Monthly Archives: giugno 2018

Oggi sabato 23 giugno 2018

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lampadadialadmicromicro132Fino a mercoledì 4 luglio 2018 l’aggiornamento quotidiano della News non sarà tempestivo come di consueto, per ragioni di carattere organizzativo. La News comunque non chiuderà per ferie neppure quest’anno.
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Gramsci: un pensiero universale
23 Giugno 2018

Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Di recente il Centro di Iniziativa Democratica (CID) ha pubblicato il “Quaderno n. 1”, nel quale è riportato il testo di una conferenza che il Professor Remo Bodei ha tenuto a Cagliari nel dicembre dello scorso anno (…)
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Oggi Università- Impresa

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12° edizione della Giornata Mondiale del Rifugiato

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Il Progetto SPRAR “Accoglienza Metropolitana” (ex “Emilio Lussu”) è lieto di invitarvi alla 12° edizione della Giornata Mondiale del Rifugiato.
L’iniziativa si svolgerà OGGI venerdì 22 giugno dalle ore 18.30 presso la Comunità La Collina a Serdiana.
Il giornalista Vito Biolchini dialogherà con due celebri autori del fumetto italiano sul tema del viaggio.
Bepi Vigna partirà dal mito del viaggio per eccellenza, l’Odissea, per raccontare una storia fantastica, un’avventura interiore dai risvolti inediti, offrendo una personale rilettura di una delle più celebri e archetipiche storie dell’Occidente.
Lelio Bonaccorso racconterà invece un altro tipo di viaggio, reale e non fantastico, ovvero un reportage a fumetti che descrive la sua personale esperienza a bordo di una nave di una ONG, impegnata in un’operazione di soccorso di migranti nel Mediterraneo.

Vi aspettiamo numerosi!!!

Oggi venerdì 22 giugno 2018. Qualcosa è cambiata

qualcosa-e-cambiata2Un’assemblea pubblica con l’avvocato amministrativista, docente di diritto pubblico comparato ed ex senatore Felice Besostri. Un confronto organizzato dai comitati sardi per la democrazia costituzionale e aperto a tutte le organizzazioni democratiche e i cittadini per discutere della crisi della democrazia e della deriva autoritaria che si svolgerà a Cagliari venerdì 22 giugno, alle ore 17.00 nell’Hostel Marina, Scalette di San Sepolcro.
Appello Qualcosa è cambiata

Oggi venerdì 22 giugno 2018

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Pensiero forte e coinvolgimento popolare

Il pensatore di RodinM5S, come uscire dall’angolo stretto dell’alleanza
Le proposte. Riscrivere il Jobs Act, rovesciare la logica aziendalistica della “buona scuola”, assumere l’iniziativa su corruzione e conflitto di interessi, avviare una politica sul Mezzogiorno

Massimo Villone su il manifesto
EDIZIONE DEL 21.06.2018 [segue]

Quanto valgono i sondaggi lo sappiamo, ma l’impatto del sorpasso della Lega su M5S è innegabile. Inoltre, la crescita della Lega non sembra essere a spese degli alleati del centrodestra, e la coalizione avanza.

Se il trend si consolidasse, il centrodestra potrebbe trovare conveniente tornare alle urne. Dunque, l’arretramento di M5S non interessa solo all’oligarchia che ne tiene il timone.

Forse era scritto. Potrebbe aver pesato l’incidente ultimo sul palcoscenico romano, ma la tendenza si mostra ben altrimenti fondata. L’insostenibile leggerezza di M5S ha ceduto di fronte alla Lega, partito strutturato, radicato, già egemone in parti decisive del paese, e con lunga consuetudine di governo.

