Monthly Archives: settembre 2017

Giornate europee del patrimonio

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L’Europa che vogliamo!

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In Catalogna nasce una nuova Europa, per la sinistra è sempre il 1946
di Nicolò Migheli

By sardegnasoprattutto/ 22 settembre 2017/ Culture/

Lo ricordava Andrea Bonanni sul La Repubblica del 21 settembre. In Catalogna si scorgono i vagiti di una nuova Europa, quella federale che sognavano i padri fondatori della Comunità. L’Europa dei popoli, diversa da quella che è sotto i nostri occhi. L’unica possibilità di federalismo, o di confederalismo per alcuni, sarà possibile solo con la disgregazione degli stati nazionali tradizionali. Finché ci saranno loro, non ci sarà Europa compiuta. L’esperienza cinquantennale lo dimostra fino in fondo.

Tendenza che si è accentuata sotto le due presidenze Barroso quando la Commissione è diventata lo strumento esecutivo dei voleri degli stati; soprattutto di quelli più forti. In Catalogna con un movimento di popolo che ha del sorprendente ci si batte per una indipendenza che tale potrà essere solo dentro la Ue. Questo dice la loro classe dirigente, questo dicono la maggior parte dei movimenti indipendentisti. Perché le nazioni senza stato potranno avere riconosciuti i loro diritti e potranno esercitare i loro doveri solo in uno spazio in cui tutti i territori siano sul piano di parità. Un fenomeno che è già in nuce, le Euroregioni a questo puntano. Un ricomposizione di territori omogenei che va al di là dei confini statuali che oggi esistono.

Tutto ciò non è compreso dalla sinistra italiana che in ogni movimento di autodeterminazione – a meno che non sia terzomondista- vede separazione, costruzione di muri, isolazionismo. Una sinistra che non solo si dimentica delle pagine scritte da Marx sulle nazioni, ma che associa ogni movimento nazionale al revanscismo, che definisce le lingue minoritarie dialetti, dando al termine un’accezione dispregiativa. Una politica preda di un nuovo centralismo, vede le autonomie locali come luoghi dello spreco e le regioni autonome come antistoriche. Sinistra che non ha superato il trauma del 1945/6, quando il movimento separatista siciliano si mostrò violentemente antioperaio e anticomunista perché infiltrato da servizi segreti, mafia e finanziato dagli agrari.

Movimento che più che all’indipendenza della Sicilia aspirava a trasformare l’isola in uno stato degli USA. Negli stessi anni, prima del trattato di Parigi del 1947, si temeva che l’Italia con la pace potesse perdere anche il Sud Tirolo, oltre alla Dalmazia e l’Istria. Se non ci fossero stati il separatismo siciliano e il Sud Tirolo, la Costituzione Italiana avrebbe avuto un articolo che in modo preciso recita che la Repubblica e una e indivisibile? Lo Statuto Albertino, ad esempio, non aveva né articolo né disposizione simile. Se non altro perché era inconcepibile la cessione di una parte del regno se non dopo una guerra persa.

Però se l’Italia fosse ancora monarchia con quello statuto, la richiesta di un referendum di autodeterminazione sarebbe stata possibile senza essere anticostituzionale? Domanda che resterà senza risposta. La reazione al procés catalano, dei singoli iscritti e militanti della sinistra allargata- quella che va dal PD fino alle frange comuniste- è stata da riflesso condizionato. La causa catalana associata irrimediabilmente alla Padania di Bossi. Ignorando le vicende storiche, il contesto spagnolo, restando abbacinati davanti alla realtà economica.

Il fatto che la Catalogna sia una delle regioni più ricche della Spagna, il loro desiderio di indipendenza viene interpretato come esclusivamente frutto di egoismo, di non voler più contribuire al resto del Paese. Posto che fosse anche vero, cosa cambia? Una nazione, un popolo come quello catalano, non hanno il diritto di poter scegliere la propria strada o debbono rimanere legati ad uno stato che li sta penalizzando, che dal 1714 li considera preda di guerra? La stessa sinistra, ma anche la destra sarda, si oppongono alla eventuale autodeterminazione della Sardegna con argomenti opposti. Ovvero come farebbe l’isola a sostenersi senza l’Italia? Di conseguenza se un territorio è ricco non può andarsene perché ricco, se è povero deve rimanere perché povero.

