Monthly Archives: ottobre 2018

Domenica 21 ottobre XVII Marcia Sarda per la Pace

XVII Marcia Sarda per la Pace.17-marcia-sarda-pace-2018

Oggi domenica 14 ottobre 2018

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Riace: Salvini va oltre la Costituzione e il buon senso
14 Ottobre 2018

A.P. su Democraziaoggi.
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Che succede?

Riace
di Tonino Dessì su fb
Provvedimenti come questo liquidano ogni residua discussione problematica sull’evidenza della progressiva messa in atto di una politica interna di stampo fascista.
Nessun distinguo tra le forze politiche che lo sostengono nè fra le rispettive tipologie di proposte o di obiettivi nè alcuna indulgenza verso presunte necessità di compromesso fra loro, mi potrà convincere a scostarmi da una opposizione intransigente a questo Governo nella sua interezza.
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Lodi
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di Tonino Dessì su fb
Se c’è un potere-dovere ancora rimasto in capo al Governo della Repubblica (Ministeri degli Interni e dell’Istruzione) anche nei confronti delle autonomie comunali e delle autonomie scolastiche, è quello di inibire loro l’adozione e l’esecuzione di provvedimenti discriminatori nei servizi pubblici.
Non farlo equivale a rendersi corresponsabili di una grave violazione dei fondamentali diritti costituzionali delle persone, cittadini e non cittadini.
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Torino, Bari e non solo
https-media-mbst-pub-ue1-s3-amazonaws-com-creatr-uploaded-images-2018-10-aabccff0-ce01-11e8-9f7e-5de0ac8ee613[foto Huffington Post]
Studenti in piazza in tutta Italia. Slogan contro il Governo, a Torino bruciati manichini di Di Maio e Salvini
Protesta contro il diritto allo studio e i tagli. Di Maio: “Non facciamoci dividere dai giornali, vediamoci”. Salvini: “Bruciare manichini è una cosa schifosa”. Da Huffington Post.
di Tonino Dessì su fb
Credo che bruciare manichini in piazza sia tutto sommato una forma tradizionale e innocua di manifestare pubblicamente la propria protesta “in effigie” e sono abbastanza certo che le due ragazze denunziate per questo saranno assolte, sempre che il procedimento non venga rapidamente archiviato.
Piazzare bombe nascoste come forma di contestazione politica no, invece: è da vigliacchi e potenzialmente da criminali.
Tutto ciò premesso direi che il Ministro Salvini non è proprio nelle condizioni di dare dello “schifoso” a nessuno.
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I ragazzi difendono i loro diritti (e anche i nostri).
di Luisa Sassu su fb
Breve rassegna dei giudizi rilevati su Facebook nei confronti delle ragazze dei ragazzi che oggi hanno manifestato in molte città d’italia:
1) non hanno voglia di studiare;
2) sono “pilotati” dai professori “sinistrati”;
3) sono (tutti) violenti perché (due di loro) hanno bruciato il pupazzo di vicepres a e b;
4) non è una protesta per i loro diritti, ma contro il governo (il che confermerebbe il punto 2).
Breve rassegna delle risposte a quei giudizi:
1) le studentesse e gli studenti vorrebbero studiare in scuole pubbliche sicure, dotate di maggiori risorse, funzionanti, accessibili, inclusive…
2) vi sembrerà strano, ma quelle ragazze e quei ragazzi riescono a pensare con la loro testa, non soltanto quando fanno e dicono cose che piacciono a noi adulti.
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Riace. Il sindaco sospeso Domenico Lucano: “Vogliono soltanto distruggerci”

