Monthly Archives: settembre 2014
a spasso sulla rete con la lampada di aladin…
Il mercato del lavoro tedesco fa shopping in Puglia
In programma due workshop il 30 settembre a Bari e il primo ottobre a Lecce con lo Zav, l’agenzia di collocamento internazionale della repubblica federale tedesca. Oltre agli incontri formativi anche una serie di colloqui (su La Repubblica on line 20 settembre 2014)
DRITTO&ROVESCIO. in giro con la lampada di aladin sulle Nazioni senza Stato…
- Referendum sull’indipendenza: quel no che accomuna la Scozia al Québec. ADRIANO BOMBOI su SardegnaSoprattutto .
- LA VERA AUTONOMIA È QUELLA ECONOMICA . ANDREA SABA su La Nuova Sardegna
Mentre procede, fra spinte ed ostacoli, il processo di unificazione europea, un secondo movimento simultaneo spinge verso la ricerca di una indipendenza nazionale. Al contrario di Catalogna e Scozia, non possiamo rivendicare ricompense per la ricchezza prodotta.
- UNA STAGIONE NUOVA DOVE SI PUÒ SCEGLIERE. FRANCISCU SEDDA su La Nuova Sardegna.
La storia è in cammino. In Scozia come altrove. Con buona pace dei conservatori di ogni parte e colore. Di coloro che vorrebbero ibernare il mondo.
UNA GRANDE LEZIONE Come si è arrivati a tanto? Rafforzando la coscienza storica nazionale e investendo in istruzione.
con gli occhiali di Piero…
ANNIVERSARI. La breccia di Porta Pia, campioni di scacchi ed altro. Un anno fa su Aladinpensiero…
Oggi è difficile fare breccia. I muri sono di gomma…
Il Manifesto del Movimento dei pastori sardi. La Regione ci ascolti!
MPS – Movimento Pastori Sardi
DOCUMENTO MOVIMENTO PASTORI SARDI
In Sardegna la pastorizia ovi-caprina è costituita da oltre 16.000 aziende, con un patrimonio di capi di oltre 3.000.000 di ovini e oltre 250.000 caprini. Siamo la prima regione italiana produttrice con il 70% del latte ovino e il 50% del latte caprino.
La pastorizia è, dunque, un settore strategico intorno al quale si sviluppano decine di attività creando interesse economico e sociale. Soprattutto, la pastorizia svolge un ruolo ambientale fondamentale garantendo la manutenzione di oltre il 70% del territorio isolano.
Questa funzione di “manutenzione” del territorio è, oramai, riconosciuta a tutti i livelli, eppure nella stesura della nuova PAC nazionale questo settore è stato dimenticato dal piano zootecnico nazionale.
Anche in Sardegna, nonostante le promesse di un grande cambiamento nel governo della Regione Sardegna proviamo una marcata sensazione di abbandono e di non ascolto. L’Assessorato all’Agricoltura si è, infatti, rifiutato più volte di riceverci. Sembra ripetersi l’esperienza del 2010, quando la “politica” rispose alle nostre richieste (presentate con una piattaforma ben articolata) con la legge 15. Legge da noi rifiutata e mai sottoscritta.
Cambiano i governi della regione, cambiano gli assessori, ma l’atteggiamento di chiusura nei nostri confronti è sempre lo stesso.
Oggi a quattro anni di distanza la “politica” sta compiendo lo stesso errore di valutazione sia nei confronti del settore sia nei confronti del Movimento che lo rappresenta.
In particolare, l’Assessore all’Agricoltura continua a ignorare le nostre richieste di incontro per discutere del comparto e del nuovo PSR.
Riteniamo che come Pastori, rappresentati da un Movimento storico, che ha sempre lavorato per migliorare le condizioni degli addetti al settore, con spirito proposito e costruttivo, abbiamo il diritto di esprimere il nostro punto di vista sugli investimenti per uno sviluppo sostenibile del settore.
Abbiamo, inoltre, l’esigenza ed il dovere di acquisire le informazioni di “prima mano”, direttamente dal massimo rappresentante della Regione Sardegna: il Presidente Francesco Pigliaru, per capire quali sono le linee programmatiche e di indirizzo della Regione Sardegna per i prossimi anni e non apprendere le notizie dai media.