La parola chiave è: paura. In un paese frastornato, appesantito da milioni di poveri, segnato dalla peste della precarietà, diviso nei territori e nella distribuzione sempre più diseguale delle ricchezze, il rozzo messaggio di Salvini ha fatto breccia: uniti contro lo straniero, meno tasse, più sicurezza. Incide ancor più laddove si avverte l’aggressione di organizzazioni criminali, come mostra da ultimo la bomba di camorra a Napoli. E peserà anche l’uscita sui Rom, in specie nelle periferie urbane degradate. Sapevamo che l’esperimento gialloverde era sbilanciato a destra. Ma preoccupa che il paese segua il governo e scivoli a destra a sua volta. Bisogna fermare la deriva. Le opposizioni – il Pd e la sinistra – non sembrano al momento in partita. Il Pd è in un cono d’ombra dal quale non uscirà prima di aver fatto i conti con gli anni del renzismo, e l’ostacolo maggiore è proprio Renzi. Ma è una via obbligata. L’alternativa è ritirarsi nei bunker familistici e clientelari dei cacicchi locali. E deve cercare nuove strade anche la sinistra. Afona e impegnata in una battaglia navale di ceto politico che interessa solo chi ne è partecipe.

M5S è nell’angolo. Di Maio sui Rom ha ragione. Ma alla paura non si risponde con il diritto costituzionale. Si risponde con una nuova speranza, una idea di futuro. Anche la posizione sui riders è apprezzabile. Ma è solo una goccia nel mare della precarietà. Le proposte M5S rischiano di sfumare nella nebbia. Il ministro Tria, con il Def gialloverde, in parlamento si è posto in sostanziale continuità con il predecessore Padoan. Risorse poche, i vincoli di sempre, e con la Ue si tratta. Attenzione piena ai mercati. Sul reddito di cittadinanza avanti pianissimo. E intanto? Come si bilancia Salvini?

Qualcosa si può fare. Riscrivere il Jobs Act per ritrovare il lavoro buono e stabile, e uscire dall’ultimo posto nella classifica europea dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano. Rovesciare la logica aziendalistica della “buona scuola”. Ridare centralità a ricerca e università. Assumere l’iniziativa su corruzione e conflitto di interessi. Avviare una politica sul Mezzogiorno. Il ministro Toninelli elenca interventi per contrastare il deficit infrastrutturale che schiaccia il Sud. Bene.

Con quali risorse, quali tempi?

Non si illuda M5S che la battaglia decisiva si combatta sulla rete e sulla piattaforma Rousseau. A parte ogni considerazione sull’affidabilità, non si può sequestrare il consenso di quasi undici milioni di elettori ed elettrici nelle decisioni di poche decine di migliaia di militanti. M5S e i suoi parlamentari devono fare i conti con una vastissima platea che non prende ordini dalla rete. Piuttosto, sarebbe utile guardare alla parte del contratto sulla democrazia diretta. Un intervento di semplificazione su referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare, anche limitato alla sola legge ordinaria 352/1970, sarebbe facile e rapido. E sarebbe apprezzato anche da chi può temere attacchi a diritti faticosamente conquistati, come il fine vita, le unioni civili, l’aborto.

Incertezze, immobilismi, vuoto di idee esaltano il messaggio rozzo e iper-securitario di Salvini. Non saranno le esortazioni, i richiami alla Costituzione a sconfiggere le paure, ma solo le nuove speranze. E certo non serve censire i raccomandati. Anzi, meglio una moratoria. A qualcuno potrebbe venire in mente di proporlo sui politici incapaci.
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Domani 22 giugno Giornata mondiale del Rifugiato

gior-rifugiato-22-giuSOCIETÀ E POLITICA » EVENTI » 2015-ESODOXXI
Giornata mondiale del Rifugiato, oltre 68 milioni di persone costrette alla fuga. “Nel 53% dei casi sono minori”
“Il Fatto Quotidiano, 19 giugno 2018, ripreso da eddyburg. Un’analisi quantitativa dell’esodo in corso. I numeri dell’esodo in corso potranno essere utili a quanti hanno conservato il lume della ragione, saranno inutili per chi usa la testa come i governanti italiani ed Europei. Con commento, (e.s.)
L’analisi delle dimensioni dell’esodo ne conferma il carattere dirompente sia per i paesi di provenienza sia per quelli assunti come obiettivi dai flussi dei migranti. Ma non si comprende ancora che é necessario individuare e praticare sia soluzioni immediate per l’accoglianza coerente con una «migrazione sicura, ordinata e regolare», secondo le parole di papa Francesco, sia il progressivo smantellamento del sistema economia e di potere che con lo sfruttamento dei colonialismo vecchi e nuovi, sta portando il pianeta e l’umanità alla catastrofe. Chiamalo, se vuoi, capitalismo. (e.s.)
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RIFLESSIONI ESSENZIALI: «La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza»