Trova un altro argomento di conversazione, si cantava anni fa. In realtà il dato impressionante è che la sinistra non riesce più a capire il proprio tempo e finisce per essere più nazionalista della destra, di essere oggettivamente alleata all’Europa degli Stati propugnata del gruppo di Visegrad. Sinistra che trema all’idea di dover perdere l’unità italiana, che non ha la forza né l’immaginazione per pensare ad assetti futuri. Eppure molti di loro si dichiarano federalisti europei.

E così la sinistra o quel che ne resta – come sosteneva qualcuno di cui non ricordo il nome-, finisce per fare politiche da suonatore di violino. Strumento che si impugna con la mano sinistra ma si suona con la destra. Come per altri temi, d’altronde.

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oggi venerdì 22 settembre 2017

democraziaoggiVerso il Convegno sul lavoro a Cagliari
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Il lavoro come fondamento della Repubblica

Questo il titolo del Convegno dibattito, promosso dal Comitato d’iniziativa costituzionale e Statutaria e da Europe direct Regione Sardegna, che si terrà a Cagliari il 4-5- ottobre Hotel Regina Margherita.
 
Su Democraziaoggi.
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La pagina fb dell’evento.
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In Francia la riforma del lavoro minaccia dei diritti fondamentali
eddyburgdi VIJAY PRASHAD
In Francia la riforma del lavoro minaccia dei diritti fondamentali. Internazionale, 21 settembre 2017. «Emmanuel Macron ha deciso di farla finita con le protezioni di cui godono i lavoratori francesi. Ma sono conquiste da difendere a ogni costo». (i.b.), su Internazionale, ripreso da eddyburg.
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Sardigna pro Catalunya

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Sardigna pro Catalunya.
consiglio-regionale-sardegnaApprovato oggi all’unanimità dall’Assemblea regionale su iniziativa di tutti i Gruppi consiliari.
Ordine del giorno n. 71 – XV Legislatura
Sito Ufficiale del Consiglio Regionale della Sardegna
CONSIGLIO.REGIONE.SARDEGNA.IT

DIBATTITO su LAVORO e REDDITO GARANTITO. Verso il Convegno sul Lavoro del 4-5 ottobre

lampada aladin micromicroPolitiche attive per il lavoro o Reddito di cittadinanza (nelle diverse denominazioni e varianti)? Sono due impostazioni radicalmente contrapposte, alternative, salvo minime seppure importanti conciliazioni. Se ne discuterà al Convegno sul lavoro del 4-5 ottobre p.v. Le due posizioni * pervadono rispettivamente da una parte l’intervista all’economista Stefano Zamagni (di VALERIA TANCREDI su U! magazine) che privilegia le politiche attive per il lavoro rispetto al reddito garantito, dall’altra il recente articolo di Gianfranco Sabattini (Costituzione vs. Trattati europei) su Democraziaoggi, ripreso da Aladinews.
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theend-copia-di-eu_direct_loc_4-5_ottobre_ok_001-2* Dal documento di presentazione del Convegno sul Lavoro. (…) Se la dichiarazuione dell’89 rivoluzionario fra i diritti “naturali e imprescrittibili” poneva la libertà, la sicurezza, la resistenza all’oppressione, nonché la proprietà, mentre il lavoro veniva considerato sotto l’aspetto negativo del divieto di ostacoli alla sua libera esplicazione, nella nostra Carta l’art 1 accoglie ed enuncia una concezione generale di vita secondo la quale deve vedersi nel lavioro la più efficace affermazione della personalità dell’uomo, perché nel lavoro ciascuno riesce ad esprimere la propria capacità creativa. Il lavoro, dunque, non fine a sé né mero strumento di guadagno, ma mezzo necessario per l’affermazione della persona e per l’adempimento dei suoi fini spirituali.
Oggi a questa concezione se ne accompagna un’altra che non nel lavoro vede la realizzazione della personalità, ma nel possesso di un reddito garantito.
Diritto al lavoro o diritto al reddito? Due visioni non collimanti anche se, forse, non antitetiche. Ma anche su questo dilemma, centrale nel dibattito pubblico attuale, il convegno vuole indagare.

