Monthly Archives: settembre 2017

Verso la 48ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

101213-107DOCUMENTAZIONE. SETTIMANE SOCIALI dei CATTOLICI ITALIANI
48ª Settimana Sociale
IL LAVORO CHE VOGLIAMO
LIBERO, CREATIVO,
PARTECIPATIVO E SOLIDALE

Cagliari 26-29 Ottobre 2017

VERSO CAGLIARI
L’INSTRUMENTUM LABORIS
Cagliari si prepara ad accogliere i delegati alla 48ª Settimana sociale (26-29 ottobre). Ecco il documento che illustra le ragioni e gli obiettivi del convenire, riportato nel sito dedicato all’evento: http://www.settimanesociali.it/verso-cagliari-linstrumentum-laboris/

Domenica 10 settembre 2017

democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
—————————————————————————————————–
democraziaoggiIl nostro «aiuto» è la vendita di armi
10 Settembre 2017

Francesco Vignarca
Su Democraziaoggi.
—————————————

IUS SOLI: paure rinvii ipocrisie

rocca-18-20177
di Fiorella Farinelli, su Rocca.
«La cittadinanza negata tra malafede e viltà». Parole dure ma appropriate nel commento (1) di Massimo Livi Bacci, uno dei nostri più importanti demografi, al rinvio a settembre della discussione parlamentare sulla cittadinanza dei ragazzi figli di immigrati. Un rinvio che equivale a un affossamento quasi certo, considerato che in autunno, tra legge di stabilità e incombere della scadenza delle elezioni siciliane e nazionali, il clima politico sarà più che mai esposto a tensioni e scorribande anche interne alla maggioranza. Improbabile, dunque, che il testo, pure approvato alla Camera quasi due anni fa e atteso da tempo, veda la luce nell’ultimo miglio di questa legislatura, mentre sul profilo politico della prossima è al momento impossibile persino formulare ipotesi dotate di una qualche ragionevole credibilità. Protagonisti dell’ignobile pasticcio, da un lato la scarsa tenuta della coalizione di governo (sono stati i parlamentari di Alfano, gli stessi che alla Camera avevano votato senza troppi problemi il provvedimento, a minacciare la crisi se si fosse chiesta la fiducia al Senato), dall’altro l’ipocrisia di quelli di Grillo che, astenutisi la prima volta, hanno dichiarato che lo avrebbero fatto anche la seconda (ma l’astensione, al Senato, equivale a un voto contro). Coerenza? Sì, ma solo alla paura di perdere consensi nell’elettorato di destra, un must per una forza politica pigliatutto.

falso collegamento
Ma la viltà vera, quella che ha contato e conterà di più, è fatta soprattutto di altro. Di una diffusa e colpevole subalternità, anche nei media, alla malafede di quanti hanno alimentato un falso collegamento tra un più facile accesso alla cittadinanza delle «seconde generazioni» (un milione e mezzo di ragazzi, più di 800mila nelle nostre scuole, quasi tutti figli di immigrati stabilizzati, il 55,3% nati in Italia) e l’emergenza sbarchi. Come se la modifica della legge sulla cittadinanza varata nel lontano 1991 (quando gli immigrati stranieri in Italia erano poco più di 400.000 e pochissimi i figli nati in Italia o arrivati da bambini) dovesse di per sé gonfiare ulteriormente, e disastrosamente, l’ondata dei disperati. Come se, con quella legge, bastasse partorire sul pontile di Lampedusa o all’aeroporto di Fiumicino per entrare in Italia dalla porta principale e automaticamente, madre, padre, fratelli, sorelle, e chissà quanti altri congiunti ed affini. Con tutto quel che ne segue, i fantasmi di un’identità nazionale inquinata e compromessa, la minaccia ai valori e alla cultura del paese, l’incubo di una coesione sociale in frantumi. L’armamentario, strumentale ma di successo, delle vecchie e delle nuove destre.

