Monthly Archives: aprile 2017
Sa die desaparecida
Sa die de Sa Sardigna desparecida sui siti web della Regione Sarda [oggi, domenica 23 aprile 2017] A cinque giorni dalla celebrazione della Festa dei Sardi (venerdì 28 aprile 2017)
- La legge regionale che istituisce Sa die.
Dicevamo il 21 aprile 2016, un anno fa…
Oggi domenica 23 aprile 2017
È la sostenibilità (e non l’indipendentismo) il concetto chiave per una nuova proposta politica in Sardegna
Vito Biolchini su vitobiolchini.it
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Verso il 25 Aprile all’insegna della Costituzione
di Gianna Lai, Presidente ANPI Cagliari
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SOCIETÀ E POLITICA »TEMI E PRINCIPI» DE HOMINE
Il Priore, indigeribile ieri come oggi
di LUIGI PICCIONI, su eddyburg.
Dall’autore di questo scritto abbiamo ricevuto una lettera privata, che gli abbiamo chiesto di tradurre in un testo pubblicabile per i nostri lettori. lo dovevamo alla stima che abbiamo per Luigi e al rispetto che abbiamo per il Priore la cui figura egli giustamente difende. 23 aprile 2017
“Sardegna: Costituzione, Statuto speciale, Sovranità popolare”
In occasione della Festa dei Sardi
Sa die de Sa Sardigna
Venerdì 28 aprile 2017
“Sardegna: Costituzione, Statuto speciale, Sovranità popolare”
Tavola rotonda – Dibattito
promossa dal Comitato d’Iniziativa Costituzionale e Statutaria
Venerdì 28 aprile 2017, dalle ore 17, presso la Fondazione di Sardegna, via San Salvatore da Horta 2, Cagliari
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Con la partecipazione di Tore Cherchi, Tonino Dessì, Cristiano Erriu, Paolo Maninchedda, Giacomo Meloni, Andrea Pubusa.
Coordina Ottavio Olita
Sa die de Sa Sardigna desparecida
Sa die de Sa Sardigna desparecida sui siti web della Regione Sarda [22 aprile 2017] A sei giorni dalla celebrazione della Festa dei Sardi (venerdì 28 aprile 2017)
- La legge regionale che istituisce Sa die.
Dicevamo il 21 aprile 2016, un anno fa…
Terra
OPINIONI »OPINIONISTI»
Il nemico siamo noi
di Giorgio Nebbia su eddyburg
Quasi ogni giorno, nel mondo, si celebra una qualche “giornata” di qualche cosa: dell’ambiente, degli oceani, dell’alimentazione, della biodiversità, per non citare le giornate dei nonni, delle mamme… (segue)
Quasi ogni giorno, nel mondo, si celebra una qualche “giornata” di qualche cosa: dell’ambiente, degli oceani, dell’alimentazione, della biodiversità, per non citare le giornate dei nonni, delle mamme, eccetera. Ogni volta è una occasione per qualche manifestazione o congresso o festa, spesso di natura esibizionistica e consumistica: spese e regali.
Quella che si ricorda il 22 aprile è una giornata particolare, dedicata “alla Terra”, al nostro pianeta, lanciata quasi mezzo secolo fa, nel 1970. Il decennio precedente, i favolosi anni sessanta del Novecento, erano stati pieni di speranze e di contraddizioni: gli anni del Concilio Vaticano II e della crisi dei missili a Cuba, gli anni delle lotte dei “negri” americani per la integrazione e quelli degli assassinii di John Kennedy nel 1963 e di Martin Luther King e Robert Kennedy nel 1968, gli anni delle lotte operaie e studentesche per nuovi diritti, gli anni della guerra del Vietnam e dei devastanti esperimenti con bombe nucleari sempre più potenti, e gli anni della conquista dello spazio.
La Terra, fotografata per la prima volta dagli astronauti dallo spazio, era apparsa nella sua bellezza e fragilità, una palla di rocce e foreste e acque, nostra unica casa nell’Universo conosciuto.