[Da Repubblica.it] Migranti, il Viminale cancella il modello Riace: saranno tutti trasferiti
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La manifestazione a Riace a sostegno del sindaco Lucano dopo il suo arresto [Da Repubblica.it] .
Il ministero dell’Interno muove accuse e contestazioni sul sistema di accoglienza in un documento di 20 pagine e comunica al comune calabrese e al prefetto la decisione di allontanare dal paese tutti gli stranieri ospitati. Il sindaco sospeso Lucano: “Vogliono soltanto distruggerci”.
di ALESSIA CANDITO su Repubblica.it.
REGGIO CALABRIA – Riace deve chiudere. Il ministero dell’Interno lo ha messo nero su bianco con una deliberazione del 9 ottobre scorso del suo dipartimento Immigrazione che ordina la chiusura di tutti i progetti e il trasferimento di tutti i migranti. Una doccia fredda per Riace, arrivata pochi giorni prima dell’udienza di fronte al tribunale del Riesame che dovrà decidere l’eventuale liberazione di Mimmo Lucano, sindaco del borgo sospeso da martedì 2 ottobre, quando è finito ai domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e abuso d’ufficio, e a poco meno di una settimana dalla manifestazione in suo sostegno che ha portato nel paese calabrese alcune migliaia di persone. “Chi sbaglia, paga. Non si possono tollerare irregolarità nell’uso di fondi pubblici, nemmeno se c’è la scusa di spenderli per gli immigrati”, ha commentato il vicepremier Salvini.
[segue]

Riace

[Da ilfattoquotidiano.it] Il ministero dell’Interno azzera il modello Riace
“Tutti i migranti siano trasferiti. Stop allo Sprar”
Una circolare del Viminale (leggi il documento) dispone il trasferimento degli ospiti del comune calabrese
Il sindaco Lucano: “Vogliono soltanto distruggerci. Faremo ricorso al Tar”. Salvini: “Chi sbaglia, paga”

CRONACA. Nuovo colpo al modello Riace. Dopo l’arresto del sindaco Domenico Lucano, il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno ha deciso il trasferimento dei migranti ancora ospiti nello Sprar gestito dal Comune. Lo si legge in una nota del 9 ottobre scorso, dopo che, nei mesi passati, lo stesso ministero aveva evidenziato delle anomalie nella gestione, fino ad arrivare agli arresti domiciliari per Lucano, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di F. Q., su ilfattoquotidiano.it.
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Punta de billete. Troppa confusione sul “reddito di cittadinanza”! Impegno del CoStat perché si chiarisca e si operi concretamente, tempestivamente.

unique-forms-of-continuity-in-space-umberto-boccioniimg_4725flat-tax-2Incontro a carattere laboratoriale
REDDITO di CITTADINANZA
Dall’assistenzialismo all’inclusione sociale

Cosa si può e si deve fare, senza buttare a mare quanto di positivo già si fa.
Le proposte governative e il dibattito in corso.
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Organizza il CoStat insieme ad altre associazioni di intervento politico, sociale, culturale e religioso.

Venerdì 19 ottobre 2018, con inizio alle ore 17
Studium franciscanum Via principe Amedeo, 22 Cagliari.
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- In argomento, su Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=88527

Incontro-dibattito sul Lavoro del 5 ottobre 2018: gli interventi

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I contributi già pubblicati (in forma sintetica):
pubusa-al-conv- Andrea Pubusa;
5603ef31-8680-4df7-ba4a-cf00e8ab07eb- Luisa Sassu;
767845de-453f-4c68-be83-1aad0b71f8ac- Gabriella Lanero;
silvano-tagliagambe-1- Silvano Tagliagambe.
gianfranco-sabattini-conv-5-ott18- Gianfranco Sabattini.
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Oggi sabato 13 ottobre 2018

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———-Avvenimenti&Dibattiti&Commenti———————————–
Riflessioni sull’accordo Psoe-Podemos
di Tonino Dessì su fb.
Direi che rappresenta abbastanza bene un approccio da sinistra popolare, più rispondente anche alle obiezioni che alcuni di noi, io fra questi, abbiamo mosso alla ben diversa impostazione del Governo italiano sia sulle misure sociali, sia sul reperimento di risorse attraverso una fiscalità finalizzata a una corretta ridistribuzione degli oneri finanziari. [segue]

Materiali dell’Incontro “Lavorare meno Lavorare meglio Lavorare tutti”. Intervento di Gianfranco Sabattini.