i contenuti della legge
Malafede, appunto, con in più gli equivoci suggeriti, e mai sufficientemente contrastati, da quella definizione di «ius soli» affibbiata impropriamente dall’esercito dei semplificatori – mondo politico, social, stampa – a una proposta di legge che dice invece tutt’altro. Nei giorni delle convulsioni politico-parlamentari, infatti, sono state poche e inascoltate le voci in difesa di un testo già attentamente smussato e affinato dai mille compromessi della Camera. E poche, e poco efficaci, le analisi di merito, travolte dal chiacchiericcio incompetente ed enfatico dei talk show. Non si è stati capaci – non si è voluto? – dimostrare puntigliosamente che la legge concede la cittadinanza solo ai figli degli immigrati nati in Italia con almeno un genitore in possesso di permesso di soggiorno a tempo indeterminato, con residenza legale da almeno 5 anni, abitazione appropriata, reddito sufficiente, test di lingua italiana superato, nessun problema con la giustizia. Ius soli, dunque, se proprio non si può rinunciare a una semplificazione improvvidamente introdotta dall’ex ministro Kyenge, ma indubbiamente assai selettivo o, come si dice in gergo parlamentare, «temperato». E poi, per chi sia arrivato in Italia prima dei 12 anni, il diritto alla cittadinanza (che dev’essere comunque richiesta dai genitori) a condizione di aver frequentato, e concluso positivamente se si tratta di scuola primaria, un ciclo scolastico di 5 anni.
Che c’entrano con tutto ciò gli sbarchi? Si tratta, con tutta evidenza, di bambini e ragazzi già «italianizzati» dalla scuola, dei compagni di classe e di vita dei nostri figli, di cui molti neanche conoscono il paese d’origine dei genitori, e con molti – purtroppo per loro e per le risorse culturali del nostro paese – che dimenticano la loro lingua materna o che non sanno leggerla e scriverla.
Un provvedimento molto cauto, dunque, che ha voluto escludere ogni automatismo, che guarda alla realtà dell’immigrazione stabilizzata (oltre 5 milioni di immigrati in regola, 160mila cittadinanze concesse, secondo la restrittiva legge del 1991, solo lo scorso anno) e di «seconde generazioni» destinate a essere parte crescente, e integrante, della nostra troppo scarsa popolazione giovanile. Che, soprattutto, è ispirato all’idea che eliminare le discriminazioni è un passo necessario per rinsaldare il legame della popolazione immigrata e dei suoi giovani con il nostro paese, per prevenire rancori e risentimenti pericolosi, per evitare che a meno diritti corrispondano anche meno doveri e responsabilità. Per evitare di costruire una società gerarchizzata, divisa tra quelli che hanno tutti i diritti – almeno sulla carta – e una sottoclasse di minus habentes. Si tratta di ragazzi che studiano da noi e che sono però esclusi dagli impieghi pubblici, che hanno bisogno di chiedere permessi speciali ogni volta che occorre avere il passaporto italiano, che lavorano o che tentano gli studi superiori. Non sarebbero maturi i tempi per muoversi in questa direzione, come sostengono gli alfaniani? È meglio pensarci su ancora un po’, come banalizzano i grillini? È più opportuno lasciar perdere per il momento, come pensano senza dirlo anche molti Dem? Quando può cominciare, secondo loro, il tempo delle politiche di integrazione a tutto tondo? E che cosa può provocare, nella testa e nel cuore di questi ragazzi, il tenerli ancora a lungo nel limbo della non cittadinanza?

dietro l’ennesimo rinvio
Dietro l’ennesimo rinvio, in verità, non ci sono solo i vincoli di circostanze politiche contingenti. C’è l’intollerabile ritardo, nel nostro paese, di idee e pratiche lungimiranti di integrazione. Le stesse – e qui il legame con gli sbarchi c’è, eccome – che impediscono che gli sbarcati vengano subito immessi in lavori socialmente utili, in percorsi di formazione linguistica e professionale efficaci, in una vita attiva e dialogante. Non basta tirarli fuori dall’acqua, e dai pericoli di morte, una volta salvati bisogna evitare la disperazione e il rancore, i sentimenti negativi che li espongono a tutti i rischi dell’emarginazione e della povertà. E noi, non bisognerebbe sottovalutarlo, con loro. Ma non ci siamo, non ci siamo ancora. L’immigrazione – non solo gli sbarchi – viene ancora vista da molti come un’emergenza da demonizzare, non come un dato di fatto – globale, storico – da fronteggiare con misure appropriate. O, ed è ancora peggio, come uno strumento di lotta politica, per conquistare consenso e potere. Non è una bella immagine della nostra classe politica, quella che viene fuori dalla vicenda del rinvio. La viltà sta anche nell’incapacità di trattare i problemi che ci sono con gli strumenti della democrazia, la cultura, la discussione aperta e franca, gli argomenti, il «corpo a corpo intellettuale», come si diceva una volta.

la sconfitta di «Italia sono anch’io»
Ci sono poi anche altri aspetti che bisognerebbe considerare. A uscire sconfitta da questa vicenda, oggi, non è solo la parte dei Dem che aveva più puntato su questa proposta di legge anche in termini identitari, quelli cioè di una forza politica consapevole dei problemi e capace di trovare soluzioni di compromesso in grado di far evolvere positivamente le politiche sociali e culturali sull’immigrazione. Ad essere sconfitta è stata anche quella vasta parte del mondo cattolico impegnata in prima fila nelle azioni di accoglienza e di integrazione dei migranti, la miriade di associazioni, organizzazioni, parrocchie che hanno sostenuto la campagna «Italia sono anch’io» delle seconde generazioni con cui quattro anni fa è stato dato impulso, anche con una raccolta imponente di firme, alla proposta di legge oggi rinviata. Una realtà diffusa che però non ha avuto ascolto presso le forze politiche, come se quelle voci fossero diventate, nell’Italia di oggi, voci insignificanti e irrilevanti. Come se quell’agire sociale, culturale, politico che tramite il volontariato contagia e forma parti significative della società civile venisse considerata una risorsa del paese solo per tappare i buchi delle politiche istituzionali, non per sedere ai tavoli delle decisioni istituzionali e della grande politica. Un tema che è stato toccato in qualche intervento sulla stampa di esponenti di prima fila del mondo cattolico, a partire da Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio (2). Un tema vero, che dovrebbe finalmente interrogarci tutti.
Fiorella Farinelli

Note
(1) www.neodemos.info, 2 agosto 2017.
(2) Il rinvio dello ius soli è una sconfitta per i cattolici, Corriere della Sera 20 luglio 2017.

img_3762

OGGI. 1° Memorial Salvatore Usala Storia di un lottaTORE contro la SLA

tore-ysala-9-set17- La pagina fb dell’evento.

