Monthly Archives: maggio 2017
Un’insopprimibile necessità di capire
La grande regressione. Quindici intellettuali da tutto il mondo spiegano la crisi del nostro tempo.
SOCIETÀ E POLITICA »LIBRI SEGNALATI
Solo Kant ci potrà salvare
di Nadia Urbinati, su IlSole24ore, ripreso da eddyburg.
«Il populismo, l’erosione della classe media, il declino della Ue, una politica sempre più basata sull’audience: è la Grande Regressione Quindici intellettuali da tutto il mondo spiegano la crisi del nostro tempo». ilSole24ore, 7 maggio 2017 (c.m.c.)
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Grande regressione (Feltrinelli)
“Non nel nome di Dio”. La pace fra le tre grandi religioni è l’unica ricetta contro il terrore
SOCIETÀ E POLITICA »TEMI E PRINCIPI» DE HOMINE
Amore o guerra il bivio fatale della teologia
di Vito Mancuso, su La Repubblica, ripreso da
«La pace fra le tre grandi religioni è l’unica ricetta contro il terrore: il nuovo saggio di Jonathan Sacks». La Repubblica, 6 maggio 2017 (c.m.c), ripreso da eddyburg.
La questione al centro del nuovo libro di Jonathan Sacks - “Non nel nome di Dio”, edito da Giuntina – ce la siamo posta tutti, ma, formulata da colui che fu per molti anni rabbino capo della “United Hebrew Congregations of the Commonwealth” e che è una delle voci più autorevoli dell’odierno dibattito teologico internazionale, assume una certa perentorietà. Eccola: «L’ebraismo, il cristianesimo e l’islam si definiscono come religioni di pace e tuttavia tutte e tre hanno dato origine alla violenza in alcuni momenti della loro storia».
Come mai? Come spiegare il paradosso di religioni che vogliono la pace e che però producono guerra e terrorismo? La questione interessa tutti, non solo i credenti, perché la religione è tornata sulla scena mondiale e tornerà sempre più; anzi, per Sacks il XXI secolo è «l’inizio di un processo di de-secolarizzazione di cui la prova principale si chiama demografia: In tutto il mondo i gruppi più religiosi hanno il più alto tasso di natalità», mentre «dove le comunità religiose scompaiono segue prontamente il declino demografico».
La religione quindi sarà sempre più rilevante ed è per questo urgente scioglierne le ambiguità. E se alla violenza da essa prodotta si deve rispondere militarmente per arginarne l’effetto, per estirparne in radice la causa si deve rispondere teologicamente: «Non abbiamo altra scelta che riesaminare la teologia che porta al conflitto violento; se non facciamo questo lavoro teologico, ci troveremo di fronte al perdurare del terrore».
Naturalmente la religione non è la causa diretta della violenza, visto che nessun secolo è stato meno religioso, e al contempo più violento, del Novecento. La radice della violenza non è la religione, la questione è molto più complicata, ha a che fare con la nostra più profonda identità: noi siamo potenzialmente violenti in quanto animali sociali. È cioè la nostra tendenza a formare gruppi a essere al contempo all’origine della civiltà e all’origine della violenza: «L’altruismo ci porta a fare sacrifici a vantaggio del gruppo e allo stesso tempo ci porta a commettere atti di violenza contro quelle che vengono percepite come minacce al gruppo».
Quella volontà di relazione che positivamente genera coppie, famiglie, amicizie, comunità, altrove causa aggregazioni sotto forma di banda, branco, clan, brigata. Un’umanità senza gruppi è impossibile, ma un’umanità strutturata per gruppi è naturalmente violenta. E il punto è che la religione sostiene i gruppi in modo molto più efficace di qualsiasi altra forza: per questo appare come la maggiore generatrice di solidarietà e insieme di intolleranza.
Contro questa ambiguità strutturale della natura umana manifestata dalla religione in sommo grado, Sacks propone «una teologia dell’Altro» il cui fine è generare un desiderio di immedesimazione verso chi, per l’istinto naturale, è solo un nemico: «Per guarire dalla violenza potenziale verso l’Altro devo essere capace di immaginarmi come l’Altro». Questa teologia dell’Altro opera a livello metodologico spingendo a uscire dalla logica istintuale Noi-Loro per abbracciare la prospettiva spirituale che sa leggere la realtà dal punto di vista altrui. È ciò che le religioni chiamano conversione.
Bonificare i testi sacri per neutralizzare l’odio
Il punto decisivo però è che le religioni capiscano che sono proprio loro, oggi, a doversi convertire per porre fine alla lotta reciproca simile a «rivalità tra fratelli». Le tre religioni monoteistiche infatti sono «fratelli in competizione» per accaparrarsi il ruolo di vero depositario della rivelazione divina. Per questo la relazione tra ebraismo, cristianesimo e islam è stata finora all’insegna del superamento reciproco: «Il più piccolo crede di aver prevalso sul più grande: il cristianesimo ha fatto così con l’ebraismo, l’islam lo ha fatto con entrambi». Il XXI secolo, però, «invita a una nuova lettura».
Sacks dà l’esempio proponendo una “controlettura” di alcuni testi decisivi della Bibbia ebraica, perché «i testi stessi che si trovano alla radice del problema, se giustamente interpretati, possono fornire la soluzione». Tramite questa rilettura Sacks mostra in modo magistrale che ciò che i testi realmente dicono non è quanto recepito nei secoli passati all’insegna della differenza Noi/Loro e ancora oggi alla base della rivalità tra le tre religioni abramitiche, ma è il superamento di questa logica istintuale in vista della pace e della concordia.
È decisivo notare però che il criterio di questa sua “contro-narrazione” è qualcosa di esterno al testo sacro. Non è la coerenza del testo in sé, né la tradizione interpretativa: è la pace il criterio decisivo. Per questo per Sacks il primato spetta all’etica, come nella migliore tradizione ebraica da Moses Mendelsohn a Hermann Cohen, da Martin Buber a Abraham Heschel, da Hans Jonas a Emmanuel Lévinas. Questa esigenza etica fa scoprire che «la Bibbia ebraica contiene non soltanto una narrazione ma anche una contro-narrazione» in base a cui «la nascita di Isacco non destituisce Ismaele» e «la scelta di Giacobbe non significa il rifiuto di Esaù».