In quella primavera il mondo “scoprì” l’ecologia: questa austera disciplina, definita dal biologo tedesco Haeckel, nel 1866, come l’economia della natura, si era sviluppata nel silenzio dei laboratori come scienza capace di spiegare che la vita vegetale e animale dipende dalle sostanze chimiche tratte dall’aria, acqua, e suolo, cioè dall’ambiente; negli anni trenta del Novecento un gruppo di studiosi italiani, russi, americani, avevano spiegato che in un ambente di dimensioni limitate, come appunto la Terra, la limitata disponibilità di risorse naturali rallenta la crescita delle popolazioni e può portare al loro declino.
Vincoli alla crescita che si manifestavano anche per gli affari umani a causa dell’impoverimento delle riserve di minerali e della fertilità dei suoli in seguito all’eccessivo sfruttamento imposto dalla società dei consumi.
L’ecologia apparve come lo strumento per comprendere che, nel nome del profitto, pochi paesi si appropriavano, per trarne materie prime e per scaricarvi i rifiuti, di risorse naturali che non erano “loro”, ma che erano beni comuni. Considerazioni che mettevano in discussione il sacro principio della proprietà privata, introducevano parole maledette come limiti alla crescita.
L’ecologia, in quel 1970, divenne così la bandiera di una nuova contestazione del potere economico e militare, della violenza della società dei rifiuti, degli sprechi e delle armi, le merci oscene, con la richiesta di nuovi diritti, di nuovi modi e processi di produzione in grado di inquinare e alterare di meno l’ambiente, che tenessero conto anche della domanda delle classi e dei popoli poveri ed esclusi.
Anche l’Italia scoprì l’ecologia. Proprio il 22 aprile si tenne a Milano un congresso internazionale col titolo “L’uomo e l’ambiente”, lo stesso che sarebbe stato adottato, due anni dopo, dalla Conferenza delle Nazioni Unite che si tenne a Stoccolma.
Gli italiani cominciarono a guardarsi intorno e a riconoscere la violenza ecologica nelle valli disastrate, esposte al diboscamento e origine delle frane e alluvioni che si stavano verificando dai tempi del Polesine, in Calabria, a Firenze nel 1966. Hanno imparato a riconoscere i segni degli inquinamenti dovuti alle centrali a carbone e a olio combustibile, alla corrosione dei monumenti, ai rifiuti sparsi dovunque. Gli agricoltori hanno imparato a fare i conti con i pesticidi tossici e con la perdita di fertilità a causa dell’eccessivo sfruttamento dei suoli.
Anche in Italia comparvero le parole maledette: limite nei consumi, decrescita; i mondo imprenditoriale e benpensante reagì subito con energia contro questi ecologisti che, secondo loro, volevano far tornare il mondo ai tempi delle candele; erano loro, gli imprenditori, capaci di eliminare gli inquinamenti con depuratori e filtri, purché non si mettesse in discussione la divinità dell’economia, il dovere di far crescere il Prodotto Interno Lordo; Beckerman, un celebre economista inglese, affermò con fermezza che solo la crescita economica avrebbe potuto rendere l’ambiente migliore.
La consapevolezza dei limiti delle risorse naturali contagiò anche i popoli del terzo mondo le cui ricchezze minerarie, agricole e forestali erano sfruttate selvaggiamente dalle multinazionali straniere; nacquero così le prime rivendicazioni dei popoli per il controllo delle “proprie” materie prime, il petrolio in Libia e in Persia, il rame nel Cile, i metalli nel Congo, i fosfati nell’Africa occidentale.
La carica sovversiva di quella primavera dell’ecologia fu ben presto stemperata dagli eventi successivi: le crisi economiche, il breve boom economico degli anni Ottanta, la fine dell’Unione Sovietica, la nascita delle nuove potenze economiche Cina e India, infine la crisi degli inizi del XXI secolo. La promessa di un magico “sviluppo sostenibile” nel frattempo assicurava che con soluzioni tecniche sarebbe stato possibile avere un ambiente decente “purché” continuasse la crescita dei soldi e degli affari, cioè delle vere fonti delle crisi ecologiche.
