Monthly Archives: dicembre 2017

LavoroCheFare? Dibattito: “lavoro di cittadinanza” o “reddito di cittadinanza”? Come uscire dall’attuale situazione e costruire un diverso modello di sviluppo?

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lampadadialadmicromicro133Il dibattito sul Lavoro si estende e si approfondisce, non disgiunto da una significativa operosità, che sul piano delle soluzioni appare tuttora fortemente inadeguata. Occorrono politiche più decise che in tutta evidenza si porrebbero in contraddizione con il modello neo liberista attualmente egemone in tutto il pianeta. Anche se al riguardo nuovi modelli si affacciano e per fortuna si praticano: ci riferiamo alla nuova economia, in diverse e differenziate manifestazioni del suo proporsi, nelle prassi e nelle teorie. Una delle questioni che emergono prepotentemente nel dibattito è la contrapposizione tra il Lavoro e il Reddito. Crediamo (o ci illudiamo) che tale contrapposizione si sani nelle scelte politiche, nella misura in cui queste sappiano affrontare effettivamente il problema della disoccupazione, a partire da quella giovanile, ma non solo. L’articolo di Gianfranco Sabattini riprende e approfondisce tale tematica. Come è noto Gianfranco prende posizione con chiarezza e determinazione per il Reddito di Cittadinanza, che è cosa molto diversa da Reddito di Inclusione e misure simili. Noi come Aladinews in questo dibattito non ci schieriamo con una precisa posizione, preferendo fornire un terreno di confronto e anche di scontro quando utile. Ci auguriamo che tutto si discuta apertamente e con il necessario impegno e soprattutto che tutto si faccia con un approccio di misurabile efficacia delle misure che i Governi e, in generale, le Istituzioni assumono o devono o dovrebbero auspicabilmente assumere. Di tali questioni discuteremo anche oggi nell’incontro che si terrà a Cagliari presso la Comunità di San Rocco.
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Come fronteggiare la crisi del “Modello Sociale Europeo”?

