Monthly Archives: maggio 2016
Passata Da die 2016 prepariamo Sa die 2017
Riceviamo dal Comitato Po Sa die de Sa Sardigna e volentieri diffondiamo.
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Cari amici,
il prossimo appuntamento è per mercoledì 11 maggio alle ore 17,30 presso la Cineteca Sarda, viale Trieste, Cagliari.
L’ o.d.g. prevede:
- valutazione della appena passata edizione de Sa Die;
- prospettive future;
- varie ed eventuali.
Ovviamente è importante la presenza alla riunione di tutti i responsabili delle Associazioni aderenti al Comitato e di coloro che col Comitato intendono collaborare.
La conclusione è prevista entro le ore 19,00.
Vi invito a segnalarmi eventuali problemi e ad essere presenti e puntuali.
Cordiali saluti, Piero Marcialis
In giro per la rete
Per Soru condanna, ma si tratta solo del primo grado. Aspettiamo da garantisti l’evolversi della vicenda giudiziaria. Doverosamente daremo informazioni sulle fasi successive.
[Da vitobiolchini.it] Per Soru dimissioni tardive, tra il tradimento del centrosinistra e i silenzi dei giornali
“Forse è venuto il momento di farci qualche domanda sui meccanismi di selezione della classe politica in Sardegna”. Il commento di Vito Biolchini, su vitobiolchini.it – 05/05/2016 alle 17:20
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————aggiornamento del 3 dicembre 2020—————
ANSA.it Sardegna
Soru assolto da evasione fiscale
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Riceviamo e senza alcun problema, da parte nostra, diamo atto dell’assoluzione del dott. Renato Soru, per la vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto, pubblicando integralmente la precisazione della responsabile dell’Ufficio Relazioni esterne Tiscali SpA.
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Testo del messaggio:
Buongiorno.
Vi scriviamo per chiedervi la rimozione o
l’aggiornamento e la deindicizzazione di un
lancio da voi pubblicato nel 2016, che fa
riferimento ad un articolo di Vito Biolchini sul
processo che vedeva Renato Soru, attualmente
Amministratore Delegato di Tiscali S.p.A.,
imputato per evasione fiscale:
[omissis]
Nella sentenza dell’8 maggio 2017 la Corte di
Appello di Cagliari assolve Renato Soru. Si può
leggere la notizia su vari quotidiani e agenzie,
fra cui Ansa:
http://www.ansa.it/sardegna/notizie/2017/05/08/soru-assolto-da-evasione-fiscale_05372cfe-7b87-4d67-8b33-f88138fd242f.html
e anche l’articolo di Vito Biolchini è stato
conseguentemente aggiornato.
Il contenuto del lancio succitato, che non è
stato aggiornato nella parte relativa alla
condanna, riporta pertanto notizie superate dai
fatti successivi ed è suscettibile di cagionare
un’evidente e grave lesione dei diritti di
Renato Soru, sia sotto il profilo del trattamento
dei dati personali, sia sotto il profilo della
tutela del proprio onore e della propria
reputazione.
Il Dott. Renato Soru intende pertanto esercitare i
diritti che gli competono in ordine alla
cancellazione dei suoi dati personali secondo le
disposizioni del Regolamento UE 679/2016 e, in
particolare, dell’art. 17 del predetto
regolamento.
A tale riguardo, ribadiamo inoltre come, secondo
la giurisprudenza comunitaria e nazionale, di
legittimità e di merito, costituisca principio
acquisito che la persistente pubblicazione e
diffusione, di una risalente notizia di cronaca,
esorbiti, per la sua oggettiva e prevalente
componente divulgativa, dall’ambito del mero e
lecito trattamento di dati giornalistici per scopi
storici o redazionali, configurandosi come
violazione del diritto alla riservatezza quando,
in considerazione del tempo trascorso, sia da
considerarsi venuto meno l’interesse pubblico
alla notizia stessa ricorrendo, dunque, i
presupposti del cd. “diritto all’oblio”.
