dell’ideologia neoliberista, nella sua critica a tale ideologia reazionaria egli si limita genericamente a proporre la realizzazione di una “società giusta”; ovvero, di una società fondata sul senso di un destino comune dei suoi componenti, nella quale libertà e giustizia esprimano l’importanza con cui tutti devono considerare, non solo i diritti civili, ma anche quelli politici ed economici, continuando però ad accettare la condanna ad un’”ingiustizia istituzionalizzata”. Troppo poco, per immaginare un possibile futuro del mondo attuale affrancato dalla precarietà e dall’instabilità sul piano economico e su quello sociale che la “miseria del neoliberismo” è valsa a riproporre, riportando alle condizioni del passato l’esistenzialità degli uomini.
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* Anche su Avanti! online.
Oggi venerdì 16 novembre 2018
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Regionali. E se ci stessero prendendo per i fondelli?
16 Novembre 2018
Amsicora su Democraziaoggi.
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Formazione all’impegno sociale e politico. Fano: buone pratiche da riprodurre
(Messaggio dei Vescovi sardi). A proposito di impegno nella “formazione della coscienza politica del laicato”, che si estrinseca anche nel rilancio di scuole di formazione e di altre pertinenti iniziative culturali aperte e in collegamento con tutte le organizzazioni democratiche. Da Fano buone pratiche da imitare.
Percorso di formazione all’impegno sociale e politico
Nel primo incontro, previsto per venerdì 16 novembre alle ore 16,30 presso i locali dell’Istituto Don Orione di Fano, ci sarà una introduzione generale dell’Agenda Onu 2030 e dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile, a cura di PIERPAOLO BELLUCCI
15 novembre 2018
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Buona stampa per la democrazia. L’impegno civile di Giommaria Bellu prosegue con Il risveglio della Sardegna
Da Aladinews Auguri di buon lavoro al direttore e ai redattori della nuova News online Un laboratorio per la difesa dei diritti (e del giornalismo)
Il primo Editoriale della News Il risveglio della Sardegna
di Giovanni Maria Bellu, direttore – 14/11/2018
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