di Gianfranco Sabattini*

Per rendersi conto delle ragioni della crisi del modello di sicurezza sociale adottato in Europa (MSE), è sufficiente ripercorrere le pagine del volume LVI del 2012 (edito a cura di Paola Borgna) dei Quaderni di Sociologia, che raccoglie gli atti del convegno tenutosi a Torino nel 2012, per celebrare il sessantennio di attività dei “Quaderni” (1951-2011);.
Il volume si apre con la relazione introduttiva dello scomparso Luciano Gallino (“Il modello sociale europeo e l’unità della UE”), in cui l’autore colloca l’analisi delle crisi del MSE nell’ambito più vasto del progetto europeo, del quale la realizzazione del sistema di sicurezza sociale era stato uno degli obiettivi principali; non casualmente, Gallino introduce il suo intervento al convegno affermando che l’Unione potrà affrontare con successo le sfide che la Grande Recessione pone sul suo cammino, solo se tutti i cittadini dell’Europa riconosceranno che “l’Unione Europea è un progetto politico, economico, sociale, culturale che presenta elementi unici al mondo”. Uno di questi elementi, forse quello che – secondo Gallino – potrebbe avere la maggior forza unificante per i cittadini UE, è il MSE; grazie all’Unione è stato possibile realizzare il “Modello” in tutti i Paesi membri e, in tutto il mondo, solamente in essi. Malgrado tutto ciò, e nonostante che il MSE realizzato costituisca di per sé una buona ragione per riconoscerne l’unicità e “un elemento fondativo dell’unità europea”, da tempo notevoli forze politiche e sociali si oppongono alla sua conservazione.
Queste forze hanno presumibilmente smarrito le implicazioni politiche e sociali del “Modello”; l’acronimo MSE designa infatti un’”invenzione politica senza precedenti, forse la più importante del XX secolo. Essa significa che la società intera si assume la responsabilità di produrre sicurezza economica e sociale per ciascun singolo individuo, quale che sia la sua posizione sociale e i mezzi che possiede”. Il MSE, così inteso, ha migliorato la qualità della vita della maggioranza dei cittadini europei, come non è avvenuto in nessun altro Paese al mondo. Secondo Gallino, le forze politiche e culturali che hanno supportato la costruzione del MSE sono state i partiti socialdemocratici, le formazioni cristiano-sociali e, almeno in alcuni Paesi dell’Europa occidentali (fra i quali l’Italia), i partiti che si rifacevano alla cultura comunista.
Ovviamente, è poco corretto pensare che il MSE sia una costruzione unitaria; tutti i Paesi membri dell’Unione Europea lo hanno realizzato adattandolo alle condizioni politiche e culturali in essi prevalenti, per cui si è consolidata l’idea che in Europa si siano affermati modelli di sicurezza sociale diversi (quello socialdemocratico nordico-scandinavo; modello liberale anglosassone; quello socialconservatore continentale; quello mediterraneo). Resta tuttavia il fatto – afferma Gallino – che, al di là delle differenze, “nel loro insieme i Paesi europei, in specie i Paesi dell’Europa occidentale, hanno condiviso per decenni varie forme di stato sociale”, per cui, pur avendo il sistema si sicurezza sociale assunto “notevoli differenze tra i Paesi membri”, “la struttura ideale” che ne è stata alla base è risultata sostanzialmente unitaria.
Nonostante la comune esperienza vissuta nel dopoguerra, accade ora che, a partire dalla fine degli anni Settanta, e soprattutto successivamente al 2007/2008, dopo aver realizzato il “grande edificio civile del MSE, quasi tutti i governi dei Paesi membri dell’Unione Europea “abbiano iniziato un attacco che, se non è ancora di vera e propria demolizione del modello sociale europeo, comincia pericolosamente ad assomigliargli”. Se ci si chiede quali siano i motivi dell’attacco, in alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, essi sono di solito indicati, soprattutto dagli establishment, nell’elevato debito pubblico, originato da decenni di deficit del bilancio dello Stato, a causa dell’eccessivo ammontare della spesa sociale, cresciuta per finanziare il continuo allargamento del sistema di sicurezza sociale.
In realtà, l’incremento della spesa pubblica, soprattutto dopo lo scoppio della crisi iniziata nel 2007/2008, è stata causata dal “salvataggio”, ad opera dello Stato, degli istituti finanziari dell’Unione Europea; per cui restano del tutto ingiustificate, sia l’imputazione dei deficit pubblici all’eccessiva generosità dello stato sociale, sia la pretesa di ridurre le prestazioni sociali, in seguito al presunto peso insostenibile che esse farebbero “gravare sui bilanci pubblici”. Una interpretazione realistica del peggioramento dei deficit pubblici, perciò, deve necessariamente rinvenire la loro origine, non nell’eccessiva espansione, oltre ogni limite giustificabile, della spesa sociale, ma nel sostegno dello Stato al salvataggio del sistema finanziario, sebbene responsabile dell’origine della crisi che lo ha coinvolto.
Se però, come sostiene Gallino, ci si pone in “una prospettiva temporalmente e fattualmente più ampia”, il fenomeno dell’attacco al MSE “non si configura come una improvvisa decisione dei governi sollecitata dalla crisi”, ma “come il compimento di un progetto politico ed economico” che, maturato nel corso degli anni successivi ai Settanta, all’insegna dell’ideologia neoliberista, ha avuto per obiettivo la riconduzione nello spazio del mercato di “tutto quanto era stato sottratto ad esso dallo sviluppo dello stato sociale”, In questa prospettiva, perciò, la riduzione della spesa sociale non è evocata per il contenimento dei deficit dei bilanci pubblici, ma per legittimare il ritorno alla “mercificazione” di tutto quanto, con il MSE, era stato sottratto al mercato.
Nonostante le critiche neoliberiste al MSE siano iniziate già nell’ultima parte del secolo scorso, solo alla fine del primo decennio di quello in corso, con l’inizio della Grande Recessione, il progetto di attacco alla protezione sociale realizzata col MSE è stato posto in atto, con l’avvio delle politiche di austerità, o di contenimento della spesa pubblica, finalizzati alla protezione sociale. In tal modo, minando la basi del MSE, i governi dell’Unione Europea hanno mostrato – afferma Gallino – non solo di “aver abbracciato politiche economiche e sociali regressive”, che avranno cospicue ricadute negative sulle condizioni di vita delle popolazioni nel medio-lungo periodo, ma anche di aver acquisito una “seria miopia politica” nella soluzione dei problemi sociali di breve periodo. Ciò che deve sorprendere, a parere di Gallino, è il fatto che l’attuazione delle politiche socialmente regressive attuate dai governi europei non abbia trovato una motivata e responsabile opposizione.
Sinora, in concomitanza dell’attacco contro il MSE, non sono mancati studi su una sua possibile riforma, sia da parte dei neoliberisti, che da parte di coloro che si oppongono alle loro tesi; i rimedi che tali studi propongono riguardano, di solito, una “modifica dei rapporti di occupazione e di lavoro”, una “ricostruzione del settore pubblico” e una “democratizzazione delle società europee”. Al riguardo, sia le proposte del fronte neoliberista che quelle del fronte opposto appaiono, però, secondo Gallino, “del tutto fuori orbita”.
Ciò perché, se i fautori dell’ordine neoliberista perseguono il risanamento dello stato sociale al prezzo di sacrificare le conquiste democratiche, i loro oppositori non si accorgono di concorrere anch’essi a sopprimere le conquiste democratiche, quando pensano di poter adeguare al mondo che cambia, per motivi economici, demografici e tecnologici, “strutture e prestazioni del modello sociale europeo, separandolo dal contesto politico, ideologico, economico, finanziario che ha costituito lo schema interpretativo dell’intera questione. Mostrando, con ciò, di conformarsi in realtà al medesimo schema neoliberale”.
Di fronte di questa constatazione, a parere di Gallino, a coloro che pensano sia necessario difendere le conquiste espresse dal MSE, non resterebbe altro da fare che ripetere in ogni circostanza come la protezione sociale sia per lo Stato uno degli scopi più alti della politica; ciò, a sostegno e difesa di un sistema politico in cui tutti suoi componenti possano intervenire in modo partecipato per decidere su ciò “da cui dipende non soltanto la materialità della loro esistenza, bensì lo stesso significato ultimo di essa”.
Non basta, però, limitarsi a sostenere – come suggeriva Gallino – che al momento si debba solo contare su un intervento dello Stato a difesa del sistema di sicurezza sociale; a tal fine, occorre anche fare affidamento sull’accettazione dell’idea che sia possibile contrastare l’attacco al modello sociale realizzato, attraverso una sostanziale riforma del sistema welfaristico esistente, sia a livello europeo, se possibile, o in alternativa, a livello nazionale. Occorrerebbe che, soprattutto da sinistra, si cessasse l’opposizione, come sinora è accaduto, alla riforma del welfare fondata sull’introduzione del reddito di cittadinanza, valutando questa forma di reddito, non tanto o non solo come misura contro la povertà e l’indigenza, ma come strumento idoneo a creare nuove opportunità lavorative, che grazie ad esso, i percettori possono intraprendere autonomamente.
In Italia, strano a dirsi, la possibile riforma fondata sull’introduzione del reddito di cittadinanza è contrastata, oltre che sulla base di interpretazioni totalmente estranee al concetto, anche attraverso l’appello all’“ipse dixit” che alcune Autorità morali, senza disporre di argomentazioni appropriate, formulano con giudizi di opportunità spesso infondati sul piano della razionalità mondana.
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In Italia, ne sono esempio le proposte contenute in un articolo di Laura Pennacchi, economista ed esponente del Partito Democratico (PD); in “Lavoro e nuovo modello di sviluppo”, apparso su un numero di Rocca, la rivista della Pro Civitate Christiana di Assisi [ripreso da Aladinews]. L’autrice, pur riconoscendo i cambiamenti causati, sul piano produttivo e su quello dell’organizzazione sociale, dalle intense trasformazione tecnologiche del capitalismo moderno, è del parere che non sia ancora chiara la differenza esistente tra le implicazioni negative, “sul piano del lavoro”, dovute alle trasformazioni tecnologiche del capitalismo moderno e quelle positive dovute alla possibilità, attraverso innovazioni del sistema di sicurezza sociale, di generare sinificativi effetti compensativi della “distruzione” di posti di lavoro..
Per l’economista del PD sarebbe invece fondamentale porsi domande sul ruolo del lavoro e sui fini di un nuovo modello si sviluppo. Al riguardo, la Pennacchi afferma che sarebbe necessaria una nuova riflessione sulla stessa concezione del lavoro, che ricuperi l’idea che esso è fattore vitale dell’identità del soggetto e di attribuzione di significato all’esperienza esistenziale. Ciò varrebbe a giustificare le ragioni per cui sia da preferire la proposta di creare, ad esempio, “lavoro di cittadinanza”, anziché quella relativa all’introduzione di un reddito di cittadinanza; questo, a parere della Pennacchi, si configurerebbe “come compensazione e risarcimento di un lavoro che non c’è, per costruire un ‘welfare per la non piena occupazione’, accettando e sanzionando le tendenze spontanee del capitalismo che naturalmente va verso l’opposto della piena occupazione”, cioè verso la disoccupazione di massa.
I rischi del reddito di cittadinanza sarebbero seri, perché, secondo la Pennacchi, con la sua istituzione, i veri problemi odierni, come quello della creazione di un sistema economico per la generazione di una “piena e buona occupazione”, rimarrebbero oscurati e, “in ogni caso, rispetto ad essi, si sarebbe spinti ad assumere un atteggiamento rinunciatario”; nel senso che, attraverso forme possibili di compensazione, lo status quo risulterebbe confermato e sanzionato, in quanto la politica sarebbe indotta a deresponsabilizzare la propria azione, trovando più facile concedere un trasferimento monetario, piuttosto che impegnarsi per la ricostruzione di un tessuto sociale vasto, articolato, strutturato. Se ciò accadesse, la deresponsabilizzazione della politica, secondo la Pennacchi, equivarrebbe ad una sua sostanziale eutanasia.
Se il capitalismo conduce inesorabilmente verso la disoccupazione di massa, come può la Pennacchi, arzigogolando su speciose distinzioni tra “lavoro di cittadinanza” e “reddito di cittadinanza”, illudersi di trovare la via per contrastare gli esiti negativi che il capitalismo moderno sta causando sul piano del lavoro? Non sarebbe meglio, allorché si discute dei rimedi al fenomeno della distruzione continua di posti di lavoro, ricordarsi del monito del filosofo Occam, secondo il quale gli “enti non si devono moltiplicare oltre ogni limite necessario”?
Se, a fronte del venir meno delle opportunità occupazionali, il problema è quello di erogare un reddito ai disoccupati, perché preoccuparsi di creare forme di lavoro che sappiano garantire “significato all’esperienza esistenziale”, anziché garantire la materialità della vita dei disoccupati? La politica dovrebbe rivolgere la propria attenzione su questo problema centrale, la cui soluzione “passa” necessariamente attraverso l’individuazione delle modalità con cui assicurare un reddito a tutti e la determinazione delle forme organizzative del vivere insieme, perché ognuno possa fruire nel migliore dei modi possibili e secondo le proprie scelte di vita il reddito del quale dispone.
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* anche su Democraziaoggi.