Oggi esistono quasi dovunque ministri dell’ambiente di governi che hanno come imperativo la crescita economica, la moltiplicazione delle armi, l’allentamento dei vincoli ecologici. Le conseguenze si vedono; in Italia la crescita (quella si) della concentrazione di polveri nell’aria urbana, le fabbriche che chiudono per la concorrenza di paesi che possono esportare merci a basso prezzo ottenute con produzioni inquinanti, montagne di rifiuti, frane e alluvioni e, soprattutto, a livello planetario, inarrestabili peggioramenti climatici derivanti all’immissione nell’atmosfera dei gas liberati dalle crescenti produzioni e dai consumi.
In occasione della giornata della Terra del 1970 nelle strade di New York comparvero dei manifesti in cui uno sconsolato Pogo, un personaggio dei fumetti sotto forma di opossum antropizzato, raccoglieva i rifiuti lasciati da una manifestazione ecologica ed esclamava: “Ho scoperto il nemico e siamo noi”.
Adesso sapete con chi prendervela se dovete fare in conti con i danni delle siccità e alluvioni, della congestione urbana e dell’erosione delle coste, con prezzi in aumento e con la disoccupazione.
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- Sito dedicato.
Questo articolo è inviato contemporaneamente a il manifesto
Oggi sabato 22 aprile 2017
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L’ANPI lancia un appello unitario e reagisce alla vergognosa offensiva sul 25 aprile
Red su Democraziaoggi.
APPELLO DELL’ANPI PER IL 25 APRILE
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SOCIETÀ E POLITICA »MAESTRI»
Chi è stato davvero don Lorenzo Milani
di Silvia Ronchey su La Repubblica, ripreso da eddyburg.
La pubblicazione dell’opera omnia è l’occasione per ricordare la pienezza della sua vita di uomo e di sacerdote e le ragioni per cui i potenti e gli sciacalli si accaniscono contro la sua figura. articoli di S.Ronchey e F. Ruozzi. la Repubblica, 21 aprile 2017
Sa die de Sa Sardigna desparecida nei siti web della Regione Sarda
[21 aprile 2017] A sette giorni dalla celebrazione della Festa dei Sardi (venerdì 28 aprile 2017)
- La legge regionale che istituisce Sa die.
Dicevamo il 21 aprile 2016, esattamente un anno fa…
(…) Guardate come stanno trattando la festa dei sardi, Sa die de Sardigna. Sarebbero contenti che non fosse mai stata istituita. E siccome non la possono ignorare perchè è legge della Regione, ne hanno fatto un adempimento senza anima e privo di qualsiasi capacità mobilitatrice di entusiasmo e amor patrio (per la nostra patria Sardegna). (…) La verità è che a questa festa, loro, gli amministratori regionali, vogliono togliere qualsiasi potenziale eversivo, paventando che mostri agli occhi di tutti la loro carenza di sardità, a cui peraltro essi poco tengono e che solleciti pericolose spinte indipendentiste o financo autonomiste, visto che anche l’autonomia vogliono distruggere. Cercate nel sito web della Regione altre tracce della festa, digitate “Sa die de sa Sardigna” o “Sa die de sa Sardinia” o, semplicemente “Sa die” nel relativo “motore di ricerca”. Troverete solo iniziative datate. Che fastidio! Ma almeno mostrano tempi migliori degli attuali. E, allora, ci chiediamo: possiamo ulteriormente tollerare questa situazione? Crediamo proprio di no! Infatti ci battiamo per contrastarla, soprattutto sul piano dell’iniziativa intellettuale, della critica e della proposta politica. Per quanto riguarda Sa die, meno male che fioriscono iniziative spontanee, che si affiancano a quelle organizzate dal Comitato che fa capo alla Fondazione Sardinia e tante altre, specie promosse dalle associazioni dei sardi fuori Sardegna.
Cagliari si mobilita per Gabriele Del Grande
In accordo/collegamento con la Redazione de il manifesto sardo.
Cagliari si mobilita per la liberazione del giornalista e regista Gabriele Del Grande, detenuto in Turchia senza aver commesso alcun reato e senza poter ricevere assistenza legale. Domani, Sabato 22 aprile 2017 alle ore 18.30 nel Centro di quartiere La Bottega dei Sogni in Piazzetta Savoia n°4, quartiere Marina a Cagliari oltre 40 associazioni e personalità del mondo della cultura che hanno aderito alla campagna di sostegno #FreeGabriele, hanno convocato una assemblea pubblica e aperta a tutte le organizzazioni e le persone sensibili ai diritti umani e civili.
