Monthly Archives: dicembre 2015

E’ Natale!

Johansen LLViggo Johansen (1851–1935), Silent Night, 1891, oil on canvas

Oggi venerdì 25 dicembre 2015. E’ Natale!

Auguri PCC 1 Natale 2015Saredegna presepio assisi
Auguri senza Auguri aladin
ape-innovativaLogo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413. .
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E’ Natale!

Meister_des_Mausoleums_der_Galla_Placidia_in_Ravenna_002« מִזְמ֥וֹר לְדָוִ֑ד יְהוָ֥ה רֹ֜עִ֗י לֹ֣א אֶחְסָֽר׃
בִּנְא֣וֹת דֶּ֭שֶׁא יַרְבִּיצֵ֑נִי עַל־מֵ֖י מְנֻח֣וֹת יְנַהֲלֵֽנִי׃
נַפְשִׁ֥י יְשׁוֹבֵ֑ב יַֽנְחֵ֥נִי בְמַעְגְּלֵי־צֶ֗֜דֶק לְמַ֣עַן שְׁמֽוֹ׃
גַּ֤ם כִּֽי־אֵלֵ֙ךְ בְּגֵ֪יא צַלְמָ֡וֶת לֹא־אִ֨ירָ֤א רָ֗ע כִּי־אַתָּ֥ה עִמָּדִ֑י שִׁבְטְךָ֥ וּ֜מִשְׁעַנְתֶּ֗ךָ הֵ֣מָּה יְנַֽחֲמֻֽנִי׃
תַּעֲרֹ֬ךְ לְפָנַ֙י׀ שֻׁלְחָ֗ן נֶ֥גֶד צֹרְרָ֑י דִּשַּׁ֖נְתָּ בַשֶּׁ֥מֶן רֹ֜אשִׁ֗י כּוֹסִ֥י רְוָיָֽה׃
אַ֤ךְ׀ ט֤וֹב וָחֶ֣סֶד יִ֭רְדְּפוּנִי כָּל־יְמֵ֣י חַיָּ֑י וְשַׁבְתִּ֥י בְּבֵית־יְ֜הוָ֗ה לְאֹ֣רֶךְ יָמִֽים׃ »
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« Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni. »
Tregua-di-Natale1
Tacciano le armi e gli uomini cantino la pace
di Raffaele Deidda

By sardegnasoprattutto/ 23 dicembre 2015/ Culture/

Merita di essere conosciuta la storia della tregua di Natale o di Khaki Chum dal colore delle divise dei soldati della Prima Guerra Mondiale. Conflitto che coinvolse, dal 28 luglio 1914 al 4 agosto 1918, 32 paesi. Nei 1400 giorni morirono più di 10milioni di militari e oltre 6 milioni di civili. Il Natale 1914 i soldati tedeschi, inglesi e francesi disobbedirono ai loro superiori e fraternizzarono lungo il fronte occidentale. Un racconto che sembra uscito dal libro Cuore, eppure vero. Un evento che i governi e i giornali dell’epoca cercarono di nascondere. Il nemico era cattivo, da abbattere per salvaguardare la patria minacciata.

Quella notte i soldati tedeschi decorarono la zona delle loro trincee nella regione di Ypres, in Belgio. Misero candele sugli alberi e intonarono canzoni natalizie. I britannici risposero dall’altro lato del fronte cantando in inglese. I tedeschi innalzarono le scritte “Buon Natale” e “Voi non sparate, noi non spariamo”. Migliaia di soldati uscirono dalle trincee, attraversarono la terra di nessuno cosparsa di cadaveri, si scambiarono cioccolata, tabacco e cordiale.

Ci fu l’abbraccio fra uomini che poco prima cercavano di uccidersi. Mangiarono e bevettero, giocarono a pallone, guardarono le fotografie dei familiari che ognuno custodiva gelosamente. Perché la vita ha un senso maggiore di fronte alla morte, la notte di Natale del 1914 i cannoni tacquero e gli uomini cantarono. La tregua consentì di seppellire i soldati caduti. Tedeschi, francesi e britannici credenti e non, cattolici e protestanti, lessero insieme il Salmo 23 della Bibbia.

I comandi militari, conosciuti i fatti, attivarono la Corte Marziale per i soldati accusati di alto tradimento. Cercarono di bloccare la diffusione della notizia, anche se il quotidiano inglese Daily Mirror pubblicò il primo gennaio 1916 l’articolo “Straordinario armistizio, inglesi e tedeschi si stringono la mano“. Il protrarsi della guerra fece scattare la disposizione dei Comandi Generali: simili avvenimenti non si sarebbero ripetuti e non ci sarebbero state interruzioni nei combattimenti. Nel Natale del 1915 vennero ordinate azioni di artiglieria pesante e rotazioni di soldati in diversi settori per impedire il movimento di fraternizzazione che se fosse continuato avrebbe posto fine alla guerra.

