Monthly Archives: novembre 2018
Che succede?
PER USCIRE DAL CLIMA DI RANCORE
19 novembre 2018 by Forcesi su c3dem|
Giuseppe De Rita, “L’arte di governare una società complessa” (Corriere della sera) e “Le piazze ci dicono che i populisti perdono la spinta propulsiva” (intervista a La Stampa). Paolo Lambruschi, su un libro si Aldo Bonomi e Pierfrancesco Majorino; “Un welfare moderno e potente per uscire dal clima di rancore” (Avvenire). Mauro Magatti, “L’era della globalizzazioni e le sue illusioni pericolose” (Corriere della sera). Alessandro Campi, “La sinistra e l’ultimo richiamo della foresta” (Messaggero). Franco Bruni, “La sinistra nel vortice populista” (La Stampa). Roberto Esposito, “Le tre culture per un fronte antisovranista” (Repubblica). Giovanni Orsina, “Il Sud ago della bilancia nello scontro tra Salvini e Di Maio” (La Stampa). Luca Ricolfi, “Gli effetti della manovra: un missile a più stadi” (Messaggero). Alberto Bisin, “L’alternanza italiana tra tecnici e politici” (Repubblica). Massimo Giannini, “Così si batte la religione del profitto” (sul libro di Mariana Mazzucato “Il valore di tutto”).
Appuntamenti letterari di impegno sociale
Oggi martedì 20 novembre 2018
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Regionali: achtung! alla destra (Salvini) e ai camuffi (Zedda-Maninchedda)!
20 Novembre 2018
Amsicora su Democraziaoggi.
Amici miei, avete visto Paolo Maninchedda? Orchestra da par suo, magistralmente, le operazioni elettorali. Che maestria! Che finesse! Quatto, quatto, ci rifila due bluf in uno. Trova quattro concorrenti per convincerci che nelle Primarias c’è competizione vera, e poi crea un grande cortina di fumo sulla sua piena corresponsabilità alla fallimentare esperienza di governo della […]
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Partigiani italiani in Montenegro
20 Novembre 2018
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Oggi Martedì 20 novembre 2018 con inizio alle ore 17,30 presso la Società degli Operai in Via XX Settembre n. 80 l’ANPI e l’UAPS presentano il libro di Erik Gobetti “La Resistenza dimenticata – Partigiani italiani in Montenegro (1943-1945)”.
Relatore Gianluca Scroccu, storico.
Sarà presente l’autore, Storico della guerra e della Resistenza nei Balcani.
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Elezioni
Elezioni regionali, pasticci calcolati o prova d’autore sul proporzionale?
di Fernando Codonesu*
I due interventi di Amsicora e i commenti di Aldo Lobina mi spingono ad intervenire ancora sul tema delle elezioni regionali, anche alla luce del “nulla si muove” che osserviamo in questo periodo o che sembra qualificare al momento i vari schieramenti potenzialmente in campo.
Prendo a prestito quanto scritto da Lobina a commento del primo intervento di Amsicora sulle Primarias del PDS perché lo condivido interamente “Non c’è dubbio che noi Sardi siamo una nazione, come lo sono i Liguri, i Veneti, i Lombardi, i Siciliani, i Calabresi, i Toscani. Tutti con le loro caratteristiche di luogo, di tempo, lingua, di “indole”, tradizioni, storia, rapporti, peculiarità insomma ……. Che la Sardegna abbia bisogno di rivisitare il suo Statuto alla luce della attuale situazione italiana ed europea è fatto incontrovertibile, ma questo obiettivo deve essere perseguito evitando di cadere nel sovranismo di marca leghista, lavorando nel contempo anche per migliorare le istituzioni statali ed europee. Siamo una nazione, la nazione sarda, dentro i confini dello Stato Italiano …. non più la nazione-stato, ma la interdipendenza di tutte le nazionalità europee, nel rispetto della sovranità di ciascuna, che va riformulata e rappresentata da una classe politica degna di questo nome”.
