Monthly Archives: dicembre 2016

Che cosa è “Vivaldi”? Vivaio Acustico delle Lingue e dei Dialetti d’Italia. Un utile strumento anche per la tutela, la valorizzazione e la diffusione della Lingua Sarda

vivaldi_logoVivaio Acustico delle Lingue e dei Dialetti d’Italia
Humboldt-Universität zu Berlin
Che cosa è “Vivaldi”?

CARTINA LINGUIST SARDEGNALa geografia linguistica romanza vanta una tradizione ultracentenaria. Finora, però, i dati generalmente accessibili si presentavano quasi esclusivamente come materiale cartaceo. Ad esclusione di un certo numero di dischi fonografici (soprattutto per i dialetti italiani), che tuttavia presentano notevoli difetti (in parte scarsa qualità d’incisione, logoramento, ma soprattutto ridotta capienza), non si può parlare finora della presenza di un vero e proprio materiale linguistico accessibile a tutti per l’utilizzo nella ricerca o nell’insegnamento universitario.
- Un’eccezione fa l’Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi (ALD), pubblicato nel 1998. Oltre a 4 volumi di cartine e 3 volumi di indice, esso fornisce 3 CD-ROM contenenti l’intero materiale acustico delle 21 località centroladine dell’atlante.
- L’idea di un atlante linguistico acustico delle regioni d’Italia è nata in seno all’ALD: gli ideatori di VIVALDI sono Roland Bauer, il primo responsabile dell’elaborazione elettronica dei dati dell’ALD a Salisburgo, e Dieter Kattenbusch, realizzatore delle registrazioni per l’ALD nei paesi centroladini tra il 1985/86. La trasformazione del materiale dati in una presentazione informatica interattiva è opera di Carola Köhler, Marcel Lucas Müller e Fabio Tosques.

VIVALDI (= VIVaio Acustico delle Lingue e dei Dialetti d’Italia) si pone i seguenti obiettivi:

Raccolta dei dati dialettali attuali in tutte le regioni d’Italia,
Uso dei moderni mezzi tecnologici (Internet, DVD) per la presentazione contesto-sensitiva di dati visivi e sonori,
Proposte di trascrizione,
quindi
Possibile confronto dei dati attuali con quelli dell’AIS (Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale) e dell’ALI (Atlante linguistico italiano),
Possibile utilizzo nell’insegnamento,
A lunga scadenza, documentazione coprente tutto il paesaggio dialettale italiano.
Vivaldi – Vivaio Acustico delle Lingue e dei Dialetti d’Italia © 1998-2016Humboldt-Universität Berlin, Institut für Romanistik. Ultimo aggiornamento: 31.05.2016. Tutte le indicazioni sono provvisorie. Quanto ai links: la responsabilità è da parte dei rispettivi autori.
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sardegna vivaldi- VIVaio Acustico delle Lingue e dei Dialetti d’Italia – Sardegna.
- Ricerca sulla lingua sarda, sue varianti e altre lingue e dialetti parlati in Sardegna.
- – La fonetica.

La Cultura ci salverà

pensa toreCome affrontare la situazione sarda? Investiamo in e sulla Cultura, a partire dall’istruzione e dall’educazione
di Franco Meloni*

“La Cultura ci salverà”: salverà il Mondo, l’Europa, l’Italia, la Sardegna, le nostre città e i nostri paesi… Non automaticamente, certo, ma se ci crediamo e se ci impegneremo come persone e organizzazioni, a tutti i livelli, questa affermazione potrà/dovrà tradursi in opere e pensieri davvero salvifici. Ma cos’è la Cultura? Per i ragionamenti che seguiranno possiamo accontentarci di una sintetica e pertanto riduttiva definizione: “insieme di conoscenze e di pratiche acquisite che vengono trasmesse di generazione in generazione e che ovviamente si accrescono nel tempo”. La nostra riflessione sulla Cultura qui attiene soprattutto alla sua componente fondamentale “istruzione/educazione”, riferita alla situazione sarda. In questa direzione: se è vero che vogliamo che la Cultura e in essa la sua componente essenziale dell’istruzione/educazione possano operare per dare sviluppo e benessere alla Sardegna dobbiamo innanzitutto prendere atto della situazione e attrezzarci per migliorarla, riconoscendo evidentemente quanto di buono già si fa.
I pochi dati esposti nelle tabellle sotto riportate sono sufficienti a dare conto della situazione dell’istruzione in Sardegna confrontati con i dati complessivi dell’Italia. Ci accorgiamo che i valori sono complessivamente bassi in Italia, e, ancora di più, in Sardegna, specie se confrontati con i dati dei più virtuosi paesi dell’Europa e del Mondo.
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cultura 2 NC
Mettiamo in evidenza come in Sardegna vi siano ben 300mila persone con la sola licenza elementare o con nessun titolo di studio (il 20,6% della popolazione presa in considerazione). Anche se il livello delle conoscenze non è misurato totalmente dai titoli formali, il dato è comunque significativo e pertanto preoccupante, considerato che comunque segnala l’inadeguatezza della preparazione delle persone rispetto alle esigenze delle attività lavorative e della vita associativa.

Se poi ci riferiamo in particolare ai giovani, è pertinente definire la situazione disastrosa. Al riguardo citiamo ancora una volta il Rapporto Crenos 2016, che afferma che il tasso di abbandono scolastico è tra i più elevanti in Italia, e la percentuale di giovani inattivi, in costante crescita. Nel 2014, il 29,6% dei ragazzi e il 17% delle ragazze in età 18-24 anni ha abbandonato gli studi e oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni (30,6 per i ragazzi e 24,7% per le ragazze) non studia e non lavora (i c.d. NEET – Not in Education, Employment and Training).

Giustamente i recenti rapporti Caritas sulle povertà hanno inserito questi giovani tra i nuovi poveri, segnalando la necessità di robusti interventi risolutivi. I quali, peraltro, sono chiaramente proposti da più parti, ma praticati in misura decisamente insufficiente. Tra gli interventi in corso di realizzazione è giusto ricordare per la Sardegna il Progetto Iscol@, l’efficacia del quale non è ancora possibile verificare.

