Monthly Archives: aprile 2016
IMPEGNATI PER IL SI
Il 17 Aprile voterò SI
di Franco Meloni*
Anche se sembrano distanti secoli, pochi anni fa ho attraversato un periodo di razionale ottimismo. La Sardegna assumeva un ruolo nuovo nella stanca e mal definita geografia della politica europea. Come sollevati sulle spalle di giganti, guardavamo la realtà con gli occhi di chi voleva e poteva cambiarla. Dall’alto delle torri, le nostre basiliche, ci vedevamo protagonisti e propositori di scelte che, e non era un battito d’ali di lievi farfalle, potevano riguardare un orizzonte lontano.
Sicuramente più di dodici miglia. Discutevamo su regole per fare le scelte giuste, e quindi durevoli nel tempo, pensando a chi sarebbe arrivato dopo. E sapevamo che gli errori si sarebbero pagati, con tragici interessi. Ci sentivamo partecipi di umanità lontane, se la distanza ha ancora senso, e la campana suonava vicino a noi. Si discuteva di energia. E si metteva a confronto quella ottenuta disgregando atomi e quella che utilizzava forze antiche che guardavano il Sole e il Vento, o le Maree o quelle che potevano essere usate per diminuire il peso della fatica. Il petrolio era ignorato.
Come Fisico* ho mille ragioni per non metterlo tra le fonti utilizzabili. Prima tra queste il tipo di motore che lo usa. Sporco, inquinante, alienante, pericoloso e poco efficace. In sintesi: abbondantemente superato. Seconda: la complessità politica del suo utilizzo. Troppe guerre si sono fatte per averne il controllo e troppo dolore è costata la sua conquista. Ci ha terrorizzato quando il prezzo superava i cento dollari e ora ci crea inspiegabile affanno – ma si sa, l’economia è una scienza triste e mal definita – il suo essere troppo a buon mercato, se mi si passa questo termine volgare.
Se abbiamo bisogno di una grande e impegnativa sfida per utilizzare al meglio il dono di Prometeo, cerchiamo di controllare il fuoco che fa ardere le stelle. Abbiamo capito da pochissimi anni il perché non sono fori nel cielo e siamo riusciti per ora, purtroppo, solo e riprodurre il processo distruttivo. Da piccolo, raramente, al mare mi sporcavo di nero vischioso e quasi indelebile. Qualche petroliera che non aveva ripassato i codici di buon rapporto con il Dio Mare lavava cisterne maleodoranti rilasciando grumi di petrolio. Il rimedio era semplice: batuffolo di cotone con olio, anche non extravergine.
Ora si può fare un’operazione analoga. Scaviamo fossi con trivelle di dimensioni umane per piantare olivi e magari qualche vigna. I mandorli in fiore sono tra le immagini più belle in campagna. E la cosa ci riguarderebbe sicuramente mantenendoci in pace con le generazioni future.
PS. Se non fossi stato chiaro, il 17 Aprile voterò SI.
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By sardegnasoprattutto/ 10 aprile 2016/ Città & Campagna/
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Per Pigliaru solo l’allineamento è ragionevole…
11 Aprile 2016
Per Pigliaru tutto ciò che è conservatore, accentratore, governativo è ragionevole, tutto ciò che si muove, che contrasta il governo, che è finanche moderatamente autonomista, è inutile e precipitoso. Pensa che basti il fair play, le buone maniere, il professato rispetto delle opinioni altrui, per giustificare l’allineamento proprio. Ora e sempre allineamento, vien da dire se di mezzo c’è Pigliaru e c’è Renzi. Questa la weltanschauung, la chiave di tutta la politica del buon Francesco nostrano.
Possibile che Pigliaru non capisca quello che tutti capiamo, e cioè che il referendum NO-Triv ha – come tutte le consultazione popolari – una valenza duplice: il suo effetto giuridico stretto e il suo valore di atto d’indirizzo, che non è solo un fatto simbolico, anche se i simboli hanno un senso talora più grande delle cose reali. Cio che conta è - come dice Asor Rosa - la vera posta in gioco.
Ciò che è buffo è che il presidente pretende di interpretare anche il pensiero altrui. E così chi vota Sì al referendum del 17, ossia è contro le trivelle, … “non è contro le trivelle” ma vuole “una cosa infinitamente più piccola“, e cioè vuole solo che i pochi impianti esistenti non possano “continuare a produrre fino a esaurimento dei giacimenti“. E se il governo, forte di un esito negativo del referendum, ne proponesse l’estensione? Il Prof. ci dà la sua ragionevole posizione, nel rispetto delle posizioni di tutti, s’intende: l’importante è che “nessun impianto sia localizzato nelle acque sarde“. Del rimanente mare nostrum chi se ne… E poi, la Sardegna è in una botte di ferro, succeda quel che succeda alle altre Regioni, traquilli, “la Sardegna non è mai stata a rischio perché nella legge in questione è stata introdotta una norma di salvaguardia per le regioni a statuto speciale“.
Pigliaru così anticipa anche il suo voto al referendum costituzionale: le manomissioni della Carta in chiave autocratica e centralista vanno approvate, ci suggerisce anticipatamente il Prof. (rispettando, sia ben chiaro, le nostre opinioni), perché la modifica del titolo V della Costituzione riguarda solo le Regioni ordinarie. Che esse vengano private di competenze legislative per la potestà centrale di intromettersi in nome del sovrastante imperium statale, che l’interesse nazionale giustifichi l’annullamento unilaterale di ogni legge regionale, che in alcune materie, come energia, localizzazione rifiuti speciali ed altro, lo Stato possa decidere senza neppure consultare Regioni ed enti locali, poco importa; c’è un’Isola felice immune da tutti questi possibili mali. Questi sono e saranno solo altrui!