In poche parole una nazione, quella sarda, che possa vivere in uno Stato federale e interna agli Stati Uniti d’Europa, ma questo è un argomento di tale importanza che va trattato in maniera adeguata, separatamente, ad altro livello di approfondimento e non come semplice commento ad un commento.
Torniamo alle elezioni regionali.
Dopo l’uscita di scena di Mario Puddu, candidato del M5S, l’unico candidato Presidente formalmente in campo è Andrea Murgia di AutodetermiNatzione. Gli altri potenziali candidati non sono attualmente pervenuti, ancorché la scadenza elettorale sia prevista tra tre mesi appena. Eppure, fatto salvo il titolo alquanto malizioso e i contenuti del secondo intervento di Amsicora “Regionali. E se ci stessero prendendo per i fondelli?”, qualche fatto merita ampia considerazione e qualche analisi di merito.
Innanzitutto continuo a ritenere possibile una convergenza da parte di tutto il mondo dell’indipendentismo, del sovranismo, di gruppi ed esponenti vari della sinistra sarda.
Questo raggruppamento da costruire insieme tra PDS, AutodetermiNatzione, una parte di Sinistra italiana, Sardigna Libera, associazioni e gruppi impegnati nei temi ambientali, antimilitaristi e pacifisti, se riuscissero a parlarsi seriamente, potrebbe superare ampiamente la soglia del 10% e potrebbe quindi lavorare per la predisposizione di un contratto di governo con il M5S sardo al fine di guidare la Regione con le elezioni del prossimo febbraio.
Sembra una maledizione, ma così come accade nel campo della sinistra politica italiana, anche il campo che formalmente si riconosce nel “principio di autodeterminazione” e vorrebbe unire tutto il popolo sardo, anzi la nazione sarda, non riesce a parlarsi vicendevolmente e continua a manifestare opinioni di ostracismo a vicenda. Si costruiscono assurdi muri e non ponti di comunicazione. Si dichiara di non voler stringere accordi e neanche discutere con chi ha condiviso percorsi politici o esperienze di governo con partiti italiani e con la giunta Pigliaru. La debolezza e l’assurdità di tali posizioni, per me inaccettabili, è che provengono da pulpiti sbagliati: gli stessi attori che sono stati militanti e parte attiva fino all’altro giorno in quelli che chiamano “i partiti italiani” o sono stati esponenti di spicco della giunta Pigliaru e di questo centrosinistra che, lo ricordo, ha partorito con Forza Italia la legge elettorale regionale peggiore d’Italia, sono quelli che si permettono di erigere steccati tra loro in nome di una verginità politica che certo non hanno e non può essere ricostituita con una verniciatura superficiale dell’ultima ora. Qualcuno a suo tempo ha detto “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, ma qui si tratta di riconoscere che nessuno è senza peccato. Tutti gli attori sono stati fino all’altro ieri (qualcuno lo è tuttora), peccatori più o meno incalliti, e allora devono riconoscere a ciascuno pari dignità politica e buona fede nel lavorare per una prospettiva comune senza rinfacciarsi troppo le esperienze pregresse, ma riconoscendo come necessaria una sana autocritica rispetto a scelte precedenti. Se si è consapevoli della necessità di tale passaggio è possibile che questo schieramento abbia un futuro, altrimenti è destinato a dividersi, frantumarsi e polverizzarsi sempre di più e questo andrebbe evitato perché si tratta di una grande iattura che non possiamo proprio permetterci.
E’ noto a tutti che i 5S non fanno alleanze e neanche accordi, ma hanno fatto un contratto di governo con la Lega che in parte gli sta procurando problemi, per modo di dire, di natura politico gestionale e soprattutto gli sta erodendo consenso elettorale. E’ ampiamente noto che dal 4 marzo ad oggi la Lega ha aumentato il suo consenso del 14%!
Si ribadisce allora che se hanno fatto un contratto a livello nazionale, è lecito chiedersi perché tale possibilità non possa essere proposta anche qui in Sardegna e bisogna lavorare in questa direzione.