In particolare, ci devono spiegare perché le risorse del “primo pilastro” della nuova PAC (aiuti diretti) siano inferiori a quelli della vecchia PAC.
Vorremo sentire dalla viva voce del Presidente Pigliaru perché ciò possa avvenire nonostante la nuova PAC sia stata pensata per sostenere, in particolare, l’economia agro-pastorale cui corrisponde il nostro modello di produzione estensivo. Vorremmo capire, nonostante i proclami ed i comunicati, se c’è l’effettiva volontà politica di sconfiggere, per sempre, tutte le epizoozie che affliggono il nostro settore, individuarne i modi, i tempi ed i mezzi più efficaci.
PER TUTTE QUESTE RAGIONI CHIEDIAMO
segue il documento integrale
in giro con la lampada di aladin…
DRITTO & ROVESCIO. Referendum scozzese: riflessioni… pensando a noi. Interventi di Nicolò Migheli e Pietro Ciarlo
Il referendum che ha terrorizzato i poteri forti
di Nicolò Migheli *
“Tutti quanti i parlamentari che vii sono in Europa si occupano delle cose nostre e dibattono fortemente, se o no dobbiamo essere. Noi di questi giorni abbiamo detto francamente: siamo. L’abbiamo detto per l’organo del Parlamento; l’abbiamo detto per virtù dei nostri soldati che riducevano in nostra mano gli ultimi baluardi in cui si ricettavano gli ostacoli alla nostra unità.” Così scriveva il giornale torinese l’Opinione. Il 17 marzo 1861 all’atto della proclamazione del Regno d’Italia.
Le reazioni europee alla fondazione del nuovo stato non furono di felicità. In molti temevano la nascita di una entità che avrebbe rivoluzionato gli assetti dell’epoca con il suo esempio. Ancor di più oggi. Fino ad ora in Europa si erano divise la Jugoslavia, l’Urss e la Cecoslovacchia. Paesi che venivano dall’esperienza comunista accusata, a torto o a ragione, di opprimere le istanze nazionali. Che un paese dell’Europa occidentale potesse essere a rischio di separazione non era concepibile. Non viviamo nel migliore dei mondi possibili?
Ancor di più la Gran Bretagna, la madre della democrazia moderna. Quando i sondaggi hanno rivelato la possibilità di vittoria degli indipendentisti scozzesi in tutta l’Europa è stato un susseguirsi di allarmi. Le banche hanno minacciato di trasferire le loro sedi da Edimburgo a Londra. La Ue dichiarava che l’adesione della Scozia indipendente non sarà facile. Impossibile per alcuni, a causa dell’opposizione della Spagna, che vedrebbe un pericoloso precedente per la Catalogna, e di tutti gli altri paesi che hanno nazioni senza stato dentro i propri confini. Per la vittoria del NO si è pronunciato l’FMI timoroso di uno sconquasso finanziario. Enrico Letta sul Corriere della Sera paragona un grande processo democratico al colpo di pistola di Serajevo del 1914. Anche lui colto da terrore si unisce ai catastrofisti.
L’Huffington post pubblica la cartina delle nazioni senza stato e la confronta con quella dell’Europa del 1360 chiedendosi se vi è un ritorno al Medioevo:“quando diversi gruppi culturali avevano un loro stato prima delle grandi unificazioni nazionali.” L’uso delle parole ha la sua importanza. Secondo quel giornale online, la Scozia, la Catalogna, la Corsica e la Sardegna, sarebbero “gruppi culturali” e non nazioni. Evidentemente quel termine, per l’autore dell’articolo, può essere solo di entità politiche vaste, quanto grandi non si sa. Ragione per cui si insiste sulla confusione voluta tra stato e nazione. I poteri forti e le altre entità statuali amano lo statu quo e il referendum scozzese ha annunciato cambiamenti che finiranno con ridefinire l’Europa.
