Monthly Archives: luglio 2016

Lunedì 25 luglio 2016

Logo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413. .
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- Oggi lunedì 25 luglio, vigilia della festa patronale di Sant’Anna, a Stampace. San Giorgio Vescovo di Suelli: una storia, un cammino, una chiesa che non c’è più.
San Giorgio a Stampace

Università e territorio. La “terza missione” e l’Università come agorà

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di Franco Meloni*

E’ di questi giorni la notizia che la Regione Sarda cofinanzierà – utilizzando i fondi europei, con un investimento di 1 milione e 200mila euro, totale ripartito nei prossimi tre anni – l’attività del progetto Contamination Lab dell’Università di Cagliari, giunto quest’anno alla quarta edizione (1). Il ContaminationLab (Clab) aiuta i giovani studenti, di diverse appartenenze disciplinari, a ipotizzare e praticare nuova impresa legata ai saperi appresi o comunque sviluppati in ambito universitario. E’ solo un buon esempio, tra i tanti, della realizzazione della “terza missione” dell’Università, che affiancandosi alle altre due missioni canoniche della ricerca scientifica e dell’alta formazione, mette a sistema capacità e conoscenze al servizio del territorio.

Ma non ci basta, perchè quantunque oggi risulti evidente lo sforzo dell’Università di impegnarsi in tale direzione, se ne coglie ancora una persistente inadeguatezza rispetto alle esigenze della nostra società, tanto da giustificarsi tuttora l’accusa di sua eccessiva autoreferenzialità, che ne limita le potenzialità. E invece la nostra società ha bisogno come il pane delle conoscenze – elaborate, in parte importante, seppure non in esclusiva, al suo interno – che complessivamente costituiscono un fattore indispensabile per lo sviluppo dei territori e per il benessere delle comunità. E allora, cosa chiedere di più all’Università rispetto a quanto già fa positivamente? Innanzitutto di sviluppare la capacità di ascolto dei cittadini, delle imprese, delle amministrazioni e dell’associazionismo, moltiplicando al riguardo le occasioni di confronto, oltre le sedi formali. E, in conseguenza, di adeguare la sua offerta formativa e la sua presenza nel sociale. In pratica, come efficacemente sostiene Pietro Greco, giornalista di Rocca, “significa che nell’aprirsi l’Università si proponga come una «nuova agorà», una delle piazze della democrazia partecipativa (dove i cittadini si riuniscono per documentarsi, discutere e decidere) e della democrazia economica (dove non solo le grandi imprese attingono conoscenza per l’innovazione, ma i cittadini tutti acquisiscono i saperi necessari per il loro benessere, per la loro integrazione sociale, persino per una imprenditorialità dal basso)… superando l’ambito, riduttivo, del trasferimento di conoscenze per l’innovazione tecnologica e costituendo «reti sociali» con associazioni, centri culturali, enti locali, cittadini, lavoratori, imprese (piccole, medie e grandi)… promuovendo la nascita di un’intera costellazione di nuovi attori culturali, che si interfacciano con la società, e dall’altra sviluppando nuova conoscenza intorno ai rapporti scienza e società, con appositi centri interdisciplinari di ricerca” (2). – segue –

Caravaggio

Caravaggio_-_Giuditta_e_Oloferne_(1598-1599)- Giuditta e Oloferne.