L’assemblea sarà coordinata dalla giornalista di Sardinia Post Francesca Mulas e interverranno Monica Mureddu, di Sardinia Innovation, in collegamento telefonico da Roma con la giornalista Rachele Masci, di Io sto con la sposa e Antonello Pabis, attivista dell’associazione sarda contro l’emarginazione. L’appello delle organizzazioni: “Chiediamo alle autorità italiane di far pressione presso le autorità turche perché rilascino Gabriele Del Grande quanto prima, e che immediatamente gli vengano garantiti i diritti minimi quali: il colloquio con un avvocato, l’incontro con autorità consolare, la possibilità di telefonare, la ragione del fermo e il tempo del trattenimento con la data prevista per l’espulsione”.
Chiunque voglia aderire all’appello può scrivere sulla pagina Facebook FreeGabriele – Cagliari e sull’eventoFacebook dell’assemblea. Aderiscono alla mobilitazione: Sardinia Innovation, AssociazioneEfys Onlus, Africasardegna, CO.SA.S., Progettoraru, Associazione Luna Scarlatta, Laboratorioventotto, ASARP, Cooperativa Il Giardino di Clara – Studio editoriale Typos, Il manifesto sardo, Comunità La Collina, Altrove, Sa Babbaiola Arrubia, La Campagna LasciateCIEntrare, Associazione Antonio Gramsci Cagliari, gruppo di Cagliari di Refugees Welcome Italia, ASCE, Circolo Sergio Atzeni, Associazione Pasolini, Associazione Mezcla Intercultura, Cooperativa sociale La Carovana, Off-Lab Officina Laboratorio Villacidro, Pensamentus, Bar Florio, Lamerti, Io sono di Orani se…., Graziano Origa, Marco Veloce, Clara Murtas, CIDI di Cagliari, Presidio Piazzale Trento, Quotidiano online Africa ExPress.info, Associazione Sunugaal, Aderiscono anche l’Associazione Amicizia Sardegna Palestina, movimento BDS Sardegna, Associazione Cooperazione e Confronto, SPRAR San gavino Humanitas, SPRAR Accoglienza Metropolitana – Città Metropolitana di Cagliari, Soc. Coop. Recherche, Aladinews, Osservatorio dei Beni Comuni della Sardegna, Is Piccioccus de Palabanda Circolo culturale.
Info iniziative su Beni Comuni e dintorni
GLI APPUNTAMENTI NOTIZIE
Urbanistica contemporanea: a Milano “Città bene comune”, un ciclo di incontri per riflettere sul tema.
di Federica Gogosi su LabSus
Si parte martedì 2 maggio 2017 alle ore 18:00 con il primo incontro dove al tavolo dei relatori siederanno Ivan Blečić e Arnaldo Cecchini – rispettivamente professore associato di Estimo e valutazione dell’Università degli Studi di Cagliari e professore ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica dell’Università degli Studi di Sassari – che nel 2016 hanno pubblicato, per i tipi di FrancoAngeli, Verso una pianificazione antifragile. Come pensare al futuro senza prevederlo, un libro che a partire dalla nozione di “antifragilità” immagina un’urbanistica non solo realmente efficace nel governare le trasformazioni urbane e territoriali, ma anche capace di «costruire le condizioni per evitare iniquità e bruttezza e favorire il diritto alla città». Animeranno la discussione: Corinna Morandi, professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano, Maurizio Tira, professore ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica nonché Rettore dell’Università degli Studi di Brescia, e Andrea Villani, direttore del Centro Studi Piano Intercomunale Milanese e docente di Economia urbana all’Università Cattolica di Milano. IL PROGRAMMA.
Verso Sa die de Sa Sardigna. Punta de billete per il convegno “Sardegna: Costituzione, Statuto speciale, Sovranità popolare”
Venerdì 28 aprile presso la Fondazione di Sardegna, ore 17-20, via San Salvatore da Horta 2, Cagliari
Tavola rotonda – Dibattito, promossa dal Comitato di intervento costituzionale e statutario, sul tema “Sardegna: Costituzione, Statuto speciale, Sovranità popolare”
Oggi venerdì 21 aprile 2017
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Roma, la Corte dei Conti dalla parte della società civile: non c’è danno erariale.