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lampadadialadmicromicro Con il contributo di Gianfranco Sabattini proseguiamo nella pubblicazione degli interventi all’Incontro-dibattito sul Lavoro, che si è tenuto venerdì 5 del corrente mese, con la partecipazione del sociologo del lavoro Domenico De Masi. Abbiamo chiesto a ciascun relatore di inviarci il proprio contributo per iscritto, anche con eventuale rielaborazione rispetto a quello effettivamente svolto, pur rispettando contenuti e sintesi. Procederemo a pubblicare le relazioni nell’ordine in cui ci perverranno. Questa occasione potrà essere colta anche da quanti non abbiano avuto spazio nel convegno e vogliano intervenire nelle pagine della nostra News, che volentieri mettiamo a disposizione.
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Reddito di cittadinanza o riduzione del tempo di lavoro?

di Gianfranco Sabattini*

Nel recente “Incontro dibattito” sui problemi del lavoro svoltosi a Cagliari il 5 ottobre scorso, il Professor Domenico De Masi, autorevole docente di Sociologia del Lavoro, ha tenuto una dotta relazione sull’evoluzione che ha subito nel tempo il concetto e la funzione del lavoro, giungendo sino ai nostri giorni. Con riferimento al nostro tempo, De Masi ha posto in risalto come oggi la “questione del lavoro” si ponga in termini radicalmente diversi rispetto al passato, in quanto mai, prima di oggi, si era presentato il fenomeno della crescita e dello sviluppo senza lavoro.
Il fenomeno, com’è noto, e De Masi lo ha evidenziato a chiare lettere, è originato dal fatto che il mondo contemporaneo è caratterizzato, a causa del progresso scientifico e delle continue innovazioni tecnologiche, da una crescita continua della produzione materiale e immateriale, cui corrisponde una “distruzione” di posti di lavoro, con il conseguente dilagare di una disoccupazione strutturale irreversibile.
Data questa tendenza, secondo De Masi, sul piano della politica del lavoro, occorrerà contrastare la distruzione” dei posti di lavoro, innanzitutto attraverso la riduzione dell’orario di lavoro che dovrà verificarsi parallelamente all’aumentare della produttività; in secondo luogo, ai lavoratori che perderanno il lavoro dovrà essere corrisposto un sussidio di sopravvivenza, che potrà assumere la natura di un “reddito di cittadinanza”, limitato ai soli disoccupati e condizionato per il tempo necessario ad essere reinseriti nel lavoro (se lo troveranno), previo un corso di riqualificazione professionale (in pratica, un reddito di cittadinanza ridotto a semplice “reddito di inclusione di stampo welfarista.
Ciò che della relazione di De Masi stupisce maggiormente è il fatto che la situazione attuale del mercato del lavoro sia presentata quale esito naturale immodificabile del modo di funzionare capitalistico delle moderne economie industriali. La sua proposta circa il modo di governare le problematiche attuali di tale mercato attraverso la riduzione del tempo di lavoro, prescindendo dalla prefigurazione di un possibile progetto di futuro volto a conformare la distribuzione del prodotto sociale a un processo produttivo in continua espansione associata ad una crescente disoccupazione strutturale, ricade totalmente e contraddittoriamente all’interno della logica capitalistica, che rende il contrasto alla crescente disoccupazione pressoché inefficace.
Più efficace, in quanto reale alternativa alle forme tradizionali di governo del mercato del lavoro, è la proposta fondata sull’introduzione di un reddito di cittadinanza universale e incondizionato (irriducibile a qualsivoglia forma di reddito di inclusione o di sussidio alla disoccupazione). Il reddito di cittadinanza correttamente inteso, tra i sociologi del lavoro e molti economisti, non gode (almeno nel nostro Paese) di buona fama; non perché non sia uno strumento che, prima o poi, certo non fra molto tempo, sarà gioco forza accettare come rimedio alle procedure tradizionali obsolete con cui, all’interno delle società industriali contemporanee, si procede alla distribuzione dl prodotto sociale.
Attualmente, il reddito di cittadinanza, così com’è stato introdotto in Italia, privo del ruolo e delle finalità per cui è stato pensato e formalizzato, non è altro che una “misura” di politica economica inquadrabile all’interno del modello di welfare State, nella forma oggi vigente, ridotta a strumento erogante prevalentemente servizi caritatevoli di beneficenza, con l’unico scopo di contenere e “gestire” il crescente fenomeno della povertà.