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REDDITO MINIMO, DIGNITA’ ZERO
rg5grega-1Intervista a Stefano Zamagni
di VALERIA TANCREDI u_magazine_positivo-2
– Il discorso pronunciato da Bergoglio all’Ilva di Genova lo scorso maggio ha riaperto il dibattito sul reddito di cittadinanza. Abbiamo intervistato l’economista Stefano Zamagni, che avverte: “si tratta della più bella trovata del pensiero neoliberista, i soldi finirebbero tutti nel girone del consumo e a quel punto le politiche attive per il lavoro verrebbero definitivamente dimenticate”.

Oggi giovedì 21 settembre 2017

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democraziaoggiLegge elettorale: rinizia la commedia degli inganni
21 Settembre 2017

Alfiero Grandi vice presidente coordinamento democrazia costituzionale, su Democraziaoggi.
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NO al rigassificatore a Giorgino

giorgino-rigassificatoreVenerdì 22 settembre 2017 alle ore 11 siete tutti invitati a partecipare alla conferenza stampa-incontro contro il rigassificatore che vogliono costruire a meno di 100 metri dalle abitazioni del Villaggio Pescatori a Giorgino. Partecipa anche tu!

La pagina fb dell’evento.

Verso il Convegno per il Lavoro del 4 – 5 ottobre 2017

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Catalogna e Spagna. Che succede alla democrazia?

spagna-e-catalogna-300x200Il silenzio degli indecenti sulla Catalogna
di Nicolò Migheli

By sardegnasoprattutto/ 19 settembre 2017/ Società & Politica/

In Catalogna stanno succedendo fatti che portano a chiedersi se la democrazia spagnola stia attraversando una crisi che annuncia febbri alte per tutto il continente europeo. La reazione del governo e del potere madrileno ha del portentoso. Ogni mezzo è buono per impedire che il 1° di Ottobre si tenga il referendum che dovrebbe sancire l’indipendenza catalana. Settecento cinquanta sindaci che hanno dato disponibilità allo svolgimento della consultazione elettorale vengono chiamati in Tribunale ed avvertiti formalmente che sono passibili di arresto se non collaboreranno con le autorità governative.

Le varie polizie sono impegnate in perquisizioni di tipografie alla ricerca delle schede elettorali, del materiale propagandistico. Gruppi di cittadini che manifestano pacificamente vengono intimiditi. I siti dedicati al referendum chiusi, le tv e le radio avvertite che non possono ospitare dibattiti e pubblicità elettorale. I sondaggi dicono che l’80% dei catalani vorrebbero votare, dicono anche che se l’afflusso alle urne supera il 50% è possibile che il Sì vinca. Ed ogni ora che passa i favorevoli, grazie all’atteggiamento aggressivo delle autorità di Madrid, aumentano.

Intanto si moltiplicano gli appelli di associazioni, gruppi e personalità dell’Europa affinché si possa votare. Giornali come El Pais scrivono che oggi la Catalogna è senza governo e senza parlamento, visto che i lavori sono sospesi e i deputati di maggioranza, indipendentisti, sono in campagna elettorale. Posizione, che tra le righe, invoca l’applicazione dell’articolo della Costituzione che prevede in situazioni di grave crisi istituzionale l’avocazione dei poteri della Generalitat da parte del governo. Da ieri tutte le spese dell’istituzione catalana sono sotto il controllo di Madrid, così come le carte di credito dei maggiori esponenti politici.