Riteniamo utile a questo punto riepilogare dette proposte, che si articolano in sette ambiti di intervento (informando che provengono da operatori ed esperti dell’ambito Caritas, Cnos-Fap dei Salesiani e della pastorale giovanile Cei, che per i Neet si avvalgono delle elaborazioni del prof. Dario Nicoli, docente di sociologia dell’Università Cattolica di Brescia).
1. Lavoro e inserimento lavorativo:
- attivare, anche attraverso incentivi economici, percorsi di inserimento lavorativo, attraverso l’avviamento d’impresa ed esperienze formative e lavorative;
- rilanciare l’istituto dell’apprendistato, in raccordo con il sistema delle imprese e i centri di formazione professionale.
2. Formazione professionale:
- prevedere un uso integrato degli strumenti disponibili: tirocini, voucher, alternanza scuola-lavoro, apprendistato, ecc., per puntate alla crescita personale e professionale;
- sostenere la partecipazione ai corsi Iefp (istruzione e formazione professionale), finalizzati al conseguimento di qualifiche spendibili a livello nazionale e comunitario.
3. Scuola-educazione:
- fare in modo che la formazione scolastica sia più aderente alle necessità del mondo del lavoro, trasmettendo la cultura positiva del lavoro;
- costruire percorsi educativi, formali e informali, di aggiornamento a tutoraggio, con attenzione alle esigenze dei giovani in condizione di povertà o disagio sociale.
4. Orientamento, accompagnamento e tutoraggio:
- avviare azioni di orientamento già a partire dalla scuola media, tramite metodologie e strategie attive di orientamento professionale;
- rivolgere attenzione particolare ai territori maggiormente trascurati da progettualità investimenti, garantendo relazioni positive con genitori e famiglie.
5. Cultura, risorse e territorio:
- valorizzare la presenza dei luoghi positivi di aggregazione (oratori, istituzioni di istruzione e formazione professionale, scuole popolari, associazioni, società sportive, ecc.);
- sviluppare reti territoriali tra soggetti del sistema educativo e del sistema economico, integrando politiche di istruzione, formazione e lavoro.
6. Attenzione – supporto alla persona:
- progettare interventi personalizzati di recupero dei Neet in prospettiva educativa, puntanti sulla ripresa dell’iniziativa e dell’intraprendenza personale;
- favorire esperienze di abitazione-coabitazione autonoma o altre soluzioni di “sgancio” dalla famiglia di origine, anche prevedendo forme di alleanza tra giovani.
7. Welfare – assistenza sociale:
- necessità di sostegno al reddito per favorire lo studio dei ragazzi in situazione di povertà economica;
- politiche per le famiglie, attraverso agevolazioni fiscali, borse di studio e sostegni per l’acquisto di testi o strumenti didattici.
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C’è molto da fare e le energie per intervenire non mancano: occorre organizzarle in una logica di solidarietà intergenerazionale.
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* Articolo pubblicato sul n. 23 del 25 dicembre 2016 del periodico Nuovo Cammino della Diocesi di Ales-Terralba.
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Marcia Pace 29 12 16
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libro scuola popolare is m

Oggi martedì 27 dicembre 2016

Auguri buone feste 16-17
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sardegna-dibattito-si-fa-carico-181x300La Sardegna dei nuovi indifferenti, che ha dimenticato la lezione di Gramsci
14 dicembre 2016 – Pronto intervento
Paolo Fadda su Sardinia Post.
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democraziaoggiSocialdemocrazia “appagata” e subalterna al liberismo
27 Dicembre 2016
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.

Ognuno ha imparato da Cristo, senza riuscire a ripetere la lezione, scordandola, balbettandola, contraddicendola nel momento della verifica. Proveniamo da una lunga tradizione che porta il suo nome e che ha dovuto molte volte scusarsi di averlo nominato invano

Vangelo-secondo-Matteo. GesùErri De Luca, intervista: “I politici non si approprino di Gesù, lui non voleva il potere per cui loro si dannano”
L’Huffington Post | di Nicola Mirenzi
25/12/2016

In principio, è una contraddizione: “Cristo è incompatibile coi poteri del mondo, con le ricchezze accumulate, con i privilegi”. Eppure, la celebrazione della sua nascita non procura scuotimenti. È un rito pacificato, assorbito dalla routine delle luci, degli alberi addobbati, delle offerte luccicanti di comete in vetrina: “Dall’imperatore Costantino in poi – racconta Erri De Luca all’Huffington Post – i poteri hanno liberamente interpretato il Cristo, censurando gli aspetti sconvenienti ai loro interessi. Lui non voleva il potere fasullo di un’ora di supremazia, di primato sugli altri, di acclamazione a furor di popolo. Non voleva quel potere per il quale si dannano i politici e i potenti di ogni età”.
Scrittore, laico, ex militante della sinistra estrema, studioso dei libri sacri: Erri De Luca non festeggia il Natale da vari anni, “da quando è morta mia madre”, dice, perché per lui è una “festa collegata alla sua presenza”.

Sente, anche da laico, lo scandalo dell’apparizione di Cristo nel mondo?
È rimasto lo stesso scandalo di prima: l’incarnazione di una divinità che attraversa tutti gli stadi dell’esperienza fisica, dalla nascita alla morte. Non scandalo, ma esempio resta la sua condotta processuale di fronte al tribunale romano. Non rinnega, né sfuma le sue convinzioni e la sua missione. È condannato per questo. Un oscuro prefetto di Roma, tale Ponzio Pilato, suicida sotto l’imperatore Caligola, è diventato indegnamente celebre per aver presieduto al dibattimento.

Chi è Gesù Cristo per lei?
Nella mia gioventù politica si prendeva in considerazione Che Guevara, simbolo di un’epoca che aveva smesso di offrire l’altra guancia all’offesa. Beati gli ultimi, la più politica frase di Cristo, andava praticata nel nostro tempo, non era rinviabile. Gli ultimi dovevano essere beati subito. Ho conosciuto in quel tempo qualche realizzazione del genere.

Cristo non aveva nulla da suggerire alla vostra contestazione?
In Gerusalemme, in quella Pasqua della sua cattura, aveva in pugno un popolo che lo acclamò al suo ingresso sulla cavalcatura regale e lo seguì nel Tempio a sgomberare i mercanti. Ma lui non volle essere capo di una rivolta contro l’occupazione militare straniera. Aveva una missione che doveva compiersi sul patibolo romano. La mia gioventù politica preferiva i combattenti.

