Monthly Archives: aprile 2016
ELEZIONI CAGLIARI 2016
Caro Lobina, sulle elezioni comunali, ti dico…
di Andrea Pubusa, su Democraziaoggi
Caro Enrico,
ho molto apprezzato la tua disponibilità, a seguito dell’appello degli intellettuali, a favorire con un passo indietro l’unità delle forze alternative al PD, di cui ormai SEL locale è un semplice acaro. Un leader pensa sempre al bene della coalizione non a quello proprio. Tuttavia, o l’appello produce in tempi brevi un risultato chiaro e visibile, ossia una candidatura di alto e indiscutibile profilo dunque unificante e mobilitante oppure tu devi mantenere la tua candidatura senza alcun tentennamento.
Mi spiego. Tu, con la tua costante attività di consigliere, hai ben rappresentato quell’area ch aveva confidato nella elezione di Zedda per una svolta nell’amministrazione cittadina e che è stata malamente abbandonata dall’attuale sindaco. Movimenti, associazioni, singoli militanti della sinistra si aspettavano da Zedda un’amministrazione aperta e innovativa. Ma, ahinoi!, sembra d’essere tornati ai tempi di Mariano Delogu, nessuna forma partecipativa, nessuna apertura democratica, neppure l’ombra di una nuova politica sociale, solo giardinetti e marciapiedi, sempre benvenuti, ma molto al di sotto della tradizione del municipalismo democratico fin da fine ‘800 incessantemente intriso di socialità e di capacità innovativa. - segue -
In risposta all’appello per l’unità delle liste del terzo polo
L’Unione Sarda di venerdì 8 aprile 2016, ripreso da ComuneCagliariNews.
Matta e Marotto, la risposta agli intellettuali
Unione liste civiche
I candidati sindaci delle coalizioni civiche La Quinta A (Paolo Matta) e Cagliari Città Capitale (Enrico Lobina) replicano all’appello di intellettuali e giornalisti all’unità delle liste civiche in occasione delle prossime elezioni comunali. «Il nostro movimento, esordiente assoluto in competizioni elettorali», sottolinea Matta, «ha fin dalla sua nascita voluto caratterizzarsi come soggetto politico del tutto estraneo e in totale discontinuità con logiche e dinamiche dei partiti storicamente militanti fra sinistra, centro e destra. La Quinta A è portatrice di una riflessione sulla città e sulla gestione di governo che affonda le sue radici nel movimentismo cattolico, nelle parrocchie e nelle associazioni ecclesiali laicali. Genesi e composizione del Movimento, libero e trasversale rispetto agli attuali schieramenti, a nostro giudizio, non si conciliano con la aggregazione che viene ipotizzata nella lettera-appello».
Pierluigi Marotto, coordinatore dell’Unità politica di CCC: – segue -
…di fronte alla deriva criminale di questi ultimi giorni… mi sembra ancora più difficile rispondere alla domanda di sempre, che fare? Bisogna provare a rispondere a questa domanda. Che cosa possiamo e dobbiamo fare dunque per opporci a queste pratiche e a questa corruzione così pervasiva?
Dipendenza criminale
di Alessandro Mongili
È difficile risollevare la testa in questa stagione politica. Per anni ho pensato che la giunzione fra carriere, biografie e sistema politico fosse troppo trascurata nell’analisi della politica sarda e, quindi, del nostro destino collettivo, e che dunque tutte le soluzioni proposte si fermassero alla soglia delle pratiche vere. Ma ora, di fronte alla deriva criminale di questi ultimi giorni, e di questa stessa giunzione, mi sembra ancora più difficile rispondere alla domanda di sempre, che fare?
Quello che sta succedendo è insostenibile. La corruzione, l’arricchimento, la ricerca di posizioni e di fama fanno parte della politica, e il loro contrasto non si può certo trascurare in via ordinaria, dev’essere cioè pratica continua proprio perché continuamente la politica si presta alla corruzione. Qui, però, ci troviamo di fronte a un passaggio di taglia. Qui si tratta di criminalità.
La politica sarda è stata, negli ultimi decenni, un campo malinconico in cui la colpa era dei sardi o della loro arretratezza ma “ora tocca a noi”, e vedrete quante cose belle il nostro franchising politico farà, ispirandosi ai nostri cari leader continentali che tanta bella figura fanno in tv, variabilmente localizzati dalle parti di Central Park, della Torre Velasca, o dei Ristoranti vicino al Pantheon. Servilismo, conformismo, dipendenza (anche culturale) l’hanno contrassegnata profondamente. Dietro lo sbandieramento di un’Autonomia in pratica inesistente e di un’identità sarda arcaicizzante – copertura della nostra posizione subalterna all’interno di quell’insieme fragile che chiamiamo Italia -, una classe dirigente che si è presentata come modernizzatrice e antisarda ha lucrato vantaggi e posizioni, in generale peggiorando le nostre vite in modo quasi scientifico. Ci eravamo abituati e ne abbiamo perfino riso.