IL-PENSATORE-PALa preghiera laica di Bobbio

«Caro Peyretti, sono qui in questo bel paesetto del cuneese in casa di amici […]. Mi sono portato qui un fascio di lettere alle quali non avevo mai risposto. Ce n’è una sua del 22 maggio scorso. Non prego, se per preghiera s’intende invocare aiuto, o peggio benefici, o premi, o salvezza in situazioni difficili. Ma se per preghiera s’intende, come dice lei, ‘apertura verso il mistero che ci avvolge’, prego anch’io come tanti altri. Ma è preghiera, questa? La preghiera implica che ci sia qualcuno che ascolta. La preghiera non può essere soltanto riflessione interiore sul mio destino, sul male, sulla origine e la fine delle cose, una riflessione in cui nessuno mi ascolta, e che rivolgo soltanto a me stesso…».

Così, da Valdieri, Norberto Bobbio, il 25 luglio 1990, all’ex allievo che aveva aperto un articolo sulla preghiera riprendendo una sua frase, «Io non prego», e continuandolo con un’altra frase bobbiana condivisa dal cardinale Carlo Maria Martini, e cioè: «La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza». «Il dolore non ci ferisce soltanto, ma anche stimola le nostre risorse spirituali più profonde per affrontarlo e viverlo all’altezza della drammatica dignità umana. Il ricordo e la permanente compagnia interiore di Sua moglie l’aiuteranno e Le daranno forza. Io che oso far conto su risorse non soltanto umane, quando la nostra vita si imbatte nei suoi limiti (non solo quelli temporali), e nei suoi più drammatici interrogativi, Le dico che prego Dio per Lei e per la cara Signora. Lo intenda almeno come intenzione di partecipazione profonda e affezionata, aperta sul mistero che ci circonda». Così Enrico Peyretti a Bobbio dopo la morte della moglie Valeria.

dialoghi-con-norberto-bobbio-579I brani appena citati, sono solo un paio di frammenti del dialogo fra due amici – un credente che prega fiducioso di guarire la sua incredulità e un uomo consapevole di essere immerso nel mistero. Due schegge di un carteggio che costella insieme a tanti ricordi vent’anni di amicizia e di riflessioni sui grandi interrogativi della vita ma anche quesiti legati alla quotidianità, ora nelle pagine tessute da Peyretti sotto il titolo Dialoghi con Norberto Bobbio, edito da Claudiana (pagine 256, euro 15,00). Un confronto che abbraccia politica ed etica, pace e fede, e dove si avvertono distanze e sintonie, disparità di conoscenze e contraddizioni. Così, oltre al dibattito destra e sinistra tra interessi e ideali, giudizi sulle stagioni politiche e ostracizzazione della mitezza, oltre alle questioni sulla responsabilità e la libertà, il disarmo e i diritti umani, ecco qui affacciarsi alcuni riferimenti al cristianesimo che aiutano a capire meglio le ultime riflessioni bobbiane circa la sua ‘religiosità, non religione’ fino al suo testamento (in cui accenna tuttavia alla ‘religione dei padri’). Così con il Bobbio che confessa all’intellettuale impegnato nei movimenti della non violenza, «Sono, o credo di essere, un uomo pacifico, ma non sono, e mi considero sempre meno, un pacifista assoluto, come lei e i suoi amici», troviamo qui quello che scruta il senso del male, che ammira l’essenziale della morale cristiana e ne valuta l’efficacia innanzi a quella laica, che stima le persone seriamente religiose, che parla di Cristo con rispetto, ma senza riconoscergli di aver dato all’umanità la grazia salvifica di un cammino.