Oggi venerdì 15 dicembre 2017

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Grasso, presenta simbolo, Liberi e Uguali per Grassodemocraziaoggi‘Liberi e uguali’, oggi battesimo in Sardegna
15 Dicembre 2017

Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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Legge sul testamento biologico, buona ma con alcune criticità
15 Dicembre 2017
- Red su Democraziaoggi
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“Il lavoro che manca”: un problema che ha bruciato generazioni di giovani e che ci interpella tutti.
Ne parliamo oggi venerdì 15 Dicembre dalle 17.00 a San Rocco.
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Sabato 16 dicembre
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————————-E’ in libreria————————-
libro-anni-70 I movimenti degli anni Settanta fra Sardegna e Continente. Ricordando Riccardo Lai
Autore/i Federico Francioni, Loredana Rosenkranz
Anno di edizione 2017
ISBN 978-88-7356-930-5
Collana Convegni & Incontri
Pagine - (illustrato)
Supporto e-book Prezzo € 4,99 – Novità
I movimenti degli anni Settanta fra Sardegna e Continente
Attraverso richiami alle vite vissute, alle amicizie, agli affetti, alle relazioni che si confrontavano in anni intensi e tumultuosi, le parole di chi interviene si offrono allo sguardo presente con sincera ricerca della verità e a volte con dolente scetticismo. Nei contributi di questo volume non emerge un nostalgico ripiegamento sul passato, tanto meno l´assurda convinzione di aver capito tutto; si fa spazio, al contrario, l´esigenza critica di cogliere quanto è ancora vivo di quel decennio e vale la pena di raccontare.

Oggi giovedì 14 dicembre 2017

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Come fronteggiare la crisi del “Modello Sociale Europeo”?
14 Dicembre 2017

Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
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unknownIl sequestro Bussi nel libro di Dore, oggi giovedì 14 dicembre presentazione a Cagliari
del libro-inchiesta “Le verità scomode. Villasimius. Il tragico sequestro Bussi e gli errori giudiziari” Carlo Dore riaccende i riflettori su un caso anomalo. Alle 17, nella Sala Conferenze della Fondazione di Sardegna (via San Salvatore da Horta), insieme all’autore del volume, interverranno Mauro Mura e Giacomo Mameli.
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leilogofGiovedì 14 dicembre
Auditorium Comunale [Piazza Dettori 8, Cagliari] ore 18:00 L’economia della felicità – Incontro con l’economista Leonardo Becchetti.
Circondati da ipermercati dove si vende di tutto a prezzi bassissimi, siamo arrivati alla felicità?
Forse no, perché dall’economia non dipende solo il benessere delle nostre tasche, ma gran parte della felicità di tutti noi e, a lungo termine, la sopravvivenza del pianeta. Orientare le nostre scelte d’acquisto fa la differenza nel preservare e promuovere valori fondamentali come libertà, giustizia ed equità, valori che sono alla base di una vera felicità. Presenta l’incontro Roberto Sedda.
- Libro di riferimento: Capire l’economia in sette passi [Minimum Fax, 2016]
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- La pagina fb dell’evento.
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Venerdì 15 dicembre
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Sabato 16 dicembre
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libro-anni-70 I movimenti degli anni Settanta fra Sardegna e Continente. Ricordando Riccardo Lai
Autore/i Federico Francioni, Loredana Rosenkranz
Anno di edizione 2017
ISBN 978-88-7356-930-5
Collana Convegni & Incontri
Pagine - (illustrato)
Supporto e-book Prezzo € 4,99 – Novità
I movimenti degli anni Settanta fra Sardegna e Continente
Attraverso richiami alle vite vissute, alle amicizie, agli affetti, alle relazioni che si confrontavano in anni intensi e tumultuosi, le parole di chi interviene si offrono allo sguardo presente con sincera ricerca della verità e a volte con dolente scetticismo. Nei contributi di questo volume non emerge un nostalgico ripiegamento sul passato, tanto meno l´assurda convinzione di aver capito tutto; si fa spazio, al contrario, l´esigenza critica di cogliere quanto è ancora vivo di quel decennio e vale la pena di raccontare.
La consapevolezza di fare qualcosa di nuovo richiama quanto di bello c´è nella politica: fare impresa collettiva, convergere su un obiettivo nel rispetto delle differenze, avere e realizzare un progetto. Il taglio esplora la dimensione del territorio e rievoca l´orizzonte, comune a diverse generazioni, dei movimenti che legarono Sassari, la Sardegna e il suo oltre, ´il Continente´.
Contro l´immagine dominante di una Sardegna tagliata fuori dal flusso delle idee di rottura e cambiamento che contagiarono il mondo intero, si delinea un´isola-laboratorio in cui, anche nella seconda metà degli anni Settanta, il ´riflusso´ è contrastato da una persistente volontà partecipativa e oppositiva.
Cardine di questa opera è il ricordo di un giovane compagno troppo presto perduto all´affetto di molti, alla politica e all´impegno civile.

