Monthly Archives: settembre 2016
La scuola al primo posto? Non in Italia e tanto meno in Sardegna
Contro lo scasso difendiamo la scuola
Fino all’ultimo momento senza sede gli insegnanti, senza aule gli studenti: inizia bene l’anno scolastico in città e in Sardegna. Per i docenti trasferiti fuori dall’Isola ma in attesa qui di assegnazione provvisoria, (per il sostegno), i presidi devono leggere i curricoli sul sito ministeriale e fare la chiamata diretta, (la guerra tra poveri) ma poi ci sono quelli delle graduatorie ad esaurimento, e poi ci sono gli insegnanti abilitati, gli abilitati al sostegno, ma precari, e i non abilitati, e quelli di ruolo assegnati a province diverse, è il caos, pardon, è l’innovazione della buona scuola renziana! A Goni chiuse elementari e medie, i genitori si sostituscono ai docenti, la scuola, l’ultima cosa rimasta in questi paesi, ormai in via di abbandono se la scuola stessa li abbandona. - segue -
Quindici anni a massacrare scuola e ricerca: ecco perché siamo il malato d’Europa
Francesco Cancellato su LinKiesta
Appello per La Collina
di Raffaele Ibba.
Ieri sera eravamo alla comunità La Collina, di don Ettore Cannavera.
Non voglio spiegare chi è Ettore Cannavera, sacerdote e uomo.
Lo sapete tutte e tutti, così come tutte e tutti conoscete che cos’è la Comunità La Collina e che tipo di servizio fa.
Ragazzi minorenni, condannati a pene detentive, che scontano le loro pene nella Comunità, avendo come fine il recupero e il reinserimento di questi ragazzi nella società civile.
Cosa che la Comunità fa grazie al lavoro “professionale” di persone che hanno investito le loro abilità, e il loro entusiasmo, in questo compito difficile e duro.
I salari di queste persone che lavorano alla Collina sono pagati con soldi pubblici.
Ovviamente.
Si tratta di una struttura privata che ha messo la Sardegna e Cagliari in una situazione di sperimentazione avanzata a livello mondiale sulle carceri e sul recupero di giovani in condizioni di difficoltà comportamentale e sociale.
Questo lavoro, entusiasta ribadisco, deve essere pagato con soldi pubblici, anche perché – in ultimissima istanza – fa risparmiare soldi pubblici dato che trasforma dei giovani destinati a entrare e uscire dal carcere in persone libere, e produttive.
Bene.
Ieri sera don Ettore Cannavera ci ha comunicato che la continuità della Comunità è a rischio e, forse, nelle prossime settimane dovrà chiudere.
E i ragazzi tornare in prigione e i rifugiati essere dati ad altre situazioni.
Perché?
Perché sono nove mesi che la Regione Sardegna non paga gli stipendi.
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Addio a Carlo Azeglio Ciampi
Una grande persona, un grande statista. Gli si possono muovere critiche e non solo formulare elogi, come è legittimo fare, ma senza dubbio è stato un europeo e italiano di cui non doversi vergognare.
- Carlo Azeglio Ciampi.
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- La notizia.
CHE FARE? Buoni esempi dalla Storia: “… Così fece Roosevelt nella crisi del ‘29, mettedo insieme sindacati, imprenditori disponibili e tutte le migliori energie intellettuali, avendo a cuore inanzitutto il lavoro. Fu proprio questa l’arma vincente: un piano straordinario di sviluppo del paese con al centro l’occupazione”
Lavoro: Renzi fra statistiche, balle e contestazioni
16 Settembre 2016
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
L’Istat dà i numeri e subito, se lo 0,000000…% è positivo, scatta la propaganda governativa: il trombettire toscano, seguito dai media di regime, illustra le sorti magnifiche e progressive del nostro Paese. Il martellamento è insistente, quasi ossessivo ai Tg. Tanti giovani neo-occupati, molti nuovi posti di lavoro. miracoli del Job Act, tradotto in lingua nazionale, lo scasso dello Statuto dei lavoratori e dell’art. 18. Eppure, Renzi, ovunque vada ormai deve essere accompagnato da uno schierameneto sempre più folto di poliziotti in tenuta antisommossa per arginare le contestazioni e il lancio di pomodori, segno che la propaganda governativa, anziché convincere, fa imbufalire la gente comune. E più Renzi canta vittoria, più la gente s’incazza. – segue –
Mostri
AGRICOLTURA: ACCORDO FRA BAYER E MONSANTO. NASCE IL COLOSSO DEL FARMING MONDIALE.