La Tregua di Natale è stata raccontata da diversi scrittori fra i quali Stanley Weintraub, che ha ricostruito gli eventi da testimonianze di prima mano. Nel suo libro “Silent Night” è riportato un messaggio inviato il 30 dicembre 1914 dai soldati tedeschi a quelli della trincea franco-britannica: “Ci dispiace molto informarvi che ci è stato assolutamente proibito di incontrarvi, però continuiamo a sentirvi nostri compagni. Se ci obbligassero a sparare lo faremo molto in alto. Vi inviamo in regalo delle sigarette e vi salutiamo con molta stima”.

Se è vero che la pace, a causa della sua fragilità, è più difficile a farsi della guerra, è doloroso pensare quale violenza sia stata operata in quegli uomini che avevano fraternizzato e che avrebbero dovuto nuovamente attaccarsi per uccidersi. Sensazioni sconvolgenti che sembrano risuonare nel brano musicale di Paul McCartney del 1983, Pipes of peace, ispirato alla “Tregua di natale” del 1914.

Sono tempi, gli attuali, in cui alla crudeltà della guerra tradizionale si è sostituita l’efferatezza di quella non convenzionale che Papa Francesco ha definito “la Terza Guerra Mondiale a pezzi” in cui i gesti di umanità non sembrano trovare spazio. Dove è difficile individuare gli aggressori e gli aggrediti e dove le vittime sono prevalentemente civili inermi, donne e bambini. E’ una guerra “liquida” con fronti mutevoli e con la presenza di devastanti azioni terroristiche. Non potrà esserci una tregua di Natale come nel 1914, perchè la guerra in atto è un coacervo di interessi economici, di guerre di religione e di etnie tra stati periferici, di guerre civili e di terrorismo.

Resta l’auspicio che gli uomini di buona volontà di tutto il mondo e di tutte le religioni si adoperino con ogni energia disponibile affinché cessino quanto prima i conflitti in atto, avendo come missione la costruzione di un futuro di pace, più umano. Dove le armi tacciano e gli uomini possano cantare.
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Salmo 23

Il divino Pastore
Is 40:11; Ez 34:11-31; Gv 10:10-30; Ap 7:16-17
1 Salmo di Davide.
Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca.
2 Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli,
mi guida lungo le acque calme.
3 Egli mi ristora l’anima,
mi conduce per sentieri di giustizia,
per amore del suo nome.
4 Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte,
io non temerei alcun male,
perché tu sei con me;
il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza.
5 Per me tu imbandisci la tavola,
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo;
la mia coppa trabocca.
6 Certo, beni e bontà m’accompagneranno
tutti i giorni della mia vita;
e io abiterò nella casa del SIGNORE
per lunghi giorni.
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Pipes of peace PMchttps://www.youtube.com/watch?v=J7ErrZ-ipoE
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Pipes of peace PMc- Paul mccartney – pipes of peace (subtitulado al español).

Tempo di presepe

Stomer LL nativitàNatività di Mathias Stomer. Si trova nella chiesa dei Cappuccini a Palermo.
Matthias Stomer è uno dei più importanti pittori dei Paesi Bassi che, come già fece Anton Van Dyck, visitarono la Sicilia nel ’600. Una decina di sue opere sono presenti a Palermo e Provincia, a Catania ed a Messina.