Insomma ecco il filosofo che resiste alla fede, con una concezione profana della vita, dove anche gli atti buoni sono persino santi ma mai religiosi, ed ecco l’ex allievo che lo stimola a rileggere i suoi lavori, ma pure, ad esempio, quelli di Sergio Quinzio (La sconfitta di Dio) o di Paolo De Benedetti (Quale Dio?). Così sino all’ultima lettera del 13 maggio 2000. Scrive Bobbio a Peyretti: «Se lei intende per ‘fede’ il mondo degli affetti, delle emozioni, dei sentimenti profondi, sono perfettamente d’accordo con lei. Non c’è nessuna contraddizione tra il mondo delle passioni o delle emozioni e il mondo della ragione […]. Mentre vedo un contrasto tra l’uomo di ragione e l’uomo di fede […]. La fede, a me pare, è un’altra cosa: non ha niente a che vedere, secondo me, con le passioni e con gli affetti [...]. Non discuto le interpretazioni più credibili, a suo parere, di tanti miti tramandatici dai testi attraverso i quali si è venuta formando la nostra educazione religiosa, ma io penso che la via attraverso cui progredisce la nostra conoscenza del mondo non parta da lì. Anzi comincia quando ce ne distacchiamo […]. Più mi avvicino alla fine, più sento che la morte è il passaggio dalla polvere da cui siamo nati alla polvere a cui siamo destinati a ritornare. Ma non insisto. Non pretendo che sia qualcosa di più di quel che lei chiama una ‘scommessa’ […]. Non le nascondo che sull’origine divina di Cristo ho sempre avuto i miei dubbi […]. Ma non posso neppure dire di accettarlo completamente come ‘maestro’. Vorrei che qualcuno mi spiegasse meglio perché accanto al Cristo delle ‘benedizioni’ ci sia anche quello delle ‘maledizioni’ […]. Pongo domande poste da mille altri prima di me, che possono apparire a un uomo di fede ovvie e ingenue, se non addirittura malevole». «Le sue domande non sono affatto malevole, ma serie. Un credente anche persuaso non è privo di dubbi e incredulità. Anche grandi santi hanno provato il dubbio freddo e buio». Era – il 20 giugno –la risposta di Peyretti. Due sensi religiosi della vita innanzi al suo Mistero.

Marco Roncalli, Avvenire 3 giugno 2011
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Oggi giovedì 21 giugno 2018

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lampadadialadmicromicro132Da oggi giovedì 21 giugno e fino a mercoledì 4 luglio 2018 l’aggiornamento quotidiano della News non sarà tempestivo come di consueto, per ragioni di carattere organizzativo. La News comunque non chiuderà per ferie neppure quest’anno.
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Un momento delle proteste alla frontiera con il Messico contro la separazione di oltre 2mila bambini dai genitori [da il manifesto online]
Dopo le critiche internazionali e del papa, la Casa bianca fa marcia indietro e annuncia il decreto per la riunione degli oltre 2mila bambini separati dai genitori e chiusi in gabbie alla frontiera con il Messico. Ma per tanti minori l’inferno potrebbe continuare [da il manifesto online]
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L’”accesso al cibo” e il diritto alla dignità della persona
Gianfranco Sabattini su Aladinews.
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A tre mesi dal 4 marzo: il ritorno del dualismo optimates-populares?
21 Giugno 2018

Lorenzo Marilotti su Democraziaoggi.
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M5S, come uscire dall’angolo stretto dell’alleanza
Le proposte. Riscrivere il Jobs Act, rovesciare la logica aziendalistica della “buona scuola”, assumere l’iniziativa su corruzione e conflitto di interessi, avviare una politica sul Mezzogiorno

Massimo Villone su il manifesto
EDIZIONE DEL 21.06.2018 [segue]

«La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza». Comunità di San Rocco: Riflessioni guidate.

zac-s-roccoLA SOFFERENZA E DIO. San Rocco, domenica 10 giugno 2018.
Margherita Zaccagnini.

Vi sarete chiesti: Chi è questa incosciente temeraria che osa affrontare, solo toccare, un argomento simile? Su cui l’umanità si interroga da millenni, per millenni.
La cosa bella è che ho chiesto aiuto a Giovanna per un aspetto pratico: il mio braccio si rifiuta di scrivere al computer o anche a mano per un certo tempo. E lei mi ha dato una dritta formidabile. Anzi tre. “Puoi dividere l’argomento in tre parti:
• La responsabilità del male
• Il discernimento tra bene e male
• L’elaborazione della sofferenza e la nostra risposta.
[segue]

RINGRAZIAMENTI e RILANCIO della SOTTOSCRIZIONE per L’ACQUISTO DELLA NUOVA SEDE DELLA CONFEDERAZIONE SINDACALE SARDA – CSS. Messaggio del Segretario generale.