Redazione Labsus – 20 aprile 2017, su LabSus.
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25 Aprile: il PD e la sua astiosa azione contro l’ANPI
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
LavoroCheFare? Documentiamoci
L’OCCUPAZIONE CREATIVA COME RISPOSTA ALL’AUTOMAZIONE: IL PIANO D’AZIONE DI NESTA
Pubblicato il 17/04/2017 su Il Giornale delle Fondazioni
di Valentina Montalto *
Un nuovo studio della fondazione inglese Nesta www.nesta.org.uk sul rapporto tra l’economica creativa e il futuro dell’occupazione nell’era dello sviluppo tecnologico, oltre alla diagnosi e alle prospettive, propone cinque concrete linee di azione per il paese, molto con l’obiettivo di creare un milione di nuovi posti di lavoro creativi entro il 2030, che vanno dallo sviluppo di un sistema educativo multidisciplinare (STEAM), alla creazione di nuovi fondi per sviluppare cluster creativi e per sviluppare di contenuti e servizi digitali innovativi, a nuovi strumenti di finanziamento come il venture capital da parte di organizzazioni come l’Arts Council England, Creative Scotland e il British Film Institute (BFI) al fine di investire in progetti altamente innovativi e attirare ulteriori fondi per l’arte, alla creazione di una lotteria nazionale a sostegno dell’industria dei video giochi.
Creare più occupazione creativa per contrastare il calo di produttività dell’economia tradizionale, favorire così la crescita di un’economia ad alto valore aggiunto e a basso rischio di automazione: è quanto il centro inglese di ricerca e innovazione Nesta propone nel documento “The Creative Economy and the Future of Employment”[1].
Con la lucidità e la chiarezza che lo contraddistingue, Nesta tratta una delle questioni cruciali dell’economia contemporanea, ossia il dilemma di conciliare innovazione e occupazione facendo fronte ai rischi della robotizzazione, cogliendone le opportunità abiltanti.
Di questo tema se ne parla incessantemente negli ultimi anni. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), per esempio, ha avviato il progetto di ricerca Future of Work[2] per studiare le implicazioni della digitalizzazione; McKinsey lo scorso luglio ha pubblicato uno studio sulle occupazioni a più alto rischio di computerizzazione[3], mentre la Commissione Europea lavora a diversi studi e strategie per formare la forza lavoro del futuro[4].
Nesta ha il merito di focalizzare l’attenzione sulle potenzialità dei settori creativi come risposta a un mercato del lavoro in trasformazione, con numerosi dati alla mano, frutto di anni di ricerche.
Nel Regno Unito l’economia creativa genera più di 2,8 milioni di posti di lavoro. 2 milioni di questi lavori sono in occupazioni creative – dai professionisti della pubblicità ai programmatori, dagli attori agli sviluppatori di video giochi – che sono altamente qualificate, competenti e promotrici di innovazione[5].
Si tratta di professioni che non solo contribuiscono allo sviluppo di un’economia nazionale ad alto valore aggiunto e innovativa, ma che possono evitare la perdita di posti di lavoro sostituiti dalle macchine. Nello studio “Creativity vs. Robots”, Nesta mostra infatti che la creatività è inversamente proporzionale all’innovazione tecncologica: l’87 per cento dei lavori altamente creativi sono a basso o zero rischio di automazione, rispetto al 40 per cento di lavori nell’economia nazionale.
Questi risultati non dovrebbero sorprendere: è evidente che le macchine possono emulare gli esseri umani solo nel caso di azioni ripetitive, il cui risultato finale è chiaro e programmabile fin dall’inizio. Diverso è il caso di compiti che richiedono capacità di comprensione, adattamento e innovazione – elemento che contraddistingue la maggior parte delle occupazioni creative.