Sabato 9 settembre 2017

Oggi CampoSud *************Programma sabato 9 settembre 2017***********
camposud_1900x1200_riccio
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
———————————————
SOCIETÀ E POLITICA » TEMI E PRINCIPI » DEMOCRAZIA
I parlamenti sono l’argine per l’inclusione sociale
di CHIARA SARACENO
«Politiche e leggi dovrebbero coordinarsi allo scopo di contrastare le disparità». la Repubblica, 8 settembre 2017 (c.m.c), ripreso da eddyburg e da aladinews.
……………………………………………………………………………………
democraziaoggi loghettoSicilia, scende in campo la «nazionale democristiana». Fava non ci sta
9 Settembre 2017
Su La Repubblica, ripreso da Democraziaoggi.
———————————————————————————————-
lampada aladin micromicroGli Editoriali di Aladinews. VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE E DEMOCRAZIA DELIBERATIVA.
Giovanni Cogliandro – 03/08/2017 su BeneComune.net, ripreso da Aladinews.
————————————————————————————-

CampoSud

camposud_manifesto2
Programma dal 7 settembre al 1° ottobre 2017.

1° Memorial Salvatore Usala Storia di un lottaTORE contro la SLA

tore-ysala-9-set17- La pagina fb dell’evento.

Venerdì 8 settembre 2017

xxxCITTÀ E TERRITORIO » APPELLI
Sardegna bene paesaggistico d’Italia
Occorre confermare il livello di tutela previsto dal PPR della Sardegna, ed estenderlo alle zone interne. Un appello per difendere il piano ed opporsi al Ddl del governo che “snellisce” e “semplifica” i procedimenti in deroga al PPR. 8 settembre 2017 (m.p.r.). Su eddyburg.
————————————————
Lettera aperta al ministro Franceschini e alla sottosegretaria Borletti Buitoni

di Maria Antonietta Mongiu
By sardegnasoprattutto/ 8 settembre 2017/ Società & Politica/
———————-
- Dichiarazione del Ministro Franceschini (su L’Unione Sarda online)
———————————————————————————————-
democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
———————————————————————————————————
democraziaoggi loghettoPer la piccola Sofia e il grande Coppi ci voleva il chinino!
8 Settembre 2017
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Si narra che il medico militare di stanza a Nuxis durante la guerra, tal Ziccardi, all’annuncio dell’infermiere dell’arrivo di un ammalato in ambulatorio, senza neanche uscire a vederlo, dalla sua stanza, imperiosamente, gridasse la solita frase: ”Dagli il chinino!“. Lo fece anche quando si presentò Giuanniccu Pilloni, che però aveva la gamba rotta, e solo […]
——————————————————————————————————-
CITTÀ E TERRITORIO » SOS » SARDEGNA
La Sardegna deve tutelare il patrimonio ambientale
di ANDREA CARANDINI
«Serve dare un segnale per affermare una netta differenza tra il passato recente e il presente». Corriere della Sera, 5 settembre 2017, ripreso da eddyburg (p.d.).
—————————————————————————————————
carta_delogu_-_rari_b_34-210x273La posta in gioco? Il bene comune
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto / 7 settembre 2017/
—————————————————————————————-

Oggi giovedì 7 settembre 2017 aladinews

democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
———————————————-
lampada aladin micromicroGli Editoriali di Aladinews. IL PROCESSO DI INDUSTRIALIZZAZIONE IN SARDEGNA NEI DOCUMENTARI DAGLI ANNI ’50 AI GIORNI NOSTRI
di Antonello Zanda, su Teorema, ripreso da Aladinews.
—————————————————————————-
lampada aladin micromicroGli Editoriali di Aladinews. Cultura in Italia: sagre della castagna o piazze del Sapere?
Pubblicato il: 25/08/2016, su Il Giornale delle Fondazioni.ripreso da aladinews.
di Antonella Agnoli
——————————————————————————————
logo-benecomune-sottotitoloLE SFIDE DEL SINDACATO DI FRONTE AL LAVORO 4.0

Marco Bentivogli – 03/08/2017 su BeneComune.net.
La rivoluzione digitale tocca il rapporto tra tecnologia, uomo e società. Se la fabbrica del XX secolo conservava al lavoro una dimensione collettiva, con una stretta correlazione tra spazio e tempo, oggi questo legame si sta affievolendo. Questi cambiamenti chiedono al sindacato di affrontare nuove sfide uscendo dalla chiacchiera generica per entrare nel merito dei problemi
—————————————————————
democraziaoggi“Le Istituzioni impediscano la marcia su Roma di Forza Nuova”
7 Settembre 2017
SMURAGLIA: “LE ISTITUZIONI IMPEDISCANO LA MARCIA SU ROMA DI FORZA NUOVA”
Carlo Smuraglia intervistato dal quotidiano la Repubblica sulla “Marcia dei Patrioti” indetta dal movimento neofascista per il 28 ottobre. Su Democraziaoggi.
—————————————————
Legge elettorale regionale: per noi il modello Sicilia?
7 Settembre 2017
Pierluigi Marotto, su Democraziaoggi.