Il libro consente di muoversi in libertà sui temi che più interessano e può essere letto dalla fine verso il principio o solo per segmenti senza che il suo filo conduttore rischi di perdersi per strada. La sollecitazione che muove dai contributi degli autori intende spingere il lettore a riappropriarsi del proprio tempo, ad accoglierlo senza incasellarlo schematicamente, andando oltre determinate velleità interpretative o superficiali identificazioni generazionali.
Il libro è suddiviso nelle seguenti sezioni: gli studenti e gli operai nei contesti urbani; il movimento femminista in Sardegna nella sua pluralità; i percorsi che hanno condotto all´impegno nelle istituzioni alcuni giovani presenti nelle lotte di massa di quegli anni; le esperienze, ancora poco conosciute, delle radio libere isolane e di pratiche teatrali sperimentali e innovative; una ri-lettura, per nulla condiscendente, tanto meno apologetica, di alcuni fenomeni sociopolitici degli anni Settanta; interventi di Riccardo Lai.
Le differenze negli approcci, nella disamina e nelle conclusioni cui approdano i diversi autori testimoniano la ricchezza, la varietà e l´inventività dei movimenti. Gli scritti di questo volume contribuiscono a mettere in discussione l´etichetta ´anni di piombo´ da applicare indiscriminatamente a quel decennio e fanno criticamente i conti con il terrorismo e la violenza che tanto danno arrecarono anche alla spinta innovativa maturata nei contesti sociali e culturali dell´epoca.

- Fonte.
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Il sequestro Bussi nel libro di Dore, oggi giovedì 14 dicembre presentazione a Cagliari
Giancarlo Bussi, ingegnere e dipendente della casa automobilistica Ferrari, venne rapito il 4 ottobre 1978 in una villa nei pressi di Villasimius. Un sequestro misterioso, che si concluse con la morte dell’ostaggio, il cui corpo non verrà mai ritrovato.
Nel libro-inchiesta “Le verità scomode. Villasimius. Il tragico sequestro Bussi e gli errori giudiziari” Carlo Dore riaccende i riflettori su un caso anomalo.

Israele-Palestina. Proposta di un unico Stato democratico binazionale, con pari diritti per i due popoli: soluzione possibile?

logo76Uno Stato binazionale?
PALESTINA, UNA SCIAGURA

La decisione di Trump che concede tutto a Netanyahu liquida l’opzione sostenuta per decenni dei due Stati in Palestina. Di fatto essa era già stata resa impossibile dalla colonizzazione israeliana e dalla passività internazionale. Perciò il pacifista israeliano Jeff Halper aveva fatto un’altra proposta illustrata in questa intervista

Da un’intervista di Barbara Bertoncin, ripresa dal sito chiesadituttichiesadeipoveri.

Il 6 febbraio scorso la Knesset approvava una legge che “regolarizzava” gli insediamenti ebraici nei Territori Occupati della Cisgiordania e circa 4000 case costruite su terreni privati palestinesi, che venivano in tal modo espropriati: si trattava pertanto di una sanatoria per il passato e di una licenza a perseverare nel futuro. Per i palestinesi era “una legge furto”, contraria alla risoluzione n. 2334 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, violava il diritto internazionale e avrebbe avuto “importanti conseguenze giuridiche per Israele”, per la Turchia distruggeva “le basi per la soluzione dei due Stati in Palestina”, per l’Unione Europea la Mogherini invitava Israele, che aveva fatto la legge, a non applicarla. All’indomani di questa svolta, a marzo, la rivista forlivese “Una città” realizzava un’intervista con Jeff Halper, un autorevole pacifista israeliano che aveva sempre difeso la causa palestinese: antropologo, ex direttore del Comitato Israeliano contro la demolizione delle case arabe (Icahd), cofondatore di The People Yes Network (Tpyn). A Barbara Bertoncin che lo interrogava, Halper rispondeva dando ormai per perduta la causa dei due Stati in Palestina, e proponendo la soluzione di un unico Stato democratico binazionale, con pari diritti per i due popoli. Potrebbe sembrare una soluzione ancora più impossibile della prima, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti, ma almeno è una proposta creativa, come dovrebbero esserlo altre in questo momento, per non accettare come un fatto compiuto la cancellazione del popolo palestinese e la riduzione di Gerusalemme a un simbolo d’ingiustizia. La comunità internazionale ha l’obbligo di una tale creatività, che vuol dire tirar fuori la volontà politica di dare infine una giusta soluzione alla questione palestinese.
Pubblichiamo qui un ampio stralcio dell’intervista a Jeff Halper
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Tu da tempo denunci come in Israele-Palestina non ci siano più le condizioni per una soluzione a due Stati.
Abbiamo trascorso anni e anni lavorando sulla questione palestinese. Ovunque nel mondo è uno dei temi principali di cui la gente parla. Ecco, io dico che la soluzione a due Stati è andata. È morta. Ed è così da anni. Il problema è che la sinistra non ha ancora definito un nuovo obiettivo da raggiungere.
Qual è il nostro progetto? Io ho scritto molto su quella che ritengo debba essere la via da percorrere una volta venuta meno l’opzione dei due Stati. Dobbiamo puntare a uno Stato democratico binazionale.
Questa è la mia idea, ce ne sono altre in giro. Purtroppo la sinistra non si esprime, inclusi i palestinesi, e noi siamo bloccati, perché io non posso rivendicare nulla in nome dei palestinesi, posso spingermi solo fino a un certo punto, ma non posso rappresentarli.
Continuo a partecipare a grandi convegni, gli incontri si susseguono, c’è la campagna BDS (boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni), ci sono i dossiers, i rapporti dell’ONU, di Human Rights Watch, di Amnesty e milioni di altri gruppi differenti,; c’è la protesta… Ecco, il punto è che ci sono solo proteste e documenti! Non c’è un movimento politico attivo. Non si fa nulla di politico.
Israele non ha più l’appoggio incondizionato da parte della comunità internazionale. Trump si proclama suo amico, ma non sono certo lo sia davvero.
Io continuo ad andare all’estero a parlare, e la gente mi dice: va bene, ti ascoltiamo da vent’anni, sappiamo tutto, abbiamo capito, l’occupazione è una brutta cosa, vìola i diritti umani… Ma dicci cosa vuoi, dicci cosa vogliono i palestinesi e gli israeliani di sinistra. Dicci cosa fare e lo faremo.
Boicottare Sodastream non libererà la Palestina. Ripeto, serve un obiettivo politico. Il problema è che noi di sinistra non ci vediamo davvero come attori politici: commentiamo, analizziamo, scriviamo, ma non ci buttiamo, non ci impegniamo in un processo politico. Così lasciamo il terreno libero a Netanyahu e alla destra.
Penso che sia ora di fermarsi e formulare un’idea: dove stiamo andando? Cosa vogliamo? Io non voglio passare l’intera vita a ricostruire l’ennesima casa o a scrivere l’ennesimo articolo.
Tanto più che sono convinto che ci sarebbero le condizioni per rilanciare. Il fatto di esserci liberati della soluzione a due Stati è positivo, chiarisce la situazione. Però bisogna agire, altrimenti avrà vinto la destra.

