Monthly Archives: maggio 2016
I candidati sindaci incontrano gli imprenditori
Incontro pubblico con i candidati Sindaco di Cagliari
Giovedì 26 maggio 2016, ore 17,00, sala conferenze Confindustria Sardegna Meridionale
In vista delle prossime elezioni comunali di Cagliari l’Associazione della Confindustria Meridionale Sarda organizza un incontro/confronto tra candidati alla carica di Sindaco del capoluogo, presso la sede associativa di viale Colombo 2, Cagliari.
Il Presidente Maurizio de Pascale comunica che l’incontro si svolgerà il prossimo giovedì 26 maggio 2016 con inizio alle ore 17,00 - segue –
L’ANPI per il NO nel Referendum Costituzionale. Lettera del presidente provinciale Marco Sini sui prossimi impegni organizzativi
Carissimi/e
Come ben sapete l’ANPI aderisce al Comitato per il NO nel Referendum confermativo sulle modifiche costituzionali ed è impegnata nella raccolta delle firme per questo Referendum e per i due Referendum abrogativi di alcune norme contenute nella nuova Legge elettorale (Italicum).
Per il Referendum costituzionale le firme non sono necessarie perché un numero sufficiente di parlamentari ha presentato la richiesta, ma il Comitato per il NO (e l’ANPI che ne fa parte) le raccoglie per dare più forza a chi è contrario alle modifiche approvate dalle Camere e per costituirsi eventualmente in giudizio.
Come ANPI, e ciò deve essere chiaro, non siamo contrari a qualsiasi modifica. Come ben specificato nei temi congressuali non abbiamo una posizione “conservatrice”, ma siamo contrari a quelle modifiche che sono state votate perché prefigurano un Senato ibrido (oltre che al metodo seguito). Faccio un solo esempio, quello più atteso, la modifica del Senato: la riduzione dei senatori non comporterà risparmi consistenti (forse l’8-9% degli attuali costi totali) mentre il dato più importante è che la loro elezione viene sottratta ai cittadini per essere demandata ad una legge che deve essere ancora emanata. Sappiamo solo che verranno nominati proporzionalmente alla numerosità della popolazione e alla consistenza elettorale dei vari partiti, cosa che li vincolerà più ai partiti di appartenenza che al territorio di provenienza. Inoltre il combinato disposto con le norme introdotte dalla legge elettorale (Italicum) non assicurano alla Camera una effettiva rappresentanza popolare ma consentono ad un unico partito che prende il 25% dei voti al primo turno la possibilità di aggiudicarsi una super maggioranza parlamentare.
Comunque le principali ragioni del NO le trovate nel volantino (pubblicato di seguito) che potrete utilizzare, stampare e diffondere. – segue –
Oggi giovedì 19 maggio 2016
. .
———————————————————————————————–
Oggi a Monte Claro. SCIENZA E FANTASCIENZA TRA CONOSCENZA INQUIETUDINE E MERAVIGLIA.
SCIENZA E FANTASCIENZA TRA CONOSCENZA INQUIETUDINE E MERAVIGLIA
Libero arbitrio tra illusione e realtà. Siamo realmente liberi di scegliere o pensiamo semplicemente di esserlo?
Giovedì 19 maggio alle ore 18 tredicesimo appuntamento della rassegna culturale “Scienza e fantascienza tra conoscenza inquietudine e meraviglia” promossa dalla Biblioteca Provinciale nell’ambito dei programmi di promozione della lettura. L’incontro-dibattito si terrà nella sala conferenze della Biblioteca Provinciale, in cima al parco di Monte Claro, ingresso da via Mattei in auto e a piedi.
Libero arbitrio tra illusione e realtà. Siamo realmente liberi di scegliere o pensiamo semplicemente di esserlo? Dagli antichi greci e anche prima, il tema del libero arbitrio è stato oggetto di dibattiti e contese con spesso sullo sfondo le discussioni sul determinismo e l’indeterminismo individuale e/o sociale. Ma in che modo possiamo dire che i nostri processi deliberativi siano determinati oppure che non lo siano? E in che modo possiamo dire di avere sempre presenti i possibili corsi alternativi delle nostre azioni? Oggi, inoltre, le neuroscienze stanno dicendo che la nostra capacità di percepire e vivere nel mondo è solo in minima parte cosciente in quanto il settore non cosciente di noi stessi è molto più presente (e potente) di quello consapevole. Con in più il fatto che una serie di ricerche neuroscientifiche hanno verificato che la coscienza del compiere un’azione è successiva all’attivazione della parte del cervello atta a fare quell’azione. Insomma la questione “libero arbitrio” è molto articolata e non affatto scontata. Di tutti questi problemi e di altri ancora si parlerà nel viaggio scientifico-culturale tra letteratura, filosofia e neuroscienze che si svolgerà giovedì 19 maggio alle ore 18 prendendo le mosse dal libro di Clelia Farris “Nessun uomo è mio fratello”, con la presenza dell’autrice, della filosofa Anna Maria Loche e della neuroscienziata Micaela Morelli.
