Monthly Archives: marzo 2015
Oggi mercoledì, merculis, 18 marzo 2015
Gli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: Oggi Seminario di psicologia dell’arte.
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Seminario di psicologia dell’arte
Mercoledì 18 marzo 2015 alla Man Ray School il secondo appuntamento del Seminario di Psicologia dell’arte, a cura di Carla Deplano, sarà incentrato sulla Comunicazione visiva, le leggi della percezione e la Psicologia della Gestalt. - segue -
Carbonia, color di trachite
Dialogo con il professor Antonello Sanna.
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Alla vigilia del Sulkimake Humanities Lab che dal 27 al 29 marzo 2015 si svolgerà a Carbonia presso la Grande Miniera di Serbariu, abbiamo intervistato il prof. Antonello Sanna, Direttore del Dipartimento di Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari. Durante gli anni duemila, infatti, il prof. Sanna è stato tra i protagonisti del recupero della Grande Miniera di Serbariu e degli spazi pubblici della città di fondazione. Tuttavia, nonostante l’importante riconoscimento ricevuto nel 2011 con il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa, il valore di questa esperienza culturale, sociale e urbanistica è forse ancora misconosciuto.
di Fabrizio Palazzari
Quando è stata la prima volta che si è interessato di Carbonia e perchè?
Come mestiere mi occupo di recupero del patrimonio edilizio storico. Ho cominciato dai centri storici e poi, negli anni Novanta, mi è sembrato interessante occuparmi di prodotti più recenti, ma di qualità, che erano un po’ più misconosciuti. Mentre quasi tutti sanno che Firenze ha un grande centro storico, e forse anche Cagliari o Iglesias, era invece più difficile trovare qualcuno che riconoscesse a entità fatte per esempio a partire dal 1937, come Carbonia, questo valore aggiunto dell’essere anche patrimonio, oltre che un semplice insieme di volumi costruiti. Carbonia evocava altre cose: evocava la fatica della miniera ed evocava, se vogliamo, anche la fuliggine del carbone. Ma non evocava valori e fu per questo che cominciammo a studiarla.
All’inizio degli anni duemila l’amministrazione comunale decide di partire dal recupero urbanistico e architettonico della città, per avviare un’importante forma di recupero identitario della stessa. Ci potrebbe raccontare come si articolò il progetto?
Prima che arrivassimo noi (Dipartimento di Architettura, ndr) l’amministrazione puntava sulla miniera soltanto, poi ci convincemmo insieme che, in realtà, città e miniera erano l’una funzionale all’altra. La città era proprio lì, a soli ottocento metri dalla miniera, era una vera e propria “company town” e, in un certo senso, era la città della miniera. Entrambe rappresentavano un grande progetto e un’utopia, sia pure autoritaria, che aveva degli aspetti molto avanzati. Perchè Carbonia è una città giardino, inserita nel paesaggio, nel verde, interamente progettata, sino all’ultimo dettaglio, da grandi architetti.
Ci convincemmo ben presto che se la miniera fosse riuscita a restituire alla città ciò che le aveva tolto, sarebbe stata l’occasione del suo riscatto. Ma questo sarebbe potuto accadere soltanto se anche la città avesse finalmente accettato se stessa. Questo processo sarebbe stato tanto più forte quanto più ampio fosse stato il suo perimetro di azione, che non doveva pertanto essere limitato ai ruderi della miniera, ma avrebbe dovuto includere anche valore umano, piazze, edifici, monumenti.
Da dove iniziò il recupero e che ricordi ha di quella stagione?
Cominciammo dalla piazza Roma, una piazza interamente d’autore. Dal Teatro Centrale al Dopolavoro, passando per la Torre Littoria, la Chiesa di San Ponziano e il Municipio: sono tutti prodotti o della mano dello studio di Gustavo Pulitzer, grande progettista triestino, o dello studio Valle-Guidi, i due grandi architetti romani che poi abbandoneranno Carbonia per andare a fare il piano di Addis Abeba. Lasciandola comunque al grande e brillante Eugenio Montuori e alla sua continua ricerca di un razionalismo mediterraneo.
