Monthly Archives: ottobre 2018
Oggi mercoledì 24 ottobre 2018
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Marilotti ricorda Vittorio Foa al Senato
24 Ottobre 2018
Gianni Marilotti su Democraziaoggi.
Sono particolarmente lieto di tenere il mio primo intervento da Presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio Storico del Senato in occasione di questo convegno su Vittorio Foa nel decennale della scomparsa. Già questa mattina, autorevoli studiosi hanno tratteggiato la figura dell’uomo, antifascista, partigiano, uomo politico, padre costituente, dirigente sindacale, giornalista, pubblicista, professore. […]
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Ue boccia manovra, quali previsioni?
24 Ottobre 2018
Red su Democraziaoggi.
La Una bocciatura annunciata. La Commissione Ue ha respinto il Documento programmatico di bilancio italiano e ha deciso di chiederne uno nuovo, che dovrà essere inviato entro tre settimane a Bruxelles.
La ‘bocciatura’ “era largamente prevista e non ci stupisce”, commenta, senza scomporsi, il portavoce del ministero dell’Economia. Il ministero […]
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“Noi tireremo dritto”.
Tonino Dessì su fb.
Penso che certi echi alla lunga portino sfiga. Ma su questo dovremo aspettare, per vedere come andrà a finire [...].
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Di esordi governativi col vento in poppa, del resto, ne abbiamo visti altri, uno anche non lontano nel tempo. Poi è finita come ricordiamo.
Certo è che in questa campagna elettorale europea ormai in pieno svolgimento, se le posizioni della Commissione UE saranno ampiamente utilizzate in Italia, i toni e le modalità di risposta dei principali esponenti del Governo italiano saranno specularmente utilizzati in ciascuno degli altri Paesi membri, nei quali il medesimo Governo italiano non gode di simpatie nè sull’uno ne sull’altro degli schieramenti che si confrontano.
Oggi spread a 310, intanto, e un’altra vagonata di miliardi di euro mangiata dalla spesa per interessi sul debito pubblico italiano.
Qualcuno di sicuro ci guadagnerà molto da questa insulsa bagarre politica, fra queste settimane e maggio dell’anno venturo, e non saranno gli italiani.
Gli “Stati profondi” dove le burocrazie esercitano funzioni pubbliche sottrate al controllo democratico
Gli abissi del potere sono la negazione della democrazia
di Gianfranco Sabattini*
Il numero di agosto di “Limes” è dedicato ad un tema di particolare interesse, non solo perché è percepito in termini sfumati a livello intuitivo dall’immaginario collettivo, ma anche è soprattutto perché fa emergere un aspetto, quello della sicurezza dei popoli, che la politica ufficiale, “schiacciata” sulla costante considerazione dei problemi correnti, trascura, mancando di valutarne tutte le implicazioni negative.
Il tema trattato è quello della “profondità degli Stati”, espressa dalle burocrazie che esercitano funzioni pubbliche, sottratte ad ogni forma di controllo democratico; burocrazie che, giustamente, vengono indicate come costituenti gli “abissi del potere” ed esprimenti di fatto quello che viene chiamato “Stato profondo”. “In superficie – afferma l’Editoriale di Limes – gli Stati si somigliano tutti”; però, ogni “Stato profondo è profondo a suo modo”. Ciò dipende da varie ragioni: innanzitutto, dal modo in cui le singole leggi costitutive degli Stati ne prescrivono la costituzione e l’articolazione degli organi fondamentali; ma soprattutto dagli obiettivi che ogni Stato si prefigge di perseguire nella propria proiezione esterna.
Se la forza degli Stati fosse distribuita equamente, gli obiettivi che ciascuno di essi intendesse perseguire a livello globale non darebbe origine ad alcun problema degno di preoccupazione da parte del resto del mondo; poiché accade che la forza sia distribuita in modo ineguale, è invitabile che lo Stato profondo degli Stati ufficiali dotati di maggior forza diventi fonte di preoccupazione per gli “Stati minori”, i quali inevitabilmente sono costretti a ruotare come satelliti all’interno dell’area gravitazionale di ciascuno di quelli più forti. Sono molti i pericoli cui è esposta l’umanità, a causa dell’“equilibrio di potenza” dinamico esistente tra le diverse costellazioni di Stati; questi nascono dalla “gestione” affidata agli Stati profondi, che costituiscono il centro gravitazionale di ogni costellazione di Stati ufficiali.