Mi pare che il dato da cui partire, nonostante i dissapori comunque presenti, è che il centrodestra sardo a trazione salviniana è vincente sulla carta e, per quanto mi riguarda, è lo schieramento da battere. Infatti i dati attuali lo danno per vincente a mani basse, sulla base di potenziali numeri che vedono la lega che cresce ancora fino al 18% rispetto all’11% dello scorso 4 marzo. Se si sommano i voti di FI, FDI, probabilmente di Unidos di Mauro Pili, dell’UDS e del resto dei raggruppamenti di tale schieramento, ci ritroviamo con la possibilità concreta che il centrodestra vinca con il premio di maggioranza più alto in quanto può superare il 40% dei suffragi.
I pentastellati, dal canto loro, devono dimenticare il 42% ottenuto nelle elezioni del 4 marzo. Le elezioni regionali sono un’altra cosa. Nei territori, ma anche a Cagliari per citare il capoluogo, il voto viene dato a chi vi è realmente presente e fortemente strutturato da un punto di vista organizzativo. Nei territori per le elezioni regionali non vale il voto di opinione. Per tale motivo ritengo che per i 5S avere un risultato intorno al 50% del consenso avuto alle politiche sia un risultato già considerevole, ma insufficiente per poter vincere. Per vincere bisogna fare accordi con altri e da qui nasce l’esigenza di un apparentamento come quello rappresentato sopra.
Il centrosinistra oggi è veramente poca cosa perché il PD è dato per spacciato anche da Renzi che da alcuni mesi lavora ad un suo partito personale, sperando di riuscire ad avere anche un congruo numero di voti proveniente da FI, speranza che personalmente definisco vana.
Di LEU si sono perse le tracce, forse è rimasto solo Grasso a rappresentarlo a livello nazionale e in Sardegna, come già è successo con SEL a suo tempo sopravvissuta allo scioglimento decretato da Vendola grazie a Zedda e Uras, è parzialmente rappresentato da una parte di SI, qualche confuso consigliere regionale in attesa degli eventi (MDP?) e soprattutto in attesa della decisione del sindaco Zedda di candidarsi.
Con questo chiaro di luna e considerato il consenso potenziale, tutto il centrosinistra può forse raggiungere un 20-22% risultante da 14% del PD, 3,5% Campo Progressista (ex SEL), altri al 2,5-4,5%. Insomma con questi numeri non si vince e per Zedda giocarsi la carta del Comune di Cagliari potrebbe non essere conveniente, a meno che non intenda ritagliarsi un ruolo nobile di prospettiva sul piano nazionale, ma questa è altra cosa che implica risorse culturali e capacità politiche ancora da dimostrare compiutamente.
E se nel centrodestra apparentemente unito ci fosse una spaccatura sul nome di Solinas (PSdAZ) in contrapposizione a Cicu (FI)?
In tal caso qualcuno suggerisce anche l’ipotesi, visto lo scarso appeal del defunto e riesumato centrosinistra, di un accordo intorno a Zedda anche di FI i cui voti si aggiungerebbero al 20-22% di cui sopra per arrivare alla maggioranza di governo, ma questa ipotesi mi sembra appartenga alla fantapolitica e non alla realtà.
Ritengo più probabile che a quel punto ci possa essere uno scenario più caotico sì, ma non inverosimile in quanto previsto dalla legge elettorale regionale. Si tratta dell’attribuzione dei seggi con il metodo solo proporzionale in quanto nessuno prenderebbe più del 25%.
Forse alcune forze politiche stanno lavorando consapevolmente e scientemente per questo scenario.