La Gran Bretagna però è un caso a se stante; più assimilabile ad un impero che agli stati nazionali ottocenteschi. Le stesse rivendicazioni scozzesi non si basano solo sulle differenze etniche e di lingua, quanto su una diversa concezione delle società. Edimburgo auspica una socialdemocrazia contro il liberismo di Londra. La Caledonia è aperta e inclusiva, mentre la Britannia è chiusa e diffidente. La Scozia europeista e l’Inghilterra talmente scettica che potrebbe abbandonare la Ue. Per paradosso la vera madrina dell’indipendenza scozzese è stata Margaret Thatcher e la classe politica britannica che ne ha seguito gli insegnamenti.
Da qui la sorpresa. I nazionalismi sono sempre stati identificati come movimenti politici di destra tendenti all’omogeneità della Kultur, ostili ad ogni contatto con la diversità. Invece gran parte degli indipendentisti scozzesi e catalani, anche quelli sardi, si collocano a sinistra; non si limitano a rivendicare la differenza di lingua tradizioni e storia, ma progettano società aperte e solidali. Il loro modello sono le socialdemocrazie scandinave. Gran parte dei voti del SNP scozzese vengono dai laburisti.
Marco Biagi, un deputato di quel partito di origine italiana, afferma che i Laburisti sono diventati dei Red Tory, dei conservatori verniciati di rosso, “loro hanno abbandonato noi e noi abbandoniamo loro.” La sinistra, sempre diffidente verso le istanze nazionali, trova la sua rinascita raccogliendo le speranze di quei popoli che la storia ha messo ai margini condannandoli all’omologazione con i vincitori. Non solo la sinistra, anche una borghesia che ha ben presente la differenza di interesse nazionale tra Scozia e Regno Unito. Un bella lezione per i partiti come il PD.
Pedro Sánchez, il neo segretario socialista spagnolo, ha già colto l’aria che tira e propone uno stato federale. In Italia con una antistoricità miope che caratterizza il nostro ceto politico, si è deciso il ritorno al centralismo esautorando le comunità locali dalle scelte sul proprio futuro. In fin dei conti l’indipendenza altro non è che più democrazia, il diritto di auto determinarsi. Quella democrazia che gli stati nazionali ottocenteschi hanno sequestrato.
Paradossalmente è anche l’unica possibilità per una Ue che sia realmente unita e federale, che non potrà mai nascere finché gli interessi dei grandi paesi saranno l’unico punto di riferimento per Bruxelles. Un ritorno allo spirito dei padri fondatori che la gestione burocratica e neoliberista della Commissione e dei paesi membri ha volutamente espulso. Alex Salmond, benché abbia perso il referendum, ha vinto. La Scozia otterrà nuovi poteri da Westminster.
Gli scozzesi avranno tutto il tempo per rafforzare la loro coesione e coscienza nazionale, potranno influire di più anche nella politica estera del Regno Unito facendolo diventare più europeista. Meglio così, è difficile costruire un paese con solo il 50,1 % dei voti avendo l’altra metà della popolazione contro. Il prossimo referendum la Scozia lo vincerà. L’Europa degli stati nazionali ottocenteschi e dei poteri forti tira un respiro di sollievo; ora potrà dedicarsi alla guerra in Ucraina e all’Isis senza tralasciare di spremere i propri cittadini per risanare i bilanci. Così va il quotidiano che diventa storia.
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Referendun scozzese e sconfitta del risentimento: un ammaestramento per i Sardi
di Pietro Ciarlo **
Il referendum per l’ indipendenza della Scozia ha visto prevalere il NO con quasi dieci punti di scarto. Eppure gli ingredienti fondamentali per una vittoria del SI c’erano tutti. Le favorevoli condizioni economiche della Scozia (peraltro più immaginarie che reali) rispetto al resto del Paese e un diffuso risentimento contro gli inglesi.
La Scozia è stata sempre terra colta, ma povera. Poi la scoperta del petrolio ha migliorato la sua condizione portandola più o meno alla pari con l’ Inghilterra. Molti scozzesi hanno pensato che l’indipendenza avrebbe consentito uno sfruttamento della risorsa petrolifera più favorevole a loro. Può anche essere, ma la cosa non sarebbe stata facile, essendo i diritti di sfruttamento già stati ceduti a diverse privati, BP in testa (British petroleum). Comunque, molti scozzesi hanno pensato o si sono illusi di diventare più ricchi grazie alla secessione. E’ il secessionismo dei ricchi. Del Paese Basco, della Catalogna, dei Fiamminghi, della Lega-Nord e via elencando. Ma non basta.