La dinamica dell’equilibrio di potenza dipende dall’obiettivo di ciascuno degli Stati dotati di maggior forza; poiché tale obiettivo consiste nell’aspirazione di ciascuno di essi a “dominare il mondo”, attraverso il supporto della loro dimensione profonda, vale la pena conoscere le modalità del loro modo di interagire con gli organi e le strutture palesi degli Stati. Dato che ognuno degli Stati forti persegue lo stesso obiettivo, verrebbe da pensare che le loro strutture profonde siano identiche; non è però così, per cui, al di là di alcuni tratti comuni, il loro modo di agire e di valutare ciò che accade nel mondo è molto diverso, risentendo della storia e delle tradizioni che sono proprie di ogni Stato ufficiale. Sono proprio le diverse modalità di valutare gli accadimento globali da parte dei singoli Stati ufficiali, col supporto delle loro burocrazie arcane, a costituire la fonte dei pericoli cui è esposta l’umanità; per rendersi conto di ciò, seguendo l’Editoriale di Limes, è possibile descrivere in cosa consista, in concreto, lo Stato profondo e come esso interagisca con lo Stato ufficiale.
Come afferma l’Editoriale, lo Stato è come una “carta a due semi. Il primo ostentato, perché attiene alla sua dimensione politica”, che si riflette “nell’attività delle sue istituzioni e dei suoi dirigenti, variamente accessibili allo sguardo del cittadino”; il secondo “seme della medesima carta è lo Stato profondo, labirinto di burocrazie, funzioni e influenze”, articolate in organi usi ad agire sulla base del principio, enunciato dal noto politologo e consigliere dei governi americani, Samuel Huntington, secondo il quale “il potere resta forte finché rimane nel buio”, perché se fosse esercitato alla luce del sole comincerebbe inevitabilmente ad “evaporare”.
L’Editoriale di Limes sostiene che non c’è Stato ufficiale senza Stato profondo. Il confine che divide l’uno dall’altro non sempre è facile da individuare e a volte è, anzi, inesistente, come nella Repubblica Popolare cinese; tuttavia, a ciascuno Stato ufficiale corrisponde un proprio esclusivo Stato profondo, costituendo una “dualità statuale” che assume configurazioni alquanto difformi a seconda dei Paesi. Di solito, lo Stato ufficiale nasce “leggero”, poi si allarga e si “appesantisce”, dotandosi degli organi destinati a costituire la sua profondità funzionale. A volte accade l’opposto, quando il livello ufficiale dei cosiddetti “Stati fantoccio” nascono e si formano per iniziativa degli organi profondi di una superpotenza.
Malgrado la loro diversità, gli Stati profondi hanno alcuni elementi che li accomunano, riguardanti funzioni e modalità operative dei suoi organi. In primo luogo, gli organi labirintici degli Stati ufficiali hanno lo scopo di salvaguardare “le strategie geopolitiche”, offrendo competenze specialistiche ai decisori elettivi; in secondo luogo, lo scopo che orienta gli organi profondi dello Stato ufficiale è quello di garantire il costante perseguimento dell’”interesse nazionale”, la cui natura esclude per definizione che lo Stato ufficiale possa perseguire “interessi subnazionali o sovranazionali”; in terzo luogo, le burocrazie degli abissi dello Stato ufficiale sono ritualiste, nel senso che sono spinte “a ripetere gesti canonici con nevrotica compulsione anche quando il compito è esaurito”.