Migranti. Gli invisibili (alle Istituzioni) di piazza Matteotti

imageDai giochi della storia ai giochi della vita.
di Roberto Paracchini
Racconta Erodoto che Ciro, il fondatore del’impero persiano mandò alcuni emissari a verificare come fossero fatte queste città greche che “osavano” contrastare l’egemonia del suo impero sulle coste dell’asia minore. Al ritorno – racconta sempre Erodoto – il resoconto tranquillizzò Ciro che, abituato alle grandi strutture intese anche come simbolo di potere, pensò non ci fosse nulla da temere “da un posto con un buco nel mezzo, in cui la gente si incontra per parlare”. Il valore dell’agorà (luogo anche delle assemblee e del teatro) non venne tenuta in alcun conto. Poi arrivarono le sconfitte di Maratona e Salamina. Le piazze, quindi, come punto di incontro e di scambio. Ognuna nata in occasioni e con funzioni differenti.
La piazza Matteotti, edificata nella seconda metà dell’Ottocento come giardino della stazione delle ferrovie Reali di Cagliari, voleva simbolicamente essere anche un luogo di incontro e, forse, di benvenuto; di scambio tra chi arrivava e chi partiva. E le piazze, appunto, hanno, o dovrebbero pure questa funzione, anche e – se si vuole – soprattutto in una città potenzialmente policentrica come Cagliari in cui le piazze possono assumere funzioni differenti, pur all’interno di un minimo comun denominatore di incontro, dialogo e scambio che, ovviamente, va saputo declinare in rapporto all’evolversi delle situazioni storiche.
Piazza Matteotti è oggi diventata quasi un simbolo di quel che sta avvenendo nel mondo, una cartina di tornasole per leggere di guerre per il controllo delle fonti energetiche e non solo; di scelte strategiche per lo più sbagliate dell’occidente (basti l’esempio dell’Isis che – sono parole di Hillary Clinton – è nata grazie agli americani); di un nuovo peso (pur contraddittorio) della Cina e della Russia; di devastazioni, espropriazioni (dell’acqua e delle terre, solo per dirne due); malattie devastanti; e di degrado. Quindi migrazioni: dei profughi e di chi fugge da degrado, fame e malattie (detti impropriamente migranti economici, come se il diritto alla vita fosse un optional). Emigrazioni che rivestono il XXI secolo e che, viste le premesse, possono essere definite epocali e destinate ad essere prolungate nel tempo, almeno – così sostengono in molti – per i prossimi venti o trent’anni. Allora che fare? I corni del dilemma (per chi si trova in posizione di ospite) potrebbero (molto schematicamente) venir ridotti a due: da un lato c’è chi sfrutta e, soprattutto, alimenta l’economia della paura; dall’altro c’è chi parla di solidarietà.
1 – Con un minimo di analisi è facile smontare le tesi dell’economia della paura, basata fondamentalmente sull’ignoranza e, in parte, la malafede; ma il problema è il rischio – se non si opera in tempo – che questa “economia della paura” colonizzi settori sempre più ampi di senso comune (ne è un esempio il forte dibattito ricco di proteste che si è sviluppato nella trasmissione radiofonica Fahrenheit di Rai3 alla notizia che il governo ha deciso di recuperare il traghetto affondato in mare con all’interno almeno trecento salme di migranti; protesta in cui, in sintesi, si chiedeva di investire quei soldi in altro modo). Sintomo, questo, di quanto il degrado di alcuni valori (come la pietas verso i morti da restituire ai parenti) stia investendo anche settori considerati più aperti come gli ascoltatori di questa storica trasmissione radiofonica.
2 – Il parlare di solidarietà è importante e necessario, ma non basta, non è sufficiente. E’ certamente determinante entrare in un’atmosfera di solidarietà (concetto sviluppato soprattutto dal cattolicesimo sociale, ma anche dal socialismo sociale e da ampi settori del pensiero liberale) ma che – ripeto – non basta più in rapporto alla dimensione storica del fenomeno che stiamo vivendo; e questo perchè implica – la solidarietà – un rapporto per lo più verticale (chi ha da, chi può fa ecc., in solido e/o in impegno), mentre oggi abbiamo bisogno di valori che si sviluppino in orizzontale, ovvero che siano reciproci e, quindi, collegabili a una reciproca obbligazione. Oggi, anche per la crisi persistente in cui stiamo vivendo e le sfilacciature socio culturali che questa produce, occorre fare un passo avanti. Capire, insomma e ad esempio, che quando si parla di dare la cittadinanza agli immigrati è anche e soprattutto per difendere la nostra qualità della vita: chi si sente ai margini ed è privo dei diritti fondamentali della persona, ha processi di convivenza più difficili ed è quindi più facile che abbia momenti di reazione scomposta. Da cui: a) dare loro la cittadinanza significa difendere i nostri stessi diritti; in generale infatti se questi diritti valgono per chi non può difendersi o lo può fare meno di noi, varranno sempre più anche per noi e b) la possibilità reale di maggiore serenità, dialogo, convivenza e, quindi, progresso per tutti.