La notizia era nell’aria. Si sapeva da qualche tempo che la multinazionale farmaceutica tedesca Bayer pensava di acquisire la Monsanto, il colosso mondiale della produzione di sementi e pesticidi. L’annuncio ufficiale dell’avvenuta fusione è arrivato insieme ai primi dati sull’operazione. Intanto i costi. Per impadronirsi della multinazionale americana Monsanto la Bayer sosterrà un costo di circa 66 miliardi di dollari. Un’operazione di grandi proporzioni che unisce due attività produttive molto differenti ma anche complementari. La Monsanto metterà a disposizione la propria consolidata leadership nella produzione di sementi e pesticidi e la piattaforma Climate Corporation (società recentemente acquisita da Monsanto che si occupa del miglioramento delle produzioni agricole attraverso un più efficiente utilizzo dei dati). La Bayer, dal suo canto, renderà disponibile la propria linea produttiva di Bayer Crop Protection per colture in tutte le aree geografiche di maggiore rilevanza al mondo. Insieme, le aziende avranno capacità innovative di primo piano e piattaforme tecnologiche molto evolute che nei piani a medio e lungo termine della Bayer dovranno accelerare l’innovazione dell’agricoltura fornendo ai propri clienti soluzioni potenziate per i problemi della produzione agricola e prodotti ottimizzati basati progetti analitici agronomici innovativi da supportare con le applicazioni di Digital Farming. La fusione dei due colossi, da sempre oggetto di denunce e azioni di contrasto delle organizzazioni che difendono la tutela dell’ambiente, darà vita ad un gruppo industriale con un fatturato di 67 miliardi di dollari l’anno. In questo modo Bayer aumenterà il fatturato derivante dal comparto agricolo dall’attuale 22 al 40 per cento. Una questione importante che ci interessa direttamente. Come si è arrivati alla stipulazione di quest’accordo? Quali sono gli antefatti che lo hanno reso possibile? Quali i rischi per l’agricoltura mondiale? L’interesse della Bayer per la Monsanto si è manifestato in concomitanza con le indecisioni e le incertezze manifestate dall’Unione Europea riguardanti la questione del glifosato, uno degli erbicidi più diffusi al mondo, e conferma molti dei timori manifestati da più parti contro la stipulazione del trattato TTIP che vive adesso un momento di crisi, (molti parlano ormai apertamente di fallimento delle trattative in corso tra i paesi contraenti). L’Unione vive una fase di forte pressione relativamente appunto all’atteso rinnovo del permesso di consentire l’uso dell’erbicida glifosato, che poi altro non è che una delle tante questioni aperte nella più generale trattativa sul Parternariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (ovvero il TTIP). Discussioni e decisioni non di poco conto che potrebbero decidere cosa coltiveremo e mangeremo nei prossimi decenni. E’ in discussione infatti la possibilità di abbassare gli standard di qualità e sicurezza che fino ad ora hanno protetto l’ambiente e la salute dei cittadini europei introducendo pratiche molto più funzionali alle politiche e alle pratiche delle multinazionali del comparto primario e della chimica. Il pericolo rappresentato dalla fusione tra la Bayer e la Monsanto deriva appunto dal fatto che attraverso tale unione si va creando un monopolio potenzialmente in grado di intervenire negativamente a favore della riduzione sugli standard di protezione ambientale, di salute pubblica e di qualità delle produzioni agricole certificate in Italia e in Europa. Tempi cupi anche per l’agricoltura mondiale. Attualmente il settore agrochimico mondiale vale circa 85 miliardi di euro ed è controllato da poche imprese internazionali che tendono, con altre concentrazioni che stanno per realizzarsi, a diventare sempre più un ristretto oligopolio. Si parla, infatti, anche di possibili fusioni