Monthly Archives: luglio 2016

Lunedì 18 luglio 2016

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Buon esempio da Dodona (Grecia)

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- Approfondimenti.
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Restaurato il magnifico antico teatro di Dodona

Hopper

Hopper quadri per film1- Quadri per il cinema.

Domenica 17 luglio 2016

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on line il manifesto sardo (n. 219)

il manifesto sardo loghettoIl numero 219, 16 luglio 2016
Ecco il sommario
La giunta Zedda tra spartizioni e trasformismo (Marco Ligas), Sel e le percentuali: ma la politica dov’è? (Ottavio Olita), Contorni: Antropologia e archeologia (2) (Giulio Angioni), Incendi in Sardegna: colpevoli ritardi, menti bacate e anime marce (Stefano Deliperi), Ora prendere coscienza della forza del No (Alfonso Gianni), Sardex.net. La comparsa anche in Sardegna dei circuiti di credito commerciale (Gianfranco Sabattini), Le tre “Infamie” di Vittorio Emanuele III (Francesco Casula), Minerali insanguinati e migranti (Gianfranca Fois), Il TAR boccia l’inceneritore e la Regione (Red), All in, la Legge di Iniziativa Popolare degli studenti per gli studenti (Francesco Sotgiu) Difendiamo la Costituzione. Conferenza con Maurizio Landini (Red).

Le assurde priorità dei politici nostrani

imageSel e le percentuali. E la politica dov’e’ ?
di Ottavio Olita*
Giovedì 14 luglio, l’Istat fa conoscere cifre spaventose sulla diffusione della povertà in Italia: non ce n’è mai stata tanta, nell’ultimo decennio, e il dramma colpisce sempre di più i giovani.

Martedì 12 luglio: la tragedia dello scontro frontale fra i treni in Puglia dà ancora una volta la terribile dimostrazione del ritardo infrastrutturale del sud d’Italia. Ritardo che non si traduce più soltanto in servizi carenti, ma addirittura in decine di morti e feriti.

Luglio 2016 i dati statistici continuano a confermare l’enorme incidenza della disoccupazione giovanile e il numero crescente di quanti, delusi, non si mettono neppure alla ricerca di un impiego. Tutto questo mentre il jobs act viene sbandierato come soluzione dei problemi e contemporaneamente viene sottovalutato o ignorato del tutto il grave problema della dequalificazione professionale diventata quasi obbligatoria per chi vuole trovare un qualunque lavoro, oltre alla perdita di diritti elementari e al pagamento delle prestazioni con voucher.

In questa situazione, tu, uomo progressista, di sinistra, che credi fermamente nei doveri dello Stato verso i cittadini-contribuenti onesti, ti aspetteresti un duro atto d’accusa da parte di una delle forze politiche di riferimento, quale Sel. Invece cosa leggi? II dirigenti sardi di quella formazione politica lanciano un duro attacco contro Sinistra Italiana, denunciandone il fallimento. La rivendicazione è riferita al fatto che il 7,8 per cento ottenuto alle comunali di Cagliari dà a Sel il diritto-dovere di allearsi con il Pd – qualunque esso sia? – e con gli altri partiti con i quali governa alla regione e al comune.

Pura logica di potere. Ma la politica, dov’è la politica? Quella che non c’è e che ha spinto alla delusione la gran parte dei maggiori sostenitori di Francesco Pigliaru nella corsa a presidente della Regione; quella della eliminazione delle tasse aeroportuali dal primo settembre, a stagione estiva ormai conclusa; quella del gran pasticcio della Asl unica; quella delle modalità della lotta alla peste suina africana che fa imbestialire gli allevatori barbaricini. E quanto ancora si potrebbe raccontare!

Quel che conta è quell’8 per cento. Almeno fosse un riconoscimento del successo personale di Massimo Zedda! Neppure quello. Lo sbandieramento di quel 7,8 per cento equivale al pesante condizionamento che all’epoca della tanto deprecata prima repubblica partitini come il Psdi o il Pli, con segretari come Pietro Longo o Malagodi, mettevano in atto nei confronti della Dc per occupare posti di governo e sottogoverno.