Inoltre, un altro tratto comune degli Stati profondi è costituito dal fatto che i soggetti preposti agli degli cui compete l’esercizio delle attività burocratiche profonde, nella presunzione di “saperne quasi sempre molto più dei propri superiori eletti”, sono spesso spinti a “manipolare” i decisori politici dai quali dipendono (se non a sostituirsi ad essi). Infine, in ogni Stato profondo, vi è un livello ancora più profondo “negli strapiombi di ogni Stato”, che è l’intelligence, la cui funzione è quella di garantire la salvezza dello Stato ufficiale e quella dei suoi “interessi fondamentali”, attraverso l’impiego di mezzi anche illegali; attività, questa, che consente “agli agenti di intelligenza, quando necessario alla sicurezza nazionale, di commettere reati”, che dovranno essere “coperti” dallo Stato ufficiale, nonostante spetti ad esso per obbligo di legge il controllo del suo braccio profondo.
Un ulteriore elemento presente nelle burocrazie dello Stato profondo è costituito dal fatto che, normalmente, a differenza degli organi politici elettivi dello Stato ufficiale, esposti alla possibilità di subire cambiamenti, le burocrazie profonde, invece, “sono dotate di vita propria, destinate ad estinguersi solo con la fine dello Stato”.
Dalla riflessione sull’insieme dei tratti che le burocrazia degli Stati profondi hanno in comune è facile dedurre ciò che esse possono rappresentare, nel bene e nel male, per la democrazia: col loro operato possono garantire la sopravvivenza dello Stato ufficiale, spesso in contrasto con le decisioni degli suoi organi elettivi (come capita, ad esempio, in Israele, dove i cosiddetti “guardiani dello Stato”, che occupano il livello statale più arcano, compiono spesso azioni che prevengono o ridimensionano quelle decise o attuate degli organi ufficiali); talvolta, però, le burocrazie profonde possono assumere decisioni, o compiere azioni, che vanno ben oltre la tutela degli interessi nazionali, esponendo non solo il loro Stato, ma l’intero globo ad esiti “indesiderati”.
E’ importante, quindi, che il confine che separa i “due semi” dello Stato (quello ufficiale e quello profondo), per quanto labile, consenta l’esistenza di un rapporto dialettico tra i due livelli, nel senso che, anche quanto le burocrazie profonde possono garantire competenze e supporto agli organi elettivi, questi ultimi abbiano sempre la possibilità di esercitare sulle burocrazie il controllo politico. Di fronte all’instabile equilibrio di potenza che caratterizza le relazioni tra le principali potenze globali oggi esistenti (Stati Uniti, Russia e Cina), i pericoli cui è esposta l’intera umanità dipendono dall’esistenza o meno del confine tra i due livelli di ogni Stato, e quindi dall’esistenza di un rapporto dialettico tra gli stessi. Un rapido confronto della situazione propria di ciascuna delle principali superpotenze globali, oggi contrapposte nella loro “aspirazione a dominare il mondo”, dimostra che le cose non stanno come sarebbe opportuno che stessero, nell’interesse dell’intero mondo.
Negli Stati Uniti d’America, la politica estera è la risultante della conflittuale interazione tra il dipartimento della difesa, quello di Stato (che cura i rapporti con l’estero) e le agenzie di intelligence; la conflittualità tra questi organi è mediata dal Consiglio per la sicurezza nazionale, raccordando la Presidenza dell’amministrazione americana con le “visceri dello Stato”. In questo contesto, osserva Dario Fabbri, in “Il mondo degli apparati americani” (Limes, n. 8/2018), uomini dell’intelligence, diplomatici e militari, pur configgendo tra loro, concordano sul come perseguire gli obiettivi imperiali ufficiali, identificando i principali “nemici della nazione” e interrompendo, di fronte all’assunzione della responsabilità politica finale da parte della Presidenza, gli scontri intestini, prima di paralizzare l’azione del Paese.
Così, negli USA, pur in presenza di una fisiologica concorrenza tra burocrazie profonde e istituzioni ufficiali, diventa possibile ribadire la tradizionale propensione imperiale dello Stato (consistente, ora, nel difendere la globalizzazione, intesa come sinonimo, sul piano prevalentemente economico, di impero americano) e intraprendere le necessarie attività sotto la tendenziale assunzione della responsabilità politica delle relazioni con l’estero da parte degli organi elettivi.