3 – In questa prospettiva occorre essere pragmatici e operare di conseguenza: a) conoscere le norme, soprattutto le ultime, che regolano il flusso di queste giovani e questi giovani, b) elaborare un progetto di inclusione da realizzarsi in modo articolato e con delle priorità, da scegliersi in maniera, ripeto, pragmatica, c) parallelamente attivare in collaborazione con l’università delle inchieste participate per conoscere la situazione di queste persone e d) quarto in ordine concettuale ma non di tempo, coinvolgere le istituzioni pubbliche.
Cagliari, ad esempio, non mi risulta abbia mai attivato programmi per gli immigrati (esistono, ad esempio, fondi ministeriali, che poi provengono dall’Europa) per i profughi (a Badolato, prov. di Catanzaro, sono state ristrutturate ottanta abitazioni disponibili del centro storico con un finanziamento del ministero degli Affari sociali seguendo un progetto del Centro italiano per i rifugiati; e realizzato il tutto in collaborazione col Comune. In altri posti sono state istituite delle cooperative. A Riace (Reggio Calabria, diventata una cittadina di riferimento internazionale per le buone pratiche in questo settore) il ministero fornisce trenta euro al giorno per immigrato (anche questi provenienti dall’Europa) che vengono utilizzati per iniziative che coinvolgono gli immigrati e non solo, permettendo la riapertura di diverse botteghe artigiane che vanno a benefici di tutti gli abitanti del paese.
4 – Come accennato è importante il coinvolgimento immediato dell’università per attivare ricerche participate trasversali: sia sulle condizioni di queste persone, sia sul territorio (censimento delle botteghe artigiane, ad esempio, di quelle che ci sono e di quelle che c’erano), sia su quello che fa la prefettura e sulle possibili modalità alternative (teoriche e già messe in pratica) al semplice parcheggio di questi giovani in case (ex alberghi o ex agriturismi), che è quello che si sta facendo in Sardegna (salvo piccolo eccezioni che si rifanno a Riace) e in prevalenza nel resto d’italia; attività indispensabile per iniziare a creare una rete di scambio di informazioni.
5 – Attivazione di momenti di animazione che coinvolgano questi ragazzi (i nuovi immigrati come, ad esempio, quelli che stazionano in piazza Matteotti), e le comunità che già esistono coinvolgendo i mediatori culturali che già operano in questo settore, puntando – ma è solo un esempio – a realizzare anche iniziative teatrali come la messa in scena – riadattata – dei Persiani di Eschilo in cui il punto di vista è proprio quello dei persiani, degli sconfitti.
In questo quadro è importante – ripeto – puntare a rapporti di reciprocità con queste giovani e giovani (in termini di impegno lavorativo e sociale) ed è per questo che è importante capire bene le nuove norme coinvolgendo subito, oltre all’università, qualcuno della prefettura, ma anche dei servizi sociali del Comune e della Provincia.
6) Vien da sè che non c’è niente di meglio, per sconfiggere, l’economia della paura, che attivare progetti in cui queste persone siano utili a se stessi e, quindi, anche a noi. Ed è importante che all’interno degli stessi progetti vi sia la presenza di immigrati e di persone locali. ll difetto del multiculturalismo è stato quello di avere, indirettamente, creato comparti scarsamente comunicanti tra loro. Il discorso corretto, credo, sia invece quello dell’interculturalismo, in cui è importante creare scambi alla pari, ovvero momenti di negoziazione reciproca all’interno di un quadro ampio, che potrebbe essere la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In questo senso Riace, pur trattandosi di una realtà diversa e molto più piccola di Cagliari, va esaminato con attenzione, non tanto per replicarla, ma per trarne spunti e suggerimenti.
7) Poi vi sono tutti i problemi di carattere economico, basti dire che in Italia ben 14 miliardi di euro vengono pagati all’Inps dagli immigrati. Discorso ampio e qui solo da accennare, ma importante da fare pubblicamente in parallelo alle prime iniziative in questo settore, per mostrare il ruolo che gli immigrati hanno già e di fatto nella nostra realtà.
Un modo, infine, per recuperare un luogo, piazza Matteotti (da cui è partito il discorso), alla città valorizzandone il suo valore storico e simbolico di area di incontro e dialogo.