Vi chiediamo dunque di voler provvedere alla
rimozione del lancio in oggetto o, in alternativa,
al suo aggiornamento e relativa deindicizzazione
dai motori di ricerca.
Vi ringraziamo anticipatamente per la vostra
collaborazione.
Cordiali Saluti,
Ilenia Loi
Responsabile Relazioni Esterne Tiscali Spa
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Questa email è inviata via modulo di contatto il
Aladin Pensiero https://www.aladinpensiero.it
Perchè spostare il monumento a Carlo Felice: “Non si tratta di rimuovere la storia, si tratta leggerla correttamente, assegnando onorificenze ai personaggi che le hanno meritate”
SARDEGNA COME LA NAMIBIA?
di Valeria Casula
mi inserisco un po’ in punta di piedi in questo gruppo [Spostare la statua di Carlo Felice] che seguo con interesse non perché abbia contributi storici con cui arricchire i contenuti del gruppo, ma perché ho piacere e desidero condividere con voi le ragioni che mi hanno spinto non solo ad aderire ma a sostenere attivamente, per quel che posso, l’iniziativa per la rimozione della statua di Carlo Felice.
Tali ragioni non risiedono tanto nel fatto che mio padre figuri fra i promotori, lui ha promosso decine se non centinaia di iniziative analoghe che non mi hanno mai visto al suo fianco come sostenitrice, al limite mi sono limitata ad aderirvi personalmente, ove le condividessi.
La ragione per cui quella statua mi umilia risiede nel mio vissuto personale, quando nell’ormai lontano 2000 con un paio di amiche partimmo per un magnifico viaggio in Namibia.
Sapevamo poco di quel paese prima della partenza, solo poche date lette in aereo prima di atterrare sulla guida turistica: colonia tedesca dal 1884 al 1915 (in cui vive ancora una minoranza tedesca), poi sotto il Sud Africa e indipendente dal 1990.
Trascorremmo la prima serata a Windhoek, la capitale e l’impatto fu subito forte in quanto notammo che l’apartheid, formalmente abolita anche in Sud Africa da oltre 5 anni, costituiva di fatto ancora una realtà: i locali tedeschi riportavano la scritta “Right of admission reserved” ed i locali dei nativi erano di fatto esclusivamente frequentati dai neri. I nomi di moltissime strade e piazze erano tedeschi, tutto evocava la Germania.
Ciò che mi stupì maggiormente fu vedere i ragazzi neri che allegramente passeggiavano nel centro della città indifferenti ad uno dei principali monumenti, il Reiterdenkmal, monumento equestre in onore dei soldati delle Schutztruppe caduti durante le guerre Herero.
Mi dissi: “Ma come fanno a restare tanto indifferenti? Perché non hanno ancora demolito quella statua? Perché ora che son liberi non erigono monumenti ai loro eroi, a chi ha dato la vita per liberare la Namibia?” Provai pena e compassione per quelle persone che, benché ormai libere, rimanevano ancora schiave, in regime di apartheid, tanto schiave da non “permettersi” neanche di rimuovere le onorificenze ai loro carnefici. – segue –
Condanna per Soru in primo grado per evasione fiscale. Noi siamo garantisti e doverosamente aspettiamo tutti i gradi della procedura giudiziale. Intanto si dimette da segretario regionale del Pd. Decisione apprezzabile che gli fa onore.
Per Soru condanna in primo grado, i sardi rappresentati da indagati o condannati
5 Maggio 2016
Non sono giorni lieti per le istituzioni, per la Sardegna, per il Paese. Ieri Satta è passato dalla cella di Bancali ai banchi del Consiglio regionale. E insisto nel dire che il Presidente Ganau avrebbe dovuto avere il coraggio di riufiutare il giuramento e farlo insediare dal commissario ad acta, nominato dal giudice. Oggi il segretario regionale del PD ed europarlamentare, nonché patron di Tiscali, Renato Soru è stato condannato a tre anni di reclusione. Evasione fiscale, signori per Soru, traffico internazionale di droga per Satta!