Non c’è quindi alcun posto privilegiato da contendersi, c’è invece la riscoperta di un Dio universale e padre di tutti. Ecco perché «la Genesi descrive due patti: il primo con Noè e tutta l’umanità, il secondo con Abramo e i suoi figli». L’essenziale è comprendere che il secondo patto particolare è in funzione del primo patto universale, e non viceversa come le religioni hanno sempre pensato. Questo è il cambiamento di paradigma che il nostro tempo impone: prima la fede era finalizzata al Noi, ora va finalizzata al Tutti: al Noi + Loro.
Il problema è che i testi sacri delle tre religioni monoteiste contengono non pochi passi che, interpretati in modo letterale, producono violenza e odio. A tale riguardo scrive giustamente Sacks: «Possiamo e dobbiamo reinterpretarli». Occorre quindi una grande, onesta, bonifica dei testi sacri, segnalando quei brani che incitano all’odio e alla violenza, magari stampandoli in corpo minore, di certo accompagnandoli con adeguati commenti. È un dovere da cui la teologia e le istituzioni religiose non possono più esimersi. Questo processo virtuoso nel linguaggio laico si chiama autocritica, nel linguaggio religioso conversione, in ebraico “teshuvà”.
Il nuovo libro di Jonathan Sacks ne è un bellissimo esempio e non poteva venire che da parte ebraica. Saranno capaci il cristianesimo e l’islam, che a differenza dell’ebraismo si considerano religioni universali valide per tutti, di raccogliere la sfida?
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Fonti:
- La Repubblica online
- eddyburg
- informazionecorretta.com
Tuteliamo, valorizzandoli, i beni comuni urbani restituendoli ai cittadini ai quali appartengono per poterne usufruire senza consumarli
Cagliari, salviamo la Fiera e Bonaria dalla furia dei cementificatori
L’opinione di Gianfranco Anedda: “Gli spazi oggi destinati a parcheggi (prima e dopo la Fiera) possono essere migliorati piantando alberi per invogliare alla sosta e anche per destinarla ai giochi dei bambini”. Su Castedduonline di oggi domenica 7 maggio 2017. ———————————-
Gianfranco Anedda è politicamente distante da noi. Lo dimostrano anche alcuni suoi giudizi sulla mancata realizzazione a Cagliari di una Milano 2, che, riteniamo noi, sarebbe stata un errore e che giustamente non si è fatta. Detto questo concordiamo con la critica che lui fa dell’attuale situazione di spreco delle aree e strutture, che noi di Aladinews definiamo “beni comuni urbani” e che invece vorremo fossero rese disponibili per i cittadini, anche associati ad una gestione delle stesse, attivando il principio costituzionale (art. 118) della sussidiarietà orizzontale. Per quanto riguarda la Fiera, le nostre riflessioni e concrete proposte sono da tempo nero su bianco: https://www.aladinpensiero.it/?p=66041
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- Nella foto il monumento alla cultura dei nostri amministratori (con le dovute eccezioni).
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Ne parleremo domani lunedì 8 maggio nella riunione dell’Osservatorio Beni Comuni della Sardegna, alle ore 18 sede CSS (Confederazione Sindacale Sarda) in via Roma 72 Cagliari.
PETIZIONE POPOLARE per una NUOVA LEGGE ELETTORALE per la SARDEGNA
Al Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna
Ai Presidenti dei Gruppi consiliari
In Consiglio regionale sono state depositate numerose proposte di Legge elettorale statutaria presentate da gruppi di consiglieri e forze politiche e, ultimamente, lo stesso Presidente del Consiglio ha presentato una sua proposta con per correggere evidenti storture presenti nella legge attuale e sollecitare uno specifico dibattito sia interno al Consiglio che tra la popolazione sarda.
Tra gli evidenti stravolgimenti e gravi anomalie della democrazia presenti nella legge elettorale con la quale si è votato nel 2014 si segnalano l’esclusione dalla rappresentanza nel Consiglio regionale di oltre 120 mila elettori, la presenza di appena 4 donne su 60 Consiglieri e l’astensione prossima alla metà dell’elettorato. Il tutto senza avere garantito né la governabilità né la stabilità dell’esecutivo, considerato che sì è incominciato a sentire l’esigenza di un rimpasto dopo appena un anno dalle elezioni e ci si è arrivati a meno di due anni dal termine del mandato, per esigenze di potere delle consorterie dei vari partiti e non per le esigenze della società sarda.
Come Comitato di Iniziativa Costituzionale e Statutaria riteniamo che
A partire dal grande risultato del NO al referendum quale fonte di nuova speranza e di concreta espressione di partecipazione della cittadinanza alle decisioni che riguardano l’intera Sardegna, è ora che si proponga, eventualmente dal basso anche mediante una iniziativa popolare come previsto dallo Statuto sardo, una nuova Legge elettorale statutaria di tipo proporzionale.
Una legge da scrivere avendo come riferimenti costanti la Costituzione e lo Statuto sardo, che sia in grado di garantire la
• sovranità del popolo, che è tanto più reale quanto più si ha una larga partecipazione popolare al voto;
• uguaglianza nel voto, sia che si voti per la maggioranza che per un partito o movimento di opposizione, senza gli stravolgimenti generati da qualunque premio di maggioranza e soglie di sbarramento differenziate che sono sempre elementi di “distorsione” del principio di uguaglianza del voto sancita dalla Costituzione;
• rappresentanza, perché ad una supposta governabilità che non può mai essere garantita da una legge elettorale, si preferisce la rappresentanza, questa sì possibile attraverso una buona legge, anche di partiti e movimenti minori perché la democrazia è fatta di pluralità di opinioni che devono trovare sintesi nel parlamento come nei consigli regionali, ovvero negli organi elettivi di governo;
• parità di rappresentanza di uomini e donne, perché la società è composta di uomini e donne, e non vi può essere discriminazione di genere nell’accesso agli organi elettivi: sarà l’elettorato a scegliere chi eleggere senza discriminazioni in partenza;
CHIEDIAMO
che il Presidente del Consiglio regionale e i Presidenti dei Gruppi consiliari destinatari di questa petizione popolare si impegnino nella scrittura di una nuova Legge elettorale statutaria che rispetti i principi su elencati al fine di permettere al popolo sardo di esercitare il proprio voto tornando convintamente alle urne per scegliere i propri rappresentanti fin dalle prossime elezioni del 2019.
