Monthly Archives: luglio 2014

Le Università di Unimed soggetti necessari di una nuova politica di collaborazione nel Mediterraneo. Lo spazio per una comune Università telematica…

sponda sud del Mediterraneoape-innovativa2di Aladin
Alcuni giorni fa abbiamo garbatamente criticato il giudizio di Pietrino Soddu, pronunciato nel Seminario sullo Statuto sardo, tenutosi il 9 giugno u.s., sull’assenza di interesse della Sardegna verso il Mediterraneo del Sud e verso i paesi rivieraschi del Nord Africa. Nella circostanza, riconoscendo un affievolimento dell’impegno soprattutto di carattere politico, che rivela l’attuale mancanza di una “politica estera” della Sardegna, nonostante l’attenzione nel passato per tali problematiche (al riguardo abbiamo citato un illuminante articolo di Federico Francioni sulle politiche mediterranee del Psdaz del dopoguerra), abbiamo dato conto, sommariamente, di alcune iniziative di approfondimento delle relazioni con quei paesi, specie in capo all’Università di Sassari. Il recente accordo tra l’Unione delle Università del Mediterraneo e le Università Sarde, sostenuto dalla Fondazione Banco di Sardegna, costituisce un importante tassello della ripresa delle iniziative di collaborazione tra la Sardegna, le altre regioni italiane ed europee e i paesi extraeuropei della sponda sud del Mediterraneo. Per i particolari rinviamo a un articolo sull’iniziativa di Alfredo Franchini su La Nuova Sardegna. Aggiungiamo solo alcune considerazioni: 1) allo stato non risulta che all’Associazione delle Università del Mediterraneo (Unimed) aderisca l’Università di Cagliari (forse lo era stata in passato per merito di qualche rettore o docente lungimirante), mentre invece risulta regolarmente associata l’Università di Sassari. Abbiamo saputo che Unica aderirà presto. A questo punto ci chiediamo se non sia opportuno ottenere di essere iscritti come Università della Sardegna. E non è un fatto di risparmio! 2) il prof. Franco Rizzi, segretario di Unimed e studioso del mondo arabo, ha proposto di realizzare una “università senza mura” per unire le 90 università di tutti i paesi mediterranei in un comune progetto di formazione per via telematica. Al riguardo ha richiesto il coinvolgimento e l’impegno di Renato Soru, nella sua veste di imprenditore e manager di Tiscali.
Unitelsardegnalogo_unisofiaNoi così commentiamo: bene la proposta, bene il coinvolgimento di Tiscali, come di altre imprese competenti nel settore delle telecomunicazioni e dell’editoria digitale, ma il soggetto più appropriato per dare gambe alla proposta di Rizzi è l’esistente Consorzio “Università telematica della Sardegna” attualmente formato dalle due Università sarde, che andrebbe rafforzato nella compagine sociale, aprendolo quindi ad altre Università e a imprese del settore dell’info-telematica, nonchè dell’editoria elettronica. Ovviamente il Consorzio andrebbe ricapitalizzato e rafforzato nell’organico e nell’organizzazione, perchè la proposta di Rizzi non è certo un’operazione di piccolo cabotaggio, che talvolta caratterizza l’operato degli Atenei sardi.

La Sardegna verso il baratro della Storia: sette punti per riprendere il cammino

di Salvatore Cubeddu
Dopo lo sfruttamento e l’abbandono in tutti gli ambiti della società, anche le nostri autonome istituzioni sono in pericolo. Gli interrogativi inderogabili delle nostre vacanze. L’agire collettivo come occasione di appassionata speranza.