“Sentenza ingiusta“, sentenzia Soru. “Farò il bene dei sardi” dichiara Satta.
Soru era accusato di aver evaso 2,6 milioni di euro nell’ambito di un prestito fatto dalla società Andalas Ldt (sempre di Soru) a Tiscali. Il pm Andrea Massidda aveva chiesto una condanna a quattro anni. L’indagine su Andalas è iniziata nel 2009 dopo una trasmissione di Annozero. - segue -
Vent’anni di Monumenti Aperti tra gioia e condivisione
di Carla Deplano
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Per la ventesima edizione di Monumenti Aperti, Imago Mundi ci chiede di guidare l’approccio alla preparazione delle visite guidate in base a tre parole chiave: Memoria, Gioia e Condivisione.
Il mio personale auspicio per questa edizione straordinaria è che docenti e discenti possano contribuire fattivamente – nei limiti spazio-temporali della manifestazione – alla valorizzazione del patrimonio artistico-culturale locale e, insieme, allo sviluppo di un benessere individuale e sociale teso ad un miglioramento della qualità di vita, suggerendo nuovi percorsi ed aprendo nuovi dialoghi.
A parte la memoria delle esperienze scolastiche pregresse, un tema scelto dal comitato di Monumenti Aperti per questa particolare edizione festosa ed autocelebrativa è quello della GIOIA.
Ora, facendo riferimento al campo della Psicologia dell’arte mi vengono subito in mente alcune considerazioni di carattere teorico, ma facilmente riscontrabili nell’osservazione diretta dell’atteggiamento e della predisposizione mentale e d’animo del pubblico nella fruizione dell’arte e dei beni culturali in generale.
Ne anticipo qualcuna, che ha rappresentato la base di partenza per riflessioni e considerazioni più prosaiche e applicabili al contesto scolastico.
Freud interpretava l’arte come appagamento del desiderio, che derivava da sogni/proiezioni/pulsioni/bisogni inappagati e che portava naturalmente verso un processo di immedesimazione/empatia/gratificazione del pubblico noto come sublimazione. Il pubblico, attraverso l’arte, otterrebbe in tal senso, nel mondo della finzione, una soddisfazione dei propri impellenti bisogni e delle proprie tendenze biologiche, che coinciderebbero con quelli dell’artista. - segue –
SCIENZA E FANTASCIENZA TRA CONOSCENZA INQUIETUDINE E MERAVIGLIA
L’intelligenza artificiale come realtà e la fantascienza come prefigurazione di futuri che la scienza sviluppa e verifica.
Giovedì 5 maggio alle ore 18 decimo appuntamento della rassegna culturale “Scienza e fantascienza tra conoscenza inquietudine e meraviglia” promossa dalla Biblioteca Provinciale nell’ambito dei programmi di promozione della lettura. L’incontro-dibattito si terrà nella sala conferenze della Biblioteca Provinciale, in cima al parco di Monte Claro, ingresso da via Mattei in auto e a piedi.
- L’intelligenza artificiale come realtà e la fantascienza come prefigurazione di futuri che la scienza sviluppa e verifica. Gli scrittori di fantascienza più spregiudicati e arditi sono spesso gli stessi scienziati che immaginano ipotesi “fantascientifiche” prima di averle scientificamente sviluppate e verificate. Ma come avviene questo processo prendendo le mosse, per esempio, da uno dei discorsi oggi più presenti lnel dibattito interdisciplinare contemporaneo, quello dell’intelligenza artificiale?