– segue -
CARAVAGGIO. Arregordarì Save The date Prendi Nota
Licia Lisei parla di Caravaggio
La donna nella pittura (e non solo) di Caravaggio. – La pagina fb dell’evento, promosso da Stampaxi Associazione Culturale in collaborazione con Amici Sardi della Cittadella di Assisi e Aladinews.
No, NO, NOOOO!!!!
Napolitano e la sua riforma “a gestione renziana”
di Gonario Francesco Sedda*
Nell’intervista che ha rilasciato ad Aldo Cazzullo [Se vince il no per le riforme è finita, Corriere della Sera, 3 maggio 2016] riguardo al referendum sulla sua riforma costituzionale “a gestione renziana” e al «fronte vasto del NO», Giorgio Napolitano ha detto: «Vedo tre diverse attitudini. Quella conservatrice: la Costituzione è intoccabile, non c’è urgenza né bisogno di rivederla. Quella politica e strumentale: si colpisce la riforma per colpire Renzi. E quella dottrinaria “perfezionista”. Dubito molto che tutti i 56 costituzionalisti e giuristi che hanno firmato il manifesto contro siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma. Ma questa è una posizione insostenibile: perché il No comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione».
Questa veduta non sembra rendere conto della realtà del vasto fronte composito del NO. È troppo approssimativa e tende volutamente a distorcere le posizioni delle forze in campo. Parole come conservatorismo, intoccabilità, urgenza, bisogno, strumentalismo politico, dottrinarismo, perfezionismo vengono diluite in una genericità che le rende indecifrabili, stante la convinzione dell’ex presidente della repubblica di essere dalla parte della verità e della chiarezza e di poter vantare un’autorità di arbitro imparziale che forse non ha mai avuto. Sfugge a G. Napolitano che in una di quelle tre attitudini da lui indicate egli stesso eccelle: «quella politica e strumentale». Infatti è particolarmente impegnato a “difendere” la riforma per “salvare” M. Renzi o meglio a difendere la “sua” riforma a gestione renziana.
È strumentalismo politico liquidare come “conservatore” l’impegno dei comitati per il NO alla riforma retrograda dell’attuale Costituzione italiana; far credere che il Coordinamento Democrazia Costituzionale sia nato per garantire l’intoccabilità (toccare cosa?) della Carta; sostenere che, qualora non se ne veda l’urgenza, consegua per forza che non se ne veda neppure il bisogno.
L’ex presidente della repubblica non tollera neanche i sottili distinguo dei costituzionalisti “moderati”. E così quando in 56 hanno concluso che «pur essendo noi convinti dell’opportunità di interventi riformatori che investano l’attuale bicameralismo e i rapporti fra Stato e Regioni l’orientamento che esprimiamo è contrario, nel merito, a questo testo di riforma», vengono spediti a scontare il loro peccato di lesa maestà in un appropriato girone infernale: quello dell’attitudine «dottrinaria “perfezionista”». Chi dissente non possiede mai una “dottrina”, è un dottrinario, è un professorone; e poco importa che sia “conservatore” o “perfezionista” se non avverte sia l’urgenza che il bisogno di approvare la “sua” riforma a gestione renziana. Il dubbio di G. Napolitano che i 56 dottrinari perfezionisti non «siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma » è una manifestazione di debolezza argomentativa piuttosto che di forza. Infatti l’attuale Costituzione è nata non perché i costituenti erano “immediatamente” d’accordo, ma nonostante i loro diversi orientamenti; è nata perché “si sono messi d’accordo”. Ma evidentemente l’ex presidente della repubblica ha di sé un’idea provvidenziale di ultimo uomo investito della missione storico-universale di salvatore della patria quando liquida la posizione del NO (comunque la si argomenti) come «insostenibile», perché «comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione». No, NO, NOOOO!!!! L’auspicabile bocciatura della riforma conservatrice che piace a G. Napolitano non sarà la fine della Storia, non sarà la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione: sarà semplicemente la cancellazione di un maldestro tentativo di manomissione della Carta in chiave di restaurazione oligarchica, sarà la bocciatura della “sua” riforma a gestione genziana.
on line il manifesto sardo numero duecentoquindici
- E’ online il n. 215 de “il manifesto sardo”, il primo della nuova direzione di Roberto Loddo.
Dalla pagina di presentazione. Dedichiamo il numero 215 al popolo palestinese che il 15 di maggio ha ricordato la #nakba. La nakba è il trasferimento forzato dei civili palestinesi dai propri villaggi per far posto alla nascita dello stato di Israele del 1948: 68 anni di apartheid in Palestina (Fawzi Ismail), La nakba. Dalla catastrofe, al ritorno (Omar Suboh), La Palestina non è scomparsa (Anna Maria Brancato).