La dipendenza della Sardegna dall’Italia non è una questione semiotica, è una prassi, e spesso ripaga materialmente e simbolicamente, con denaro e con fama, chi ne assicura il perdurare. E la svendita del nostro futuro sembra passare sempre di più da pratiche come quelle descritte nelle indagini in corso. I soldi che arrivavano con i Piani di Rinascita adesso arrivano nei modi descritti negli articoli dei quotidiani che seguono le vicende di ladrocinio ibrido criminal-politico. Se vogliamo, la corruzione era prima un affare istituzionalizzato, la Sardegna era svenduta al Petrolchimico e al Mito Smeraldo in nome della Modernità, mentre oggi è svenduta per mandare su yoox e su ebay un manipolo di arricchiti affamati di stupidaggini costose.
Ma qual è la differenza vera fra gli incriminati e gli altri dipendentisti sardi, sul piano della svendita della nostra comunità e del suo destino? Le pratiche, le ideologie, l’uso che fanno della Sardegna come trampolino per le loro carriere, ha una radice comune, cioè la loro fedeltà al regime di dipendenza della Sardegna e il loro odio per i sardi, cioè per se stessi. Alcuni ci lucrano materialmente, altri simbolicamente, altri ancora sotto entrambe le forme. Per fortuna, non tutti compiono reati, ma l’idea che la Sardegna sia un luogo da saccheggiare o usare per interesse proprio è comune. In un politico, è comunque condannabile.
I discorsi che attribuiscono ritualmente al carattere identitario il comportamento criminale si rivelano particolarmente pericolosi, perché mascherano il fatto che è il tipo di modernità eterodiretta – le cui spoglie ci ritroviamo a gestire – la vera matrice delle forme più incredibili di criminalità che ci troviamo a commentare. Assorbe attitudini e capacità che hanno anche matrici tradizionali, ma è questo tipo di agire che mette in moto questi processi, insieme di rapina dei beni comuni e di banalizzazione del crimine.
Ma non c’è tempo per recriminare. Bisogna provare a rispondere a questa domanda. Che cosa possiamo e dobbiamo fare dunque per opporci a queste pratiche e a questa corruzione così pervasiva? La magistratura farà il proprio corso, ma chi ha cura per la cosa pubblica deve esigere e mettere in atto comportamenti diversi. I vari vassalli del sistema della dipendenza faranno, come sempre, finta di niente, ora che è difficile usare facili motivazioni auto-colonizzanti tipo l’arretratezza delle zone interne o banalità simili. Questo li delimiterà, anche se di fronte ai nostri occhi sono già identificabili nella loro pochezza politica e intellettuale. Per loro è facile e autoassolutorio rimandare tutto a mitici caratteri identitari dei sardi, come sempre.
Per questo, rimane valida l’idea di non sostenere in alcun modo i franchising politici “italiani” o i gruppi di potere “sardignoli” neo-autonomisti o neo-sovranisti del “Pinta la legna e portala in Sardegna”, troppo collusi con i regimi di dipendenza che strozzano la Sardegna. Ma è ora di adottare in modo più rigido la distanza con chi abbia pendenze con la giustizia, e di promuovere in ogni modo il loro allontanamento dall’attività politica. Si tratta di un sistema che non si fa problemi a infiltrare qualsiasi alternativa.
Non si tratta di giustizialismo, ma, semplicemente, significa adottare da subito modi di fare diversi da quelli che la nostra recente italianizzazione sta pericolosamente banalizzando. Lo dobbiamo a noi stessi.
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By sardegnasoprattutto / 7 aprile 2016 / Società & Politica/
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Alla ricerca delle risposte. “… più Stato nella concezione democratica del termine, cioè ancor più Repubblica, intendendo con ciò anche e soprattutto Regione e autonomie locali non come terminali di operazioni di finanza pubblica o di attività burocratiche, bensì come strumenti di presidio politico, di mobilitazione civica e – soprattutto – di severa vigilanza interna, da parte dei soggetti politici e dei movimenti organizzati e d’opinione, sulle forme di selezione delle rappresentanze e sulle modalità di conquista e di mantenimento del consenso qui, nell’Isola, nelle sue città e nei suoi paesi, nei suoi strati sociali di riferimento”
Anche contro la criminalità urge una politica coerente
di Tonino Dessì, su Democraziaoggi
Un’altra enorme bufera si abbatte sull’Isola: ieri è stato scoperchiato un imponente e organizzato traffico di stupefacenti con ramificazioni profonde in Sardegna.
Prescindiamo dal fatto che anche questa indagine coinvolga tra gli altri un politico e ovviamente diamo per scontata, come in tutti i casi analoghi, ogni presunzione di rito in materia.