tra Syngenta-Chemchina e Dow Chemical-DuPont. L’unione Bayer – Monsanto, che si completerà entro il 2017, creerà al gruppo numero uno al mondo, che da solo controllerà il 24 per cento del mercato dei pesticidi e il 29 per cento di quello delle sementi. Quali potrebbero essere le probabili conseguenze di questa gigantesca operazione di concentrazione dei grandi gruppi agro-farmaceutici, è facilmente intuibile. Una delle principali è, senza dubbio, l’aumento dei prezzi, sia per i produttori sia per i consumatori, al quale si accompagnerà il calo dell’offerta e quindi anche della biodiversità. Come pure è probabile un maggiore impegno della tedesca Bayer nel comparto delle produzioni Ogm puntando sulla scomparsa del logo Monsanto diventato ormai un punto di riferimento importante degli oppositori agli organismi geneticamente modificati. Sia ben chiaro che qualora ciò accadesse scomparirebbe o sarebbe ridimensionato soltanto il marchio Monsanto, ma non di certo gli Ogm che rimarrebbero con tutte le loro contraddizioni.
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Siamo messi male
Ecco perché le mamme di Goni hanno ragione!
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I fattori di crescita e sviluppo
L’analisi conferma il ben noto svantaggio della Sardegna in termini di dotazione di capitale umano. Nel 2014 appena il 17,4% delle persone tra i 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario (l’obiettivo europeo è fissato al 40%) e ogni 100 donne nella stessa fascia d’età almeno 22 sono laureate mentre tra gli uomini solo 12,7. Gli studi in materie tecnico-scientifiche (STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics) continuano a essere poco attrattivi tra i giovani studenti. Solo il 15,5% della popolazione attiva ha conseguito una laurea in queste materie, dato non lontanissimo dalla media italiana (19,3%) e inferiore alla media EU (38,9%). I dati più allarmanti riguardano il tasso di abbandono scolastico, tra i più elevanti in Italia, e la percentuale di giovani inattivi, in drastica crescita rispetto al 2010. Nel 2014, il 29,6% dei ragazzi e il 17% delle ragazze in età 18-24 anni ha abbandonato gli studi e oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni (30,6 per i ragazzi e 24,7% per le ragazze) non studia e non lavora (i c.d. “giovani scoraggiati” o NEET – Not in Education, Employment nor Training). Il dato sulla formazione permanente degli adulti è invece in crescita: con il 9,7% della popolazione in età 25-64 anni impegnata in attività di istruzione e/o formazione, la Sardegna è sopra la media Italiana (pari all’8%) ed è vicina alla media UE (10,7%) anche se l’obiettivo europeo è fissato al 15%.
I dati sull’innovazione indicano la necessità di adeguate politiche atte a rinforzare la competitività regionale. Nel 2013, la Sardegna è lontana dall’obiettivo europeo (3%) se si considera quante risorse dedica alla R&S: lo 0,76% del PIL. La debolezza degli investimenti in R&S è riconducibile soprattutto al settore privato, che copre il 5,6% della spesa totale. Per quanto concerne la quota di occupati nei settori high-tech, i dati sono sconfortanti e assegnano alla Sardegna la maglia nera a livello europeo: nel quinquennio 2010-2014 si registra un lievissimo aumento di questo indicatore che passa dal 1,5% al 1,6% e si evidenzia una forte disparità di genere a sfavore delle donne. Questo dato mette in evidenza la difficoltà del settore produttivo a collegare la propria attività con gli input provenienti dai centri di ricerca pubblica e dalle università. Inoltre i dati confermano una forte resistenza delle imprese sarde ad adottare nuovi modelli organizzativi e nuovi meccanismi di comunicazione: solo il 48% delle imprese con almeno 10 addetti è dotato di un sito internet e solo il 10% di queste effettua vendite on line.