Su tutti gli aspetti del reddito di cittadinanza correttamente inteso e della sua possibile e necessaria istituzionalizzazione in funzione della lotta contro il fenomeno alla disoccupazione strutturale irreversibile e di quello della povertà (propri dei sistemi sociali economicamente avanzati), ci si può informare consultando la ricca letteratura esistente. E’ importante, invece, svolgere qualche considerazione (a margine della relazione di De Masi) sulla possibilità di contrastare la disoccupazione strutturale attraverso la riduzione dell’orario di lavoro, che è stato poi il tema sul quale si è svolto il convegno sul problema del lavoro nell’ottobre dello scorso anno e anche quello dell’incontro dibattito del 5 ottobre di quest’anno.
Il titolo (lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti) del convegno dello scorso anno (riproposto anche nella locandina dell’incontro dibattito di quest’anno) è sicuramente coinvolgente e accattivante, ma le difficoltà delle moderne economie industriali avanzate di creare nuovi posti di lavoro, di sconfiggere la disoccupazione e la povertà sono per loro natura troppo prosaiche, per lasciare spazio all’emotività che può essere tratta dal riferimento a slogan estetizzanti.
Da una robusta schiera di studiosi, che hanno poi ispirato lo slogan, tutti di orientamento di sinistra, quali, in particolare, Guy Aznar, Claus Offe e André Gorz, la lotta alla disoccupazione è stata ritenuta possibile solo attraverso una “riduzione dell’orario di lavoro”. Secondo questi autori, un reddito sociale, quale sarebbe il reddito di cittadinanza universale e incondizionato, svincolato dall’”unità indissolubile” che, secondo loro, deve sempre esistere tra diritto al lavoro e diritto al reddito, rientrerebbe nel novero dei palliativi di qualsiasi politica pubblica che fosse intenzionalmente diretta a proteggere i lavoratori (e i poveri) dalla decomposizione della “società del lavoro”, senza però promuovere una dinamica sociale in grado di aprire loro prospettive di emancipazione.
La contrazione continua dell’occupazione e il continuo aumento della povertà imporrebbero, perciò, la necessità di distinguere le “misure”, per loro natura temporanee, di qualsiasi politica pubblica finalizzate a lenire il disagio della disoccupazione e della povertà, dalla politica di riduzione continua dell’orario di lavoro, fondata sul tempo liberato dalla produttività crescente e sulla continua crescita del prodotto sociale.
Qual è il senso della proposta di Gorz, Offe e Aznar? Se tutti lavorassero sempre meno per effetto dell’aumentata produttività – essi affermano – significherebbe che tutti, oltre a lavorare, vedrebbero aumentare la quantità di tempo libero a disposizione che, opportunamente utilizzato, consentirebbe di porre fine all’esistente “società duale” (caratterizzata dalla compresenza di occupati, da un lato, e di disoccupati e poveri, dall’altro lato) e di creare una società caratterizzata dalla compresenza del lavoro determinato dalle esigenze funzionali del sistema economico e dal lavoro orientato allo svolgimento di attività autodeterminate, suggerite dalla condivisione di valori non riconducibili a quelli propri del mercato.
In questo modo, secondo Gorz, Offe e Azar, sarebbe possibile realizzare un’organizzazione del sistema sociale in cui tutti potrebbero lavorare sempre meno, sempre meglio (per via dell’aumento delle attività autodeterminate), pur continuando a conservare (e possibilmente a migliorare) il proprio tenore di vita. A differenza dei sistemi sociali che scegliessero di istituzionalizzare un reddito di cittadinanza universale e incondizionato per contrastare la disoccupazione strutturale e la povertà, i sistemi sociali che scegliessero, invece, la riduzione dell’orario di lavoro verrebbero a dotarsi di automatismi di controllo e di gestione preventivi della disoccupazione e, indirettamente, della povertà.
Secondo gli autori che sostengono questa tesi, la realizzazione di un sistema sociale “rivitalizato” sulla base della riduzione dell’orario di lavoro, non porrebbe problemi particolari sul piano macroeconomico; la difficoltà, secondo loro, consisterebbe nel trasportare sul piano microeconomico ciò che, dal punto di vista dell’economia nel suo insieme, non presenta contraddizioni. Se la riduzione della durata del tempo di lavoro è concepita non come “misura” di una politica pubblica a sostegno della disoccupazione, ma come una “politica di rivitalizzazione” del sistema sociale, essi affermano, la lotta contro la mancata disponibilità di un reddito non sarebbe tanto condotta attraverso una riduzione meccanica del tempo di lavoro, ma attraverso l’inserimento nel governo della dinamica del mercato del lavoro, di un processo che richiede, si, sempre meno lavoro, ma che crea ricchezza sempre in condizioni di equilibrio del sistema economico.