CSS loghettoCarissime/i,
devo un ringraziamento a tutti voi che avete e state contribuendo con generosità ad un grande ed ambizioso obiettivo: DARE UNA NUOVA CASA ALLA CSS, che, in seguito allo sfratto, deve lasciare la sede storica di Cagliari in via Roma 72, per insediarsi in un locale bellissimo e funzionale in Piazza Is Maglias a Cagliari. Locale che abbiamo decisio di acquistare per farne un punto di riferimento del Sindacato Sardo e dei Movimenti Democratici /Pacifisti e Ambientalisti ad iniziare dal CoStat (Comitato di iniziativa costituzionale e Statutaria).
GRAZIE VERAMENTE DI CUORE SIA A COLORO CHE HANNO VERSATO QUOTE DA 5 MILA IN SU, SIA A COLORO CHE HANNO VERSATO QUOTE DI LIBERALITA’ DA 50 A 500 EURO. [segue]

Un nuovo sapere PSICOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

img_4810Pubblicato in Italia il libro di Ignacio Martìn-Barό, il gesuita ucciso nella strage della Università Centro Americana, che fondò come strumento teorico ed operativo la “psicologia della liberazione” in continuità e in corrispondenza con la teologia della liberazione. Contro la “bastonata culturale dei media” e la separazione tra storia della salvezza e storia del mondo
di Raniero La Valle *

psicologia-liberazioneQuesto libro, pubblicato da Bordeaux edizioni (Ignacio Martìn-Barό, Psicologia della liberazione, a cura di Mauro Croce e Felice Di Lernia, con uno scritto di Noam Chomsky) è in realtà un’operazione culturale volta a inculturare in Italia un sapere di cui non conoscevamo nemmeno il nome: infatti la psicologia della liberazione è un prodotto della cultura che in Italia non c’è mai stato, non è mai stato nominato, e non si è mai avuta né si ha ancora oggi la minima idea che sia necessario, e che anzi senza una psicologia della liberazione il progresso storico si ferma.
In questo libro sono raccolti i testi più importanti in cui è racchiuso il pensiero del gesuita spagnolo Ignacio Martìn-Barό, uno spagnolo incardinatosi e anzi immedesimatosi nell’America Latina e ucciso poi insieme ad altri cinque gesuiti e a una inserviente e a sua figlia nella strage perpetrata dagli squadroni della morte nell’Università Centro Americana del Salvador. Cinque professori e due donne uccisi nella notte del 16 novembre 1989: Ignacio Martìn-Barό, Ignacio Ellacurìa, Segundo Montes, Juàn Ramόn Moreno, Armando Lopez, Joaquin Lόpez y Lόpez, e la inserviente dell’Università Elba Ramos e sua figlia Celina Ramos.
[segue]

Mercoledì 20 giugno 2018

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costat-logo-stef-p-c_2-2L’assemblea di lunedì può essere il primo passo per formare un vasto movimento antirazzista. Come abbiamo fatto in difesa della Costituzione nel 2016.
20 Giugno 2018
Andrea Pubusa su Democrazioggi.
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L’umanità contro la barbarie. [i figli dei “clandestini” messicani separati dai genitori e reclusi in attesa di giudizio: https://www.theguardian.com/us-news/2018/jun/17/separation-border-children-cages-south-texas-warehouse-holding-facility]
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DIBATTITO. A partire dalla riflessione di Stefano Rodotà su “Solidarietà. Un’utopia necessaria”. Dai “beni comuni” alla riforma dell’attuale welfare e l’istituzionalizzazione di un reddito di cittadinanza universale e incondizionato.