Ma c’è di più. Investire in occupazione creativa non solo potrebbe contribuire alla ripresa economica, ma potrebbe favorire lo sviluppo di una società – almeno in parte – più appagata. Un altro studio svolto per conto di Nesta[6] spiega infatti che le occupazioni creative si caratterizzano per un più alto livello di soddisfazione, di senso di utilità e di felicità rispetto alla media. Si tratta però anche di occupazioni con più elevati livelli di ansia. I maggiori livelli di benessere sono associati ai lavori artistici, di artigianato e design mentre i lavori nei settori della pubblicità, film, TV e radio, editoria e IT sono associati a più bassi livelli di benessere.
Nesta propone cinque azioni, molto concrete, con l’obiettivo di creare un milione di nuovi posti di lavoro creativi entro il 2030, che vanno dallo sviluppo di un (1) sistema educativo multidisciplinare che combini discipline scientifiche e artistiche la cui necessità è stata recentemente ribadita dal Ministro inglese al Digitale e alla Cultura[7], alla creazione di (2 e 3) due nuovi fondi (uno per sviluppare cluster creativi al di fuori di Londra secondo una logica “redistributiva”, e un secondo per supportare lo sviluppo di contenuti e servizi digitali innovativi), all’utilizzo di (4) nuovi schemi di finanziamento come il venture capital da parte di organizzazioni come l’Arts Council England, Creative Scotland e il British Film Institute (BFI) al fine di investire in progetti altamente innovativi e attirare ulteriori fondi per l’arte, alla creazione di una (5) lotteria nazionale a sostegno dell’industria dei video giochi.
* Valentina Montalto è una ricercatrice specializzata in economia della cultura e sviluppo locale. Attualmente lavora allo sviluppo del “Cultural and Creative Cities Monitor” (C3 Monitor) – uno strumento di valutazione che permette di monitorare e comparare la performance di circa 170 città culturali e creative in 30 paesi europei – presso il Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea. In precedenza, ha lavorato come project manager/ricercatrice senior con KEA, società di ricerca e consulenza nel settore della cultura e delle industrie creative con sede a Bruxelles.
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[1] Bahkshi and Windsor (2015) ‘The Creative Economy and the Future of Employment.’ London: Nesta. Link: https://www.nesta.org.uk/sites/default/files/the_creative_economy_and_th…
[2] http://www.oecd.org/employment/future-of-work.htm
[3] McKinsey (2016) ‘Where machines could replace humans—and where they can’t (yet).’ Link: http://www.mckinsey.com/business-functions/digital-mckinsey/our-insights…
[4] Strategia su competenze e lavoro: https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/skills-jobs; EPSC (2016) ‘The Future of Work – Skills and Resilience for a World of Change. Link: http://ec.europa.eu/epsc/publications/strategic-notes/future-work_en
[5] DCMS (2016)‚ Creative Industries: Focus on Employment.’ Link: https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/fil…
[6] Fujiwara, Dolan and Lawton (2015) ‘Creative Occupations and Subjective Wellbeing.’ London: Nesta. Link: https://www.nesta.org.uk/sites/default/files/creative_employment_and_sub…
[7] https://www.gov.uk/government/speeches/matt-hancocks-speech-at-the-launc…
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Salviamo il Pianeta
di MARCO TEDESCO su eddyburg
«Domani si celebra la Giornata della Terra “E noi scienziati saremo in piazza contro Trump” spiega Marco Tedesco, glaciologo a New York», intervistato da Federico Rampini. la Repubblica, 21 aprile 2017
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RA noi c’è chi reagisce mobilitandosi. Chi cerca nuovi canali di comunicazione con l’opinione pubblica. E chi rimane paralizzato». Così lo scienziato italiano Marco Tedesco riassume i tanti impatti di Donald Trump sui ricercatori che si occupano di cambiamento climatico. Esperto della Nasa, docente alla Columbia University di New York nello Earth Institute (uno dei più importanti poli mondiali di scienze ambientali), Tedesco ha acquisito la sua fama negli Stati Uniti per esplorazioni e ricerche che spaziano dalla Groenlandia all’Antartide all’Himalaya. Tutte hanno in comune lo stesso tema: il cambiamento climatico. Sabato sfilerà nella manifestazione di New York, con partenza a Central Park.
Questo è il primo Earth Day nell’èra Trump, il presidente che nega la scienza dell’ambiente. Come reagisce la comunità scientifica?