Ma davvero Sel può credere che ottenendo una poltrona in più nella Pigliaru-bis e non ponendo precise questioni politiche, il governo regionale potrà migliorare? O può pensare che il pifferaio magico fiorentino potrà impunemente continuare ad affermare che prima di lui non c’è stato niente e che solo con lui le cose cambiano? E non intende chiedere, Sel, come ha fatto Sinistra Italiana, in qual modo questo cambiamento si attuerà in Italia? Forse con quella pericolosa riforma costituzionale che mette a rischio la futura democrazia? Ecco l’ultimo e più importante banco di prova. Finora silenzio. Ma non potrà essere così fino all’autunno. Non sarà che lo scontro con Sinistra Italiana abbia per finalità ultima proprio quella di prendere una posizione diversa su quel tema fondamentale? Spero di sbagliare.

L’ultima considerazione è sconsolante. Ancora una volta si è persa l’occasione di favorire l’incontro invece di brandire l’arma dello scontro. Con quale scopo? Sconsolante e preoccupante perché è questa la strada che potrebbe portare il pifferaio magico fiorentino e la sua idea di una democrazia autoritaria a sconfiggere la voglia di partecipazione che sente ogni cittadino convintamente democratico. Chiusi nelle stanze del potere, in torri d’avorio impedite di aprirsi alla società, si rischia di diventare, politicamente, ciechi e sordi

* su il manifesto sardo
Ottavio Olita http://www.manifestosardo.org/wp-content/uploads/2016/07/ottavio-olita-1024×682.jpg

Sabato 16 luglio 2016

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Nice Nizza

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Nizza

sedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola

Attentato di Nizza – Non ci sono più parole.
Rabbia, orrore, angoscia, paura, impotenza, nemico invisibile e imprevedibile e molte altre ancora. E’ il momento del dolore, dei soccorsi, delle indagini, della elaborazione dell’ennesimo lutto. Chiudiamoci nel silenzio, lo dobbiamo alle vittime e alla popolazione che vive momenti di terrore e panico. Utilizziamo però il silenzio per riflettere. Combattere un nemico invisibile e imprevedibile con gli strumenti tradizionali è quasi impossibile. Occorre una nuova strategia globale, un confronto serrato con tutti i paesi di orientamento islamico per trovare insieme la strategia vincente contro il terrorismo. I rapporti commerciali e le relazioni diplomatiche possono essere uno degli strumenti per scardinare il potere dei tagliatori di teste. Al bando le ambiguità, interrompere i rapporti diplomatici e commerciali con gli stati che mentre trattano affari con l’occidente non disdegnano il sostegno all’estremismo terrorista. Promuovere nuovi trattati internazionali che sanciscano e riconoscano alcuni principi fondamentali per la convivenza, primo fra tutti il riconoscimento del diritto assoluto di ciascun essere umano di praticare qualunque credo religioso e perfino quello di non averne nessuno. Interrompiamo la vendita di armi prodotte in occidente che attraverso canali commerciali, neppure tanto segreti, finiscono nelle mani dei terroristi. Interrompiamo la vendita dei fuoristrada e dei pezzi di ricambio occidentali a bordo dei quali vediamo quotidianamente circolare i miliziani del Califfo. Scegliamo l’ideologia del confronto e della risoluzione pacifica dei conflitti come strumento assolutamente prioritario nei rapporti tra i popoli in alternativa alle logiche del profitto dei commerci internazionali. Forse qualcosa cambierà.

L’Università della Sardegna non è più rinviabile

ragazzo vs università
Classifiche ed Università. Il posto di Cagliari e Sassari
di Nicolò Migheli ***
In questo periodo dell’anno fioccano le classifiche e i ranking delle università. Servono ad orientare gli studenti nelle loro scelte e le imprese che in tempi di privatizzazione devono sapere dove indirizzare investimenti e sponsorizzazioni. La settimana scorsa è stata pubblicata la classifica su 1000 università del mondo del The Center for World University Rankings (CWUR) di Jeddah in Arabia Saudita. Istituto che ha un certo seguito nel mondo accademico e delle imprese.