coporaz mare Figari_2
Siamo pronti alle scelte che lo stato italiano farà calare sulla Sardegna come conseguenza delle sue riforme?
Non si è sentita una voce in Sardegna – tranne questa nostra (per quel che conta) – che abbia richiesto ‘almeno’ che i senatori fossero in numero uguale per ciascuna regione (come gli stati negli USA), così come peraltro era scritto nella prima stesura della proposta. Ora è in arrivo il grosso, un senato a composizione differenziata, con tematiche definite e identiche per tutte le regioni, le quali poi dovranno inserirle nei loro successivi statuti. Di fatto, anche per noi varrà l’uniformità istituzionale, la fine della specialità della Sardegna, un regionalismo colorato da un decentramento appena tollerato.
E’ il quarto grande mutamento istituzionale in 167 anni, considerando i due successivi alla prima (l’istituzionalizzazione del regime fascista, 1925) e alla seconda guerra mondiale (la costituzione e lo statuto del 1948), e la fase iniziale del regno d’Italia (1847). La freccia torna indietro, ha ragione chi parla di nuova fusione perfetta.
Difficile trovarsi preparati alla propria morte, subito uno riafferma le ragioni della vita. Difatti il Consiglio regionale nel suo insieme e la Giunta regionale riunita con le altre regioni italiane hanno confermato la specialità ed il valore pattizio del rapporto stato/specialità istituzionali. Ma se il governo denuncia che quella non è ‘vita’, e dichiara superato, inutile e non valido questo approccio? Quale risposta, quale resistenza sarebbe in grado di costringerlo a mutare gli orientamenti? Come difendere le nostre giuste ragioni?
E’ prevedibile che sentiremo quelli che ‘bisognava muoversi prima’, e saranno numerosi tra coloro che niente hanno fatto o che più hanno ostacolato l’innovazione istituzionale. Non è così. Dalla Sardegna sono arrivati al Parlamento tre elaborazioni di un nuovo statuto sardo: di F. Cossiga (2004), PG. Massidda (2008) e di A. Cabras (2010). Il Partito sardo aveva depositato un suo testo in Consiglio regionale già nel 1988. Documenti e nuovi principi sono stati elaborati anche dalle nostre associazioni. Nel 2003 la legge regionale sull’assemblea costituente aveva iniziato il suo percorso nelle commissioni parlamentari, dopo che furono interessati sia Ciampi che Berlusconi. E’ dalla crisi della prima autonomia (1978) che ogni legislatura regionale si propone di riscrivere la carta fondamentale della Sardegna quale strumento più adatto al proprio benessere e come espressione di una nuova consapevolezza identitaria dei Sardi. Questo interesse e questa consapevolezza non sono arrivate ad una definitiva elaborazione collettiva. Né ad una decisione. I grandi partiti politici, di allora e di oggi, hanno promesso volta a volta di ‘sardizzarsi’ – se e quando serviva per fronteggiare ondate sardiste o indipendentiste – ma niente hanno concluso nel produrre un nuova loro identità che li qualificasse come sardi. Come se a Roma loro fossero i più fedeli esponenti dei partiti, non prioritariamente i rappresentanti dei cittadini sardi. ‘Non partiti sardi’, ‘non istituzioni sarde’, quindi.
Ci potrà essere ora?
Fusione perfetta significa che in Sardegna comanda solo lo stato italiano. Che i sardi devono smetterla di pensarsi come un popolo tra gli altri nel mondo, che possano legittimamente utilizzare le proprie risorse per immaginare e costruire un proprio autonomo futuro. Che in casa nostra l’esercito italiano non avrà più problemi negli ampi territori occupati. Che l’Eni riempirà di cardi le nostre pianure irrigate. Che la Saras andrà avanti con le sue prospezioni nel sottosuolo. Che l’energia per l’Italia farà arrivare l’immondezza da ogni dove. Che …. in Sardegna diverrà possibile continuare a fare ciò che interessa e serve ai forestieri di turno.
Per restare liberi e diventare prosperi non restano risorse. Appunto. La Sardegna continuerà quale isola lontana dell’Italia, da utilizzare o da abbandonare, o tutt’ e due le cose insieme. Scordiamoci la lingua sarda o di poter decidere sui nostri nuraghi. E’ stato così finora, non senza nostre colpe. Continuerà, in termini peggiorativi. Come già risulta dal decreto-legge 91, del 25 giungo 2014, che innalza la soglia dell’inquinamento dopo il quale è obbligatorio risanare: la sanatoria per chi ha inquinato sfruttandoci.
Ma, ora, che cosa si fa?
Di fronte alle decisioni romane così veloci (un pregio, questo, tutto da dimostrare) il controllo del nostro tempo rappresenta, invece, per noi, la prima risorsa da difendere. Le riforme economiche che Renzi ha promesso all’Europa niente hanno a che vedere con i diritti dei sardi ad una loro nuova e libera costituzione, ai tempi necessari del loro riunirsi e del loro decidere. Come non possiamo accettare i tempi degli altri così non dobbiamo ridurre su loro richiesta l’ordine del giorno dei nostri diritti e delle nostre responsabilità.