In questi giorni ci stiamo interrogando sulle matrici possibili degli attentati agli amministratori locali, ambientali ed esterne. Nelle settimane scorse ci siamo interrogati sulla matrice di rapine organizzate con metodi e strumenti di tipo militare. In precedenza abbiamo dovuto in varie occasioni interrogarci su metodi e moventi di molti omicidi rimasti irrisolti. Ricorrentemente ci domandiamo se nella nostra società complessiva, non solo delle aree interne, siano diffusi o connaturati comportamenti omertosi o di autentico collateralismo con la criminalità. In generale siamo sempre più frequentemente a interrogarci se in Sardegna vi sia o meno la presenza delle grandi organizzazioni criminali tipiche di altre aree della penisola italiana.
Sono domande complesse.
Un fatto, però, comincia ad assumere evidenza macroscopica. Per la penetrazione e per la diffusione di una particolare tipologia di delitti non basta l’esistenza di un contesto caratterizzato da tradizioni storiche criminogene o da un’attualità di disagio economico, sociale, culturale. Occorre un mercato, oppure la funzionalità di un territorio ad altri mercati, anche esterni ad esso. Questo soltanto giustifica la presenza e dà conto della dimensione degli investimenti dell’impresa criminale. Quantità enormi di stupefacenti, di armi, di danaro non si reperiscono e non circolano in ambienti chiusi. Insomma dev’esserci un circuito molto consistente di profitti attesi in misura più che proporzionale ai rischi, che non solo consentano di estendere il reclutamento in loco di basisti o di esecutori materiali, ma favoriscano anche l’affacciarsi, sempre in loco, di quadri e di dirigenti dotati di autonoma iniziativa e di capacità relazionali ambientali ed esterne. E allora si possono spiegare anche l’articolazione e la varietà, l’entità, la spavalderia, l’aggressiva efferatezza, l’impunità relativa di queste presenze e la paura che intendono imporre e che incutono nei nostri territori.
Non necessariamente è mafia o camorra: da un lato certi traffici sono tipici di realtà non meridionali, dall’altro e ormai da tempo anche mafia e camorra possono essere pienamente definite realtà metropolitane. Per loro natura le periferie metropolitane, come è divenuta la Sardegna per intero, sono particolarmente idonee alla logistica e in parte anche al diretto esercizio dei grandi traffici criminali.
Penso che occorra riflettere in forme non schematiche, su questi argomenti. Essi investono nel suo complesso tutta la realtà italiana, nella quale vaste aree del terriorio peninsulare sono tuttora interamente occupate dalla criminalità. Una criminalità che non esita a infiltrarsi e a condizionare l’economia, la politica e l’amministrazione.
Credo che la richiesta di più Stato in Sardegna non sia priva di fondamento, anche per quanto riguarda il rafforzamento di un campo, quello della sicurezza pubblica, che pare come altri piuttosto in condizioni di ritirata generale. Più Stato nelle sue funzioni esclusive, intendiamoci, non intendendo questo come riaccentramento di funzioni improprie nè come pretesa o richiesta di nuove emergenzialità istituzionali o giuridiche. E più Stato nella concezione democratica del termine, cioè ancor più Repubblica, intendendo con ciò anche e soprattutto Regione e autonomie locali non come terminali di operazioni di finanza pubblica o di attività burocratiche, bensì come strumenti di presidio politico, di mobilitazione civica e – soprattutto – di severa vigilanza interna, da parte dei soggetti politici e dei movimenti organizzati e d’opinione, sulle forme di selezione delle rappresentanze e sulle modalità di conquista e di mantenimento del consenso qui, nell’Isola, nelle sue città e nei suoi paesi, nei suoi strati sociali di riferimento.
Non per “buttare tutto in politica”: sono contrario. Ma la politica non può rifuggire dall’interrogarsi sul fatto che la sua debolezza, quando non la sua inanità, invano -mi credano i politici istituzionali autonomisti, indipendentisti e sovranisti a parole- giustificate con velleitarismi retorici e più ancora il suo autentico e perdurante discredito concorrono a determinare quel vuoto in cui altri soggetti possono introdursi e nel quale i cittadini restano sempre più attoniti e soli.
La dignità dell’uomo: Luigi Pintor, ragione e passione
L’Associazione Antonio Gramsci Cagliari
in collaborazione con la Biblioteca popolare l’Albero del riccio
Invitano alla presentazione del libro
La dignità dell’uomo: Luigi Pintor, ragione e passione
a cura di Jacopo Onnis
Interverranno: Jacopo Onnis, Pietro Maurandi, Gianni Fresu
Coordina: Michela Caria
Dopo la presentazione seguirà un rinfresco e sarà possibile rinnovare la tessera dell’Associazione Gramsci.
Venerdì 8 Aprile alle ore 18.00 in via Doberdò 101 a Cagliari
Referendum sulle trivelle: per un voto ragionato
di Pietro Greco, su Rocca del 15 aprile 2016.
Il 17 aprile andremo a votare per il cosiddetto referendum sulle trivelle. Ci verrà chiesto se siamo o meno d’accordo a rinnovare le concessioni alla ricerca e all’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia nautiche che segnano i confini delle acque territoriali. La frase di cui si chiede l’abrogazione è «per la durata di vita utile del giacimento».