Di questi argomenti si parlerà col filosofo della scienza Silvano Tagliagambe nell’incontro di giovedì 5 maggio alle ore 18 nella sala convegni della Biblioteca Provinciale prendendo spunto dal libro di Ted Chiang “Il ciclo di vita degli oggetti software”. Negli anni Cinquanta Alan Turing ipotizzava di poter far “crescere” un’intelligenza artificiale istruendola come se fosse un bambino, fornendole i migliori organi sensoriali per mettere la macchina in contatto col mondo e cominciando a insegnarle a parlare e a capire il linguaggio umano. Ma come sarebbe, davvero, allevare un’intelligenza artificiale nel mondo contemporaneo, nell’era di internet fatta di società startup, di giochi di ruolo online, di software open source? Ted Chiang racconta la storia di due persone e del loro particolarissimo “cucciolo”, descrivendo i particolari ma inevitabili problemi che dovranno affrontare, come gli aggiornamenti dell’hardware e l’obsolescenza del software. Contemporaneamente l’autore propone una riflessione sulla reale differenza tra intelligenza e potenza di calcolo e su cosa significhi davvero rapportarsi con un’entità artificiale.
Silvano Tagliagambe, filosofo della scienza già docente alla Sapienza di Roma e cofondatore della facoltà di Architettura di Alghero ha sviluppato un’importante e originale riflessione sui “confine” delle scienze e sugli spazi di intermediazione interni al nostro vivere sociale e quotidiano, e mostrato come scienze, arte e letterature siano oggi sempre più parte di un circuito virtuoso in cui le linee di confine vanno completamente riviste.
- L’incontro dibattito di giovedì 5 maggio (ore 18) con Silvano Tagliagambe sarà coordinato da Roberto Paracchini (ideatore della rassegna), col supporto di Rossella Briganti che illustrerà il libro.
Roberto Loddo nuovo direttore del Manifesto sardo. Subentra allo storico direttore Marco Ligas
“(…) riteniamo che sia opportuno un cambio nella direzione del quindicinale. Non una rottura col passato ma un passaggio di consegne per rendere il Manifesto sardo più sensibile alle esigenze del rinnovamento. Nel corso di queste settimane abbiamo discusso su questa ipotesi sia tra i compagni della redazione sia con i diversi collaboratori. È emerso l’orientamento di chiedere al compagno Roberto Loddo di sostituirmi nella direzione del quindicinale. Roberto è d’accordo ma ha posto una condizione importante: la prosecuzione del lavoro collegiale. Non possiamo che essere d’accordo con lui e dunque fargli gli auguri per il nuovo impegno”. Con queste parole in conclusione dell’editoriale che apre, come di consueto, ogni nuovo numero, il direttore del Manifesto sardo, Marco Ligas, comunica il cambio di direzione del periodico. Gli subentra Roberto Loddo, che da tempo coordinava l’attività redazionale del quindicinale online, come primo collaboratore del direttore. Roberto è sì giovane d’età (classe 1981), ma ormai d’esperienza “sul campo” che ne ha comprovato notevoli capacità giornalistiche che unisce a quelle dell’impegno sociale sul territorio. A lui, che è mio amico personale, tutta la mia e la nostra stima e incoraggiamento per la nuova responsabilità. Anche per un rinnovato “patto di collaborazione” con Aladinews e con le altre news online che contribuiscono non poco ad animare l’impegno culturale e sociale nella nostra città e nella Sardegna. Un saluto e un doveroso ringraziamento a Marco Ligas, che ovviamente continua nel suo impegno civile di giornalista e di uomo politico, anche se con minor carico di quotidiani adempimenti editoriali, nella linea dell’alleanza intergenerazionale, condizione di avanzamenti sociali e di democrazia per tutti. Di seguito riportiamo integralmente l’editoriale di Marco, segnalando che se è vero che il Manifesto sardo ha compiuto dieci anni, è anche vero che lo stesso è erede dell’omonima testata che vide la luce l’11 dicembre 1972 con la direzione di Salvatore Chessa. E’ questo il caso in cui non dobbiamo avere alcuna ritrosìa quanto legittimo orgoglio di mostrare gli anni! Buon lavoro, Roberto! (Franco Meloni, direttore di Aladinews)
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Una ricorrenza importante e un’esigenza di rinnovamento
1 maggio 2016, il manifesto sardo
Con la pubblicazione del numero 214 raggiungiamo un traguardo importante: l’inizio del decimo anno di vita del Manifesto sardo. Non saremo sinceri se non dicessimo che si tratta di un obiettivo rilevante, frutto di un lavoro costante e di gruppo.