In Catalogna si scontrano due legittimità, una che deriva dalla Costituzione spagnola e l’altra dalla legge di desconexió, un atto di transizione giuridica fondante della repubblica, votata dal parlamento catalano. Notizie che è possibile trovare seguendo la stampa spagnola, quella catalana e quella internazionale. In Italia vige il silenzio. Non ne parlano i giornali, non ne parlano le televisioni. La scusa immagino, se di scusa si tratta, è che la politica internazionale non interessi nessuno.

Il che non è neanche vero, perché su altri paesi e su altri temi abbiamo informazioni quotidiane sui giornali ed in tv. Non è vero perché basta andare alla presentazione di un libro che tratti di politica estera per trovare un pubblico attento e competente. Perché allora tutto questo silenzio sulla Catalogna? Se da una parte è comprensibile il silenzio del governo: la Spagna è un paese amico più che alleato; in Europa e nella Nato con l’Italia si hanno agende comuni e non ci immischia negli affari interni altrui, ma gli organi d’informazione? Eppure basterebbe raccontare i fatti nudi e crudi, avere anche una posizione filo Madrid, invece nulla di nulla.

L’unica risposta possibile è che il processo catalano faccia paura, molto di più di quello che portò al referendum scozzese. Impaurisce perché questa volta sono in gioco l’equilibrio ritrovato dell’Unione Europa, la possibilità che una Catalogna indipendente inneschi un meccanismo centrifugo che potrebbe portare nel tempo alla scomparsa formale degli stati nazione ottocenteschi. Se una prospettiva simile la si legge qui, è pensabile che sia nei pensieri di direttori e redazioni.

Questa volta la classe dirigente europea ed italiana è disposta a sopportare arresti per ragioni politiche di personalità e di cittadini dentro un paese dell’Unione. Una prospettiva estrema ma che si fa ogni giorno più possibile se il 1° di Ottobre i catalani dovessero partecipare numerosi alla consultazione; e il giorno seguente la Generalitat, o meglio il governo provvisorio, dovessero dichiarare formalmente al nascita della Repubblica Catalana.

Nel frattempo, persone come me, continuano a chiedersi perché pagare un canone televisivo o spendere ogni mattina 1,50€ per un giornale che di tutto tratta, fuorché le notizie che ti interessano.
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Aggiornamento dalla Pag fb di
n.m.
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Comunque andranno le vicende della indipendenza catalana, lo stato nato nel 1492 con il matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona sembra essere finito oggi il 20 settembre 2017. Quello che succederà nei prossimi giorni e mesi sancirà una separazione di fatto. I catalani vivono la giornata di oggi come l’ennesimo soppruso madrileno. Mariano Rajoy Brey passerà alla storia come il becchino della Grande Spagna.
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Aggiornamento dalla pag fb di Tonino Dessì
Il Presidente della Generalitat della Catalogna, Carlos Puigdemont, ha denunciato in una dichiarazione che: “Il Governo spagnolo ha proclamato, de facto, lo stato d’eccezione”.
Ma lo “stato di eccezione” -che, per inciso, alcune Costituzioni, come quella italiana, non ammettono e non consentono nemmeno in caso di guerra- non si può proclamare nè praticare de facto, altrimenti è un colpo di Stato.
Come ho scritto nel precedente post, il capo del Governo di Madrid, Mariano Rajoy, sta agendo fuori dalle regole di uno Stato di diritto.
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si
Informazioni aggiornate sulla pagina fb di Stefano Puddu Crespellani
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A proposito dell’indipendenza della Catalogna
16 settembre 2017

di Riccardo Petrella
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Riprendiamo da “il manifesto sardo” una riflessione di Riccardo Petrella, in queste ore in Catalogna la situazione precipita. Continuano gli arresti e le occupazioni di edifici pubblici da parte della guardia civil. Il governo catalano dichiara che Rajoy ha oltrepassato la linea rossa (Red).
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Fin dal XIX° secolo, detto dagli Occidentali il secolo delle nazionalità, il principio dell‘autodeterminazione dei popoli è stato riconosciuto come uno dei pilastri del diritto internazionale. La Carta delle Nazioni Unite stabilisce all’art. 1 che il rispetto dei diritti umani e dell’autodeterminazione dei popoli costituisce uno dei fini principali delle Nazioni Unite.