VALUTAZIONE delle POLITICHE PUBBLICHE e DEMOCRAZIA DELIBERATIVA

democrazia-economica-510VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE E DEMOCRAZIA DELIBERATIVA
Giovanni Cogliandro – 03/08/2017 su
logo-benecomune-sottotitolo
La qualità di una democrazia si fonda infatti sulla possibilità che i cittadini si formino un giudizio riflessivo, ponderato e informato, e che questo avvenga attraverso un dialogo pubblico. Non basta assecondare come fa oggi il nuovo populismo “quel che dice o vuole la gente”. Occorre che ciò che i cittadini vogliono sia il frutto anche di una trasformazione riflessiva delle loro opinioniimmediate
Ciclicamente si ripropone la domanda su quale possa essere il contributo dei credenti al miglioramento della qualità della vita democratica della Repubblica italiana, all’interno dell’Unione Europea, nel contesto globale.

Questa domanda ha acquisito nuova linfa da quanto, recentemente, papa Francesco ha invitato ad impegnarsi nella Politica con la maiuscola (discorso all’Azione Cattolica Italiana, 1 maggio 2017).

Vorremmo proporre una dimensione concreta per questo rinnovato impegno cattolici per il bene comune, facendolo coincidere con la deliberata scelta di agire per la promozione, diffusione, sperimentazione di una cultura della valutazione delle politiche pubbliche.

Le politiche pubbliche sono campi di azione e riflessione in cui le scelte parlamentari trovano (o dovrebbero trovare) attuazione. Riguardano tutti i settori della vita democratica: la sanità, le tutele sociali, la qualità della vita, l’istruzione, la ricerca, gli investimenti in grandi infrastrutture. Le politiche pubbliche possono essere definite come realtà multi-attoriali: politici nazionali, regionali, locali, differenti burocrazie, esperti: i cittadini e le loro diverse tipologie di aggregazioni sono tutti coinvolti nelle politiche pubbliche. Le politiche pubbliche sono inoltre delle realtà multi fase: la fase della scelta eminentemente politica relativa al Che fare?, a cui seguono quelle della programmazione degli interventi, della loro progettazione, della successiva realizzazione ed implementazione ed infine la fase purtroppo fino ad oggi in Italia ampiamente negletta della valutazione.

Opportunamente, il Senato della Repubblica ha deciso di creare all’interno dell’amministrazione una struttura dedicata alla valutazione delle politiche pubbliche, una realtà articolata e un vero e proprio think-tank, riprendendo un punto qualificante presente nella recente legge di riforma costituzionale respinta dal referendum del dicembre 2016, dedicato proprio alla necessità di valutare le politiche pubbliche. Nel testo si prevedeva che al Senato nascesse l’Osservatorio sulle politiche pubbliche e, nel caso la legge fosse passata, a Palazzo Madama si era da tempo cominciato a lavorare per essere pronti.

La constatazione da cui l’amministrazione ha preso le mosse è stata che fosse necessario fornire una base di partenza – per quanto possibile imparziale – per valutare se le centinaia di leggi che si fanno ogni anno in Italia funzionano, per comprendere che tipo di impatto producono su popolazione e territorio. L’osservatorio “Valutazione di impatto delle politiche pubbliche” è consultabile sul sito internet di Palazzo Madama: al momento vengono monitorati 10 temi, tra cui le province, le aliquote marginali e le politiche contro il sovraffollamento carcerario. Diverse realtà istituzionali come l’Asvap, l’Irvap e l’Università di Cà Foscari si sono prestate a partecipare a questo processo di valutazione.

Un punto qualificante di questa decisione è quello di rendere fruibile ai cittadini la consultazione dei singoli dossier online. Oggi infatti mentre i cittadini chiedono maggiori spazi partecipativi, aumenta il divario rispetto alla classe politica.

Segnaliamo altre due coincidenze temporali: oltre all’Ufficio del Senato, meritano attenzione le Linee guida sulle consultazioni pubbliche, emanate dalla Ministra Madia e pubblicate nella Gazzetta ufficiale del 14 luglio 2017: si propongono dei principi guida per disegnare i processi di consultazione dei cittadini e per valutarli.

In ultimo, va ricordato anche il decreto ministeriale all’esame del Parlamento recante individuazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile.

Una recente evoluzione teorica che ben si accompagna a queste evoluzioni istituzionali è il fiorire di studi e confronti teorici in tema di democrazia deliberativa, impresa che coinvolge da tempo filosofi della politica e del diritto come Ackerman, Habermas, Mansbridge e Rawls, e che si pone l’obiettivo di studiare forme inclusive di deliberazione volte a coinvolgere nelle decisioni anche i gruppi sociali che per vari motivi non sono propensi a partecipare. Recentemente Antonio Floridia nel suo Una idea deliberativa della democrazia (Il Mulino 2017) ha offerto una ricostruzione critica e approfondita della storia dell’idea di democrazia deliberativa, dalle prime formulazioni fino all’analisi delle diverse modalità con le quali Rawls e Habermas hanno elaborato le basi teoriche e filosofiche di questa concezione della democrazia.