Oggi domenica 7 maggio 2017
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SOCIETÀ E POLITICA »TEMI E PRINCIPI» DE HOMINE
Amore o guerra il bivio fatale della teologia
di Vito Mancuso
«La pace fra le tre grandi religioni è l’unica ricetta contro il terrore: il nuovo saggio di Jonathan Sacks». La Repubblica, 6 maggio 2017 (c.m.c).
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CITTÀ E TERRITORIO » CITTÀ OGGI » MILANO
‘Grandi progetti’ di rigenerazione urbana a Milano: un racconto incantatore condiviso da troppi attori
di MARIA CRISTINA GIBELLI
Una riflessione critica sul modello negoziale milanese relativo ai grandi progetti di trasformazione urbana: un modello condizionato dal capitalismo finanziario immobiliare. Sintetica analisi sull’esperienza francese dove è la regia pubblica che detta le condizioni al privato
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Gli Editoriali di Aladinews. CheFareXilLavoro? Documento del Gruppo di Lavoro per il Lavoro (Lavoro al quadrato) del Comitato d’Iniziativa Costituzionale e Statutaria.
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SOCIETÀ E POLITICA »TEMI E PRINCIPI» DE HOMINE
Camminare lento, ascoltare il mondo
di Ugo Morelli, su doppiozero, ripreso da eddyburg
«Una certa possibilità di giungere a un camminare lento nel mondo può provenirci oggi da un paradosso: la profondità dello spazio/tempo e quello che ci può insegnare». doppiozero, 6 maggio 2017 (c.m.c.)
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28 Aprile – Sa Die, tra passato e presente
Giacomo Meloni su Democraziaoggi.
[…] E’ proprio un peccato che il 28 Aprile non venga più ricordato con le rappresentazioni di piazza ed il coinvolgimento diretto della gente che il 28 Aprile del 1996, nel rivivere quella giornata, sentiva risorgente la voglia […]
Convegno Caritas sul Lavoro
Convegno Caritas sul Lavoro. Intervento lucido e condivisibile di Pezzotta: è il neo liberismo il vero problema. Occorre trovare un rapporto tra Economia ed Etica. Per ricuperare la centralità delle persone. C’è una grande necessità di una trasformazione culturale in profondità. Un riferimento? La cura della “casa comune” come la vede Papa Francesco.
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Ottima iniziativa. Una critica che non toglie nulla alla bontà della stessa: troppo sbilanciata sul coinvolgimento delle entità del tradizionale “collateralismo cattolico” (la Cisl, la Coldiretti). Chiediamo alla Caritas di essere maggiormente pluralista in queste manifestazioni, anche al di là del mondo istituzionale e delle organizzazioni collaterali o meno. Seguiremo il percorso sulla grande tematica del lavoro, anche con le iniziative del Gruppo di Lavoro per il lavoro (https://www.facebook.com/groups/802042543291511/) e dell’Osservatorio Beni Comuni Sardegna. Ribadisco l’apprezzamento per l’intervento lucido e condivisibile di Savino Pezzotta, che tra qualche giorno sarà integralmente disponibile sul suo blog (https://savinopezzotta.wordpress.com).
PETIZIONE POPOLARE per una NUOVA LEGGE ELETTORALE per la SARDEGNA
Al Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna
Ai Presidenti dei Gruppi consiliari
In Consiglio regionale sono state depositate numerose proposte di Legge elettorale statutaria presentate da gruppi di consiglieri e forze politiche e, ultimamente, lo stesso Presidente del Consiglio ha presentato una sua proposta con per correggere evidenti storture presenti nella legge attuale e sollecitare uno specifico dibattito sia interno al Consiglio che tra la popolazione sarda.
Tra gli evidenti stravolgimenti e gravi anomalie della democrazia presenti nella legge elettorale con la quale si è votato nel 2014 si segnalano l’esclusione dalla rappresentanza nel Consiglio regionale di oltre 120 mila elettori, la presenza di appena 4 donne su 60 Consiglieri e l’astensione prossima alla metà dell’elettorato. Il tutto senza avere garantito né la governabilità né la stabilità dell’esecutivo, considerato che sì è incominciato a sentire l’esigenza di un rimpasto dopo appena un anno dalle elezioni e ci si è arrivati a meno di due anni dal termine del mandato, per esigenze di potere delle consorterie dei vari partiti e non per le esigenze della società sarda.
Come Comitato di Iniziativa Costituzionale e Statutaria riteniamo che
A partire dal grande risultato del NO al referendum quale fonte di nuova speranza e di concreta espressione di partecipazione della cittadinanza alle decisioni che riguardano l’intera Sardegna, è ora che si proponga, eventualmente dal basso anche mediante una iniziativa popolare come previsto dallo Statuto sardo, una nuova Legge elettorale statutaria di tipo proporzionale.
Una legge da scrivere avendo come riferimenti costanti la Costituzione e lo Statuto sardo, che sia in grado di garantire la
• sovranità del popolo, che è tanto più reale quanto più si ha una larga partecipazione popolare al voto;
• uguaglianza nel voto, sia che si voti per la maggioranza che per un partito o movimento di opposizione, senza gli stravolgimenti generati da qualunque premio di maggioranza e soglie di sbarramento differenziate che sono sempre elementi di “distorsione” del principio di uguaglianza del voto sancita dalla Costituzione;
• rappresentanza, perché ad una supposta governabilità che non può mai essere garantita da una legge elettorale, si preferisce la rappresentanza, questa sì possibile attraverso una buona legge, anche di partiti e movimenti minori perché la democrazia è fatta di pluralità di opinioni che devono trovare sintesi nel parlamento come nei consigli regionali, ovvero negli organi elettivi di governo;
• parità di rappresentanza di uomini e donne, perché la società è composta di uomini e donne, e non vi può essere discriminazione di genere nell’accesso agli organi elettivi: sarà l’elettorato a scegliere chi eleggere senza discriminazioni in partenza;
CHIEDIAMO
che il Presidente del Consiglio regionale e i Presidenti dei Gruppi consiliari destinatari di questa petizione popolare si impegnino nella scrittura di una nuova Legge elettorale statutaria che rispetti i principi su elencati al fine di permettere al popolo sardo di esercitare il proprio voto tornando convintamente alle urne per scegliere i propri rappresentanti fin dalle prossime elezioni del 2019.
Efis
Online raccolta dei servizi fotografici di Renato d’Ascanio Ticca, sulla sua pagina fb: - La processione. Primo album completo (422 foto).
Oggi sabato 6 maggio 2017
Legittima difesa o grossolana cavolata?