Migranti: replicare le buone prassi in giro per l’Europa

I migranti maschi e le donne
In Norvegia il governo finanzia corsi per spiegare agli immigrati come funzionano in Europa leggi e codici sociali sui rapporti tra uomo e donna
- Articolo tratto da Il Post.
Neri uno via s ignazio caDa alcuni anni in Norvegia sono stati avviati dei corsi riservati ai migranti maschi, per insegnare loro i codici sociali che regolano i rapporti tra uomini e donne in Europa. Si tratta di incontri di formazione ed educazione sessuale che hanno l’obiettivo di prevenire la violenza contro le donne e aiutare le persone che provengono da paesi e società in cui le donne sono fondamentalmente prive di qualsiasi libertà e diritto ad adattarsi e integrarsi nel loro nuovo paese. Il governo norvegese sta valutando i risultati di questi particolari programmi per decidere se continuare a finanziarli, ma intanto sono diventati un argomento di discussione e sperimentazione anche altrove: in Danimarca il governo vorrebbe includere insegnamenti del genere nei corsi di lingua obbligatori per i rifugiati; a Passau, in Baviera, Germania, si stanno sperimentato lezioni simili con alcuni gruppi di migranti adolescenti.
Il New York Times racconta per esempio la storia di Abdu Osman Kelifa, un richiedente asilo musulmano di 33 anni proveniente dall’Eritrea, e della sua esperienza una volta arrivato in Europa: improvvisamente Kelifa ha visto donne con abiti che non nascondevano il corpo o il viso, donne che bevevano alcol, fumavano e si baciavano in pubblico, comportamenti che nella società conservatrice da cui proveniva potevano assumere solo le prostitute. Kelifa si è offerto volontario per partecipare a uno di questi programmi a Sandnes, città vicino a Stavanger. «Temendo di stigmatizzare i migranti come potenziali stupratori» e di fare il gioco dei partiti che si oppongono all’immigrazione e all’accoglienza, la maggior parte dei paesi europei ha evitato fin qui di affrontare la questione. Il New York Times spiega però che con più di un milione di richiedenti asilo in arrivo quest’anno in Europa, un numero sempre maggiore di politici e anche di attivisti stanno organizzando corsi di insegnamento sulle norme e i codici sociali tra sessi in Europa. - segue -

Migranti: utilizzare i progetti SPRAR

Neri 4Non bisogna alimentare inutili paure, per questo c’è sempre il Salvini nazionale. Perché la gestione dell’accoglienza dei migranti deve sempre essere legata a problemi di sicurezza? Esistono degli strumenti, bene allora applichiamoli. Perché non si aderisce ai progetti SPRAR previsti dal ministero? Perché non si crea un elenco di associazioni capaci di gestire l’emergenza? Anzi se mettiamo a sistema forse non dovremo più parlare di emergenza. È’ evidente che le prefetture da sole non sono sufficienti, c’è urgente bisogno della politica. (Roberto Mirasola)
- Il bando del Ministero.

Oggi giovedì 24 dicembre 2015

Auguri senza Auguri aladin
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CAGLIARI 2016. Dibattito su/per la città alla vigilia delle elezioni comunali.

AladinDibattito-CAbisape-innovativaInvitiamo tutti a leggere (o rileggere) l’intervista al Sindaco Zedda pubblicata su L’Unione Sarda di oggi a cura di Andrea Artizzu, ripresa dalla rassegna stampa della News del Comune e che riproduciamo qui sotto. Forse è meglio leggerla proprio da queste ultime, così non si è influenzati dalla gradevole immagine del Sindaco, che è davvero l’arma più potente di cui dispone. La sostanza della sua politica è altra cosa, tanto è che quanto afferma nell’intervista rivela la sua inadeguatezza rispetto ai problemi e alle prospettive della città. Non emerge che “ordinaria amministrazione” e nessuna idea forte sul possibile sviluppo della città, sul suo ruolo in e per la Sardegna nel Mediterraneo e in Europa. Si sorvola sui drammatici problemi della città (lavoro, casa, servizi sociali…); ma la perla più importante delle sue dichiarazioni è questa “Dobbiamo essere bravi a spiegare ai cagliaritani quali sono i problemi e come risolverli”, come se i cagliaritani non conoscessero i loro problemi e come se moltissimi di loro non fossero in grado di prospettare soluzioni. Le dichiarazioni del Sindaco rendono bene la sua modalità di esercizio del potere che non prevede la pratica dell’ascolto e il coinvolgimento effettivo dei cittadini nelle decisioni che li riguardano, con la “partecipazione”, che per lui è proprio una brutta parola. Per noi e per tanti altri invece costituisce l’essenza della democrazia e della gestione della cosa pubblica. Ecco perché non lo appoggeremo, preferendo le liste che pongono appunto la partecipazione e tutti gli strumenti che ne consentano l’effettivo esercizio, alla base della propria proposta politica. Senza dubbio lo fa la coalizione “Cagliari città capitale”, della quale auspichiamo la massima apertura, inclusività e allargamento attraverso alleanze virtuose con quanti (singoli e organizzazioni) condividono questa impostazione.
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stemma cagliari«Il Lirico non influirà sul voto, resto con Sel e Cagliari sarà olimpica»
Fonte: L’Unione Sarda, 23 dicembre 2015
L’INTERVISTA.
di Andrea Artizzu
Il sindaco scende ufficialmente in campo col centrosinistra in vista delle Comunali Zedda:

L’imprimatur del Pd arrivato all’unanimità è una notizia che non si aspettava. Massimo Zedda (40 anni fra 13 giorni) si prepara da sindaco uscente ad affrontare la seconda campagna elettorale per il Municipio con l’avallo del Partito democratico. Senza passare dalle primarie. Un’investitura «che era nelle cose, naturale» ma che, nell’ultimo mese, vista la spaccatura a livello nazionale tra il partito di Renzi e quella parte di Sel confluita in Sinistra italiana, aveva subito uno stop, poi superato.
Il sole tiepido riscalda l’ufficio al terzo piano di Palazzo Bacaredda con vista sul porto di via Roma. Sulla scrivania una decina di fascicoli gialli impilati come mazzi di carte. Sulle copertine i post-it scritti a mano: stadio Sant’Elia, Olimpiadi della vela 2024, Cagliari capitale della cultura, lungomare Poetto. Sul tavolo rettangolare per le riunioni La Repubblica con le due pagine dedicate alla mostra Eurasia inaugurata ieri pomeriggio e la classifica sulla qualità della vita delle province italiane pubblicata da Il Sole 24 Ore che fa guadagnare al capoluogo della Sardegna 24 posizioni. «E quando il tasso di gradimento e di apprezzamento è positivo indubbiamente si riflette sull’amministrazione».
Investitura per acclamazione: una svolta inaspettata?
«La mia nomina è stata rallentata dagli intoppi tra Sel e Pd. Ma in Sardegna non ci sono grandi problemi. Certo è che se il Partito democratico – la forza fondamentale della coalizione – rinuncia a un proprio candidato e punta su chi non è iscritto al partito dimostra la coerenza di chi ha a cuore le sorti della città».
Quali saranno i temi della campagna elettorale?
«Vogliamo continuare ad attirare risorse, spendere bene i soldi pubblici e completare i nostri progetti. Primi fra tutti il collegamento tra il Poetto e Sant’Elia e tra Molentargius e Santa Gilla. Abbiamo intenzione di potenziare i servizi pubblici, soprattutto quelli legati al trasporto».
Cagliari è la capitale dei vuoti urbani.
Stiamo ragionando con gli enti proprietari (Stato, Regione, Università) per decidere il futuro di Buoncammino, Ospedale civile ed ex caserme». – segue –

Fiducia. In banca come dal medico di famiglia

Banca Paperon dei PLa stragrande maggioranza degli investitori, si fidano troppo dei loro consulenti bancari. Se non sarà capace di darsi una vera e propria deontologia professionale il settore bancario andrà incontro a sempre nuove e più frequenti crisi
di Vittorio Pelligra
fonte: Città Nuova*