(Da Sintesi Rapporto Crenos n. 23 del 2016)
Americani
Un paese nel quale è in vigore la pena di morte, un paese che vende armi nei supermarket e consente ai cittadini di girare armati, un paese che non ha superato la discriminazione razziale e che non garantisce le cure mediche gratuite non può dare lezioni o interferire nelle scelte di altri popoli. Ciò che preoccupa non sono le balle che Renzi racconta ma il fatto che molti altri paesi credano a ciò che Renzi dice. Molto interessanti gli editoriali dei quotidiani sull’argomento. Diversi redattori auspicano che il Presidente (quello in carica, non l’Emerito) si facciano sentire. Particolarmente interessante l’editoriale di Norma Rangeri ( “Il Manifesto”) dal titolo “Ambasciator porta pena” e l’articolo di Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano).
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Ambasciatore porta pena
di Norma Rangeri
su “il manifesto” EDIZIONE DEL 14.09.2016
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Goni difende il diritto alla scuola per i propri bambini
- Su L’Unione Sarda, martedì 13 settembre 2016.
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GONI. Una sessantina di genitori ha occupato questa mattina la scuola elementare di Goni, finita al centro delle polemiche scoppiate per la chiusura dell’istituto ed il conseguente trasferimento degli alunni a Silius. Una decisione che i genitori non hanno mandato giù, tanto che oggi hanno deciso di non far salire i propri figli sul pullman che li avrebbe portati nella scuola di Silius, occupando pacificamente lo stabile. Sul posto sono intervenuti i carabinieri. La protesta è destinata a durare alcuni giorni. (La Nuova Sardegna online).
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- Notizie su Goni.
- Su Casteddu online.
universidade de sa Sardigna – university of Sardigna – università della Sardegna
Cosa si aspetta a costituire l’Università della Sardegna? Atenei sardi osate! E la Regione non stia a guardare!
di Franco Meloni su Nuovo Cammino (n. 16 dell’11 settembre 2016)
Tra i punti deboli più rilevanti delle Università sarde vi è la mancanza di attrattività di studenti stranieri, che le penalizzano nelle classifiche nazionali e internazionali e nella ripartizione delle risorse del fondo unico statale. Difficile colmare questa carenza, ma qualcosa si deve pur escogitare, per esempio mettendo insieme le forze dei due Atenei sardi attraverso una loro federazione. Lo sosteniamo da tempo, anche confortati dal parere degli esperti di marketing che avvertono come Cagliari e Sassari all’estero siano del tutto sconosciute e che l’unico “brand” attrattivo è appunto “Sardegna”. L’Università della Sardegna come The University of California: questa è una soluzione giusta. Non basta certo, ma questa scelta aiuterebbe eccome, anche al di là degli aspetti di attrattività.
Però la federazione deve essere vera, come prescrive il competente Ministero, che nel documento di programmazione 2013-2015 del sistema universitario italiano delinea le caratteristiche dei “modelli federativi di università su base regionale o macroregionale… ferme restando l’autonomia scientifica e gestionale dei federati nel quadro delle risorse attribuite”. Precisamente devono prevedersi: “a) unico Consiglio di amministrazione con unico presidente; b) unificazione e condivisione di servizi amministrativi, informatici, bibliotecari e tecnici di supporto alla didattica e alla ricerca”. Il patto federativo firmato dai due Atenei alcuni anni fa è ben lontano da tale impostazione, prevalendo una concezione sostanzialmente conservatrice. - segue -