La democrazia deliberativa è contigua, ma distinta (ed a volte distante) dalla democrazia partecipativa. La democrazia partecipativa in genere si limita a mobilitare chi parteciperebbe comunque spontaneamente alle decisioni, non di ampliare lo spettro dei partecipanti. Accanto alla democrazia partecipativa, ha acquisito recentemente rilevanza, soprattutto presso la comunità degli scienziati politici, un’ulteriore proposta di riforma della prassi rappresentativa: si tratta della democrazia deliberativa.

Punto qualificante della valutazione delle politiche pubbliche è l’analisi controfattuale, che avviene riprendendo un tema che a partire da David Lewis è diventato uno dei riferimenti della metafisica analitica contemporanea. Il controfattuale – come recentemente sostenuto da Alberto Martini, docente di valutazione delle politiche pubbliche – è ciò che sarebbe successo se un intervento non fosse stato attuato. E’ quindi non osservabile per definizione, e richiede la scelta di una strategia di identificazione, una capacità di immaginare scenari alternativi in cui il coinvolgimento di più punti di vista è ancora più necessario che nella teoria repubblicana della democrazia.

L’effetto di un intervento è la differenza tra cosa è successo e il controfattuale, cioè cosa sarebbe successo agli stessi individui se l’intervento non fosse stato attuato. La deliberazione pubblica ha una dimensione cognitiva che è connessa alla ricerca del modo migliore di dare risposta alle questioni pubbliche, modo che trova attuazione nel confronto discorsivo di argomenti plurali, il quale dà luogo ad un accordo razionalmente motivato.

Siamo di fronte ad un modello che è il frutto di un complesso dibattito, ormai più che decennale, che annovera voci di studiosi afferenti a differenti discipline (dalla filosofia politica, alla sociologia, fino alla scienza politica); il risultato è, pertanto, un corpus teorico altamente variegato e complesso, non esente, peraltro, da contraddizioni interne, per il quale risulta, quindi, opportuno un lavoro finalizzato a rintracciarne filo conduttore e linee comuni su ciò che viene inteso come democrazia deliberativa.

Nel pensiero di Habermas la democrazia deliberativa è in grado di costruire una politica ed una società che non siano basate sul compromesso ma sul consenso, inteso come accordo ottenuto secondo i procedimenti dell’argomentazione razionale intorno a un interesse comune che non è legato alla particolarità degli interessi privati.

La democrazia deliberativa ha la prospettiva di creare uno spazio pubblico realmente adatto all’espressione della libertà degli individui e della loro diversità di interessi privati, in conformità a norme e procedure che portino ad un consenso razionale di tutti i suoi partecipanti, ritenuti uguali in diritto e capaci di autogestirsi autonomamente.

Rawls considera la democrazia deliberativa come una democrazia costituzionale bene ordinata e ne afferma la necessità, soprattutto in relazione al fatto che “in mancanza di un pubblico informato sui problemi più urgenti, prendere decisioni politiche e sociali importanti è semplicemente impossibile” (J. Rawls, Liberalismo politico). Egli auspica quindi che le discussioni pubbliche che coinvolgono i cittadini siano rese possibili dalle istituzioni e riconosciute come una caratteristica di base delle democrazie. La deliberazione presenta aspetti problematici (autoselezione, prevalenza di chi ha interessi e preferenze definite) ma rappresenta una delle forme più innovative per riconnettere i cittadini alla politica. Deliberazione infatti non vuol dire, come comunemente si intende, decisione, ma indica la fase della discussione che precede la decisione.

Ci sembra questo un tempo propizio per investire cuore e impegno intellettuale, da credenti, sul tema della valutazione delle politiche pubbliche.

La teoria della democrazia deliberativa che supportiamo e stiamo indagando si oppone alle visioni plebiscitarie e tecnocratiche della democrazia, ma anche alle ricorrenti illusioni su un possibile ritorno alla democrazia diretta di impronta rousseauiana.

La qualità di una democrazia si fonda infatti sulla possibilità che i cittadini si formino un giudizio riflessivo, ponderato e informato, e che questo avvenga attraverso un dialogo pubblico. Non basta assecondare come fa oggi il nuovo populismo “quel che dice o vuole la gente”, magari inseguendo le ondate pulsionali diffuse sulla rete o dalla rete stessa: occorre che ciò che i cittadini vogliono sia il frutto anche di una trasformazione riflessiva delle loro opinioni immediate.

Nel medioevo, i cattolici elaboravano Quaestiones, oggi potrebbero elaborare nuove forme di Questionari, intesi non come meri strumenti sondaggistici ma al contrario come schemi concettuali, articolati, comprensivi di più approcci per la valutazione delle politiche pubbliche. A partire dalla vita quotidiana, seguendo i principi della Dottrina sociale della Chiesa che per prima ha teorizzato la sussidiarietà come strumento di sviluppo imperniato sulla prossimità alla concretezza ontologica e geografica: quindi nelle proprie concrete realtà di impegno e di vita sociale, nella propria organizzazione lavorativa, nel comune, a scuola, nel quartiere.