Ma Cristo diceva: “Sono venuto a portare non pace, ma spada” (Matteo 10,34). Era un combattente.
Rinunciò a scatenare una rivolta in più in quella terra che oppose il più ostinato contrasto all’impero romano. Per secoli il monoteismo ebraico si è scontrato in armi con il politeismo di Roma, con la pretesa di divinità del suo imperatore. Di croci a migliaia erano state riempite le alture e le valli, con i corpi degli oppositori, perseguitati per la loro resistenza. Cristo voleva rinnovare le radici della fede nel Dio unico e solo. Era un messaggio interamente ebraico, incomprensibile ai romani. Non si rivolgeva al loro potere. Pretendeva di ignorarlo.

L’idea di amarsi gli uni gli altri è inconciliabile con la nuova ragione del mondo, quella di competere gli uni contro gli altri?
Amare il proprio vicino è un precetto che risale al Levitico, Libro Terzo dell’Antico Testamento. Cristo lo interpreta approfondendo la fraternità fino al sacrificio, perché amare è un’esperienza sovversiva, procura insurrezione interna in chi lo prova. Competere invece dura poco, il concorrente finisce presto fuori concorso. Cristo è incompatibile coi poteri del mondo. Date a Cesare quello che è di Cesare: dategli la tassa che esige, la moneta con il suo profilo inciso, perché è tutto quello che gli spetta, un pezzo di metallo che presto avrà un modesto valore numismatico.

Se non nell’al di là, che paradiso si può promettere in terra?
La terra, il pianeta, è un prodigio del sole, un posto di meraviglie impossibili da enumerare. La nostra presenza di recente lo va degradando a Purgatorio, con reparti di Inferno. Siamo contemporanei delle più intense e assortite intossicazioni sconosciute, diffuse dal sistema di sviluppo, che gode per questa nobile funzione di piena impunità. Prima di questo avvento moderno, la terra era il Paradiso della vita animale e vegetale. Dove altro cercarlo? Ancora qui, ancora adesso, e in nessun aldilà.

Non si rischia di ridurne l’alterità e il contrasto avvicinandolo troppo a noi?
La spada alla quale si riferiva prima, citando Matteo, non è la guerra, quella c’era già e non servivano supplementi. Leggo invece l’estrazione di una spada simbolica, che assegna i meriti e pareggia i torti, la spada di un’autorità morale che produca conversioni e ravvedimenti. Da questo punto di vista Papa Francesco è la spada sguainata di una chiesa nuova.

Francesco è andato a Lampedusa, dove arrivano i migranti, predicando di stare dalla loro parte. Molti italiani impoveriti, però, si riconoscono nelle parole: “Prima noi”.
Prima veniamo noi è un ragionamento che proclama l’evidenza: ovvio che prima vengono i residenti, i nativi, infatti sono loro i primi che possono andare a raccogliere il pomodoro, assistere agli anziani, tenere piccoli esercizi commerciali aperti ventiquattr’ore. Dopo di che, in loro assenza, rifiuto, rinuncia, arriva la supplenza dei secondi. Si tratta di supplenti, non di usurpatori di posti. Non è razzismo dire: “Prima noi”. È accanimento su qualunque soggetto più debole, in condizione di inferiorità. Il razzismo è ripudio di razza anche se fornita di censo. Da noi invece l’emigrato arabo è sospetto, l’emirato arabo è invece riverito nel più servile dei modi.

La sinistra – dalla cui storia lei viene – potrebbe imparare qualcosa da Cristo?
Vanno in Chiesa la domenica, mi sembra, gli ultimi capi di governo a guida PD. Quello che serve alla sinistra è dare sostanza di azione alla trinità laica espressa dalla Rivoluzione Francese: libertà, uguaglianza, fraternità. Su questo si misura o abdica una forza progressista.

C’è qualcosa anche da dis-imparare da Cristo e dal cristianesimo?
Ognuno ha imparato da Cristo, senza riuscire a ripetere la lezione, scordandola, balbettandola, contraddicendola nel momento della verifica. Proveniamo da una lunga tradizione che porta il suo nome e che ha dovuto molte volte scusarsi di averlo nominato invano. Io disimparo per inadeguatezza, per disattenzione, per un mucchio di deficit, che in latino vuol dire ciò che manca. Resto un lettore di storie sacre, perché quei libri hanno innalzato la forza della parola a strumento di creazione. “E disse”: è il verbo più frequente della divinità dell’Antico Testamento. La parola è l’azione più significativa della vita di Cristo.
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- La buona Novella di Fabrizio De Andrè.
- Disco. I Vangeli apocrifi di Fabrizio De Andrè.
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- L’illustrazione è tratta dalla pellicola Il Vangelo secondo Matteo di Pierpaolo Pasolini.
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Marcia Pace 29 12 16

Oggi lunedì 26 dicembre 2016

Auguri buone feste 16-17
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Giotto._saint-stephen-1320-25_Florence_Museo_Horne-624x1024- Oggi Santo Stefano.
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democraziaoggiLettera ad un amico sacerdote
Francesco Cocco su Democraziaoggi.

Oggi domenica 25 dicembre 2016 è Natale. AuguriauriosauguriauguriosauguriauguriosaugurIaugurioS

presepio piazza Jenne 1Auguri buone feste 16-17
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Auguri presepio casa Meloni Ibba
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democraziaoggiGrazie compagno Francesco
25 Dicembre 2016
A.P. su Democraziaoggi.

E’ Natale!