​​​​​​​​Roberto Paracchini

Domenica 24 luglio 2016

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- Info: da domani al Sankara - segue -

Trasmetti la Costituzione nata dalla Resistenza ai tuoi figli

NO NO NOOOTrasmetti la Costituzione nata dalla Resistenza ai tuoi figli
23 Luglio 2016
Appello straordinario del Coordinamento democrazia costituzionale

La sproporzione delle forze in campo è evidente. Da un lato abbiamo il Governo che ha reclutato i migliori professionisti internazionali della persuasione, ha dalla propria parte una larga parte della carta stampata ed attua una pervasiva informazione sulle reti televisive pubbliche. Fondi illimitati, mezzi illimitati, ed una pervicace decisione di imporre al Paese le nuove regole che ha fatto approvare dal parlamento.
Dall’altra parte c’è un gruppo di volontari. Molta forza ideale, un impegno fisico quotidiano che sta diventando difficile da sostenere, perché tutti hanno una vita, lavoro, famiglie.
Tuttavia i volontari stanno affluendo sempre più numerosi. Ogni giorno nascono mediamente due comitati locali, il numero supera ormai i 400.
E’ un fenomeno di partecipazione straordinario, che testimonia quanto ancora ci sia di sano nel nostro Paese.
Tuttavia, come detto, la lotta è ìmpari. Non abbiamo soldi per stampare i materiali, per affittare gli spazi; se vogliamo organizzare un concerto non abbiamo soldi per montare un palco, vorremmo organizzare concerti, manifestazioni, convegni.
Se i sostenitori del Sì suonano il loro piffero alla Rai, noi dobbiamo almeno suonare le campane nelle piazze.
Dunque, a fianco della folta brigata di volontari che si stanno battendo per la Democrazia futura, ci rivolgiamo ad un gruppo di donatori a cui chiediamo un sacrificio straordinario. Sono 139 , come gli articoli della Costituzione che dobbiamo salvare, idealmente uno per ogni articolo della Costituzione originaria, a cui chiediamo di donare, ciascuno, 1.000 euro a testa per sostenere il nostro impegno per il No nel referendum costituzionale. E’ una somma molto elevata, è chiaro. – segue –

Maurizio Landini. Un NO per salvare la democrazia

Landini di Luisa SassuPubblichiamo anche noi l’articolo di Ottavio Olita sull’assemblea a difesa della Costituzione con Maurizio Landini, da “il manifesto sardo”. L’Unione sarda ha dedicato un grande spazio al dibattito al referendum voluto dal PD ignorando del tutto l’assemblea dei promotori del No con Landini. (Red)

“Un No in autunno, per poter poi dire tanti Sì, in Primavera, ai referendum proposti dalla Cgil per abrogare le vergognose leggi sul lavoro varate dal Governo”. E’ stato questo uno degli slogan lanciati con maggior forza da Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom-Cgil, intervenuto a Cagliari, su richiesta del Comitato per il No al referendum costituzionale.

Il ragionamento che ha sviluppato Landini è partito dal rifiuto dell’affermazione, ripetuta continuamente dai proponenti la riforma – che in realtà, ha detto, andrebbe definita una ‘revisione’ in chiave autoritaria della Carta Costituzionale – che chi si schiera per il No vuole la conservazione contro il cambiamento, la stasi contro la modernizzazione.