In Scozia è stato ben vivo un altro elemento caratteristico dei movimenti indipendentisti: il risentimento. Cioè l’idea di aver subito gravi ingiustizie e di sentire ancora o nuovamente, di ri-sentire, il dolore da esse causato. Vicende accadute secoli prima, battaglie di mille anni fa. Alcuni vogliono ancora (ri)sentire garrire nel vento il Leone di San Marco in nome della gloriosa Repubblica. La storia viene offuscata, ogni periodizzazione ignorata. Nel caso italiano prima regola è svalutare la rottura con il fascismo e il centralismo rappresentata dalla Costituzione, dalla Repubblica e dalla democrazia.
La parola risentimento è carica di significati negativi. Fortunatamente in Scozia ha prevalso, e anche con una certa larghezza, il NO. Egoismo e risentimento non ce l’hanno fatta. La giustizia è un’altra cosa, dovrebbe avere molto a che vedere con l’intelligenza analitica e la ragione.
Giusto vent’ anni fa feci molta fatica a mostrare il disastro che per il Mezzogiorno e le Isole avrebbe rappresentato ogni ipotesi di separatismo fiscale, detto federalismo. Infatti, dovetti costruire una lunga apposita ricerca, pubblicata su “Le regioni” del 1995, per palesare la situazione del residuo fiscale essenziale per qualsiasi scelta consapevole di politiche territoriali. Oggi fortunatamente non è più così.
Il separatismo fiscale, di fatto impraticabile in un Paese dualistico come il nostro, non si è realizzato e basta digitare “residuo fiscale regioni” per accedere ad una voce di Wikispesa ben documentata, sintetica ed esaustiva. Il residuo fiscale della Sardegna è negativo per il 14,5 % del Pil regionale. Su queste pagine ho già scritto della catastrofe, una sorta di carestia, che si abbatterebbe su una Sardegna che fosse indipendente e lo farò ancora, anche se non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Viceversa, qui voglio dire ancora qualcosa sul “risentimento” come ingrediente fondamentale del territorialismo.
Come da sempre si sa, la politica si nutre anche di incentivi psicologici, di miti. I miti che nascono dal risentimento, non lontani da quelli della vendetta, spesso utilizzati strumentalmente da professionisti della politica, fomentano l’avversione se non l’odio. Io preferisco quelli della pace e dell’inclusione, forse meno suggestivi, ma per certo non autoreferenziali.
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* Nicolò Migheli, by sardegnasoprattutto / 19 settembre 2014 / Società & Politica/
** Pietro Ciarlo, by sardegnasoprattutto / 19 settembre 2014 / Società & Politica/
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Alex Salmond
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Altri approfondimenti
- Scozia, perché ha vinto il “no” all’indipendenza. Su Globalist syndication
- Mario Carboni. SCOZIA: IL NAZIONALISMO ECONOMICISTA E TERRITORIALE SENZA LINGUA NAZIONALE HA SUCCESSO MA NON VINCE. Sul blog di Mario Carboni.
- Vito Biolchini. La lezione scozzese? La sinistra italiana è molto più conservatrice della destra inglese (e in Sardegna non vuol fare lo Statuto, altro che indipendenza). Su vitobiolchini.it .
con gli occhiali di Piero…
ANNIVERSARI. La Giustizia negli Stati Uniti, il diritto di voto alle donne, e altro ancora. Su Aladinpensiero un anno fa. Su Chaplin anche Aladinpensiero del 16 aprile 2013.
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TONNARE AL TEMPO DEGLI SPAGNOLI
Il 19 settembre 1650 il re di Spagna (e di mezzo mondo) Filippo IV (il periodo è quello del romanzo I promessi sposi) approva la cessione della tonnara di Portopaglia e della tonnara di Portoscuso.
La prima andò a Stefano Brunengo, la seconda a Benedetto Natter, per la somma di 25.000 scudi ciascuna.