Auguri-La-Cittadella-Natale-2016“Oggi è nato per voi un Salvatore”

di ENZO BIANCHI, priore di Bose.
monastero di Bose

Lc 2,1-14
1 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2 Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3 Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4 Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5 Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6 Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7 Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
8 C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9 Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10 ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11 oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13 E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Per secoli i primi cristiani festeggiarono come festa delle feste la Pasqua di resurrezione di Gesù il primo giorno della settimana ebraica, diventato per loro “giorno del Signore” (Ap 1,10), mentre non sappiamo se in qualche comunità del Mediterraneo si ricordasse la nascita di Gesù con una festa particolare. Nel IV secolo, dopo l’editto di Costantino e la libertà di culto concessa ai credenti in Cristo, avvenne la cristianizzazione di una festa pagana introdotta poco prima dall’imperatore Aureliano (270 ca.), e celebrata a Roma come festa del Sol invictus, del “Sole vincitore”, che in quel giorno comincia ad allungare il suo tempo di luce sulla terra. Per i cristiani Gesù il Signore era “il sole di giustizia” cantato da Malachia (Ml 3,20; cf. Lc 1,78) era “la luce del mondo” proclamata dal vangelo (Gv 8,12). Ecco allora che in occidente la rinascita del Sol invictus pagano è stata cristianizzata mediante la festa del Natale, della Natività di Gesù Cristo. Parallelamente, in oriente (Egitto e Siria), dove il solstizio d’inverno cade il 6 gennaio, si assunse quella data per celebrare l’Epifania come festa della manifestazione della venuta del Figlio di Dio nella nostra umanità.

Questa l’origine della nostra festa, che da sempre ha al suo centro il vangelo della nascita di Gesù secondo Luca. Nella messa della notte, celebrata nel cuore delle tenebre, rifulge una grande luce: Gesù, partorito da Maria a Betlemme. Questo racconto non è una favola, anche se sembra scritto per i bambini, che significativamente lo ricordano per tutta la vita, ma è una pagina del vangelo, una buona notizia! Per questo Luca vuole innanzitutto situare tale evento nella grande storia del Mediterraneo, contrassegnata dal dominio dell’impero romano. Cesare Augusto decide di contare i cittadini di tutte le terre conquistate da Roma: per questo ordina un censimento, eseguito nella terra di Israele da Quirinio, governatore della Siria. Giuseppe obbedisce a quest’ordine e, insieme alla moglie Maria, lascia la sua città di Nazaret per recarsi a Betlemme, in Giudea, nel sud della terra santa, là dove aveva avuto origine la casa e la discendenza di David, il Messia, l’unto del Signore, il re di Israele.

Mentre questa coppia si trova a Betlemme, in una condizione precaria e di povertà non avendo trovato posto nel caravanserraglio, in una piccola costruzione, appena un riparo nella campagna, Maria che è incinta dà alla luce il suo figlio primogenito, annunciato a lei per rivelazione come generato dallo Spirito di Dio (cf. Lc 1,35), un Figlio che solo Dio poteva dare all’umanità tutta. Qui vi è già una forte contrapposizione, che caratterizzerà tutta la vicenda di questo neonato. Chi domina il mondo è Augusto – chiamato Divus, “Dio”; Sotér, Salvatore; Kýrios, Signore –, ma il vero Salvatore e Signore è un suo suddito, un bambino nato in una situazione povera, per il quale da subito sembra non esserci posto in questo mondo.

Conosciamo tutti bene l’icona della Natività: una capanna o una grotta, e Maria che adagia suo figlio in una mangiatoia, con accanto Giuseppe, testimone e custode di quel mistero nel quale viene coinvolto e al quale presta puntualmente obbedienza. Tutto accade nella notte, nel silenzio, nella condizione umanissima di una madre che partorisce un figlio. Nessuno conosce quella coppia, nessuno l’ha accolta, nessuno si è accorto di nulla. Ma ecco che Dio invia un suo messaggero ai pastori che si trovano sulle alture circostanti Betlemme, per alzare il velo su quell’evento: “un angelo del Signore si presentò a loro e la Gloria del Signore li avvolse di luce”. I pastori sono gente disprezzata, emarginata, neppure ritenuta degna di andare al tempio per incontrare il Signore. Ma proprio a questi ultimi della società di Giudea è rivolto l’annuncio, la buona notizia per eccellenza, che è gioia per tutto Israele, per tutto il popolo di Dio. Per la loro condizione di poveri e ultimi, i pastori sono i primi destinatari di diritto di questa buona notizia:

Oggi, nella città di David, del Messia,
è nato per voi un Salvatore, che è il Messia, il Signore.

In questo annuncio cogliamo come un anticipo della buona notizia pasquale: Gesù è il Kýrios, il Salvatore! Non Augusto, che vantava questi titoli, ma un infante appena nato riceve questi stessi titoli da parte di Dio. Così avviene la rivelazione ai piccoli, agli ultimi, dalla quale sono esclusi quanti credevano di esserne destinatari di diritto: sacerdoti, esperti della Legge, credenti militanti convinti di essere loro soli i veri figli di Abramo.

Ai pastori è dato anche un segno, un’indicazione perché possano vedere e comprendere; nulla di straordinario o di divino ma, di nuovo, una realtà umanissima: “Troverete un neonato avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Realtà semplice e umile, senza ornamenti, senza “straordinario”. Eppure questo annuncio è dato da un coro innumerevole di creature invisibili, in una sorta di liturgia cosmica, quella liturgia del cielo che non riusciamo a vedere né ad ascoltare ma che riempie l’universo e canta la santità e la gloria di Dio, cioè proclama chi e come Dio ama. Infatti, ciò che in quel canto corale viene rivelato è la volontà di Dio: “Dio ha peso (kabod, gloria), Dio agisce nel mondo anche se è Santo ed è nel più alto dei cieli, Dio dà la pace all’umanità che egli ama”.

Ecco la buona notizia del Natale: Dio ci ama a tal punto da aver voluto essere uno di noi, tra di noi, uguale a noi, un uomo come noi.

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25 dicembre 2016
Natale, messa della notte
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Isaia 9,1-6

Il profeta Isaia contempla la situazione del popolo di Israele nella terra promessa e donata da Dio e scorge un mistero di morte e resurrezione per la porzione del nord, quella abitata dalle tribù di Zabulon e di Neftali. Mentre egli scrive, queste terre sono desolate dopo la conquista e la deportazione ad opera degli Assiri (722 a.C.). Ma proprio questi territori periferici e umiliati un giorno saranno i primi a risorgere: vedranno una grande luce, la fine della schiavitù e della guerra, a causa della nascita di un bambino, dono di Dio al suo popolo. Un bambino chiamato con dei titoli inauditi: “Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”. Ecco il Messia glorioso e vincitore profetizzato da Isaia.