Anche nella Russia di Putin, lo Stato profondo mira a conquistare il mondo; questa propensione, però, è coltivata, non solo in termini economici, ma anche in termini messianici, perché sorretta dal mito della “terza Roma”, indicante il ruolo spirituale assunto da Mosca nei confronti del mondo, successivamente alla caduta di Costantinopoli nel 1453. Da allora, il mito si è radicato nella cultura russa, confermandosi “duro a morire” anche in epoca staliniana, durante la quale si è manifestato nella sua forma più aggressiva, attraverso l’ideologia dell’esportazione della rivoluzione proletaria nel mondo.
Dopo l’implosione dell’URSS, l’instabilità istituzionale successiva e l’avvento dell’era Putin, era sembrato che il nuovo Stato russo avesse intrapreso la via della democratizzazione della vita politica; ciò però ancora non è avvenuto, o quantomeno il cammino verso l’adozione di un regime democratico è stato sinora molto lento, al punto che l’antico mito sembra caratterizzare l’attuale postura esterna della Russia. A parere di Nikolaj Petrov, professore di Scienze sociali presso l’Alta scuola di economia di Mosca, la politica imperiale russa è ispirata dai “falchi” dello Stato profondo, che hanno preso il sopravvento sulla politica revisionista di Vladimir Putin; essi, dopo aver rimpiazzato le burocrazie che avevano provocato e sostenuto il crollo del socialismo reale, non avrebbero ora, secondo Petrov, “altro obiettivo se non quello di mantenere il potere”.
Perdurando questa situazione, espressa dall’incerta transizione del Paese verso la democrazia, che sinora non è giunta a compimento, “non c’è ragione – afferma Petrov – che quando Putin cederà il potere [...] la classe dirigente russa possa cambiare posizione” nei confronti della politica estera. Ciò non sarà privo di conseguenze nei confronti del mondo, in quanto l’esile (se non inesistente) confine che separa il livello degli organi dirigenti dello Stato Russo da quello delle burocrazie profonde, oggi prevalenti, e la conseguente mancanza di ogni parvenza di dialettica tra i due livelli dello Stato valgono a conservare il resto del mondo (più di quanto accade con la postura estera degli USA) esposto al rischio di una instabilità futura, sul piano militare, politico ed economico.
Più drammatico appare il caso della Cina, in quanto i pericoli della sua proiezione imperiale non si riducono alla strategia ufficiale per la conquista del primato globale nel campo dell’economia; essa (la strategia) include anche l’obiettivo di dimostrare la presunta superiorità del retaggio culturale della Cina, come forma di riscatto dalle molte umiliazioni alle quali il Paese è stato sottoposto, soprattutto da parte dell’Occidente.
La pericolosità della pretesa estera cinese è aggravata dal fatto che, come testimonia Francesco Scisci (ricercatore presso la China People’s University, nell’articolo “In Cina lo Stato si specchia in sé stesso”, in Limes, n. 8/2018), nella Repubblica Popolare “non esiste alcuna dialettica istituzionale fra esecutivo e brurocrazia”, per cui Stato ufficiale e Stato profondo risultano un tutt’uno; fatto, questo, che, a parere di Scisci, impedisce agli organi deliberanti della Cina di avere una precisa contezza dello stato reale del proprio Paese e di configurare la propria posizione nei confronti dei competitori internazionali in termini politicamente razionali.
Come concludere le riflessioni sin qui svolte sul ruolo e la funzione degli Stati profondi? La risposta non può essere che una: con le loro “pompose” dichiarazioni, tutti gli Stati (in particolare, le gradi potenze planetarie), manifestano la volontà di volere la pace e il benessere del mondo; in realtà, le dichiarazioni servono solo a “coprire” l’attività delle loro burocrazie che, sottratte all’occhio vigile dei cittadini, inducono l’immaginario collettivo ad ipotizzare l’esistenza di complotti, orditi da ciascuna potenza ai danni delle altre. L’ideologia del complotto, giustificando la corsa agli armamenti, espone il mondo al pericolo che le profezie complottiste si autoavverino; questa, non è certamente una prospettiva desiderabile.