Per il serafico Francesco non conta neppure che la Sardegna, grazie al Consiglio regionale, sia tra le promotrici del referendum contro le trivelle. Allineamento sempre e comunque al trombettire di Pontassieve! Questa per Pigliaru è l’unica cosa che conta, l’unica ragionevole, la sola utile.
Certo si tratta di cose infinitamente più gravi, ma si parva licet componere magnis, se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi, al Prof. possiamo ricordare la bella (e tragica) poesia di B. Brecht “Prima vennero…” sul ritenere inutile opporsi al male ai danni degli altri, in questo caso alle altre Regioni. Prima vengono fagocitate le regioni ordinarie, il giorno che toccherà alla Sardegna non ci sarà nessuno a protestare.
Sarà pura propaganda, ma perfino Capellacci, almeno a parole, è meglio. Il colmo per un Prof.!
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Sardegna. Nella ricerca di una nuova classe dirigente che abbia le antiche virtuose caratteristiche
di Aladin (11 marzo 2016)
«Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione.»
In un recente convegno sulle tematiche dello sviluppo della Sardegna, un relatore, al termine del suo intervento, ha proiettato una slide con la frase sopra riportata, chiedendo al pubblico (oltre duecento persone, età media intorno ai 40/50 anni, appartenente al modo delle professioni e dell’economia urbana) chi ne fosse l’autore, svelandone solo la qualificazione: “Si tratta di un personaggio politico”. Silenzio dei presenti, rotto solo da una voce: “Mario Melis?”. No, risponde il relatore. Ulteriore silenzio. Poi un’altra voce, forse della sola persona tra i presenti in grado di rispondere con esattezza: “Giovanni Maria Angioy”. Ebbene sì, proprio lui, il patriota sardo vissuto tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, (morto esule e in miseria a Parigi, precisamente il 22 febbraio 1808), nella fase della sua vita in cui inutilmente chiese alla Francia di occupare militarmente la Sardegna, che, secondo i suoi auspici, avrebbe dovuto godere dell’indipendenza, sia pur sotto il protettorato francese (1).
E’ significativo che l’unico uomo politico contemporaneo individuato come possibile autore di una così bella frase, decisamente critica nei confronti della classe dirigente dell’Isola (e quindi autocritica) e tuttavia colma di sviluppi positivi nella misura in cui si potesse superare tale pesante criticità, sia stato Mario Melis,, leader politico sardista di lungo corso, il quale fu anche presidente della Regione a capo di una compagine di centro-sinistra nel 1982 e di nuovo dal 1984 al 1989. Evidentemente la sua figura di statista resiste positivamente nel ricordo di molti sardi. E questo è bene perché Mario Melis tuttora rappresenta un buon esempio per le caratteristiche che deve possedere un personaggio politico nei posti guida della nostra Regione: onestà, competenza (più politica che tecnica), senso delle Istituzioni, passione e impegno per i diritti del popolo sardo. Caratteristiche che deve possedere non solo il vertice politico, ma ciascuno dei rappresentanti del popolo nelle Istituzioni. Aggiungerei che tali caratteristiche dovrebbero essere comuni a tutti gli esponenti della classe dirigente nella sua accezione più ampia, che insieme con la classe politica comprende quella del mondo del lavoro e dell’impresa, così come della società civile e religiosa.
Oggi al riguardo non siamo messi proprio bene. Dobbiamo provvedere. Come? Procedendo al rinnovo dell’attuale classe dirigente in tutti i settori della vita sociale, dando spazio appunto all’onestà, alla capacità tecnica e politica, al senso delle organizzazioni che si rappresentano, alla passione e all’impegno rispetto alle missioni da compiere.
Compito arduo ma imprescindibile.
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(1) Sappiamo come andò a finire la storia: i francesi si guardarono bene dall’intervenire, perlomeno in Sardegna – contrariamente a quanto fecero in Piemonte – per la quale tennero fede all’Armistizio di Cherasco (28 aprile 1796) e al successivo Trattato di Parigi (15 maggio 1796) che, sia pure con termini pesantissimi per i sabaudi, consentì loro di mantenere costantemente e definitivamente il potere sull’Isola.
IMPEGNATI PER IL SI
Il 17 Aprile voterò SI
di Franco Meloni*
Anche se sembrano distanti secoli, pochi anni fa ho attraversato un periodo di razionale ottimismo. La Sardegna assumeva un ruolo nuovo nella stanca e mal definita geografia della politica europea. Come sollevati sulle spalle di giganti, guardavamo la realtà con gli occhi di chi voleva e poteva cambiarla. Dall’alto delle torri, le nostre basiliche, ci vedevamo protagonisti e propositori di scelte che, e non era un battito d’ali di lievi farfalle, potevano riguardare un orizzonte lontano.
Sicuramente più di dodici miglia. Discutevamo su regole per fare le scelte giuste, e quindi durevoli nel tempo, pensando a chi sarebbe arrivato dopo. E sapevamo che gli errori si sarebbero pagati, con tragici interessi. Ci sentivamo partecipi di umanità lontane, se la distanza ha ancora senso, e la campana suonava vicino a noi. Si discuteva di energia. E si metteva a confronto quella ottenuta disgregando atomi e quella che utilizzava forze antiche che guardavano il Sole e il Vento, o le Maree o quelle che potevano essere usate per diminuire il peso della fatica. Il petrolio era ignorato.