Nelle scorse settimane il parlamento israeliano ha approvato una legge per “regolarizzare” gli insediamenti ebraici e le case edificate su terreni privati. I palestinesi hanno parlato di “furto legalizzato”.
Io penso che Israele si annetterà l’Area C, la zona della Cisgiordania sotto il pieno controllo israeliano, magari non tutta, ma la maggior parte degli insediamenti. Comincerà in piccolo, con Ma’ale Adumim e l’area circostante, che è strategica, e alla fine farà lo stesso con tutti gli insediamenti.
La destra ha sempre voluto prendersi l’Area C. Circa il 95% dei palestinesi sono stati confinati alle aree A e B, e sono pochissimi quelli rimasti nella C. Dunque vogliono annetterla. C’è sempre stata un’opposizione a questo, persino da parte di Obama. Questa legge apre questa strada. Dice che gli ebrei israeliani possono prendersi qualsiasi terreno palestinese vogliano, offrendo in cambio una compensazione economica. In realtà credo che la Corte suprema israeliana non la lascerà passare perché è davvero troppo. Cosa succederà allora? Che il governo dirà: “Va bene, se non possiamo fare così, dovremo annettere l’area C politicamente”. Sarà una decisione politica, che non ha nulla a che vedere con le Corti; insomma, temo che questa legge, in qualche modo, dia alla destra una scusa per procedere con le annessioni. Diranno: “Noi volevamo solo la terra, ma visto che non possiamo, siamo costretti ad annettere”. Ecco, credo che succederà questo, che Israele si annetterà la maggior parte dell’Area C, così da espandersi dal 78% della Palestina storica a circa l’85%, inclusi tutti i confini, Gerusalemme, le acque e le risorse, tutto.
Dopodiché è possibile che Israele firmi una pace separata a Gaza. In fondo, gli egiziani non la vogliono, Israele non la vuole, nemmeno l’Autorità Palestinese vuole Gaza. Solo Hamas è interessata ad averla. Bene, sarà quello lo Stato palestinese.
Ora Israele è in piena “love story” con l’Arabia Saudita e con gli Stati del Golfo, sono loro a sostenere Hamas, anche finanziariamente. Diranno ad Hamas: fate un accordo con Israele e niente più razzi, niente più violenze. Avigdor Lieberman, il ministro degli esteri israeliano, la scorsa settimana ha parlato di un impegno israeliano a ricostruire il porto marittimo e l’aeroporto di Gaza, e a dare a quelli di Gaza permessi di lavoro in Israele. Sono tutti segnali. A dire il vero, nessuno ha ancora detto nulla ufficialmente, anche se è risaputo che sono in corso dei contatti tra israeliani e Hamas. Anche l’Egitto starebbe incoraggiando in questo senso, che Gaza diventi lo Stato palestinese.
Questo ci lascia con le aree A e B. Israele dice che non sono un loro problema. Insomma, l’occupazione è conclusa. Israele potrebbe anche concedere la cittadinanza israeliana ai palestinesi rimasti nell’area C (tra i 40.000 e i 120.000). Non è un numero che possa minacciare la demografia israeliana, e così non si potrà dire che hanno fatto l’apartheid; diranno: sì abbiamo preso l’area C, ma guardate, gli abbiamo dato la cittadinanza!
Dopodiché Israele dirà che le aree A e B, dove si trova il 95% dei palestinesi della West Bank, sono un problema della comunità internazionale. L’Europa, gli Stati Uniti, attraverso le Nazioni Unite, imporranno quindi un protettorato sulle aree A e B, più o meno come il protettorato britannico. Siccome i palestinesi non sono pronti per autogovernarsi, non hanno un’economia solida, e non possono avere uno Stato, l’Onu diventerà il loro padrone di casa… Un po’ come succede già oggi, con le agenzie ONU e le varie ONG che danno loro soldi e aiuti. Ecco come la vedo.
Una prospettiva di questo tipo combacia con l’idea di Netanyahu di “dare autonomia” ai palestinesi.
Quello che resta incerto è la tempistica. Credo che Abu Mazen, persino lui, non acconsentirebbe a una cosa del genere. Ma Abu Mazen sta per uscire di scena, ha 85 anni, non durerà a lungo.
Israele potrebbe aspettare ancora un po’, dopodiché annetterà l’area C. Con Gaza fuori dai giochi, l’Autorità palestinese non avrà più ragione di esistere. Diventeranno dei semplici collaborazionisti. Non vedo poi chi potrà sostituire Abu Mazen; certo in una situazione del genere Barghuti non prenderebbe il comando e comunque Israele non lo permetterebbe.
Potrebbe esserci un’Autorità palestinese nelle aree A e B, sotto l’egida ONU, un po’ sul modello dei bantustan sudafricani in cui c’erano comunque dei leader, delle autorità locali. A questo punto, di fatto, Israele avrà vinto. Se nessuno ci si opporrà, andrà così. Per questo dico che dobbiamo intervenire, ed è urgente, perché quello che ho descritto non accadrà fra cinque anni: sta già accadendo ora.