Referendum per l’indipendenza della Scozia. Vincono i no (55 % contro il 45% dei si). Una grande prova di democrazia che rilancia l’unità politica per un’Europa confederata
L’affluenza è stato un record assoluto, nei seggi si è recato oltre l’85 per cento degli scozzesi
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Care sorelle e cari fratelli scozzesi,
la nostra presenza in Scozia in questo tempo cruciale per la vostra storia e per la storia d’Europa, la storia di tutti noi, vuole essere un sincero atto di vicinanza e ammirazione per quello che avete fatto e state facendo: arrivare pacificamente a sancire il diritto all’autodeterminazione coinvolgendo un’intera nazione in un grande momento di responsabilità collettiva e di sovranità popolare.
Ciò che risalta e conforta, l’insegnamento che cogliamo dalla vostra esperienza, è che questa libertà di decidere, questa possibilità di scegliere se divenire Stato indipendente, voi l’avete conquistata con un lavoro di anni, giorno per giorno, con tenacia e pazienza, tanto nutrendo la vostra coscienza storica nazionale quanto governando attraverso il vostro Parlamento la vostra società, rendendola più prospera e più giusta.
Voi ci avete mostrato che il referendum di autodeterminazione non è l’inizio di una storia ma il segno che una storia nuova è già iniziata. Una storia costruita attraverso il concorso e la partecipazione di ogni singola donna e uomo di Scozia, capaci di elevarsi al ruolo di quotidiani eredi della vostra splendida Dichiarazione di Arbroath:
In verità non è per la gloria, non per le ricchezze, non per gli onori che noi combattiamo, ma per la libertà… per quella sola, a cui nessun uomo retto rinuncerebbe, anche a prezzo della vita stessa.
Per questo, qualunque sarà il risultato del referendum, noi sappiamo che voi avete già vinto: il cammino per rimettere il futuro della Scozia nelle mani degli scozzesi, come avete efficacemente scritto, è tracciato.
Noi siamo qui in rappresentanza di tanta parte della gente sarda, dei nostri partiti e del nostro Parlamento per tessere un legame che vorremmo che si facesse sempre più profondo. Ma soprattutto siamo qui a rappresentare il sentimento crescente del nostro popolo, un popolo che sempre più anela a riprendersi la sua sovranità e tornare a prendere in mano le redini della propria storia. Un popolo che ambisce a scrivere la sua costituzione, rinverdendo i fasti di quella Carta de logu che, come la vostra Dichiarazione di Arbroath, dalle profondità del medioevo ci chiede di continuare a lavorare per il bene “dessa republica sardisca”.
Il vostro esempio ci sarà d’aiuto e di conforto nei momenti difficili. I vostri successi saranno motivo di entusiasmo come fossero i nostri.
Viva la Scozia! Viva la Sardegna!
Cagliari, 15 settembre 2014
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“Messaggio alle donne e agli uomini di Sardegna al popolo della Scozia”
Il messaggio, promosso dalla Fondazione Sardinia, è stato discusso e fatto proprio dalle organizzazioni Irs, Partito dei Sardi, Progres, Rossomori, Sardigna Libera, Sardigna Natzione, Sel, Unidos, Confederazione Sindacale sarda, Confederazione dei Verdi, Sardegna Sostenibile e Sovrana ed è stato letto e condiviso nel convegno tenutosi lunedì 15 settembre a Cagliari.
Nei prossimi giorni il messaggio verrà consegnato al comitato per il sì all’indipendenza della Scozia da una delegazione composta da rappresentanti dei partiti e movimenti che l’hanno sottoscritto e da altri che si recherà ad Edimburgo in occasione del referendum, previsto per giovedì 18 settembre.
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Pusticras, zoja su 18 de cabidanni, in Iscòtzia sa zente at a botare “Eja” o “Nono” a su naschimentu de unu Istadu iscotzesu nou indipendente dae su Rènniu Unidu.
Custu messazu ki publicamus (bortadu in sardu) inoghe a suta est istadu promòvidu dae sa Fondazione Sardinia e a pustis firmadu dae iRS, Partito dei Sardi, ProgReS, Rossomori, Sardigna Libera, Sardigna Natzione, Sel, Unidos, Confederazione Sindacale sarda, Confederazione dei Verdi e Sardegna Sostenibile e Sovrana.
At a esser batidu, in Edimburgu, a su comitadu pro su “Eja” dae unu cant’e delegados sardos.