Nel diritto internazionale nato con l’ONU gli individui e i popoli sono soggetti originari e gli stati sono da considerarsi come entità complesse “derivate” per cui, il principio di sovranità degli stati e di non ingerenza negli affari interni cede al principio di sovranità dell’essere umano e della famiglia umana universale.

Ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani, il soggetto titolare del diritto all’autodeterminazione è il popolo come soggetto distinto dallo stato. Ma in nessuna norma giuridica internazionale c’è la definizione di popolo. Questa reticenza concettuale non è dovuta al caso. Gli stati giocano sull’ambiguità, non essendo disposti ad ammettere espressamente che i popoli hanno una propria soggettività internazionale. L’ambiguità esistente in materia genera molte confusioni, mistificazioni e abusi sia da pare degli stati esistenti sia da parte dei popoli alla ricerca della loro autodeterminazione in favore della creazione di un loro stato.

In un contesto democratico, solo il popolo che si esprime ha il potere di decidere chi è il popolo. Da qui l’importanza fondamentale delle consultazioni popolari, referndum inclusi. Il Québec ha tentato a più riprese di rivendicare il suo diritto all’autodeterminazione. I referendum finora realizzati non hanno permesso di registrare in seno ai diritti di voto in Quebec una maggiorazna favoravole all’indipendenza. Lo stesso vale per la Scozia. Nei due casi, lo stato Canada e lo stato Regno Unito avevano l’obbligo, non solo giuridico ma anche la saggezza politica di organizzare i referendum richiesti dalla popolazione del Quebec e della Scozia.

Ricorrere alla forza per impedire i referendum, dietro l’alibi dell’incostituzionalità della richiesta di autodeterminazione, non è un atto di saggezza democraticamente valido, anche se lo fosse sul piano giuridico/costituzionale. La storia dimostra, peraltro, che più i poteri al comando degli stati cercano di impedire o addirittura vietare i referendum, ricorrendo alla violenza dello stato, conducono ad accentuare ed aggravare i conflitti fra lo stato ed il popolo /i popoli “in lotta “ per la loro autodeterminasione, specie quando cio’ avviene all’interno di uno stato, come è il caso della Catalonia/Spagna.

Alla luce dell’esperienza degli ultimi anni, la trasformazione della Spagna in uno “stato delle autonomie” non si è rivelata la soluzione pacifica e democratica ricercata. Le ambiguità e le lacune su cui si fonda lo stato delle autonomie hanno invece favorito, in certi casi, l’accentuazione dei problemi.

I diritti umani ed i diritti dei popoli essendo strettamente connessi, uno dei problemi sollevati e sovente irrisolti dai processi di lotta per l’autodeterminazione dei popoli è di verificare in che misura l’autodeterminazione di un popolo non si traduca nell’affermazione del potere dei gruppi sociali dominanti in seno alle forze sociali favorevoli all’indipendenza. Altrimenti detto è fondametale evitare che l’acquisizione o il recupero dell’indipendenza politica di un popolo significhi principalmente l’acquisizione o il recupero di “sovranità” da parte dei gruppi dominanti e non anche quella dell’insieme dei gruppi sociali e categorie che compongono il popolo. La questione diventa: l’indipendenza per che cosa, per chi, a vantaggio di chi e come?

Se la risposta è “piuttosto” positiva nel senso che l’indipendenza sarà una grande opportunità per promuovere e salvaguardare meglio i diritti umani, la giustizia sociale, l’uguaglianza fra tutti i cittadini, la sicurezza sociale generale, la democrazia partecipativa ai vari livelli del vivere insieme, in uno spirito di cooperazione e solidarietà con gli altri popoli e stati, in questo caso l’autodeterminazione non dovrebbe essere ostacolata. E’ altrettanto evidente che il popolo catalano non ha bisogno di passare da uno stato spagnolo ad uno stato catalano le cui logiche ed i cui obiettivi non fossero che una copia di quelli dello stato spagnolo. Solo il popolo che si esprime liberamente e democraticamente potrà dare una risposta legittima.
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ANNOTAZIONI
Tonino Dessì su fb (21 settembre 2017)