Dossier Statistico Immigrazione 2018
Giovedì 25 ottobre 2018 – Ore 10:30
Aula Magna Ex Facoltà di Scienze Politiche, Viale S. Ignazio n. 78, Cagliari.
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SALUTI DELLE AUTORITA’ APERTURA DEI LAVORI
Piera Loi, Direttore del Centro Studi di Relazioni Industriali, Università di Cagliari
INTRODUZIONE, COORDINAMENTO E CONCLUSIONI
Sergio Nuvoli, Giornalista, Ufficio Stampa Università di Cagliari
PROIEZIONE DEL VIDEO. Il Dossier Statistico Immigrazione 2018.
PRESENTAZIONE DEL DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2018
M. Tiziana Putzolu, Consigliera Regionale di Parità, “Il contesto nazionale” Valeria Lai, Comitato Unicef Sassari, “Il contesto regionale”.
CONTRIBUTI
Annamaria Baldussi, Università degli Studi di Cagliari, “Migrazioni e globalizzazione“
Genet Woldu Kefly, Presidente Anolf Sardegna, “L’integrazione sociale oggi”
Per Informazioni elisabetta.sini@hotmail.it
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Oggi martedì 23 ottobre 2018
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Varoufakis liquida Di Maio. Ho paura che ripeta il flop di Tsipras
23 Ottobre 2018
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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SOCIETÀ E POLITICA » CAPITALISMO OGGI » CRITICA
Il grande business del debito italiano
di Andrea Fumagalli su effimera.org, ripreso da eddyburg, 23 ottobre 2018. La campagna mediatica sul debito è ideologica e politica, non di natura economica: l’Italia non si trova a rischio di insolvenza, la crescita del debito non è associata all’aumento della spesa pubblica, serve a favorire la rendita finanziaria e i più ricchi. Questi i veri beneficiari della finanziaria proposta dal governo.
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LE NOSTRE CITTA’ INVISIBILI. UN PROGETTO DI INCONTRO TRA CULTURE DIVERSE.
C’è un progetto di integrazione a Cagliari che intende promuovere l’incontro tra i cagliaritani ed i migranti di seconda generazione che vivono in città attraverso la conoscenza dei luoghi e della storia. Lo strumento è quello delle passeggiate turistico-culturali condotte da accompagnatori interculturali. Si chiama “Le nostre città invisibili”, fa parte della rete nazionale Migrantour ed è gestito dall’associazione Amici di Sardegna Onlus.
“Le nostre città invisibili” è anche il titolo dell’evento formativo promosso dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna che si svolgerà a Cagliari giovedì prossimo 25 ottobre nel Teatro Sant’Eulalia, in vicolo Collegio 2, dalle 14 alle 17. Relatori saranno Luigi Almiento (segretario Odg Sardegna), Roberto Copparoni (presidente Associazione Amici di Sardegna), Laura Longo (coordinatrice progetto Migrantour), Stefania Russo (operatrice culturale, presidente della cooperativa “Il sicomoro”). E ci sarà anche la testimonianza di alcuni partecipanti al progetto Migrantour: Martin Elvis, King Remesha e Es Skib Kawtar.
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Oggi lunedì 22 ottobre 2018
———-Avvenimenti&Dibattiti&Commenti———————————–
—Dritto di Red——————————————–
Renzi – Grillo, ieri due leader in diretta
22 Ottobre 2018
Red su Democraziaoggi.
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—Rovescio di Tonino—————————————
https://www.facebook.com/antonio.dessi.908/posts/2171682266432418
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Riace
Solidarietà con Mimmo Lucano
Alex Zanotelli – Riace riparte!
Scriveva dal carcere Martin Luther King “L’individuo che infrange la legge perché la sua coscienza la ritiene ingiusta ed è disposto ad accettare la pena del carcere per risvegliare la coscienza della comunità circa la sua ingiustizia, manifesta in realtà il massimo rispetto per la legge”.