Di questo referendum, sebbene promosso da nove Regioni e sebbene coinvolga una risorsa strategica come l’energia, sappiamo poco o nulla. E, come spesso accade in Italia, quel poco che sappiamo non è quasi mai frutto di un dibattito sereno ma di contrapposte ideologie.
Cerchiamo, dunque, di capire di cosa si tratta.
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Alla ricerca delle risposte. “… più Stato nella concezione democratica del termine, cioè ancor più Repubblica, intendendo con ciò anche e soprattutto Regione e autonomie locali non come terminali di operazioni di finanza pubblica o di attività burocratiche, bensì come strumenti di presidio politico, di mobilitazione civica e – soprattutto – di severa vigilanza interna, da parte dei soggetti politici e dei movimenti organizzati e d’opinione, sulle forme di selezione delle rappresentanze e sulle modalità di conquista e di mantenimento del consenso qui, nell’Isola, nelle sue città e nei suoi paesi, nei suoi strati sociali di riferimento”
Anche contro la criminalità urge una politica coerente
di Tonino Dessì, su Democraziaoggi
Un’altra enorme bufera si abbatte sull’Isola: ieri è stato scoperchiato un imponente e organizzato traffico di stupefacenti con ramificazioni profonde in Sardegna.
Prescindiamo dal fatto che anche questa indagine coinvolga tra gli altri un politico e ovviamente diamo per scontata, come in tutti i casi analoghi, ogni presunzione di rito in materia.
In questi giorni ci stiamo interrogando sulle matrici possibili degli attentati agli amministratori locali, ambientali ed esterne. Nelle settimane scorse ci siamo interrogati sulla matrice di rapine organizzate con metodi e strumenti di tipo militare. In precedenza abbiamo dovuto in varie occasioni interrogarci su metodi e moventi di molti omicidi rimasti irrisolti. Ricorrentemente ci domandiamo se nella nostra società complessiva, non solo delle aree interne, siano diffusi o connaturati comportamenti omertosi o di autentico collateralismo con la criminalità. In generale siamo sempre più frequentemente a interrogarci se in Sardegna vi sia o meno la presenza delle grandi organizzazioni criminali tipiche di altre aree della penisola italiana.
Sono domande complesse.
Un fatto, però, comincia ad assumere evidenza macroscopica. Per la penetrazione e per la diffusione di una particolare tipologia di delitti non basta l’esistenza di un contesto caratterizzato da tradizioni storiche criminogene o da un’attualità di disagio economico, sociale, culturale. Occorre un mercato, oppure la funzionalità di un territorio ad altri mercati, anche esterni ad esso. Questo soltanto giustifica la presenza e dà conto della dimensione degli investimenti dell’impresa criminale. Quantità enormi di stupefacenti, di armi, di danaro non si reperiscono e non circolano in ambienti chiusi. Insomma dev’esserci un circuito molto consistente di profitti attesi in misura più che proporzionale ai rischi, che non solo consentano di estendere il reclutamento in loco di basisti o di esecutori materiali, ma favoriscano anche l’affacciarsi, sempre in loco, di quadri e di dirigenti dotati di autonoma iniziativa e di capacità relazionali ambientali ed esterne. E allora si possono spiegare anche l’articolazione e la varietà, l’entità, la spavalderia, l’aggressiva efferatezza, l’impunità relativa di queste presenze e la paura che intendono imporre e che incutono nei nostri territori.
Non necessariamente è mafia o camorra: da un lato certi traffici sono tipici di realtà non meridionali, dall’altro e ormai da tempo anche mafia e camorra possono essere pienamente definite realtà metropolitane. Per loro natura le periferie metropolitane, come è divenuta la Sardegna per intero, sono particolarmente idonee alla logistica e in parte anche al diretto esercizio dei grandi traffici criminali.
Penso che occorra riflettere in forme non schematiche, su questi argomenti. Essi investono nel suo complesso tutta la realtà italiana, nella quale vaste aree del terriorio peninsulare sono tuttora interamente occupate dalla criminalità. Una criminalità che non esita a infiltrarsi e a condizionare l’economia, la politica e l’amministrazione.
Credo che la richiesta di più Stato in Sardegna non sia priva di fondamento, anche per quanto riguarda il rafforzamento di un campo, quello della sicurezza pubblica, che pare come altri piuttosto in condizioni di ritirata generale. Più Stato nelle sue funzioni esclusive, intendiamoci, non intendendo questo come riaccentramento di funzioni improprie nè come pretesa o richiesta di nuove emergenzialità istituzionali o giuridiche. E più Stato nella concezione democratica del termine, cioè ancor più Repubblica, intendendo con ciò anche e soprattutto Regione e autonomie locali non come terminali di operazioni di finanza pubblica o di attività burocratiche, bensì come strumenti di presidio politico, di mobilitazione civica e – soprattutto – di severa vigilanza interna, da parte dei soggetti politici e dei movimenti organizzati e d’opinione, sulle forme di selezione delle rappresentanze e sulle modalità di conquista e di mantenimento del consenso qui, nell’Isola, nelle sue città e nei suoi paesi, nei suoi strati sociali di riferimento.