Nel 2004 ci fu l’inaugurazione della piazza e fu una delle grandi emozioni della mia vita. Quando uscimmo dal Teatro Centrale trovammo nella piazza migliaia e migliaia di persone, un numero stragrande di abitanti di Carbonia, che invasero quello spazio. Fu in quel momento che compresi come, effettivamente, quell’operazione avesse avuto da un lato un significato culturale e, dall’altro, un significato sociale.
La fondazione di Carbonia ridefinisce il rapporto tra cittadino e abitare e anticipa le trasformazioni che a partire dal secondo dopoguerra, con il programma di edilizia popolare INA Casa, interesseranno Cagliari e i principali centri urbani dell’isola. Come viene ridefinito questo rapporto?
In una Sardegna caratterizzata dalla totale prevalenza dell’autocostruzione Carbonia rappresentò, effettivamente, un caso unico. Mentre nel resto dell’isola prevaleva questo rapporto di tipo familiare con la casa, in cui ciascuno è padrone a casa sua, a Carbonia avviene invece il contrario. La gente, infatti, non è padrona neppure del suolo e del sottosuolo. Perchè nel sottosuolo c’è il carbone, e quindi è della miniera, mentre il suolo e le stesse residenze sono pubblici.
Da un punto di vista sociologico tutto questo ha sicuramente determinato, soprattutto all’inizio, questo senso di estraneità, tra la città e la sua architettura. I carboniesi hanno avuto bisogno di riappropriarsi degli spazi, a volte con superfetazioni delle stesse case. Tuttavia, seppure di dimensioni modeste, erano comunque, in quel momento, case di eccellenza. In una Sardegna in cui nessuna casa, se non quelle di lusso, aveva il bagno in casa, a Carbonia ogni casa ne possedeva uno. In questo senso fu, senza dubbio, anche un modello sociale.
Da un punto di vista sociologico e della modernità, questo rapporto di estraneità tra cittadini di Carbonia e abitazioni è anche il rapporto tra la Sardegna e la città stessa, mirabilmente descritto nel 1954 da Salvatore Cambosu in “Carbonia, odore di zolfo”, una delle pagine più poetiche ed evocative di Miele amaro. Quanto la Sardegna di oggi è consapevole di quel che Carbonia ha rappresentato per la Sardegna stessa?
Diciamo che ho avuto l’impressione, anzi ho la certezza, che quando Carbonia, durante gli anni duemila, sviluppò quel programma di riappropriazione di se stessa, si sia imposta all’attenzione dell’intera Sardegna. La percezione che ci fossero una strategia, un obiettivo di alto profilo e che tutto venisse fatto in funzione di quell’obiettivo si è avuta. Poi, ad un certo punto, proprio quando nel 2011 vincemmo il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa (Carbonia Landscape Machine, ndr), è anche vero che forse quella notizia non è andata molto in giro. E’ passata un po’ sotto silenzio. So che però, alla fine, la consapevolezza c’è.
Il carbone ha dato origine alla città, ma è stato anche la causa della sua crisi e, come ha avuto modo di evidenziare, era giusto che la miniera restituisse quanto sottratto. Tuttavia esiste un altro materiale “locale” che può rappresentare un’importante risorsa identitaria per il presente. Che ruolo ha, a questo proposito, la “trachite rossa” nel caratterizzare l’intero patrimonio residenziale della città?
Ci siamo soffermati spesso sul suo ruolo. Carbonia è, paradossalmente, da un lato un luogo di alta tecnologia, con i suoi macchinari e certi elementi costruttivi come le capriate in cemento armato a sezione sottile. Dall’altro, un po’ per ideologia e un po’ per necessità è un luogo dove si utilizza però anche il materiale naturale, che è quello che si cava in loco. E questo dà carattere a Carbonia. Le sue case, infatti, certamente non sono “identitarie”, ma di intelligente hanno questo uso di un materiale povero, come la pietra locale, ma straordinario. Perchè tutto lo zoccolo, tutti i basamenti di Carbonia sono fatti di trachite. E’ proprio questo il vero elemento unificante.
Molte delle sfide della città del XXI secolo passano da una riduzione delle emissioni di Co2 e l’architettura giocherà un ruolo fondamentale, a partire dal recupero degli immobili esistenti. Anche per Carbonia si apre una nuova stagione che, dopo il recupero della miniera e degli spazi pubblici, potrebbe adesso interessare l’edilizia privata. Come vede l’applicazione di elementi di domotica all’architettura per trasformare la ristrutturazione edilizia in rigenerazione urbana?