Come Fisico* ho mille ragioni per non metterlo tra le fonti utilizzabili. Prima tra queste il tipo di motore che lo usa. Sporco, inquinante, alienante, pericoloso e poco efficace. In sintesi: abbondantemente superato. Seconda: la complessità politica del suo utilizzo. Troppe guerre si sono fatte per averne il controllo e troppo dolore è costata la sua conquista. Ci ha terrorizzato quando il prezzo superava i cento dollari e ora ci crea inspiegabile affanno – ma si sa, l’economia è una scienza triste e mal definita – il suo essere troppo a buon mercato, se mi si passa questo termine volgare.
Se abbiamo bisogno di una grande e impegnativa sfida per utilizzare al meglio il dono di Prometeo, cerchiamo di controllare il fuoco che fa ardere le stelle. Abbiamo capito da pochissimi anni il perché non sono fori nel cielo e siamo riusciti per ora, purtroppo, solo e riprodurre il processo distruttivo. Da piccolo, raramente, al mare mi sporcavo di nero vischioso e quasi indelebile. Qualche petroliera che non aveva ripassato i codici di buon rapporto con il Dio Mare lavava cisterne maleodoranti rilasciando grumi di petrolio. Il rimedio era semplice: batuffolo di cotone con olio, anche non extravergine.
Ora si può fare un’operazione analoga. Scaviamo fossi con trivelle di dimensioni umane per piantare olivi e magari qualche vigna. I mandorli in fiore sono tra le immagini più belle in campagna. E la cosa ci riguarderebbe sicuramente mantenendoci in pace con le generazioni future.
PS. Se non fossi stato chiaro, il 17 Aprile voterò SI.
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By sardegnasoprattutto/ 10 aprile 2016/ Città & Campagna/
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Sardegna. Nella ricerca di una nuova classe dirigente che abbia le antiche virtuose caratteristiche
di Aladin (11 marzo 2016)
«Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione.»
In un recente convegno sulle tematiche dello sviluppo della Sardegna, un relatore, al termine del suo intervento, ha proiettato una slide con la frase sopra riportata, chiedendo al pubblico (oltre duecento persone, età media intorno ai 40/50 anni, appartenente al modo delle professioni e dell’economia urbana) chi ne fosse l’autore, svelandone solo la qualificazione: “Si tratta di un personaggio politico”. Silenzio dei presenti, rotto solo da una voce: “Mario Melis?”. No, risponde il relatore. Ulteriore silenzio. Poi un’altra voce, forse della sola persona tra i presenti in grado di rispondere con esattezza: “Giovanni Maria Angioy”. Ebbene sì, proprio lui, il patriota sardo vissuto tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, (morto esule e in miseria a Parigi, precisamente il 22 febbraio 1808), nella fase della sua vita in cui inutilmente chiese alla Francia di occupare militarmente la Sardegna, che, secondo i suoi auspici, avrebbe dovuto godere dell’indipendenza, sia pur sotto il protettorato francese (1).
E’ significativo che l’unico uomo politico contemporaneo individuato come possibile autore di una così bella frase, decisamente critica nei confronti della classe dirigente dell’Isola (e quindi autocritica) e tuttavia colma di sviluppi positivi nella misura in cui si potesse superare tale pesante criticità, sia stato Mario Melis,, leader politico sardista di lungo corso, il quale fu anche presidente della Regione a capo di una compagine di centro-sinistra nel 1982 e di nuovo dal 1984 al 1989. Evidentemente la sua figura di statista resiste positivamente nel ricordo di molti sardi. E questo è bene perché Mario Melis tuttora rappresenta un buon esempio per le caratteristiche che deve possedere un personaggio politico nei posti guida della nostra Regione: onestà, competenza (più politica che tecnica), senso delle Istituzioni, passione e impegno per i diritti del popolo sardo. Caratteristiche che deve possedere non solo il vertice politico, ma ciascuno dei rappresentanti del popolo nelle Istituzioni. Aggiungerei che tali caratteristiche dovrebbero essere comuni a tutti gli esponenti della classe dirigente nella sua accezione più ampia, che insieme con la classe politica comprende quella del mondo del lavoro e dell’impresa, così come della società civile e religiosa.
Oggi al riguardo non siamo messi proprio bene. Dobbiamo provvedere. Come? Procedendo al rinnovo dell’attuale classe dirigente in tutti i settori della vita sociale, dando spazio appunto all’onestà, alla capacità tecnica e politica, al senso delle organizzazioni che si rappresentano, alla passione e all’impegno rispetto alle missioni da compiere.
Compito arduo ma imprescindibile.
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(1) Sappiamo come andò a finire la storia: i francesi si guardarono bene dall’intervenire, perlomeno in Sardegna – contrariamente a quanto fecero in Piemonte – per la quale tennero fede all’Armistizio di Cherasco (28 aprile 1796) e al successivo Trattato di Parigi (15 maggio 1796) che, sia pure con termini pesantissimi per i sabaudi, consentì loro di mantenere costantemente e definitivamente il potere sull’Isola.
Verso le elezioni del Consiglio comunale di Cagliari. Pillole di storia della città in primis per i candidati
(Fonte: sito del Comune di Cagliari)
Fortino di Sant’Ignazio
La costruzione del Forte di Sant’Elia, oggi conosciuto, seppur impropriamente, come Fortino di Sant’Ignazio, fu avviata a partire dalla fine del 1792. Posto a circa 94 metri sul livello del mare, il forte fu progettato dal Maggiore Aiutante di Battaglione, Franco Lorenzo, un ingegnere militare che, s’ispirò ai principi della più moderna architettura militare di scuola Vaubaniana, concependo una fortificazione efficiente, dotata d’una potenza di fuoco eccezionale per l’epoca.