Dal punto di vista microeconomica, secondo Gorz, Offe e Aznar, le economie di tempo di lavoro si tradurrebbero, per le imprese che le realizzano, in economie sui salari; e sebbene si possa pensare che, dal punto di vista macroeconomico, un’economia che, utilizzando sempre meno lavoro e distribuendo sempre meno salari, debba cadere inesorabilmente nel baratro della disoccupazione e della pauperizzazione, per evitare che ciò accada, essi concludono, occorre che il potere d’acquisto del settore delle famiglie cessi di dipendere dalla quantità di lavoro che il sistema economico utilizza sulla base degli indici espressi dagli automatismi di mercato; occorre, invece, pur in presenza di un minor numero di ore lavorative prestate, che il settore delle famiglie continui a percepire, attraverso la riduzione del tempo di lavoro e l’aumento delle attività autodeterminate (rese possibili dall’aumento della produttività) un reddito complessivo (in parte, erogato dalle imprese e, in parte, erogato sotto forma di sussidio pubblico ai disoccupati e ai poveri) sufficiente a finanziare una domanda aggregata in grado di uguagliare il consumo dell’intero volume di beni e servizi prodotti.
La proposta di Gorz, Offe e Azar non può sottrarsi, però, alle considerazioni critiche che possono essere formulate riguardo a tutte le proposte fondate sull’ipotesi che il contrasto alla disoccupazione e alla povertà risulti sempre vincolato all’erogazione di un reddito condizionato all’esercizio di specifiche attività lavorative eterodirette, determinate dalle esigenze funzionali del mercato; in altri termini, la proposta di Gorz, Offe e Aznar (per lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti) non rimuove la necessità di sottrarre l’organizzazione complessiva del sistema produttivo alla logica propria di ogni modello organizzativo del sistema economico fondato sulla centralità della produzione.
Prescindendo dall’osservazione che lo slogan “lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti” manca di essere sorretto dalla dimostrazione che la contrazione del tempo di lavoro per effetto dell’aumentata produttività sia sempre sufficiente a garantire un efficace contrasto alla disoccupazione, ciò che lo slogan stesso sottende (e non potrebbe essere diversamente) è che, dopo una riduzione del tempo di lavoro, quest’ultimo continui a contrarsi; in conseguenza di ciò, tutti indistintamente godrebbero di una provvigione di tempo libero destinato a crescere, le cui forme d’impiego dovrebbero essere autodeterminate.
Ma come è possibile pensare che la crescita continua del tempo libero a disposizione possa essere “goduto” in termini autodeterminati, se la parte del prodotto sociale necessario per finanziare le attività autodeterminate deriva dalla necessità che essa risulti condizionata dalla logica di mercato che deve sottendere la razionalità economica all’interno delle imprese che devono accettare la contrazione del tempo di lavoro e contribuire attraverso la fiscalità a finanziare i sussidi da corrispondere a chi non riuscisse a reinserirsi nel mercato del lavoro e ai poveri, senza vedere compromessi i loro obiettivi di produzione e la loro permanenza sul mercato?
E’ evidente che la riduzione del tempo di lavoro, volta a rimuovere la disoccupazione e la povertà, non riuscendo a sottrarsi alle implicazioni di una rigida conservazione dell’”etica del lavoro”, vada incontro ai limiti di ogni politica finalizzata a finanziare una spesa per il funzionamento di un welfare State come quello oggi esistente, non più in grado di contrastare la disoccupazione strutturale e la povertà.
In conclusione, occorrerà riflettere in termini molto più approfonditi sulle funzioni che il reddito di cittadinanza correttamente inteso sarà chiamato a svolgere nel mondo globale di oggi, caratterizzato dal suo lento, ma continuo, passaggio dall’”età della scarsità” all’”età dell’abbondanza”. Il governo dei problemi connessi all’allargamento continuo dell’abbondanza, della quale godono, sia pure potenzialmente i moderni sistemi economici industriali avanzati, imporrà necessariamente che i nuovi meccanismi di distribuzione del prodotto sociale siano sempre più affrancati dalla logica tradizionale della produzione, pena la mancata possibilità di risolvere i mali del mondo attuale: disoccupazione e povertà.