* Il presente articolo è stato realizzato anche con il contributo di Giandiego Carastro
—————————————–

Una dichiarazione INFELICE dell’on. Paolo Manichedda. La risposta FELICE del Movimento Pastori Sardi

65251_113969351998233_758825_n Un po’ di democrazia diretta, diamine!
del Movimento Pastori Sardi

L’on Paolo Maninchedda ha pubblicato su Facebook una originale e fantasiosa interpretazione della trattativa svoltasi tra il Movimento Pastori Sardi e i rappresentanti del Consiglio Regionale [riportata in fondo pagina] il giorno 2 Agosto a Cagliari al termine di una imponente manifestazione di pastori che ha fatto registrare, tra l’altro, la presenza di oltre 60 Sindaci.
Nella sua ricostruzione Maninchedda immagina un confronto avvenuto sui camioncini a bocca di Consiglio mentre nel Palazzo si stavano facendo le leggi.
La sua conclusione è che le leggi serie non si fanno in piazza.
Una ovvietà condivisibile da tutti.
Si sa che le insulsaggini sono come le ciliegie, una tira l’altra.
All’Onorevole è sembrato che il Governo regionale abbia avuto paura della piazza e che non sia stato capace di interpretarla e prevenirla non disponendo di una adeguata cultura e capacità di governo.
A suo parere, i Pastori e i Contadini hanno bisogno di esperti piuttosto che di capipopolo che praticano la democrazia diretta, la democrazia della piazza e del patibolo (sic!).
Non si può offendere in questo modo l’intelligenza dei Pastori e dei Contadini descrivendoli come un gregge di pecore che seguono ed obbediscono ai capipopolo. – segue –

Una dichiarazione INFELICE dell’on. Paolo Manichedda. La risposta FELICE del Movimento Pastori Sardi

65251_113969351998233_758825_n Un po’ di democrazia diretta, diamine!
del Movimento Pastori Sardi

L’on Paolo Maninchedda ha pubblicato su Facebook una originale e fantasiosa interpretazione della trattativa svoltasi tra il Movimento Pastori Sardi e i rappresentanti del Consiglio Regionale il giorno 2 Agosto a Cagliari al termine di una imponente manifestazione di pastori che ha fatto registrare, tra l’altro, la presenza di oltre 60 Sindaci [il post di Maninchedda è riportato in fondo pagina].
Nella sua ricostruzione Maninchedda immagina un confronto avvenuto sui camioncini a bocca di Consiglio mentre nel Palazzo si stavano facendo le leggi.
La sua conclusione è che le leggi serie non si fanno in piazza.
Una ovvietà condivisibile da tutti.
Si sa che le insulsaggini sono come le ciliegie, una tira l’altra.
All’Onorevole è sembrato che il Governo regionale abbia avuto paura della piazza e che non sia stato capace di interpretarla e prevenirla non disponendo di una adeguata cultura e capacità di governo.
A suo parere, i Pastori e i Contadini hanno bisogno di esperti piuttosto che di capipopolo che praticano la democrazia diretta, la democrazia della piazza e del patibolo (sic!).
Non si può offendere in questo modo l’intelligenza dei Pastori e dei Contadini descrivendoli come un gregge di pecore che seguono ed obbediscono ai capipopolo.
Senza nulla togliere alle competenze specifiche degli esperti va certamente ricordato che i Pastori sono da sempre, oltre che i tradizionali custodi della cultura millenaria della Sardegna, anche portatori di conoscenze specifiche e professionalità di elevato livello e sono abituati a ragionare con la propria testa piuttosto che farsi influenzare dai capipopolo.
Una delle più grandi manifestazioni dei pastori in Sardegna è scaturita dalle decisioni emerse nelle numerose assemblee territoriali, da ore ed ore di confronto e discussione sugli obiettivi da perseguire, da un grande impegno organizzativo di molti.
Il 2 Agosto, a Cagliari, non si è svolta una sommossa popolare per intimorire il Governo regionale.
Si è svolta una manifestazione pacifica e un incontro istituzionale tra i rappresentanti della Regione e quelli del Movimento Pastori e non su un camioncino bensi all’interno del palazzo del Consiglio Regionale.
Un incontro istituzionale con tutti i crismi della ufficialità.
L’on. Maninchedda ha ragione quando afferma che il Governo regionale deve sapere interpretare i segnali della piazza e ci mancherebbe che accadesse il contrario.
Certamente la Regione Sardegna, in questi ultimi anni, non ha saputo interpretare al meglio le esigenze e le necessità di importanti comparti produttivi isolani.
Per questo motivo è decisamente auspicabile e necessario un salto di qualità in tal senso.
Ma non può sfuggire all’on Maninchedda che una nuova Amministrazione regionale la si realizza anche, diremo soprattutto, rilanciando il confronto e il dialogo tra le parti sociali, favorendo momenti di partecipazione e di democrazia diretta e non al chiuso dei Centri Studi e degli Assessorati. Esattamente quanto è accaduto nel confronto tra Regione e Movimento Pastori il 2 Agosto.
————–
Il post (infelice) dell’on. Maninchedda
21272316_1540181689376985_4791622533844576662_n