FRANCESCO CILOCCO: un grande eroe e patriota sardo, sconosciuto e dimenticato. Est ora de l’amentare!
Francesco Cilocco, un eroe dimenticato. Patriota ed eroe nazionale sardo (Cagliari 1769 –Sassari 1802).
di Francesco Casula
Figlio di Michele e fratello di Antonio, poi implicato nella Rivolta di Palabanda. Notaio della Reale Udienza. Repubblicano convinto, pur avendo combattuto contro i rivoluzionari francesi nel 1793, per difendere Cagliari e la Sardegna dalla loro aggressione e tentativo di conquista. Fu seguace e amico di Giovanni Maria Angioy e, insieme a lui protagonista nelle lotte e nelle ribellioni antifeudali e nazionali dei Sardi contro il feudalesimo e il dominio tirannico e poliziesco dei Savoia. Nel novembre del 1795, col notaio Antonio Manca e con l’avvocato Giovanni Falchi, seguaci dell’Angioy, fu inviato dagli Stamenti nel Capo di Sopra, per la pubblicazione e diffusione, nei villaggi, del pregone viceregio del 23 ottobre che contraddice la circolare del governatore di Sassari Santuccio del 12 dello stesso mese, che ordinava di sospendere tutti gli ordini provenienti da Cagliari. Un vero e proprio tentativo “secessionista” del governatore stesso e dei baroni, che avevano la loro roccaforte proprio a Sassari. “L’invio dei tre commissari, secondo la Storia dei torbidi, ripresa dal Manno, è preceduta da una riunione a Cagliari alla quale prendono parte, oltre ai «capi cagliaritani della congiura» anche gli avvocati Mundula e Fadda di Sassari e altri «innovatori» sassaresi, in tale riunione si stabiliscono le linee d’azione per il futuro: mobilitazione dei villaggi del Logudoro, assedio di Sassari, arresto dei reazionari, loro traduzione a Cagliari”(1). Nonostante il viceré, venuto a conoscenza del piano, cerchi di dissuadere Cilocco dal pubblicare e diffondere il pregone, il Nostro non solo lo pubblica e lo diffonde ma diviene l’anima dei moti, insieme agli altri due commissari, Manca e Falchi, riuscendo a coinvolgere e mobilitare nella sua battaglia antifeudale non solo il popolo (contadini e villici in genere), particolarmente colpito dalla scarsità dei raccolti negli anni 1793-95, ma anche settori della piccola nobiltà e del clero: di qui la partecipazione alle lotte antifeudali di numerosi sacerdoti come i parroci Gavino Sechi Bologna (rettore di Florinas), Aragonez (rettore di Sennori), Francesco Sanna Corda (rettore di Torralba) e Francesco Muroni, (rettore di Semestene) che “conoscevano le miserie e talvolta subivano le stesse angherie dai baroni e dai loro ministri” (2). Annota inoltre lo storico Girolamo Sotgiu che “direttamente investiti dalla massa degli zappatori affamati, i proprietari coltivatori, che costituiscono l’altro cardine della società rurale, sollecitavano anch’essi la fine del sistema feudale. Anche i proprietari coltivatori erano notevolmente aumentati come aumentata era la produzione complessiva. Ma a questo aumento della produzione non aveva fatto riscontro un aumento del benessere, proprio per gli impedimenti posti dal sistema feudale”(3).Di qui la lotta antifeudale e antibaronale ma anche di liberazione nazionale. Racconta Francesco Sulis che “Il Ciloccco nel villaggio di Thiesi intesosi con Don Pietro Flores amico dell’Angioy, da un terrazzo della Casa Flores eccitò quelli popolani a insorgere contro i feudatari; e di subito essi tennero l’invito, ed a furia, con tutta sorta di stromenti percotendo le mura del palazzo feudale, lo rovinarono e l’adequarono al suolo”(4) A Osilo, Sedini e Nulvi, tre centri dell’Anglona i vassalli si rifiutarono di pagare i diritti feudali. Mentre a Ittiri, Uri, Thiesi, Pozzomaggiore e Bonorva e ad Ozieri e Uri i contadini s’impossessarono dei granai dei feudatari. Una lotta che assume però anche caratteri più squisitamente politici, prefigurando in qualche modo un nuovo ordine e una nuova organizzazione sociale, attraverso una trasformazione non violenta dell’assetto esistente. Sempre a Thiesi infatti, il 24 novembre davanti al notaio Francesco Sotgiu Satta le ville di Thiesi, Bessude e Cheremule, del marchesato di Montemaggiore, appartenente al duca dell’Asinara, con sindaci, consiglieri, prinzipales, capi famiglia, firmano il primo atto confederativo, cui seguirono nei mesi successivi altri patti d’alleanza. E con esso giurano di non riconoscere