Le classifiche sono sempre determinate dagli indicatori scelti. In questo caso: il numero degli studenti che hanno avuto un premio o riconoscimento internazionale; il numero degli ex studenti che hanno incarichi direttivi nelle imprese internazionali; il numero dei docenti e accademici che hanno conseguito premi o riconoscimenti internazionali; il numero delle pubblicazioni scientifiche; le citazioni in ricerche internazionali degli autori e degli studi prodotti dall’università; il numero di brevetti. È abbastanza intuitivo che basterebbe cambiare i criteri perché la posizione di una determinata università cambi.

Come sempre i primi posti sono tenuti dalle università americane e britanniche. Quelle della Ivy League, più Oxford e Cambridge. Tali posizioni sono la diretta conseguenza del numero alto di premi Nobel che insegnano in quegli atenei, delle ricerche e pubblicazioni; allo stesso tempo, sono i luoghi da cui attingono le imprese multinazionali per quadri e dirigenti. La prima università italiana che compare nell’elenco del CWUR è La Sapienza di Roma, in posizione 90^. Nel 2015 era nella 112^. Un progresso. Altre università famose hanno posizioni decisamente inferiori come: Padova al 157°, Bologna al 198°, Torino 211, Firenze 251, Pisa 285, la Scuola Normale di Pisa 377. Si potrebbe continuare.

Tra quelle meridionali si salvano solo Bari e la Federico II di Napoli. Anche le università del nord, nonostante i finanziamenti – negli ultimi anni principalmente dati a loro – non fanno bella figura, scontano la diminuzione degli stanziamenti per la ricerca. Per quel che riguarda le università sarde il ranking non è felice: Cagliari è in classifica medio bassa con la 556^ posizione – nel 2015 570 -, Sassari 811- nel 2015 817.

Entrambe hanno migliorato di pochi punti, ma soprattutto Sassari è in condizione critica. È vero che le università sarde, più di altre, hanno subito tagli nei finanziamenti governativi perchè, ad esempio, uno degli elementi di premialità contemplati dal ministero è l’essere attrattive per gli studenti delle regioni vicine. Qualcuno si è dimenticato, o ha voluto dimenticare, che la Sardegna è un’isola e che l’unica regione vicina: la Corsica, è francese. Deficit finanziario che la Regione Sarda cerca di supplire con ingenti stanziamenti che coprono l’ordinario. A cui si aggiungono finanziamenti alla ricerca e bandi europei.

In molti nel mondo accademico e sui media si consolano dicendo che i laureati italiani che vanno all’estero, quando si confrontano con quelli provenienti dalle più importanti università globali, non sono secondi a nessuno. Si omette di dire che quelli sono i migliori, mentre la media dei laureati trova difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. Una ragione, non secondaria, è che il sistema produttivo italiano, basato su una rete vasta di piccole imprese a basso tasso di innovazione, non riesce ad assorbire laureati con conoscenze superiori alle loro necessità.

Qualsiasi considerazione si voglia fare su queste classifiche è indubbio che le università della Sardegna hanno un problema. Si può continuare così e fare finta di nulla ed accontentarsi? Oppure è necessario un cambio drastico di prospettiva, affinché gli studenti sardi non emigrino e si attraggano fondi e studenti dall’Italia e dal Mediterraneo?

E’ di qualche anno fa – nella 13^ legislatura per ovviare alla dispersione di fondi – la proposta di unificare i due atenei per creare il Sistema delle Università della Sardegna o Università della Sardegna. Passaggio non facile, significa agire con accorpamenti che alla fine incideranno su sistemi di potere consolidati, su tradizioni storiche di tutto rispetto. Eppure non vi è altra strada, sia per il calo demografico che per il basso appeal dato dal progressivo decadimento e dalla presenza nelle fasce basse delle classifiche internazionali.