21 ottobre 2018 – Laura Tussi su
Alex Zanotelli – Riace riparte!
Per una nuova comune umanità
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Riunione aperta del Comitato Casa del quartiere di Is Mirrionis
Comitato Casa del Quartiere – Is Mirrionis – Cagliari
Il presidente Terenzio Calledda comunica che lunedì 21 ottobre alle ore 19 presso i locali della Parrocchia di Sant’Eusebio, si terrà una riunione aperta sul ricupero dell’edificio Scuola Popolare di Is Mirrionis per riconsegnare al quartiere e alla città una struttura di aggregazione e partecipazione civica. L’arch. Felice Carta presenterà il progetto da lui predisposto su commissione dello stesso Comitato. E’ gradita la partecipazione di tutte le persone interessate.
DIBATTITO. L’impegno dei cattolici italiani in politica, oggi .
CATTOLICI ITALIANI
Contraddizioni nel cambiamento
di Ritanna Armeni su Rocca.
Come si collocano i cattolici italiani nella divisione che oggi attraversa il paese sui temi della solidarietà e dell’accoglienza? Si dividono? La pensano, magari con sfumature diverse, nello stesso modo?
I recenti fatti di Lodi (dove una sindaca ha impedito l’accesso alla mensa ai bambini stranieri non in grado di attestare l’assenza di redditi all’estero in nome di un regolamento comunale perlomeno discutibile e per molti chiaramente discriminatorio) e i fatti di Riace, un paese che è stato additato come un esempio mondiale di accoglienza e d’integrazione, il cui sindaco è stato arrestato (non accusato o inquisito, ma arrestato) perché avrebbe favorito l’immigrazione clandestina e quindi avrebbe commesso un reato, hanno posto, fra le tante, anche queste domande. L’Italia è un paese cattolico, secondo le statistiche i suoi cittadini in grandissima parte si dichiarano credenti, i bambini in maggioranza sono battezzati e la maggior parte dei matrimoni (sempre meno, ma tanti) si celebra in Chiesa. Da questi dati si può con qualche ragionevolezza supporre che anche i credenti, ancora maggioranza nel paese, abbiano votato per partiti, come la Lega, che oggi fanno della lotta contro l’immigrazione, contro il «buonismo» e contro l’accoglienza, la loro bandiera. E, quindi, appoggino la politica «cattivista» del governo. Devono essere tanti, se la Lega continua a volare nei sondaggi. Si sa anche che un gran numero degli stessi credenti oggi è schierata contro questa politica e che spesso è in prima linea nelle battaglie per l’accoglienza. Si sa che giornali cattolici hanno avuto parole molto dure contro l’attuale politica del governo. E che, infine, alcuni importanti rappresentanti del clero si sono apertamente schierati per politiche di accoglienza e di solidarietà. E allora? Quale possiamo considerare la vera e autentica posizione cattolica? Quella che in nome della legalità e della sicurezza approva i respingimenti, la chiusura dei porti, l’arresto di sindaci che adottano pratiche solidali o quella che opta per soluzioni etiche più consonanti al precetto evangelico «ama il prossimo tuo come te stesso» anche a costo di sconfinare dalle leggi dello Stato?
Un laico che oggi osservi il mondo dei credenti trova difficile comprendere fino in fondo la contraddizione in cui questo si trova. Anche se di cambiamenti nel mondo cattolico ce ne sono stati molti. C’è stato – e non è molto lontano – il tempo in cui i cattolici erano protagonisti assoluti della vita nazionale, delle abitudini, della morale, delle opinioni prevalenti. Un tempo in cui il governo era di un partito cattolico, la Chiesa influenzava la vita politica italiana, il cattolicesimo coincideva con le tradizioni del paese e con i suoi costumi e in cui il mondo cattolico appariva unito e compatto nella morale e nella politica.