Tu dici che l’alternativa è accettare la soluzione dello Stato unico, purché binazionale, cioè democratico?
Quello che io sostengo è che c’è già un unico Stato. La soluzione a due Stati è andata, ma uno Stato c’è; non si può andare da nessuna parte in Palestina senza attraversare un checkpoint israeliano; c’è una sola valuta, lo shekel, in tutto il Paese, che tu ti trovi a Gaza, in Israele o in Cisgiordania. C’è un’unica rete idrica, un’unica rete elettrica, una rete autostradale, un esercito, un governo effettivo, voglio dire: c’è già un unico Stato qui.
Ciò che dobbiamo fare a sinistra è essere intelligenti, cioè dire: “Va bene, Israele, hai vinto. Hai eliminato la soluzione dei due Stati. Non puoi biasimare gli arabi per questo, perché sei tu che hai creato un solo Stato. Lo accettiamo: non accettiamo però che sia uno Stato di apartheid. E dunque c’è una sola via d’uscita equa, cioè concedere pari diritti a tutti i cittadini del Paese. Una democrazia”.
I palestinesi non hanno problemi con la soluzione a uno Stato. La questione è se sarà uno Stato binazionale o semplicemente uno Stato dove tutti votano. Io dico che dovrà essere uno Stato binazionale, ed è qui che si incontrano le resistenze dei palestinesi.
Binazionale per due ragioni: la prima è che è già binazionale. Voglio dire, è da un secolo che i palestinesi combattono per i loro diritti nazionali, e così gli ebrei; non si può far finta che entrambi siano solo elettori. L’altro problema riguarda la popolazione israeliana, perché in questo Stato ci sarà una maggioranza palestinese! Gli ebrei israeliani hanno un timore legittimo: “Cosa succederà se quell’unico Stato diventa una democrazia, una persona, un voto, e i palestinesi faranno a noi ciò che noi abbiamo fatto a loro?”. “Cosa succederà se in parlamento passeranno delle leggi per discriminarci, per portarci via la terra?”. Hanno ragione. Voglio dire, è una preoccupazione legittima, a cui si risponde con il principio dello Stato binazionale.
In democrazia, un parlamento è limitato: c’è una Costituzione, una corte suprema; insomma, un parlamento non può far approvare qualsiasi legge voglia. Qui il parlamento sarebbe limitato nel senso che non potrebbe emanare leggi che violino l’integrità di un qualsiasi gruppo nazionale: palestinesi, arabi, ebrei israeliani. Non potrebbe farlo. Ciascun popolo avrebbe il diritto all’auto-determinazione, alla propria lingua, alle proprie istituzioni, e così via. Se questo principio fosse garantito, credo che gli ebrei israeliani comincerebbero a pensarci. Perché agli ebrei israeliani, in realtà, non è mai importato del territorio. Non hanno mai sostenuto gli insediamenti. Se ci pensi, ci sono seicentomila coloni, meno del 10% della popolazione israeliana. Dopo sessant’anni, miliardi di dollari spesi e tutto il resto, solo il 10% si è convinto ad andare a vivere là. E la maggior parte vive nei sobborghi di Tel Aviv o Gerusalemme. Oltretutto le più grosse colonie della Cisgiordania sono abitate da ultra-ortodossi: a loro non importa niente se stanno lì o qui, vogliono soltanto che il governo gli permetta di costituire una comunità coesa. Se invece prendi i veri coloni, non gli ultra-ortodossi, ma quelli di Hebron, che odiano gli arabi; ecco sono meno dell’1% della popolazione israeliana, forse sessantamila persone.
Per gli ebrei israeliani, ciò che conta è la sicurezza. La loro sicurezza personale, prima di tutto: poter salire su un autobus, entrare in un locale pubblico, ecc., e poi la sicurezza collettiva.
Se verranno rassicurati rispetto al fatto di poter continuare a vivere in questo Paese come ebrei israeliani, di poter parlare ebraico, di avere un’università ebraica, i loro giornali… Se potranno avere tutto questo, cioè diritti nazionali in uno Stato democratico, credo che lo Stato unico sia ipotesi interessante per gli israeliani. Perché risolve il problema di ciò che può accadere se c’è una maggioranza palestinese.
In uno Stato democratico binazionale, non importa chi è la maggioranza, i tuoi diritti collettivi saranno comunque protetti, anche se fai parte del 10% della popolazione.
Ho cercato di sintetizzare tutto questo in uno slogan, non so se funziona bene in italiano. Il problema della campagna di boicottaggio è che non è connessa a un risultato finale. Allora per me lo slogan è “Bds for Bds”, cioè “Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni, per uno Stato Democratico Binazionale”.
Questa potrebbe essere la direzione, il focus del nostro lavoro.
Il problema qual è? Che non posso essere io a dare garanzie in questo senso. Perché la gente mi risponde: “E tu come lo sai che gli arabi ci lasceranno in pace?”. Certo, posso dire loro: “Guarda, conosco gli arabi, andrà tutto bene”, ma so già con quali epiteti reagiranno.
Abbiamo bisogno di qualcuno che, da parte palestinese, dica quello che a suo tempo disse l’ANC: “La nostra visione del nuovo Sudafrica è un Paese inclusivo di tutti…”.
Ora sto lavorando a un gruppo per una Freedom Charter; ecco, se i palestinesi sapranno dire che la loro visione di Israele-Palestina è un Paese inclusivo di tutti, credo che potremmo convincere gli israeliani ad accettare. Diversamente diranno di no. Se il nuovo Stato è solo una democrazia, una persona un voto, senza il binazionalismo, gli israeliani non accetteranno mai.

Per quanto riguarda la demolizione delle case, come sta andando?
La demolizione procede. Siamo arrivati quasi a cinquantamila case demolite. Succede sempre più spesso. Il processo va avanti. In ebraico si parla di “giudaizzazione”; l’intero progetto del sionismo dell’ultimo secolo è stato trasformare la Palestina nella terra di Israele. Credo che ormai siamo agli ultimi stadi. I palestinesi ottengono molto sostegno internazionale, ma poi? Certo, boicottiamo Sodastream, Hewlett Packard (HP), G4s, ecc. Ma qual è lo scopo di tutta questa roba? Quando abbiamo boicottato il Sudafrica il tema era “Una persona, un voto”. Avevamo un obiettivo. Ma oggi?