Gli atenei di Cagliari e Sassari sono destinati, soprattutto quest’ultimo, a sparire. Sarebbe un danno enorme, dopo quattrocento anni l’isola si troverebbe senza studi superiori. Si può evitare tutto questo? Certo, il primo passo sarebbe riprendere a ragionare sul il Sistema delle Università della Sardegna. Bisognerebbe farlo subito.

*Per saperne di più: http://cwur.org/

*** su SardegnaSoprattutto
http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/10929
- Per correlazione: L’Università della Sardegna su Aladinews.

Venerdì 15 luglio 2016

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Semplicemente ridicolo

sedia di Vannitoladi Vanni Tola
Semplicemente ridicolo – L’avere impedito a Sabina Guzzanti la proiezione ad Olbia di un film-documentario, asserendo che i suoi contenuti offendevano Forza Italia e Berlusconi, è sicuramente una operazione lesiva della libertà di informazione e comunicazione. Ciò premesso, il buon Settimo Nizzi, Sindaco di Olbia, non me ne vorrà se mi limiterò a definire il suo intervento semplicemente ridicolo. Oltre tutto ciò accade in tempi di grandi manovre e ricollocazione di ruoli all’interno di Forza Italia in attesa dell’ennesima “discesa in campo” di Berlusconi prevista per il prossimo autunno. E’ più che legittimo pensare che l’azione di Nizzi sia finalizzata principalmente ad accreditarlo nella sua area politica come il custode dell’integrità di immagine e della storia del suo partito. In ciò è in buona compagnia con altri suoi compagni di partito, figli illegittimi del patrigno Silvio che dopo averli usati li ha messi da parte. L’ex presidente Ugo Cappellacci che rilancia la sua immagine pubblica sui media con una foto che lo ritrae a torso nudo per mostrare gli effetti miracolosi della sua palestra su pettorali e addominali (ricorda il Duce ai tempi della “campagna del grano”. L’altro è l’immarcescibile Mauro Pili (ex Forza Italia) presente da sempre in qualunque luogo dove si radunino più di tre persone per farsi paladino delle loro proteste. Da tempo Pili sta sommergendo l’intero mondo di interrogazioni parlamentari sui più disparati argomenti. Tornando a Nizzi alcuni hanno parlato di lui come di un novello Podestà di Olbia. A me ricorda invece il parroco del film “Nuovo Cinema Paradiso” che, seduto in platea in assoluta solitudine, visionava anticipatamente il film che la sera sarebbe stato proiettato e, con una campanella, segnalava all’operatore le scene scabrose da tagliare. Come dicevo, semplicemente ridicolo.
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disperazioneMattinalino domestico.
di Tonino Dessì
-Ieri in Consiglio regionale si è svolta una discussione surreale sulla politica dei trasporti aerei e via mare. L’unica cosa che si è capita davvero è che l’intera classe politica non ha uno straccio di idea su come uscire da un disastro che condanna per lungo tempo l’Isola alla precarietà dei collegamenti con la Penisola e col Continente.
-Nel frattempo il neosindaco di Olbia assume comportamenti ispirati al più sfrontato bullismo. Con un’ordinanza revoca l’autorizzazione alla proiezione, in una rassegna precedentemente sponsorizzata dal Comune, del film di Sabina Guzzanti “La trattativa”, motivando la censura col fatto che il film mette in cattiva luce Berlusconi, Forza Italia e il suo elettorato.
Un provvedimento amministrativo di tal fatta non solo sarebbe da considerare giuridicamente nullo, ma, poiché non ha come presupposto un interesse pubblico e reca un danno ingiusto a terzi, a mio avviso rientra pienamente nella fattispecie dell’abuso d’ufficio penalmente sanzionato.
Non contento, il Sindaco manda i vigili urbani a impedire la proiezione del film in un altro locale pubblico, nel quale era stata alternativamente e autonomamente programmata la proiezione.
Se non è una fattispecie ulteriore di comportamento illecito, sicuramente è un’aggravante, come continuazione, del comportamento precedente.
-Infine, dalla Sardegna e dal Sindaco di Cagliari parte la resa dei conti della parte di SEL collaterale al PD, volta all’epurazione dei promotori della sfortunata esperienza di Sinistra Italiana.
Non è vero che Migliore era il peggiore: è stato solo il più coerente e soprattutto il più veloce.