E qui entra di nuovo in gioco il PDS, anche nello sciagurato ma ad oggi unico caso reale presente sul tavolo, di mancato accordo del campo identitario riconoscibile nel “principio di autodeterminazione”. Al riguardo, le Primarias indette dal PDS, una intuizione straordinaria e di grande fascino, avrebbero potuto rappresentare una valida occasione di unione di tutto quel mondo, ma rischia di non esserlo perché si è fatto ancora una volta l’errore di procedere in solitudine proponendo agli altri di partecipare a posteriori, a cose ormai fatte e da condividere a scatola chiusa, pur non avendo concorso a determinarne il percorso e le procedure. Un vero peccato per quanto mi riguarda, ma personalmente auspico che le Primarias vedano una larga partecipazione anche di associazioni, gruppi e singole personalità che, pur non riconoscendosi nel PDS, le possono apprezzare come una grande occasione di espressione di scelte democratiche. Detto questo e indipendentemente dall’esito delle Primarias che comunque incoroneranno Paolo Maninchedda come candidato Presidente, aggiungo che il PDS, grazie al suo radicamento nel territorio regionale, ad una riconosciuta capacità amministrativa esercitata in alcuni comuni e nello stesso assessorato ai lavori pubblici della Giunta Pigliaru, può superare da solo la soglia del 5% e potrebbe diventare ago della bilancia nei confronti di qualunque maggioranza nel futuro Consiglio regionale.
Cosa fare allora in questo scenario tutt’altro che positivo?
Bisogna tentare ancora. Fermo restando che non possiamo determinare o condizionare le scelte altrui o rallentare convogli elettorali già in corsa, come democratici dobbiamo continuare l’impegno per favorire l’incontro di tutte le forze, movimenti e raggruppamenti che si riconoscono nell’obiettivo di battere il centrodestra per evitare che Salvini dalla Lombardia o dal Viminale decida per noi sardi.
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* Articolo pubblicato su Democraziaoggi, lunedì 19 novembre 2018.
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Per correlazione: iniziativa del CoStat.
Oggi lunedì 19 novembre 2018
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A tre mesi dalle regionali, tutti fermi o quasi. E questo non promette nulla di buono
18/11/2018
di Vito Biolchini su vitobiolchini.it
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Save the Children: l’infanzia è la vera periferia d’Italia, 1.2 milioni di bambini in povertà assoluta.
[di Left Redazione] – Su Aladinews/Editoriali.
Povertà educativa e periferie
Save the Children: l’infanzia è la vera periferia d’Italia, 1.2 milioni di bambini in povertà assoluta.
[di Left Redazione]
By sardegnasoprattutto/ 14 novembre 2018/ Economia & Lavoro/
Left. L’unico giornale di sinistra 13 novembre 2018. Sono 1,2 milioni i bambini e gli adolescenti che vivono in povertà assoluta ne nostro Paese. Ma non sono solo le condizioni economiche del nucleo familiare a pesare sul loro futuro. L’ambiente in cui vivono ha un enorme impatto nel condizionare le loro opportunità di crescita e di futuro.
Pochi chilometri di distanza, tra una zona e l’altra, possono significare riscatto sociale o impossibilità di uscire dal circolo vizioso della povertà: la segregazione educativa allarga sempre di più la forbice delle disuguaglianze, in particolare nelle grandi città, dove vivono tantissimi bambini, ed è lì che bisogna intervenire con politiche coraggiose e risorse adeguate.
È uno dei dati più significativi che emerge dal IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” di Save the Children, pubblicato da Treccani, che sarà disponibile a breve nelle librerie italiane. Un viaggio senza precedenti attraverso le periferie delle grandi città e del Paese, che sono per i bambini vere e proprie “periferie educative”, in termini di mancato accesso all’istruzione, agli spazi ricreativi e culturali.
All’interno di una stessa città, l’acquisizione delle competenze scolastiche da parte dei minori segna un divario sconcertante sottolineano gli autori della ricerca. A Napoli, i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado sono il 2% al Vomero e quasi il 20% a Scampia, a Palermo il 2,3% a Malaspina-Palagonia e il 23% a Palazzo Reale-Monte di Pietà, mentre nei quartieri benestanti a nord di Roma i laureati (più del 42%) sono 4 volte quelli delle periferie esterne o prossime al GRA nelle aree orientali della città (meno del 10%). Ancora più forte la forbice a Milano, dove a Pagano e Magenta-San Vittore (51,2%) i laureati sono 7 volte quelli di Quarto Oggiaro (7,6%).