Un No, forte e chiaro, deve essere affermato contro lo stravolgimento della Costituzione, carta dei diritti fondamentali del cittadino italiano, diritti già ridotti o addirittura negati da altre leggi varate dal Governo Renzi. Come la riforma sanitaria, che sta costringendo undici milioni di uomini e donne a rinunciare a curarsi perché non sono in grado di affrontare le spese relative; oppure come la riforma della scuola; o ancora come il Jobs Act che stravolge l’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

“Un tempo – ha poi voluto ricordare Landini -, quando ragazzi come me cercavano lavoro, si rivolgevano all’ufficio di collocamento e da lì ricevevano indicazioni su dove avrebbero potuto trovare un impiego. Oggi se non hai conoscenze, amicizie, protezioni, come lo trovi un lavoro? E quando lo trovi oltre a vederti negate tutele fondamentali, ti pagano anche con i voucher, denaro proveniente dalle finanze pubbliche”. Grazie a questo meccanismo, contro il quale la Cgil ha proposto i referendum abrogativi della prossima primavera, viene di fatto scardinato l’articolo principe di tutta la Carta Costituzionale: il lavoro come diritto. Quindi, altro che modificare solo la seconda parte della Costituzione!

Costituzione calpestata anche quando, dopo la caduta del Governo Berlusconi, nel 2011, invece di chiamare i cittadini alle urne per una nuova consultazione politica, si scelse la strada consigliata dalla Bce in una lettera scritta in agosto e fatta conoscere soltanto un mese più tardi. Invece di affidarsi al voto dei cittadini si scelse la strada di una nomina – quella di Monti – decisa dal Parlamento. Quella lettera della Bce ha dato il via ad un rapporto con il mondo finanziario del tutto distorto che si vive in un’Europa diventata tutt’altra cosa rispetto ai progetti di democrazia su cui era stata costruita. Gli unici riferimenti sono solo le borse e, soprattutto per quanto riguarda il lavoro, i modelli stanno diventando simili gli uni agli altri: in Spagna, in Italia, in Francia. E poi ci si chiede perché prima la Grecia e poi, con un atto formale, la Gran Bretagna, hanno espresso la loro protesta contro questo tipo d’Europa.

Perché non pensare, allora, che possa passare proprio attraverso le trasformazioni delle leggi sul lavoro, smantellandone i principali sistemi di tutela, l’attacco frontale alle costituzioni democratiche?

La passione con la quale Landini ha affrontato questo punto ha rappresentato un vero salto di qualità anche nel modo in cui il più delle volte si sviluppa il dibattito intorno al Sì o al No. La riduzione degli spazi di democrazia, la consegna del Paese nelle mani del vincitore delle elezioni – che sulla base del cosiddetto ‘progetto di riforma’ può arraffare tutto anche solo con un 25% dell’elettorato, a fronte dell’astensionismo che continua a crescere – porta con sé un grande rischio per il futuro democratico del Paese. E in un momento di particolare gravità internazionale, quando in Europa e nel mondo si susseguono attentati e conflitti che ad alcuni storici hanno ricordato quel che avvenne agli inizi del ‘900 prima dello scoppio della prima guerra mondiale.

La riduzione degli spazi di democrazia è pericolosa per tutti, sia per chi oggi è all’opposizione, sia per chi governa. Chi può avere la certezza che affidando tutto il potere ad un premier trasformato di fatto in amministratore delegato del Paese ci sarà sviluppo e progresso? Solo una più ampia partecipazione, l’ascolto, l’incontro, come riaffermato in tante parti della Costituzione è la giusta garanzia per un corretto svolgimento della vita democratica.

Le ultime due considerazioni di Landini hanno riguardato l’affermazione – assolutamente falsa – del risparmio che la riforma del Senato così progettata apporterebbe alle casse del Stato (visto che in realtà tutto l’apparato non verrebbe minimamente intaccato) e l’idea che un Consigliere Regionale o un Sindaco possano svolgere bene due lavori, quando già hanno difficoltà a svolgere quello per il quale sono stati eletti. “Almeno ne facessero bene uno!”.