Ascoltando una trasmissione di Radio1 in macchina durante una fila lentissima, mi sono reso conto che la vicenda catalana è piuttosto seguita, in Italia, dalla gente comune.
Gli interventi dei radioascoltatori hanno rappresentato quasi senza posizioni intermedie due atteggiamenti, che per quanto rimasti forse marginali, tra le motivazioni di voto, avevamo colto già nel referendum del 4 dicembre.
Una parte (spesso piuttosto agguerrita) di ascoltatori, soprattutto del Nord, rilancia la rivendicazione di massima autonomia, che si misurerà nei prossimi referendum regionali consultivi indetti dalla Lombardia e dal Veneto.
Un’altra parte, più distribuita geograficamente (e forse maggioritariamente espressione di un diffuso comune sentire) auspica un abbandono delle autonomie regionali, considerate fonti di inefficienza, di spreco, di corruzione.
In entrambe riecheggia la contestazione pressochè unanime dei regimi vigenti di specialità, considerati dagli uni discriminatori, in quanto attribuiti a Regioni destinatarie non meritevoli di quote delle risorse delle Regioni più virtuose, dagli altri assunti come manifestazioni esemplari ed esponenziali dei privilegi ingiustamente creati e amministrati dai ceti politici locali.
C’è di che riflettere, su questo.
L’Italia non è la Spagna e la Sardegna non è la Catalogna.
É un fatto che, dopo la parentesi strumentale rappresentata dalla riforma costituzionale “federalista” del 2001, il Paese ha attraversato una progressiva involuzione dell’ispirazione costituzionale originaria, per la quale la Repubblica si articola in Stato, Regioni, autonomie provinciali e comunali, fra cui si distribuisce, con compiti differenti, ma su un piano di pari dignità, l’esercizio della sovranità popolare.
Per quanto confermata difensivamente dal voto referendario dello scorso anno, quell’impostazione non è praticata da uno Stato che va riaccentrando poteri e risorse, lasciando al sistema autonomistico, il quale passivamente vi si acconcia, mere funzioni di esecuzione amministrativa.
Tutto ciò continua a produrre disaffezione generalizzata, non assicura coesione e scarica il malcontento della cittadinanza sulle istituzioni rappresentative territoriali, diventate terminali di un sistema sempre più disfunzionale.
Darei davvero poco significato alle solidarietà istituzionali espresse alla Catalogna in Sardegna.
Non siamo degli sponsor credibili, nè un buon esempio agli occhi di nessuno, sia dentro che fuori.

Oggi mercoledì 20 settembre 2017

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democraziaoggi loghettoCostituzione italiana vs. Trattati europei
20 Settembre 2017

Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi
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fullsizerender-37lampada aladin micromicroGli Editoriali di Aladinews. MIGRAZIONI la trappola del lavoro
di Roberta Carlini, su Rocca, ripreso da aladinews
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eddyburgQuale turismo in Sardegna?
di SANDRO ROGGIO
Quale turismo in Sardegna? La Nuova Sardegna, 19 settembre 2017. Una sofferta riflessione, con un incipit utilmente autobiografico, sul turismo balneare che, scongiurato nel 2006 dal piano paesagggistico rischia, adesso di riprendere lo sfruttamento e il degrado. Ripreso da eddyburg e da aladinews.
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CSS loghettoRegione: la Giunta invoca l’autonomia per devastare il territorio
20 Settembre 2017
Giacomo Meloni – CSS, su Democraziaoggi.
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Il Lavoro innanzitutto. Giovedì 28 Conferenza stampa di presentazione del Convegno sul Lavoro (4-5 ottobre 2017)

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LAVORARE MENO, LAVORARE MEGLIO, LAVORARE TUTTI
Il lavoro come fondamento della Repubblica