più alcun feudatario, ma anche di voler “ricorrere prontamente a chi spetta per essere redenti pagando a tal effetto quel tanto, che da’ Superiori sarà creduto giusto e ragionevole”(5). I cosiddetti “strumenti di unione” ovvero “patti” fra ville e paesi segnano un salto di qualità della lotta antifeudale, facendole assumere una cifra più squisitamente politica: le federazioni di comunità infatti assurgono al ruolo di soggetto primario, di protagonista fondamentale nell’evoluzione sociale dell’Isola. Esse si moltiplicano e si diffondono in tutto il Sassarese: dopo quelli del 24 novembre se ne stipula un altro a Thiesi il 17 marzo 1796 fra i rappresentanti di 32 paesi fra i quali Bonorva, Ittiri, Osilo, Sorso, Mores, Bessude, Banari, Santu Lussurgiu, Semestene e Rebeccu. “Il patto – scrive Vittoria Del Piano – vincola le popolazioni a spendere fin l’ultima goccia di sangue, piuttosto che obbedire in avvenire ai loro baroni” (6). Lo sbocco di questo ampio movimento, autenticamente rivoluzionario e sociale, perché metteva radicalmente in discussione i capisaldi del sistema vigente nelle campagne, fu l’assedio di Sassari. A migliaia – 13 mila secondo le fonti ufficiali e secondo Francesco Sulis, un esercito di contadini armati, proveniente dal Logudoro ma anche dal Meilogu e da paesi più lontani, accorse a Sassari, stringendola d’assedio. Secondo invece lo storico Giuseppe Manno “Sommavano quegli armati a meglio di tremila, non numerando le donne che in copioso numero erano venute anch’esse a guerra, o per assistere i congiunti o per comunione d’odio ed eransi partiti da Osilo, Sorso, Sennori, Usini, Tissi, Ossi, Thiesi, Mores, Sedilo, Ploaghe e altri luoghi posti in quelle circostanze”(7). Il numero di tremila è poco credibile: vista la massiccia e ubiquitaria mobilitazione soprattutto dei paesi del Logudoro e dell’Anglona ma anche del Meilogu, del Goceano e non solo. Il Manno, storico conservatore e filosavoia, tende a minimizzare e sminuire l’ampiezza, l’organizzazione e la qualità di una lotta di migliaia e migliaia di contadini, uomini e donne, che dopo secoli di rassegnazione, usi a chinare il capo e a curvare la schiena, si ribellano, si armano per dire basta e per porre fine a un duro stato di servitù, di rapina e di sfruttamento inaudito. Il Manno non è dunque credibile. La sua, più che una Storia della Sardegna è infatti una Storia regia della Sardegna. E non è un caso che il magistrato sassarese Ignazio Esperson nei suoi Pensieri sulla Sardegna dal 1789 al 1848, definisca il Manno “l’antesignano della scuola delle penne partigiane e cortigianesche che vergognano le patrie storie”. A migliaia, comunque, al di là del numero, a piedi e a cavallo circondarono Sassari, pare al canto di Procurade ‘e moderare, Barones, sa tirannia di Francesco Ignazio Mannu. Così l’esercito dei contadini, guidato dal Cilocco e da Gioachino Mundula, costrinse la città alla resa dopo uno scambio di fucilate con la guarnigione. Quindi, mentre il famigerato duca dell’Asinara, il conte d’Ittiri e alcuni feudatari, erano riusciti a scappare precipitosamente in tempo, prima dell’assedio, rifugiandosi in Corsica prima e nel Continente poi, Cilocco e Mundula arrestarono il governatore don Antioco Santuccio e l’arcivescovo Giacinto Vincenzo Della Torre, portandoli a Cagliari verso cui si dirigono con 500 uomini armati. Gli Stamenti d’accordo col viceré, per porre rimedio alla piega, secondo loro pericolosa e “sovversiva” che avevano preso gli avvenimenti, inviarono loro incontro altri tre commissari, che li raggiunsero con un manipolo di guardie il 4 gennaio 1796 a Oristano, ed ingiunsero loro dì liberare gli ostaggi e rimandare ai villaggi d’origine i loro uomini, nel frattempo ridottisi di numero. Ad un primo rifiuto, due giorni dopo, a Sardara, i commissari viceregi risposero con un atto di forza. Cilocco, per paura di essere arrestato, consegna il governatore Santuccio e l’arcivescovo Della Torre ai tre inviati del vicerè: l’avvocato Ignazio Musso, l’abate Raffaele Ledà e Efisio Luigi Pintor Sirigu, ex democratico, uno dei protagonisti della cacciata dei Piemontesi da Cagliari il 28 aprile 1794, ma ormai “pentito” e da vero e proprio voltagabbana, rientrato, opportunisticamente, in cambio di onori, uffizi e privilegi, nell’alveo filo sabaudo. Era il