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Spostiamo la statua di Carlo Felice – Istesiemus s’istàtua de Carlo Felice
La petizione al Sindaco e al Consiglio Comunale di Cagliari
SPOSTIAMO LA STATUA DI CARLO FELICE
Premessa storica
Lo studio della storia della Sardegna così come si evince dagli scritti di Pietro Martini (Cagliari 1800 – 1866), ripreso poi da altri studiosi […] evidenzia “i limiti, i gravi difetti” di questo regnante di casa Savoia, rispetto al quale “Imbarazzo, prudenza, moderazione non riescono comunque ad attutire la durezza di un ritratto in cui Carlo Felice appare un pigro imbecille che
Non esiste Paese al mondo in cui i tiranni, una volta deposti, trovano spazio nelle piazze e nella toponomastica delle città, eppure in Sardegna e a Cagliari, ancora oggi non si capisce come sia possibile che si dedichi a questo sanguinario personaggio del passato una delle principali strade della città, all’inizio della quale campeggia dal 1860 una statua bronzea da lui stesso voluta, senza peraltro che vi sia alcuna didascalia o targa informativa idonea a rendere riconoscibile la storia dello stesso.
La richiesta-proposta
Per le ragioni sopra esposte si chiede alla municipalità di Cagliari, nella figura del Sindaco e di tutto il Consiglio comunale, di farsi carico immediatamente:
- della decisione di rivedere il posizionamento della statua di Carlo Felice, spostandola anche attraverso donazione, ad uno dei musei cittadini, corredandola di adeguata ed esaustiva didascalia che, con richiami bibliografici, permetta ad ogni visitatore del museo, di prendere coscienza della storia dello stesso;
- della decisione di rivedere la denominazione della strada “Largo Carlo Felice” con qualcosa che richiami invece un momento positivo della storia dell’Isola e della città, quale per esempio, proprio la data della cacciata dei Savoia dalla città e che il Popolo Sardo, nella Assemblea del Consiglio Regionale, ha deciso di celebrare “Sa Die de Sa Sardigna”;
- di sostituire la statua di Carlo Felice con altro monumento idoneo a ricordare invece qualche eroe della lotta per la liberazione del popolo sardo dalle vessazioni dei dominatori succedutisi nei secoli, quale per esempio, lo stesso Giovanni Maria Angioy che fu esiliato a Parigi proprio perché soggetto alle persecuzioni di Carlo Felice;
- di concordare, attraverso accordi con le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado della città, iniziative di informazione e formazione degli studenti sulla storia della città di Cagliari così da favorire la conoscenza e la crescita del senso di identità che oggi appare debole, effimero e non consapevole.
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Premissa istorica
S’istùdiu de s’istòria de Sardigna, gasi comente si cumprendet dae sos iscritos de Pedru Martini (Casteddu 1800 – 1866), chi l’ant torradu a leare in manu, pustis, àteros istudiosos […] ponet in craru “sos lìmites, sas fartas graes de Carlo Felice”, chi, pessende a issu, “Isfartamentu, prudèntzia, moderatzione non resessint, semper a cando, a abbrandare sa duresa de unu ritratu in ue Carlo Felice aparet unu tontu mandrone chi
In peruna parte de su mundu sos tiranos, cando nche los ant bogados, agatant logu in sas pratzas e in sa toponomàstica de sas tzitades. E belle gasi, in Sardigna e in Casteddu, galu oe non si cumprendet comente siat possìbile chi dèdichent a custu pessonàgiu sididu de sàmbene una de sas carreras printzipales de sas tzitade in ue, dae su 1860, dòminat un’istàtua de brunzu chi issu etotu l’at cherta, sena chi, de su restu, b’apat una didascalia o una targa informativa chi siat a tretu de fàghere connòschere s’istòria de custa pessone.