Differenze sostanziali tra una zona e l’altra riguardano anche i NEET, ovvero i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano più, sono senza lavoro e non sono inseriti in alcun circuito di formazione: nel capoluogo lombardo, in zona Tortona, sono il 3,6%, meno di un terzo di quelli di Triulzo Superiore (14,1%), mentre a Genova sono 3,4% a Carignano e 15,9% a Ca Nuova, e a Roma 7,5% Palocco e 13,8% a Ostia Nord.
Anche i dati tratti dai test INVALSI testimoniano il divario nell’apprendimento scolastico. A Napoli, ad esempio, una distanza siderale di 25 punti INVALSI divide i bambini dei quartieri più svantaggiati da quelli che abitano a Posillipo, a Palermo sono 21 quelli tra Pallavicino e Libertà, a Roma 17 tra Casal de’ Pazzi e Medaglie d’Oro, e a Milano 15 punti dividono Quarto Oggiaro da Magenta-San Vittore.
Allargando lo sguardo alle altre risorse educative essenziali per lo sviluppo dei bambini, scopriamo, ad esempio, che i minori che non hanno l’opportunità di navigare su Internet nel Mezzogiorno si concentrano nei capoluoghi delle grandi aree metropolitane (36,6%), e vivono spesso nelle famiglie con maggiori difficoltà economiche (38,8%), così come, nelle stesse zone, i bambini e adolescenti che non svolgono attività ricreative e culturali raggiungono il 77,1%.
Questi alcuni tra i dati messi in luce dal IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita ai bambini e garantire loro un futuro, dedicato alle periferie educative in Italia, e pubblicato per il terzo anno consecutivo Treccani.
«È assurdo – dice Valerio Neri, dg di Save the Children – che due bambini che vivono a un solo isolato di distanza possano trovarsi a crescere in due universi paralleli. Rimettere i bambini al centro significa andare a vedere realmente dove e come vivono e investire sulla ricchezza dei territori e sulle loro diversità, combattere gli squilibri sociali e le diseguaglianze, valorizzare le tante realtà positive che ogni giorno si impegnano per creare opportunità educative che suppliscono alla mancanza di servizi».
Sono quasi 3,6 milioni i bambini e adolescenti che vivono nelle 14 principali aree metropolitane del Paese (2 su 5 del totale in Italia), e crescono spesso in zone o quartieri sensibili che possiamo definire “periferie” da tanti punti di vista differenti, non solo rispetto alle distanza dal centro città, ma in base ai diversi deficit urbanistici, funzionali o sociali dei territori. Sono ad esempio “periferie funzionali” i quartieri dormitorio, “svuotati” di giorno per effetto dei grandi flussi pendolari verso i luoghi di lavoro, privi di opportunità e povere di relazioni sociali.
Secondo questo criterio, a Roma e Genova vivono in aree ‘periferiche’ il 70% dei bambini al di sotto dei 15 anni, e a Napoli e Palermo il 60%, un numero che scende al 43% a Milano e al 35% a Cagliari. Più in generale, quando bambini e adolescenti delle città più densamente popolate si guardano intorno, 259.000 (l’11,8%) vedono strade scarsamente illuminate e piene di sporcizia, non respirano aria pulita e percepiscono un elevato rischio di criminalità.
Il IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” traccia una mappa dei divari che in termini di risorse economiche e culturali, accessibilità dell’istruzione e dei servizi, qualità degli spazi urbani, verdi, ricreativi espongono maggiormente bambini e adolescenti al rischio di vulnerabilità, ma dimostra, al tempo stesso, come essi siano la risorsa più vitale e il potenziale più alto su cui puntare per innescare una indispensabile rigenerazione di questi luoghi.
Un’introduzione aggiornata al grande dibattito sulle periferie, che articola insieme un’analisi geografica, sociale e educativa. Il primo tentativo di cartografare le periferie italiane dal punto di vista dell’infanzia che attinge all’esperienza di Save the Children e di tante altre associazioni impegnate sul campo, alle più recenti ricerche scientifiche e ad una collaborazione straordinaria con ISTAT, uffici statistici di MIUR e INVALSI e ufficio studi della Caritas Italiana.