Lettera a Tito 2,11-14

L’Apostolo ricorda in sintesi l’evento della nostra salvezza: l’incarnazione, l’umanizzazione di Dio che è epifania, manifestazione della sua grazia, del suo amore gratuito che non va mai meritato. È significativo che Girolamo traduca: “È apparsa l’humanitas, l’umanità di Dio nostro Salvatore” (Tt 3,4, Vulgata). Sì, umanità che insegna alla nostra umanità, umanità come Dio l’ha pensata, voluta, creata e pienamente realizzata in suo Figlio, che è per sempre “grande Dio e Salvatore”.
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L’illustrazione in testa: auguri dei Volontari della Pro Civitate Christiana.
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cometa-dirinnovaPapa Francesco Natale 2016: “Questa mondanità ci ha preso in ostaggio il Natale, bisogna liberarlo”
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Marcia Pace 29 12 16
Cristianesimo come religione civile

Quale rapporto tra cristianesimo e società in un contesto di pluralismo di fedi e di crisi di valori condivisi?

sintesi della relazione di Giannino Piana
Verbania Pallanza, 21 gennaio 2006.
- segue –

Oggi sabato 24 dicembre 2016. Vigilia di Natale.

Nel fare gli Auguri ai nostri Lettori, comunichiamo che Aladinews non chiuderà per le Festività, tuttavia rallenterà la pubblicazione di articoli e immagini. Continuate a seguirci e a collaborare nella nostra virtuale (e oltre) Comunità. Auguri, auguri!
presepio piazza Jenne 1Auguri buone feste 16-17
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Alla vigilia di Natale. La notte santa.
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Punta de billete
Marcia Pace 29 12 16
democraziaoggiRiflessioni
Amri, il mostro in prima pagina. Caso chiuso?
Amsicora su Democraziaoggi.

Riflessioni

sedia di VannitolaAvvoltoi neri che volano in cerchio sulle nostre teste. Con tempestività “sospetta” alcuni si affrettano a dichiarare che il poliziotto che ha ucciso il terrorista di Berlino è un eroe e merita una medaglia d’oro per ciò che ha fatto. Massimo rispetto per il coraggio e la determinazione degli agenti che sono intervenuti in maniera ineccepibile. Hanno certamente compiuto in modo corretto il loro dovere e per questo dobbiamo essere loro grati. Penso tuttavia che loro per primi avrebbero preferito prenderlo vivo quel feroce criminale e non arrivare a questa tragica soluzione. La morte, in una azione di polizia, non è mai un bel gesto, un gesto eroico. E’ soltanto una drammatica necessità che, purtroppo, in una azione di polizia rappresenta talvolta l’unica soluzione possibile per contrastare una azione criminosa. (v.t.)
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logo_monstero_di_boseLa risposta al contagio
di ENZO BIANCHI priore del Monastero di Bose