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L’”accesso al cibo” e il diritto alla dignità della persona

Gianfranco Sabattini*

“L’identità la sostanza di ciò che siamo e del modo in cui siamo in relazione con gli altrisi trova nel mezzo di uno straordinario tumulto”; con questa frase, di uno studioso americano, riferita al rapporto sempre più intenso della persona con la “Rete” Stefano Rodotà, nel volume postumo “Vivere la democrazia”, apre la riflessione “sul tumultuoso vivere” dell’età contemporanea, che ha determinato un concetto di “identità digitale” della persona, allontanandola da quella fisica.
L’avvento delle tecnoscienze informatiche, infatti, “sembra portare con sé – afferma Rodotà – il congedo dell’identificazione della fisicità”; in tal modo, l’identità personale ha teso a farsi astratta, affidata a “codici segreti, parole chiave, algoritmi”, ma l’incertezza della identificazione del soggetto, connessa alla digitalizzazione dei suoi “dati” personali, ha determinato un ritorno alle sue “componenti fisiche”.
Ciò è accaduto anche per via del fatto che la normativa europea sul problema dell’identità “ha privilegiato l’attenzione per la persona nella dimensione del consumo, facendo appunto della tutela del consumatore uno degli oggetti primari della sua attenzione”. Si tratta, però, secondo Rodotà, di un’identificazione parziale della persona, in quanto espressiva di una identificazione formulata solo in funzione del mercato; non casualmente, questa formulazione è stata giudicata insufficiente dalla stessa Unione Europea, che nella “Carta dei diritti fondamentali”, proclamata nel 2000, ha messo in evidenza l’insufficienza di un quadro istituzionale concernente la persona “sostanzialmente organizzato intorno al mercato”.
Spostando l’attenzione “dalla sola logica economica a quella dei diritti”, la “Carta” europea ha sottratto la definizione dell’identità personale ad un unico fattore totalizzante, considerando che se la persona fosse, ad esempio, identificata con il consumatore, si costituzionalizzerebbe solo un’identità personale impoverita, “collocata interamente nel mercato”, mentre i “dati” dell’identità assumerebbero una valenza solo funzionale al funzionamento di quest’ultimo. In tal modo, la “Carta” ha stabilito che l’identità della persona non possa essere definita in funzione degli interessi di soggetti esterni ad essa; al contrario, deve essere formulata per il tramite di un contesto all’interno del quale i diritti fondamentali della persona “possano ottenere non solo riconoscimento, ma attuazione”.
Il contesto all’interno del quale definire l’identità personale, pertanto, non può che essere il diritto; così come è avvenuto in corrispondenza di ogni stadio del processo di civilizzazione dell’umanità; il diritto può contribuire a creare una nuova “antropologia”, incorporante nella naturalità dell’uomo i nuovi valori che si sono affermati sul piano culturale. Infatti, ogni grande operazione giuridica che ha scandito il lento processo di civilizzazione, è valsa a disegnare un “suo modello di persona, che non era mai la semplice registrazione di una natura ‘umana’, ma un gioco sapiente [...] di selezione di ciò [...] che poteva trovare accoglienza nello spazio del diritto e quel che doveva restarne fuori, di ciò che poteva entrare in quello spazio con i suoi connotati ‘naturali’ e quello che esigeva una metamorfosi resa possibile proprio dall’artificio del diritto”. Lungo tutto il percorso della civilizzazione è stata di continuo realizzata un’estrazione “dalla naturalità dell’uomo di una figura sommamente artificiale qual è il cittadino, affidando alla legge, e solo alla legge, la definizione del suo perimetro”. Proprio per questo, sostiene Rodotà, è legittimo parlare di creazione di una nuova antropologia.
Durante il percorso di civilizzazione, se l’affermazione dei valori della Rivoluzione del 1789 (libertà, uguaglianza e solidarietà) è stata il connotato della modernità, l’affermazione del valore della dignità rappresenta il caratteri specifici del Novecento; non casualmente, perciò, a partire dalla modernità, si può parlare del passaggio dall’“homo hierarchicus” di prima dell’89, all’”homo aequalis” di dopo, sino all’”homo dignus” dell’età contemporanea, dove la rilevanza assunta dalla dimensione della dignità ha indotto a proporne una considerazione che – afferma Rodotà – “la assume come sintesi di libertà ed eguaglianza, rafforzate nel loro essere fondamento della democrazia”.