segnale della svolta moderata che stava maturando negli Stamenti e che avrebbe di lì a poco provocato anche la caduta di Angioy: si concludeva infatti così quella che, a posteriori, sarebbe apparsa come la prova generale della sfortunata marcia di G. M. Angioy. “Non sembra – scrive Bruno Anatra – che il Cilocco facesse parte del gruppo che nel corso dello stesso anno, seguì Angioy nella sua missione a Sassari e nella successiva, rapidamente abortita, spedizione su Cagliari. È certo invece che, appena la repressione da strisciante si fece palese, anche il Cilocco prese la via dell’esilio e raggiunse il gruppo giacobino sardo a Parigi. Di qui, nella convinzione dell’imminenza di una azione francese in direzione della Sardegna, nella primavera del 1799, gran parte di essi si trasferivano in Corsica. Del gruppo faceva parte il Cilocco che nel gennaio 1801 risulta fosse ad Ajaccio” (8). E’ comunque certo che il 21 maggio del 1802 si trasferisce in Corsica, insieme a Mundula, Sanna Corda e altri. Con Sanna Corda in particolare collabora per preparare il progetto di una insurrezione in Sardegna: che avrebbe dovuto contare questa volta – dopo i tentativi sempre falliti di coinvolgere truppe francesi – esclusivamente sui Sardi ancora fedeli ad Angioy e comunque nemici giurati del feudalesimo e dei governanti piemontesi, per fondare una repubblica sarda indipendente. Negli ultimi mesi del 1799 c’era stata la rivolta, sanguinosamente repressa, di Thiesi e Santulussurgiu, segno agli occhi di Cilocco che lo spirito antifeudale nel Logudoro era ancora vivo. E dunque si poteva dare un corso diverso alla storia della Sardegna. Nonostante la monarchia sabauda con i suoi scherani, avesse “già raso al suolo più di un villaggio, inaugurato la forca itinerante, tagliato molte teste, ingalerato a piacimento innocenti e sospetti, seviziato donne e frustato bambini”(9). Essi inoltre contavano, per costituire una solida base di appoggio, sull’irriducibile banditismo dei pastori galluresi. All’uopo presero contatto con un famigerato bandito e contrabbandiere, Pietro Mamia, e per suo tramite con i pastori del circondario di Aggius, prospiciente la sponda corsa. Fu una scelta imprudente e suicida: il Mamia farà il doppio gioco: interessato com’era più a ottenere la cancellazione dei suoi delitti da parte delle autorità galluresi che alla proclamazione della repubblica sarda. Il progetto prevedeva lo sbarco in Gallura che avrebbe dovuto provocare la sollevazione della Sardegna. Un primo tentativo nel maggio 1802 fallì. Ripetuto in giugno con un manipolo di uomini, prevedeva lo sbarco del Sanna Corda ai piedi della torre di Longonsardo (l’attuale Santa Teresa di Gallura) e del Cilocco presso la torre dell’Isola Rossa. La spedizione ebbe un esito tragico: il Sanna Corda che aveva espugnato la torre e alzato la bandiera della libertà, inviando alle autorità galluresi lettere in nome della repubblica francese, fu attaccato da un piccolo corpo di spedizione inviato da La Maddalena e cadde combattendo sotto le mura della torre (19 giugno). Cilocco, tradito da Mamia, cui si era affidato soprattutto per la conoscenza dei luoghi, fu narcotizzato (con un vino oppiato) o, comunque sorpreso nel sonno e consegnato ai soldati inviati da Sassari il 25 luglio del 1802. Secondo Giovanni Siotto Pintor invece, braccato per le campagne, con una taglia sul capo di 500 scudi, fu catturato da numerosi banditi, ecco cosa scrive in proposito “fu fermo da quattordici malandrini intesi a procacciarsi l’impunità, trascinato a d’orso d’asino insino a Sassari, flagellato orribilmente dal boia, afforcato”(10). L’eroe sardo, fu così umiliato (fu infatti messo, sanguinante e pesto, su un asino e fatto entrare prima a Tempio e poi a Sassari, – dopo aver attraversato molti altri paesi sempre sul dorso di un asino – fra la folla accorsa a vedere lo spettacolo e una ciurma di giovinastri prezzolati che fischiavano e gridavano), colpito da una frusta, di doppia suola intessuta con piombo, a tal punto che non può rimanere né in piedi né coricato ma carpone. Una fustigazione deprecata persino da uno storico conservatore come il Manno che scrive ”alla mano del manigoldo non fu lasciato l’arbitrio di quella naturale umanità che poteva sorgere anche nel cuore di un carnefice. Egli fu talmente