Dossier della Caritas 2016. Solidarietà e rivoluzione

Copertina-caritas-2016-singolaIl Dossier della Caritas diocesana 2016 si inserisce pienamente nel percorso di preparazione della settimana sociale che si terrà a Cagliari nel mese di ottobre del prossimo anno e che ha per titolo “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”. Il tema del lavoro in Sardegna rappresenta una priorità ed è fonte di grande preoccupazione perché il sistema economico continua a peggiorare.
Il contesto regionale. Secondo il rapporto Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), nel corso del periodo 2000 – 2015 il PIL sardo è diminuito del 3,8 per cento e praticamente tutti i principali parametri economici portano il segno negativo. Per esempio, nel settore agricolo il valore aggiunto pro capite è in drastica riduzione, dato che era di 28,7 mila euro nel 2014 e di 23,9 mila euro nel 2015. La stessa cosa si riscontra nel terziario. In questo caso cresce il valore aggiunto del settore così come cresce l’occupazione ma diminuisce il valore aggiunto pro capite che passa 49,9 mila euro a 49 mila euro. Ben più consistenti sono le negatività del comparto industriale che nell’aggregato dell’industria in senso stretto, registra un calo degli addetti a 51,1 mila erano 53,1 mila l’anno precedente e 62,3 mila nel 2000.
Ancora più pesante è la situazione delle costruzioni che relativamente agli occupati registra una flessione di 5 mila unità tra il 2014 e il 2015 e di 15 mila rispetto al 2000.
In buona sostanza l’economia non riesce a ripartire, sottolineando una certa difficoltà del sistema economico regionale a sganciarsi dalla spirale recessiva.
Il tasso di disoccupazione (aggregato maschile e femminile) raggiunge il picco massimo nel 2014 con il 18,6% che è anche punto di flesso; nel 2015 il tasso è sceso al 17,4%. Il problema dei giovani appare uno degli elementi più preoccupanti che assume per alcuni aspetti il carattere della drammaticità. Lo scoraggiante scenario di riferimento, infatti, vede aumentare il numero dei giovani, fra i 15 e i 24 anni, che decidono di non studiare, non essere occupati in attività lavorative né impegnati in attività formative: sono coloro che rientrano nella categoria NEET (neither in employment nor in education and training). Se per l’Europa (EU 27) il valore rimane attorno al 12,5% per lo stesso periodo di riferimento, 2014, per la Sardegna questo valore nell’ultimo triennio ha addirittura più che raddoppiato la media europea, raggiungendo nel 2014 un picco del 27,7% che, tradotto in numeri semplici, vuol dire che quasi un ragazzo su tre è in condizione di non impiego né formazione. Questa scarsa capacità di assorbimento si traduce in un tasso di disoccupazione giovanile in forte crescita nel periodo, passato dal 30,78% del 2010 che ha rappresentato il minimo fino al 44,27% nel 2014 che scende di 1,87 punti percentuali (42,4%) nel 2015. Sono numeri che se letti congiuntamente con i NEET e con il tasso di dispersione scolastica riportato dal MIUR per il quinquennio 2009/10-2013/14 pari al 36,2% (27,9% media italiana) danno una visione molto preoccupante per il futuro delle giovani generazioni, con una particolare gravità per coloro che posseggono un titolo di studio. Il numero di disoccupati in possesso di un titolo di laurea o superiore è passato da 1 ogni 17,8 nel 2009 – aumentando fino a 1 disoccupato laureato ogni 18,5 laureati nel 2011 – a 1 disoccupato ogni 12,8 laureati nel 2015. Sono numeri che lasciano presagire un decadimento del vantaggio competitivo del titolo di studio e della specializzazione nel mercato del lavoro isolano. Se poi si va a vedere l’ultimo rapporto Censis uscito proprio nel mese di dicembre il quadro che appare assume tinte ancora più fosche. Rispetto alla media della popolazione, oggi le famiglie dei giovani con meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1 % e una ricchezza inferiore del 41,1 %. Tutto ciò incide naturalmente sui fenomeni connessi e in particolare sulla povertà. Le persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Sardegna sono il 36,6 % dei residenti, ben 8 punti in più della media italiana, aspetto che viene taciuto a livello politico.
All’impoverimento economico si accompagna il rischio dell’impoverimento morale, perché si cercano rimedi illusori attraverso i giochi d’azzardo legalizzati; molto opportunamente contro questa tendenza si sta impegnando da anni la Caritas attraverso la Fondazione antiusura, il Prestito della speranza, l’azione di educazione alla gestione delle risorse finanziarie.
Caratteristiche fondamentali dei soggetti assistiti dalla Caritas
In media sono circa 800 i pasti giornalieri preparati dalla Cucina Caritas, con punte di oltre mille nei momenti di maggiore difficoltà; gli assistiti nel corso del 2016 sono stati 2.259, di cui 1.098 donne (48,6%) e 1.161 uomini (51,4%).
La maggioranza degli utenti risulta essere di cittadinanza italiana, in una percentuale pari al 73,3% del totale (1.607 soggetti tra i quali sono annoverati anche coloro in possesso della doppia cittadinanza) contro il 26,7% di stranieri (pari a 584 soggetti).
Il paesi più rappresentati risultano essere la Romania (15,0%), Nigeria (13,7%), Senegal (11,9%), Mali (8,0%), Bosnia – Erzegovina (5,4%) e Marocco (5,4%).
A conferma di quanto rilevato nelle scorse edizioni, anche l’analisi al 2016 attesta che la fascia d’età prevalente nell’evidenziare situazioni di disagio comprende i soggetti di età compresa tra i 35 e 44 anni (25,5)%, seguita dalla classe 45-54 anni (23,6%).
Gli utenti transitati nei vari Centri d’Ascolto della Caritas Diocesana di Cagliari nel 2016 nella prevalenza dei casi risultano avere un domicilio (90,1%). I senza dimora rappresentano una minoranza (7,9 %).
Il titolo di studio maggiormente diffuso è la licenza media inferiore (47,6%) seguita dalla Licenza Elementare (20,1%); leggendo quindi il dato cumulato relativo ai due titoli di studio emerge che circa il 67,7% degliassistiti possiede al massimo la licenza media inferiore.
Il dato al 2016 registra inoltre che il 3,5% degli assistiti possiede una laurea (contro il 3,1% dell’anno precedente), e che aggiungendo a tale categoria i possessori di Diploma Universitario, pari allo 0,4%, si arriva a una percentuale del 3,9%. Possiamo quindi affermare che, sebbene continuino a prevalere i titoli di studio bassi, rispetto agli anni precedenti si sono registrati dei sensibili aumenti di utenti in possesso di laurea o diploma di scuola secondaria superiore.
Lo status di disoccupato caratterizza oltre il 60% degli utenti rilevati (51,8% disoccupati in cerca di un nuovo impiego e 11,5% disoccupati in cerca di prima occupazione). Aggiungendo alla quota dei disoccupati i pensionati (6,0%), gli inabili al lavoro (1,7%) e le casalinghe (9,5%) emerge come complessivamente oltre il 75% degli utenti osservati non lavora. Quanto agli assistiti in possesso di un’occupazione, questa condizione è dichiarata dal 16,7% dei maschi e dal 12,5% delle donne. La categoria dei pensionati è presente nel 7,1% delle comunicazioni dei maschi e nel 6,0% delle dichiarazioni delle donne.
I valori medi osservati evidenziano che i bisogni degli assistiti sono in prevalenza di natura economica (31,7% nel 2015 e 33,9% nel 2016), segnale importante della frequente condizione di povertà che pare colpire un terzo degli utenti dei Centri d’Ascolto.
Negli ultimi due anni osservati (2015 e 2016) le richieste dell’utenza in più dell’80% dei casi hanno riguardato il semplice ascolto (27,4% e 18,5%), i sussidi economici (24,9% e 26,5%), la necessità di beni e servizi materiali (19,7% e 22,3%) e il lavoro (13,4% e 11,5%). Il dato relativo all’orientamento indica che la quota associata è passata dal 5,3% del 2015 all’8,0% del 2016, mentre le altre casistiche hanno fatto registrare valori sotto il 4%.
Notevole è poi l’attività svolta a favore dell’immigrazione, sia da parte della Caritas, sia da parte delle cooperative, non solo attraverso i centri d’ascolto, ma anche tramite l’erogazione di numerosi tipi di servizi, come l’attività dei medici ambulatoriali, lo sportello farmaceutico, la distribuzione di pacchi alimentari, libri, giocattoli, etc., gli interventi per i senza dimora (docce, etc.). Un insieme di servizi ampio e di crescente complessità dato il continuo incremento degli individui che, in numero sempre maggiore, si rivolgono alla Caritas.
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GIOVANI e FEDE
Atlante-Farnese_02atei? un’indagine sorprendente
di Giannino Piana su Rocca 23/2016

Nonostante la grande difficoltà che si ha oggi ad interpretare il mondo giovanile, sia per le marcate differenze esistenti al suo interno che per la estrema mobilità che lo caratterizza, si può dire che il fenomeno della «non credenza» (o forse più radicalmente dell’«ateismo») è in esso in consistente crescita. A rilevare, con chiarezza, questo dato è una ricerca nazionale condotta di recente da Franco Garelli e pubblicata dall’editrice Il Mulino (Piccoli atei crescono. Davvero una generazione senza Dio?, Bologna 2016, pp. 231) su un ampio campione di giovani dai 18 ai 29 anni, residenti nelle diverse aree geografiche della nostra penisola e appartenenti alle diverse classi sociali.