Non per “buttare tutto in politica”: sono contrario. Ma la politica non può rifuggire dall’interrogarsi sul fatto che la sua debolezza, quando non la sua inanità, invano -mi credano i politici istituzionali autonomisti, indipendentisti e sovranisti a parole- giustificate con velleitarismi retorici e più ancora il suo autentico e perdurante discredito concorrono a determinare quel vuoto in cui altri soggetti possono introdursi e nel quale i cittadini restano sempre più attoniti e soli.
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…di fronte alla deriva criminale di questi ultimi giorni… mi sembra ancora più difficile rispondere alla domanda di sempre, che fare? Bisogna provare a rispondere a questa domanda. Che cosa possiamo e dobbiamo fare dunque per opporci a queste pratiche e a questa corruzione così pervasiva?
Dipendenza criminale
di Alessandro Mongili
È difficile risollevare la testa in questa stagione politica. Per anni ho pensato che la giunzione fra carriere, biografie e sistema politico fosse troppo trascurata nell’analisi della politica sarda e, quindi, del nostro destino collettivo, e che dunque tutte le soluzioni proposte si fermassero alla soglia delle pratiche vere. Ma ora, di fronte alla deriva criminale di questi ultimi giorni, e di questa stessa giunzione, mi sembra ancora più difficile rispondere alla domanda di sempre, che fare?
Quello che sta succedendo è insostenibile. La corruzione, l’arricchimento, la ricerca di posizioni e di fama fanno parte della politica, e il loro contrasto non si può certo trascurare in via ordinaria, dev’essere cioè pratica continua proprio perché continuamente la politica si presta alla corruzione. Qui, però, ci troviamo di fronte a un passaggio di taglia. Qui si tratta di criminalità.
La politica sarda è stata, negli ultimi decenni, un campo malinconico in cui la colpa era dei sardi o della loro arretratezza ma “ora tocca a noi”, e vedrete quante cose belle il nostro franchising politico farà, ispirandosi ai nostri cari leader continentali che tanta bella figura fanno in tv, variabilmente localizzati dalle parti di Central Park, della Torre Velasca, o dei Ristoranti vicino al Pantheon. Servilismo, conformismo, dipendenza (anche culturale) l’hanno contrassegnata profondamente. Dietro lo sbandieramento di un’Autonomia in pratica inesistente e di un’identità sarda arcaicizzante – copertura della nostra posizione subalterna all’interno di quell’insieme fragile che chiamiamo Italia -, una classe dirigente che si è presentata come modernizzatrice e antisarda ha lucrato vantaggi e posizioni, in generale peggiorando le nostre vite in modo quasi scientifico. Ci eravamo abituati e ne abbiamo perfino riso.
La dipendenza della Sardegna dall’Italia non è una questione semiotica, è una prassi, e spesso ripaga materialmente e simbolicamente, con denaro e con fama, chi ne assicura il perdurare. E la svendita del nostro futuro sembra passare sempre di più da pratiche come quelle descritte nelle indagini in corso. I soldi che arrivavano con i Piani di Rinascita adesso arrivano nei modi descritti negli articoli dei quotidiani che seguono le vicende di ladrocinio ibrido criminal-politico. Se vogliamo, la corruzione era prima un affare istituzionalizzato, la Sardegna era svenduta al Petrolchimico e al Mito Smeraldo in nome della Modernità, mentre oggi è svenduta per mandare su yoox e su ebay un manipolo di arricchiti affamati di stupidaggini costose.
Ma qual è la differenza vera fra gli incriminati e gli altri dipendentisti sardi, sul piano della svendita della nostra comunità e del suo destino? Le pratiche, le ideologie, l’uso che fanno della Sardegna come trampolino per le loro carriere, ha una radice comune, cioè la loro fedeltà al regime di dipendenza della Sardegna e il loro odio per i sardi, cioè per se stessi. Alcuni ci lucrano materialmente, altri simbolicamente, altri ancora sotto entrambe le forme. Per fortuna, non tutti compiono reati, ma l’idea che la Sardegna sia un luogo da saccheggiare o usare per interesse proprio è comune. In un politico, è comunque condannabile.
I discorsi che attribuiscono ritualmente al carattere identitario il comportamento criminale si rivelano particolarmente pericolosi, perché mascherano il fatto che è il tipo di modernità eterodiretta – le cui spoglie ci ritroviamo a gestire – la vera matrice delle forme più incredibili di criminalità che ci troviamo a commentare. Assorbe attitudini e capacità che hanno anche matrici tradizionali, ma è questo tipo di agire che mette in moto questi processi, insieme di rapina dei beni comuni e di banalizzazione del crimine.