A volte sarebbe bello se fossimo tutti più razionali, come gli economisti ipotizzano. Ma non lo siamo. Il nostro cervello si è evoluto durante centinaia di migliaia di anni per farci sopravvivere nella savana tra leoni e serpenti e non per giocare in borsa, scegliere piani pensionistici o navigare su internet. Per poter prendere decisioni, ogni giorno, in ambienti complessi come quelli che caratterizzano la nostra vita di tutti i giorni, il nostro cervello usa delle euristiche; scorciatoie cognitive che ci consentono di semplificare i problemi con cui ci confrontiamo e, nella maggior pare dei casi, di ottenere delle soluzioni ottimali. Nella maggior parte dei casi, appunto. Se chiediamo agli italiani quali città, tra Milano, Venezia e Trieste, sperimentano d’inverno la temperatura media più bassa, la maggior parte ci risponderà Trieste, anche se i dati mostrano che invece la città più fredda è Milano. Ma la nostra euristica, la scorciatoia mentale, ci spinge a considerare come criterio utile per decidere la risposta corretta le informazioni che abbiamo, ed in particolare il fatto che a Trieste c’è la bora, e quindi fa molto freddo, e quindi, più freddo che a Milano. La logica del ragionamento non è a prova di bomba, ma noi siamo esseri psico-logici, mica logici.
Le euristiche, come si diceva, hanno un ruolo importante in tutte quelle situazioni decisionali così complesse che necessitano di semplificazioni per poter essere agevolmente affrontate. Le decisioni finanziarie sono una di queste classiche situazioni. Saperlo, ci può aiutare a valutare meglio, in maniera più informata e meno emotiva il caso del salvataggio delle quattro banche, CariFerrara, Banca Marche, Popolare dell’Etruria e CariChieti e che ha creato grandi polemiche e strumentalizzazioni politiche. Il fatto innanzitutto. Il Governo decide di salvare le quattro banche per salvaguardare i risparmi dei correntisti, le attività delle imprese debitrici, i posti di lavoro dei dipendenti, ed evitare una crisi di panico che avrebbe potuto coinvolgere parte del sistema bancario italiano.
Per far questo, diversamente da quanto accaduto nel passato, nel caso del Monte dei Paschi di Siena per esempio, invece di utilizzare i soldi pubblici, di tutti gli italiani, cioè, il governo decide di utilizzare prima di tutto i soldi di chi in quelle banche ha investito e dalle quali ha ottenuto benefici: azionisti e obbligazionisti. Qui il terreno si fa più scivoloso. Molti di questi soggetti infatti, ritengono di essere stati truffati, perché al momento della sottoscrizione delle obbligazioni non sarebbero stati informati del reale livello di rischiosità associato ai titoli proposti. Molti proprio non avevano idea di cosa stavano comprando e molti, semplicemente, si sono fidati ciecamente di quello che dicevano e consigliavano loro gli impiegati, più o meno in buona fede, delle varie banche.
E’ giusto pretendere di essere risarciti delle proprie perdite semplicemente perché hai cercato di ottenere il massimo guadagno acquistando una obbligazione subordinata che è più rischiosa di una obbligazione ordinaria? O perché ti sei fatto attrare dai possibili guadagni e non ti sei informato abbastanza sui rischi connessi ai prodotti che stavi comprando? O magari perché ti sei fidato ciecamente di chi ti proponeva l’ “affare”. Queste sono le questioni di cui si dibatte questi giorni.
Certo è importante distinguere i comportamenti dettati da ignoranza delle regole o superficialità da quelli che invece derivano da deliberate manipolazioni da parte dei venditori. Eppure questa fondamentale distinzione potrebbe essere meno chiara di quanto appaia a prima vista.
In una ricerca pubblicata l’anno scorso, sul Journal of Business Research, con alcuni colleghi delle università di Berlino, Ludwigsburg e Otago, Nuova Zelanda, abbiamo analizzato proprio la questione che oggi è al centro delle cronache[1]. Quali sono le caratteristiche della relazione che intercorre tra risparmiatore e il suo consulente finanziario? I risultati che emergono da questa ricerca, chiaramente mostrano che gli investitori non esperti, cioè la stragrande maggioranza degli investitori, si fidano troppo dei loro consulenti bancari.
Questo implica che le decisioni di investimento, di formazione del portafoglio, come si dice in gergo, dipendono più dal livello di fiducia che i risparmiatori hanno nei confronti dei loro consulenti che non dalle caratteristiche stesse dei prodotti finanziari su ciò si investe. Questi risparmiatori, invece di comportarsi in modo razionale, come gli economisti immaginerebbero, utilizzano quella che abbiamo chiamato l’ “euristica del consiglio”. Si tratta dello stesso atteggiamento che i pazienti utilizzano nei confronti del loro medico curante: il medico prescrive, il paziente si fida ed esegue. Ma se le cose stanno così e i consulenti finanziari possono esercitare un così grande potere nei confronti dei loro clienti, non si capisce perché, diversamente dai medici, non siano soggetti ad un codice deontologico. Perché chi esercita un tale potere non è obbligato ad impegnarsi ad esercitarlo nel primario interesse dei suoi clienti? Finché le banche saranno considerate imprese come tutte le altre, invece che come luoghi di costruzione (o distruzione) di fiducia, non si avranno le giuste categorie per comprendere ed interpretare fenomeni di cronaca economica come quelli su cui politici, economisti e parte dell’opinione pubblica si sta accapigliando in queste settimane.
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*Tratto dal blog dal docente di Economia all’Università di Cagliari e collaboratore di Città Nuova
[1] Monti, M., Pelligra, V., Martignon, L., Berg, N., (2014) “Retail Investors and Financial Advisors: New Evidence on Trust and Advice Taking Heuristics”, Journal of Business Research n. 67(8), pp.
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Per correlazione
Tutela del Risparmio, perché non possiamo fare a meno dell’educazione finanziaria

CAGLIARI 2016. Dibattito su/per la città alla vigilia delle elezioni comunali.