Una proposta al Consiglio Regionale Sardo perché s’impegni per il NO alla modifica costituzionale Renzi-Boschi

stemma RAS Consiglio-regionale-SardegnaCONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XV LEGISLATURA

MOZIONE N. 241

MOZIONE ZEDDA Paolo Flavio – USULA - COCCO Daniele Secondo – ZANCHETTASOLINAS Christian – LAIPIZZUTO - AGUSGAIA sulle ricadute negative per la Sardegna a seguito dell’eventuale approvazione della riforma costituzionale licenziata del Parlamento in vista del referendum ex articolo 138 della Costituzione, nonché sull’improcrastinabilità della riscrittura dello Statuto sardo.

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IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:
- nella Gazzetta ufficiale del 15 aprile 2016 è stato pubblicato il testo della legge costituzionale C. 2613-D, avente ad oggetto “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” approvato da entrambe le Camere, in seconda deliberazione, a maggioranza assoluta dei componenti;
- la legge di riforma costituzionale suddetta è finalizzata, tra l’altro:
a) al conferimento in capo al Governo di alcune attribuzioni procedurali inerenti il potere legislativo che producono, in assenza di validi contrappesi istituzionali, un’eccessiva verticalizzazione del potere accentrato sull’Esecutivo;
b) al superamento del bicameralismo perfetto, con la trasformazione del Senato, compresa la sua composizione numerica, in un “Senato delle Autonomie”, modificazione che incide sul rapporto fiduciario con il Governo (con l’introduzione del principio di esclusività della sola Camera dei deputati per quanto concerne la rappresentanza della nazione e la titolarità del potere di indirizzo politico), sulle modalità di elezione (eliminandone l’elettività diretta) e sulla partecipazione dello stesso Senato al procedimento legislativo (con l’esclusione di alcune limitate eccezioni);
c) alla nuova riforma del titolo V con la soppressione della legislazione concorrente tra Stato e Regioni prevista dall’attuale articolo 117 della Costituzione e con il riassorbimento delle relative materie e di nuove nell’ambito della legislazione esclusiva dello Stato;
- SEGUE -