Penso che, in generale, non ci sia altra via. Se alla qualità pubblica non corrisponde anche la qualità privata una città non si salva. Possiamo fare tutte le piazze che vogliamo ma se dopo i cittadini, i tecnici, non percepiscono che anche le case devono stare dentro un certo ordine di logica, il tutto non funziona. Sono inoltre convinto che oggi l’innovazione si deve giocare esattamente, in senso generale, sulla sostenibilità. Pertanto abbiamo bisogno di città non più energivore, come abbiamo fatto, ma energicamente efficienti. Possono diventarlo in vario modo, da un lato con le energie rinnovabili e la riqualificazione delle case in senso energetico; dall’altro, con le città smart e quindi attraverso l’applicazione delle tecnologie immateriali.
Per concludere, nel libro Carbonia. Città del Novecento, gli autori Giorgio Peghin e Antonella Sanna parlano di Carbonia come di una “colonia autoctona”, quasi sospesa tra due paesaggi: un paesaggio millenario che è quello del Sulcis-Iglesiente e un paesaggio costruito e ricostruito, perchè comunque Carbonia cerca di integrarsi nel territorio. Che cosa ci può insegnare questa epopea urbanistica, mineraria e anche sociale?
Ci può insegnare che quando c’è un’impostazione qualitativamente valida – e Carbonia lo fu perchè fu fatta con un pensiero urbanistico con dietro anche un’utopia sociale, per quanto autoritaria, e un pensiero urbanistico importante e al passo con le esperienze europee più avanzate – possiamo dire che le realizzazioni costruite in questo clima di qualità poi durano nel tempo. Nel grande disegno paesaggistico di Carbonia – dentro una conca, affacciata su un terrazzo che guarda verso il mare, con questo sistema di spazi pubblici, di verde, che doveva un po’ risarcire la durezza della vita in miniera – è sempre possibile trovare ancora oggi queste qualità. E tutto questo, rispetto invece alla dimensione informe, priva di progetto di certe periferie contemporane, incluse quelle di una parte dell’hinterland di Cagliari, ci può insegnare che non è necessario creare, come direbbe Italo Calvino, delle “zuppe di città” per fare la nuova architettura.
Come il libro di Peghin e di Antonella Sanna dimostra, la vera lezione di Carbonia è che la nuova architettura può essere di livello e di grande qualità. Può interpretare un territorio, anzichè banalmente sovrapporsi ad esso come spesso, invece, dopo abbiamo fatto.
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- L’articolo di Fabrizio Palazzari viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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Martedì, martis, 17 marzo 2015
Gli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: Oggi Musica e Cinema. Domani Seminario di psicologia dell’arte———————————————————————————————-
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Seminario di psicologia dell’arte – Domani, mercoledì 18 marzo 2015, alla Man Ray School il secondo appuntamento del Seminario di Psicologia dell’arte, a cura di Carla Deplano, sarà incentrato sulla Comunicazione visiva, le leggi della percezione e la Psicologia della Gestalt. - segue -
Fernand Khnopff
QUADRI MISTERIOSI: L’attesa (la bambina davanti alla porta) di Fernand Khnopff, (1858-1921), pittore belga di origine austriaca. Famoso per i suoi dipinti enigmatici e inquietanti, animati da donne “fatalissime” (in genere con capelli rossi e mascella quadrata, un po’ alla maniera di Klimt), riesce anche a cogliere il mistero dell’ infanzia. La sua pittura si colloca nell’ambito del Simbolismo europeo di fine ’800.
Università della Sardegna – Elezione Rettore dell’Università di Cagliari
Venerdì 20 marzo il secondo turno di votazioni per l’elezione del Rettore per il periodo dal 2015 al 2021.
Per proseguire la discussione sul futuro dell’Ateneo iniziata sul blog http://sites.unica.it/unica15-21 i promotori della community hanno organizzato un incontro di tutte le componenti dell’Ateneo con i due candidati alla carica di Rettore, Giacomo Cao e Maria Del Zompo.
- L’incontro si svolgerà l’Aula A del polo economico-giuridico in Viale Sant’Ignazio 78 mercoledì 18 marzo alle 16.