Sa rechesta-proposta
Pro sas resones craridas subra, si pedit a sa munitzipalidade di Casteddu, in sa figura de su Sìndigu e de totu su Cussìgiu comunale, de leare deretu s’impinnu:
- de sa detzisione de cambiare su positzionamentu de s’istàtua de Carlo Felice, ponendeˑncheˑla, fintzas cun una donatzione, in unu de sos museos tzitadinos, ponende una didascalia adeguada e esaustiva chi, cun riferimentos bibliogràficos, permitat, a cada visitadore de su museu, de leare cussèntzia de s’istòria de custa pessone ;
- de sa detzisione de cambiare su nùmene de sa carrera “Largo Carlo Felice” cun unu chi fatzat pessare, imbetzes, a unu mamentu positivu de s’istòria de s’Ìsula e de sa tzitade, comente, pro nàrrere, pròpiu sa die de sa dispatzada de sos Savojas dae sa tzitade e chi su Pòpulu Sardu, in s’ Assemblea de su Cussìgiu Regionale, at detzisu de tzelebrare comente “Sa Die de Sa Sardigna”;
- de sustituire s’istàtua de Carlo Felice cun unu àteru monumentu chi siat a tretu de ammentare, imbetzes, carchi eroe de sa luta pro sa liberatzione de su pòpulu sardu dae sas vessatziones de sos dominadores chi in sos sèculos sunt bènnidos unu in fatu de s’àteru; podet èssere, pro nàrrere, unu monumentu a Giuanne Maria Angioy, chi at connotu su disterru in Parigi pròpiu ca est istadu vìtima de sas persecutziones de Carlo Felice;
- de ammaniare, pro mèdiu de acordos cun sas istitutziones iscolàsticas de cada òrdine e gradu de sa tzitade, initziativas de informatzione e formatzione de sos istudentes subra de s’istòria de sa tzitade de Casteddu, pro agiuare sa connoschèntzia e sa crèschida de su sensu de identidade chi como paret dèbile, efìmeru e non cunsapèvole.
(Sa tradutzione l’at fata Sarvadore Serra de su diretivu CSU)
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Come firmare: ecco il link
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- Dichiarazione dello storico Francesco Casula.
Regione. Contro il giuramento di Satta obiezione di coscienza!
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Ormai è tutto un via-vai, dal seggio alla cella e dalla cella al seggio. S’ode intorno al Consiglio regionale un tintinnio di manette. E dire che la Costituzione, all’art. 54, richiede l’esercizio degli incarichi pubblici con “disciplina ed onore“. Perché le istituzioni devono essere onorate con condotte esemplari. Provoca questo effetto il giuramento di Giovanni Satta, appena uscito da Bancali? Il Consiglio regionale ieri non ha saputo far altro che rinviare ad oggi il giuramento giuramento dell’esponente dell’Uds, proclamato eletto mentre era in carcere a Sassari per un traffico di droga. Ma il rinvio è una pura ipocrisia, che non salva la coscienza dei consiglieri e l’onore dell’Assemblea. Il giuramento di Satta è un colpo mortale per le istituzioni regionali, già abbondantemente infiltrate. E’ una pugnalata alla democrazia, un incoraggiamento formidabile e pericoloso agli umori antidemocratici, che trovano alimento nel malaffare e nell’incapacità di governo (altro che governabilità col superpremio di maggioranza!). - segue -
Giovanni Maria Angioy
Un Comitato denominato “SPOSTIAMO LA STATUA DI CARLO FELICE” di Piazza Yenne a Cagliari, propone di sostituire la statua di Carlo Felice con altro monumento idoneo a ricordare invece qualche eroe della lotta per la liberazione del popolo sardo dalle vessazioni dei dominatori succedutisi nei secoli, quale per esempio, lo stesso Giovanni Maria Angioy.