Mentre il presidente del Consiglio e parte della società italiana hanno deciso di intervenire sulla costituzione italiana – di tutti gli italiani – è nostro interesse difendere in essa tutti gli spazi che ci servono e che ci vengono garantiti dal presente patto costituzionale. La pariteticità regionale della rappresentanza nel senato è la più urgente di queste richieste. L’inviolabilità del presente statuto – legata alla trattativa stato italiano / popolo sardo – è la più importante: essa dovrebbe tagliare fuori la Sardegna dalla grande parte dei mutamenti pensati per il continente. Ogni atto contrario ai nostri diritti ed interessi costituirebbe una decisione unilaterale da parte dello stato, da noi non riconoscibile. Da denunciare di fronte ai tribunali internazionali.
Alcune cose si stanno facendo e altre si possono fare.
1. Dobbiamo, intanto, conoscere meglio e sostenere le iniziative dei nostri parlamentari sardi. Per esempio: il senatore Cotti ha fornito – al seminario promosso nelle scorse settimane dalla Fondazione Sardinia, Carta di Zuri e Sardegnasoprattutto – precise informazioni sui lavori della commissione senatoriale; il senatore Uras ha presntato un subemendamento di salvaguardia dell’attuale Statuto ponendo la nostra specialità sarda come immodificabile senza un reale confronto tra Stato e Regione; informazione e battaglia parlamentare sono elementi essenziali! L’on. Pili ha avviato con Unidos la costituzione di comitati spontanei di opposizione. Se ne vorrebbe sapere di più. Conoscere, giudicare, agire: era la massima dei giovani cattolici utilizzata parecchi decenni orsono. I vari approcci potrebbero completarsi.
2. Proseguendo nel solco intrapreso dalla mozione sulla sovranità del Popolo sardo approvata dal Consiglio regionale il 24 febbraio 1999, dovrebbe venire ripresa la mozione n°. 46 (XIV Legislatura) dell’8 marzo 2010 – a firma di CONTU Felice – DEDONI – CUCCU, sulla formulazione di un ordine del giorno voto al Parlamento per la stipula di un nuovo patto costituzionale (così come previsto dall’articolo 51 dello Statuto sardo). Con esso si dichiara conclusa la fase iniziata nel 1847 e si pongono i nuovi termini del rapporto futuro tra la Sardegna e lo Stato italiano (vedi allegato A).
3. Il Consiglio regionale potrà riunirsi in seduta costituente accelerando la formulazione sia dello statuto che della legge statutaria, tenendo conto delle pressioni romane ma senza esserne subalterno. Di fronte al centralismo che avanza, il Consiglio è il più interessato ad avere dalla sua parte il popolo sardo. Definisca velocemente, quindi, le modalità partecipative che ne permettano il protagonismo, degli enti locali, delle associazioni, dei singoli cittadini. Finora, però, non è stata indicata una proposta migliore dell’assemblea costituente del popolo sardo.
4. Importantissimo risulta il ruolo storico dei rappresentanti istituzionali e politici sardi in questa delicatissima fase della nostra storia, identificabile solo in parte con quella degli italiani. Parlamentari, consiglieri regionali, sindaci, responsabili delle associazioni di interesse, i leaders delle istituzioni culturali e delle rappresentanze religiose. Tutti sono chiamati a prendere posizione in/per questa Sardegna in pericolo. Occorre andare oltre la pur doverosa loro consultazione, bisogna rendere tutti attivi e protagonisti.
5. Per ognuno di noi si offre un compito e si apre una responsabilità. L’informazione puntuale, motivata e approfondita è una di queste e potremmo assumerci noi delle responsabilità. Nel solco del positivo esempio di quanto il Gruppo di intervento giuridico opera nel campo ambientale, potrebbe risultare utile la promozione dell’Osservatorio sardo delle riforme istituzionali.
6. Ma solo i grandi media possono svolgere adeguatamente il ruolo di informazione e approfondimento costante dei termini concreti dell’evolversi delle questioni in campo. Non si può che fare appello al loro senso di appartenenza ed alla deontologia professionale.
7. Il cuore della risposta risiede nella capacità delle forze sociali, economiche e culturali di svolgere un loro compito coordinato, capace di approfondire e nel contempo unificare le tematiche difensive, rivendicative e progettuali che percorrono i paesi e le città sarde. Potrebbe convocarsi la convenzione dei sardi che, alla luce dell’analsi dell’evolversi della situazione, promuova iniziative, le più varie, che incidano nella difesa e nella promozione dei nostri diritti e responsabilità.
Basta solo richiamarlo: la prima a subire una sconfitta dalla vittoria del neocentralismo statale sarebbe la politica sardista in tutte le sue forme, dal blando autonomismo all’indipendentismo più intransigente, passando per il sovranismo.
Entriamo nell’estate e in molti attendono le meritate vacanze, ma altrettanti tra noi ritengono che al rientro ci si possa trovare con una Sardegna formalmente e sostanzialmente più asservita da decisioni assunte da chi ha fretta e non sa, o non vuole prendere atto, che ci sono attese e questioni che vengono ex antiquo. La questione nazionale sarda tra esse. Per noi, la principale.