- segue –
Domenica 10 aprile 2016. Abbracciamo il Poetto – VOTIAMO SI per dire no alle Trivelle. Arregordarì dominigu 17 de abrile
Abbracciamo il Poetto – VOTIAMO SI per dire no alle Trivelle - La pagina fb dell’evento.
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Approfondimenti
Il 17 Aprile: la vera posta in gioco
Alberto Asor Rosa su il manifesto del 7 aprile 2016, ripreso da Democraziaoggi.
Racconti di fabbriche a Stampace
Associazione Culturale Stampaxi
Via Azuni, 46
Cagliari
“Racconti di fabbriche” è il titolo della presentazione-incontro dell’associazione culturale “Stampaxi”, costituita nei giorni scorsi a Cagliari nel quartiere di Stampace. L’evento si svolgerà sabato 16 aprile alle ore 18 in via Fara 19. Quattro studiosi illustreranno brevemente la storia di altrettanti edifici che hanno segnato spartiacque importanti nella vita di Cagliari e di Stampace: Antioco Piseddu racconterà Sant’Anna (costruita nel 1817), Aldo Lino San Giovanni di Dio (1848), Franco Masala il Palazzo Comunale (1907) e Paolo Sanjust il Palazzo del Banco di Roma (1955).
“Racconti di fabbriche” in quanto la storia di una città e di un quartiere è “fabbricata” giorno dopo giorno e anno dopo anno soprattutto dal vivere sociale dei suoi abitanti all’interno dei luoghi che declinano il suo essere comunità e che di questa rappresentano momenti importanti; e che oggi parlano sia del passato, che del presente e del futuro. Da qui la scelta dei quattro edifici citati per la presentazione di Stampaxi, un’associazione culturale nata da un gruppo di persone (da operatori nel sociale a docenti universitari, da architetti a imprenditori, da giornalisti a commercianti) con la volontà di promuovere la valorizzazione storico culturale di Stampace e delle altre comunità locali e della loro cultura identitaria e del confronto tra esse, con particolare riferimento agli altri quartieri cagliaritani, ai paesi della Sardegna e alle nazionalità ivi immigrate. Il tutto nella convinzione che la valorizzazione delle diverse identità culturali (Stampace in primo luogo) sia possibile solo attraverso il confronto, la conoscenza e la coltivazione delle differenze.
Per la comunicazione Roberto Paracchini
Il presidente Franco Meloni
Associazione Culturale Stampaxi. Pagina fb: https://www.facebook.com/stampaxi/
Verso le elezioni comunali di Cagliari. Tempo scaduto per unificazioni nel terzo polo?
PROVE DI DISGELO SU INTERNET. FUORI TEMPO MASSIMO?
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Paolo Matta (La Quinta A)
| Primarie Polo Civico |
Se davvero la discontinuità con il sistema dei partiti è il cemento che unisce tutte le liste civiche che oggi si propongono come alternativa all’attuale Amministrazione cittadina,
perché non pensare a un passaggio diretto con l’elettorato aperto non solo a Piergiorgio Massidda e Pierpaolo Vargiu, ma anche a Enrico Lobina, Paolo Casu e La Quinta A – Paolo Matta Sindaco? Quale il risultato?
1) Si andrebbe a fare sintesi e non a ulteriormente frantumare e polverizzare il consenso.
2) Si fornirebbe all’elettore un ulteriore elemento di chiarificazione con un candidato forte che si contrapporrebbe al Sindaco uscente.
3) Sarebbe un segnale importante al popolo dell’astensione, proprio in forza della chiarezza e semplificazione della proposta.
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Enrico Lobina (Cagliari Città Capitale)
Caro Paolo Matta,
ti rispondo molto velocemente, per via degli impegni che si susseguono.
Nel patto costitutivo di Cagliari Città Capitale sono previste le primarie. Con La Quinta A da novembre proviamo a costruire un percorso unitario, che sia sui contenuti e non sulla candidatura a Sindaco. Tu stesso, due giorni fa, hai risposto negativamente ad un appello di diversi intellettuali, tendente alla creazione di una proposta unitaria per le prossime elezioni comunali, al quale noi abbiamo risposto positivamente. Piergiorgio Massidda ha da sempre declinato l’invito a fare le primarie. Pierpaolo Vargiu ha rivolto il suo appello solamente a Massidda.
Caro Enrico,
alla provocazione di Vargiu (“Facciamo le primarie” ma ristrette, quasi che solo lui e Massidda avessero il monopolio della civitas e del sensus civitatis) ho risposto con una chiara, diretta contro-provocazione, a riaffermare che il vero distacco dalla politica affaristica e spartitoria del potere appartiene anche ad altre formazioni. Con le quali continuano, sdegnosamente, a non confrontarsi sul piano politico-programmatico. Che è poi il solo criterio che il cittadino elettore dovrebbe tenere in massima considerazione. Credimi. Nessuna manovra strisciante o doppiogiochista, cose che non appartengono al mio pensare e agire, anche politico. Semplicemente e solo una “contro-proposta”, ben sapendo che non avrebbe trovato sponda. Come è puntualmente avvenuto. In affetto e amicizia, paolo
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Piergiorgio Massidda Ciao Paolo, ciao Enrico,
per ragionare del bene di Cagliari, per aprire percorsi condivisi c’è sempre tempo. Lo dobbiamo fare per questa città, lo dobbiamo fare per i tantissimi che affollano le nostre liste e credono in un rilancio di Cagliari. Vediamoci, parliamone, mettiamo insieme le esperienze. Ma per le primarie ormai, a meno da un mese dalla presentazione delle liste non c’è più tempo. La mia sola coalizione sta completando 12 liste, dovremo preparare la campagna, trovare migliaia di firme autenticate con uno sforzo organizzativo enorme e senza soldi. Per ogni lista servono oltre 400 firme, dovremo mettere in piedi un’organizzazione pazzesca solo per questo con grande dispendio di energie. Il tempo a disposizione é ormai insufficiente. Per pianificare strade alternative nel solo interesse della nostra gente basta invece solo generosità, buonsenso, entusiasmo. E questo certo non manca a nessuno di noi.