Qui di seguito una breve scheda sull’eroe antifeudale, cui io propongo di dedicare una statua che sostituisca quella attuale di Carlo Feroce.
Giovanni Maria Angioy e la fine di un sogno
di Francesco Casula
- Angioy coltivatore ed imprenditore, professore di diritto canonico, giudice della Reale Udienza.
La vita dell’Angioy non è solo una traccia, un frammento, nella storia sotterranea delle longues durées e dei processi di trasformazione che hanno attraversato la società sarda. La sua vicenda politica ed umana assume infatti un valore emblematico perché riflette la parabola di un’intera generazione di sardi, vissuta fra le realizzazioni del cosiddetto «riformismo» (senza riforme) sabaudo, un decennio di sconvolgimenti rivoluzionari e la spietata restaurazione e violenta repressione dei primi anni dell’Ottocento. In quel contesto si inserisce anche l’attività di Angioy, nato a Bono il 21 ottobre 1751, dopo aver studiato a Sassari nel Collegio Campoleno ed essersi addottorato in Legge, nel 1773 a Cagliari inizia la pratica forense.
Imprenditore agrario e manifatturiero oltre che professore di diritto canonico, è un alto funzionario dello Stato (fra l’altro giudice della Reale Udienza) colto ed efficiente oltre che intellettuale aperto agli stimoli e agli influssi dei “lumi” e delle riforme.
Come giudice della Reale Udienza fa parte della Giunta stamentaria costituita di due membri di ciascuno dei bracci parlamentari. Pur rimanendo nell’ombra negli anni delle sommosse cittadine e dei moti antipiemontesi, – anche se il Manno, cercando di metterlo in cattiva luce, insinua che egli tramasse dietro le quinte anche in quelle circostanze e dunque fosse coinvolto nella cacciata dei piemontesi – secondo molti storici sardi – ad iniziare dal Sulis – si affermerebbe come il capo più autorevole del Partito democratico e come l’esponente più importante di un gruppo di intellettuali largamente influenzato dall’illuminismo e dal Giacobinismo: fra i più importanti Gioachino Mundula, Gavino Fadda, Gaspare Sini, il rettore di Semestene Francesco Muroni con il fratello speziale Salvatore, il rettore di Florinas Gavino Sechi Bologna e altri.
- Angioy: “Alternos”
Mentre nel capo di sopra divampa l’incendio antifeudale, con le agitazioni che continuano e si diffondono in paesi e ville del Sassarese, gli Stamenti propongono al viceré Vivalda di nominare l’Angioy alternos con poteri civili, militari e giudiziari pari a quelli del viceré. Il canonico Sisternes si sarebbe poi vantato di aver proposto il nome dell’Angioy per allontanarlo da Cagliari e indebolire il suo partito. Certo è che il suo nome venne fatto perché persona saggia e perché solo lui, grazie al potere e al prestigio che disponeva nonché alla competenza in materia di diritto feudale ma anche perché originario della Sardegna settentrionale, avrebbe potuto ristabilire l’ordine nel Logudoro. L’intellettuale di Bono accettò, ritenendo che con quel ruolo avrebbe rafforzato le proprie posizioni ma anche quelle della sua parte politica incentrate sicuramente nella abolizione del feudalesimo in primis. Il viaggio a Sassari fu un vero e proprio trionfo: seguaci armati ed entusiasti si unirono con lui nel corso del viaggio, vedendolo come il liberatore dall’oppressione feudale. E giustamente. Anche perché riuscì a comporre conflitti e agitazioni, a riconciliare molti personaggi, a liberare detenuti che giacevano – scrive Vittorio Angius – “in sotterranee oscure fetentissime carceri”.