Ma non c’è tempo per recriminare. Bisogna provare a rispondere a questa domanda. Che cosa possiamo e dobbiamo fare dunque per opporci a queste pratiche e a questa corruzione così pervasiva? La magistratura farà il proprio corso, ma chi ha cura per la cosa pubblica deve esigere e mettere in atto comportamenti diversi. I vari vassalli del sistema della dipendenza faranno, come sempre, finta di niente, ora che è difficile usare facili motivazioni auto-colonizzanti tipo l’arretratezza delle zone interne o banalità simili. Questo li delimiterà, anche se di fronte ai nostri occhi sono già identificabili nella loro pochezza politica e intellettuale. Per loro è facile e autoassolutorio rimandare tutto a mitici caratteri identitari dei sardi, come sempre.
Per questo, rimane valida l’idea di non sostenere in alcun modo i franchising politici “italiani” o i gruppi di potere “sardignoli” neo-autonomisti o neo-sovranisti del “Pinta la legna e portala in Sardegna”, troppo collusi con i regimi di dipendenza che strozzano la Sardegna. Ma è ora di adottare in modo più rigido la distanza con chi abbia pendenze con la giustizia, e di promuovere in ogni modo il loro allontanamento dall’attività politica. Si tratta di un sistema che non si fa problemi a infiltrare qualsiasi alternativa.
Non si tratta di giustizialismo, ma, semplicemente, significa adottare da subito modi di fare diversi da quelli che la nostra recente italianizzazione sta pericolosamente banalizzando. Lo dobbiamo a noi stessi.
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By sardegnasoprattutto / 7 aprile 2016 / Società & Politica/
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SCIENZA e FANTASCIENZA tra CONOSCENZA INQUIETUDINE e MERAVIGLIA
Il mondo salvato dall’infinitamente piccolo? Come le nanotecnologie stanno rivoluzionando il possibile, tra utopie e distopie.
Giovedì 7 aprile alle ore 18 sesto appuntamento della rassegna culturale promossa dalla Biblioteca provinciale nell’ambito dei programmi di promozione della lettura. L’incontro-dibattito si terrà presso la sala conferenze della Biblioteca Provinciale, parco di Monte Claro, ingresso da via Mattei in auto e a piedi.
L’incontro dibattito con Annalisa Bonfiglio sarà coordinato da Roberto Paracchini (ideatore della rassegna), col supporto della lettura di brani del libro fatta da Alberto Marcello
Attentati ai Sindaci: la risposta più efficace è la DEMOCRAZIA
Comuni senza democrazia, sindaci bersaglio
di Amsicora su Democraziaoggi
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Credetemi, nessuno più di me è angosciato per il tiro a segno contro i sindaci dell’Isola. Qui lo dico e qui lo nego: mi viene il sospetto che i sardi più che di quello “predatorio” siano dotati di istinto “attentatorio”. E tuttavia, questa mia preoccupazione cresce e diviene ansia incontrollabile quando leggo che alcuni sindaci si fanno il porto d’armi per poter uscire con la pistola, come gli sceriffi dei mitici Western di una volta: bum, bum, buoni contro cattivi, e, dopo mille traversie, vincono sempre i virtuosi, bum bum. L’agitazione diminuisce a scorrere gli appelli dei sindaci. “Sulla questione degli attentati e delle intimidazioni – dicono – solidarietà e vicinanza non bastano più, è arrivato il momento di andare oltre“. E fin qui come non concordare? Che ve ne fate della mia fraterna indignazione. Benaltro serve! C’è, però, un piccolo ma, che diventa grande grande quando leggo il resto della dichiarazione del presidente dell’Anci Sardegna, il compagno Pier Sandro Scano. “Oggi stesso partirà la richiesta al ministro dell’Interno Angelino Alfano per la convocazione in tempi brevissimi dell’Osservatorio nazionale contro gli attentati agli amministratori pubblici“. D’accordo, bisogna osservare, occorre investire gli organi di governo, il fenomeno è da scandagliare, non è da prendere sottogamba. Ma, suvvia!, osservare da Roma! E rivolgersi ad Alfano! Lo avete guardato in faccia il Ministro? Nessuno, sano di mente, gli affiderebbe da gestire neppure una botteguccia.
Ho il sospetto che i sindaci chiedano agli altri di osservare, di fare, decidere, provvedere, ma loro non fan nulla, non osservano, attendono misure altrui, dall’alto. Scusate, ma la storia delle autonomie locali la conoscete? Propongo all’ANCI di fare un libretto divulgativo. E’ una delle vicende più affascinanti della nostra storia recente, perché i Comuni, fin dalla seconda metà dell’800, hanno fatto tutto da soli, anzi con l’opposizione dello Stato. Hanno inventato lo stato sociale. Perfino le case popolari nascono lì. E i primi piani urbanistici, i cc.dd. regolamenti di ornato. E la scuola elementare per i poveri, chi le ha inventate? E le aziende municipalizzate per la distribuzione del latte? E quelle per le tramvie? Solo dopo di loro, lo Stato è intervenuto e neppure bene.