Il volume di 290 pagine, presentato oggi in anteprima e disponibile a breve in libreria, è curato da Giulio Cederna e corredato dagli scatti del fotografo Riccardo Venturi, da 32 tavole, 120 mappe, 20 tra grafici e infografiche, da 6 parole chiave, interpretate con contributi originali da esperti di periferie in campi diversi, come Cristina Alga, Carlo Cellamare, Walter Nanni, Marco Picone, Enrico Puccini e Sabrina Lucatelli. Una versione multimediale e interattiva è disponibile online (www.atlante.savethechildren.ii).
«La retorica della “centralità” dei bambini e delle famiglie racconta un Paese che non c’è» aggiunge Valerio Neri. «Basta scorrere le pagine dell’Atlante per leggere una storia diversa: l’infanzia è la vera “periferia” dell’Italia».
I bambini e gli adolescenti sono infatti sempre più ai margini della popolazione in termini demografici: nel 1987 erano il 23,2% del totale e oggi superano di poco il 16%, a fronte degli over65 che sono cresciuti dal 12,6% al 21,2%[8]. Minori che si ritrovano anche ai margini dello spazio pubblico, se è vero che 94 bambini su 100 tra i 3 e i 10 anni non hanno modo di giocare in strada, solo 1 su 4 trova ospitalità nei cortili, e poco più di 1 su 3 ha la fortuna di avere un parco o un giardino vicino a casa dove poter giocare.
Ai margini della politica, per effetto di una spesa pubblica che negli anni della crisi economica, pur crescendo in termini assoluti, ha tagliato la voce istruzione e università dal 4,6% sul PIL del 2009 al 3,9% del 2015-16, mentre altri paesi europei rispondevano alle difficolta di budget in maniera diametralmente opposta aumentando questa voce di investimento fino al 5% del PIL.
Una forbice in negativo con l’Europa che si riscontra anche sui fondi per ‘famiglia e minori’ fermi in Italia ad un esiguo 5,4% della spesa sociale, contro l’11% di Germania, Regno Unito e Svezia e ben al di sotto della media UE attestata all’8,5%.
I minori in Italia sono soprattutto, e sempre di più, ai margini della ricchezza, se si considera che la povertà assoluta riguarda il 12,1% di loro, non fa distinzioni tra bambini e adolescenti (12,4% fino a 3 anni, 11,4% da 4 a 6 anni, 12,3% 7-13 e 11,8%14-17) e pesa sul quotidiano di 702.000 famiglie con minori (10,9%). La povertà relativa riguarda 1 minore su 5 e, a conferma di un trend negativo, chi ha oggi meno di 17 anni ha una probabilità di diventare povero cinque volte più alta rispetto ai propri nonni.
Oggi giornata mondiale dei poveri
Giornata del Tesseramento Anpi
Dibattito
IL NUOVO CIVISMO. LA SINISTRA E L’OPPOSIZIONE
13 novembre 2018 by Forcesi
Dario Di Vico, “Torino, una città che si riapre” (Corriere della sera). Ezio Mauro, “Il nuovo civismo senza odio” (Repubblica). Vladimiro Zagrebelsky, “Cittadini con il senso del dovere” (la Stampa). La Stampa: “Torino, l’altra Italia”. Ma Beppe Grillo la vede così: “Evviva, tornano i vecchi borghesi” (Il Fatto). SUL PD E LA SINISTRA: Franco Monaco, “Per un’opposizione intelligente e di movimento” (Manifesto). il ‘riformista’ Umberto Ranieri sul Foglio: “Meriti, bisogni, no aperture al M5s. Al Pd serve un congresso così”. Goffredo Bettini, “Il governo crollerà ma il dopo potrebbe essere peggiore” (intervista a Il Dubbio). Le tesi politiche di Articolo 1-MDP presentata da Roberto Speranza.
Oggi domenica 18 novembre 2018
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Cinque Stelle, il mandato imperativo, la rappresentanza e il trasformismo
18 Novembre 2018
di Massimo Villone – su il manifesto 16.11.2018, ripreso da Democraziaoggi.
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