Solidarietà alla giornalista Francesca Mulas bersaglio di ignobili intimidazioni fasciste
COMUNICATO CONGIUNTO ORDINE dei GIORNALISTI della SARDEGNA – ASSOSTAMPA SARDA
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Piena solidarietà alla collega Francesca Mulas, bersaglio di un attacco volgare, maschilista e squadrista comparso sulla pagina Facebook di uno degli organizzatori di una manifestazione del Movimento sociale sardo La Destra e del Movimento “Noi con Salvini”, è stata espressa dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna e dall’Associazione della Stampa Sarda.
Il presidente dell’Ordine, Filippo Peretti, e quello del Sindacato, Celestino Tabasso, condannano fermamente l’ennesima minaccia ai danni degli operatori dell’informazione, maturata in un crescente atteggiamento di intimidazione nei confronti di chi svolge correttamente il proprio ruolo di giornalista, come testimonia il lavoro della collega Francesca Mulas pubblicato sulla testata Sardinia Post.
Ordine e Assostampa garantiscono e garantiranno sempre la massima tutela ai colleghi sotto attacco e proporranno alle Autorità competenti un incontro per denunciare il crescente fenomeno delle minacce nei confronti degli operatori dell’informazione.
La Confederazione Sindacale Sarda al Settimo Congresso Nazionale
La CSS verso il 7° Congresso Nazionale
di Francesco Casula
La Confederazione Sindacale Sarda (CSS) si avvia verso il 7° Congresso nazionale che celebrerà il 22 marzo prossimo a Cagliari. Coincide quest’anno con il 30° Anniversario: una bella età, soprattutto se si tiene conto che gli avversari, ad iniziare da CGIL-CISL UIL, impietosamente bollati come “sindacati di stato”, le avevano pronosticato qualche anno di vita.
La CSS è nata infatti il 20 Gennaio 1985: è il terzo Sindacato etnico in Italia dopo quello valdostano (SAVT), fondato nel 1952 e quello Sudtirolese (ASGB) nato nel 1978.
Con questi due sindacati etnici italiani come con i sindacati etnici europei (Corsi, Baschi, Galeni e Catalani) che saranno tutti presenti al Congresso di Marzo, la CSS ha un rapporto di tipo federativo.
Secondo il compianto Eliseo Spiga, l’ideatore nonché primo segretario nazionale, il sindacato sardo – o della Nazione sarda, come ama definirsi – nasce per difendere i sardi sia come lavoratori (salario, occupazione, orario e condizioni di lavoro) sia come sardi e dunque nella loro dimensione culturale e linguistica. Di qui la battaglia campale della CSS a favore del Bilinguismo.
Ma, anche in forte polemica con i Sindacati italiani – CGIL-CISL-UIL in primis – nasce soprattutto contestando duramente il tipo di sviluppo che lo Stato – con la complicità delle classi politiche sarde e degli stessi sindacati – ha imposto alla Sardegna negli ultimi 50 anni,uno sviluppo tutto giocato sulle industrie nere e inquinanti della grande industria in specie quella chimica e petrolchimica ma anche metallurgica (privata ma soprattutto di stato): sviluppo che dai poli si sarebbe diffuso nel territorio, creando occupazione e sviluppo: ma nessuno di questi obiettivi è stato raggiunto. Di contro, tale industrializzazione ha devastato e depauperato il territorio, la risorsa più pregiata che l’Isola possiede; ha degradato e inquinato l’ambiente; ha sconvolto gli equilibri e le vocazioni naturali dell’Isola; ha distrutto il tessuto economico tradizionale e quel minimo di imprenditorialità locale (soprattutto nel settore agro-alimentare); ha attentato alla cultura e alla identità etno-nazionale dei sardi, tentando di eliminare le specificità linguistiche, culturali e storiche, magari con il pretesto dei combattere il banditismo: è il caso soprattutto di Ottana.