Convegno – Dibattito
Cagliari, 4 e 5 ottobre 2017

Hotel Regina Margherita, viale Regina Margherita n. 44
Sala Castello
CONFERENZA STAMPA
Le problematiche e i contenuti del CONVEGNO – DIBATTITO saranno illustrate GIOVEDI 28 SETTEMBRE 2017, alle ore 10.30, nella la sede dello Europe Direct Regione Sardegna che si trova a Cagliari presso la Mediateca del Mediterraneo in Via Mameli 164 (ingresso lato Via Nazario Sauro).
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Oggi martedì 19 settembre 2017

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democraziaoggiVolare! Quant’era bello col monopolio Alitalia!
19 Settembre 2017
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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rocca-18-20177_2SOCIETÀ E POLITICA » TEMI E PRINCIPI » DE HOMINE
Jus culturae, non è Jus soli
di PAOLO LAMBRUSCHI

Avvenire, 17 settembre 2017. In difesa del diritto a essere considerati cittadini del luogo dove si è nati. Una legge che sarebbe almeno un primo passo nella direzione giusta. Ma il cammino per l’uguaglianza dei diritti è ancora lungo.

Articoli di Marco Tarquinio e Paolo Lambruschi, con postilla, ripresi da eddyburg e da aladinews

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eddyburgSOCIETÀ E POLITICA » TEMI E PRINCIPI » LAVORO
Industria 4.0, una lettura controcorrente
di ROBERTO ROMANO

sbilanciamoci.info, 15 settembre 2017. «Il processo indotto dalla trasformazione di Industria 4.0 è bidirezionale e non unidirezionale. La robotica è solo un pezzo del paradigma. E la politica economica e industriale giocheranno un ruolo fondamentale». (p.d.). Su eddyburg e aladinews.
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Il sonno/sogno dell’Europa
di PETER SLOTERDJK
Il sonno/sogno dell’Europa. L’Espresso, 17 settembre 2017. «In un mondo in preda a populismi e caos la Merkel si prepara al quarto mandato rassicurando i tedeschi e l’Ue con la “letargocrazia”.È grazie alla forza politica della noia se la Germania resta una potenza tranquilla». (c.m.c.) Su eddyburg e su aladinews.
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Quartiere di Sant’Elia: una storia da scrivere

Quanto effettivamente accadde il pomeriggio della visita papale a Sant’Elia (24 aprile 1970) è stato documentato dal periodico Gulp del giugno 1970. La versione dei fatti fornita dal periodico fu pienamente condivisa dai giudici del Tribunale di Cagliari nel processo che seguì poco tempo dopo (sentenza del 18 novembre 1970).
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Domani il Consiglio Comunale di Cagliari discute (forse) di misure per favorire l’associazionismo dei cittadini, a partire dagli spazi da mettere gratuitamente a disposizione delle organizzazioni di base. Vedremo…

stemmaaraldico_comunecagliari_stilizzatoORDINE DEL GIORNO PER FAVORIRE LA STABILE COLLABORAZIONE TRA AMMINISTRAZIONE COMUNALE E LE ASSOCIAZIONI CITTADINE
Servizio/Ufficio: UFFICIO DI PRESIDENZA DEL CONSIGLIO COMUNALE
ALLEGATA PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO PROT. N. 127 DEL 17.05.2017.pdf (proponenti Fabrizio Rodin e Davide Carta del Pd).

Il Lavoro innanzitutto. Conferenza stampa di presentazione del Convegno sul Lavoro

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LAVORARE MENO, LAVORARE MEGLIO, LAVORARE TUTTI
Il lavoro come fondamento della Repubblica

Convegno – Dibattito
Cagliari, 4 e 5 ottobre 2017

Hotel Regina Margherita, viale Regina Margherita n. 44
Sala Castello
CONFERENZA STAMPA
Le problematiche e i contenuti del CONVEGNO – DIBATTITO saranno illustrate GIOVEDI 28 SETTEMBRE 2017, alle ore 10.30, nella la sede dello Europe Direct Regione Sardegna che si trova a Cagliari presso la Mediateca del Mediterraneo in Via Mameli 164 (ingresso lato Via Nazario Sauro).
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