Il processo di costituzionalizzazione del valore della dignità, passando attraverso le costituzioni democratiche del periodo successivo alla seconda guerra mondiale, ha continuato sino alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000, la quale ha sancito che “proprio la dignità fosse il segno forte della prima dichiarazione dei diritti del nuovo millennio”, associando ad essa la dimensione esistenziale dell’uomo: “Dignità e lavoro – afferma Rodotà – sono i due nuovi punti di avvio” del processo di civilizzazione, che è valso a collocarli “in un contesto nel quale assume rilevanza primaria la condizione reale della persona, per ciò che la caratterizza nel profondo (la dignità) e per quel che la colloca nella dimensione delle relazioni sociali (il lavoro)”. Così, il soggetto astratto è stato calato nella sua dimensione di persona concreta, è stata rivestita di un esoscheletro che, tramite il diritto, è valso a sottrarla al pericolo che le tecnoscienze la trasformassero in “persona digitale”, sconnessa dalla sua fondazione umana.
La tutela costituzionale della dignità dell’uomo ha cessato d’essere affidata a un qualche principio astratto, sovrastante i valori delle modernità (libertà, uguaglianza e solidarietà), per essere calata all’interno del loro intrecciarsi con il valore della dignità stessa, dal quale l’uomo “riceve maggiore pienezza di vita e, quindi, più intensa dignità umana”, fondata sul diritto alla vita e, dunque, sul diritto di accesso alle risorse materiali per il pieno e autonomo svolgersi della sua esistenzialità.
L’affermazione del diritto di “accesso al cibo” – secondo Rodotà – è recente e rappresenta il traguardo di una lunga trasformazione caratterizzata dal passaggio da forme di benevolenza individuale e collettiva a specifici doveri delle istituzioni pubbliche, impegnate a rendere possibile un accesso sempre più diretto delle persone ai “beni della vita”. Il diritto alla vita (o diritto al cibo) è divenuto così il “punto di convergenza di molteplici principi giuridici, dando ad essi particolare concretezza e contribuendo alla fondazione di un nuovo ambiente politico-istituzionale”. In questo modo, il diritto alla vita si è trasformato in una componente ineludibile della dignità della persona, che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ha dichiarato, come si è detto, “inviolabile”.
Ciò significa che il diritto alla vita dei componenti le comunità politiche, che hanno costituzionalizzato il valore della dignità della persona, è divenuto il centro di un’”articolata costellazione istituzionale”, nella quale si invera la democrazia dei diritti. Nello stesso tempo, l’assunzione, da parte dell’organizzazione dello Stato, della responsabilità di garantire il diritto di “accesso al cibo”, come lo chiama Rodotà, sta imponendo alla società contemporanea specifiche modalità di governo; modalità implicanti, da una parte, che l’obbligazione pubblica di assicurare il diritto alla vita dei cittadini sia presa sul serio; dall’altra parte, che il coinvolgimento degli stessi cittadini nel determinare le forme con cui soddisfare i loro stati di bisogno esistenziali avvenga non “attraverso proclamazioni astratte”, ma con la promozione di tutte le iniziative sul piano dell’informazione e della formazione, perché essi (i cittadini) siano resi consapevoli del fatto che le politiche pubbliche attuate rispondono realmente al rispetto di tutti i loro diritti.
In tal modo, la soddisfazione del diritto alla vita assume caratteristiche – osserva Rodotà – “che contribuiscono alla migliore definizione dello stesso processo democratico”, diventando essenziali per il pieno e reale rispetto dei principi fondamentali della modernità, ovvero dei principi di libertà, uguaglianza e solidarietà. Il diritto al cibo, concorrendo a dare piena attuazione alla dignità personale, diventa infatti il presupposto per dare una risposta sul piano sostanziale a quei principi che, sanciti dalla Rivoluzione del 1789 e ribaditi da tante costituzioni ad essa successive, sono rimasti per lo più solo delle proclamazioni, che non sono valse, malgrado i progressi realizzati con l’età moderna, a rimuovere i fenomeni della disuguaglianza sociale e della povertà ereditati dal passato. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000, dichiarando l’inviolabilità della dignità della persona, ha statuito la congiunzione della sfera privata e di quella pubblica, collocando il diritto al cibo – afferma Rodotà – “a pieno titolo tra quei diritti di cittadinanza che devono accompagnare nel mondo ogni persona, quale che sia la sua condizione”.