————-
Sardegna-bomeluzo22
* L’articolo di Salvatore Cubeddu viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
————————
meraviglia

gli occhiali di Piero su…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413DAN AYKROYD. Nasce a Ottawa il 1 luglio 1952. Con John Belushi forma l’immortale coppia dei Blues Brothers, iniziata in Tv e passata al cinema col film di John Landis, copiata ovunque all’infinito.
Dopo la morte di Belushi (overdose, 5 marzo 1982), lascia la Tv e si dedica solo al cinema. Ingrassato che sembra un altro, riesce sia nel genere comico (Ghostbusters) che nel drammatico (A spasso con Daisy). Ha lavorato con tanti registi, tra I quali Woody Allen (La maledizione dello scorpione di giada).
Compie oggi 62 anni ed è attivissimo, quest’anno ha già girato due film.

ANNIVERSARI. Ricordo di George Sand: un anno fa su Aladinpensiero.

STORIA SARDA
Il 1° luglio 1210 Maria de Thori (o Zori), moglie di Pietro de Maronju e zia di Comita, giudice di Torres, conferma al priore Roberto la donazione delle chiese di S.Maria de Orria piccinna, presso Chiaramonti, e della vicina chiesa di S.Giusta.
All’atto presenziano anche il giudice Comita e suo figlio Mariano.
La chiesa di S.Maria era di appartenenza dell’ordine dei camaldolesi, secondo quanto confermava un documento a firma di Ottone IV, imperatore d’Italia e Germania, incoronato da Innocenzo III nel 1209.
“Confirmatur quoque in Sardinia monasterium in Orrea de quo diximus ad ann.1205″.

TRIULAS (o Mes’e argiolas)
Triulas, casu e pane a fitta a fitta
in donnia mesa, e risu e allirghia…
Si buddit in su fogu sa marmitta,
sa proa est de Deus i est sa mia…
si piscat in su mare sa barchitta,
est ca su mare est calmu: balentìa!
Su mare est calmu? Deo cherzo gai!
Triulas bellu no ti c’andes mai!

(Anonimo)

Oggi martedì 1° luglio 2014 – Inizia oggi il semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea

logo sem UE italia 2014Sardegna-bomeluzo22ape-innovativaLogo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413