Proprio Ottana riassume emblematicamente il fallimento dell’industrializzazione in Sardegna. Per capirla è necessario fare un po’ di storia. Alla fine degli anni ’60 la Commissione parlamentare d’inchiesta sul banditismo, presieduta dal senatore Medici individuò nell’ambiente agropastorale e nelle condizioni economiche e sociali del Nuorese la causa prima del banditismo: di qui la scelta di Ottana e della grande industria che avrebbe dovuto trasformare il pastore in operario, con la tuta e non più con la mastruca. “Nella Rinascita c’è un posto anche per te” si promise a tutti i barbaricini e ai disoccupati in primis. Si è trattato di un mostruoso tentativo di rivoluzione antropologica e culturale prima ancora che economica e sociale. Furono previsti e promessi 8-10 mila posti di lavoro. Oggi sono in liquidazione anche gli ultimi operai rimasti.
Plurimi e di diversa natura i motivi del clamoroso fallimento: si è trattato di grandi industrie filiali e succursali di grandi complessi statali che “esportavano”
nell’Isola manager, dirigenti, personale qualificato, tecnologie. I centri quindi economici-finanziari-decisionali stavano fuori non in Sardegna.
Di industrie che lavoravano – soprattutto quelle chimiche – materie prime di cui la Sardegna non disponeva e dunque soggette alle variazioni e alle crisi del mercato: è bastato l’aumento del petrolio e/o la dotazione da parte dei paesi produttori di industrie di trasformazione per mettere in crisi Ottana e company. già negli anni Settanta con la crisi petrolifera.
Si è trattato inoltre di industrie ad alta intensità di capitale (si è arrivati a un miliardo di vecchie lire per posto di lavoro e siamo prima dell’euro!); a poca intensità di mano d’opera; senza stimoli per il mercato interno, senza creazione di indotto proprio perché senza alcun rapporto e collegamento con il territorio e le risorse locali . Che dunque non crea sviluppo endogeno e autocentrato.
Soprattutto si è trattato di una industrializzazione che prevedeva solo le prime lavorazioni o comunque fasi limitate del ciclo produttivo: raffinerie o produzione di etilene (fibre) quando tutti gli economisti sostengono che è nelle seconde e terze lavorazioni ma soprattutto nella chimica fine che si ha molto sviluppo, ovvero: molta occupazione, poca intensità di capitale ma soprattutto molta ricchezza che deriva dal “valore aggiunto”.
Nonostante le chiacchiere e le richieste dei Sindacati italiani – peraltro mai troppo convinte – di avere in Sardegna le seconde e terze lavorazioni e la chimica fine, l’Isola per decenni ha sempre continuato con la petrolchimica di base e dunque ha continuato a operare quel meccanismo infernale neocoloniale, – tipico del colonialismo, compreso quello interno – che gli economisti chiamano “lo sviluppo ineguale”. Secondo il quale la Sardegna – e molte zone del Meridione – produce ed esporta semilavorati mentre importa prodotti finiti ad alto valore aggiunto, in questo scambio ineguale la Sardegna continua a impoverirsi e il Nord Italia dove si fanno le seconde e terze lavorazioni si arricchisce viepiù. Per convincersi guardare i dati ISTAT di ieri e di oggi, per quanto attiene al PIL ma non solo.
Di qui la proposta della CSS perché finalmente si imbocchi una rotta radicalmente diversa per uno sviluppo endogeno, autocentrato ed ecocompatibile, basato sulle risorse locali. La strategia dello sviluppo – scrive Giacomo Meloni l’attuale segretario della CSS – è vincente se ha la capacità di creare coesione, ascoltare la pluralità delle voci del popolo sardo e far assurgere a valori identitari, insieme alla lingua, alla cultura, ai saperi tradizionali anche l’ambiente l’economia e i sapori della nostra terra.
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CONGRESSO CSS
Comunicazioni della Segreteria
LA PRIMA PARTE DEL CONGRESSO E’ APERTA AL PUBBLICO,
OLTRE CHE AI 150 DELEGATI, AGLI OSPITI SARDI ED INTERNAZIONALI.
RICORDEREMO I 30 ANNI DELLA CSS 1985-2015.
IL CONGRESSO SARA’ APERTO ALLE ORE 10 DA PROF. FRANCESCO CASULA,
GIA’ SEGRETARIO NAZ.LE E DALLA RELAZIONE DELL”ATTUALE SEGRETARIO
GENERALE DELLA CSS DR. GIACOMO MELONI.
SARANNO PRESENTI TUTTI I FONDATORI DELLA CSS E RICORDATI COLORO
CHE NON CI SONO PIU’ A PARTIRE DA DR. ELISEO SPIGA, PRIMO SEGRETARIO
NAZIONALE DELLA CONFEDERAZIONE SINDACALE SARDA.