AladinDibattito-CAbisCaro Massimo, attento!, l’unanimità del PD è insidiosa!

democraziaoggi loghettoAmsicora su Democraziaoggi (23 Dicembre 2015)

Caro Massimo,
lo so che non ci credi o che nutri almeno qualche dubbio, ma io, da sempre, mi considero il tuo amico o, se preferisci, il compagno più vero. Quello che non ti dice sempre e comunque “bravo!“, e non te lo dice neanche quando, specie nella manovra, lo sei. No io son l’amico che ti fa osservazioni, ti critica, mette in luce i tuoi difetti, ma lo fa per migliorare la tua opera di politico e amministratore. Lo fa per metterti in guardia dai pericoli. Lo so che tu non mi ascolti, ma ciò che sento te lo dico lo stesso, anche a costo di sembrare un ingenuo o un rompi.
Senti, ora sono preoccupato per te, stai in campana, l’unanimità del PD è insidiosa. Lo so che non bisogna mai perdere il senso delle dimensioni, ma i grandi esempi danno lumi anche per i fatti più piccoli. Ricordi l’unanimità per l’elezione di Prodi alla Presidenza della Repubblica? Mentre con calore si spellavano le mani per Prodi, era pronto un accordo trasversale per silurarlo e rieleggere Napolitano, che forse era anche il capofila della trama, quantomeno nel senso di rendersi disponibile a fruire del tradimento del voto della direzione del PD. Anche lì ci fu un’acclamazione come per te l’altro giorno e anche lì il segretario, il buon Bersani, fece dichiarazioni di grande soddisfazione per l’unità ritrovata del partito. Sembrava fatta…e invece sappiamo com’è andata. Ora nel caso tuo la situazione è diversa, sarai il candidato del PD e, dunque, del centro(sinistra)-destra, ma, attento!, l’unanimità nel PD serve a nascondere chi si oppone. Quanti non non hanno il coraggio di mostrarsi, di sostenere lealmente un’altra candidatura o un’altra linea, battono le mani, ma già hanno i pallettoni pronti dietro il muretto a secco. E sai chi è il bersaglio? Tu.
Dirai: cosa possono fare, io sono il candidato unico. Certo, ma tu, che trami nei partiti da quando avevi i pantaloni corti, ben sai che una cosa è sostenere convintamente una candidatura, altra è subirla. Nel primo caso ti mobiliti prendi il telefono chiami le tue zie e i tuoi cugini e li inviti a votare il candidato da sostenere, porti la tua vecchia nonna con l’alzheimer al seggio e l’assisti nel voto. Negli altri casi stai fermo o se qualcuno ti chiede consiglio rispondi mostrando disinteresse se non ostilità. Agli amici fidati poi dici di non votare o addirittura votare altrove. Questo atteggiamento, ben sai che fa perdere molti punti-percentuale. A questo aggiungi che molti di quelli che ti hanno votato la volta scorsa, stavolta se ne guarderanno bene. L’hai fatta grossa, non li hai considerati, spesso con le loro associazioni ti hanno chiesto udienza e non li hai ascoltati, spesso li hai trattato con sufficienza e arroganza. Tu hai pensato e pensi: “o me o la destra”, e dunque, turandosi il naso, voteranno me. Ma a quelli non gliene frega nulla, per loro la destra sei anche tu. – segue –

Tempo di Presepio

Gauguin natività LLLa Natività secondo Paul Gauguin: “Te tamari no atua”, 1896.
“La Nascita del figlio di Dio” ambientata in una capanna di Tahiti:
Maria giace esausta sul giaciglio, un’altra donna tiene tra le braccia il Bambino; sullo sfondo, il bue e l’asino. (LL)

CAGLIARI 2016. Dibattito su/per la città alla vigilia delle elezioni comunali.

AladinDibattito-CAbisIl Pd acclama Zedda: i cagliaritani faranno altrettanto?

di Vito Biolchini, su vitobiolchini.it

Riuscendo a farsi ricandidare per acclamazione a sindaco di Cagliari, Massimo Zedda ha messo a segno un vero e proprio colpo da maestro della politica, ben superiore a quello che gli consentì quattro anni fa di battere il centrodestra e vincere le elezioni. Allora, checché abbiano blaterato i vari blogghini amici di Sel poi silenziati dalla magistratura, si trattò di un trionfo atteso e a cui molti (anche in maniera disinteressata) diedero il loro contributo.

Stavolta no, stavolta Massi ha fatto tutto da solo: questo capolavoro è solo merito suo.

Come definire altrimenti una candidatura che premia l’esponente di un partito che di fatto non c’è più, frutto di una alleanza sconfessata dallo stesso segretario Vendola, e che arriva nel bel mezzo di un processo penale per una vicenda incredibile come quella del Teatro Lirico di Cagliari? Per un misero avviso di garanzia giusto due anni fa il Pd fece fuori Francesca Barracciu, che pure le primarie per la presidenza della Regione le aveva vinte, e oggi quel Pd si inchina davanti al sindaco alla sbarra per una vicenda che, a prescindere da ciò che dirà la sentenza, resta politicamente sconcertante di suo (e salutatemi Gianni Letta).