oggi mercoledì 6 settembre 2017

democraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
——————————————————————————————–
lampadadialadmicromicro13xxxSPOPOLAMENTO: “Nell’arco di cinque anni (2011-2015) la popolazione sarda residente diminuisce di 12.125 individui. L’Isola perde abitanti e, diversamente dal passato, i flussi migratori non riescono a compensare il calo demografico dovuto alla dinamica naturale (nascite e decessi)”. Di questo dobbiamo parlare e non solo parlare. Su Aladinews.
———————————————————————————————————-
Serie ipotesi, statistiche, sfide reali. Studiare fa (più) felici
Studiare fa (più) felici
Leonardo Becchetti
domenica 27 agosto 2017, su Avvenire.
—————————————————————————————————————————
———————————————————————————————–
lampada aladin micromicroGli editoriali di Aladinews. IL PROCESSO DI INDUSTRIALIZZAZIONE IN SARDEGNA NEI DOCUMENTARI DAGLI ANNI ’50 AI GIORNI NOSTRI
di Antonello Zanda
.
————————————————-
democraziaoggiLa vocazione imperiale Usa e le promesse di Trump
6 Settembre 2017
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Donald Trump ha vinto le elezioni promettendo ai “dimenticati d’America”, cioè a coloro che sono stati vittime della politica dei suoi più immediati predecessori, di riscattarli dalle condizioni economiche disagiate cui sono stati costretti; in particolare, dalle modalità con cui negli ultimi decenni sarebbe stata “governata” la globalizzazione.
Connotato essenziale di ogni struttura imperiale americana […]

———————————————————————————
logo76 www.chiesadituttichiesadeipoveri.it . Newsletter n° 31 del 5 settembre 2017

Cari Amici,
mentre Minniti e Renzi, alla ricerca dei consensi perduti, tripudiano perché, trattenuti gli sbarchi, un po’ meno di inferno tracima da noi; e mentre giornali e TV si eccitano alla caccia dei branchi di marocchini e di neri che secondo i loro notiziari dilagano per le spiagge italiane stuprando e violentando altri stranieri e “diversi” e magari anche le native (dicono neri, non negri, e “maghrebini”, perché sono politicamente corretti) Moni Ovadia ammonisce in TV: “attenti, siamo alle leggi (e al clima) di Norimberga”. Moni Ovadia rivendica di essere ebreo, e di sapere bene perciò di che cosa parla. Si tratta di tre leggi approvate all’unanimità nel 1935 dal Reichstag durante il settimo congresso del partito nazionalsocialista tedesco (attenzione: all’unanimità, senza unanimità non possono far nulla). La prima legge, sulla cittadinanza, stabiliva che soltanto chi avesse sangue tedesco potesse essere cittadino del Reich, la seconda, ”per la protezione del sangue e dell’onore tedesco”, proibiva il matrimonio e i rapporti extraconiugali tra ebrei e non ebrei, e la terza, “sulla bandiera del Reich” stabiliva che la croce uncinata diventasse il simbolo sulla bandiera nazionale.
– segue –

Dallo stato italiano centralista a uno stato sardo, ugualmente centralista?

e-lussu-ffois
di Francesco Casula*

I Principi rinascimentali prima e i sovrani assoluti poi tendono storicamente a contrapporre l’accentramento alla disseminazione del potere politico proprio del mondo feudale: tale posizione inol­tre – peraltro costante nella lunga vicenda dello Stato moderno – ­tende a negare ai cittadini qualsiasi ruolo politico e qualsiasi “po­liticità”, o, quanto meno a restringerla.

Tende cioè ad escluderlo da ogni ruolo effettivo decisionale e di potere, che non si riduca a semplice assenso o a manifestazione e rafforzamento del consenso. In questo modo la partecipazione al potere politico è solo for­male: il potere reale infatti rimane concentrato nello Stato e nei suoi apparati.

Così i Principi come i Sovrani tendono ad abolire ogni forma di politicità alternativa all’interno dei propri domini, sottraendo man mano ai signori feudali scampoli di potere per affidarli pro­gressivamente a una burocrazia stipendiata e “competente”,– per quanto è possibile – ma comunque subalterna e dipendente dal “Centro”.

L’attribuzione del potere a una minoranza ristretta – fin dal 1300 ma soprattutto nella successiva fase di sviluppo della socie­tà e dello Stato moderno – è legata in modo particolare all’esigenza di garantire il “naturale” dispiegarsi degli scambi sul mercato e di controllare nel modo più razionale e funzionale possibile conflitti e tensioni che man mano la società capitalistica – segnatamente dopo la Rivoluzione industriale – indurrà, produrrà e accelererà.

È soprattutto da questo punto di vista che lo Stato moderno assolverà essenzialmente a una funzione del meccanismo econo­mico del capitalismo e del mercato. Lo stato italiano risorgimentale, nonostante la posizione di Cavour che avrebbe preferito il sistema anglosassone del self–gouvernement e non il modello francese napoleonico, nasce dentro tale versante, come stato unitario accentrato e centralista.