*Anche su Democraziaoggi.
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Newsletter

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SAN ROMERO D’AMERICA, PASTORE E MARTIRE NOSTRO.
Care amiche ed amici,

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FINALMENTE

Care amiche ed amici,

Oggi venerdì 12 ottobre 2018

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lampada aladin micromicroGli Editoriali di AladinewAladinAladinpensiero
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governo-it-logoGoverno: una politica economica di improbabile successo
12 Ottobre 2018

Tonino Dessì su Democraziaoggi.
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Spagna, l’accordo Psoe-Podemos per invertire la rotta dell’austerità
Bilancio 2019. Dall’aumento del salario minimo alla patrimoniale, fino al controllo degli affitti, è il patto Sánchez-Iglesias per un governo che punta a durare. Ma in parlamento servono i voti dei nazionalisti baschi e catalani
Da il manifesto, EDIZIONE DEL 12.10.2018
[segue]

Suvvia! Il reddito di cittadinanza bollato come la rovina dell’Italia!

005516c4-01cc-4073-80cf-0aca121f2b67lampadadialadmicromicroUn intervento del direttore di Aladinews*.
Suvvia! Il reddito di cittadinanza bollato come la rovina dell’Italia!
Intervengo limitatamente alla questione del “Reddito di cittadinanza”, associandomi allo stupore (si fa per dire) e alla stigmatizzazione di Andrea Pubusa (su Democraziaoggi dell’11 c.m.) per la reazione a questa misura da parte di “istituzioni europee e internazionali, grandi gruppi editoriali e destra”, uniti in una “canea reazionaria per 780 euro agli indigenti”. Purtroppo a questi si aggiungono anche intellettuali progressisti di area cattolica, cito per tutti il prof. Leonardo Becchetti (https://www.aladinpensiero.it/?p=87954), che arriva addirittura a dare ragione a Renato Brunetta (intervistato dal quotidiano cattolico Avvenire del 28 settembre 2018.), che della manovra governativa boccia, guarda caso, soprattutto e in modo puntiglioso il “reddito di cittadinanza”, additato come sicuro responsabile della imminente rovina dell’Italia. In questo dimostrando ignoranza e malafede. [segue]

Oggi giornata di giustizia

stefano-cucchi-fto-di-c-sarritzu Oggi giornata di giustizia.
di Tonino Dessì, su fb
Condannato, sia pure in esito a giudizio abbreviato, uno dei carabinieri stupratori delle ragazze statunitensi a Firenze e l’altro rinviato a giudizio per lo stesso delitto.
Al processo per l’omicidio di Stefano Cucchi, uno dei carabinieri ha confessato in udienza dibattimentale il brutale pestaggio e ha chiamato in causa gli altri suoi colleghi.
Non sono un feroce giustizialista e non ritengo che il processo e la condanna penale risolvano i problemi culturali, sociali o politici, nè che con la punizione dei casi esemplari quel che sta al fondo dei problemi cessi di esistere e possa esser rimosso dall’attenzione pubblica, che invece va mantenuta costante.
Però servono, i processi, entro i limiti in cui debbono servire.
Fra i due casi una differenza e un tratto comune, entrambi non da poco. [segue]