I sindaci sardi chiedono, ma cosa fanno? Vogliono in ogni angolo le telecamere. Chi spara più se sa di essere ripreso? Che faine questi sindaci! Che furboni! Peccato che le telecamere riprendano anche tutto il resto. Il giovane che corteggia lo coetanea, la moglie che, furtiva, tradisce il marito e viceversa. Il grande fratello dappertutto in ogni angolo perfino dei piccoli paesi. Non vi spaventa tutto questo? E la privacy? Attenti, che s’incavola Antonello Soro, custode della riservatezza!
Chiedete anche le caserme. Pensate che questo vi salvi? Chiedete poi servizi e occupazione e qui già mostrate maggiore ragionevolezza. Nei paesi sempre più deserti e desolati, senza neppure più scuola, l’istinto “attentatorio” si diffonde più facilmente e senza freni. Ma, siete sempre in errore. In verità vi dico, se decidete tutto voi, da soli, diventate ugualmente il bersaglio. Il tiro al bersaglio non scompare anche se c’è occupazione, scuola, posta, caserma e telecamere, non credete? Avete mai pensato che, per non essere bersaglio, non dovreste essere più gli unici decisori a livello locale? Non avete mai pensato che se a deliberare si è in tanti non ha senso sparare sul mucchio? E che se tanti sono i decisori, forse non c’è neppure spazio per pensare di sparare, si ha il luogo, la piazza, l’assemblea, dove portare la propria protesta e la propria proposta. Sapete come si chiama quella situazione in cui si decide tutti insieme nell’agorà? Lo avete scordato, miei cari napoleoni in sedicesimo? Si chiama democrazia. E’ la democrazia che, rimettemdo le decisioni su molti, sulla maggioranza dei cittadini, elimina in radice il bersaglio. Lo fa scomparire. E allora, voi sindaci, chiedete più democrazia, chiedete di riformare questa legge elettorale che vi rende decisori con maggioranzze bulgare, senza avere voti e vero consenso, con astensioni di dimensioni assurde. Ma – direte – anche questo lo dobbiamo chiedere al Ministro, al governo. E no, miei cari! Su questo, oltre che chiedere, potete fare, potete “praticare” l’obiettivo, allargando la partecipazione, dando spazio, anziché mortificare le minoranze. Non l’avete capito? Le pallotole e l’esplosivo sono l’altra faccia del deficit di democrazia che c’è nei comuni per via di leggi elettorali che non rafforzano la maggioranza, ma trasformano una minoranza, talora infima, in grande maggioranza e fanno di un uomo, il sindaco, con pochi voti rispetto al numero complessivo degli elettori, il decisore quasi unico, il padrone della situazione. Insomma, lo trasforma in bersaglio.
E poi l’Osservatorio nazionale, per fare una gita a Roma ogni tanto in comitiva, tutto pagato? Cari sindaci sardi, volete un consiglio? Se proprio vi serve un Osservatorio, createvelo in casa, nella casa comunale, non per scoprire chi attenta, ma per misurare il tasso di democrazia nei vostri comuni o in questa nostra regione. Lì, non a Roma, troverete la ragione della violenza e lì le soluzioni. Amen.
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Evasione qui, appalti lì, affari là: che torcicollo!
6 Aprile 2016
Posso confidarvi il mio stato mentale? Sono frastornato. Dovunque mi giri sento tintinnio di manette o leggo di iscrizioni nel registro degli indagati, di richieste di condanne e simili. Un tempo, mantenevo le mie certezze: gli imputati, indagati, corrotti, scorretti, amorali o immorali erano tutti di destra, tipacci, lontani da noi mille miglia. Anzi noi con forza e convinzione eravamo all’attacco, con la bandiera della morale in pugno. Vi ricordate la diversità comunista. Una certezza, un orgoglio!
Ora, ho quasi il torcicollo. mi giro a destra, a manca e al centro con ritmo vertiginoso e la musica è sempre la stessa.
Per Soru, il paladino della sardità, il vindice della nostra identità frustrata “gli inadempimenti fiscali c’erano ed erano importanti”. Parola di P.M. Richiesta quattro anni di reclusione per evasione fiscale. Contestata una presunta evasione fiscale da oltre 4 milioni di euro. Legge del taglione: un anno a milione. “L’indagine”, ha spiegato il pm nella requisitoria, “nasce nel 2009 da un servizio della trasmissione televisiva Annozero su come nel Regno Unito esistano società appositamente costituite per fare da schermo giuridico teso all’evasione fiscale e tra queste veniva segnalata “Andalas Ltd”, società riconducibile e Soru e alla sua società Tiscali”.”Andalas, costituita nel 2003, con capitale di due sterline”, per l’accusa “era una società non operativa che non ha mai pagato una sterlina di imposte nel Regno Unito né un euro in Italia. L’unica operazione che ha fatto è stato un prestito di circa 27milioni di euro a Tiscali Finance”.