Qualcuno paventa un apartheid anche all’interno della Linea verde…
Giusto. … Quello che ci aspetta è un compito tutt’altro che facile.
La mia paura è che non ci sia alcun movimento forte attorno alla questione palestinese. Come ho già detto, se non troviamo un focus, un obiettivo politico, la gente si stancherà. Le persone non restano in un movimento per sempre, se non succede niente; ci sono tante cose da fare… Continuo a ripeterlo anche ai palestinesi: se non facciamo qualcosa alla svelta, se non ci organizziamo, perderemo! Semplicemente spariremo. È una possibilità.

(Intervista a cura di Barbara Bertoncin, traduzione di Stefano Ignone, da “La Città” n. 237 del marzo 2017)
Fonte

A Is Mirrionis

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Oggi mercoledì 13 dicembre 2017

democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
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democraziaoggi loghettoC’è ancora il senso dell’onore nelle cariche pubbliche?
13 Dicembre 2017

Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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Legge elettorale, Consulta: inammissibili i conflitti su Rosatellum e Italicum
13 Dicembre 2017

Red su Democraziaoggi.
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leilogofGiovedì 14 dicembre
Auditorium Comunale [Piazza Dettori 8, Cagliari] ore 18:00 L’economia della felicità – Incontro con l’economista Leonardo Becchetti.
Circondati da ipermercati dove si vende di tutto a prezzi bassissimi, siamo arrivati alla felicità?
Forse no, perché dall’economia non dipende solo il benessere delle nostre tasche, ma gran parte della felicità di tutti noi e, a lungo termine, la sopravvivenza del pianeta. Orientare le nostre scelte d’acquisto fa la differenza nel preservare e promuovere valori fondamentali come libertà, giustizia ed equità, valori che sono alla base di una vera felicità. Presenta l’incontro Roberto Sedda.
- Libro di riferimento: Capire l’economia in sette passi [Minimum Fax, 2016]
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- La pagina fb dell’evento.
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Venerdì 15 dicembre
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Sabato 16 dicembre
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Mercoledì 13 dicembre —————————————————————-
“Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”
82270-locandinapresentazione ——- di Gianlorenzo Porrà.

Politica, fede, religione. Si può trovare questo e molto altro, nelle pergamene del Santuario di Bonaria. È il contenuto del libro “Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”, a cura del ricercatore storico Luca Demontis.
La presentazione si terrà mercoledì 13 dicembre 2017 presso il Teatro di Bonaria a Cagliari ore 18.30.

Presentato il rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2017

5a63e8a6ee835248611281e10dd56e1fÈ stato presentato questa mattina, presso il CNEL, il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2017, curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con CNA e MoneyGram.
Nonostante gli aspetti problematici che segnano lo scenario corrente, l’imprenditorialità degli immigrati continua a descrivere una traiettoria positiva.
(Segue)

Oggi martedì 12 dicembre 2017

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Festa della vittoria referendaria e ora un po’ di riposo
democraziaoggi loghetto12 Dicembre 2017

Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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Buon compleanno, Comandante Geppe!
- 12 Dicembre 2017 su Democraziaoggi.
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lampadadialadmicromicro13Eventi aladinsegnalati————————-
immagine-12-dicembre-1Remo Bodei a Cagliari per l’anno gramsciano, a 80 anni dalla morte del grande pensatore sardo.
Una riflessione sulla storia recente, sull’uomo occidentale e sul modo in cui – secondo Antonio Gramsci – i primi avvenimenti del ‘900 ne abbiano influenzato le coscienze, la visione della storia, della cultura e della politica. È il tema dell’incontro che si terrà martedì 12 dicembre alle 17 alla Fondazione di Sardegna (via San Salvatore da Horta) organizzato dal Centro Iniziativa Democratica, con il filosofo Remo Bodei.
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leilogofGiovedì 14 dicembre
Auditorium Comunale [Piazza Dettori 8, Cagliari] ore 18:00 L’economia della felicità – Incontro con l’economista Leonardo Becchetti.
Circondati da ipermercati dove si vende di tutto a prezzi bassissimi, siamo arrivati alla felicità?
Forse no, perché dall’economia non dipende solo il benessere delle nostre tasche, ma gran parte della felicità di tutti noi e, a lungo termine, la sopravvivenza del pianeta. Orientare le nostre scelte d’acquisto fa la differenza nel preservare e promuovere valori fondamentali come libertà, giustizia ed equità, valori che sono alla base di una vera felicità. Presenta l’incontro Roberto Sedda.
- Libro di riferimento: Capire l’economia in sette passi [Minimum Fax, 2016]
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Venerdì 15 dicembre
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- L’evento in fb.
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Sabato 16 dicembre
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“Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”
82270-locandinapresentazione ——- di Gianlorenzo Porrà.

Politica, fede, religione. Si può trovare questo e molto altro, nelle pergamene del Santuario di Bonaria. È il contenuto del libro “Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”, a cura del ricercatore storico Luca Demontis.
La presentazione si terrà mercoledì 13 dicembre 2017 presso il Teatro di Bonaria a Cagliari ore 18.30.

Oggi lunedì 11 dicembre 2017

democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
Oggi lunedì 11 dicembre —————————————————–
locandina11-dic-2017DOCUMENTAZIONE
Libertà di voto e “ipotesi socialista”: i frutti e il prezzo dell’autonomia delle Acli
1965 – 1974
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noi_ex_dirigenti_e_militanti_delle_acli