中国国际技术转移中心 Punta ‘e billettu per Pigliaru, Paci e compagnia governante… La Sardegna ci sarà?
Convention sul Trasferimento Tecnologico, Pechino, 21 Aprile 2015
Si svolgerà a Pechino l’edizione 2015 del “China International Technology Transfer Convention”. Si tratta di un evento dedicato al trasferimento tecnologico con incontri tra imprese cinesi e straniere operanti nei settori high-tech.
- È fissato per i giorni 21 – 23 aprile presso il Beijing International Convention Center.
Il pomeriggio del 23 aprile ci sarà la sessione dedicata all’Italia.
La conferenza è organizzata dal Ministero per la Scienza e Tecnologia e dalla Municipalità di Pechino.
LINK
Per maggiori informazioni consultare il seguente sito web:
https://www.researchitaly.it/innovitalia/eventi/convention-sul-trasferimento-tecnologico-a-pechino/
Fonte: FONTE: Sito Innovitalia
中国国际技术转移中心
ARTISTI IN ITALIA: Christian Dahl
ARTISTI IN ITALIA: Christian Dahl (1788-1857) – Artista norvegese dell’età del Romanticismo. Un tema prediletto, per Dahl e per tanti altri artisti, è quello del Vesuvio e delle sue spettacolari “esibizioni”. La potenza e terribilità della Natura suscita quel sentimento estetico di paura e piacere insieme che viene chiamato “Sublime”. (“Il formidabil monte sterminator Vesevo” scrive, più o meno in quegli anni, il nostro Giacomo).
Lunedì, lunis, 16 marzo 2015
Gli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: Oggi, lunedì 16 marzo, riunione del Comitato 25 Aprile.
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FUGA DI STATO
Idi di marzo
La madre di tutte le congiure… idi di Marzo del 44 a.C.: Cesare grande condottiero e grande letterato, muore assassinato da Bruto, Cassio e soci, cioè dal “partito senatorio” che, per l’occasione, innalzò la bandiera della libertà contro la tirannide. Il dipinto è di J.L.Gerome, pittore francese della 2a metà dell’ottocento.
Cari Parlamentari: se volete affrontare la ‘questione sarda’, siamo qui!
Candu si pesat su ‘entu est pretzisu bentualare di Salvatore Cubeddu
La ricerca di unità tra i parlamentari sardi a proposito di “salviamo la Sardegna!” (*) è un messaggio importante. Anche quella della solidarietà di taluni parlamentari italiani. Sappiamo farci anche degli amici, in Italia: basta sapere fino a dove e fino a quando intendano seguirci. Parliamone, anche per sfuggire a notizie meno consolanti: si concentra a Cagliari la sovrintendenza archeologia che a Sassari è stata cancellata, a Nuoro manca l’acqua da dieci giorni, i sindacalisti chimici insistono a chiedere all’Eni e al governo di riempirci di cardi le pianure. Visto che si scrive del maialetto sardo che non sarà protagonista all’Expò, paula majora canamus, parliamo di cose più serie.
«La Sardegna è trattata dal Governo come se fosse un’isola dispersa e tagliata fuori da tutti i piani strategici. L’isola non può essere più una terra di confine abbandonata al suo destino». Parlano i nostri parlamentari, sapendo quanto sia stato finora inutile il loro voto presso il Parlamento. Chiedono che finisca quello per cui la Sardegna esiste per l’Italia: sfruttamento e/o abbandono. Sono i caratteri delle terre colonizzate o, se lo si preferisce, di quelle ‘dipendenti’ e ‘subordinate’.
Con i Piemontesi (per stare agli ultimi tre secoli) e poi con l’Italia si è trattato di una situazione costante. Come ciclica è la reazione unificatrice dei nostri rappresentanti. Nel 1860 Giuseppe Mazzini parlava dei sardi come “ … un Popolo infelice, povero, abbandonato, al quale la fedeltà al Regno non ha fruttato che ingratitudine …”. Voglio solo ricordare che ‘l’Unione Sarda’ nasce nel 1875 come concorde associazione di parlamentari e movimento di popolo per portare a termine la ferrovia e, solo dopo, quel titolo fu esteso al giornale che i promotori di quel movimento fondarono e che ancora conosciamo. L’unione rappresenta il minimo comune denominatore della presenza dei sardi in Parlamento. Necessaria, ma non sufficiente.