6 Maggio 2017
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
La legittima difesa, conosciuta praticamente da tutti gli ordinamenti in tutte le epoche, risponde ad esigenze di diritto naturale. E’ un principio logico prima che giuridico pensare che chi sta per ricevere un’offesa possa nell’immediatezza reagire con un’azione di difesa idonea a neutralizzare il pericolo. Nello Stato di diritto […]
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SOCIETÀ E POLITICA » LIBRI SEGNALATI
Canfora: “Dobbiamo credere nell’utopia dell’uguaglianza”
di Giacomo Russo Spena
Giacomo Russo Spena intervista Luciano Canfora. «L’utopia dell’egoismo nella storia inizia quando l’uomo scoprì l’oro e la proprietà privata. Gli anticorpi consistono nella spinta all’uguaglianza che mette in discussione la supremazia dell’egoismo proiettato verso il profitto». MicroMega online, 4 maggio 2017 (c.m.c.)
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Martin Ford: «L’innovazione? Toglierà lavoro ai medici, non agli operai»
La profezia del celebre imprenditore e futurologo della Silicon Valley: «Le grandi aziende californiane stanno investendo nell’intelligenza artificiale e nell’apprendimento delle macchine e i progressi sono velocissimi. Il reddito di cittadinanza? Nel breve è l’unica soluzione»
di Francesco Cancellato su Linkiesta.
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FUTURO DEL LAVORO
I robot non ci sostituiranno (perché i nostri stipendi saranno sempre più bassi)
Albert Wenger, vc americano: più delle macchine che sostituiscono gli umani, dovremmo preoccuparci delle macchine che lasciano agli umani solo lavoro a basso costo. Le soluzioni che arrivano dal mondo della tecnologia
di Lidia Baratta su LinKiesta.
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“Ho portato Obama a Milano ma mi vergogno per lo stato delle nostre startup”
Parla Marco Gualtieri, fondatore di Seeds&Chips, il summit internazionale dedicato a cibo e tecnologia: «Non abbiamo fatto nulla per aiutare l’ecosistema delle startup. La responsabilità è di imprese e finanza». Obama? «Ci aiuterà a capire tutte le potenzialità che abbiamo e ignoriamo»
di Fabrizio Patti su Linkiesta.
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IL LAVORO. Oggi Convegno della Caritas a Cagliari.
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Non ci sarà ripresa economica senza un effettivo rilancio del valore umano del lavoro
L’annuale messaggio della commissione Cei per il 1° maggio
- Mario Girau su Il Portico.
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Nell’isola non c’è lavoro e i sardi rifanno le valigie
Sempre più giovani se ne vanno all’estero. In aumento anche gli over 65
di Alessandro Pirina su La Nuova Sardegna online.
“Guerra dei Commons”. IL CASO ROMA: sfratto a volontariato e associazionismo. Ma la Corte dei Conti ci ripensa
di Fiorella Farinelli, su Rocca.
Una grandinata di sfratti, da gennaio a oggi, sulle associazioni di volontariato e sugli enti non profit della città di Roma. Tra le prime vittime, due Centri di promozione culturale e di aggregazione giovanile, il primo asilo multietnico della città, le tre più importanti scuole popolari di musica, la Casa dei diritti sociali dell’Esquilino per l’integrazione di immigrati e rifugiati, l’Istituto Vaccari di riabilitazione dei disabili, il Centro di Neuropsichiatria Infantile di San Lorenzo collegato alla Sapienza. Via dalle sedi avute in concessione o in comodato dal Comune, a meno di pagare risarcimenti milionari per presunti danni erariali.
Nei primi elenchi, ci sono i nomi più noti e le esperienze più consolidate della cooperazione sociale e dell’iniziativa culturale della città. Un tessuto vitale e articolatissimo di attività all’insegna della gratuità, del volontariato, della solidarietà. Scuole di italiano per migranti, luoghi in cui si assistono i senza fissa dimora, si aiutano i malati di Sla, si supportano gli anziani fragili, si fa musicoterapia, si coltiva il trasferimento intergenerazionale della memoria, si offrono attività sportive, si fanno letture, teatro, incontri culturali. Presìdi essenziali di socialità e di impegno civile che contrastano degradi e povertà, esclusioni e marginalità, nel centro e nelle periferie. Correnti di aria buona anche nei luoghi più difficili, ospedali, carceri, centri di accoglienza, casefamiglia. A intimare gli sfratti sono la Corte dei Conti, e la stessa amministrazione capitolina, che pure è la prima responsabile di irregolarità, sciatterie amministrative, mancati controlli di qualità, forse anche qualche concessione clientelare, su cui si è accesa l’attenzione della Corte. Tra le prime 200 associazioni coinvolte – ma di potenziali destinatarie ce ne sono altre 700 – ci sono anche le colonne della solidarietà sociale romana, Caritas, Sant’Egidio, Centro Astalli. Alcune hanno ricevuto solo la notifica di sfratto, altre sono già state costrette dalla forza pubblica ad andarsene o hanno abbandonato la partita. Attività che cessano, nuovi vuoti che si spalancano in una città assediata da mille diverse difficoltà cui le istituzioni pubbliche non pongono rimedio.
la guerra al privato sociale
Anche se lo scandalo di «Mafia Capitale» ha avuto tra i suoi effetti collaterali quello di alimentare nell’opinione pubblica i peggiori sospetti sull’intero mondo del privato sociale, oggi in città sono in molti ad intuire che questa volta non si tratta di uno dei ricorrenti episodi di una sempiterna «Affittopoli». Al centro non ci sono infatti i soliti immobili di proprietà pubblica dati in affitto chissà perché a canoni scandalosamente bassi, né i fenomeni di corruzione o di traffico di influenze che assediano diffusamente, e non solo a Roma, la gestione del patrimonio immobiliare pubblico. Sebbene parte della stampa e della politica confondano più o meno volutamente i due diversi ambiti, è sempre più evidente che la guerra che si sta combattendo nella capitale è di tutt’altra pasta. Perché riguarda in primo luogo la legittimità o meno della destinazione a fini sociali e culturali, e non al reddito, di una parte, in verità modesta, dello sterminato patrimonio immobiliare del Comune di Roma (989 spazi su un totale di 50.499). Non a caso c’è chi la chiama «la guerra dei commons», la guerra sui beni comuni, la stessa che si sta combattendo in altre città, dovunque sia diventata particolarmente aggressiva – e politicamente sostenuta – l’idea che il patrimonio immobiliare pubblico debba essere tutto e senza eccezione alcuna destinato unicamente a «fare cassa», ad essere cioè affittato o venduto a prezzi di mercato. Per ripianare i debiti delle amministrazioni pubbliche, si dice, ma anche per una precisa strategia politica, e in via di principio.