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Pierpaolo Vargiu
Caro Paolo,
Ti ringrazio per la tua proposta, che merita tutta la possibile attenzione.
Personalmente credo molto nelle primarie, come metodo di scelta che coinvolge direttamente i cittadini, dandogli protagonismo e riavvicinandoli ad una politica che, purtroppo, sembra far di tutto per far scappare la gente per bene, la gente normale.
Ciò detto, credo che le primarie si possano e si debbano fare tra progetti, squadre e persone omogenee o comunque simili.
Vorrei sostituire l’attuale amministrazione perché vedo una città al disastro, moribonda.
E la vorrei governare verso il cambiamento.
Si governa con un progetto comune, con persone che condividano il progetto comune.
Non penso che sia utile mettere insieme le pere con le mele, né fare grandi minestroni.
La mia storia personale e politica è lineare: sono liberale. A titolo di esempio, stimo molto Enrico Lobina, che mi pare persona pulita, semplice e appassionata delle sue idee. Sicuramente non è liberale, ha una visione del mondo rispettabile, ma assai diversa dalla mia. Ci andrei volentieri a prendere un caffè per imparare dalla diversità, ma nemmeno per un istante penserei di poter governare insieme a lui il cambiamento di cui Cagliari ha bisogno.
Democrazia
La Fondazione del Banco di Sardegna nega la sala per una conferenza sulla Costituzione
9 aprile 2016
di Marco Ligas e Andrea Pubusa
La Fondazione del Banco di Sardegna ha negato la Sala delle conferenze per un dibattito sul tema: “Le modifiche costituzionali e il procedimento legislativo: semplificazione o complicazione?”, con organizzatori e relatori due docenti della Facoltà di Giurisprudenza di Cagliari, esperti della materia.
Ci sorprende questa decisione perché la direzione della Fondazione inizialmente ha dato il consenso perché l’iniziativa programmata si svolgesse regolarmente. Mentre poi ha mutato opinione per il solo fatto che il Comitato per il NO al referendum costituzionale ha diramato un invito alla partecipazione all’incontro.
Si tratta di una decisione immotivata e del tutto negativa: ostacolare un confronto democratico non è mai un segnale di apertura e di disponibilità al dialogo. Tanto più che il tema proposto per il dibattito del 12 aprile non si caratterizza certo per la sua eversione ma, al contrario, intende affrontare e approfondire le questioni relative alla riforma della Costituzione, in fase di approvazione, in seconda lettura, alla Camera dei Deputati.
Il tema proposto “Le modifiche costituzionali e il procedimento legislativo: semplificazione o complicazione?” ha infatti lo scopo di verificare se i cambiamenti approvati renderanno più agevole il procedimento legislativo o, al contrario, lo renderanno più complicato che mai. La stessa titolazione dell’incontro, posta in forma di quesito, mostra il carattere non propagandistico dell’iniziativa, del resto introdotta, come detto, non da esponenti politici, ma da giuristi del nostro Ateneo.
Abbiamo, dunque, ragione di pensare che il diniego sia motivato da ragioni politiche, connesse ad un’inammissibile allineamento della Fondazione ai desiderata del Governo nazionale, tanto meno giustificabili in quanto la discussione sui fondamenti giuridici della nostra convivenza è materia sottratta, per sua natura, a interferenze dell’esecutivo. E ancora, ecco un altro tema che vorremmo discutere: davvero la modifica costituzionale proposta garantisce una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita politica del nostro Paese o ne limita ulteriormente i diritti?
Invitiamo comunque la direzione della Fondazione, nonostante il grave gesto di chiusura, a partecipare, con la presenza di un suo qualificato rappresentante, alla stessa iniziativa, che terremo presso la Società degli Operai nella via XX Settembre n. 80, così da manifestare in pubblico il proprio motivato convincimento in ordine al quesito in discussione: il procedimento legislativo sarà più semplice o complesso se la modifica costituzionale supererà indenne il referendum oppositivo?
Migrazione e accoglienza: nuovo focus tematico di Cagliari Città Capitale
- La pagina fb dedicata, coordinata da Roberto Mirasola.
Perché i sindacati non avvertono la necessità della mobilitazione? Che fanno i partiti? Di cosa discutono le rappresentanze dei sindaci? Degli attentati agli amministratori? Forse hanno qualche relazione con gli episodi malavitosi che la magistratura sta accertando?
Cagliari e nuvole….. la faccia triste della Sardegna!
di Andrea Sotgiu
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Le valutazioni di Raffaele Deidda e di Alessandro Mongili che stigmatizzano i comportamenti delinquenziali di alcuni personaggi delle classi dirigenti della Sardegna sono fin troppo lievi. Le cronache giudiziarie sarde sono infatti finanche peggiori di quelle nazionali al punto che si deve parlare di una vera emergenza morale e di conseguenza di un’emergenza democratica che nessuna organizzazione formale si decide a discutere. Questa è cosa persino assai più grave.