Oggi lunedì 11 dicembre 2017

Oggi stappiamo una bottiglia alla vittoria del 4 dicembre
11 Dicembre 2017

democraziaoggiAndrea Pubusa su Democraziaoggi.
Oggi dalle 19 nella sede dell’Associazione Terra battuta, in via S. Domenico 10 a Cagliari, il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria e l’ANPI fanno unu “cumbiru (bicchierata) per festeggiare la vittoria del 4 dicembre”. Mentre noi stappiamo una bottiglia e solleviamo i calici, Clara Murtas e Piero Marcialis leggono alcuni testi, Roberto Deiana ci delizia con la sua chitarra e la sua voce. Un’occasione per stare allegramente insieme dopo due anni di impegno serrato a difesa della nostra Costituzione e della democrazia. Partecipate tutti!
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—————————–Eventi aladinsegnalati————————-
Oggi lunedì 11 dicembre —————————————————–
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leilogofGiovedì 14 dicembre
Auditorium Comunale [Piazza Dettori 8, Cagliari] ore 18:00 L’economia della felicità – Incontro con l’economista Leonardo Becchetti.
Circondati da ipermercati dove si vende di tutto a prezzi bassissimi, siamo arrivati alla felicità?
Forse no, perché dall’economia non dipende solo il benessere delle nostre tasche, ma gran parte della felicità di tutti noi e, a lungo termine, la sopravvivenza del pianeta. Orientare le nostre scelte d’acquisto fa la differenza nel preservare e promuovere valori fondamentali come libertà, giustizia ed equità, valori che sono alla base di una vera felicità. Presenta l’incontro Roberto Sedda.
- Libro di riferimento: Capire l’economia in sette passi [Minimum Fax, 2016]
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Venerdì 15 dicembre
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Sabato 16 dicembre
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“Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”
82270-locandinapresentazione ——- di Gianlorenzo Porrà.

Politica, fede, religione. Si può trovare questo e molto altro, nelle pergamene del Santuario di Bonaria. È il contenuto del libro “Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”, a cura del ricercatore storico Luca Demontis.
La presentazione si terrà mercoledì 13 dicembre 2017 presso il Teatro di Bonaria a Cagliari ore 18.30.

Terzo Settore: novità alla ConVol

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
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COMUNICATO STAMPA
Assemblea nazionale elettiva di ConVol,
Conferenza Permanente Associazioni Federazioni e Reti di Volontariato
Giorgio Groppo, responsabile regionale dell’Avis Piemonte, è il nuovo presidente della ConVol. L’assemblea nazionale elettiva, convocata a Cagliari, lo ha nominato oggi 10 dicembre 2017 alla guida della Conferenza permanente delle associazioni, federazioni e reti di volontariato. Succede a Emma Cavallaro che ha guidato l’associazione in questi ultimi anni. (Segue)

Oggi domenica 10 dicembre 2017

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Un anno dopo la battaglia continua

costat-logo-stef-p-c_2Cari amici/e, compagni/e,
siete invitati domani 11 dicembre alle 19 a su Cumbiru (bicchierata) per festeggiare la vittoria del 4 dicembre“ nella sede dell’Associazione “Terra battuta” in via S. Domenico n. 10 – Cagliari.
Leggeranno testi Piero Marcialis e Clara Murtas. Suonerà la chitarra e canterà Roberto Deiana.
L’iniziativa è assunta dal Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria insieme all’ANPI Cagliari.
Vi aspettiamo numerosi.
Per sottolineare il significato della vittoria referendaria di un anno fa e i compiti ch’essa ci pone ecco un articolo del Presidente del Comitato nazionale per la democrazia costituzionale.

Massimo Villone dal Manifesto del 3.12.2017
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Eventi aladinsegnalati
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Lunedì 11 dicembre —————————————————–
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Auditorium Comunale [Piazza Dettori 8, Cagliari] ore 18:00 L’economia della felicità – Incontro con l’economista Leonardo Becchetti.
Circondati da ipermercati dove si vende di tutto a prezzi bassissimi, siamo arrivati alla felicità?
Forse no, perché dall’economia non dipende solo il benessere delle nostre tasche, ma gran parte della felicità di tutti noi e, a lungo termine, la sopravvivenza del pianeta. Orientare le nostre scelte d’acquisto fa la differenza nel preservare e promuovere valori fondamentali come libertà, giustizia ed equità, valori che sono alla base di una vera felicità. Presenta l’incontro Roberto Sedda.
- Libro di riferimento: Capire l’economia in sette passi [Minimum Fax, 2016]
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Sabato 16 dicembre
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“Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”
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Politica, fede, religione. Si può trovare questo e molto altro, nelle pergamene del Santuario di Bonaria. È il contenuto del libro “Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”, a cura del ricercatore storico Luca Demontis.
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Oggi sabato 9 dicembre 2017

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Ittiri, una storia gloriosa di lotte per la giustizia sociale
9 Dicembre 2017

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Gianni Pisanu su Democraziaoggi.
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Eventi aladinsegnalati————————-
Oggi sabato 9 dicembre————————————————-
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- Approfondimenti su Aladinews (intervento di Gigi Sotgiu).
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Lunedì 11 dicembre —————————————————–
locandina11-dic-2017Approfondimenti.
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leilogofGiovedì 14 dicembre
Auditorium Comunale [Piazza Dettori 8, Cagliari] ore 18:00 L’economia della felicità – Incontro con l’economista Leonardo Becchetti.
Circondati da ipermercati dove si vende di tutto a prezzi bassissimi, siamo arrivati alla felicità?
Forse no, perché dall’economia non dipende solo il benessere delle nostre tasche, ma gran parte della felicità di tutti noi e, a lungo termine, la sopravvivenza del pianeta. Orientare le nostre scelte d’acquisto fa la differenza nel preservare e promuovere valori fondamentali come libertà, giustizia ed equità, valori che sono alla base di una vera felicità. Presenta l’incontro Roberto Sedda.
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Venerdì 15 dicembre
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Sabato 16 dicembre
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Mercoledì 13 dicembre —————————————————————-
“Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”
82270-locandinapresentazione ——- di Gianlorenzo Porrà.

Politica, fede, religione. Si può trovare questo e molto altro, nelle pergamene del Santuario di Bonaria. È il contenuto del libro “Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia”, a cura del ricercatore storico Luca Demontis.
La presentazione si terrà mercoledì 13 dicembre 2017 presso il Teatro di Bonaria a Cagliari ore 18.30.

Convegni. Si è parlato anche di Reddito di cittadinanza, di Rei, Reis e dintorni

poc-economy-asseminisenza-nomeL’intervento del direttore: https://youtu.be/AWRoefC4G90
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- Il Convegno del 7 dicembre 2017 ad Assemini.

Siamo con questa Europa!

ep-logo-cmyk_itPolitiche volte a garantire il reddito minimo come strumento per combattere la povertà
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 ottobre 2017 sulle politiche volte a garantire il reddito minimo come strumento per combattere la povertà
(2016/2270(INI))
Il Parlamento europeo,
omissis
Regimi di reddito minimo
[segue]