immigrazione in prospettiva evoluzionistica

neri per cagliari

di Pietro Greco su Rocca

Il clima cambia. E l’uomo va. «Out of Africa», fuori dal continente nero. No, non stiamo parlando (solo) delle migrazioni con i barconi che in questi ultimi giorni, mesi e anni salpano dalle coste della Libia o dell’Egitto e cercano di raggiungere l’Europa. Spesso senza, tragicamente, riuscirci.
Stiamo parlando di un fenomeno antico, che coinvolge da sempre e talmente il genere Homo da caratterizzarlo. Nessun altra grande scimmia antropomorfa migra come l’uomo. Ha iniziato Homo ergaster 1,5 milioni di anni fa. Ha fatto altrettanto Homo heidelbergensis (200mila anni fa) e poi ancora, più di una volta, Homo sapiens (125mila e poi 85.000 anni fa). Tutte queste specie sono uscite dall’Africa, dove erano nate, e si sono diffuse in tutto il mondo (Antartide escluso), seguendo la medesima strada: il delta del Nilo, il Sinai e il Medio Oriente. Talvolta hanno attraversato il mare più a sud e sono sbarcati in Arabia.
Tutte queste migrazioni sono state documentate in tempi recenti. Ma proprio negli ultimi mesi qualcuno ha ipotizzato, senza prove definitive, che prima Homo ergaster anche Homo naledi, dal corpo e dal cervello minuscoli ma dalle capacità cognitive piuttosto sviluppate, i cui resti sono stati rinvenuti in Sud Africa nel 2013, abbia lasciato l’Africa e sia giunto fino in Asia. I suoi pronipoti sarebbero quegli Homo floresiensis i cui fossili sono stati trovati nell’isola indonesiana di Flores a partire dal 2004. Oggi sappiamo che il piccolo Homo floresiensis, che molti chiamano vezzosamente hobbit, abbia frequentato l’isola per almeno un milione di anni venendo in contatto, meno di 20mila anni fa, con le avanguardie dell’ultimo tra i migranti africani, Homo sapiens.
Da dove nasce questa continua spinta delle specie Homo «a voler vedere se si sta meglio dall’altra parte della collina»? Se lo chiedono Valerio Calzolaio e Telmo Pievani all’inizio del libro, Libertà di migrare (pagg. 133; euro 12,00), che hanno appena pubblicato da Einaudi nella collana Vele. Un testo breve, ma denso e compatto. E ci accompagna lungo i sentieri di tutto il mondo al seguito di uomini che migrano, in ogni tempo e da ogni luogo.
Il libro tratta il problema, attualissimo, delle migrazioni con un taglio affatto originale. Valerio Calzolaio (giornalista e scrittore, più volte deputato e sottosegretario all’Ambiente tra il 1996 e il 2001) e Telmo Pievani (docente di Filosofia delle Scienze Biologiche presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova) rispondono in maniera nuova – e illuminante – alla domanda ponendo il tema delle migrazioni che oggi occupa stabilmente le prime pagine dei giornali di tutto il mondo e che sembra voler mandare in frantumi l’Europa, nell’unica prospettiva possibile: quella evoluzionistica.
L’uomo migra da sempre, ripercorrendo con sistematica continuità i medesimi percorsi e, soprattutto, per le medesime cause, peraltro intrecciate tra loro: le guerre, l’economia, i cambiamenti climatici e più in generale ambientali.
Quella evoluzionistica è una prospettiva importante sul piano culturale: perché narra e spiega a un tempo la nostra storia, che è appunto una storia di migrazioni. Di persone in carne e ossa, ma anche di idee. Ed è una storia di migrazioni non solo in epoca paleolitica, ma anche in tempi moderni. Cos’è la cultura occidentale – da Pericle a Obama; da Pitagora a Einstein – se non una storia di spostamenti di persone e di intere popolazioni? Una storia di migrazioni, appunto.
D’altra parte, come potremmo ricostruire anche solo la storia della nostra piccola italica penisola senza tener conto degli infiniti «out of Italy» e dei non meno numerosi «in in Italy» che l’hanno caratte- rizzata nel corso dei millenni e continuano a caratterizzarla persino nei nostri giorni?
al di là della collina
Già proprio l’Italia di oggi è il paese che forse meglio rappresenta il bisogno, tutto umano, di «voler vedere se si sta meglio dall’altra parte della collina». Giovani italiani partono, per vedere se si sta meglio oltre i declivi settentrionali delle Alpi. Giovani e meno giovani africani, ma anche asiatici e americani, mettono molto (troppo) spesso a repentaglio la loro vita e giungono in Italia per vedere se si sta meglio dal nostro lato della collina (o del mare). Ebbene, la prospettiva evoluzionistica in cui Calzolaio e Pievani pongono il fenomeno delle migrazioni, l’unica possibile per spiegare anche i fenomeni odierni, dimostra che la spinta a «vedere se si sta meglio dall’altra parte della collina» non è un’emergenza dell’oggi, ma dato strutturale della condizione umana. Gli uomini migrano da sempre per sfuggire a una minaccia bellica, per cercare da bere e da mangiare se nel proprio habitat per un qualsiasi motivo le risorse si sono esaurite. Perché, sottolineano Calzolaio e Pievani, l’ambiente cambia.