Parlare con amici e parenti chiarisce il clima depressivo che si percepisce nei paesi ormai deserti che si animano con le economie fittizie delle sagre o a Cagliari, una delle più belle città del Mediterraneo che sembra bombardata tanto è deserta da una parte e con un traffico ingestibile dall’altra. Tutti riponevano speranze nel giovane sindaco. Ma si è capito subito a partire da Renzi che si tratta di falsi giovani allevati a pane e cinismo politico, pronti ad imbarcare chiunque pur di conservare il potere.
La decadenza della città al netto di trionfalismi e di una stampa generosa è il simbolo di una Sardegna in una crisi strutturale sul piano economico e sociale di cui nessuno vuol discutere. Altro che superamento del sottosviluppo costruito dai democristiani, conniventi comunisti e socialisti. Quelli per cui la chimica di base, gli interventi a pioggia, la svendita delle coste avrebbero creato “sviluppo e benessere”. Sviluppisti impenitenti tuttora vivi e vegeti come se il tempo si fosse fermato senza percepire il declino, la fuga dei giovani, lo spopolamento e soprattutto l’emergenza morale e democratica.
Nel tempo infatti è cresciuta una classe dirigente ancor più famelica che non distingue le istituzioni dal proprio privato interesse. La questione morale non risparmia amministratori comunali e regionali, professionisti e finanche accademici, uomini e donne. Perché non parlarne? Perché distogliere lo sguardo e parlare d’altro? Perché non convocare d’urgenza il Consiglio regionale visto che ne hanno arrestato il suo vicepresidente?
Perché i sindacati non avvertono la necessità della mobilitazione? Che fanno i partiti? Di cosa discutono le rappresentanze dei sindaci? Degli attentati agli amministratori? Forse hanno qualche relazione con gli episodi malavitosi che la magistratura sta accertando? Perché non parlare delle modalità con cui si fanno bandi e appalti o del perché di alcuni lavori pubblici e della loro effettiva indispensabilità? La Sardegna è piena di piccoli mostri vuoti e degradati. Sarebbe interessante fare la verifica dei lavori pubblici e dei bandi per capire la geografia dei poteri.
Nel mentre i sardi per non morire dovrebbero andare in massa a votare per il Sì al Referendum. Difenderebbero la propria terra che in questa fase pare non essere esattamente in buone mani.
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By sardegnasoprattutto/ 8 aprile 2016 / Società & Politica/
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…di fronte alla deriva criminale di questi ultimi giorni… mi sembra ancora più difficile rispondere alla domanda di sempre, che fare? Bisogna provare a rispondere a questa domanda. Che cosa possiamo e dobbiamo fare dunque per opporci a queste pratiche e a questa corruzione così pervasiva?
Dipendenza criminale
di Alessandro Mongili
È difficile risollevare la testa in questa stagione politica. Per anni ho pensato che la giunzione fra carriere, biografie e sistema politico fosse troppo trascurata nell’analisi della politica sarda e, quindi, del nostro destino collettivo, e che dunque tutte le soluzioni proposte si fermassero alla soglia delle pratiche vere. Ma ora, di fronte alla deriva criminale di questi ultimi giorni, e di questa stessa giunzione, mi sembra ancora più difficile rispondere alla domanda di sempre, che fare?
Quello che sta succedendo è insostenibile. La corruzione, l’arricchimento, la ricerca di posizioni e di fama fanno parte della politica, e il loro contrasto non si può certo trascurare in via ordinaria, dev’essere cioè pratica continua proprio perché continuamente la politica si presta alla corruzione. Qui, però, ci troviamo di fronte a un passaggio di taglia. Qui si tratta di criminalità.
La politica sarda è stata, negli ultimi decenni, un campo malinconico in cui la colpa era dei sardi o della loro arretratezza ma “ora tocca a noi”, e vedrete quante cose belle il nostro franchising politico farà, ispirandosi ai nostri cari leader continentali che tanta bella figura fanno in tv, variabilmente localizzati dalle parti di Central Park, della Torre Velasca, o dei Ristoranti vicino al Pantheon. Servilismo, conformismo, dipendenza (anche culturale) l’hanno contrassegnata profondamente. Dietro lo sbandieramento di un’Autonomia in pratica inesistente e di un’identità sarda arcaicizzante – copertura della nostra posizione subalterna all’interno di quell’insieme fragile che chiamiamo Italia -, una classe dirigente che si è presentata come modernizzatrice e antisarda ha lucrato vantaggi e posizioni, in generale peggiorando le nostre vite in modo quasi scientifico. Ci eravamo abituati e ne abbiamo perfino riso.
La dipendenza della Sardegna dall’Italia non è una questione semiotica, è una prassi, e spesso ripaga materialmente e simbolicamente, con denaro e con fama, chi ne assicura il perdurare. E la svendita del nostro futuro sembra passare sempre di più da pratiche come quelle descritte nelle indagini in corso. I soldi che arrivavano con i Piani di Rinascita adesso arrivano nei modi descritti negli articoli dei quotidiani che seguono le vicende di ladrocinio ibrido criminal-politico. Se vogliamo, la corruzione era prima un affare istituzionalizzato, la Sardegna era svenduta al Petrolchimico e al Mito Smeraldo in nome della Modernità, mentre oggi è svenduta per mandare su yoox e su ebay un manipolo di arricchiti affamati di stupidaggini costose.