Il 28% dei giovani indagati si dichiarano infatti «non credenti» e l’aspetto più sorprendente è costituito dal tasso di accelerazione che tale fenomeno ha avuto negli ultimi anni, se si considera che l’incremento odierno è del 40% superiore rispetto al 2007, anno in cui è stata condotta, con criteri analoghi, una indagine sulla situazione religiosa in ambito giovanile. Se a questo si aggiunge che il numero dei giovani che manifestano in maniera convinta la loro fede si è ridotto negli ultimi venti anni del 30% – essi rappresentano oggi circa il 10,5% dell’intera popolazione giovanile – si ha un quadro della situazione che non può che suscitare allarme nei responsabili delle istituzioni religiose e negli operatori pastorali.

le ragioni del distacco

Il fenomeno, peraltro più contenuto rispetto ad alcune aree europee, coinvolge maggiormente le zone più avanzate del Nord e i soggetti con istruzione più elevata e riguarda – anche questo è un elemento significativo – giovani che per oltre il 90% hanno ricevuto il battesimo e fatta la prima comunione (un po’ meno la cresima) e per il 68% hanno frequentato, almeno per qualche tempo, la parrocchia e l’oratorio. Le ragioni di questo distacco, che risulta ancora più rilevante se si assomma a coloro che si professano «non credenti» il numero consistente di «atei pratici», cioè di coloro che pur dichiarandosi credenti vivono «come se Dio non esistesse», sono molte e di diversa natura. Ciò che le accomuna è tuttavia una doppia convinzione: l’impossibilità di conoscere ciò che supera la conoscenza sperimentale e la considerazione che non è necessario il ricorso a Dio per condurre una vita sensata e moralmente corretta.

Nel primo caso, ad esercitare un ruolo determinante è l’affermarsi della mentalità positivista e scientista, che induce – direbbe Gabriel Marcel – all’assunzione di un atteggiamento «problematico» con l’esclusione conseguente del «senso del mistero», che viene identificato con l’«irrazionale» o con il «magico». Nel secondo, oltre alla constatazione della scarsa testimonianza resa da coloro che si dicono «credenti», i quali ispirano spesso la loro condotta alla logica mondana, un’importanza decisiva riveste il processo di secolarizzazione, che ha reso evidente l’autonomia dell’etica dalla religione, la possibilità cioè di fondarla sulla ragione umana e perciò di condurre una vita onesta a prescindere dal riferimento religioso. In ambedue i casi ad essere messa sotto processo è la religiosità tradizionale che risulta a molti priva di una vera convinzione di fede, improntata a una visione precettistica e di facciata e basata ancora sulla immagine di un Dio giustiziere.

Ma a questi fattori che coinvolgono la significatività della fede e la sua capacità di tradursi nell’acquisizione di stili di vita umanizzanti si associano (e si assommano) fattori esterni, che hanno direttamente a che fare con il difficile rapporto con la chiesa, caratterizzato, in molti casi, da un rifiuto radicale, causato da ragioni sia ideologiche che pratiche. Alla contestazione della mediazione ecclesiale, frutto di un sentire religioso sempre più soggettivo ed autonomo, si accompagna la denuncia dell’anacronismo delle posizioni ecclesiastiche su molte questioni attuali di carattere etico – si pensi soltanto alla morale sessuale e familiare e alla bioetica – e, ancor più radicalmente, la reazione nei confronti dell’atteggiamento dogmatico, dello stretto intreccio con la politica (e con il potere in generale) e della contro testimonianza del mondo ecclesiastico: devastanti sono stati, al riguardo, gli scandali recenti provocati dal fenomeno dei preti pedofili e da Vatileaks.

Si può, in definitiva, affermare che la religione ha perso di credibilità e di funzione sociale, mentre, a sua volta, la chiesa, che registra un forte ritardo sul terreno della comunicazione, sia a causa del linguaggio arcaico della predicazione e della catechesi, sia di un vero e proprio deficit relazionale, motivato soprattutto dalla scarsa disponibilità dei sacerdoti – anche per la loro radicale riduzione numerica – a farsi trovare e ad ascoltare.

luci e ombre della situazione

In realtà, a ben vedere, l’estraneità alla fede, che i giovani non hanno oggi remore a manifestare – questo è forse uno dei motivi per cui i «non credenti» appaiono quantitativamente più numerosi del passato – è addebitabile, in ultima analisi, a un clima culturale, in cui individualismo libertario, materialismo, consumismo e logica mercantile sembrano divenuti gli unici criteri ai quali ispirare la propria condotta. Le difficoltà a vivere la fede, qualche volta persino a rendere pubblica la propria appartenenza religiosa – come osserva D. Hervieu-Léger riferendosi in particolare alla situazione francese – sono molto più accentuate che in passato. Il vangelo è oggi più che mai «segno di contraddizione»; è un messaggio controcorrente, alternativo alla logica dominante, e dunque faticoso da accettare e fare proprio, anche se grandemente liberante. Accanto alle ombre non mancano tuttavia le luci. A colpire nell’inchiesta di Garelli è, a tale proposito, la persistenza nel mondo giovanile di una consistente domanda di senso e l’ammissione da parte del 67% dei giovani interpellati che «credere in Dio» è un atteggiamento plausibile, nonché il riconoscimento che il bisogno religioso ha un carattere perenne, perché costituisce una delle risposte più autorevoli alla questione del senso. E ancora più significativa è la constatazione che la fede di quanti si definiscono credenti, lungi dal dipendere da condizionamenti ambientali o da convenzioni sociali, è la risultante di una scelta responsabile, non abitudinaria, ma radicata su convinzioni profonde, che conducono sul piano esistenziale a comportamenti maggiormente coerenti.

un nuovo modello di religiosità

La crisi della fede, d’altronde – è questo un tratto che l’analisi di Garelli non manca di rilevare – non significa abbandono di ogni forma di spiritualità, che ha tuttavia carattere eminentemente individuale e che riveste connotati strettamente immanenti, non identificandosi con il rapporto con l’Altro ma con il proprio mondo interiore. Una spiritualità, dunque, di carattere tendenzialmente orizzontale, volta a conferire armonia e benessere alla persona. A questa accezione ci si riferisce nell’inchiesta quando si parla di milieu olistico, alludendo a un contatto con il sé mediante la convergenza positiva di corpo, mente e anima. Questo giustifica anche l’accostamento alla spiritualità orientale, induista e buddista in particolare, sia pure interpretate in forme occidentali spesso vaghe e imprecise, nonché la diffusione, più in generale, di esperienze alternative, per quanto in misura ancora piuttosto ridotta.