«Molti fra noi si danno da fare per proteggere dati preziosi che sono minacciati, per difendere la ricerca, e i diritti civili degli scienziati. C’è una corrente che esplora anche nuove strategie di comunicazione con l’opinione pubblica: per far capire che facciamo davvero scienza, e su questa base vogliamo dialogare anche con chi ha posizioni politiche o culturali ostili. Tra i più impauriti ci sono tanti giovani, per esempio dottorandi: nell’attesa di ciò che può succedere temono di vedersi chiudere le prospettive, i progetti su cui volevano costruire una vita di ricerche».
Quanto pesa l’aspetto economico, il taglio dei fondi?
«Il problema maggiore è l’incertezza. E non mi riferisco all’incertezza nei modelli matematici sul cambiamento climatico: con quella siamo attrezzati a misurarci… Di fronte alla mannaia dei tagli alla ricerca è come se fossimo su una spiaggia dove sta arrivando lo tsunami, ma senza vie di fuga e senza conoscere l’altezza dell’onda. È bloccata la National Science Foundation, la più grossa agenzia federale che finanzia la ricerca pura, non può selezionare progetti perché non sa quali risorse avrà. Dalla Nasa all’Ente oceanografico e atmosferico, si tagliano anche i satelliti del meteo. Vuol dire creare dei buchi di conoscenza, generare lacune, interrompere la copertura satellitare del pianeta da cui dipendono le serie temporali sul clima. Possono essere rovinati 40 anni di dati sulle emissioni carboniche ».
In America c’è una robusta tradizione di mecenatismo privato, non potrebbero intervenire gli imprenditori ambientalisti, rimediare di tasca loro?
«Possibile ma poco probabile. Il pubblico e il privato hanno ruoli diversi: è lo Stato che sostiene la ricerca di base, mentre le imprese preferiscono quella applicata che ha ricadute commerciali. E la comunità scientifica che seleziona i progetti a cui dare finanziamenti federali, ha i criteri più rigorosi».
Quanto danno può fare l’Amministrazione Trump all’ambiente in cui viviamo?
«Tanto, troppo. Anche l’aggiunta di una quantità relativamente limitata di CO2 rispetto agli scenari precedenti, può scatenare reazioni del clima i cui effetti si sentiranno molto a lungo. I processi di cambiamento climatico oltre una certa soglia raggiungono il punto di non ritorno, diventano incontrollabili. E lui sta accumulando decisioni dannose: dal via libera agli oleodotti, alla deregulation che elimina restrizioni sulle emissioni di centrali elettriche o automobili. Tutto questo aumenterà il fattore di stress sul pianeta. Va ricordato che con Barack Obama eravamo sulla buona strada, sì, ma non sulla strada ottimale. Vedo anche un altro attacco alla scienza: il tentativo di creare delle task-force cosiddette indipendenti, per mettere sotto controllo la comunità dei ricercatori. È un progetto che vuole spostare i finanziamenti verso think tank legate alle lobby del petrolio. Un’altra minaccia: la fuga in avanti verso la geo-ingegneria, il tentativo di manipolare il clima, con progetti controversi come il lancio di solfati che raffreddino l’atmosfera. Esperimenti pieni d’incognite, di pericoli, di conseguenze inattese».
Le sue ricerche sul campo la portano a vivere per mesi ogni anno alle latitudini più estreme, le zone ghiacciate del pianeta dove spesso gli effetti del cambiamento climatico sono allo stadio più esacerbato. Che conclusioni ne trae?
«È un susseguirsi di campanelli d’allarme, dall’Artico alla Groenlandia continuano ad esserci record battuti. Il permafrost, lo scioglimento delle nevi, i ghiacciai marini, le correnti nei fiordi, è tutto un sistema che ci sta dicendo quanto è avanzato l’impatto del cambiamento climatico »
Verso la trecentosessantunesima sagra di Sant’Efisio
El Llibre i la Ciutat
- Vida, martiriu e morte de Sant’Effisiu.
Ne parlammo il 30 aprile dello scorso anno in una iniziativa promossa da Associazione Stampaxi ora Circolo culturale de Is piccioccus de Palabanda.