Ma qual è la differenza vera fra gli incriminati e gli altri dipendentisti sardi, sul piano della svendita della nostra comunità e del suo destino? Le pratiche, le ideologie, l’uso che fanno della Sardegna come trampolino per le loro carriere, ha una radice comune, cioè la loro fedeltà al regime di dipendenza della Sardegna e il loro odio per i sardi, cioè per se stessi. Alcuni ci lucrano materialmente, altri simbolicamente, altri ancora sotto entrambe le forme. Per fortuna, non tutti compiono reati, ma l’idea che la Sardegna sia un luogo da saccheggiare o usare per interesse proprio è comune. In un politico, è comunque condannabile.
I discorsi che attribuiscono ritualmente al carattere identitario il comportamento criminale si rivelano particolarmente pericolosi, perché mascherano il fatto che è il tipo di modernità eterodiretta – le cui spoglie ci ritroviamo a gestire – la vera matrice delle forme più incredibili di criminalità che ci troviamo a commentare. Assorbe attitudini e capacità che hanno anche matrici tradizionali, ma è questo tipo di agire che mette in moto questi processi, insieme di rapina dei beni comuni e di banalizzazione del crimine.
Ma non c’è tempo per recriminare. Bisogna provare a rispondere a questa domanda. Che cosa possiamo e dobbiamo fare dunque per opporci a queste pratiche e a questa corruzione così pervasiva? La magistratura farà il proprio corso, ma chi ha cura per la cosa pubblica deve esigere e mettere in atto comportamenti diversi. I vari vassalli del sistema della dipendenza faranno, come sempre, finta di niente, ora che è difficile usare facili motivazioni auto-colonizzanti tipo l’arretratezza delle zone interne o banalità simili. Questo li delimiterà, anche se di fronte ai nostri occhi sono già identificabili nella loro pochezza politica e intellettuale. Per loro è facile e autoassolutorio rimandare tutto a mitici caratteri identitari dei sardi, come sempre.
Per questo, rimane valida l’idea di non sostenere in alcun modo i franchising politici “italiani” o i gruppi di potere “sardignoli” neo-autonomisti o neo-sovranisti del “Pinta la legna e portala in Sardegna”, troppo collusi con i regimi di dipendenza che strozzano la Sardegna. Ma è ora di adottare in modo più rigido la distanza con chi abbia pendenze con la giustizia, e di promuovere in ogni modo il loro allontanamento dall’attività politica. Si tratta di un sistema che non si fa problemi a infiltrare qualsiasi alternativa.
Non si tratta di giustizialismo, ma, semplicemente, significa adottare da subito modi di fare diversi da quelli che la nostra recente italianizzazione sta pericolosamente banalizzando. Lo dobbiamo a noi stessi.
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By sardegnasoprattutto/ 7 aprile 2016 / Società & Politica/
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Alla ricerca delle risposte. “… più Stato nella concezione democratica del termine, cioè ancor più Repubblica, intendendo con ciò anche e soprattutto Regione e autonomie locali non come terminali di operazioni di finanza pubblica o di attività burocratiche, bensì come strumenti di presidio politico, di mobilitazione civica e – soprattutto – di severa vigilanza interna, da parte dei soggetti politici e dei movimenti organizzati e d’opinione, sulle forme di selezione delle rappresentanze e sulle modalità di conquista e di mantenimento del consenso qui, nell’Isola, nelle sue città e nei suoi paesi, nei suoi strati sociali di riferimento”
Anche contro la criminalità urge una politica coerente
di Tonino Dessì, su Democraziaoggi
Un’altra enorme bufera si abbatte sull’Isola: ieri è stato scoperchiato un imponente e organizzato traffico di stupefacenti con ramificazioni profonde in Sardegna.
Prescindiamo dal fatto che anche questa indagine coinvolga tra gli altri un politico e ovviamente diamo per scontata, come in tutti i casi analoghi, ogni presunzione di rito in materia.
In questi giorni ci stiamo interrogando sulle matrici possibili degli attentati agli amministratori locali, ambientali ed esterne. Nelle settimane scorse ci siamo interrogati sulla matrice di rapine organizzate con metodi e strumenti di tipo militare. In precedenza abbiamo dovuto in varie occasioni interrogarci su metodi e moventi di molti omicidi rimasti irrisolti. Ricorrentemente ci domandiamo se nella nostra società complessiva, non solo delle aree interne, siano diffusi o connaturati comportamenti omertosi o di autentico collateralismo con la criminalità. In generale siamo sempre più frequentemente a interrogarci se in Sardegna vi sia o meno la presenza delle grandi organizzazioni criminali tipiche di altre aree della penisola italiana.
Sono domande complesse.
Un fatto, però, comincia ad assumere evidenza macroscopica. Per la penetrazione e per la diffusione di una particolare tipologia di delitti non basta l’esistenza di un contesto caratterizzato da tradizioni storiche criminogene o da un’attualità di disagio economico, sociale, culturale. Occorre un mercato, oppure la funzionalità di un territorio ad altri mercati, anche esterni ad esso. Questo soltanto giustifica la presenza e dà conto della dimensione degli investimenti dell’impresa criminale. Quantità enormi di stupefacenti, di armi, di danaro non si reperiscono e non circolano in ambienti chiusi. Insomma dev’esserci un circuito molto consistente di profitti attesi in misura più che proporzionale ai rischi, che non solo consentano di estendere il reclutamento in loco di basisti o di esecutori materiali, ma favoriscano anche l’affacciarsi, sempre in loco, di quadri e di dirigenti dotati di autonoma iniziativa e di capacità relazionali ambientali ed esterne. E allora si possono spiegare anche l’articolazione e la varietà, l’entità, la spavalderia, l’aggressiva efferatezza, l’impunità relativa di queste presenze e la paura che intendono imporre e che incutono nei nostri territori.