bene pubblico come bene di tutti
Ad essere minacciata, infatti, è l’idea stessa del bene pubblico come bene di tutti, il cui utilizzo deve essere ispirato all’interesse generale. Quindi anche alla promozione della cultura, alla solidarietà sociale, al benessere dei cittadini. Una guerra difficile, nei tempi agri che stiamo vivendo. Che si intreccia alle contrarietà, più o meno esplicite in una fase di restaurazione del centralismo statalista, a quanto definito nell’articolo 118 della Costituzione, dove si dice che i poteri pubblici devono favorire le «autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale». Un principio importante quello della «sussidiarietà», perché il pubblico da solo non è in grado di fare tutto quello che occorrerebbe e di farlo bene, perché volontariato e associazionismo sono una risorsa fondamentale della partecipazione civile e democratica, perché pubblico e privato sociale dovrebbero collaborare, con regole e progetti condivisi, al perseguimento del «bene comune». È scritto, oltre che nel testo costituzionale, anche negli statuti della maggior parte dei Comuni italiani.
In discussione, quindi, a Roma e in altre città, ci sono di questi tempi cose della massima importanza, che vanno ben al di là delle buche da riempire e dei rifiuti da smaltire. Ed è una buona notizia, in questo quadro, che in un certo numero di realtà locali, da Napoli a Bologna, si siano di recente approvati nuovi Regolamenti sull’utilizzo sociale della proprietà pubblica, e sulla collaborazione anche in questo campo tra istituzioni pubbliche e privato sociale.
la solita delega alla magistratura
Succederà prima o poi anche a Roma? Si risolverà positivamente, a colpi di ricorsi e di sentenze, l’attuale guerra dei commons? Qualche spiraglio si comincia a intravvedere, ma ancora non è detto. Tra le caratteristiche negative della situazione romana c’è stata finora la straordinaria reticenza di una politica locale che, da gennaio a oggi, non è stata capace di assumersi la responsabilità di una discussione pubblica su una vicenda così importante. Da una parte – quella che si è alternata al governo della città negli ultimi due decenni – per paura di essere messa in croce come responsabile di ciò che è successo e sta succedendo. Dall’altra – quella attualmente al governo – per poter rimbalzare su chi è venuto prima tutte le colpe e le difficoltà dell’oggi.
Ma comune a entrambe sembra essere la solita tendenza a lasciare che sulle situazioni più difficili da sbrogliare sia la magistratura – in questo caso quella contabile – ad avere la prima e l’ultima parola. È stata proprio l’incapacità della politica di riconoscere apertamente come giusta e appropriata la decisione (1996, giunta Rutelli) di destinare a fini sociali e culturali 989 proprietà pubbliche e di affidarle a questo scopo ad associazioni in cambio del pagamento di un canone pari al 20% dei prezzi di mercato, a produrre l’enorme vuoto entro cui la Corte dei Conti – o meglio un suo viceprocuratore – ha imbastito il suo processo. Il cui esito è stato, appunto, l’intimazione alle associazioni assegnatarie di risarcimenti pesantissimi calcolati su un ipotetico mancato introito del Comune secondo i prezzi di mercato moltiplicati per gli anni della concessione. Cui si è aggiunta un’altra richiesta di risarcimento, questa volta ai dirigenti pubblici del Comune (e non, bizzarramente, alle amministrazioni politiche che sono state responsabili delle scelte fatte e di quelle non fatte) per non aver aggiornato i canoni e per non aver perfezionato alcuni iter burocratici: col risultato che, per difendersi, anche i dirigenti pubblici hanno cominciato ad inviare alle associazioni le notifiche di sfratto. Senza la capacità o la volontà politica, da parte di chi amministra oggi la città, di mettervi freno.
un ravvedimento della Corte dei Conti
Sembrava inestricabile, dunque, la vicenda. E destinato a perdere il movimento nato in questi mesi in difesa delle associazioni e del valore dei «beni comuni». Fino a qualche giorno fa in cui, grazie a un ricorso ben congegnato dai legali che lo assistono, è stata la stessa Procura generale della Corte dei Conti a dover prendere le distanze dal suo viceprocuratore. Con una sentenza che, sebbene limitata a due soli casi di sfratto, ha però riconosciuto ciò che serve per venire a capo dell’intera situazione. Cioè che le irregolarità e le sciatterie amministrative, che certo ci sono state da parte del Comune, così come i comportamenti non corretti che possono esserci stati da parte di alcune associazioni, seb- bene punibili e da punire, non cancellano però ciò che nel 1996 venne deciso e che non è stato mai modificato dalle successi- ve amministrazioni della città, cioè la destinazione a fini sociali e culturali di un certo numero di proprietà immobiliari pubbliche del Comune.
controllo, confronto, impegni reciproci
Non solo. Nella sentenza c’è anche la richiesta all’amministrazione capitolina, oltre che di procedere alle regolarizzazioni di ciò che negli anni non è stato perfettamente regolarizzato, anche di verificare la qualità effettiva, e la coerenza con la destinazione d’uso dei locali, delle attività svolte dalle associazioni. Che è quello che occorre per evitare, come spesso succede in questi casi, di fare di ogni erba un fascio, i migliori e i peggiori, i generosi e i furbastri, quelli che hanno sempre pagato regolarmente e quelli che hanno approfittato delle inerzie del Comune. E quindi di procedere, come spesso succede, a sanatorie valide per tutti, e indipendentemente dai contesti.
Perché le associazioni beneficiarie delle concessioni non sono tutte eguali, e tutte egualmente meritevoli di continuare a godere di locali ad affitto agevolatissimo, e perché l’Amministrazione ha il dovere di controllare puntualmente ciò che si fa, e di fare veri e propri bilanci sociali delle attività basati su indicatori oggettivi. Che è quello che il movimento dei «commons» sta chiedendo da settimane all’amministrazione capitolina anche in modo propositivo e costruttivo. Sedersi a un tavolo comune, definire regole condivise, stilare elenchi di priorità, progettare insieme, assumere impegni reciproci. La partecipazione democratica passa notoriamente anche da qui. Dal confronto, dall’utilizzo delle competenze che servono, dalla ricerca di intese tra soggetti istituzionali e sociali. È più complicato, certamente, e probabilmente anche più lungo, che rispondere con un clic o con un Sì/No a un referendum, ma di questi processi in democrazia non si può proprio fare a meno. Vedremo se anche a Roma ci si può riuscire. Se è capitato che una parte della Corte dei Conti smentisca un’altra sua parte, può capitare anche questo. C’è da sperarci.