Il Fascismo porterà a più coerenti conseguenze autoritarie e centralizzatrici strumenti e tendenze che erano già abbondantemente presenti nel regime liberale, giolittiano e prefascista. Di fatto annientando le istanze “regionalistiche” che si affermano nel primo dopoguerra, in modo particolare nelle regioni meridionali (con Gaetano Salvemini e don Luigi Sturzo) ma in specie in Sardegna con la nascita e l’affermazione del Partito sardo d’azione

La Resistenza, per come nasce, si sviluppa e si svolge ha “un carattere intrinsecamente regionalistico” (Leo valiani): pensiamo ai CLN regionali o alle repubbliche partigiane. Il processo di restaurazione moderata, con l’avallo e la complicità della Sinistra – se non addirittura per sua diretta iniziativa, – spazzerà le esperienze regionalistiche.

Ma è soprattutto con il dibattito alla Costituente prima e la vittoria dei moderati nel ’48 che si affosserà definitivamente il “regionalismo” e ancor più il federalismo. A difenderlo Lussu si troverà sostanzialmente da solo: destra, sinistra e centro, in una sorta di union sacrée, lo osteggeranno del tutto.
- segue –

Vincenzo Urracci

img_3793

Libro SP Is Mirrionis cafullsizerender-37-2
.
.
.

In ricordo di Vincenzo Urracci
.

img_3792-bisIl 28 agosto 2017 è venuto a mancare, a 75 anni, Vincenzo Urracci, uno degli studenti – lavoratori che prese parte all’esperienza di Scuola Popolare (S.P.) ad Is Mirrionis. Con Vincenzo, ci hanno già lasciato negli anni Claudio Pilleri, Luigi Cuomo, Aldo Laconi, Franca Piredda: ognuno di essi, in modalità diverse, ha contribuito a costruire nella S.P. un’esperienza unica, fatta di ricerca di sapere, di condivisione, di crescita culturale e umana.
Di Vincenzo, che ha affrontato con grande dignità la sua dolorosa fine, mi piace ricordare la sua umiltà, la sua umanità, la sua sete di giustizia, il suo senso dell’umorismo, le sue capacità organizzative, il suo anteporre sempre gli altri a se stesso. Sempre col sorriso sulle labbra, per molti anni ha partecipato alle Feste dell’Unità cucinando montagne di salsicce o di maialetti a beneficio dei compagni. Così come quando cucinava in cene fra di noi ed era sempre preoccupato di far star bene gli altri prima che se stesso.
Quando giunse, all’età di 31 anni, alla Scuola Popolare di Is Mirrionis, faceva il ciabattino e aveva già l’idea di mettere su una cooperativa di calzolai (che di lì a poco avrebbe realizzato a Quartu raggiungendo ottimi risultati), né era particolarmente interessato al “pezzo di carta” così come per altri lavoratori per i quali il raggiungimento di tale obiettivo avrebbe permesso inserimenti lavorativi. Vincenzo aveva fame di cultura, voleva migliorarsi sviluppando uno spirito critico, maggiori capacità di ragionamento, di confronto, di solidarietà. Qualità che mantenne e rafforzò, dopo la Scuola Popolare, impegnandosi all’interno della sezione del PCI di Monserrato.
Ma credo sia più utile ascoltare direttamente le sue parole registrate all’interno di una sua testimonianza tratta dalla pag. 126 del libro sulla Scuola Popolare redatto nel 2015/16 e per la cui stesura diede, ancora una volta, un contributo decisivo.
“La scuola mi servì soprattutto per migliorare la mia comprensione del mondo, per migliorare le mie conoscenze, la mia cultura. Il mio interesse non era tanto per la licenza media quanto per gli incontri, le discussioni, il confronto, lo studiare senza dover pensare al voto, lo studiare per la vita. Anche quando ho dato l’esame ho utilizzato questo modo di conoscere e studiare perché scelsi un metodo interdisciplinare….Alla prima domanda ho risposto svolgendo un mio ragionamento, collegando fra loro vari temi che mi interessavano e continuai così anche dopo la seconda domanda. Sono passato così da una materia all’altra. Quando mi sono fermato, tutti i commissari dissero che per loro andava bene. Tranne quella di Francese, alla quale risposi che, anche se mi faceva una domanda, io non avrei risposto perché per il mio lavoro e per la mia vita il francese non mi serviva a niente. Mi girai per cercare lo sguardo di Virginia, che insegnava francese nella Scuola Popolare, e non la trovai forse perché per la vergogna si era nascosta sotto il banco. Allora il commissario di francese cambiò registro e mi chiese se conoscevo il nome del presidente della Repubblica. Io risposi Giscard d’Estaing. Qualcos’altro di politica… Al di là della licenza –che comunque ottenni con il giudizio di Ottimo- quello che mi interessava era dimostrare che come lavoratore ero in grado di reggere un confronto su temi importanti”.
Ecco, Vincenzo era questo: capace di ascoltare, determinato nell’apprendere, nel difendere le sue idee di comunista convinto e coerente, sempre rispettoso degli altrui convincimenti. Il tutto fatto con leggerezza, umiltà, un sorriso dolce, uno sguardo trasparente così come il suo animo che rimangono nel ricordo di tutte le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Da credente, posso affermare convintamente che ha amato gli uomini in misura tale da acquisire un prioritario “lasciapassare” per il Paradiso.
Grazie per tutto quello che sei stato e che ci hai insegnato, amico nostro carissimo.
E che la terra ti sia lieve.
giorgio seguro