Infine l’ipotesi di spacchettamento tra riforma costituzionale e legge elettorale. “Che la finiscano di prenderci in giro e basta cercare di allontanare i tempi del voto per paura della sconfitta”. La proposta di spacchettamento – ha concluso il segretario nazionale della Fiom – è un tentativo di dilazione che non servirà a nulla.

Centinaia di persone – ascoltando Landini che ha saputo unire mirabilmente analisi economica, analisi politica e ruolo del sindacato – si sono ritrovate ad appassionarsi di nuovo alla politica ricondotta alla sua più completa e forte idealità. Forse è questo il percorso che bisognerebbe seguire con maggior decisione da quanti si battono per il No: basta con le alchimie e le sottili disquisizioni. Diciamo con chiarezza che questa riforma costituzionale è un attacco frontale alla partecipazione e riduce drasticamente gli spazi de democrazia. In settembre anche la Cgil si pronuncerà pubblicamente dopo una riunione del direttivo che – in un documento prodotto tempo fa – ha già espresso un giudizio fortemente negativo sul contenuto e sulla forma del testo di riforma costituzionale. Nel 2006 nella sede nazionale della Cgil venne istituita la centrale operativa del movimento “Salviamo la Costituzione” contro il progetto varato da Berlusconi. Chissà che non lo possa diventare anche quest’anno, nonostante i distinguo che parte della Cisl e parte della Uil hanno preannunciato.

La data del referendum, dopo i tanti proclami del “Genio Toscano” – così lo ha chiamato Landini – ancora non è stata fissata. Abbiamo il tempo e la volontà per lavorare al meglio.

Sabato 23 luglio 2016

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Migranti invisibili alle Istituzioni

imagedi Vito Biolchini, su vitobiolchini.it

Il sindaco di Cagliari Massimo Zedda è evidentemente un recidivo: già un anno fa in piazza Matteotti, proprio davanti al suo ufficio in municipio, si era verificata un’emergenza legata alla presenza di migranti (ecco il mio post dell’11 agosto 2015: “Ma il comune di Cagliari non può fare proprio niente per i migranti che dormono in piazza Matteotti?”).

In quell’occasione, con grande riluttanza e dopo l’intervento dell’opinione pubblica e di un politico di centrodestra (Piergiorgio Massidda), per i migranti era stata trovata una più decorosa sistemazione alla Fiera (ed ecco il post con i relativi commenti: “A Cagliari una iniziativa di accoglienza straordinaria per i profughi eritrei”).

Ora la storia si ripete. Da settimane la centralissima piazza Matteotti è un bivacco di ragazze e ragazzi africani che, nella speranza di lasciare presto l’isola, hanno abbandonato i centri di accoglienza cui erano stati assegnati per stare vicino al porto.
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Cultura. Bonas noas

Occorre attivarsi al più presto.
o-circo-seuratMibact – immobili dello Stato per centri di arte, musica, danza e teatro
Angela Lamboglia | 07 Luglio 2016 |Notizie su FASI

Gli immobili inutilizzati potranno diventare spazi per associazioni di artisti che saranno responsabili della loro manutenzione

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Cresce il fronte del NO nel referendum costituzionale

consiglio-regionale-featuredMANICHE DI LANDINIAnche in Consiglio regionale una mozione per il NO

democraziaoggiRed su Democraziaoggi

Landini oggi a Sarroch per i 115 anni della FIOM

LANDINI PER IL NO- Su Democraziaoggi.

Caravaggio

Michelangelo_Caravaggio_Narciso
- Narciso.

Venerdì 22 luglio 2016

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Folla all’iniziativa del Comitato per il No nel referendum con Maurizio Landini

si inizia con LandiniLandini di Luisa SassuGIANNACAOCILANIDINIPUBBLICOMANICHE DI LANDINI E’ ora di rimboccarci le maniche!
- La notizia riportata dall’Ansa.