D’altra parte, anche laddove, come in molti casi, si dà una sovrapposizione tra spiritualità e religione – quest’ultima rappresentata in primo luogo dal cattolicesimo per la persistenza piuttosto diffusa di una subcultura cattolica – l’esigenza che prevale è quella di ritagliarsi una fede su misura, rispondente alle proprie esigenze, con la tendenza perciò a vivere una credenza senza appartenenza.

Questo spiega anche come i confini tra credenti e non credenti non siano così netti; religione ed ateismo non sono categorie monolitiche e fisse, e come la spiritualità costituisca una sorta di «zona intermedia» o «terra di mezzo» tra di esse. Spiega come il mondo giovanile si presenti cioè come un mondo articolato, con una ricca gamma di posizioni intermedie e con frequenti oscillazioni tra i due poli. Ma spiega soprattutto come sussista su ambedue i fronti un senso di profonda tolleranza e di rispetto di scelte diverse e una convergenza nella critica ai modelli religiosi prevalenti e alla chiesa di cui si salvano soltanto le realtà impegnate nel sociale e nell’aiuto ai poveri.

L’indagine di Garelli non si accontenta tuttavia di descrivere la situazione presente. Lascia intravedere gli orientamenti che le diverse agenzie educative – dalla famiglia alla scuola, alla parrocchia, fino alle associazioni e ai movimenti – oggi non sempre all’altezza dei bisogni veri, devono mettere in campo, se intendono fornire ai giovani strumenti adeguati per reagire alla situazione di crisi valoriale e religiosa attuale e far maturare scelte religiose dotate di autenticità e di solidità. La posta in gioco è infatti assai alta. La fede riveste ancor oggi un ruolo di prim’ordine per la promozione della persona e per la costruzione di una società più giusta e più solidale.
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Rocca 23 2016 1 dic
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Auguri buone feste 16-17

Oggi venerdì 23 dicembre 2016

presepio piazza Jenne 1Auguri buone feste 16-17
Logo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghdemocraziaoggiGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413
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democraziaoggiL’Unione sarda: che campione di correttezza nell’informazione! Anche dopo il referendum continua a parteggiare per il Sì! E a denigrare l’ANPI, come a Quartu!
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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STORIA SARDA, Vittorio Filippo Melano,
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Melano s anna 1Melano s.anna 2Il 23 dicembre 1813 moriva a Novara Vittorio Filippo Melano, già arcivescovo di Cagliari nel periodo dei moti rivoluzionari. Ecco due suoi ritratti nella segreteria dell’Associazione Sant’Anna (fondata nel periodo di titolarità dell’incarico arcivescovile di Melano, con proprio atto del 24 dicembre 1782). Come ne parla Piero Marcialis su Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=19033. Altri approfondimenti su Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=41326.

Impegnati PER: dal Comitato per il NO al “Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria“

Murales_Lussu e aterusAl popolo del NO: buone feste, a gennaio ripartiamo
democraziaoggiAndrea Pubusa su Democraziaoggi.

Cari amici/e, cari compagni/e,

Il professor Cipolla e il professor Pigliaru

cipolla 2di Raffaele Deidda
Carlo M. Cipolla è autore del saggio Le leggi fondamentali della stupidità umana, pubblicato in Italia nel 1988 dopo essere apparso originariamente in inglese negli anni settanta. Chiunque approcci con intelligenza e ironia la lettura del saggio di Cipolla inevitabilmente perviene alla consapevolezza di quanto sia (o sia stato) stupido. Carlo M. Cipolla individua sostanzialmente cinque leggi fondamentali.
Prima Legge: Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero degli individui stupidi in circolazione. Seconda Legge: La probabilità che una certa persona sia stupida é indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona, spesso ha l’aspetto innocuo/ingenuo e ciò fa abbassare la guardia. Terza Legge: Una persona stupida è chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita. Quarta Legge: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. Quinta Legge: La persona stupida é il tipo di persona più pericolosa che esista.
Il corollario di base del gustosissimo saggio, che costituisce un caposaldo delle idee bizzarre in economia, è riassumibile in: “Una persona stupida è più pericolosa di un bandito” e conduce direttamente all’essenza della teoria del prof. Cipolla. Per l’autore esistono quattro tipi di persone in dipendenza del loro comportamento in una transazione: Disgraziato (o Sfortunato): chi con la sua azione tende a causare danno a se stesso, ma crea anche vantaggio a qualcun altro. Intelligente: chi con la sua azione tende a creare vantaggio per sé stesso, ma crea anche vantaggio a qualcun altro. Bandito: chi con la sua azione tende a creare vantaggio per sé stesso, ma allo stesso tempo danneggia qualcun altro. Stupido: chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita. – segue –

“Solidarietà e rivoluzione delle coscienze. Agire nella carità per superare l’emarginazione, tutelare la dignità umana e promuovere la pace”

Copertina-caritas-2016-singolaOggi, giovedì 22 dicembre 2016 alle ore 16.30 nella sala convegni del CIS (viale Bonaria) a Cagliari, sarà presentato il Dossier 2016 della Caritas diocesana di Cagliari “Solidarietà e rivoluzione delle coscienze. Agire nella carità per superare l’emarginazione, tutelare la dignità umana e promuovere la pace”.
Durante la presentazione verranno forniti i dati 2016 riguardanti le problematiche della povertà e verrà effettuata l’analisi dei bisogni rilevati sul territorio attraverso i Centri d’ascolto della Caritas diocesana, strumenti privilegiati di incontro e di osservazione del disagio. Il bilancio dell’attività svolta dai servizi della Caritas diocesana durante l’anno sarà collocato all’interno del più ampio contesto diocesano e regionale. - segue -

Oggi giovedì 22 dicembre 2016

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Logo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghdemocraziaoggiGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413
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