aizzato da quei notabili andategli incontro, che il carnefice stesso ebbe a mostrarsene indispettito. Il barone maggiore soprannominato il Duca dell’Asinara, dal balcone del suo palazzo lanciava parole di crudele beffa contro l’infelice frustato…” La supplica che gli venga comminata la pena del carcere perpetuo o il perpetuo esilio è respinta da Placido Benedetto di Savoia, Conte di Moriana, (fratello del re di Sardegna Carlo Emanuele IV). Cedendo – scrive Carta Raspi – ai suoi istinti sbirreschi. Insieme all’altro fratello, Carlo Felice, vice re e re ottuso e famelico, (sarà soprannominato Carlo Feroce dal poeta e patriota piemontese Angelo Brofferio) l’infame Conte di Moriana ricorrerà dopo il generoso tentativo del Cilocco e del Sanna Corda, a una repressione violenta e brutale nei confronti dei Sardi patrioti, anche vagamente sospettati di aver preso parte alla tentata insurrezione. Il Cilocco fu quindi condannato a morte l’11 agosto del 1802, e il 30 pur disfatto per le torture subite, recuperata la propria lucidità, con animo forte – scrive il Martini – saliva sulla forca. “Non gli fu neppure risparmiata la tortura della corda e delle tenaglie infuocate. Il corpo verrà bruciato e le ceneri saranno disperse al vento, la testa conficcata sul patibolo i beni confiscati” (11). “Questo supplizio – ricorda Fabritziu Dettori in una bella ricostruzione della figura dell’eroe sardo – gli fu inferto con così zelo che dalle spalle e dalla schiena gli aguzzini riuscivano a strappargli la pelle a «lische sanguinanti». Sollevato sul patibolo semi vivo, fu impiccato e, da morto, decapitato. Il suo corpo fu bruciato e le ceneri sparse al vento. Ma la malvagità savoiarda, non sazia, sancì, in tributo alla causa antisarda, che la testa del Patriota sardo fosse rinchiusa dentro una gabbia di ferro ed esposta, a scopo intimidatorio, all’ingresso di «Postha Noba», mentre nelle altre «Porte» della città i lembi della sua carne completavano l’orrore. Il macabro monito rimase esposto per giorni e giorni…” (12). “Giustizia sabauda e spettacolo per la popolazione sassarese che assistè in bestiale gazzarra alla fustigazione e alla impiccagione”(13), commenta amaramente Raimondo Carta Raspi. Macabro ammonimento, aggiungo io, nei confronti dei Sardi, da parte dei più crudeli, spietati, insipienti, famelici e ottusi (s)governanti che la Sardegna abbia avuto nella sua storia, i Savoia. Cilocco aveva 33 anni. Un grande eroe e patriota sardo, sconosciuto e dimenticato, Est ora de l’amentare!
——————-
Note bibliografiche
1. Vittoria Del Piano, Giacobini moderati e reazionari in Sardegna- Saggio di un dizionario biografico 1793-1812, Edizioni Castello, Cagliari 1996, pagina 155.
2. Raimondo Carta Raspi, Storia della Sardegna, Edizioni U. Mursia, Milano 1971, pagina 846.
3. Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna sabauda, (1720-1847), Editori Laterza, Roma-Bari 1984, pagina 193.
4. Francesco Sulis, Dei moti politici dell’isola di Sardegna dal 1793 al 1821, Tip. Nazionale di G. Biancardi, Torino 1857, pagina 64.
5. Luigi Berlinguer, Alcuni documenti sul moto antifeudale sardo del 1795-96, in AA.VV., La Sardegna del Risorgimento, Ed. Gallizzi, Sassari, 1962, pagine 123-124.
6. Vittoria Del Piano, Giacobini moderati e reazionari in Sardegna- Saggio di un dizionario biografico 1793-1812, Edizioni Castello, Cagliari 1996, pagina 156.
7. Giuseppe Manno, Storia moderna della Sardegna-Dall’anno 1773 al 1799, a cura di Antonello Mattone, Ilisso edizioni, Nuoro 1998, pagina 294.
8. Bruno Anatra, Dizionario Biografico degli Italiani, Ed.Treccani, Volume 25 (1981).
9. Eliseo Spiga, La sardità come utopia – Note di un cspiratore, Cuec, Cagliari 2006, pagina 105.
10. Giovanni Siotto Pintor, Storia civile dei popoli sardi dal 1798 al 1848, Casanova, Torino 1887, pagina 45.
11. Vittoria Del Piano, Giacobini moderati e reazionari in Sardegna- Saggio di un dizionario biografico 1793-1812, Edizioni Castello, Cagliari 1996, pagina 159.
12. Fabritziu Dettori, Francesco Cilocco, un eroe dimenticato, in Sotziu Limba sarda, 10-5-2005.
13. Raimondo Carta Raspi, Storia della Sardegna, Edizioni U. Mursia, Milano 1971, pagina 847.
——————————-
Oggi martedì 17 maggio 2016 – Giornata internazionale contro l’omofonia
- Oggi Giornata internazionale contro l’omofobia -
. .