Le migrazioni non sono un fatto raro in natura. Basta osservare le rondini o le anguille. Ma, nell’ambito dei primati, quella che il giornalista Franco Prattico chiamava la «frenesia del viaggio» è pressoché esclusiva delle specie che classifichiamo come appartenenti al genere Homo. Nessun altra grande scimmia antropomorfa, per esempio, ha sentito il bisogno di vedere sistematicamente se si sta meglio dall’altra parte della collina. La «frenesia del viaggio» si è rivelato un carattere vincente ed è determinata, probabilmente, sia dalla straordinaria capacità di adattamento della specie umane sia dalle loro capacità cognitive.
Ponendo le migrazioni in’ottica evoluzionistica – l’unica possibile, ripetiamo, per capire il fenomeno – scaturiscono almeno tre conseguenze.
inutile e controproducente erigere muri
È inutile erigere muri: reali o virtuali. Quando le cause sono la guerra e/o la scarsità di risorse e/o i cambiamenti ambientali, la spinta a migrare è tale che qualsiasi ostacolo sarà rimosso o aggirato. La Grande Muraglia non è riuscita a contenere la spinta a migrare delle popolazioni mongole in Cina; così come il Vallo di Adriano e innumerevoli altri muri non sono riusciti a contenere le spinte dei migranti del nord d’Europa (allora) povero verso il sud (allora) più ricco. Allo stesso modo i tanti muri virtuali e reali lungo le frontiere non riusciranno a trasformare l’Europa in una fortezza inespugnabile. È ingiusto erigere muri. Non a caso Calzolaio e Pievani hanno dato il titolo Libertà di migrare al loro libro. Perché quella di andare via o di restare nel proprio paese è e va riconosciuto come un diritto universale dell’uomo. E i migranti devono avere un esplicito riconoscimento giuridico di questo diritto: iniziando ad allargare lo status riconosciuto ai rifugiati bellici anche ai rifugiati climatici, sostengono Calzolaio e Pievani.
È controproducente erigere muri. Oggi i migranti venuti dal sud povero del mondo assicurano una quota importante del Prodotto interno lordo dei paesi ricchi del nord. Senza i migranti, noi abitanti del nord del mondo saremmo più poveri e non riusciremmo (si pensi al caso delle badanti) ad assicurare servizi essenziali. Ma soprattutto le rimesse dei migranti – circa 500 miliardi di euro nel 2014 – sono il miglior strumento per trattenere le popolazioni povere nei paesi originari. Basti pensare che queste rimesse sono tre volte superiori agli «aiuti allo sviluppo» messi (sempre meno) a disposizione da parte dei paesi ricchi. La «libertà di migrare» va certo regolata e ordinata, ma non va negata.
Ci sono, infine, un quarto e un quinto punto che – nella prospettiva evoluzionistica delle migrazioni – dobbiamo prendere in considerazione.
I cambiamenti climatici ridisegneranno – stanno già ridisegnando – la geografia del mondo. Zone accoglienti diventeranno (stanno già diventando) a rischio; mentre zone inospitali diventeranno (stanno già diventando) accoglienti. Inevitabilmente nei prossimi decenni avremo nuovi e più massicci flussi migratori. Noi stessi, abi- tanti del Mediterraneo, potremmo sentire presto la necessità di andare a vedere se dall’altra parte della collina si sta meglio.
il boomerang della fortezza Europa
Costruire mura oggi da parte nostra potrebbe rivelarsi un tragico boomerang domani. Potremmo restare ingabbiati nella prigione da noi stessi eretta. Si veda, a tal proposito, quel bellissimo esempio di climate fiction che Bruno Arpaia a pubblicato per Guanda, dove narra, appunto, le avventure di migranti italiani che, alla fine di questo secolo, cercano di fuggire al caldo e al degrado provocati dai cambiamenti del clima nel Mediterraneo e cercano un po’ di refrigerio nel Nord d’Europa. Trovando gli stessi ostacoli e gli stessi muri che oggi ostacolano il nuovo «out of Africa».
Ma il tentativo di realizzare la fortezza Europa è già un boomerang. Nulla, infatti, più del tentativo, peraltro inefficace, di negare la «libertà di migrare» e di costruire la «fortezza Europa» sta mandando in frantumi l’Unione Europea. Stiamo cercando di contenere il mare con un secchiello, pagando un prezzo elevatissimo per acquistare l’inutile contenitore.

Pietro Greco

www.rocca.cittadella.org



Rocca

Rocca 14 15 lug 16