Messazu de sas fèminas e de sos òmines de Sardìnnia a su pòpulu de Iscòtzia
Sorres e frades iscotzesos keridos,
su de esser presentes in Iscòtzia in custu tempus importante meda pro s’istòria bostra e d’Europa, s’ìstoria de nois totus, keret esser unu atu sintzillu de acostazadura e ammiru pro su ki azis fatu e sezis faghinde: arribare, de manera paghiosa, a santzire su deretu a s’autodeterminatzione, faghinde mòvere a una natzione intrea in d’unu momentu mannu de responsabilidade colletiva e de soberania populare.
Su ki bessit a pizu e allèbiat, s’amparu ca nde leamus dae s’esperièntzia bostra, est ca custa libertade de detzìdere, custa possibilidade de seberare si divenner Istadu indipendente, bois dd’azis conkistada cun d’unu tribàlliu de annos, die pro die, cun aguantu e passèntzia, dande alimentu a sa cussèntzia natzionale bostra e fintzas gubernande a sa sotziedade a mèdiu de su Parlamentu bostru, bortandedda in prus rica e prus zusta.
Bois nos azis mustradu ca su referendum de autodeterminatzione no est s’incumintzu de una istòria ma su sìnniu ca una istòria noa est incumintzada zae. Una istòria fraigada cun s’azudu e sa partetzipadura de dònnia fèmina e òmine de Iscòtzia, àbiles a si nde pesare a rolu de erederos cotidianos de sa bostra galana Declara de Arbroat:
pro narrer su beru no est pro sa glòria, no pro sas rikesas, no pro sos onores ca nois cumbatimus, ma pro sa libertade… pro cussa ibia, ca niunu òmine balente diat lassare, puru a prètziu de sa pròpria vida.
Pro custu, cale siat su resultadu de su referendum, nois ischimus ca bois zae azis bintu: su caminu pro torrare a ponner su benidore de s’Iscòtzia in sas manos de sos iscotzesos, comente azis iscritu de manera potentiva, est sinniadu.
Nois semus inoghe rapresentande a un’ala manna de sa zente sarda, de sos partidos nostros e de su Parlamentu nostru pro intramare unu liamu ki diamus a kerrer semper prus fundudu. Ma semus inoghe mescas pro rapresentare a su sentidu semper prus mannu de su pòpulu nostru, unu pòpulu ki semper prus disizat de si torrare a pigare sa soberania sua e de si pigare in sas manos s’istòria sua. Unu pòpulu ki ambitzionat de iscrier sa costitutzione sua, imbirdinde a sos isciòrios de sa Carta de logu ki, ke a sa bostra Declara de Arbroat, dae sos fùndigos de s’Època de Mesu nos priguntat de sighire a triballiare pro su bene “dessa Republica Sardisca”.
S’assempru bostru nos at a esser de azudu e de cufortu in sos mementos difìtziles. Sas vitòrias bostras ant a esser càusa de cuntentesa comente ki fuint nostras.
Bivat s’Iscòtzia! Bivat sa Sardìnnia!
Casteddu, 15 de cabidanni 2014
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in giro con la lampada di aladin…
- Più formazione in agricoltura per creare lavoro e combattere lo spopolamento della Sardegna . Giuseppe Pulina su SardegnaSoprattutto.
- Contro lo spopolamento e la catastrofe antropologica la soluzione è il ritorno alla terra. Silvano Tagliagambe su vitobiolchini.it
con gli occhiali di Piero…
ANNIVERSARI. Di cinema e di fisica… su Aladinpensiero un anno fa.
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BENJAMIN PERET
Parigi, 18 settembre 1959. Muore Benjamin Péret, uno dei più rappresentativi poeti francesi del surrealismo. Era nato a Rezé, nella Loira, il 4 luglio 1899.
Comunista troskista, internazionaiista, partecipò alla guerra civile spagnola nel ’36, poi si rifugiò in Sudamerica e in Messico.
Nemico di ogni retorica (Je ne mange pas de ce pain-la, 1936 ), compresa quella di sinistra, contro cui scrisse Le Deshonneur des Poètes (1945). Scrisse:
“Se si ricerca il significato originale della poesia, si constata che essa è l’autentico respiro dell’uomo, la sorgente di ogni conoscenza.