Delle due l’una: o il partito di Renzi è assolutamente convinto nell’assoluzione di Zedda oppure ricandidando il sindaco sotto processo vuole mettere sotto pressione la magistratura. In entrambi i casi si tratta di ignobili tecniche berlusconiane che la sinistra aveva duramente contestato quando governava il Cavaliere: i tempi sono evidentemente cambiati, la mutazione definitamente compiuta. Noi eravamo per la legalità, loro evidentemente no: erano (e sono) semplicemente per il potere.

Zedda è stato ricandidato per acclamazione e non poteva essere altrimenti, giacché ogni dibattito avrebbe aperto delle voragini spaventose e mostrato sia i risultati tutto sommato modesti raggiunti da questa amministrazione sia la pochezza del Pd cittadino, incapace di controbilanciare il potere del sindaco. L’analisi perfetta l’ha fatta Andrea Pubusa nel post “Cagliari, toto-elezioni: sicuri due no, un sì… forse”:
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Oggi mercoledì 23 dicembre 2015

Auguri senza Auguri aladin
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I trombettieri di Renzi. Ovvero i piscia tinteris e la zerbinocrazia

cortigiani2I trombettieri di Renzi. Ovvero i piscia tinteris e la zerbinocrazia

di Francesco Casula

Il mal vezzo di salire nel carro dei vincitori e di adulare i potenti è un tratto peculiare della storia italiana. Ad iniziare da molti storici romani, cronachisti medievali, cortigiani rinascimentali, velinari fascisti. Lo storico Santo Mazzarino in tre monumentali volumi sul “Pensiero storico classico” (Ed. Laterza) sostiene alla luce di un enorme cumulo di documenti, di scoperte e di ritrovamenti archeologici che buona parte della storia romana – quella insomma che abbiamo studiato a scuola – è stata inventata spesso di sana pianta, dagli storici latini e dai cronachisti di quel periodo. E il tutto per esaltare i Cesari, e per mitizzare la virtus romana e il popolo eletto dagli dei per regere imperio populos. “Romanità” che, ohimè, ammorba ancora, mistificandola e falsificandola, la storia italiota, quella risorgimentale in specie. Non sono da meno in quanto a mancanza di rigore storico e a svarioni, o addirittura a veri e propri falsi, gli storici “cristiani” medievali: fra l’altro “inventarono” un documento secondo cui l’imperatore Costantino con un decreto avrebbe donato a Papa Silvestro i territori di Roma e del Lazio. Con tale documento apocrifo volevano giustificare e legittimare il potere temporale dei papi e della Chiesa. Ci avrebbe poi pensato Lorenzo Valla, umanista brillante e colto, a demistificare e sbugiardare tale falso, con le armi finissime e scientifiche della filologia, della paleografia e dell’archeologia, con un celebre opuscolo ”De falso credita et ementita Constantini donatione” del 1440. Con il Rinascimento la gran parte degli scrittori e “intellettuali” diventano cantori e giullari dei Principi. Cortigiani. In tempi a noi più vicini, durante il fascismo, – pur con lodevoli ed eroiche eccezioni – specie i giornalisti, diventano semplici velinari. Durante il fascismo, bene in evidenza sotto la testata dell’Unione Sarda in prima pagina campeggiava la scritta:” Dove il Duce vuole”. Nell’Italia “democratica” la piaggeria e il servilismo nei confronti dei nuovi potenti continua da parte dei Media: in primis della Rai-Tv. In cui la censura permane, brutale. A farne le spese sono – ma è solo un esempio – due comici particolarmente urticanti e corrosivi: Dario Fo e Beppe Grillo. Dario Fo (premio Nobel per il teatro nel 1997) insieme a Franca Rame, nel 1962, è conduttore e autore dei testi del varietà Canzonissima. Le sue scenette sulla mafia e sulle fabbriche (in particolare quelle che parlano di incidenti sul lavoro) non piacciono ai vertici della RAI. I due sono costretti ad abbandonare la trasmissione. Beppe Grillo viene allontanato dalla televisione nel 1986. Durante un programma attacca duramente i socialisti (racconta che quando Craxi era andato in Cina accompagnato da decine di compagni di partito, Claudio Martelli, il suo vice, gli ha domandato: “Ma se sono tutti socialisti, a chi rubano?”). Con Berlusconi, attraverso il cosiddetto“decreto bulgaro”, gli strali della censura colpiscono soprattutto, insieme a due giornalisti di gran vaglia come Enzo Biagi e Michele Santoro, l’autore satirico Daniele Luttazzi. Gli è che i potenti hanno paura della satira perché niente è più irriverente ed eversivo del sorriso. Che può frantumare i bastioni della paura, rendendo ridicolo il potente. Il sorriso è infatti capace di scomporre gerarchie sociali e indebolire il sistema. Che viene sezionato e raccontato con le parole acuminate dell’ironia. Ecco perché il potere non tollera la satira e, quando può cerca di cancellarla. La satira per sua natura é beffarda e dissacrante, deve decostruire per poter modificare, é una lente di ingrandimento che può sminuire o enfatizzare o comunque disvelare ogni giustificazione, vanagloria, e presunzione che affligga personaggi come il ragazzotto di Firenze. Non a caso nell’era Renzi la satira è pressoché scomparsa. E non ha nemmeno avuto bisogno di censure e decreti. E’ bastata l’autocensura. Per cui oggi assistiamo al degrado e all’assoggettamento dei Media, ove la parola d’ordine pare sia “accondiscendenza sempre e comunque” e non solo nei riguardi del potere ma del pensiero dominante, in ordine a ogni tipo di vicenda: dalla cronaca al calcio allo spettacolo. All’opera un esercito di giornalisti (e intellettuali?) infeudati, cortigiani e adulatori: la “zerbinocrazia”, li chiama Marco Travaglio, i piscia tinteris e gli imbrutta paperi li chiamava il nostro più grande poeta etnico, Cicitu Masala. In servizio permanente, nel tentativo (in parte riuscito) di cloroformizzare l’opinione pubblica, per assicurare consensi e voti a un sistema politico ed economico inetto e cialtrone o comunque mediocre e spesso ottuso e corrotto. Un sistema che – a leggere i giornali e guardare la TV – ci regalerebbe o comunque ci regalerà benessere e prosperità. Non avvedendosi che ci sta invece inabissando in un malessere viepiù insopportabile: con l’attentato alla Costituzione,. modificandola in senso autoritario, una legge elettorale liberticida, l’ulteriore precarizzazione del lavoro, la devastazione della scuola, la derubricazione della Questione meridionale e di quella sarda in specie, dall’Agenda del Governo. E il giornalista cane da guardia del potere? Almeno in Italia – salvo rarissime eccezioni – è scomparso. E’ diventato “cane da compagnia, o da riporto” per citare ancora Travaglio. E mi pare persino inutile consigliare allo stuolo dei velinari renziani di rileggersi Voltaire che nel suo “Del principe e delle lettere” ci esorta a meditare sul ruolo dell’informazione e dell’intellettuale in genere: “il suo campo – scrive – non può essere che quello della libertà…l’opera dell’intellettuale deve essere mantenuta separata dal potere, qualunque forma esso assuma, altrimenti significherebbe abdicare alla propria funzione di libertà”. Sullo stesso crinale si muove Varlan Shalamov, uno scrittore perseguitato dal regime sovietico che sostiene “ogni scrittura è sempre una scrittura contro il potere”. O Albert Camus, secondo il quale lo scrittore doveva essere la sentinella dei diritti dell’uomo e presidiare la dignità umana, dovunque fosse violata, facendo emergere – come sosteneva Gorky – ciò che è in ombra.