Fiorella Farinelli
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Roma, la Corte dei Conti dalla parte della società civile: non c’è danno erariale
Redazione Labsus – 20 aprile 2017
Importante novità sui beni comuni a Roma. La Corte dei Conti assolve i dirigenti comunali che non avevano sfrattato le associazioni assegnatarie di beni del Comune per fini sociali e culturali. Il collegio del Lazio rigetta l’accusa di danno erariale.
È del 18 aprile u.s. la sentenza 77/2017 della Corte de Conti del Lazio (il nostro commento) che dà una svolta decisiva a quella che a Roma ha preso il nome di “Guerra dei Commons”, cominciata nell’aprile del 2015 con l’approvazione della delibera 140 che definiva le “linee guida per il riordino del patrimonio indisponibile in concessione“. Un provvedimento approvato dalla giunta Marino che serviva a migliorare la gestione del patrimonio indisponibile capitolino e che ha avuto come principale conseguenza quella di mettere alla porta moltissime realtà cittadine con l’accusa di “danno erariale”.
La Corte dei Conti smentisce così il suo Procuratore e riconosce le finalità sociali e culturali di questi spazi che legittimano il pagamento di un canone ridotto al 20% del prezzo di mercato, poiché “la scadenza del termine senza che fosse intervenuta la concessione definitiva o senza che la stessa fosse stata rinnovata, non cambiava la natura del bene e la sua utilizzabilità alle stesse condizioni agevolate attuate con il provvedimento originario con conseguente impossibilità di praticare, per esso, un prezzo di mercato.”
Il Lavoro e lo Sviluppo Umano Integrale. Convegno della Caritas
“Seminiamo il presente”
Il Lavoro e lo Sviluppo Umano Integrale
Convegno annuale Caritas diocesana
Sabato 6 maggio 2017
Seminario Arcivescovile di Cagliari (Via Mons. Cogoni 9)
Sabato 6 maggio 2017 nel Seminario Arcivescovile di Cagliari (via Mons. Cogoni 9), si svolgerà il Convegno annuale della Caritas diocesana di Cagliari dal titolo “Seminiamo il presente. Il Lavoro e lo Sviluppo Umano Integrale”, organizzato in collaborazione con il CSV Sardegna Solidale, in vista della 48a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si svolgerà a Cagliari, dal 26 al 29 Ottobre 2017.
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Oggi venerdì 5 maggio 2017
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SOCIETÀ E POLITICA »GIORNALI DEL GIORNO»
Una Francia sempre più divisa
di Rossana Rossanda, su sbilanciamoci.info, ripreso da eddyburg.
«In Francia tira la stessa cattiva aria che nel resto d’Europa. Non sembra che l’opinione pubblica se l’attendesse. Emmanuel Macron, da parte sua, non sembra rappresentare un incrollabile baluardo contro l’estrema destra, al contrario». Sbilanciamoci.info, newsletter n.516, 5 maggio 2017.
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Quel diavolo borghese della sinistra di Francia che non vota Macron
di Ezio Mauro su La Repubblica, ripreso da eddyburg.
La politica ridotta a tifoseria. Così anche il direttore del giornale del neoliberismo italiano cede allo spirito dei tempi. Non ammette che a qualcuno non vada bene né l’uomo della Trilateral Commission né l’apostolo della destra xenofoba e che rifiuti di appoggiare sia l’uno che l’altro. la Repubblica, 4 maggio 2017
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SOCIETÀ E POLITICA »EVENTI» 2017 – ACCOGLIENZA ITALIA
Legittima difesa, via alla legge del «far west»
di Andrea Colombo su il manifesto, ripreso da eddyburg.
«Un premier e un governo targati di fatto Pd, a fronte di un calo accertato della criminalità, aggravano ulteriormente una delle leggi peggiori varate dalla destra, la quale non si accontenta. È l’Italia del 2017, bellezza. Un bel posticino». il manifesto, 4 maggio 2017. ————————————
A proposito di “legittima difesa”: Aldo Cappai ci ricorda un increscioso episodio (un doloroso equivoco) avvenuto tempo fa a Maracalagonis.
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Lavoro: emergenza nazionale da porre al primo posto
Sul sito dedicato della 48a Settimana sociale dei cattolici italiani.
Che fare per il LAVORO?
Come abbiamo scritto alcuni giorni or sono, ritenendo che il tema del lavoro sia fondamentale per ogni ipotesi di sviluppo in generale e – per quanto ci riguarda e considerato il nostro specifico ambito di intervento – con particolare riferimento alla Sardegna, ne abbiamo fatto un argomento di interesse prioritario e in tale direzione supportiamo il Gruppo di Lavoro per il Lavoro (Lavoro al Quadrato) costituitosi di recente nell’ambito del Comitato d’Iniziativa Sociale Costituzionale e Statutaria. Tale impegno si concretizza nella pubblicazione dei documenti prodotti dallo stesso Gruppo e di altra documentazione pertinente, prevalentemente reperita in rete e, ancora, nel dare tribuna sull’argomento a esperti e cittadini interessati e, ancora, pubblicizzando iniziative convegnistiche, seminariali e comunque di dibattito. Ecco allora di seguito il documento di impostazione varato in data 4 maggio dal medesimo Gruppo di lavoro. Come esplicitato dagli estensori, si tratta di un documento aperto, suscettibile di integrazioni che lo arricchiscano anche in vista di importanti scadenze programmate, per certa parte contenute nello stesso documento. Il documento e il dibattito sulla tematica del lavoro e sulle relative iniziative troveranno ospitalità, oltre che sulla nostra News, su Democraziaoggi, su il manifesto sardo e su diverse pagine fb.