———————————————————————————————
- Approfondimenti.
Monumenti aperti e luoghi della nostra memoria… a Is Mirrionis
BELLISSIMO INCONTRO A IS MIRRIONIS
Bene ha fatto chi sabato è venuto a Is Mirrionis.
Sobria e precisa ha aperto l’incontro Lucia Cossu, con lei Gigliola Sulis, altrettanto di chiara sintesi.
Il luogo è quello dove visse l’infanzia Sergio Atzeni.
Coreografico sfondo il rudere del Centro sociale, chiuso da anni, dove, giovani e appassionati, realizzammo la Scuola Popolare.
Giacomo Casti ha letto un racconto di Atzeni, con la sua matura competenza di attore, assecondando il testo nel gioco di vari registri: italiano, sardo nelle due varianti, e perfino americano reso con un appropriato recitar-cantando.
Lo accompagnava con efficacia e discrezione il musicista Francesco Bachis.
Spettacolare l’ingresso in scena (non saprei definirlo diversamente) dell’amico poeta Gianni Mascia, quello di Tzacca Stradoni.
E’ bastata un’occhiata per invitarmi a riprendere, a sorpresa, per nulla previsto, il nostro vecchio gioco in “gergo di Soparma”, lo slang dei piccoli malviventi nostrani, con lui “lo scrittore”, io il personaggio da lui creato, “Lucianetto Strappo”, diplomato nello scippo, appena uscito di galera, dove nella “buiosa” prendeva “su soli scozzesu”.
Ritrovarci con questo fraterno amico, dopo circa due anni senza sentirci, e scoprire che, ma guarda, siamo candidati nella stessa lista, se mai esiste un comune sentire tra artisti…
E’ presente anche la mia socia elettorale Silvia Nurchi, con la quale commentiamo lo svolgersi della bella serata.
Dopo Gianni è la volta dello scrittore Cristian Mannu, col suo appena uscito “Maria di Isili”, che Giacomo legge da par suo..
C’è fra tutti un clima di festa familiare, come se ci si conoscesse da sempre, anche con chi si incontra la prima volta, e col piacere di ritrovarsi con chi non ci si vedeva da un bel po’.
Come con Rossella Pes, per esempio, che mi presenta le sue amiche, e facciamo progetti di intervento culturale nel quartiere. Nemmeno ci sfiora di trovarci candidati in coalizioni diverse.
Che importa? Abbiamo comuni ideali, abbiamo marciato insieme, lo faremo ancora. Piano piano la gente va via, restiamo fino alla fine rievocando con Franco Meloni e Gigliola Sulis momenti del passato.
Arrivederci, alla prossima!
———————————————-
- Foto e commenti sulla pagina fb dell’evento.
Migranti: argomento scomodo, soprattutto in campagna elettorale…
Ettore Cannavera nell’incontro promosso da “Cagliari Città Capitale” il 27 aprile, particolarmente curato da Roberto Mirasola, aveva avvertito: “Sono contento che abbiate organizzato questo evento sui migranti, ma, badate che non vi procurerà voti… Anzi sicuramente fa perdere voti in certa fascia dell’elettorato” . Paura di perdere voti: forse è proprio questa la ragione per la quale il sindaco Zedda non ha risposto alle sollecitazioni di Sulaiman Hjiazi perché prendesse posizione rispetto alle problematiche dell’immigrazione, particolarmente per quanto coinvolgono la competenza comunale. In compagnia di pochi altri media, ci sembra giusto occuparcene noi. Lo facciamo innanzitutto dando spazio alle argomentazioni di Sulaiman e poi alla risposta di Roberto Mirasola a nome suo e della propria parte politica.
——————————————–
Sulaiman Hjiazi. Avevo pubblicato questo mio pensiero sulla pagina del sindaco Massimo Zedda, purtroppo il post è stato rimosso nel giro di 3 minuti.
Ho appena finito di leggere il suo programma per Cagliari e mi sembra assurdo che, dopo i 5 anni passati e il tema caldo dell’immigrazione che scuote tutta l’Italia al momento, Lei non cita l’argomento nemmeno per sbaglio, nonostante in questi 5 anni ci siano stati tanti episodi che coinvolgevano gli immigrati nei quali il comune ha dimostrato di non essere all’altezza.
Caro sindaco la città di Cagliari dovrebbe essere un esempio di integrazione vista la sua posizione geografica, ma nonostante tutto Lei continua a ignorare il bisogno di regolarizzare la posizione dei musulmani a Cagliari.
Il fatto di non aver neanche citato la questione vuol dire che l’idea non Le passa neanche per la testa nonostante tutte le promesse fatte in passato.