In questa prospettiva è divenuto evidente il novo ruolo che è chiamata a svolgere l’economia, nel momento in cui essa si sta trasformando da “economia della scarsità” (qual era nell’età premoderna e per gran parte di quella moderna), in “economia dell’abbondanza”, le cui conseguenze sono destinate ad affievolire e, alla lunga, a rimuovere del tutto la possibilità che il diritto al cibo (e, dunque, alla dignità personale) sia garantito attraverso il lavoro, tradizionale titolo in base al quale la persona ha potuto partecipare alla ripartizione del prodotto sociale.
Oggi, con il restringersi delle tradizionali opportunità lavorative a causa del crescente approfondimento capitalistico dell’attività produttiva, la ripartizione del prodotto sociale non può che avvenire sulla base di nuove modalità; questa ineludibile necessità, compatibile con uno stabile funzionamento dell’intero sistema produttivo, può essere soddisfatta solo attraverso quella che Rodotà definisce una “vera e propria” nuova rivoluzione costituzionale, con cui sostituire la rivoluzione della modernità, che aveva legato i valori della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà al soggetto moderno, con quella della contemporaneità, per legare la dignità della persona, oltre che ai valori della prima rivoluzione costituzionale, alla “sua concretezza e materialità”.
L’implicazione di questa conclusione non può che essere la messa a punto di una nuova strumentazione istituzionale, che adegui la distribuzione del prodotto sociale alle nuove modalità di funzionamento dell’economia dell’abbondanza. Rodotà lega la nuova strumentazione istituzionale alla identificazione dei cosiddetti “beni comuni”, cioè a quei beni che, in virtù del loro caratteristiche strutturali, sono “direttamente” necessari per la soddisfazione dei diritti fondamentali della persona.
In realtà, ipotizzare di poter garantire la dignità “costituzionalizzata” della persona sulla base dei soli beni comuni è riduttivo. L’utilizzazione di tali beni, è sicuramente un corollario di tutta l’analisi compiuta da Rodotà, ma riferirsi unicamente ad essi per garantire l’accesso al cibo, non consente di cogliere le urgenze sollevate dall’avvento dell’economia dell’abbondanza.
L’analisi di Rodotà risponde sicuramente meglio alle conclusioni cui egli era pervenuto nel volume “Solidarietà. Un’utopia necessaria”, dove egli affermava che la questione del “diritto all’esistenza” può essere risolta statuendo per lo Stato il “dovere di assicurarne la garanzia” attraverso un’utilizzazione delle risorse disponibili che consideri prioritari gli impieghi per la soddisfazione dei diritti fondamentali, tra i quali appunto il “diritto all’esistenza”. A tal fine, lo Stato dovrà stabilire una distribuzione delle risorse “costituzionalmente consentita”, e giustificata in funzione della soddisfazione dei diritti fondamentali, invertendo la prassi politica tradizionale, che sinora ha considerato prioritarie le destinazioni finalizzate alla crescita, e residuali, invece, quelle destinate alle soddisfazione dei diritti.
Ciò, però, significa che la nuova strumentazione istituzionale, compatibile con la rivoluzione costituzionale della contemporaneità, deve sostituire le modalità di stabilizzazione del funzionamento del sistema produttivo fondato sul welfare, proprio dell’economia della scarsità, con nuovi strumenti; questi ultimi, con la riforma dell’attuale welfare e l’istituzionalizzazione di un reddito di cittadinanza universale e incondizionato, dovranno essere in grado di assicurare la stabilità dell’economia, mediante regole distributive del prodotto sociale fondate su specifiche priorità che cessino di considerare residuale la soddisfazione del diritto alla dignità dei cittadini. Fuori da queste condizioni, il diritto all’esistenza e alla dignità degli individui può solo continuare a dipendere dal “ricatto politico” delle maggioranze politiche di turno, esercitato in funzione delle transeunti situazioni contingenti.
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