Abbiamo poi assistito a una trasformazione che ha coinciso con i cambiamenti sociali e culturali degli anni ’70: il pianeta dei credenti è diventato in gran parte progressista, si è amalgamato con il mondo laico adeguandosi alla modernità, alle richieste di libertà individuale, alla rottura con dogmi della tradizione: divorzio, aborto etc. Da un certo punto in poi i cattolici non hanno più costituito un fronte compatto, omogeneo che si contrapponeva agli «altri». Rimaneva la discriminante della fede, ma questa diventava sempre più fatto privato, scelta intima. E se, come è avvenuto in quegli anni, la libertà individuale era un valore comune, ciascuno poteva viverla a suo modo e convivere con gli altri.
C’è stato, poi, almeno un terzo passaggio. È avvenuto con la globalizzazione, quando il mondo dei credenti è apparso più attento e vigile nei confronti degli squilibri sociali, degli sconquassi culturali che ne derivavano. Il pensiero critico cancellato da tanta parte della cultura e della politica è rimasto forte in un mondo in cui la fede, il rapporto con Dio, la conoscenza dei testi sacri offriva strumenti di paragone e di critica e consentiva di non approvare ciecamente le idee dominanti nella società e nella politica. Ancora oggi i credenti sono i portatori principali della opposizione al consumo indiscriminato, hanno un’attenzione alla vita che va oltre le leggi del mercato, una vigilanza sulla propria libertà. Non è un caso che i laici critici del pensiero unico trovino nelle parole di Francesco una concordanza con le loro preoccupazioni, una visione del mondo più solidale, meno mercantile di quanto non ci sia nel cosiddetto progressista in grandissima parte, invece, subalterno alla globalizzazione e al pensiero unico.
Ora nel mondo dei credenti c’è un’altra situazione, una spaccatura profonda, tanto profonda, che quasi non si osa nominarla. La reticenza ha una motivazione. Il punto è che non siamo, come nel passato, di fronte ad una divisione politica. Non assistiamo alla presenza di comuni valori che però trovano espressione in forze politiche diverse. Per anni, anzi per decenni i cattolici hanno votato Dc o Pci, negli anni seguenti hanno scelto fra Forza Italia e il Pd. Non è quindi quello delle scelte politiche il problema, ma quello – più importante – dei valori e delle scelte etiche. Del rapporto fra queste e le leggi. Meglio ancora fra leggi degli uomini e i principi universali, quindi per i credenti «divini», quelli che nessun cambiamento storico e politico può contraddire. Duemila e cinquecento anni fa Sofocle raccontando la storia di Antigone, la sorella di Polinice, che per dare sepoltura al fratello violò i decreti del re Creonte pose un problema al quale ci troviamo di fronte anche oggi: onorare la legge di Dio anche a costo di trasgredire quella degli uomini? O adeguarsi a quella degli uomini che è l’unica realistica e possibile? È un dilemma ben più importante di quello della scelta politica di questo o di quel partito. Al quale il mondo cattolico non è riuscito a dare ancora una risposta univoca.
Oggi domenica 21 ottobre 2018
———-Avvenimenti&Dibattiti&Commenti———————————–
Pessime frequentazioni estere di Salvini. E i gialloverdi nulla da dire?
21 Ottobre 2018
Roberto Murgia su Democraziaoggi.
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ECONOMIA. Manovra economica, Becchetti: “Stiamo diventando sempre meno credibili ed affidabili” Con il declassamento di Moody per l’Italia la situazione economica si fa ancora più pesante. Una settimana davvero nera per l’economia italiana. Di questo parliamo con il prof. Leonardo Becchetti, Ordinario di Economia politica all’Università “Tor Vergata” di Roma .- Su RaiNews.
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RIFLESSIONI ESSENZIALI: «La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza»
Una riflessione condivisa dal filosofo Norberto Bobbio e dal cardinale Carlo Maria Martini.
C’è voglia d’Europa
Lo dice anche la riuscita (e oceanica) manifestazione di Londra.
[Da repubblica.it online] Brexit, folla oceanica a Londra chiede nuovo referendum. Da Ansa.it.