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IL LAVORO INNANZITUTTO
DOCUMENTO APERTO DEL GRUPPO DI LAVORO “LAVORO PER IL LAVORO” DEL COMITATO D’INIZIATIVA COSTITUZIONALE E STATUTARIA DI CAGLIARI
PRINCIPI
La nostra Carta costituzionale all’art. 1 recita “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Il lavoro era visto dai costituenti come elemento fondante dell’intera comunità perché con il lavoro ciascun uomo si realizza, sviluppa e tutela la propria dignità e contribuisce al benessere di tutta la comunità. Diversi sono gli articoli dedicati dalla Carta al tema del lavoro, in particolare l’art. 36 che prevede il diritto ad una retribuzione commisurata alla quantità e qualità del lavoro svolti, purché sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa. E’ alquanto evidente che le politiche poste in essere in questi anni con l’introduzione del Jobs Act non vanno in questa direzione rendendo il lavoro sempre più precario senza risolvere, tra l’altro, il problema della disoccupazione. Il tema del lavoro non può però essere declinato senza affrontare le problematiche relative allo sviluppo creato dalle imprese, al riguardo la Carta Costituzionale è chiara, l’art.41 difatti recita “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. In un contesto come quello attuale, incentrato sulle teorie liberiste, è importante rilevare il ruolo necessario dello Stato capace di regolare il mercato in un ottica di benessere collettivo. In particolare bisogna ottimizzare la gestione delle risorse, sopratutto quelle naturali, avendo come punto di riferimento la tutela delle generazioni future.
SARDEGNA
Le politiche di austerità imposte dalla BCE e dalla Commissione Europea hanno sempre di più impoverito le persone denotando oltre a questo un problema di non poco conto: oggi le decisioni fondamentali per la vita delle persone vengono prese lontane dai territori interessati, così l’U.E. decide per gli Stati membri e lo Stato Centrale decide per le Regioni. Abbiamo, dunque bisogno di una amministrazione Regionale forte capace di rapportarsi con decisione con gli organismi centrali. La situazione in Sardegna è quanto mai drammatica con un elevato tasso di disoccupazione e con una probabilità di trovare lavoro per i più giovani quanto mai difficile. Purtroppo sono sempre di più i giovani che di fronte alle difficoltà crescenti abbandonano l’isola. Un sistema industriale completamente estraneo al contesto sardo basato sulle importazioni più che sulle esportazioni con industrie come la chimica, la petrolchimica, la produzione dell’alluminio che hanno portato disoccupazione e miseria lasciando tra l’altro l’ambiente circostante fortemente compromesso a causa dell’inquinamento. Oggi è una priorità procedere alle bonifiche, richiamandosi alla politica ambientale dell’Unione Europea con il principio del “chi inquina paga”. Gli operatori economici sono tenuti ad adottare misure preventive in caso di minaccia per l’ambiente. Qualora il danno si sia già verificato, essi sono obbligati ad adottare le misure adeguate per porvi rimedio e a sostenerne i costi. E’ necessario, dunque, ripensare un nuovo modello di sviluppo che debba essere sostenibile, ponendo al centro il rapporto ambientale che deve salvaguardare la salute e la qualità della vita. Come priorità è necessario puntare sull’agroalimentare, sul turismo, nell’economia del mare, investire nell’agricoltura e sulle energie rinnovabili, tutelando la piccola e media impresa.
IMPRESA
Il lavoro viene creato dalle imprese e a tal fine è opportuno avere un corretto approccio nell’intraprendere un’attività imprenditoriale che sia duratura e capace di creare sviluppo e occupazione. La fase iniziale (start up) è sicuramente la più difficile ed è opportuno affrontarla con un’adeguata dotazione di capitale proprio, consci che un forte indebitamento con bassa redditività, tipica di questa fase, amplifica le perdite. Ciò significa che si può fare ricorso ai finanziamenti esterni avendo una buona struttura del capitale, ovverosia un giusto equilibrio tra capitale proprio e capitale di terzi. E’ auspicabile un intervento pubblico sotto forma di incubatori di impresa, capace di predisporre un ambiente favorevole alla nascita dell’impresa fornendo servizi amministrativi volti a fronteggiare la burocrazia iniziale. L’amministrazione pubblica deve a tal fine velocizzare i tempi di erogazione dei contributi per evitare situazioni di illiquidità pericolosi per la vita aziendale.
AGROALIMENTARE
Considerato l’altissimo volume di importazioni che caratterizzano il settore agroalimentare della nostra regione che interessano i formaggi, la carne, le farine, la verdure, il pesce ecc. al punto che le importazioni vengono quantificate all’incirca nell’80% dei consumi, è doveroso programmare un aumento della nostra capacità produttiva che consenta, con una tempistica a tre – cinque anni, di far crescere la bilancia commerciale regionale a nostro vantaggio almeno del 20%, riportando almeno intorno al 40% la nostra capacità di autoproduzione dei prodotti destinati ai nostri consumi alimentari. Ma la produzione può crescere soprattutto con l’innovazione, migliorando la qualità dei prodotti e riuscendo a rendere permanenti e convenienti le filiere corte sul mercato locale. Capacità di produzione e innovazione significano anche recupero delle numerose, troppe, grandi superfici del territorio regionale oramai abbandonate, considerate marginali rispetto alla produzione agricola. L’aumento della produzione e della qualità del prodotto potranno utilmente consentire di esportare una parte della produzione nel mercato nazionale ed internazionale contribuendo quindi a dare nuovo slancio e capacità di attrazione alla terra e alla produzione di cibo di qualità.
TURISMO
E’ opportuno puntare su un modello alternativo, sulla destagionalizzazione, la combinazione di tempo libero, sport, vita all’aria aperta, beni culturali e paesaggio. Ovviamente questo implica adottare strategie innovative per intercettare una domanda dai connotati molto diversi rispetto al turismo tradizionale. L’ambiente favorisce questa opportunità, ma è necessario porre particolare attenzione sulla qualità compromessa da poca attenzione dei cittadini alla propria terra, alle infrastrutture e al livello dei servizi. L’opportunità turistica si combina quindi con altri fattori, ognuno dei quali va sviluppato in modo coordinato. Ci si riferisce ai beni culturali, al paesaggio, all’artigianato, al design e all’industria manifatturiera, quella che vorremmo, s’intende.
La cultura dell’isola affonda in radici lontane nel tempo che si è manifestata con artefatti estremamente originali e ricchi di significato, dalla civiltà nuragica a quella dei bronzetti. Segni tangibili e ricchi di mistero, basta pensare ai Giganti di Mont’e Prama che sono elementi di straordinaria attrattività, ma dovrebbero essere valorizzati in un’ottica di comunicazione, di messa a sistema nell’offerta culturale e di forme nuove di turismo culturale.