Funzionò per ottenere leggi speciali per la Sardegna, allorchè dei parlamentari sardi influenti a Roma utilizzarono il costante malcontento dei loro concittadini per ottenere impegni da parte dello Stato. Francesco Cocco – Ortu inventò le leggi speciali (nel 1897 e nel 1907), con effetti limitati, che mantennero una certa efficacia solo quando lui stesso era ministro: la diga del Tirso rappresenta la realizzazione maggiore di un impegno iniziato trent’anni prima della sua conclusione.
La ‘legge del miliardo’ servì a Mussolini per non raffreddare troppo presto l’illusione dei sardo – fascisti, in modo che l’ulteriore loro ‘rinuncia al Regno’ ne fosse valsa la pena. Le realizzazioni fasciste in Sardegna trovarono in Carbonia il massimo del carico finanziario e della realizzazione dell’‘utopia’ sociale e urbanistica del regime.
I primi sardisti che entrarono nel Parlamento italiano reagirono al modo di grillini d’antan. Umberto Cao, docente universitario, uno dei primi teorici dell’autonomia sarda, eletto nel 1921, pose al congresso di Nuoro (il 28 ottobre 1922) la questione della presenza dei quattro deputati sardisti nel Parlamento italiano: “… i sei mesi che si passano a Roma non parranno sprecati in confronto all’opera di organizzazione che si potrebbe e dovrebbe fare nella massa dei sardi? I quattro perduti nella folla di più di 500 energumeni – di là del Mediterraneo silenzioso – non possono mettere a profitto quella energia che nel paese certo sarebbe più efficacemente impiegata?”.
Il Piano di Rinascita, nella versione L. 588/1962 e L. 268/1974, ha avuto in gestazione l’elaborazione tradita della prima giunta regionale DC – PSd’A e pure dei suoi antagonisti del Congresso del lavoro del 1950. Anche in questi casi – come nell’ultima parte dell’Ottocento – la protesta organizzata si è intersecata variamente con la vicenda della crisi agraria, con l’emigrazione e con il banditismo.
In questa storia di attese, lotte e delusioni si rileva una costante ed una eccezione. Costante è l’attesa e la pretesa che sia lo Stato a creare posti di lavoro, soprattutto a partire dalla fondazione della Repubblica. L’eccezione è la vicenda degli ex-combattenti e del primo sardismo, quando lo sviluppo della Sardegna viene affidato, insieme alle opere pubbliche, alla diffusione delle cooperative dei pastori e dei contadini, quelle che il fascismo, ormai senza sardismo, fece smobilitare per favorire i caseari romani. Forse si trattò dell’ultimo tentativo autoctono di un ceto produttivo e borghese sardo.
E’ ora? La situazione si ripresenta drammatica, il documento dei parlamentari ne è consapevole. Vorremmo chiedere loro di osservare le impressionanti analogie di quanto loro descrivono con quanto avvenuto nel nostro Ottocento, con il peso delle troppe esperienze negative che ora ci condizionano scoraggiandoci.
“Chiediamo al Governo di intervenire subito per far fronte all’emergenza non con la solita assistenza ma con progetti e investimenti”, chiedono di nuovo oggi i parlamentari sardi. Visto che anche noi intendiamo collaborare con l’interessante nuovo raggruppamento unitario dei parlamentari, ci permettiamo di rivolgere loro alcuni interrogativi collegati alle relative osservazioni.
1. In Sardegna continuano a scorrazzare avventurieri dell’energia di ogni parte e tipo – in diretto contatto con i ministeri romani – che provocano la reazione delle istituzioni locali e delle comunità senza che si riveli una efficace contrapposizione delle istituzioni regionali e della rappresentanza parlamentare. Perché una legge costituzionale (il nuovo Statuto sardo) non sostituisce lo sforzo immane della nostra gente che difende il proprio territorio?