In essa si condensa tutta la vita spirituale dell’umanità da quando ha cominciato a prendere coscienza della sua natura”.
GIACOMO PINTO
Il 18 settembre 1650 muore a Madrid il rettore del Collegio Imperiale, il sassarese Giacomo Pinto, gesuita. Teologo “molto dotto e pio”, entrato nella Compagnia nel 1592, era professore all’Università di Sassari quando, nel 1624, pubblicò il primo volume dell’opera De Christo crucifixo..
Rettore del Collegio di Sassari nel 1627, fu rimosso (come pure il Rettore di Cagliari Antioco Carta) dal preposto generale Vitelleschi e inviato in Spagna: pare che i due Rettori non riuscissero a governare l’aspra animosità che correva tra i gesuiti di Cagliari e quelli di Sassari.
Nel 1628 Pinto è a Maiorca in transito per Saragozza, dove assumerà la cattedra di sacra scrittura e pubblicherà, nel 1644, il secondo volume della sua opera.
Il dibattito sullo spopolamento della Sardegna. Rimedi? Sì, ma occorre avere un’altra idea di Sardegna possibile, sapere rompere gli schemi ed azzardare!
- “Spopolamento dei piccoli centri, serve una strategia: Pigliaru ce l’ha? Il caso Monteleone Roccadoria”
di Gianni Mura. 17 settembre 2014 alle 11:28, Vito Biolchini su vitobiolchini.it
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L’intervento di Gianni Mura, pubblicato oggi sul sito di Vito Biolchini, a cui rimandiamo (e che in ogni caso più sotto riproduciamo integralmente) rilancia un importante e indispensabile dibattito sulla problematica dello spopolamento di parti estese della Sardegna, che impone l’urgente approntamento di una specifica politica, nel quadro della politica più generale ispirata da un’idea di Sardegna proiettata in un possibile futuro migliore. Il dibattito su questa grande questione esiste, ha caratteristiche carsiche: ogni tanto emerge in tutta la sua rilevanza, per poi ri-inabissarsi, quindi ri-emergere e così via. Noi stessi, con la nostra News, ce ne siamo occupati più volte, in ultimo con l’editoriale di Vanni Tola di alcuni giorni fa (Una nuova operazione “Mare nostrum” per una differente politica dell’accoglienza). E’ soprattutto sulle ipotesi di intervento che esiste una grande incertezza. Infatti, per essere chiari, la proposta più efficace per affrontare lo spopolamento senza affidarci a impossibili rimedi della provvidenza, consiste nell’attuare una robusta “politica di accoglienza” che comprende, ovviamente, una capacità di vera integrazione, rivolta in modo particolare ai migranti del paesi del nord Africa, ai quali dare lavoro, abitazioni, servizi sociali, etc. Capiamo che la questione è delicata, come ben ha sottolineato Tonino Dessì in un breve quanto denso commento al citato articolo di Vanni. Ma, appunto perché la questione è complessa e delicata quanto urgente e non più eludibile, dobbiamo discuterne apertamente e trovare soluzioni praticabili. Riciccia quindi inevitabilmente l’interrogativo che opportunamente pone Biolchini: “Serve una strategia: Pigliaru ce l’ha?”. Noi crediamo di no, allo stato, ma questa strategia dobbiamo insieme darcela, con o senza Pigliaru. Meglio sarebbe “con”. Che dobbiamo dire? Francesco (Pigliaru), fatti coraggio e ascolta un altro Francesco (papa) quando ci invita a fare come Dio: a “rompere gli schemi” ed azzardare!
in giro con la lampada di aladin…
- Sarebbe sciocco… sarebbe ingenuo. Amsicora su Democraziaoggi.
- Meglio Soru. Amsicora su Democraziaoggi.
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– Sabato 11 ottobre, alle ore 10.00, T Hotel Cagliari, Via dei Giudicati, 66
Prima edizione del Mediterranean-Gulf Forum sulle tematiche della cultura, dell’economia e della politica nelle aree del Mediterraneo e del Golfo. “Common solutions for common challenges”. La pagina fb dell’evento.