Mi auguro che la difesa il 7 aprile smonti il teorema. Soru, del resto, come Zedda è bentrattato dai giudici nostrani. Ma mi rimane il sospetto che una società col capitale di due euro in terra straniera non sia stata costituita per attività trasparenti. Non saranno reati, ma furbate sì. Soru era al tempo prsidente della Regione. Non pensate che ci prendesse in giro, coi suoi proclami? Col suo ascetismo politico contro i politicanti? Una farsa.
Mi volto. Sindacopoli, girone di ritorno, nuova ondata di arresti: tra i 17 anche Stochino, ex consigliere regionale, e Peru, attuale vice presidente del Consiglio. Contestazione: appalti pubblici pilotati, Nell’aprile del 2015 gli arresti furono 21.
Tra le persone coinvolte ci sono amministratori pubblici, politici e funzionari di enti che avrebbero intrattenuto rapporti illeciti con imprenditori e professionisti.
Secondo gli inquirenti il sistema era guidato da Salvatore Pinna, l’ingegnere di Desulo che avrebbe retribuito politici e funzionari emettendo false fatture nei confronti delle imprese aggiudicatarie degli appalti per consulenze e lavori in Italia e all’estero. Una maxi tangente da 800mila euro mascherata con un contratto fittizio per prestazioni professionali di vario genere, sarebbe stata, poi, prevista per politici e funzionari pubblici corrotti.
Tra gli appalti pilotati ci sarebbero i lotti 3 e 8 della “Sassari-Olbia” e quelli relativi a due porticcioli turistici in Ogliastra (a Tertenìa e Tortolì) oltre a numerose altre opere minori.
Prove? La confessione dei rappresentanti legali delle imprese aggiudicatarie dei lotti della “Sassari-Olbia”, che hanno detto di aver pagato 300mila euro ciascuno per assicurarsi l’appalto.
Mi volto, disgustato, e, ahimè!, sento dell’Eni, di Federica Guidi, Renzi e Maria Elena Boschi e di tal Gemelli, quarantunenne, originario di Augusta, un anonimo imprenditore salito all’onore delle cronache. Prima la Boschi non ne conosceva l’esistenza, Renzi non sapeva neppure che la Guidi fosse spostata. Poi si scopre che quello è proprio il marito. E Renzi, prima ignaro di tutto, proteso com’è verso la grande politica, poi ci dice che l’emendamento pro Total l’ha fatto lui, in persona! Erano così sicuri da strafare, da non avere precauzioni, neppure al telefono. E così l’arroganza e la supponenza li sta suicidando. Torno ottimista. Coraggio, compagni e amici, questi si fanno fuori da soli, non c’è neppure bisogno di opposizione!
Tra parentesi: l’emendamento in questione dice che. su trivellazioni, stoccaggi, fonti energetiche e simili, decide il governo, senza sentire Regioni e Comuni. Vu ricorda qualcosa che può interessare la Sardegna?
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Novità nella vicenda Fiera. Il Commissario nomina il liquidatore (o qualcosa del genere) dell’Azienda speciale
Determinazione n. 18 del 5 aprile 2016. Oggetto: Azienda Speciale Fiera Internazionale della Sardegna.
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Un interrogativo sorge spontaneo: chi organizzerà la manifestazione prevista dal 23 aprile al 2 maggio 2016 (68a Edizione)?
Il governo Renzi intende spogliare le Camere di Commercio di buona parte delle loro funzioni. In questo quadro in modo anticipatorio leggiamo la soppressione dell’Azienda speciale della Fiera
Comunicato Sindacale R.S.U. Camera di Commercio di Sassari
Nei prossimi giorni il Consiglio dei Ministri varerà il decreto legislativo di riordino del sistema delle Camere di Commercio.
Secondo le indiscrezioni, il Governo intenderebbe spogliare le Camere di buona parte delle proprie funzioni:
- addio a contributi, finanziamenti alle imprese;
- addio al sostegno alla creazione di impresa;
- niente più sostegno all’internazionalizzazione;
- niente più sostegno all’innovazione;
- niente più sostegni ai confidi;
- addio ai servizi di conciliazione e mediazione e camere arbitrali;
- niente più servizio di marchi e brevetti;
- niente più corsi di formazione, convegni e seminari;
- fine degli studi sull’economia del territorio.
I lavoratori della Camera di Sassari manifestano la propria indignazione per:
- l’assurdo spreco di competenze e capacità operative cui la riforma è finalizzata ed esprimono grande preoccupazione per il proprio destino lavorativo (sono previste riduzioni del personale, con migliaia di esuberi a livello nazionale);
- la drastica riduzione di risorse a favore delle imprese e dell’economia del territorio in cambio dell’irrisorio risparmio medio del diritto camerale versato dalle aziende;
- la volontaria e progressiva distruzione del “sistema camerale” considerato, per efficienza e professionalità, una delle eccellenze della Pubblica Amministrazione italiana.
La R.S.U. Camera di Commercio di Sassari
(pubblicato sul sito web della Camera di Commercio di Sassari)