Non necessariamente è mafia o camorra: da un lato certi traffici sono tipici di realtà non meridionali, dall’altro e ormai da tempo anche mafia e camorra possono essere pienamente definite realtà metropolitane. Per loro natura le periferie metropolitane, come è divenuta la Sardegna per intero, sono particolarmente idonee alla logistica e in parte anche al diretto esercizio dei grandi traffici criminali.
Penso che occorra riflettere in forme non schematiche, su questi argomenti. Essi investono nel suo complesso tutta la realtà italiana, nella quale vaste aree del terriorio peninsulare sono tuttora interamente occupate dalla criminalità. Una criminalità che non esita a infiltrarsi e a condizionare l’economia, la politica e l’amministrazione.
Credo che la richiesta di più Stato in Sardegna non sia priva di fondamento, anche per quanto riguarda il rafforzamento di un campo, quello della sicurezza pubblica, che pare come altri piuttosto in condizioni di ritirata generale. Più Stato nelle sue funzioni esclusive, intendiamoci, non intendendo questo come riaccentramento di funzioni improprie nè come pretesa o richiesta di nuove emergenzialità istituzionali o giuridiche. E più Stato nella concezione democratica del termine, cioè ancor più Repubblica, intendendo con ciò anche e soprattutto Regione e autonomie locali non come terminali di operazioni di finanza pubblica o di attività burocratiche, bensì come strumenti di presidio politico, di mobilitazione civica e – soprattutto – di severa vigilanza interna, da parte dei soggetti politici e dei movimenti organizzati e d’opinione, sulle forme di selezione delle rappresentanze e sulle modalità di conquista e di mantenimento del consenso qui, nell’Isola, nelle sue città e nei suoi paesi, nei suoi strati sociali di riferimento.
Non per “buttare tutto in politica”: sono contrario. Ma la politica non può rifuggire dall’interrogarsi sul fatto che la sua debolezza, quando non la sua inanità, invano -mi credano i politici istituzionali autonomisti, indipendentisti e sovranisti a parole- giustificate con velleitarismi retorici e più ancora il suo autentico e perdurante discredito concorrono a determinare quel vuoto in cui altri soggetti possono introdursi e nel quale i cittadini restano sempre più attoniti e soli.
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Contro lo spopolamento della Sardegna l’ANCI chiede un nuovo piano di rinascita
Spopolamento: Anci, 100 Comuni a rischio
Scano, strategia operativa per creare opportunità e servizi
(ANSA) – CAGLIARI, 8 APR – Sono almeno 100 i Comuni dell’isola a rischio scomparsa fra 30 anni, abitati solo da anziani e senza nessuna prospettiva, intere aree marginalizzate e 287 comunità su 377 amministrazioni che hanno subito una diminuzione di popolazione, mentre in media si registrano 200 ultra sessantacinquenni ogni 100 giovani sotto i 15 anni. E’ la “drammatica situazione” fotografata dal presidente regionale dell’Anci, Pier Sandro Scano, che questa mattina a Cagliari ha inaugurato il primo confronto istituzionale del tavolo di lavoro sullo spopolamento, al quale hanno partecipato sindacati, associazioni imprenditoriali e di categoria, università e rappresentanti delle banche.
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E la Fiera?
Nel commentare i risultati del “concorso di idee” per la riqualificazione della Fiera (gennaio 2009) i giovani e bravi architetti dell’associazione Sardarch scrivono sul sito web della stessa: “La connessione urbana tra il porto della città di Cagliari con l’area del Poetto è stata negli ultimi anni al centro di tante proposte progettuali, che sfortunatamente non hanno ancora visto una concreta realizzazione e di conseguenza un reale impatto sulla città. Solo per ricordane alcuni il Cagliari waterfront (studio De Eccher), il progetto del quartiere Sant’Elia (O.M.A.), la piazza sul mare di via Roma e il piano regolatore portuale recentemente approvato. La fiera come oggetto architettonico si pone al centro di quest’area strategica in grado di generare attraverso il suo programma e le sue dinamiche temporali un ulteriore elemento di connessione urbana, rispecchiando la complessità del rapporto tra progetto architettonico e progetto urbano”. Nel concordare con questa impostazione e quindi con la “centralità” della Fiera nell’area strategica in questione, troviamo strano che nelle interviste riportate oggi da L’Unione Sarda a illustri esperti, quali i proff. Mistretta, Meloni e Zoppi, la Fiera venga dimenticata, neppure citata en passant. Per quale ragione tale omissione? O si tratta semplicemente di una dimenticanza? Malignamente si potrebbe pensare che la Fiera è oggi argomento troppo scottante per parlarne apertamente. Cerchiamo allora di capirne di più…
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CONCORSO FIERA INTERNAZIONALE DELLA SARDEGNA (CAGLIARI)
SANT’ELIA e DINTORNI, ma tra questi è scomparsa la FIERA
L’Unione Sarda
S. Elia, non solo stadio
Il progetto sposta anche gli equilibri commerciali – La struttura ospiterà uffici, negozi, hotel, palestre e centri medici
Lo stadio del centenario e le sue appendici – dai negozi all’hotel fino ai servizi – completerebbero l’opera. Ma il quadro del quartiere di Sant’Elia che guarda al futuro riluce già di suo: il piazzale nuovo di zecca del Lazzaretto e i parcheggi, il lungomare interrotto dal porticciolo per la piccola pesca che sta per essere realizzato, poi il progetto di riqualificazione delle abitazioni Area, il bando per la realizzazione del primo lotto del Parco degli Anelli, progettato dall’architetto Joao Nunes. – segue –