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Oggi l’ultimo giorno di insegnamento di Rosa Maggio al Martini. I migliori affettuosissimi auguri da tutti noi e avanti con le nostre comuni battaglie!

rosa di maggioQuesti pensieri di Rosa sono gli Auguri per tutti noi.
Carissimi,
 oggi ho fatto il mio ultimo giorno di insegnamento al Martini. Chissà se le promesse politiche di riportarci gradualmente in via S.Eusebio
, a partire dal primo settembre, saranno mantenute!
 Colgo l’occasione delle prossime festività per ringraziarvi tutti per il 
vostro impegno e per augurarvi Buone Feste e Buon Anno.
 L’anno che si conclude ci lascia pieni di preoccupazioni e di sfiducia, 
come bene ha scritto Francesco Cocco nei gg scorsi; assistiamo al degrado 
dei media, come descrive bene Francesco Casula, alla distruzione della 
scuola pubblica come ci hanno ricordato Gianna, Rita e Stella, alla 
Democrazia Oggi priva di partigiani, come ci ricorda Andrea; l’Hic manebimus 
optime ricordato da Franco Meloni, nella nostra battaglia per via S.Eusebio.
 Anche se per noi i luoghi sono memoria, continueremo a stare con i nostri 
alunni nella convinzione che siamo rimasti “l’ultimo presidio di democrazia
”, noi insegnanti “contrastivi”, amanti del pensiero critico.
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Un caro saluto a tutti
. Rosa.

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