- L’Angioy a Sassari
Accolto a Sassari dal popolo festante ed entusiasta – persino i monsignori lo ricevettero nel Duomo al canto del Te Deum di ringraziamento – in breve tempo riordinò l’amministrazione della giustizia e della cosa pubblica, creò un’efficiente polizia urbana e diede dunque più sicurezza alla città, predispose lavori di pubblica utilità creando lavoro per molti disoccupati, si fece mandare da Cagliari il grano che era stato inutilmente richiesto quando più vivo era il contrasto fra le due città: per questa sua opera ottenne una vastissima popolarità. Nel frattempo i vassalli, impazienti nel sospirare la liberazione dalla schiavitù feudale (ovvero “de si bogare sa cadena da-e su tuiu” come diceva il rettore Murroni, amico e sostenitore di Angioy) e di ottenere il riscatto dei feudi, proseguirono nella stipulazione dei patti dell’anno precedente: il 17 marzo 1796 ben 40 villaggi del capo settentrionale, confederandosi, giuravano solennemente di non riconoscere più né voler dipendere dai baroni.
Angioy non poteva non essere d’accordo con loro e li riconobbe: in una lettera spedita il 9 giugno 1796 al viceré da Oristano, nella sfortunata marcia su Cagliari che tra poco intraprenderà, giustificò l’azione degli abitanti delle ville e dei paesi riconoscendo la drammaticità dell’oppressione feudale che non era possibile più contenere e gestire e assurdo e controproducente cercare di reprimere. Non faceva però i conti con la controparte: i baroni. Che tutto voleva fuorché l’abolizione dei feudi: ad iniziare dal viceré. Tanto che i suoi nemici organizzarono durante la sua stessa permanenza a Sassari una congiura, scoperta ad aprile. Si decise perciò di “impressionare gli stamenti con una dimostrazione di forza, – scrive Natale Sanna – che facesse loro comprendere come il moto antifeudale era seguito da tutta la popolazione e che era ormai inarrestabile”. Lasciò dunque Sassari e si diresse a Cagliari.
- L’Angioy e la marcia verso Cagliari, la sua fine e la fine di un sogno…
Il 2 Giugno 1796 l’Alternos si dirige verso Cagliari, accompagnato da gran seguito di dragoni, amici e miliziani: nel Logudoro si ripetono le scene di consenso entusiastico dell’anno precedente. A Semestene però ebbe una comunicazione da Bosa circa i preparativi che erano in atto per fronteggiare ogni sua mossa e a San Leonardo, “fatta sequestrare la posta diretta a Sassari, ebbe conferma delle misure che venivano prese contro di lui”, scrivono Lorenzo e Vittoria Del Piano. Difatti a Macomer popolani armati, sobillati pare da ricchi proprietari, cercarono di impedirgli il passaggio, sicché egli dovette entrare con la forza. Poiché anche Bortigali gli si mostrava ostile, si diresse verso Santu Lussurgiu e l’8 giugno giunse in vista di Oristano. Nella capitale la notizia che un esercito si avvicinava spaventò il viceré che radunò gli Stamenti. Tutti furono contro l’Angioy: anche quelli che erano stati suoi partigiani come il Pintor, il Cabras, il Sulis. Ahimè ritornati subito, da veri e propri ascari, sotto le grandi ali del potere in cambio di prebende e uffici.
Così il generoso tentativo dell’Angioy si scontra con gli interessi di pochi: fu rimosso dalla carica di Alternos, si posero 1.500 lire di taglia sulla sua testa e da leader prestigioso e carismatico, impegnato nella lotta antifeudale, per i diritti dei popoli e, in prospettiva nella costruzione in uno stato sardo repubblicano, divenne un volgare “ricercato”. Occorre infatti dire e sostenere con chiarezza che l’Angioy aveva in testa – come risulta dal suo Memoriale – non solo la pura e semplice abolizione del feudalesimo ma una nuova prospettiva istituzionale: la trasformazione dell’antico Parlamento in Assemblea Costituente e uno stato sardo indipendente che “doveva comporsi di quattro dipartimenti (Sassari, Oristano, Cagliari e Orani) suddivisi a loro volta in cantoni ricalcanti le micro-regioni storiche dell’Isola”.