I musulmani sono una parte integrata della popolazione cagliaritana e stanno ancora pregando in mezzo alla strada sotto la pioggia e sotto il sole, sono persone che pagano le tasse e danno il contributo alla città da anni, possibile che il comune non riesca a trovare una sala nemmeno per il venerdì per dare anche un messaggio importante alla città ed essere un esempio di integrazione per tutta l’Italia?
Molti musulmani non vanno a pregare e nemmeno si avvicinano alla moschea per la questione della mancanza dello spazio soprattutto il venerdì.
Possibile che in questi 5 anni non si sia reso conto dell’esigenza di questi cagliaritani?
Spero che queste mie parole la facciano riflettere e soprattutto agire su questi temi.
- Da Casteddu online: http://www.castedduonline.it/cagliari/centro-storico/35900/zedda-non-vuole-critiche-ma-ora-ignora-gli-immigrati-a-cagliari.html#sthash.X1vVoqqm.dpuf
———————————
Roberto Mirasola. Caro Sulaiman, la lettera da te scritta e indirizzata al Sindaco di Cagliari pone delle questioni importanti che dovrebbero essere al centro della campagna elettorale e che invece, purtroppo vengono rimossi, addirittura censurati come in questo caso. Giustamente, fai notare la posizione geografica della città al centro del Mediterraneo. La Sardegna si colloca al sud dell’Europa e al Nord dell’Africa, è evidente che il ruolo che Cagliari può e deve giocare nello scacchiere del Mediterraneo è importante ed è altrettanto evidente che non può che essere un ruolo di pace. Cagliari deve diventare luogo di pace nel Mediterraneo introducendo un metodo che è quello del confronto e del dialogo tra popoli. Ciò implica costruirsi una credibilità che oggi manca. Purtroppo riscontriamo un mancanza di coraggio dell’attuale classe politica, incapace di comprendere l’importanza dei processi in atto . Il fenomeno migratorio , frutto il più delle volte di guerre da noi stessi innescate, non sarà passeggero. Cosa vogliamo dunque fare? Vogliamo farci carico delle difficoltà e cercare di dare delle risposte oppure vogliamo far finta di niente? Ormai la storia è conosciuta e tristemente si ripete. All’arrivo della bella stagione iniziano gli sbarchi dei migranti e parte di essi viene dirottata a Cagliari. Il ritornello di questa amministrazione è sempre lo stesso: la competenza è della prefettura. Questo è vero, ma perché il comune di Cagliari ad oggi non ha partecipato neppure ad un progetto Sprar? Perché non vengono coinvolti i mediatori culturali capaci di poter instaurare un dialogo con i rifugiati e magari evitare la possibilità delle solite proteste che non fanno altro che creare tensioni sociali? – segue –
Cagliari elezioni comunali 2016: caccia ai voti senza confronto
Massimo Zedda? Si assuma la responsabilità del confronto
di Giovanni Marini*
Meglio dirlo subito. Tutti quelli che hanno votato Massimo Zedda e ci hanno creduto percepiscono, chi più chi meno, che in questi cinque anni il sindaco, la sua giunta, la sua maggioranza si sono giocati non solo il capitale politico che la sinistra ha rastrellato in decenni ma anche la speranza di un futuro per la città.
Ogni taglio di nastro ed inaugurazione riaffermano che si tratta di progetti della giunta precedente. Ti viene il sospetto che le risorse che Zedda ha speso non esauriscono tutte quelle che Emilio Floris gli ha lasciato e che sia stato l’esecutore di un progetto di città non elaborato da lui e neanche portato a termine. Uno sguardo al lungomare Su Siccu per rendersene conto. Purtroppo non c’è possibilità di chiederlo direttamente al sindaco perché finora si è sottratto ad ogni confronto con i contendenti e con gli elettori.
Non lo sono certo le pagine dell’Unione Sarda dove i candidati svolgono “a casa” il loro compitino su singoli temi. Dopo la prima puntata si corre il rischio che facciano la fine di altri articoli che poco o niente incidono nella vita delle persone. Leggi i titoli e passi oltre. Una campagna elettorale al cloroformio. Un scelta strategica del sindaco in carica? Basso profilo, sottrazione, non riconoscere gli avversari come competitors, convinzione che qualche marciapiede sistemato alla buona e gli annunci disattesi possano riportarlo al palazzo municipale.
Ma non è così. Il confronto tra le diverse liste, per chi conosce la città, denuncia la rappresentatività del sindaco in carica e di chi lo sta insidiando. Da tempo il problema non è più infatti una sana contrapposizione tra destra e sinistra. Nelle liste di Zedda colpiscono i nominativi di chi la volta precedente militava da tutt’altra parte e il profilo di gran parte dei candidati poco rappresentativi della città reale ma molto di quella partitica che rischia di favorire la fuga dal voto. - segue -