2. Da tempo in Italia non operano le Partecipazioni Statali: com’è che vi aspettate degli investimenti pubblici diretti? L’unica proposta possibile è quella derivata dalla logistica militare per il Salto di Quirra, che il governo ha però destinato altrove. A quali progetti, allora, vi riferite? Al momento siamo a conoscenza dei piani per il Sassarese e per il Sulcis: Matrica e Mossi- Ghisolfi, che occuperebbero il territorio agricolo dopo aver ben remunerato i proprietari dei terreni. Sindacati chimici e politici dei due territori vendono la cosa come fatta. La giunta Pigliaru, sulle canne del Sulcis e sul cardo di Sassari, pare stia solo aspettando che si calmino le acque. E’ immediatamente comprensibile a chiunque viva in Sardegna che tale follia economica e sociale scatenerebbe reazioni assolutamente prevedibili in un materiale evidentemente infiammabile. E’ questo l’obiettivo per il quale dovrebbero combattere i sardi uniti? Per avere negata anche la speranza di una prospera agricoltura e vedere nuovamente devastato il proprio territorio dalla monocoltura del biofuel?
3. Affermate: “E chiediamo anche ai presidenti dei due rami del Parlamento di portare la nostra vertenza nelle sedi più alte, non per avere privilegi ma diritti”. I nostri lo scrivevano anche nell’800, rivolgendosi al Re, con gli esiti che sappiamo. In Sardegna lo si fa costantemente, con i presidenti della Repubblica e con i Papi. Solo la perdita di memoria e l’ingenuità possono spiegare tale ricorrente e umiliante pietismo. Cari amici Parlamentari: ma ci credete sul serio che l’aiuto che chiedete per i casi della Sardegna, quasi sempre reso vano nei 150 anni di ‘italianità’, lo possiamo ottenere con atteggiamenti da ancien regime? Si può capire – ma rattrista – che degli operai disperati si rivolgano alla pietà delle istituzioni, ma non coloro che si sono assunti l’onore e il dovere di rappresentare i diritti del nostro popolo con intelligenza e saggezza, ma pure con senso della dignità. Dunque: se vogliamo farla, questa battaglia, facciamola sul serio, consapevoli di trovarci di fronte a un avversario che da tempo promette e non mantiene, blandisce e castiga, afferma e non realizza. Voi dovreste ben conoscerli, visto che li avete anche in Parlamento. Non c’è più spazio per la delega e per il lamento. Pensiamoci bene: quello che vi proponete è importante e doveroso, vi fa onore e spinge ogni sardo onesto a seguirvi. Candu si pesat su ‘entu est pretzisu bentualare. Poi il vento si spegne. La storia procede. E’ successo troppe volte!
4. La Sardegna è già in fiamme, si levano tanti piccoli fuochi. Non c’è stato mattino della scorsa settimana che, da via Roma a viale Trento, non siano sfilati operai senza lavoro e/o senza stipendio, mamme con bambini e maestri che difendono le scuole, sindaci che gridano per la propri acqua, studenti che continuano a invocare scuole ‘non di classe’. Pigliaru non è da invidiare. Ma non è lì per sostituire i ragionieri e controllare i conti “per conto” di Roma. Non è un presidente di una regione qualsiasi, ha accettato di fare il capo di un Popolo. Oggi siamo costretti a decidere un progetto per la Sardegna del futuro. E’ obbligatorio averla, questa idea. O no?
5. Infine. Cari amici parlamentari: tra qualche mese ricorderemo ‘sa die de sa Sardigna’. Se non abbiamo capito male, chiedete ai Sardi di riconquistare quello spirito, quel coraggio, quel metodo.
“I Sardi dovranno capire che il divenir prosperi, felici, ricchi, non dipende che da loro medesimi, che se non vorranno divenirlo è tutta colpa propria”. L’affermazione è di Federico Fenu, teologo, nella pubblicazione: La Sardegna e la fusione del suo regime col sardo continentale, Cagliari, 1848. Sì, la data è quella giusta: 1848!
15 marzo 2015
(*) Il video della conferenza stampa di presentazione della mozione dei parlamentari sardi
(°°) Il testo della mozione sul sito della Camera dei Deputati (primo firmatario Roberto Cappelli).
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- L’articolo di Salvatore Cubeddu viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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Domenica, dominigu, 15 marzo 2015
Gli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: Lunedì 16 marzo, riunione del Comitato 25 Aprile.
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- The Death of Caesar (1798) by Vincenzo Camuccini
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