COMMERCIO
In Sardegna la situazione è preoccupante per l’eccessiva presenza della grande distribuzione. Uno studio del 2006 che analizzava l’anno 2004, sosteneva che la relazione “tra la superficie di vendita tra ipermercati e supermercati e la popolazione registra nell’isola la media più alta in Italia: in Sardegna 130,9 mq ogni mille abitanti, contro i 130,4 mq dell’Italia centrale e gli 87,4 mq del Nord Italia”. La situazione non è migliorata, anzi è peggiorata, con la continua richiesta di apertura di nuovi Centri Commerciali Artificiali. E’ opportuno ricordare che l’ordinamento comunitario impone l’affermarsi del regime concorrenziale in quanto esso consente una più efficiente ripartizione della ricchezza fra produttori e consumatori. In Sardegna, invece, si è venuto a creare un vero e proprio regime di oligopolio dove la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi operatori economici che hanno la possibilità di determinare unilateralmente il prezzo dei prodotti portando al collasso gli esercizi di minori dimensioni. Cosa si può fare dunque? E’ necessario incoraggiare la nascita di attività imprenditoriali che creino ricchezza nel nostro territorio, con poli commerciali che favoriscano la permanenza dei guadagni all’interno del territorio. Favorire la nascita dei Distretti del Commercio creando un modello di governance capace di racchiudere associazioni di categoria, Camera di Commercio e Amministrazioni locali che siano in grado di mettere in campo pianificazione strategica per dare risposte adeguate.
ECONOMIA DEL MARE
Il 93,2% dell’import-export (pari a 12 miliardi circa nel 2014) della Sardegna viaggia via mare, e al riguardo bisogna dire che l’importanza del Mediterraneo in questi anni è aumentata. I rapporti con i paesi del Nord Africa e Turchia hanno avuto un incremento del 75% . Il Mediterraneo attualmente è oggetto del 25% del traffico marittimo mondiale e questo dato dà il peso dell’opportunità di cui si parla. Si osserva che siamo di fronte ad un comparto con un mercato diretto e indotto significativo e che potrebbe aprire opportunità per la Sardegna. I numeri in gioco sono rilevanti: 200.000 mercantili con oltre 100.000 T di stazza, ma anche 2.000 traghetti,1.500 navi, 2.000 mezzi commerciali . L’opportunità si manifesta sia nel mercato diretto, ad esempio in attività di bunkeraggio, ma anche nell’indotto per la cantieristica , rimessaggio etc. che potrebbero aprire specifici spiragli di sviluppo per l’isola Investire nel settore marittimo e nei porti vuol dire generare un effetto moltiplicativo di ricchezza: secondo stime Confindustria, infatti, il moltiplicatore degli investimenti del trasporto marittimo dice che un euro investito nel trasporto marittimo ne genera complessivamente 253 nell’intera economia.
LA NUOVA ECONOMIA della SOLIDARIETA’ e l’applicazione del principio della SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE, con specifica attenzione alla gestione dei “beni comuni”
Particolare attenzione intendiamo rivolgere alla cd “nuova economia” che si basa sulla creazione di lavoro legato alla solidarietà e alla risposta ai bisogni dei cittadini, attraverso nuove forme di intervento, in realtà riscontrabili nella storia, per esempio alla nascita dei movimenti operai nei periodi dell’industrializzazione e proseguiti in forme diverse (welfare volontario, cooperazione, società di mutuo soccorso, etc) fino all’intervento massiccio dello Stato con il welfare pubblico. S’intende anche indagare sul rapporto tra l’applicazione del principio di sussidiarietà, con specifico riferimento a quella “orizzontale”, recepito dalla Costituzione attraverso l’art.118 e la gestione dei “beni comuni”, per quanto tale connubio possa consentire la creazione di opportunità di lavoro.
REDDITO DI CITTADINANZA
Si intende riflettere sulle diverse esperienze in atto in tema di “reddito di cittadinanza” nelle diverse accezioni e forme e sulle diverse proposte in campo per quanto possano essere attuate (anche precedute da adeguate serie sperimentazioni) nel nostro paese e, in particolare, della nostra Regione.
FINALITA’
Questo documento è stato redatto al fine di sensibilizzare la classe politica Sarda ad una maggiore attenzione sulla necessità di un adeguato cambio di passo possibile solo con la creazione di un nuovo modello di sviluppo. A tal fine si perseguiranno momenti di incontro con realtà aziendali che hanno dato dimostrazione di essere competitive e che possano essere da esempio per chi vuole intraprendere nuove iniziative. Siamo convinti che cambiare si può e non ci vogliamo arrendere al lento declino oggi imperante nella nostra terra. Crediamo che ci siano le condizioni per creare un futuro di prosperità capace di arginare il continuo emigrare dei nostri giovani. E’ un dovere che sentiamo nei confronti delle nuove generazioni convinti che per le battaglie giuste vale sempre la pena impegnarsi.
ALCUNE SCADENZE
Il Gruppo di Lavoro intende “costruire” entro il mese di settembre 2017 un importante Convegno che “riepiloghi” e “rilanci” il lavoro di indagine e riflessione dei mesi precedenti.
A tale rilevante scadenza si intende pervenire mediante un percorso a più tappe individuate nelle riunioni del Gruppo, tutte aperte e pubbliche e da singole iniziative di carattere specialistico rispetto alla tematica generale.
Il Gruppo di lavoro esprime un giudizio positivo e una conseguente grande aspettativa per l’iniziativa della 48a Settimana sociale dei cattolici italiani, che si terrà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017, sulla tematica espressa dal motto suggerito da Papa Francesco IL LAVORO CHE VOGLIAMO: LIBERO, CREATIVO, PARTECIPATIVO E SOLIDALE .
L’iniziativa sarà seguita dal Gruppo nella sua fase preparatoria e attuativa.
DOCUMENTAZIONE
Sul rapporto tra sviluppo della tecnologia e lavoro si veda il saggio-breve di Fernando Codonesu, pubblicato di recente su Democraziaoggi e Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=66832.
Efis. Oi tòrrada
Online altri servizi fotografici di Renato d’Ascanio Ticca, sulla sua pagina fb:
– La processione - prima parte.
- La processione, ancora foto. Altre foto, sistemate in album, nei prossimi giorni.